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Gli ebook di

Promuovere linnovazione

a cura di Fabio Sgaragli

Promuovere linnovazione

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E-book prodotto da Ticonzero S.r.l. casa editrice 2011 Tutti i diritti riservati. E permessa la riproduzione dei contenuti citando la fonte. Distribuito da Ticonzero.info testata giornalistica registrata al tribunale di Milano Registrazione N. 565 del 5 Ottobre 2003

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Promuovere linnovazione

I DICE

p. 4 - Introduzione: perch innovare?


Fabio Sgaragli, Eugenio Tosi

p. 7 - Cosa linnovazione?
Fabio Sgaragli, Eugenio Tosi

p.11 - Principi di semio-design. Forme dellinnovazione e teoria del progetto.


Dario Mangano, Gianfranco Marrone

p. 29 - AAA creativi cercasi: unapplicazione del Modello delle 3T alla gestione aziendale delle risorse umane
Alberto Maestri

p. 41 - LOrganizzazione che apprende i modelli teorici e la cassetta degli attrezzi per linnovazione
Alessandro Paparelli

p. 58 Bibliografia p. 61 - Autori

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Introduzione: perch innovare?


Fabio Sgaragli
EDITOR - TICONZERO.INFO

Eugenio Tosi
AMMINISTRATORE DELEGATO TOSI CONSULTING GROUP S.R.L.
Essendo la parola innovazione una delle pi usate, soprattutto nella nostra recente storia, per determinare lo stato di salute del nostro sistema paese e della sua parte produttiva, abbiamo pensato fosse una buona idea cominciare col chiederci il perch importante farlo.

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Adam Smith nel suo La ricchezza delle nazioni1 del 1776 individua nel lavoro, pi che nelle risorse naturali, la vera fonte della ricchezza delle nazioni. Come scrive Smith "il lavoro il fondo da cui ogni nazione trae in ultima analisi tutte le cose necessarie e comode della vita". Tuttavia, nota anche Smith, la quantit della produzione sar il risultato "dell'arte, la destrezza e l'intelligenza con cui [..] si esercita il lavoro", che sono le determinanti della capacit produttiva dello stesso. Oggi sappiamo che sono numerosi i fattori che determinano la capacit di crescita e la competitivit internazionale di un dato sistema economico. Un elemento di primaria importanza senza dubbio costituito dalla capacit di imprese e organismi di ricerca di generare, mediante nuova conoscenza scientifica, processi di innovazione che consentano incrementi di efficienza e produttivit, favorendo in questo modo la crescita economica. La produttivit del lavoro rimane uno dei perni della crescita di un sistema economico, ma non pi determinata soltanto dalla destrezza o intelligenza con cui si esercita il lavoro, ma anche delle condizioni tecniche e tecnologiche che ne favoriscano o meno lesercizio. In effetti la cognizione che ci troviamo immersi in un mercato guidato dal progresso scientifico e tecnologico ormai nota a tutti, le rivoluzioni industriale prima e digitale dopo hanno aumentato la capacit del mercato di espandersi, sebbene ancora non infinitamente, a velocit sempre maggiori. La capacit di ricerca e sviluppo diventano quindi un elemento chiave per competere nel mercato, linnovazione la risultante del grado di successo con cui le attivit ricerca e sviluppo sono condotte. Questo ovviamente vale sia a livello di sistema paese che di quello di singola impresa. Da questo punto di vista come messa lItalia? Per rispondere a questa domanda ci viene in aiuto il Rapporto Annuale sullInnovazione della Fondazione COTEC2. Nel suo rapporto il COTEC afferma che fino a qualche anno fa le indubbie performance del nostro sistema manifatturiero erano legate ad innovazioni incrementali difficilmente codificabili perch basate pi sul know-how individuale dellinventore che su procedure oggettive o conoscenze scientifiche. In altre parole in Italia, visto che il tessuto economico costituito per la stragrande maggioranza da micro e piccole imprese, linnovazione sempre stata dominio dellingegno del piccolo imprenditore piuttosto che il risultato di una sistematica ricerca da parte di un sistema costituito da imprese, Universit, Centri di Ricerca e Pubbliche Amministrazioni. La situazione per sta cambiando. Negli ultimi anni, afferma sempre il rapporto, abbiamo assistito ad una inversione del trend con una bilancia tecnologica (import-export di tecnologie) finalmente in attivo, anche se di poco. Limpresa italiana ha quindi cominciato a rafforzare la sua propensione alla ricerca ed a sviluppare competenze tecnologiche codificabili ed esportabili: aumento tra il 2000 e il 2006 del 25% del numero di addetti alla R&S industriale ed aumento del contributo privato alla spesa in R&S pubblica, prevalentemente universitaria, che An Inquiry into the ature and Causes of the Wealth of ations, pubblicata il 9 marzo 1776, la principale opera di Adam Smith. 2 Rapporto Annuale sullInnovazione 2009 COTEC (Fondazione per linnovazione tecnologica) a cura di Francesco Crespi e Raimondo Iemma
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passa dall1,2% del 2003 al 4,1% del 2006. Questo impegno privato si manifesta anche nel 67,3% di spin-off accademici che vengono finanziati di fronte a solo un terzo sostenuto da fondi pubblici ed un altro terzo da fondi universitari. Aumentano inoltre dal 2002 al 2007 del 69% i budget degli Uffici per il Trasferimento Tecnologico, quelli cio preposti a valorizzare economicamente (e non solo) i risultati della ricerca universitaria attraverso spin-off sul mercato e accordi con il settore privato per vendita o il licensing di brevetti. Cresce il numero di brevetti (che passano da 177 a oltre 400 nel periodo considerato) e di contratti di licenza (il cui volume triplicato); aumenta il numero di spin-off accademici, che passa da 225 nel 2005 a 364 nel 2007; aumenta sensibilmente la quota di finanziamento del VII Programma Quadro della Unione Europea, quello legato alla ricerca scientifica e tecnologica ed alla sua ricaduta sul mercato. Sono segnali incoraggianti, che vanno analizzati anche alla luce della recente crisi finanziaria e di sistema che ha rimesso in moto il processo di aggiustamento e trasformazione dei sistemi produttivi nella maggior parte dei paesi occidentali. Anche se ancora distanti dalle medie dei paesi migliori dellarea OCSE o dagli Stati Uniti, questi cambiamenti sono positivi perch manifestano una serie di scelte, a volte anche contrastate, che vanno nella giusta direzione. Mai quindi come oggi il tema dellInnovazione stato cos importante per il nostro paese e per le nostre imprese. Per questo motivo, Ticonzero ha deciso di dedicare al tema due e-book, di cui questo rappresenta il secondo. Se nel primo Team Innovativi, il tema dellinnovazione stato declinato attraverso le possibili attivit da mettere in campo per aumentare il grado di innovazione di un gruppo di lavoro, in questo secondo e-book abbiamo scelto di parlare delle condizioni, di sistema e di impresa, che aumentano le probabilit di generare vera innovazione. Buona lettura!

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Cosa linnovazione?
Fabio Sgaragli
EDITOR - TICONZERO.INFO

Eugenio Tosi
AMMINISTRATORE DELEGATO TOSI CONSULTING GROUP S.R.L.
Cosa veramente linnovazione? Come facciamo a sapere che quella che abbiamo di fronte innovazione? Esistono dei criteri per definirla?

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Innovazione, tutti ne parlano ma pochi la fanno davvero. Eppure, secondo una recente survey dellIBM3, per il 60% dei 1.500 CEO intervistati in tutto il mondo creativit e innovazione sono al primo posto tra le qualit imprescindibili dei leader nei prossimi cinque anni. In questo articolo non interessa annoiare i lettori con le solite litanie sullItalia, sciorinando dati e aneddoti sullarretratezza e limmobilismo che caratterizzano il paese in questo momento. Interessa invece parlare di innovazione come di una capacit che pu essere acquisita e praticata dagli individui e dai gruppi. Al di l delle condizioni di sistema, che possono o meno favorirla e incentivarla, linnovazione per larga parte un prodotto dellingegno umano e della sua straordinaria capacit di immaginare il nuovo. Il resto ricerca, processo, metodo, fatica e coraggio. Ma cosa veramente linnovazione? Come facciamo a sapere che quella che abbiamo di fronte veramente innovazione? Esistono dei criteri per definirla? La parola innovare viene dal latino innovre, composto della particella IN e N VARE, e significa letteralmente far nuovo. Almeno nel significato letterale del termine, quindi, innovazione significherebbe portare qualcosa di nuovo nel mondo. Attivit, questa ultima, che a noi esseri umani riesce parecchio bene. Anzi, si potrebbe forse dire che strettamente legata al nostro modo di essere. In effetti, le nostre civilt sono in parte costruite su questo: sul progredire grazie allentrata in scena di qualcosa di nuovo e, si spera, migliore di ci che cera prima. Anche oggi, soprattutto in occidente, dove tutto a volte sembra gi essere stato inventato (e migliorato), i margini per aprire nuove frontiere sono ancora ampi. Al di l di esempi noti e abusati, in tutti i campi dellagire umano (da quello artistico a quello tecnologico, passando per quelli sociale e culturale) assistiamo giornalmente allemergere di cose nuove che a loro volta aprono la strada allemergerne di altre. Da questo punto di vista, un primo criterio per identificare vera innovazione il fatto che una idea sia stata realizzata in pratica ed abbia funzionato. Che poi abbia funzionato per il fine per il quale era stata originariamente pensata (quasi) irrilevante. Si pensi al caso del Viagra, prodotto farmaceutico originariamente sviluppato per curare malattie cardiovascolari. Alcuni sostengono che la vera innovazione sia solo quella radicalmente nuova. In questo senso, il Jeans inventato da Levi Strauss nel lontano 1873 non sarebbe vera innovazione, in quanto i pantaloni, accertato, esistevano anche prima. Anche qui sarebbe forse logico identificare come secondo criterio per definire vera innovazione quello secondo cui lidea realizzata, al di la di essere radicalmente nuova o meno, abbia portato dei benefici positivi. Nel caso dei Jeans, il beneficio originario consisteva nel fornire ai minatori degli abiti da lavoro molto pi resistenti di quelli che erano soliti portare, fatti di lana. Nel caso dei Jeans Diesel, ulteriore esempio di innovazione non radicalmente nuova, ma migliorativa, il fatto che uno possa indossare un capo di abbigliamento pratico ma allo stesso tempo di moda. E pagarlo, mi si consenta, di conseguenza. 3 IBM 2010 Global CEO Study, i risultati completi della ricerca possono essere consultati qui: http://www-935.ibm.com/services/us/ceo/ceostudy2010/

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Anche se spesso siamo naturalmente attratti dal grande e dal sorprendente, ci sarebbe da chiedersi se innovazione debba essere considerata solo quella che cambia le regole del gioco. Pensiamo alla ruota, alla scrittura, allelettricit, al digitale o a internet. Mentre siamo certamente portati a considerare questi e altri possibili esempi analoghi come innovazione di frontiera, generatrice di cambiamenti paradigmatici, si potrebbe argomentare come allo stesso modo il chiodo, la colla, il cemento o la siringa abbiano tutta la dignit per prendere il posto tra le innovazioni che hanno cambiato le nostre vite. Altro criterio possibile per identificare vera innovazione, allora, potrebbe essere che al di l della sua dimensione, qualsiasi idea nuova che abbia una ricaduta significativa nel settore specifico di applicazione o, pi in generale, nelle nostre vite, sia da considerarsi innovazione. Altra dimensione di questo discorso, spesso discussa, quella della necessit di innovare per mantenere le nostre economie competitive, proteggere i profitti e aprire nuovi mercati. Se Pablo Picasso, Thomas Edison, Christiaan Barnard o Antoni Gaudi avessero ragionato in questo modo probabilmente oggi non potremmo godere delle loro innovazioni. Ulteriore criterio, quindi, ha a che fare con le motivazioni che possono far nascere linnovazione. Non importa quale sia la motivazione, ma dietro la vera innovazione c lo spirito tipico degli esploratori: quello di volere scoprire cose nuove, siano esse frontiere o soluzioni. Questa lista di criteri identificativi dellinnovazione, lungi dallessere esaustiva o definitiva, ha il proposito di cominciare a delimitare un perimetro intorno al concetto, come inizio di un percorso che offrir ulteriori considerazioni intorno alle condizioni e ai modi attraverso i quali si pu aumentare la probabilit di fare innovazione. Al di l del caso, dellidea nata in maniera fortuita, sono disponibili oggi tecnologie di processo e metodologie che favoriscono la sistematica ricerca dellinnovazione e aumentano la probabilit di generare idee nuove e praticamente applicabili, in tutti i settori ed in qualsiasi gruppo od organizzazione di persone. Nel prossimo capitolo, analizzeremo attraverso la semiotica quali condizioni caratterizzano lemergere dellinnovazione nel mercato e nelle organizzazioni.

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by

La Tosi Consulting Group ha creato la FormAcademy per erogare consulenza e formazione a professionisti, privati, grandi aziende, piccole e medie imprese. FormAcademy la struttura formativa che organizza, progetta ed eroga formazione (corsi, percorsi, master) per il gruppo Tosiconsulting Group. Interventi formativi rivolti ai professionisti, alle piccole medie imprese ed ai privati che hanno a cuore la propria crescita personale e professionale. FormAcademy si avvale di uno staff di formatori di grande competenza ed esperienza sia in Italia sia allestero. Per informazioni: 0773. 487343 info@tosiconsultingroup.it

www.tosiconsultingroup.it

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Principi di semio-design. Forme dellinnovazione e teoria del progetto.


Dario Mangano e Gianfranco Marrone
UNIVERSIT DI PALERMO

Attraverso e grazie alla riflessione semiotica diventa possibile identificare e chiarire i processi attraverso i quali si arriva alle nuove forme di design e a creare un modello dei processi di innovazione che ne spieghi le differenze interne, ma anche e soprattutto le dinamiche trasformative.

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1. Trovate, pratiche, invenzioni

Recentemente, in occasione della festa di San Valentino del 14 febbraio, Perugina ha proposto sul mercato i suoi celebri baci in un tubo serrato con catenaccio e chiavi al seguito; oppure i cioccolatini erano stipati dentro un contenitore plastico a forma di chiavistello. Ecco unidea di marketing che fa capo a un progetto di design. Il quale a sua volta fa ovvio riferimento a un romanzo e al film relativo, ma anche alle tante pratiche giovanili che quei due testi scimmiottano, nonch alle innumerevoli discussioni giornalistiche, dentro e fuori il web, sugli usi e consumi negli amori adolescenziali. Idea nuova, progetto originale? Difficile esprimersi con certezza, se vero che, da un lato, la creazione ex nihilo stenta ad affermarsi ormai anche fra i pi ostinati seguaci di Ratzinger, e che, daltro lato, ai lucchetti di Moccia non ci crede pi nemmeno un dodicenne di provincia. Delle due nessuna: sappiamo bene che linnovazione non mai fine a se stessa ma va misurata sempre e comunque a partire da precisi contesti, da esplicite regole di pertinenza e da ben individuati obiettivi progettuali; ma al tempo stesso facciamo fatica a credere sino in fondo, come ciclicamente ci viene ripetuto, che tutto sia stato detto e gi stato scritto, di modo che lunica forma di originalit sta dalle parti della banalit mal celata. Vediamo perci altri casi di innovazione progettuale, molto diversi fra loro, che prendono comunque spunto da pratiche duso dal basso, per reinventarle, codificarle, istituzionalizzarle. Nei Collegi studenteschi di Urbino progettati da Giancarlo De Carlo i percorsi sono infiniti, quasi labirintici: stanze, aule, mense, bar e sale comuni si possono raggiungere da pi parti, salendo e scendendo le scale, attraversando ballatoi, percorrendo vialetti, transitando in corridoi dogni larghezza e lunghezza. Eppure, molti degli utilizzatori di quei luoghi hanno preferito calpestare le aiuole per trovare varchi alternativi, risparmiando qualche metro, rompendo schematismi di comportamento pi o meno coscienti. Cos, a poco a poco lerba andata via, e si sono formati alcuni sentieri in terra battuta che, per quanto talvolta scoscesi, hanno invitato ulteriori passanti a calpestarli. Finch qualcuno dellamministrazione non ha deciso di ammattonarli, quei sentieri, rendendo pi comodo il cammino ma indirettamente autorizzando il calpestio delle aiuole. Da qualche anno a questa parte le edicole dei giornali sono stipate sino allinverosimile, e i quotidiani hanno finito per diventare pi una silente giustificazione della loro esistenza che non un prodotto in vendita: libri, dischi, film, cd musicali, giocattoli e quantaltro era dapprima offerto come straordinario allegato a giornali e riviste diventata da tempo merce a s stante. Finch Mondadori non ha deciso di lanciare per franchising in tutto il territorio Edicol, una catena di edicole/ librerie/discherie/giocattolerie etc. (manca ancora il nome comune che le designi) che ha trasformato uno stato di fatto in una situazione di diritto, con tanto di marchio registrato e filiera di punti vendita. E sembra che altri grossi distributori stiano tentando la medesima strada. Gli esempi, come sar chiaro, potrebbero moltiplicarsi, allargando sempre di pi lorizzonte dello sguardo: si pensi ai centri commerciali, che da serie di negozi sono diventati punti di ritrovo; alla moda di strada ripresa dai grandi stilisti. Insomma,
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Sono redatti da Mangano i paragrafi 2 e 3; da Marrone il paragrafo 1.

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viene da pensare che questo tipo di dellinvenzione, questa forma del progetto sia la norma piuttosto che leccezione. E in questo la linguistica e la semiotica possono venirci in aiuto. La semiotica? Ancora lei? Quella dei segni e dei codici, dei lessici e dei segnali? Non avevamo da tempo capito che i modelli linguistici e le metafore strutturali ingabbiano il dinamismo della cultura e delle societ? Ma ovviamente non di ci che stiamo parlando, soprattutto quando proponiamo questa prospettiva di studio come riflessione pertinente per una teoria del progetto e dellinnovazione nel design. Un lungo giro di discorso sar allora necessario per introdurne il senso e spiegarne lefficacia.

2. Verso linnovazione
Il concetto di innovazione gode di unindiscussa centralit nellambito del design. Luna e laltro sembrano essere collegati in modo talmente stretto da finire talvolta per coincidere: c innovazione dove c design e viceversa. A fronte di una tale importanza, tuttavia, la riflessione che si prodotta intorno a questo concetto, al di l di alcuni contributi specifici, stata caratterizzata da una certa vaghezza. Linnovazione passa come unovviet, come qualcosa che sappiamo riconoscere intuitivamente quando la vediamo e che dunque il progettista pu perseguire facendo riferimento al buon senso accoppiato a una particolare sensibilit: scatola nera insondabile che riduce a poco o nulla le possibilit di pervenire a una formulazione teorica o a un metodo che consenta un approccio strutturato. O almeno, cos per quegli aspetti che hanno pi a che fare con il prodotto, mentre pi standardizzabile sembrerebbe essere tutto ci che riguarda la produzione e la distribuzione, in cui lefficienza pu essere misurata in termini esatti. Ma perch innovare dovrebbe essere cos importante? Tenendo da canto questioni filosofiche molto generali riguardanti il senso di nozioni come innovazione, invenzione, creativit, progresso, crescita, sviluppo, linearit e irreversibilit temporale, avanzamento e simili (sulle quali pure un giorno occorrer soffermarsi con attenzione), i motivi che possiamo individuare sono tanti e a essi corrispondono altrettante peculiarit del processo di innovazione. Cambiano i modelli di vita e con essi ci che percepiamo come necessario. Da quando si abbandonato il cavallo per lautomobile e si sono costruite citt sempre pi grandi, quello che viene definito un bisogno generico di spostamento ha assunto di volta in volta forme diverse, concretizzandosi in bisogni derivati specifici: dallautomobile alla metropolitana, fino ad arrivare alla recente rivoluzione del telelavoro che ha messo in crisi lintero sistema del terziario. Se da un lato linnovazione di prodotto legata a un modo specifico di intendere una certa attivit, dallaltro essa ha direttamente a che fare con le caratteristiche dei mercati globalizzati, nei quali essa diventa un fattore chiave di competitivit, unarma per combattere la concorrenza e rimanere sul mercato. Oggi infatti relativamente facile abbattere i costi delocalizzando la produzione e non ci sono modi efficaci per difendersi dallimitazione dei propri prodotti, pertanto una delle principali vie per mantenere una quota di mercato costante rinnovare continuamente la propria offerta mantenendo sempre attivo il processo di innovazione. Il designer, in quanto operatore di tale processo, assume una funzione strategica per limpresa e non pi occasionale, una trasformazione culturale profonda che fa

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parlare oggi di una cultura del design. Ma in cosa consiste linnovazione e come la si pu individuare e perseguire? In una cultura del design i suoi confini risultano molto pi ampi che nel passato. Come spiegano Celaschi e Deserti (2007, p. 29), se lo slogan del disegno industriale risiedeva nel rapporto tra forma e funzione, nel design contemporaneo si attesta intorno al rapporto tra consumatore e senso della merce. Non si tratta dunque soltanto di inventare una sedia pi comoda di unaltra, pi resistente, pi leggera, o anche pi economica ammesso che ci sia mai stato un tempo in cui linnovazione si potesse misurare solo in questi termini i confini si allargano molto e lo fanno nella direzione di un territorio infido (almeno allapparenza) come quello del senso. Innovare significa cambiare il significato di un artefatto, quanto e come questo si possa tradurre in precise variazioni nella forma rimane tutto da capire. Se questo il design e queste sono le coordinate che regolano i processi di innovazione, come gestirli concretamente? Come, per dirla in termini semplici ma efficaci, farsi venire delle idee che funzionino, in grado di fare presa sui mercati? Le metodologie tradizionali mostrano presto i loro limiti. facile conoscere le cosiddette esigenze implicite ed esplicite dei consumatori, in quanto essi stessi ne sono consapevoli e possono dunque verbalizzarle, lo meno avere informazioni su quelle cosiddette attraenti, che sono poi le pi importanti per la soddisfazione del cliente ma che rimangono inconsce (Celaschi e Deserti 2007, p. 101). Non possono manifestarsi perch il bene o il servizio cui fanno riferimento non esiste e non pu facilmente essere immaginato. Ci che pu fare da propulsore per un processo innovativo dunque anche ci che pi difficile da determinare. Come procedere allora? Lunico approccio possibile quello qualitativo, che ricava nuove possibili vie di sviluppo a partire da unanalisi dellesistente compiuta integrando gli strumenti del marketing con le variabili tipiche del design (materiali, forme tecnologie etc.). Un lavoro da bricoleur che consiste nel ricavare da ci che possiamo vedere oggi intorno a noi ci che sar domani attraverso collegamenti pi o meno arditi. Cos, guardando ai tapis roulant si pu pensare ad una piscina monoposto che funziona sullo stesso principio, facendo muovere lacqua sotto al nuotatore; oppure dopo aver riflettuto sulle modalit di creazione dei contenuti presenti nel web, immaginarne strumenti software particolarmente intuitivi che consentano agli utenti di crearne e i contenuti diventando loro stessi gli autori di quanto leggeranno/ascolteranno/vedranno (il celebre web 2.0). Ora per, se siamo disposti ad ammettere che il senso della merce a guidare il design e con esso, per discendenza diretta, il processo innovativo, allora una teoria della significazione pu contribuire non solamente a chiarire lo statuto del sistema che ci circonda, ma anche consentirci di individuare nuove vie di sviluppo. Uno spunto importante diventa allora quello che forniva Maldonado gi negli anni Settanta quando ne La speranza progettuale esprimeva un pensiero allapparenza semplice ma carico di conseguenze: linnovazione sempre contro qualcuno (Maldonado 1970,p. 111). Detto in altri termini, la carica innovativa di un artefatto, il suo valore, viene percepito e diviene dunque misurabile in relazione a qualcosa che esisteva precedentemente e che con lemergere del nuovo perde il suo status. Con questa semplice mossa, ovvero evidenziando la natura polemica del progresso, Maldonado, pi o meno consapevole che ne fosse, ha gettato le basi per un approccio al problema dellinnovazione che oggi consideriamo di tipo narrativo. Come insegna la narratologia, infatti, la polemica il fondamento di ogni storia, sia essa quella che vede protagonista un principe e un drago o quella di qualcuno che

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tenta di usare il suo nuovo telefonino. Linnovazione insomma, non pu essere percepita come tale se non si manifesta insieme ad una forma di reazione. La formalizzazione teorica che cerchiamo, il tanto desiderato metodo che ci consenta di farci venire delle idee, si basa dunque su un doppio movimento: affinch si manifesti uninnovazione si realizzi cio unascendenza qualcosaltro deve subire un destino opposto, quello cio di decadenza. Situazioni del genere nella storia si sono ripetute di continuo: il motore a scoppio ha scalzato la trazione animale, il web 2.0 sta sostituendo il vecchio 1.0, il telefono mobile in pochi anni riuscito realizzare uninversione di ruoli con quello domestico e cos via. Nasce cos lidea di una profondit enunciativa5 che si applica al sistema degli artefatti con i quali conviviamo e che ci circondano. Come nel giornalismo la notizia emerge quando si staglia su un opportuno sfondo costituito dalla normalit (che assume i suoi connotati proprio grazie a ci che la trasgredisce), cos linnovazione si manifesta solo in relazione a qualcosa il cui statuto antiquato si pone come tale nel momento stesso in cui viene superato. Facciamo un esempio: quando stato inventato il Compact Disk, il supporto musicale fino a quel momento pi diffuso era il vinile e accanto a questo la cassetta magnetica. Questultima, in particolare, non aveva mai avuto successo come veicolo per la distribuzione della musica, ma come supporto secondario, ovvero per incidervi brani che provenivano dai Long Playing. Con il prendere piede dei CD, il vinile ha cominciato a ridurre la sua presenza fino a scomparire del tutto, schiacciato, almeno apparentemente, dalla maggiore qualit sonora ottenibile attraverso il supporto ottico (con particolare riferimento al ben noto fruscio) e dalla sua superiore maneggevolezza (disco pi piccolo, meno sensibile alla polvere e ai graffi etc.). Una ascendenza che si realizzava a spese di una decadenza le cui ragioni erano appunto la qualit e la praticit. Laudiocassetta rimase ancora un po di tempo in quanto consentiva di creare preziose compilation che tanta presa avevano su potenziali morose e morosi (Mangano, 2009), e comunque solo fino a quando i computer non furono in grado di gestire contenuti multimediali e di incidere nuovi CD assemblando pezzi provenienti da altri. A quel punto, e per un certo tempo, il CD stato dominatore incontrastato del panorama musicale, lunico supporto venduto nelle grandi catene musicali, almeno fino a quando non avvenuta la rivoluzione legata allMp3, a Internet e ai lettori multimediali come liPod. Ma ancora una volta, la loro ascendenza non potuta avvenire che insieme ad una discendenza. In questo caso le dimensioni coinvolte sono state quelle della qualit sonora (che con lMp3, si sa, non pu mai essere superlativa) e ancora una volta la praticit, in quanto la memoria di questi lettori pu ospitare migliaia di brani musicali. La particolarit di questa nuovo slancio innovativo sta nel fatto che per una sorta di effetto collaterale ha finito per far recuperare proprio il vecchio supporto in vinile e il giradischi, che infatti stanno tornando a farsi vedere sugli scaffali dei negozi. Giradischi, bene dirlo, sui quali il design intervenuto massicciamente rinnovandone le forme (Mangano 2009). Un fenomeno singolare che dimostra come linnovazione possa prendere le forme di un ritorno al passato quando le condizioni del sistema socio-tecnico sono tali per cui viene ridefinito il sistema di valori nel quale un certo oggetto pu esistere. Nel caso specifico, il giradischi torna di moda nel momento in cui la qualit di ascolto viene riconsiderata (e il fruscio diventa non solo tollerabile ma quasi gradito, anche in ragione del suono pi caldo della sorgente analogica) e il bisogno di interazione Con enunciazione si intende il passaggio da un insieme di virtualit (ad esempio la lingua nella sua interezza) a un oggetto concreto o enunciato (la frase singola cos come viene pronunciata dal parlante) . Lenunciato dunque il risultato di unenunciazione che diventa uno strumento di mediazione tra un insieme di possibilit e la loro realizzazione [N.d.R.].
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fisica con il supporto del tutto eliminata dallinformatica recuperato. Per paradossale che possa sembrare, linnovazione oggi proprio il vecchio giradischi riveduto e corretto, secondo un modello di recupero che in campi come quello della moda che abbiamo avuto occasione di evocare, non desta alcuna meraviglia. Proprio come nella moda allora, pi che parlare di ci che attuale, o, mutatis mutandis, innovativo e allavanguardia, sembra opportuno guardare alle procedure che lo rendono tale. Per dirla con le parole del celebre linguista Roland Barthes, a ci che rende la moda di moda e dunque a ci che rende linnovazione innovativa, trattandosi in entrambi i casi pi di un effetto di senso che di una creazione dotata di un qualche tipo di valore assoluto (1967). Pi che concentrarsi sul prodotto e su caratteristiche di innovativit presupposte intrinseche e immodificabili, risulta allora utile guardare alle modalit attraverso cui tali caratteri si producono. Ne deriva un approccio profondamente rivoluzionato ai sistemi di artefatti in cui il grado di attualit di qualcosa frutto del modo in cui qualcosaltro lo rende pertinente. In altre parole, ci che un approccio allinnovazione attento ai processi di costruzione di senso mette in discussione lesistenza stessa di ogni artefatto, che viene rivista nei termini di una esistenza semiotica legata al modo in cui ognuno viene reso pertinente allinterno di un pi ampio sistema. O, per usare un linguaggio pi tecnico, enunciato. Proviamo con un nuovo esempio a capire cosa intendiamo.

3. Il caso dei cellulari


La pagina pubblicitaria con la quale stato lanciato Aura (fig. 1) uno di quegli esempi di comunicazione che per catturare lattenzione del lettore crea un mistero. Lo spazio del foglio ricoperto nella sua totalit da una immagine fotografica che mostra una grande forbice da sarto insieme ad una riga in metallo poggiata su un cartoncino compatto sul quale una matita ha tracciato alcune linee. Quasi allangolo inferiore destro, in uno spazio lasciato libero dalle carte e significativamente illuminato da un raggio di luce, si trova il piccolo oggetto cromato che chiaramente il prodotto pubblicizzato. Le sue forme sono quelle di un basso parallelepipedo i cui lati superiore e inferiore sono due perfetti semicerchi. In particolare, il lato superiore segue il profilo di un luccicante quadrante rotondo in vetro, simile a quello di un orologio da tasca, allinterno del quale sono ben leggibili i numeri che individuano le principali ore del giorno. Tutto ci farebbe pensare che si tratti proprio di una cipolla, se non fosse che il marchio che ritroviamo impresso sulloggetto e ripetuto nella parte verbale dellannuncio quello di Motorola, il celebre produttore di telefoni cellulari. E infatti, dopo qualche ricerca sul sito internet, puntualmente indicato nella pagina e divenuto ormai sempre pi spesso lapprodo al quale veniamo traghettati dalla pubblicit tradizionale, scopriamo trattarsi del primo cellulare-gioiello del famoso marchio.

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FIGURE 1 Annuncio pubblicitario del Motorola Aura

FIGURE 2 Annuncio pubblicitario del Tissot Touch

Ma come siamo arrivati a questo ibrido? che cosa diventato il telefono perch si producesse uninnovazione del genere? cosa ne (e ne sar) dei gioielli? E degli orologi? evidente che il modello di Motorola solo la punta di un iceberg di un processo di innovazione complesso che coinvolge numerosi artefatti ed al centro di pratiche articolate. Le forme (semiotiche) dellinnovazione sarebbero dunque originate dal modo in cui diverse entit oggettuali contribuiscono a costruire tra loro ricostruendolo poi continuamente un insieme coerente di relazioni allinterno del quale la stessa attivit umana a prendere forma. Concentriamoci un attimo sui telefoni cellulari. Essi sono certamente una delle pi importanti innovazioni degli ultimi due secoli: offrono la possibilit di parlare con chiunque nel globo ovunque ci si trovi, trasformando profondamente grandezze fondamentali come lo spazio o il tempo. Eppure sarebbe estremamente riduttivo considerare soltanto linnovazione tecnico-funzionale come misura del reale cambiamento che hanno portato (Marrone 1999). Certo, ci sono voluti enormi progressi per rendere realizzabile un sistema di telefonia mobile come quello esistente, ma ci che pi interessante per un designer valutare le trasformazioni sistemiche cui tale innovazione ha dato la stura e che hanno riguardato un numero insospettabilmente ampio di artefatti. Mentre la tecnologia in evoluzione chiedeva forme che la ospitassero e interfacce che consentissero di utilizzarla, unintera configurazione stava cambiando, facendo sparire certi oggetti e facendone ricomparire altri, aprendo possibilit evolutive, e contagiando settori merceologici molto diversi. Ebbene, fenomeni di diffusione dellinnovazione come quelli che si sono verificati nel caso della telefonia mobile possono risultare inspiegabili se considerati da un punto

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di vista unicamente tecnologico. Levoluzione non ha nulla di lineare. Non soltanto compie ogni tanto dei salti, quelli che Kuhn (1962) chiama cambiamenti di paradigma, ma, come ha spiegato Darwin, non si muove neppure sempre nella stessa direzione: talvolta torna indietro, altre scarta in modo imprevedibile. Osservare questi cambiamenti attraverso la lente della semiotica, e dunque considerando lesistenza stessa di un artefatto non in senso ontologico, fisico, ma come il prodotto della sua presenza presupposta allinterno di una struttura discorsiva popolata da altri artefatti, aiuta a riconsiderare i processi attraverso cui si perviene a nuove configurazioni socio-tecniche.

FIGURE 3 Motorola Dynatac 8000 X (1983) FIGURE 4 Motorola Startac (1996)

FIGURE 5 Apple iPhone (2007)

Vediamo pi nel dettaglio come hanno funzionato storicamente le cose nel mondo dei telefonini. Le forme che per prime accolgono linnovazione rimandano direttamente a ci che era gi noto: come le prime automobili facevano esplicito riferimento al land, cos i primi telefoni mobili non sono altro che una cornetta dal profilo tradizionale enormemente sviluppata in modo da contenere lelettronica necessaria al suo funzionamento (fig. 3). Ingombranti e pesanti, questi telefoni erano utilizzati solo da coloro che avevano bisogno di una reperibilit continua, come medici, uomini daffari, gente che aveva bisogno di comunicare decisioni o pareri in tempo reale e non poteva avvalersi del pi leggero e pratico cercapersone che li avrebbe costretti a perder tempo cercando un telefono pubblico. Nasce il telefono cellulare dunque, e di colpo, almeno per coloro che potevano permetterselo ma come sappiamo ben presto per tutti il cercapersone non ha pi ragione desistere, non ha pi senso. Come smettono di averne anche i telefoni pubblici, le cabine sparse per la citt che erano state a lungo un elemento costitutivo del paesaggio urbano (nel caso di Londra sono diventate addirittura un simbolo), ospitando insieme allapparecchio telefonico ogni genere di spia, fidanzato e rapitore, oltre che, naturalmente, i vandali per i quali erano un formidabile oggetto dattrazione. Qualcosa emerge e qualcosaltro sparisce: emerge il telefono mobile e il telefono fisso comincia a perder terreno, a declinare insieme alle sue emanazioni come la cabina e il cercapersone. Non scompare, almeno per il momento non lo ha fatto, ma cambia il suo ruolo, con linversione che conosciamo, per cui mentre oggi

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tutti possiedono un telefono mobile, solo pochi si concedono anche il lusso di un fisso. Il quale, peraltro, anche lui si trasforma fisicamente. Non soltanto sempre wireless, ma per di pi dotato dellormai irrinunciabile display cui siamo stati abituati proprio dai telefoni cellulari. Basta guardare Aladino, il telefono tradizionale prodotto da Telecom Italia e fornito dufficio ai nuovi abbonati, in tutto simile a un cellulare, fin nelle molteplici melodie che possono essere utilizzate al posto del tradizionale squillo. Anche le suonerie, peraltro, sono frutto di un progetto e come tali sono soggette al meccanismo evolutivo che stiamo esaminando che prevede forme di recupero dal passato. Pensiamo al recente e diffuso fenomeno tecno-sociale del ritorno al trillo che ha portato migliaia di utenti a impostare come suoneria il sobrio trillo tradizionale al posto delle melodie in voga fino ad un passato recente: dalla babele delle musichette fai da te dritti nella notte in cui tutti i trilli sono uguali. Ma torniamo al cellulare. Sarebbe impossibile in questa sede fare una storia dellevoluzione dei modelli a partire dal Dynatac (fig. 3), tuttavia non possiamo fare a meno di esplicitare alcuni passaggi. Progetti che hanno cambiato il modo di usare questi apparecchi e con esso non soltanto il suo ruolo, ma anche quello di numerosi altri oggetti. Lo Startac di Motorola (fig. 4), per esempio, a lungo primatista quanto a dimensioni e leggerezza, grazie alla possibilit di ripiegarsi (flip), stato il primo telefono davvero tascabile. A quel tempo la scommessa tecnologica era la miniaturizzazzione, e si arriv ben presto a vincerla, con modelli dalle dimensioni davvero ridottissime che il palmo di una mano conteneva comodamente. Tuttavia, come spesso accade, ci che sembra un valore finale, una volta raggiunto perde significato. Cos i produttori di telefoni (e gli utenti), una volta pervenuti a modelli da fare invidia ad un agente segreto, hanno cambiato la direzione di sviluppo spostando linnovazione sulle funzionalit e ritornando letteralmente indietro sugli aspetti legati alla dimensione. Nel frattempo per si innescato un altro meccanismo trasformativo, quello stesso che evocavamo allinizio di questo paragrafo e che ha coinvolto, fra gli altri, lorologio. Con il cellulare che ci segue ovunque (ormai indipendentemente dalle dimensioni) e che perfettamente in grado di dirci che ore sono, diventa del tutto inutile portare qualcosa al polso. Se lo facciamo solo perch gradiamo quel tipo di ornamento, perch ha per noi un significato altro rispetto a quello banalmente pratico. Forse anche perch il tempo che passa ha un altro sapore se viene scandito da due lancette che ruotano anzich da fredde cifre digitali. Fin qui niente di nuovo, alla Swatch cerano arrivati da tempo al fatto che gli orologi sono qualcosa di pi di uno strumento per misurare il tempo, quello che meno evidente laltro passaggio che evocavamo, ovvero che a un certo momento i cellulari sarebbero diventati dei gioielli, proprio come lAura. Ma cosa comporta far diventare un cellulare un gioiello? Come si opera affinch un oggetto di natura funzionale diventi prezioso, cambiando cos la sua valorizzazione in senso opposto a quello pratico? Il primo passo ovviamente quello del materiale, e cos linvolucro esterno, normalmente di plastica, viene qui realizzato in uno splendente metallo cromato. Il paradosso che proprio mentre la gioielleria scopre i materiali poveri (tubi di gomma, guarnizioni, vetri colorati, stoffe, carta etc.) i nuovi gioielli vanno verso la tradizione, quella del metallo, del lucido contrapposto al sempre pi diffuso opaco. Ma il lusso, si sa, spesso si manifesta come vero e proprio antifunzionalismo: si pensi a crinoline e paniers negli abiti femminili del Settecento e Ottocento che impedivano alle dame qualunque attivit. In questo caso, lantifunzionalismo si concretizza in un display di forma rotonda che mal si presta, in confronto al classico rettangolo, a rappresentare i

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lunghi elenchi della rubrica, cos come le immagini fotografiche. Infine, anche se non per ultimo, il valore delloggetto viene costruito attraverso ci che non si vede ma si pu percepire attraverso altri sensi come il tatto. Il peso di una collana ha grande importanza nella costruzione del suo valore, anche se chiaro che questa informazione riguarda chi la indossa pi che chi la vede dallesterno. una forma di autocompiacimento derivante dalla sensazione propriocettiva del contatto con certe superfici, o dal sentire certi pesi su di noi. Nel caso del cellulare in esame, non soltanto abbiamo un peso leggermente pi alto di molti suoi concorrenti (141 grammi contro una media di 100) e il metallo striato dellinvolucro esterno che offre una sensazione tattile molto diversa da quella cui le plastiche ci hanno abituato, ma, pi importante di tutto ci, un singolare meccanismo di apertura che fa scivolare in un attimo una sullaltra le due met di cui composto lapparecchio. Un insieme di ingranaggi, si badi, non una semplice molla, che, infatti, vengono esibiti nella parte posteriore dellapparecchio attraverso unapposita finestra circolare che mostra le ruote dentate, proprio come avviene in certi orologi (fig. 6). A completare il quadro, la copertura del display circolare in vetro zaffiro, perfettamente antigraffio come quello degli orologi pi prestigiosi e una modalit di vendita esclusiva attraverso la quale si fa in modo che il cliente non possa rivendere a sua volta lapparecchio a qualcun altro senza passare nuovamente attraverso Motorola.

FIGURE 6 Motorola Aura, particolare della parte posteriore e vista del cellulare aperto

Aura senzaltro un progetto originale che istituisce al contempo un nuovo modo di considerare, e dunque di progettare, il telefono portatile, ma che inevitabilmente il prodotto di un contesto socio tecnico mutato rispetto a quello riscontrabile solo pochi anni or sono, del quale fa parte, come abbiamo visto, anche la gioielleria. Linnovazione contenuta in questo progetto dunque va oltre i confini di una categoria merceologica, si fa discorso nel momento in cui investe altre tipologie di artefatti sollevando problemi e indirizzando verso soluzioni spesso ibride. Cosa ne sar per esempio degli orologi dopo Aura? evidente che dovranno cambiare per non scomparire. E se i cellulari spingono sul fronte dellestetica essi non potranno che farlo su quello opposto, valorizzando la praticit, per esempio ereditando

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proprio dai cellulari certe funzionalit o anche delle modalit di interazione. Come quelle del Touch Expert di Tissot (fig. 2) nel quale anzich attivare le funzioni attraverso la pressione di uno o pi pulsanti posti lateralmente come stato a lungo uso, possibile toccare il quadrante in corrispondenza di certe zone come si fa con i touch screen dei cellulari di ultima generazione. Veniamo a questo punto allultimo passaggio evolutivo nel mondo dei cellulari, quello che ha nelliPhone di Apple il suo campione (fig. 5). A questo punto la dimensione non pi un problema, contano maggiormente le funzioni disponibili, tra le quali sono ormai immancabili lagenda, lascolto di brani musicali, la ripresa e la visione di filmati e fotografie, la consultazione di pagine web e il navigatore satellitare. Ingombro e peso sarebbero insomma compensati dal fatto di avere tanti oggetti riuniti in un unico chassis, anche se, come sappiamo bene, questo difficilmente fa in modo che le nostre tasche siano vuote. Per quanto il cellulare riesca a produrre buone immagini, infatti, non offre la qualit di una macchina fotografica digitale, e anche il GPS non paragonabile a quello dedicato. Non un caso allora se il mercato delle borse e delle custodie non stato mai cos prospero: tra protezioni per gli apparecchi, zaini (sia nella versione monospalla che in quella classica), marsupi, borsette di ogni tipo da allacciare alla cintura etc. Un altro dei grandi ritorni, anzi, proprio quello del borsello da uomo: messo da parte per lunghi anni, si ripresenta adesso in varie fogge e dimensioni. A sparire (almeno per il momento) sono state le agende elettroniche, fino a qualche tempo considerate favorite nella sfida con il cartaceo oggi non si vedono praticamente pi mentre Moleskine e compagne sembrano godere di perfetta salute, progettate come sono per offrire possibilit pratiche e sensazioni difficili ottenere con un marchingegno elettronico. Un paradosso che non stupisce se consideriamo che nellera della comunicazione virtuale e dellaccesso (e dei problemi energetici e di inquinamento), si prendono molti pi aerei di quanto non si sia mai fatto in passato, cercando sempre la ricchezza dellesperienza faccia a faccia. Lo stesso principio che ha decretato il successo dei post-it che non fanno che proiettare la nostra agenda sulle cose che abbiamo ogni giorno sottocchio, dandoci la possibilit di accartocciare e buttare nel cestino un impegno alla volta. La contraddizione tra funzioni avanzatissime, dematerializzazione, miniaturizzazione, gestione automatizzata, e, dallaltro lato, contatto fisico, borse che si riempiono, accartocciamenti vari solo apparente. Linnovazione sembra anzi nutrirsene, e questo perch lesistenza di un artefatto pi che a una sua presupposta funzione o alla sua presenza fisica, come dicevamo legata al senso che esso assume.

4. Incursione teorica per il semio-design

Entra qui finalmente in gioco la semiotica, che a partire dai casi proposti pu proporre un nuovo modello dei processi di innovazione che ne spieghi non solo le differenze interne ma anche e soprattutto le dinamiche trasformative. Numerosi sono ormai gli studi che, superati i primi amori fra semiotica e design, e superati altres i successivi reciproci disinteressi fra le due discipline, hanno messo a fuoco il modo e il motivo per cui esse hanno ragione di confrontarsi e rendersi vicendevolmente complementari (cfr. da ultimo Mangano 2008; Mangano e Mattozzi eds. 2009). Quel che emerge da queste ricognizioni, molto in sintesi, il principio per cui, da un lato, la semiotica pu fornire modelli per ricostruire le articolazioni di
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Sono redatti da Mangano il paragrafo 3; da Marrone i paragrafi 1 e 2.

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senso inscritte nel progetto di design (di prodotto, di grafica e comunicazione, dinterfaccia o altro) e, dallaltro, essa pu altres provare a esplicitare il saper fare implicito del progettista, contribuendo gi alle fasi di ideazione e di elaborazione tecnica. In cambio, il design permette allo studio della significazione di allargare ulteriormente il proprio campo dazione, fornendo casi-studio pertinenti e problematiche ad hoc a partire da cui essa pu definitivamente abbandonare ogni dipendenza linguistica, aprendosi alla dimensione delle tecnologie e dellesperienza, delloggettualit e dei modelli abitativi. La nozione di testo che troppo spesso viene tuttora ancorata in semiotica e non alla dimensione letteraria riemerge cos in tutta la sua operativit, quale modello forte di spiegazione della significazione umana e sociale, entro cui la teoria e la prassi del design trova, per cos dire, naturale collocazione. Per quel che ci riguarda in questa sede, vorremmo provare, a partire dalla problematica sopra esposta della innovativit progettuale, ad allargare ulteriormente larea di dialogo delle due discipline, prendendo in considerazione la dimensione della cultura e della storia che, per forza di cose, vengono tirate in gioco dalla nozione stessa di innovazione. Punto di partenza, manco a dirlo, ancora una volta la celebre dicotomia saussuriana langue/parole o, meglio, il suo progressivo superamento. Secondo il linguista ginevrino Ferdinand de Saussure, ogni sistema di segni , appunto, un sistema, un insieme strutturato di regole astratte e formali, collettivo e condiviso (langue), a partire da cui riesce possibile latto individuale di produzione di senso, sia esso linguistico o daltra natura (parole). Tale sistema, per, non previsto in anticipo da una qualche entit superiore o evento contrattuale, ma si costituisce a partire dalla serie infinita delle parlate individuali, la risultante generale dei singoli atti di parole. La langue e la parole sono cos in dialettica costante, uno dipendente dallaltro, in presupposizione reciproca. Io parlo a partire da una lingua. La lingua esiste perch io la parlo. Molti studiosi successivi hanno per ridimensionato questa dicotomia saussuriana, che lascia ben poco spazio di libert di innovazione, se si vuole al singolo parlante, il quale in fondo sembra costretto a sottostare alla dimensione sovraindividuale del sistema collettivo di regole, pena lincomunicabilit. mile Benveniste, per esempio, ha progressivamente mostrato come a met strada fra la langue e la parole si dia una terza dimensione: quella del discorso, del modo in cui, cio, il parlante si appropria delle regole linguistiche producendo la comunicazione sociale vera e propria (o enunciazione); ma anche, e parallelamente, del modo in cui la lingua prevede al suo interno tali modi di appropriazione, di fatto grammaticalizzando ossia prospettando in anticipo limmagine dei soggetti linguistici. I pronomi personali, i modi e i tempi verbali, gli avverbi di luogo, per esempio, sono regole grammaticali mediante cui si delinea la figura concreta di chi parla (e dice io, qui e ora) e di chi ascolta (a cui si dice tu, l e ora). Si riduce in tal modo la costrittivit delle regole linguistiche, aumentando lo spazio dazione dei soggetti linguistici, i quali si rivelano essere allo stesso tempo soggetti fatti di lingua, costruiti grazie e attraverso i processi di comunicazione e di significazione. Analogamente, Luis Hjelmslev ha fatto presente dando voce empirica alle intuizioni del linguista Wittgenstein, e aprendo di fatto la strada alle ricerche della cosiddetta pragmatica linguistica che fra langue e parole si pone tutta la dimensione delluso. Per questo autore infatti allinterno della nozione saussuriana di langue si ritrovano quanto meno tre fenomeni diversi: questioni di forma pura (o schema) che determinano le entit linguistiche secondo opposizioni date solo in

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negativo (un fonema si oppone a un altro, a prescindere dal modo in cui viene reso a livello sonoro, grafico, gestuale etc.); questioni di forma materiale (o norma) che determinano le entit linguistiche secondo opposizioni anche in parte sonore (un fonema si oppone a un altro per alcune sue specifiche propriet); questioni di prassi abituale (o uso) che determinano le entit linguistiche secondo il modo in cui per lo pi si manifestano sonoramente (un fonema si rende riconoscibile in quanto tale, e al tempo stesso diverso da altri). Altro aspetto poi la pronuncia individuale di ciascuno, che fa propri gli usi sociali della lingua, rendendo questa volta identificabile il suo modo specifico di parlare. Si tratta insomma di quattro diversi livelli di percezione linguistica, di cui effettivamente soltanto due lo schema formale e luso sociale sono oggetto pertinente della linguistica. Su questa scia si sono posti recentemente Fontanille e Zilberberg (1998), che hanno chiaramente distinto fra fatti di lingua (generativi) e fatti di storia (genetici), proponendo un percorso che dai primitivi della virtualit linguistica (schema) passa alla loro predisposizione attualizzante (norma) per infine realizzarsi in una certa sostanza (parole), per tornare poi, sul versante storico, alle consuetudini sociolinguistiche, ad atti di parole ripetuti sempre nel medesimo modo, che potenzialmente potrebbero dar luogo a nuovi primitivi. Da cui lo schema della cosiddetta prassi enunciativa:

Ci sarebbe una specie di movimento circolare che parte (per convenzione) dal sistema virtuale, passa per lattualizzazione e arriva alla realizzazione (ed il movimento della significazione). Da qui ha inizio la storia, ossia il fatto che, grazie alluso, dalla realizzazione si passa alla potenzializzazione, ossia alla costituzione di prassemi enunciativi, che possono contribuire al riaggiustamento del sistema grazie alla virtualizzazione. Si possono indicare in tal modo quattro operazioni elementari della prassi enunciativa, due delle quali di carattere ascendente lemergenza (dalla virtualizzazione allattualizzazione) e lapparizione (dallattualizzazione alla realizzazione) e due di carattere discendente il declino (dalla realizzazione alla potenzializzazione) e la scomparsa (dalla potenzializzazione alla virtualizzazione). Nel discorso concreto per, osservano Fontanille e Zilberberg (1998), non ha mai luogo una sola operazione ma come minimo due: unoperazione, per es., di emergenza di una data grandezza semiotica si accompagna al declino di unaltra che stava al suo posto, o viceversa. Da qui la formulazione di una combinatoria delle operazioni elementari, che rende conto della tensione tra due movimenti della prassi enunciativa:

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Quando unapparizione si associa a una scomparsa si ha una rivoluzione, ossia la sostituzione di un elemento con un altro (per es., il cambio radicale di un logo o di un nome di marca); quando unapparizione si associa a un declino c una fluttuazione, ossia la compresenza entro il medesimo discorso di un elemento tradizionale con uno del tutto nuovo (per es. lestensione di una marca di moda a un ambito molto lontano come il cibo). Pi delicate le altre due operazioni: quando unemergenza si associa a un declino c una distorsione, dove la compresenza riguarda un elemento che sta per affermarsi e un altro che sta invece per scemare (per es. laffermarsi di certe forti tendenze al cambiamento entro un panorama momentaneamente stabile della moda); quando unemergenza si associa a una scomparsa c un rimaneggiamento, ossia laffermarsi di una nuova tendenza che sta per prender piede di contro a unaltra che viene meno (per. es. il riposizionamento di una marca nel posto lasciato vuoto da unaltra). Cos, la prassi enunciativa prevede che in un discorso ci siano quanto meno due grandezze: una di esse realizzata, data, effettivamente percepibile; laltra percepibile invece solo in modo indiretto, secondario, come sullo sfondo: essa quindi attuale (se si tratta di una possibilit in qualche modo prevedibile ma non ancora realmente presentatasi), oppure potenziale (se si tratta di qualcosa che ha avuto suoi momenti di realizzazione, essendo stata per un certo periodo una soluzione adottata e riconosciuta, e adesso come in stand-by, fra parentesi, ma pronta a tornare a galla). Insomma, approfondendo la metafora visiva, nel discorso c sempre un primo piano e uno sfondo che grazie alla prassi enunciativa possono scambiarsi i ruoli nel corso del tempo. In tal modo, i contenuti testuali non rispondono solo a relazioni sistematiche o logico-narrative, ma hanno anche un diverso grado di presenza nel discorso, sono pi o meno in servizio, vi insistono in misura maggiore o minore. Grado di presenza che si costituisce in una tensione essenziale, e in una messa in prospettiva, degli elementi testuali dati: che divengono virtuali, potenziali, attuali o realizzati luno in relazione allaltro. Cos, una marca pu affermare i propri contenuti mettendoli in relazione pi o meno palese con quelli di altri discorsi concomitanti, oppure pu progettare una propria trasformazione interna giocando in modo calcolato fra emergenze discorsive e paralleli declini. Pu produrre al proprio interno forme pi o meno fittizie di enunciazione, a partire dalle quali prendere posizione e arricchirle, oppure pu moltiplicare le voci e i contenuti sino a esplodere o a dissolversi. Trovano qui risistemazione teorica e metodologica pratiche come quella del cobranding, dove una marca si staglia in funzione di unaltra e viceversa, costituendo forme momentanee di alleanza discorsiva prima ancora che economica. Con questo modello possono altres ricevere una nuova definizione abitudini come quelle della sponsorizzazione, dove il marchio si inserisce in eventi, circostanze e discorsi altri, articolandosi con essi in una qualche gerarchia. E si reintepretano in questo quadro tattiche di marca come la presa in carico di problematiche sociali o ambientali,

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circostanze belliche, disastri naturali, questioni etiche, ideologie politiche, religioni. Prendendo posizione rispetto a tutto ci, il discorso di marca si risemantizza, acquista o perde senso a seconda del grado di presenza con il quale riesce a imporsi nelle sue prassi enunciative.

5. Gradualit e rivoluzione nellinnovazione


Non sembri, questa lunga incursione nella linguistica, unennesima, implicita dichiarazione di sudditanza al modello verbale, una sorta di ulteriore logocentrismo insomma. Del resto, gli esempi che sopra abbiamo proposto, relativi alluniverso del branding, lasciano gi intendere le enormi possibilit di applicazione di questo modello semiotico. Difatti, si coglie meglio il senso, e tutta la importanza operativa, della nozione di prassi enunciativa proprio nel momento in cui la si adopera nel campo della comunicazione e della significazione sociali. Dire che esistono usi linguistici che stabilizzano lo schema formale in prassi abituali, di fatto rendendo funzionali certe regole e non funzionali certe altre, in fondo una relativa ovviet. Pi interessante invece constatare, come fanno Greimas e Fontanille (1991) studiando la dimensione passionale del senso, che le predisposizioni danimo previste formalmente da una determinata cultura a livello virtuale non danno affatto luogo a configurazioni emotive realizzate storicamente: se per es. a livello logico-semantico avarizia e generosit si oppongono, nel Seicento e nel Settecento solo la prima a essere considerata una passione socialmente rilevante, mentre la seconda tuttal pi una blanda tendenza caratteriale. Analogamente, studiando un fenomeno molto diverso qual quello della costruzione delle notizie nel discorso giornalistico, emerso molto chiaramente come levento del giorno (la notizia, appunto, realizzata) cambi completamente di senso a seconda che si stagli sullo sfondo di alcuni contenuti informativi virtuali piuttosto che altri: una cosa un suicidio di un certo personaggio politico per ragioni politiche, altra cosa il medesimo suicidio per ragioni sentimentali, o per ragioni giudiziarie. Cos, sono le prassi giornalistiche concrete a dar senso alle regole virtuali dellinformazione, e non viceversa (Marrone 1998). In questo caso allora luso, per tornare alla terminologia hjelmsleviana, predomina sia sulla lingua come schema formale o norma materiale, sia sullatto individuale di parole. A dirigerci, sar pertanto il seguente quadrato semiotico, che differenziandosi sia da quello presente in Greimas e Fontanille (1991) sia da quello gi ripensato in Mangano (2009) riassume quanto detto sinora, donandoci altres la ricchezza della sua intrinseca operativit. I termini che esso articola, com noto, sono esiti delle relazioni di contrariet, contraddizione e complementarit nonch delle operazioni di negazione e affermazione che lo dinamizzano.

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6. Unapplicazione pratica del modello


Proviamo ora a tornare sui processi trasformativi che, come abbiamo visto nel paragrafo 3, a partire dallinvenzione del telefono cellulare hanno interessato il sistema socio-tecnico, per capire come un modello come quello appena proposto possa offrirci loccasione di sistematizzarli, offrendoci al contempo nuove suggestioni. Ad un certo momento, il cellulare da astrazione (lideale telefono senza filo) quale era stato a lungo, e dunque da una forma di esistenza virtuale, fa la sua comparsa sul mercato. Allinizio ancora un oggetto per pochi e tuttavia comincia gi a destabilizzare alcuni equilibri. Fino a quel momento il problema delle chiamate urgenti era stato risolto con il cercapersone (solo marginalmente con le radio ricetrasmittenti su cui torneremo), una tecnologia che aveva per numerosi svantaggi, primo fra tutti quello di non risolvere il problema del filo fino in fondo: limportante medico poteva essere rintracciato ovunque, e tuttavia per poter sentire quale fosse il problema e proporre una eventuale soluzione, doveva pur sempre trovare un apparecchio tradizionale. Con la comparsa del cellulare dunque, il sistema socio-tecnico comincia a muoversi. Attenzione per, sarebbe un errore credere che il rapporto sia di tipo uno a uno, o uno a due, ovvero tale per cui il cellulare ascende facendo la sua comparsa e il cercapersone o il telefono fisso discendono finendo per scomparire. Come abbiamo accennato, nel caso degli artefatti la tensione ha luogo fra molti elementi e dunque bisogna parlare di riconfigurazione di un sistema socio tecnico nel suo complesso. La nuova invenzione mette in difficolt il vecchio cercapersone, negando la sua congiunzione con quel sistema cui fino a quel momento poteva dirsi congiunto e dunque realizzato per fargli assumere una pi vaga posizione di oggetto attuale, ovvero qualcosa che l come una competenza inespressa, qualcosa che potrebbe funzionare ancora ma che nessuno pi ha intenzione di utilizzare. Facciamo notare che la lessicalizzazione con cui si indica questo stato di esistenza semiotica non del tutto felice: nel linguaggio comune infatti attuale rimanda ad un concetto di validit nel presente che nel nostro caso non si d. Daltronde, il concetto hjelmsleviano di norma a cui lo abbiamo associato in questo nostro modello, suggerisce una certa idea di staticit e di inattualit che invece ben si adattano a quanto abbiamo visto. Tuttavia questa trasformazione non che la punta di un iceberg, perch a partire da questa molte altre ne conseguono, dando vita ad un complesso processo di innovazione a cascata che interessa oggetti apparentemente eterogenei. Gli orologi tradizionali innanzitutto, che, ormai incorporati nei cellulari, non devono pi essere macchine per scandire il tempo ma sempre pi accessori da indossare. Lorologio passa cos dallo stato di realizzato a quello di attuale. Diventa, il caso di dirlo, la norma. Un tale spostamento, per, offre la possibilit di una nuova trasformazione che puntualmente si verifica: quella che fa s che i cellulari diventino gioielli come lAura, frutto di un movimento dal potenziale al realizzato. In questo caso, quello che era un uso accessorio, ovvero consentire di leggere lora, prende il sopravvento e nel farlo dirotta la pertinenza delloggetto nel suo complesso verso il gioiello: il quadrante diventa tondo, i materiali preziosi etc. Semioticamente diremo che un uso diffuso ha stimolato un processo creativo dando il via alla realizzazione di qualcosa di nuovo, un ibrido che prende il posto di ci che esisteva prima. Un movimento che provoca una pronta risposta dei produttori di orologi che, capita linvasione di campo, restituiscono pan per focaccia, mutuando la tecnologia touch screen proprio dalle interfacce dei cellulari e incorporandola in un orologio come il

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Tissot. Ma i confini del processo innovativo posso essere allargati ancora. Alle cabine telefoniche per esempio, che a buon diritto entrano nella partita. E tuttavia nel loro caso la sorte stata meno benevola: dopo aver passato qualche anno nel limbo dellattuale, ovvero di una esistenza inattiva, hanno finito col venire smontate divenendo veri e propri oggetti virtuali le cui uniche forme duso sono ormai quelle leggermente devianti di coloro che le inseriscono fra gli arredi di locali alla moda. Potremmo continuare a lungo individuando movimenti sul quadrato che rendono conto del modo in cui nuovi prodotti scaturiscano da realt preesistenti e tuttavia quello che ci preme mostrare la coerenza sistematica di tali trasformazioni. Prendiamo il borsello da uomo. In voga fino agli anni Settanta, dopo quel periodo stato utilizzato solo da pochi nostalgici rimanendo a lungo chiuso in uno stato di esistenza virtuale. In seguito alla necessit di portarsi dietro tutta la tecnologia che ci accompagna quotidianamente per, dapprima si cominciata a riprendere labitudine a portarlo con s (potenziale), ed in seguito i produttori hanno preso a disegnare modelli per le nuove esigenze (realizzato). Se lesempio del borsello dovesse sembrarci troppo ai margini dellinnovazione principale, ovvero quella del parlare senza alcun filo e ovunque, facciamo notare come da pochissimo tempo alcune aziende stiano cercando di rilanciare la tecnologia a radiofrequenza per le comunicazioni. Non sappiamo ancora se andr a buon fine loperazione, ma Brondi sta spingendo in questa direzione pubblicizzando ricetrasmittenti nei termini di una alternativa ai telefonini. Una campagna che fa leva non soltanto sul vantaggio tecnologico, che consiste nellessere in condizione di trasmettere anche dove non c copertura della rete telefonica, o economico, visto il costo nullo della chiamata, ma anche sociale, in quanto con i walkie talkie si pu parlare contemporaneamente a pi di una persona. Poco utile nella vita quotidiana forse, ma molto nel contesto di una vacanza in barca a vela come quella rappresentata nellimmagine (fig. 7). Per non parlare del fascino tanto infantile quanto efficace di dover dire passo alla fine di ogni frase. Tutto questo per dire che linnovazione si nutre di passato, riporta in vita, trasforma, difficilmente crea ex nihilo, e non per la ragione che comunemente si tende ad assumere, ovvero perch ci che cera prima era in qualche modo pi razionale, pi essenziale, e per questo in definitiva migliore di ci che ci offre la contemporaneit, ma per un motivo di ordine ben diverso che ha a che vedere con il senso di quellartefatto. Il giradischi torna di moda quando nasce liPod e la musica comincia a essere gestita completamente attraverso il computer (Mangano 2009). Ci che avrebbe dovuto porre fine una volta e per tutte a un supporto imperfetto, troppo delicato, complesso da maneggiare e archiviare, e che, per di pi, ci spinge ad un ascolto sequenziale dei brani che ci fa perder tempo, in realt lo resuscita, e per delle ragioni che hanno a che vedere proprio con tali abissali differenze. A darcene prova il declino, molto lento ancora ma perfettamente prevedibile, che sta subendo il Compact Disk, ovvero linvenzione che, a suo tempo, aveva detronizzato lLP. Il giradischi insomma torna pertinente nella veste rinnovata dei modelli contemporanei (il passaggio virtuale>> potenziale>>realizzato), grazie al manifestarsi del suo nemico perfetto, proprio come aveva suggerito Maldonado.

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FIGURE 7 Pubblicit a stampa delle ricetrasmittenti Brondi (2009).

Lo sguardo semiotico ci obbliga allora a mutare lapproccio comunemente adottato in riferimento al fenomeno dellinnovazione. In primo luogo perch ci spinge a leggerlo sempre come un processo sistemico, in cui sono intere configurazioni a cambiare e non singoli oggetti; ma anche, e forse soprattutto, perch sposta la nostra attenzione sul fatto che la mutazione non scaturisce da un miglioramento valutabile nei termini di un mero calcolo ingegneristico, ma da qualcosa che ha a che vedere con una forma di efficacia che, con Levi-Strauss, diremmo simbolica. Da ci limportanza che i modelli che hanno consentito di descrivere e spiegare tali forme di azione possono avere su unaltra forma di azione come quella dellinventare. Il prossimo telefonino? La casa del futuro? Per sapere come saranno fatti non ci resta che guardare ai sistemi di relazione nei quali stanno nascendo, osservando lo statuto di esistenza semiotica di ci che ci noto e ipotizzando le possibili trasformazioni. Le possibilit sono molte naturalmente, ma non infinite. Un livello profondo, tanto astratto quanto universale, presente. Quanto al telefono bisogner allora interrogarsi sul modo in cui si costruiscono le identit, su come comincia e finisce una storia damore, mentre per la casa, prima ancora di fare considerazioni sul bilanciamento energetico e sulluso di materiali riciclabili, bisogner interrogarsi sulla natura in quanto modello culturale.

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AAA creativi cercasi: unapplicazione del Modello delle 3T alla gestione aziendale delle risorse umane
di Alberto Maestri
REDAZIONE TICONZERO.INFO

Negli ultimi anni si sono registrati importanti cambiamenti nelle economie dei paesi occidentali. Fattori organizzativi di tipo hard come il lavoro fisico stanno perdendo di importanza in quanto leve per lo sviluppo e la competitivit aziendale, mentre diventano fondamentali fattori pi soft come la creativit in possesso dei lavoratori interni.

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1 Introduzione. Creativit e innovazione come leve per competere


Gli ultimi anni sono stati caratterizzati da importanti trasformazioni sotto il profilo socio-economico a livello mondiale (Florida 2002b, 2005b), a causa della transazione da un contesto industriale e fordista ad uno post-industriale. In particolare, gli studi degli analisti (es. Rullani 2004) rilevano come leconomia contemporanea stia passando sempre pi dall'essere fondata su una dimensione materiale, stimolata da leve come la forza fisica, ad una astratta, nella quale contano maggiormente le capacit cognitive e intellettuali. Acquistano sempre pi importanza la creativit e la capacit di generare idee da parte degli attori coinvolti nei processi economici (es. Coy 2000 e Rullani 2004), tanto che le stesse idee sono ritenute il nuovo asset fondamentale (Coy 2000). Questa tesi stata ultimamente ripresa da Florida (2002b e 2005b) che ha sottolineato pi volte come proprio la creativit sia il motore delleconomia, sostenuta dalla comunicazione e dall'informazione. Il pensiero conclusivo a cui portano le varie ricerche che leconomia contemporanea si sta trasformando in economia creativa (Coy 2000 e Florida 2002a). Diventa allora necessario approfondire i temi della creativit e dellinnovazione, due fattori ritenuti legati da strette relazioni, declinandoli al contesto economicoorganizzativo. 1.1 Limportanza del fattore creativo Per definire il concetto di creativit in ambito economico utile riprendere e sintetizzare le definizioni date negli anni da Plsek (1997), Goldenberg e Mazursky (2002) secondo cui essa consiste nella capacit di combinare e adattare la conoscenza per generare nuove idee utili ai destinatari per i quali sono state concepite e ideate. La creativit pertanto l'unione di pensieri che, incontrandosi ed unendosi in modi differenti, cambiano lesistente o formano qualcosa di nuovo (Csikszentmihalyi 1996) che possiede un significato (Borgese 2000) non solo attraverso dinamiche libere e caotiche che portano alleureka! finale, ma soprattutto attraverso processi sistematici che strutturano veri e propri piani creativi caratterizzati da differenti stadi (Wallas 1926): preparazione, incubazione, insight ed elaborazione/valutazione. Un elemento fondamentale per comprendere la nuova economia creativa e collegare il tema a quanto detto finora rilevare i cambiamenti apportati dal fattore creativo a livello di singola impresa, principale agente economico. Declinata in ambito aziendale la creativit diventa organizational creativity ed considerata da un lato un fattore trasversale, una meta-competenza posta in posizione preliminare rispetto alla produzione economica. Ma con essa si intende anche la creazione di un prodotto, servizio, idea, procedura o processo, nuovi e di valore aggiunto, da parte di soggetti che lavorano allinterno di un sistema sociale complesso (Woodman et al. 1993) come pu essere quello aziendale.

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La prospettiva economico-organizzativa considera strategica la capacit delle aziende di essere creative soprattutto perch essa ha un ruolo funzionale per lo sviluppo dellinnovazione dimpresa (es. Klijn e Tomic 2010). 1.2 Linnovazione dimpresa Linnovazione dimpresa viene definita come la concretizzazione di successo e lattuazione di idee creative (es. Woodman et al. 1993, Klijn e Tomic 2010). la capacit di creare innovazione ora diventato un fattore fondamentale per ogni organizzazione che voglia conseguire una vantaggio competitivo duraturo nei confronti dei competitor. E grazie allinnovazione che unimpresa riesce infatti a creare valore aggiunto rispetto a quanto gi esistente sul mercato, sia in una prospettiva intra-organizzativa che nellottica del cliente finale. A livello di singola impresa il dilemma non pi dunque se innovare, ma soprattutto come farlo in maniera efficace (Prajogo e Ahmed 2006). Troppo spesso infatti linnovazione attuata senza un pensiero ex-ante ma con il solo scopo di rispondere agli stimoli ed alle insidie che provengono dai concorrenti. In quanto risultato della creativit linnovazione un fenomeno complesso, analizzabile da prospettive differenti. La classificazione tradizionale (Perrini 2007) ordina linnovazione per forma o per natura, con impatti differenti sullo sviluppo ed il cambiamento economico-organizzativo. A livello di forma possibile distinguere tra: innovazione di prodotto: riguarda strumenti e conoscenze relativi a nuovi prodotti e servizi che permettono di apportare variazioni al portfolio dimpresa; innovazione di processo: riguarda dispositivi, strumenti e conoscenze che mediano tra input e output organizzativi (ivi, p.257). Unazienda pu introdurre nello stesso momento prodotti e processi innovativi. Linnovazione multipla cos sviluppata (Baglieri e Lojacono 2009) sicuramente pi difendibile e strutturata di quella specifica di prodotto o di processo e rende il vantaggio competitivo maggiormente sostenibile. Questa innovazione prende anche il nome di innovazione tecnologica e comprende appunto nuovi prodotti (beni e servizi) e processi implementati a livello tecnologico e miglioramenti significativi nei prodotti e nei processi (OECD 2004, p.31). Recentemente la classificazione per forma dellinnovazione stata arricchita grazie allinserimento dellinnovazione organizzativa, consistente nella creazione di nuove forme organizzative e/o pratiche manageriali (De Leede e Looise 2005, p.109) per apportare modifiche sostanziali alla struttura di unorganizzazione. A livello di natura e trasversalmente alle tre tipologie appena elencate possibile invece distinguere tra: innovazione radicale (o breakthrough): rappresenta un elemento di rottura, di discontinuit rispetto al passato; il connotato distintivo loriginalit delloutput;

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innovazione incrementale (o marginale): in questo secondo caso linnovazione migliora semplicemente un qualcosa gi esistente, senza che nulla di realmente nuovo sia inventato.

1.3 Una nuova classe di lavoratori Analizzato il concetto di creativit, il processo creativo e il tema collegato dellinnovazione e riconosciuta la loro importanza per loperativit economica e la competitivit delle imprese, possibile concludere sottolineando come le aziende, sempre pi guidate dalla leva creativa, devono poter attingere da un mercato del lavoro composto da soggetti con caratteristiche ben diverse da quelle richieste ai lavoratori negli anni passati. In particolare, servono ora soggetti talentuosi in possesso anche di un elevato tasso di creativit e/o di un potenziale creativo da poter trasformare in innovazione. In seguito verr approfondito il tema attraverso linquadramento di questi nuovi lavoratori. Verranno in particolare analizzate le loro caratteristiche individuali ed i motivi che, secondo le ricerche, li rendono un cluster ben definito.

2 I lavoratori creativi
Come ampiamente sottolineato nel capitolo precedente, leconomia contemporanea sta facendo diventare di grande importanza per le imprese la creativit, elemento essenziale per produrre innovazione. Ma se sono questi i due fattori strategici pi importanti, per le aziende diventano fondamentali le capacit cognitive dei propri lavoratori, in particolare quelle che permettono di generare nuove idee. Per realizzare limpresa creativa devono essere presenti lavoratori creativi di talento che formulino continuamente nuove proposte, cercando costantemente di trovare modi pi veloci, economici o migliori di fare le cose (Florida 2002b, p.132). E importante quindi definire e comprendere chi sono tali soggetti: a proposito si pensato di analizzare i lavoratori creativi sia da una prospettiva individuale che di classe lavoratrice, due dimensioni fondamentali e strettamente collegate tra loro. Da una prospettiva individuale, una prima caratteristica dei lavoratori creativi proprio la loro creativit. Non bisogna dare per scontato questo fattore: gi da alcuni anni Florida (2002b e 2005b) sostiene come tutti gli individui siano potenzialmente creativi, in quanto dotati di specifiche abilit creative ereditate dal naturale progresso evolutivo. Queste possono essere contenute in una nuova tipologia di capitale economico, il capitale creativo, comprensivo dello stock di creativit posseduta dal singolo soggetto. Esso appare integrativo e complementare a quello umano, e la presenza in un lavoratore di entrambi i capitali descritti lo rende un talento creativo. Contemporaneamente a queste analisi, sempre Florida (2002b, 2005b) ha individuato altri tre tratti caratteristici e integrati tra loro che permettono di concretizzare il nuovo potenziale e di definire il talento creativo: individualismo: il lavoratore creativo ha una spiccata preferenza per la libert di sperimentare nuove esperienze e di imparare attraverso queste; meritocrazia: i creativi vogliono meritare le loro ricompense e appaiono orientati al duro lavoro, alla sfida ed allo stimolo continuo;

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diversit ed apertura: i lavoratori creativi prediligono ambienti vibranti e che favoriscono lintegrazione. Essi si caratterizzano anche per il loro lifestyle per nulla tradizionale n conformista (Rutten e Gelissen 2008) e per unelevata mobilit lavorativa. Volendo spostare lattenzione da un livello micro e relativo al singolo individuo ad una prospettiva pi estesa, Florida ed i suoi collaboratori (Florida 2002b, 2005a e 2005b) hanno cercato anche di mappare i lavoratori creativi individuando una classe creativa. Nella prima classificazione stilata, Florida (2002b) ha individuato e distinto due livelli interni alla nuova classe: Super Creative Core: i lavoratori impegnati in queste mansioni sono ritenuti i pi creativi tra tutti in quanto producono nuove forme o design che sono subito trasferibili e utili in molti modi differenti e ad utenti eterogenei. Professioni Creative: a questo gruppo appartengono individui che lavorano per esempio in molte industrie knowledge-intensive operative nei settori high-tech, nei servizi finanziari, etc. Anche questi soggetti sono impegnati nel processo creativo, ma non sempre producono e gestiscono metodi e output che sono utili a diversi utenti. Successivamente (Florida 2005a) lelenco delle professioni creative stato ampliato con lintroduzione di imprenditori, dirigenti pubblici e privati, professionisti, ricercatori, professioni pratiche di tipo tecnico/artistico altamente specializzate. La classe creativa comprende a livello globale circa un terzo dei lavoratori attivi in USA (Florida 2002b) e nei restanti paesi industrializzati (Florida 2005b). Essa stata inoltre differenziata da altre tre classificazioni che coprono le professioni rimanenti e rappresentano la distinzione delle occupazioni a seconda dei settori (primario, secondario e terziario) in cui sono impiegate: agricoltura, working class e classe dei servizi. La classe creativa si affianca ad esse dando vita a processi di inter-scambio di lavoratori: larricchimento di un lavoro dal punto di vista dei contenuti conoscitivi, creativi e innovativi comporta infatti uno spostamento verticale (allinterno della gerarchia creativa) o trasversale (tra classi) del soggetto che lo svolge. 2.1 Attrarre e trattenere una nuova classe di lavoratori Se i lavoratori creativi, in particolare quelli talentuosi, sono considerati di fondamentale importanza per la sopravvivenza e la competitivit delle imprese, lobiettivo di queste deve essere sempre pi quello di attrarli e trattenerli (Gertler et al. 2002, Florida 2002b), cercando in generale di stimolare il talento presente in ognuno tramite strumenti e pratiche di arricchimento del proprio capitale creativo. Tale obiettivo diventato strategico per le imprese di qualsiasi dimensione, nella volont di vincere la competizione sul mercato del lavoro creativo. La realizzazione di questi interessi organizzativi resa difficoltosa sia a causa della dimensione globale che la stessa competizione sta assumendo (Florida 2002b) sia perch, come gi scritto in precedenza, gli individui creativi tendono a identificarsi maggiormente nelle loro occupazioni e professioni piuttosto che in una compagnia (ivi, p.114) preferendo carriere boundaryless.

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3 Il Modello delle 3T per gestire i creativi nelle aree geografiche


Il Modello delle 3T stato costituito da Florida insieme con alcuni collaboratori ed ha alla base due importanti constatazioni. In primis, la struttura geografica contemporanea mostra la progressiva dissolvenza degli stati come entit specifiche e importanti per lo sviluppo socio-economico mondiale. Il concetto di stato sovrano infatti ormai obsoleto, colpito da un inesorabile processo di erosione (Scott 1998). La reale competizione economica avviene sempre pi tra regioni (ivi) o addirittura tra citt (es. Florida 2002b, 2005a e 2005b) che non competono solamente nella stessa regione o nello stesso stato, ma a un livello globale () (Murray 2001, p.82). Non un caso se il tema della competitivit territoriale sta diventando di crescente rilevanza per le politiche di sviluppo regionale (Camagni 2002, p.2395). Si assiste cos ad un effetto paradossale (Scott 1998, Florida 2002b): si prospetta un mondo contratto, inter-connesso e di conseguenza si d per certo limminente declino dellimportanza della geografia (es. OBrien 1992, Kelly 1998). Parallelamente viene per riscoperta la sua strategicit per leconomia mondiale, in particolare delle aree urbane e regionali: leconomia tende sempre pi ad abitare uno spazio (Florida 2005b, p.28), a localizzarsi in aree specifiche. A tale proposito Swyngedouw ed alcuni colleghi (1992) hanno coniato il termine glocalizzazione, risultante dellinterazione tra globale e locale. Inoltre, i lavoratori creativi descritti come i nuovi motori delle economie occidentali contemporanee non smettono di essere creativi appena dopo aver lasciato lufficio (Rutten e Gelissen 2008, p.987) ma ripropongono il loro ethos nel loro stile di vita abituale, mostrando come lessenza creativa sia parte della propria identit (ivi). Per questo motivo le aree urbane e regionali devono possedere elementi caratterizzanti il contesto, o milieu, che incontrino le aspettative ed i bisogni degli stessi, trasformandosi in veri centri creativi (Florida 2002b). Il milieu stato definito come una combinazione di infrastrutture hard e soft (Landry 2006): le prime comprendono strade, edifici ed altri oggetti fisici e rappresentano un fattore necessario ma non sufficiente. Le strutture soft sono intangibili, prodotte dallinterazione tra individui e dai sentimenti che si diffondono attraverso i luoghi. Essendo i creativi persone fortemente orientate alla socialit ed alla diversit, la dimensione soft di fondamentale importanza. Riassumendo sono tre le dimensioni principali che definiscono la qualit di un luogo (Florida 2002b), intesa come linsieme delle caratteristiche che lo rendono vivibile e gradevole (Yigitcanlar et al. 2007): whats there: la combinazione e lequilibrio tra il paesaggio costruito dall'uomo e quello naturale; whos there: le tipologie di persone presenti nel luogo, che devono costituire la giusta atmosfera ed il giusto meltin pot socio-culturale; whats going on: la ricchezza dellofferta artistica, culturale, etc. proposta. Nello specifico, il Modello delle 3T costituito da quelle che Florida considera le tre leve dello sviluppo economico: talento, tecnologia e tolleranza. Ciascuna di queste leve importante perch se presente apprezzata dai creativi, i quali tenderanno a preferire le citt o le regioni che la possiedono ancora prima di trovare un lavoro.

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Occorre pertanto presentare brevemente le tre dimensioni appena sottolineando gli aspetti salienti che caratterizzano lintero modello. 3.1 Talento

citate,

Per quanto riguarda il talento, occorre sottolineare come negli studi di Florida i termini creativo e quello di talento sono spesso associati, o comunque concepiti insieme. Per parlare di talento il ricercatore americano riprende e rielabora le ricerche sul capitale umano, collegandoli con il capitale creativo da lui individuato: il talento creativo infatti un individuo che possiede livelli adeguati di entrambi. Il lavoratore creativo talentuoso una ricchezza insostituibile per unarea geografica, e dalle ricerche del ricercatore si possono trarre due conclusioni tra loro sinergiche: si crea una relazione positiva tra numero di abitanti e tasso di sviluppo: le aree geografiche pi densamente popolate sono molto pi avvantaggiate dal punto di vista della produttivit, potendo contare sullenergia multipla di diverse menti educate e creative (Lucas 1988, Florida 2002b); unarea geografica in cui abitano gi persone creative e talentuose avr anche pi possibilit di attivare un circolo virtuoso attraendo nuovi talenti creativi. 3.2 Tecnologia Limportanza della tecnologia e della scienza in generale per la creativit delle citt e delle regioni ormai un fatto riconosciuto (Landry 2006). Da tempo si sostiene che nessuna area pu essere realmente competitiva in assenza di tecnologie aggiornate e di qualit. La tecnologia permette alle persone creative ed alle imprese in cui queste lavorano di avere i mezzi adatti con cui potersi esprimersi al meglio e di generare le idee adeguate a trasformarsi in innovazione. Nello specifico, nella nuova economia creativa diventano due le principali necessit tecnologiche delle aree geografiche: se da un lato occorre infatti prestare adeguata attenzione al contesto tecnologico cercando di costituire citt e regioni tecnologicamente avanzate, dallaltro bisogna anche prestare attenzione alla percentuale di aziende operative nei settori high-tech in un territorio specifico. 3.3 Tolleranza La tolleranza il vero elemento di novit introdotto da Florida, in quanto poco considerato nelle altre ricerche in tema, e forse quello pi importante poich rende il modello sistemico e consistente (2002b, 2005b). Parlando di tolleranza, Florida riprende alcuni termini dal linguaggio economicoaziendale. Le societ realmente fiorenti e competitive a livello mondiale devono sforzarsi di essere aperte e presentare basse barriere dingresso, dimostrando cos unaccoglienza attiva (Florida 2005a) nei confronti di chiunque voglia viverci. In esse lapertura alla diversit totale, i nuovi arrivati sono accettati e accolti rapidamente e indipendentemente dal loro status economico e sociale. Non un caso che, nellaccezione data dal ricercatore, la tolleranza stata spesso utilizzata come sinonimo di diversit (Rutten e Gelissen 2008).

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In seguito ulteriori studi (Landry 2006) hanno dimostrato come la diversit culturale sia un importante elemento rafforzativo urbano e che da sempre le citt pi sviluppate sono state e sono ad oggi quelle capaci di assorbire le diversit dei cittadini, incorporandole nel proprio tessuto: basti pensare a Costantinopoli, Hangzhou e Firenze nei secoli passati (ivi) o a Londra e New York ora. Permettere lo sviluppo e laggregazione di idee e pensieri diventa sempre meno una questione di correttezza politica e sempre pi una necessit concreta (Florida 2005a). 3.4 Le relazioni tra le 3T del modello Florida ha infine posto laccento sullintegrazione presente tra le tre dimensioni, sostenendo che i membri della classe creativa si insediano in posti che le posseggono tutte e tre adeguatamente (Florida 2005b). Queste, prese nella loro singolarit, rappresentano ciascuna una condizione necessaria ma non sufficiente per attrarre e trattenere i talenti creativi nelle aree geografiche (Florida 2002b). E questo il motivo per cui citt americane come Baltimora, St. Louis e Pittsbourgh non riescono ad essere attrattive nonostante le grandi potenzialit tecnologiche in loro possesso e le universit prestigiose che hanno sede in zona. Ma la necessaria integrazione tra le tre dimensioni permette anche di comprendere come mai citt globali come Miami o New Orleans non riescano a diventare creative, nonostante siano riconosciute nel mondo per essere centri di tendenza e lifestyle (ivi). Per concludere, grazie alla stretta relazione tra talento, tecnologia e tolleranza si crea un circolo virtuoso: i talenti creativi sono attratti da posti tolleranti e aperti alla diversit, che offrono unadeguata qualit della vita e sono stati scelti per questi motivi da altri talenti creativi. I posti pi attrattivi generano un bacino di potenziali lavoratori di valore richiamando anche le imprese, le quali promuovono lo sviluppo tecnologico; questo crea un importante ciclo per levoluzione economica (Florida 2005b).

4 Il Modello delle 3T applicato in azienda


In questo paragrafo si sostiene come lo stesso modello possa offrire spunti importanti e adeguati anche se utilizzato allinterno delle imprese, ispirando le politiche di gestione delle risorse umane aziendali, in particolare quelle talentuose, per due ragioni principali e strettamente collegate tra loro. Per prima cosa il modello rilevante perch identifica chi sono i talenti di importanza strategica nel nuovo contesto economico, definendo le caratteristiche da valutare nei potenziali lavoratori in sede di selezione e diventando inoltre un utile strumento per individuare e mappare i talenti creativi gi presenti in azienda. Viene fatta cos luce sui numerosi studi economico-organizzativi prodotti nel tempo in relazione al concetto di talento: secondo il ricercatore americano la condizione di talento pu essere infatti raggiunta da qualunque soggetto che riesca ad integrare la formazione ricevuta con la capacit creativa, diventando un talento creativo. Pur rimanendo sempre vero che il talento dotato in primis di una buona educazione che gli permette di avere specifiche competenze e di attivare particolari comportamenti (Cheese et al. 2008), esso possiede anche un adeguato livello di capitale creativo, il quale va a influire sulla capacit di generare idee e conoscenza con efficacia e sistematicit (Florida 2002).

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La seconda ragione che motiva limportanza del Modello delle 3T applicato in azienda che esso individua il talento, la tecnologia e la tolleranza come dimensioni fondamentali non solo per lattrazione, la ritenzione e la gestione dei talenti creativi nellimpresa ma anche per la trasformazione del lavoratore medio in un talento creativo, mediante un processo di arricchimento dello stock di capitale creativo ed allestrazione del valore nascosto in suo possesso. E grazie a queste tre dimensioni che creativit ed innovazione sono stimolate anche in ambito aziendale. Le aziende possono cos limitare la mobilit orizzontale dei lavoratori (Florida 2002) diventando employer of choice (Ahlrichs 2000) dei talenti creativi. Il Modello delle 3T indica come impostare alcuni processi di gestione delle risorse umane attraverso cui le aziende possono diventare talent powered organizations (Cheese et al. 2008). Lobiettivo diventa quello di comprendere come lo stesso modello e ciascuna delle dimensioni che lo compongono possano fornire un contributo alla gestione aziendale delle risorse umane, interpretando gli studi fatti da una parte sulle modalit di attrazione, dall'altra su quelle di gestione e ritenzione dei lavoratori, nel tentativo di stimolare e implementare lo stock di creativit in loro possesso. 4.1 Il talento per la gestione delle risorse umane Nel Modello delle 3T il talento creativo un individuo in possesso sia di capitale umano che di capitale creativo. Inoltre esso difficile da attrarre e trattenere a causa della sua predisposizione verso lindividualismo e la diversit di esperienze. Cos come nel 3T model la presenza di creativi talentuosi costituisce una leva efficace per attrarne altri in una stessa area geografica, unimpresa in cui lavorano molti creativi e che riesce a comunicare questa sua specificit al mercato del lavoro risulter sicuramente pi attrattiva nei confronti di altri lavoratori ad alto tasso di creativit. Viene cos attivato un circolo virtuoso grazie a cui talento attrae talento: essi certificano infatti lesistenza nellimpresa di una cultura della retention meno soggetta a norme e gerarchie tradizionali e pi orientata alla creativit, alla prestazione, allinnovazione ed al cambiamento (AA.VV. 2006). Ma se chiunque pu potenzialmente diventare un talento creativo, esso non va solo attratto dall'esterno. Limpresa dei talenti deve anche riuscire a stimolare ed arricchire il capitale creativo di tutti i lavoratori interni tramite il loro coinvolgimento nei processi aziendali (Ceccon 2009) e lattivazione di pratiche e strumenti ad hoc che facilitino la loro partecipazione attiva nel business (Lucarelli 2010). Diventa fondamentale riconoscere limportanza del potenziale di idee e conoscenza che il singolo pu apportare (Giubitta e Gianecchini 2009). Allinterno dei modelli di talent management tradizionali leconomia creativa rende quindi necessaria lattivazione di sistemi specifici di managament delle idee (Getz e Robinson 2003). Limpresa diventa un sistema creativo, un ambiente dinamico e stimolante, nella convinzione che la gestione delle idee riguardi lazienda nel complesso e debba diventare un fatto ordinario (Lucarelli 2010). I contesti organizzativi in cui enigmatici sciamani creativi producono, in modo imperscrutabile, idee originali (ivi, p.4) sono ormai obsoleti.

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4.2 La tecnologia per la gestione delle risorse umane La tecnologia un altro importante fattore incluso nel Modello delle 3T di Florida: in particolare il ricercatore sostiene che i creativi cercano luoghi che offrono infrastrutture e tecnologie adeguate per facilitare e supportare lo svolgimento delle proprie attivit lavorative ed extra-lavorative. Lapplicazione del Modello delle 3T in ambito aziendale sottolinea in primis la maggiore probabilit che le imprese operative in settori high-tech hanno di vincere la competizione globale del talento creativo. La necessit di creare ed innovare in maniera pianificata e continuativa strategica soprattutto per tali realt, che risulteranno cos arene creative molto stimolanti ed attraenti per gli stessi creativi. Secondariamente, ladattamento del 3T model in azienda attesta la capacit delle imprese che presentano sistemi e strutture tecnologiche a supporto delle attivit e della creativit del singolo soggetto di attrarre e trattenere i talenti creativi per lunghi periodi. La creativit per linnovazione dimpresa infatti sempre pi vista non come il risultato di specifiche capacit personali, ma soprattutto come una competenza ottenibile tramite linter-scambio di idee e pareri, attraverso il meccanismo secondo cui le idee e la conoscenza sono stimolate lavorando con altri soggetti (Schultze 2000) detentori di background e specializzazioni differenti (Argote e Ophir 2002). I talenti creativi preferiscono aziende che hanno attivato supporti interni alla creativit appartenenti soprattutto alle tecnologie dellinformazione e della comunicazione (Gorgoglione e Garavelli 2006) che permettano sia la produzione di conoscenza, di informazioni e di pratiche ex novo sia il loro scambio tra soggetti creativi diversi. A livello applicativo, lutilit di tecnologie aziendali che sappiano rispondere alle necessit elencate si riscontra soprattutto: durante la fase di formazione e aggiornamento del dipendente. In questo caso le tecnologie adeguate sono progettate a partire da piattaforme e-learning pensate e utilizzate come strumento di erogazione e di interscambio di conoscenza sia tra formatore e fruitore della formazione che tra fruitori della stessa; durante lattivit lavorativa quotidiana. Anche nello svolgimento del lavoro day by day i lavoratori necessitano di strumenti specifici come gli IT-Based Creativity Support Systems (Gorgoglione e Garavelli 2006), sistemi a supporto della fase di incubazione dellidea. Questi funzionerebbero come un individuo aggiuntivo che propone nuove informazioni al gruppo in un processo iterativo fin quando emerge unidea creativa (ivi, p.15). Altre aziende hanno invece introdotto strumenti per creare connessioni e conoscenza tra lavoratori come i tool di Framework for Networked Creativity (Brennan e Dooley 2005). Ultimamente stanno acquisendo importanza gli strumenti web 2.0 con funzionalit trasversali, da poter utilizzare sia durante il processo di formazione che nelle diverse fasi lavorative. Essi aiutano e sostengono il singolo lavoratore in azienda (Sage e Rouse 1999), favorendo in ultima analisi anche la costituzione di imprese virtuali (ivi). Per via dunque dellapplicazione del 3T model anche la strategicit in ambito aziendale della tecnologia si trasforma abbattendo le gerarchie ed i confini organizzativi, verso strutture economiche maggiormente fluide.

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4.3 La tolleranza per la gestione delle risorse umane Nel Modello delle 3T Florida parla di tolleranza e diversit come termini sinonimi, intendendo lapertura di unarea geografica alla diversit nelle sue differenti accezioni. I creativi prediligono posti eterogenei e in cui sia possibile fare esperienze variegate e conoscere persone di culture e tradizioni differenti. Applicando il modello di Florida in azienda possibile sostenere come favorire lintegrazione tra lavoratori sia diventato anche un vero fattore di attraction e retention dei talenti creativi nelle imprese, oltre che un importante leva morale ed etica (European Commission 2007). Questa apertura mostrata dalle aziende testimonia infatti la presenza di un ambiente altamente creativo e innovativo (Bassett-Jones 2005), grazie allincontro di persone differenti che apportano il proprio background per lo svolgimento delle attivit economiche proteggendo le propria unicit. Le imprese che si impegnano nellattivazione di programmi di gestione e valorizzazione della diversit si propongono cos come un ambiente ideale per i talenti creativi. Quanto scritto stato dimostrato da uno studio della Commissione Europea (European Commission 2003) che ha rilevato come tra i benefici ottenuti da quelle istituzioni che hanno sviluppato politiche di diversity management ci sia proprio anche laumento dellinnovazione e della creativit dei dipendenti e la capacit di attrarre e trattenere individui di talento. E necessario comunque sottolineare come non sempre la possibilit di lavorare insieme a persone differenti sia un fattore positivo per il lavoratore e per limpresa. Diversi studi (es. Knight et al. 1999) hanno sostenuto come ambienti eccessivamente eterogenei rischiano di affrontare conflitti, turnover aziendali pi elevati, minore integrazione e problemi di comunicazione. Per stimolare la creativit occorre allora considerare sia le competenze funzionali sia le rispettive inclinazioni dei lavoratori e la loro capacit di integrazione con altri individui. 4.4 Lintegrazione tra le leve per la gestione delle risorse umane Nel presentare il Modello delle 3T si posto laccento pi volte sulla sua natura sistemica, considerando limportanza delle relazioni tra le tre dimensioni che lo compongono. Questo aspetto rimane valido anche nellapplicazione del modello in ambito aziendale: unimpresa attenta ad una dimensione e che tralascia le altre risulterebbe in effetti molto meno capace di attrarre e trattenere i talenti creativi al suo interno, e ci limiterebbe seriamente la creativit e linnovazione aziendale. Per esempio unimpresa che focalizza i propri sforzi solo sullattrazione del talento creativo senza costituire un ambiente eterogeneo e non adottando strumenti tecnologici a supporto della sua attivit, non riuscirebbe a trattenerlo una volta assunto perch non gli garantirebbe quelle dimensioni ritenute di primaria importanza. Ma anche se limpresa ci riuscisse esso non avrebbe prestazioni coerenti con le attese, generando costi aziendali piuttosto che valore. Allo stesso modo unazienda altamente tecnologica e nella quale sono attivi sistemi a supporto della creativit del lavoratore e delle sue attivit ma in cui non vengono curate le altre leve, probabile che rilevi delle inefficienze. Concentrandosi infatti solo su questa dimensione, limpresa non avrebbe al proprio interno le risorse umane eterogenee e talentuose per le quali progettare e implementare tali sistemi.

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Unimpresa che decide di concentrarsi solo sulla tolleranza e sulla valorizzazione della diversit rischia invece di dover gestire lavoratori mediocri, le cui integrazioni non apportano valore aggiunto al business aziendale a causa della mancanza di talento creativo. Inoltre lassenza di tecnologie adeguate limita i benefici potenziali conseguibili grazie alle pratiche di diversity management. In conclusione, i vantaggi ottenibili adottando ed attivando tutte le leve del Modello delle 3T sono maggiori della somma di quelli raggiungibili con le singole dimensioni. Questo si dimostra in linea con gli studi che sostengono come un sistema di gestione delle risorse umane che favorisca linnovazione aziendale debba essere composto da pratiche integrate, coerenti e complementari (Laursen e Foss 2003).

5 Conclusioni
In questo capitolo sono stati presentati i temi dellimportanza della creativit e dellinnovazione per le aziende e per la competitivit dimpresa. Si anche affermato come queste due leve siano sempre pi incrementabili grazie allo stock di capitale creativo in possesso dei talenti in azienda. E stato poi riportato il Modello delle 3T di Florida proponendo una sua applicazione in ambito aziendale. In particolare, sono state valutate le due ragioni principali per cui questo modello pu costituire un valore aggiunto alla gestione delle risorse umane nelle imprese, vale a dire la chiarezza che esso riesce a fare sia intorno al concetto di talento sia in relazione alle modalit di attrarlo allinterno e alimentare la creativit organizzativa. Lobiettivo era quello di comprendere se e come sviluppare alcune idee di applicazione del modello in azienda che vengono solo accennate negli studi di Florida e di altri ricercatori, nel tentativo di costruire un sistema adeguato alle sfide poste dall'economia creativa contemporanea che contenga, unifichi e ordini gli studi di HRM pi significativi in relazione allo sviluppo della tecnologia, di politiche e pratiche di talent e diversity managament. Il lavoro tralascia lanalisi quantitativa riguardo al calcolo ed alleventuale revisione degli specifici indicatori che definiscono ciascuna delle tre T. Inoltre, le analisi formulate non tengono conto della peculiarit delle aziende operative nelle singole nazioni, ma affrontano i temi da un punto di vista generale. Tenuto conto dei limiti e degli sviluppi del tema, la speranza che sia stato raggiunto lobiettivo di sviluppare un argomento il pi possibile nuovo e aggiornato, nel tentativo di porre basi adeguate per eventuali elaborazioni future.

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LOrganizzazione che apprende i modelli teorici e la cassetta degli attrezzi per linnovazione
di Alessandro Paparelli
EDITOR TICONZERO.INFO REGIONAL HUMAN RESOURCES DIRECTOR, ASIA PACIFIC SALVATORE FERRAGAMO

Lapprendimento organizzativo e un processo complesso e affascinante che, se correttamente innescato e mantenuto, pu portare davvero a cambiare marcia nella capacit di innovare di unorganizzazione. In questo capitolo viene presentata una possibile cassetta degli attrezzi di fattori organizzativi e soluzioni a disposizione dellinnovazione in azienda.

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Dai tempi del fordismo, quando si tent di individuare un metodo universale (o one best way, come viene comunemente indicato in letteratura) che potesse determinare un modello competitivo universale che incorporasse tutte le possibili conoscenze accumulate, molti elementi hanno portato tutti gli attori economici a ridefinire il ruolo dellapprendimento e della conoscenza come fattore competitivo per le organizzazioni. Il ritmo al quale lorganizzazione in grado di apprendere, il livello di coinvolgimento dei suoi membri nel processo di apprendimento, la capacit di trasferire lapprendimento in conoscenza, la possibilit di ottenere vantaggi dalla conoscenza che viene creata, lintensit e la facilit dello scambio di conoscenza, le connessioni con altri attori in processi inter-organizzativi e simili argomenti sono diventati di assoluto interesse nella determinazione della competitivit e nella capacit di innovazione delle aziende. Un punto di vista comune, e ormai sufficientemente consolidato, nelle teorie che affrontano linnovazione organizzativa, e quello di considerare linnovazione come un processo di apprendimento, basato su una data forma di tecnologia, ovvero come un processo di acquisizione di informazioni, e, in quanto processo di apprendimento, intrinsecamente cumulativo.

1- Variet dei processi di apprendimento e fonti di conoscenza


Il progresso tecnologico e linnovazione coinvolgono solitamente una variet di processi di apprendimento. Fonti interne: ricerca e sviluppo formale svolta internamente; progettazione e reperimento degli strumenti; learning-by-doing e learning-by-using; il marketing, cos come le risorse umane interne e la formazione sono fondamentali fonti di conoscenza. Fonti esterne: ricerca e sviluppo esterna condotta congiuntamente o a contratto da fornitori specializzati di servizi di R&S; acquisizione di licenze e acquisto di brevetti e altri diritti di propriet industriale; sfruttamento di letteratura scientifica e tecnica, compresi brevetti e partecipazioni a conferenze e workshop; risorse Internet sia specializzate che generiche; acquisizione di macchinari e attrezzature collegate a innovazioni di prodotto e di processo; conoscenze acquisite attraverso linterazione con fornitori di macchinari, materiali, componenti o software; imitazione dei concorrenti, comprese attivit di reverse engineering; conoscenze acquisite dai clienti, attraverso una migliore comprensione dei fabbisogni degli utilizzatori; servizi forniti da consulenti; partecipazione a fiere ed eventi. La rilevanza relativa di tali fonti di conoscenza dipende in gran parte dallazienda e dalla tecnologia. Le piccole aziende sono maggiormente dipendenti dalle fonti esterne rispetto alle grandi aziende, poich il costo di ricerca tra le varie fonti di innovazione alto.

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Come conseguenza, il rischio di fallimento anchesso alto rispetto alle grandi aziende. Questo spesso produce una caduta nel tasso di innovazione.

2- Innovazione e apprendimento come processo interattivo


Queste diverse fonti sono complementari piuttosto che alternative: in generale, le aziende utilizzano simultaneamente un gran numero dei canali citati. Le fonti esterne di conoscenza non possono sostituire le scelte strategiche e gli skill manageriali allinterno dellazienda. Inoltre, si osserva una forte interdipendenza intersettoriale in termini di generazione e utilizzo di innovazioni tecnologiche e lefficacia delle varie fonti di innovazione viene moltiplicata quando le aziende operano in contesti ad alta intensit di conoscenza (in termini di prossimit geografica, tecnologica o settoriale). Apprendimento e innovazione costituiscono intrinsecamente un processo collettivo e interattivo che implica il coinvolgimento di agenti, skill tecnici, frammenti di conoscenza, competenze e capacit eterogenei. Tra questi elementi si innescano meccanismi di contatto, interazione, integrazione e un complesso sistema di feedback. Linnovazione ha quindi una natura fondamentalmente sistemica, organizzativa e spesso spaziale e comporta, in varie forme e gradi, collaborazione e cooperazione tra una moltitudine di attori diversi: si passa dunque dal modello lineare al modello concatenato. Lidentificazione e la gestione delle complementariet e la capacit di riconfigurarle sono elementi centrali nei processi di innovazione. Ci ancor pi importante quando si riconosce che la produzione richiede sempre pi laccesso a diverse basi di conoscenza e lintegrazione delle stesse. Inoltre, tale conoscenza progredisce spesso a ritmi molto elevati e le innovazioni scaturiscono da ogni angolo del sistema. A sua volta, la complessit della conoscenza schiude opportunit per il progresso attraverso ladozione di nuove tecnologie e lo sfruttamento delle complementariet tra nuove e vecchie tecnologie e prodotti. In alcuni casi, lapprendimento ha natura distribuita: piuttosto che essere loutput di un piano ben specificato e pre-organizzato, esso emerge dalle interazioni di agenti debolmente connessi e dallaccumulazione di miglioramenti minori, che portano a risultati inaspettati.

3- Dallapprendimento individuale a quello organizzativo


Meccanismi e potenziale dapprendimento negli individui sono stati studiati da diverse discipline e possono beneficiare di una tradizione significativa e di una conoscenza consolidata, anche se varia e non sempre convergente. Nel momento in cui le organizzazioni hanno recentemente realizzato che la loro competitivit sempre pi determinata da caratteristiche che sono in qualche misura connesse con le capacit di apprendimento dei loro membri, emerso come critico il tema di come trasferire lapprendimento individuale al livello dellorganizzazione.

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Molti contributi sono stati elaborati per chiarire questo collegamento. Alcuni di essi si sono focalizzati sullaspetto sociale dellapprendimento, dove lapprendimento sociale definito come il processo attraverso il quale lindividuo, in base a stimoli sociali e interni collegati allambiente sociale, acquisisce informazioni dal contesto sociale e le elabora per produrre comportamenti sociali. La connessione tra apprendimento individuale e apprendimento sociale, fondamentale per capire come poter inquadrare (e quindi gestire e supportare) lapprendimento a livello organizzativo, pu essere basata sul concetto di comunicazione, la quale in tutte le sue forme influenza il comportamento (Watzlawick, 1971), che a sua volta sempre determinato da un processo di apprendimento. Gli individui si connettono quindi gli uni agli altri attraverso la comunicazione e grazie a questo mezzo trasferiscono il proprio apprendimento a livello sociale, apprendendo comportamenti e permettendo agli altri di fare altrettanto. Nondimeno, il trasferimento allorganizzazione dellapprendimento individuale messa in dubbio da alcuni punti di vista che sono invece scettici a questo riguardo e che sottolineano la difficolt di applicare una funzione tipicamente umana a unentit non umana. Una possibile risposta a queste opinioni data dalla natura politica delle organizzazioni: lapprendimento individuale contribuisce allapprendimento organizzativo nella misura in cui gli individui apprendono nellinteresse dellorganizzazione, che essi riconoscono quale entit politica nei confronti della quale sono impegnati. Altri punti di vista hanno evidenziato il rischio che lapprendimento organizzativo possa tradursi sostanzialmente in una modalit di rinforzare lo status quo o in uno strumento semplicemente pi subdolo per controllare le persone.

4 - Lorganizzazione che apprende


Le critiche appena esposte devono essere prese in considerazione per meglio comprendere il processo ed evitare rilevanti rischi di un utilizzo distorto dei meccanismi di apprendimento organizzativo. Tuttavia ci sono pochi dubbi sulla rilevanza dellapprendimento organizzativo sia per la competitivit in generale che per linnovazione in particolare. In seguito alla rivoluzione industriale, lapprendimento era inteso come learning by doing, ovvero come processo attraverso il quale acquisire esperienza su attivit meccaniche e tecniche, sempre connesse alla strumentazione che veniva utilizzata per tali attivit. Tutti i moderni approcci e le conoscenze sviluppate relativamente ai processi di apprendimento derivano invece dalla sopraggiunta possibilit di separare la conoscenza dal capitale fisico, a partire dal modello di Lewin Quest ultimo, nato come modello per il cambiamento e utilizzato in seguito anche come modello per lapprendimento, prevede tre fasi: scongelamento (unfreezing) dei sistemi esistenti, introduzione (introduction) di nuovi valori e comportamenti e ricongelamento (refreezing). Lo scongelamento dovrebbe aver luogo in seguito alla presa datto di incongruenze involontarie causate da determinate azioni. Tali circostanze dovrebbero essere naturalmente sgradite alle persone, e indurle alla ricerca di nuovi e pi soddisfacenti elementi da introdurre nel sistema. In termini generali si pu affermare che unorganizzazione apprende quando acquisisce informazioni di qualsiasi tipo e con qualunque mezzo, da cui deriva che tutte le organizzazioni apprendono, nel bene o nel male, ogni volta che

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incrementano il loro magazzino di informazioni, conoscenze, know-how, tecniche o pratiche. Lo schema generale dellapprendimento organizzativo comprende un prodotto dellapprendimento, cio un contenuto informativo, un processo di apprendimento, che consiste nellacquisizione, elaborazione e immagazzinamento dellinformazione, e un soggetto di apprendimento, a cui si attribuisce il processo di apprendimento. Lapprendimento pu essere attribuito a un agente interno o esterno allorganizzazione o perfino alle stesse informazioni. Si pu anche parlare di un particolare tipo di apprendimento che consiste nel disapprendimento, cio lacquisizione di informazioni che conducono a rimuovere qualcosa dal bagaglio di conoscenze di unorganizzazione. Allinterno di questo schema unimportante tipologia di apprendimento il progressivo miglioramento della prestazione in relazione a un dato compito da parte di unorganizzazione: si tratta di un apprendimento strumentale (implicito nelle curve di apprendimento formulate dagli economisti) che pu essere positivo o negativo a seconda dei valori che definiscono il concetto di miglioramento. I termini apprendimento organizzativo e capacit organizzativa di apprendimento riportano alla questione se le organizzazioni possano compiere unattivit definita come apprendimento o se invece possano apprendere solo tramite lattivit mentale dei loro singoli membri. Innanzitutto unorganizzazione pu apprendere tramite lapprendimento individuale dei suoi membri, anche se non necessario che tutti i suoi membri apprendano. Oppure pu apprendere reclutando nuovi membri che possiedono conoscenze che lorganizzazione non ha. Daltra parte ci sono casi in cui i singoli membri apprendono qualcosa che lorganizzazione a cui appartengono non ha appreso. Lapprendimento individuale dunque una condizione necessaria ma non sufficiente allapprendimento organizzativo: perch questo esista indispensabile che ci che viene appreso individualmente sia diffuso e generalizzato nelle mappe cognitive e nei comportamenti dellorganizzazione e abbia conseguenze sullorganizzazione stessa. E anche vero per che in unorganizzazione il singolo individuo non apprende quasi mai individualmente: lapprendimento individuale avviene infatti solitamente allinterno di una struttura di ruoli e compiti, di interazioni e comunicazioni, di rapporti interpersonali e di potere che imprimono il loro ordine e il loro carattere sulla natura e i contenuti dellapprendimento individuale. Per questo motivo lapprendimento individuale nelle organizzazione nella sua essenza gi un fenomeno organizzativo. E possibile che i membri di unorganizzazione sappiano fare qualcosa collettivamente, di cui nessuno singolarmente capace. Lapprendimento in questo caso non tanto la risultante dellapprendimento dei singoli individui, ma degli effetti dinterazione e di coordinamento tra essi. Di questo apprendimento e dei comportamenti da esso generati pu per mancare una documentazione esplicita; inoltre gli individui possono scoprire di aver appreso nuovi modelli e comportamenti solo dopo averli di fatto attivati: non quindi detto che lapprendimento sia del tutto cosciente e intenzionale. Quando parliamo di apprendimento organizzativo importante distinguere tra processo e prodotto. Se generalmente siamo portati a dare allapprendimento una connotazione positiva, esso daltro canto di per s un processo del tutto neutro, i cui prodotti o risultati possono essere giudicati buoni o cattivi, positivi o negativi, in base a qualche valore o criterio di valutazione.

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Nei paragrafi seguenti vengono approfonditi i contributi di Argyris e Schon e di Peter Senge, che hanno avuto entrambi un ruolo fondamentale nella costruzione del quadro concettuale dellapprendimento organizzativo. 4.1 Il contributo di Argyrys e Schon Nellambito dei suoi studi, Argyris (1992) sottolinea un aspetto che strettamente connesso con i processi di apprendimento: Egli afferma che lapprendimento avviene alla presenza di due condizioni. Secondo la prima condizione, lapprendimento ha luogo quando unorganizzazione raggiunge un risultato prefissato, ovvero quando c un match tra lazione progettata e leffettivo risultato. Secondo la seconda condizione, lapprendimento ha luogo quando viene identificato e successivamente corretto un mismatch tra intenzioni e risultati, ovvero quando un mismatch viene trasformato in un match. Il ruolo dato da Argyris ai mismatch sta alla base dellimportanza degli errori per i processi di apprendimento. Nelle tesi elaborate con Schon sulla base di questi concetti, Argyris distingue tra due tipi di apprendimento organizzativo in base alla reazione agli errori. Quando la correzione avviene senza mettere in discussione o alterare i valori sottostanti al sistema siamo in presenza di un single-loop learning, mentre quando questo avviene siamo in presenza di un double-loop learning. Entrambi i tipi di apprendimento sono necessari e trovano applicazione nelle organizzazioni: il primo adatto a task ripetitivi e routinari, mentre il secondo adatto a task complessi e non programmabili. Per cogliere per appieno il significato di tali dinamiche necessario fare un passo indietro per analizzare la teoria dellazione che ne sta alla base. 4.1.1 La teoria dellazione Quando i membri apprendono nellinteresse dellorganizzazione di cui sono parte, la conoscenza che ne deriva pu essere variamente rappresentata nella forma di sistemi di credenze sottostanti lazione, di prototipi da cui sono derivate le azioni o di prescrizioni procedurali per lazione. Argyris e Schon rappresentano tale conoscenza tramite ci che chiamano teorie dellazione, che hanno il pregio di includere le strategie dazione, i valori che ne governano la scelta e gli assunti su cui si formano. Una teoria dellazione si definisce in base a una situazione particolare S, a una particolare conseguenza intesa in quella situazione C e a una strategia dazione A finalizzata ad ottenere la conseguenza C nella situazione S. Per cui la forma generale di una teoria dellazione : se hai intenzione di produrre la conseguenza C nella situazione S, allora metti in atto A. La teoria dellazione pu assumere due forme diverse: con lespressione teoria dichiarata si intende la teoria dellazione proposta per spiegare o giustificare un dato schema di attivit; con lespressione teoria-in-uso sintende la teoria dellazione implicita nellattuazione dello schema stesso. Nel caso delle organizzazioni, la teoria-in-uso va costruita in base allosservazione degli schemi di comportamento interattivo generati dai singoli membri dellorganizzazione. E possibile che le teorie-in-uso organizzative non siano esplicite ma tacite e che le teorie-in-uso tacite non corrispondano alla teoria dichiarata dellorganizzazione; essa pu rimanere tacita o perch non descrivibile o perch non discutibile.

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La teoria-in-uso pu essere indescrivibile perch i membri dellorganizzazione che la mettono in atto sanno pi di quanto siano in grado di verbalizzare, mentre pu essere sottratta alla discussione perch ogni tentativo di rivelarne lincongruenza con la teoria dichiarata sarebbe percepito come minaccioso o imbarazzante. Si pu descrivere la teoria-in-uso di unorganizzazione da una prospettiva interna o esterna: da un punto di vista esterno si osserva come il sistema dei compiti dellorganizzazione sia messo in atto dal comportamento governato da regole dei suoi membri, dal punto di vista interno invece si ha qualche accesso al know-how che genera e controlla le pratiche adeguate al sistema di compiti dellorganizzazione. Questo know-how pu assumere la forma di una conoscenza procedurale o della percezione spontanea della cosa giusta da fare in quel momento, tali rappresentazioni sono per lappunto la teoria-in-uso dellorganizzazione vista dallinterno. Ogni membro di unorganizzazione costruisce la propria rappresentazione della teoria-in-uso della totalit, ma la sua immagine sempre incompleta, per cui vi un continuo intrecciarsi delle immagini che gli individui hanno della propria attivit nel contesto dellinterazione collettiva. Unorganizzazione simile a un organismo: ognuna delle sue cellule contiene unimmagine particolare, parziale e cangiante in rapporto al tutto, e al pari di un organismo, la prassi di unorganizzazione scaturisce da queste stesse immagini; la sua teoria-in-uso si fonda sui modi in cui i suoi membri se la rappresentano. La continuit organizzativa non esisterebbe se si fondasse unicamente su una molteplicit di atti immaginativi, paralleli e privati. I membri di unorganizzazione non possono basarsi solo sullinterazione faccia a faccia per confrontare e modificare le proprie immagini individuali della teoria-in-uso organizzativa, essi hanno bisogno di riferimenti esterni a guida delle loro revisioni private. Tale funzione di riferimento assolta dalle mappe, dalle memorie e dai programmi organizzativi. Esempi di mappe sono i diagrammi di flusso lavorativo, gli organigrammi e i disegni o le fotografie del luogo di lavoro; le memorie organizzative invece comprendono gli archivi, i documenti e i database; i programmi infine sono descrizioni procedurali delle routine organizzative come i piani di lavoro, le politiche e i protocolli. Artefatti di questo tipo descrivono gli schemi di attivit presenti e fungono da guida per lattivit futura. Lapprendimento organizzativo si verifica quando gli individui allinterno di unorganizzazione sperimentano una situazione problematica e, nellinteresse dellorganizzazione, la indagano. Essi reagiscono alla sorpresa della mancata corrispondenza tra i risultati attesi e i risultati effettivi dellazione, tramite un processo di pensiero e nuovi corsi di azione che conducono a modificare le immagini dellorganizzazione o il modo di intendere i fenomeni organizzativi, e a ristrutturare le attivit cos da allineare risultati e aspettative, modificando, in questo modo, la teoria-in-uso organizzativa. Perch lapprendimento derivante dallindagine organizzativa divenga organizzativo, esso deve radicarsi nelle immagini dellorganizzazione conservate nelle menti dei suoi membri e/o negli artefatti cognitivi (le mappe, le memorie e i programmi) radicati nellambiente organizzativo. I prodotti dellapprendimento dellindagine organizzativa possono assumere varie forme, che per poter essere definite apprendimento devono dimostrare un avvenuto cambiamento della teoria-in-uso organizzativa. I prodotti dellapprendimento organizzativo quindi sono tali quando sono accompagnati da modificazioni del

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comportamento che esprimono mutamenti della teoria-in-uso organizzativa e quando sono incorporati nelle immagini individuali che immagazzinano la conoscenza organizzativa. Le organizzazioni e i suoi membri apprendono continuamente, tuttavia apprendere non facile, al contrario pu essere faticoso, doloroso e a volte addirittura impossibile. Anche lapprendimento ha i suoi limiti, ossia casi in cui si verificato in modo incompleto. Di questo aspetto utile considerare alcuni esempi che aiutano a identificare come lapprendimento organizzativo svolga (o non svolga) la sua funzione in relazione ai processi di innovazione. Vi sono situazioni in cui i membri di unorganizzazione non trasformano le nuove intuizioni in azione, ma vi sono anche casi in cui lindagine degli individui sfocia sia in nuove intuizioni che in azione, ma senza produrre alcun cambiamento della teoria-in-uso organizzativa. Vi sono casi poi in cui lindagine organizzativa d luogo a una temporanea modificazione della teoria-in-uso organizzativa: le nuove modalit di comprensione associate a tale cambiamento per esistono soltanto nelle menti di alcuni soggetti e lorganizzazione le perde quando questi se ne vanno. Infine non tutte le modificazioni della teoria-in-uso organizzativa possono essere definite apprendimento. Lapprendimento strumentale pu essere inoltre, come ricordavamo sopra, non solo positivo ma anche negativo: i fini dellazione possono essere di per s giudicati negativamente; il valore attribuito a un caso particolare di apprendimento pu variare a seconda del modo in cui se ne giudica la validit; nelle prime fasi di un apprendimento valido e attuabile possibile che esso conduca a effetti che nel complesso sono negativi; i membri dellorganizzazione possono imparare collettivamente a conservare schemi di pensiero e dazione che inibiscono lapprendimento organizzativo. Quando si vuole comprendere o favorire lapprendimento organizzativo, bisogna considerare la variet dei modi in cui ogni suo caso particolare pu dimostrarsi non valido, improduttivo o addirittura negativo. Per questo motivo importante distinguere tre tipi di apprendimento organizzativo: 1 2 3 lindagine organizzativa, cio lapprendimento strumentale che conduce al miglioramento dellesecuzione dei compiti organizzativi; lindagine con cui unorganizzazione esplora e ristruttura i valori e i criteri con cui definisce ci che intende per miglioramento della prestazione; lindagine con cui unorganizzazione cresce la sua capacit di apprendimento del tipo 1 e 2.

4.1.2 Apprendimento single-loop e double-loop Come sopra accennato, Argyris e Schon distinguono tra due diversi modelli o cicli di apprendimento: lapprendimento single-loop (a circuito singolo) e lapprendimento double-loop (a circuito doppio). Con il termine di apprendimento single-loop si intende un apprendimento strumentale che modifica le strategie dazione o gli assunti ad esse sottostanti, in modo da lasciare immodificati i valori di una teoria dellazione. In questi casi di apprendimento un unico circuito di retroazione, mediato dallindagine organizzativa, collega leventuale errore rilevato alle strategie dazione dellorganizzazione e gli

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assunti ad esse sottostanti. Queste strategie o assunti vengono modificati in modo che la prestazione organizzativa si mantenga allinterno della gamma fissata dai valori e dalle norme organizzative esistenti: i valori e le norme stesse rimangono immutate. Per apprendimento double-loop invece si intende lapprendimento che comporta un mutamento, oltre che delle strategie e degli assunti, anche dei valori della teoria-inuso. I due loop sono i due circuiti di retroazione che collegano gli effetti dellazione osservati alle strategie e ai valori di cui le strategie sono al servizio; le strategie e gli assunti possono mutare sia insieme che in seguito al mutamento dei valori. Lapprendimento a circuito singolo sufficiente quando la correzione dellerrore pu avvenire modificando le strategie e gli assunti organizzativi entro un quadro costante di valori e norme di prestazione; tale apprendimento strumentale e volto soprattutto allefficacia. In alcuni casi per la correzione dellerrore richiede lindagine che modifica i valori e le norme organizzative, cio ci che intendiamo per apprendimento double-loop. In ogni caso particolare di apprendimento double-loop possibile che i mutamenti dei valori e delle norme non siano desiderabili: la loro desiderabilit determinabile solo con una critica, legata in modo specifico alla situazione, ai mutamenti e allindagine che li ha determinati. Comunque solo grazie a questo tipo di apprendimento se gli individui e le organizzazioni possono rivolgere lattenzione alla desiderabilit dei valori e delle norme che governano le loro teorie-in-uso. La differenza tra apprendimento single-loop e apprendimento double-loop legata a diversi fattori. Prima di tutto la distinzione complicata dalle dimensioni e dalla complessit dellorganizzazione. Le teorie-in-uso organizzative sono composte da molte parti interconnesse, alcune di queste parti sono locali e periferiche, altre sono elementi nucleari essenziali alla struttura nel suo complesso. Limportanza dellapprendimento organizzativo a doppio circuito varia per lintera organizzazione in base al grado di coinvolgimento dei valori e delle norme fondamentali. Inoltre le grandi organizzazioni hanno un carattere stratificato, esse sono descrivibili con una scala di aggregazione che va dagli individui ai piccoli gruppi, ai settori (costituiti da svariati piccoli gruppi) alle divisioni (raggruppamenti di settori), allorganizzazione nel suo complesso, fino allambiente in cui lorganizzazione interagisce con altre organizzazioni, ognuna delle quali caratterizzata da propri interessi, intenzioni, valori e teorie-in-uso. Sappiamo che lorganizzazione agisce, interagisce, indaga e apprende, ma altrettanto possono fare i gruppi, i settori e le divisioni ai differenti livelli daggregazione al suo interno. Spesso le azioni di unit intra-organizzative sono essenziali per lindagine organizzativa e importanti per lapprendimento sia singleloop che double-loop. Lapprendimento pu essere pi o meno circoscritto a ununit organizzativa a seconda che il legame tra quella unit e le altre sia forte o debole. Di conseguenza il tipo di apprendimento organizzativo dipende dal livello di aggregazione in cui si verifica e dal legame forte o debole delle unit intra o interlivello. Un secondo fattore che comporta una distinzione tra i due tipi di apprendimento la relazione tra prodotti e processi dellapprendimento. Finora abbiamo definito lapprendimento double-loop e single-loop in base ai prodotti dellindagine organizzativa, distinguendo tra un mutamento della teoria-in-uso organizzativa che modifica le strategie dazione e gli assunti e un mutamento che modifica i valori. Ma

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sono importanti anche i valori e le norme che governano i processi di indagine organizzativa, perch sono necessari per la capacit di unorganizzazione di migliorare la sua prestazione e di ristrutturare i valori che definiscono il miglioramento. Quando si vuole stabilire se un caso di apprendimento organizzativo a circuito singolo o a circuito doppio importante considerare non solo da dove lindagine iniziata ma anche dove si dirige. La distinzione tra i risultati dellapprendimento a doppio circuito per la teoria-in-uso organizzativa e dellapprendimento a doppio circuito nei processi di indagine organizzativa si connette alla distinzione tra errori del primo ordine ed errori del secondo ordine. Gli errori del primo ordine nella teoria-in-uso organizzativa sono costituititi dai costi eccessivi o dalla necessit di troppe firme. Gli errori del secondo ordine che si producono nei processi di indagine organizzativa sono allorigine dellesistenza e della persistenza degli errori del primo ordine. Lapprendimento a circuito doppio nellindagine organizzativa consiste nel mettere in discussione, nel raccogliere informazioni e in una riflessione che tematizzi gli errori del secondo ordine. Quando questo apprendimento ha successo produce un cambiamento caratterizzato da valori che promuovono lindagine, che produce un apprendimento valido e agibile in relazione allerrore del secondo ordine. Tali cambiamenti sono poi strettamente collegati al sistema di apprendimento di unorganizzazione e alle singole teorie-in-uso che rafforzano tale sistema per esserne a loro volta rafforzate. 4.2 Il contributo di Peter Senge Il concetto di Larning Organisation viene sviluppato da Senge nel celebre libro The Fifth Discipline. Pubblicato nel 1990, ha provocato una vera propria tempesta sia in ambito accademico che in quello industriale. Il lavoro svolto Senge ha avuto una risonanza e unapplicazione molto vasta, al punto che il Journal of Business Strategy ha nominato lautore strategista del secolo, mentre lHarvard Business Review ha definito la Quinta Disciplina come uno dei libri chiave degli ultimi 75 anni. 4.2.1 La Learning Organisation Secondo Senge le Learning Organisation sono: organizzazioni in cui gli individui continuamente espandono le loro capacit al fine di raggiungere i risultati che desiderano; in cui nuovi modi di pensare vengono sfidati e in cui gli individui imparano continuamente al fine di vedere linsieme delle parti Senge sottolinea come in situazioni di rapido cambiamento solo le organizzazioni flessibili, pronte alladattamento e produttive riusciranno ad eccellere. Per fare ci le organizzazioni devono scoprire come coinvolgere gli individui a tutti i livelli. Anche se tutti sono in grado di apprendere, le strutture al cui interno si muovono i partecipanti allorganizzazione non sono sempre in grado di trasmettere la conoscenza. Intervistando manager a ogni livello organizzativo, Senge ha scoperto che domandando loro cosa significhi far parte di un ottimo team la risposta era sempre

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la stessa: le persone parlano del sentirsi parte di qualcosa di pi grande di loro stessi, dellessere integrati ed essere produttivi. Il vero apprendimento pu essere considerato perci lessenza stessa dellessere umano, e tale caratteristica estendibile alle organizzazioni, che sono create da uomini. Per una Learning Organisation non basta apprendere per sopravvivere. Lapprendimento da sopravvivenza (survival learning) importante, ma non sufficiente: per avere una vera Learning Organisation questa deve essere sostenuta da apprendimento generativo (generative learning), che lunico in grado di aumentare la capacit di unorganizzazione di creare e innovare. 4.2.2 Le cinque discipline Ci che distingue una Learning Organisation da una struttura organizzativa tradizionale la capacit di integrare quelle che vengono indicate da Senge come le cinque discipline fondamentali, dove per discipline Senge intende una serie di principi e pratiche che vengono studiate, interiorizzate ed integrate nella vita organizzativa. Le cinque discipline che Senge identifica sono: 1. Pensiero sistemico 2. Personal mastery 3. Modelli mentali 4. Costruzione di una visione comune 5. Team learning Condizione essenziale per sviluppare le discipline allinterno dellorganizzazione a sua volta la disponibilit di tutti gli individui a modificare il modo di percepire il loro ruolo allinterno delle strutture, diventando attori e smettendo di vedersi come soggetti riceventi.

Pensiero Sistemico
In Senge, come in altri contributi precedenti, la teoria sistemica viene applicata allorganizzazione per comprendere il legame delle parti con linsieme. La teoria sistemica un incentivo per capire le relazioni tra le parti e un mezzo per integrare le discipline. Nella realt aziendale vengono spesso prese decisioni a breve termine senza, per, considerare i possibili effetti su altri fattori nel lungo termine. Un esempio di tale approccio dato dal taglio dei costi di ricerca e design che pu apportare nel brevissimo termine un risparmio considerevole, ma che nel lungo periodo sar estremamente dannoso per la profittabilit del prodotto. La non percezione delle problematiche legate alle scelte di breve termine dovuta alla mancanza di feedback. Un vero coinvolgimento degli attori porterebbe infatti ad una visione pi completa delle problematiche e delle loro conseguenze. Ovviamente un tale approccio comporta anche inevitabili ritardi nel decision making, ma questi vengono giustificati dallaffidabilit dei giudizi espressi di conseguenza. Il problema pi rilevante nel pensiero sistemico tuttavia spesso costituito dal riconoscere il sistema come tale. Acquisire la capacit di riconoscere le basi

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sistemiche e applicarle dellorganizzazione.

alla

realt

richiede

uno

sforzo

notevole

da

parte

Personal Mastery
Le organizzazioni imparano solamente attraverso individui che apprendono. L apprendimento individuale non garantisce, per, che ci sia apprendimento organizzativo ma senza questo (lapprendimento individuale) non ci potr essere nessun apprendimento organizzativo. Quella indicata come Personal mastery la disciplina attraverso la quale si dovrebbe migliorare e chiarire continuamente la propria vision personale. Tale disciplina va oltre lo sviluppo di competenze e capacit e oltre la crescita spirituale, anche se coinvolge entrambi questi aspetti. Secondo Senge, gli individui caratterizzati da unalta personal mastery sono coloreo che vivono nella ricerca dellapprendimento continuo. Si tratta di un processo appunto continuo, che rende consapevoli dei propri limiti cognitivi e conoscitivi, e che ha come risultati una forte autostima e sicurezza personale. Attraverso lo sviluppo di questa disciplina Senge auspica lo sviluppo della capacit di vision individuale, di gestione della tensione creativa (ossia la gestione del gap tra realt e vision personale), tramite il riconoscimento delle tensioni strutturali e delle nostre forze.

Modelli mentali
Per modelli mentali si intendono profonde assunzioni, convinzioni, generalizzazioni o immagini attraverso cui gli uomini percepiscono il mondo e in base ai quali agiscono. Limpatto di questi modelli interni sul modo di agire e sui comportamenti spesso ignorato o sottovalutato e per questo motivo la disciplina dei modelli mentali prende avvio girando lo specchio verso linterno, ovvero imparando a portare in superficie la propria visione interiore del mondo. Sul piano concreto, ci comporta ad esempio la capacit di condurre conversazioni costruttive imparando a bilanciare la difesa delle proprie ragioni con il saper essere aperti ai suggerimenti (advocacy and inquiry). Immediata conseguenza di questa disciplina a livello organizzativo che mentre il controllo e il coordinamento rimangono centralizzati, la responsabilit aziendale pu essere distribuita molto pi ampiamente, poich tutti hanno la responsabilit di esprimere le proprie idee, difenderle e utilizzarle al fine di influenzare gli altri.

Costruire una Visione Comune


Lidea di costruire una visione comune stata per decenni lispirazione alla base dellidea di leadership. Gi Weber, ed in seguito House, nella teoria della leadership carismatica, indicano come il leader non si limiti a un adattamento passivo alla situazione, ma voglia modificare questultima in relazione a una sua visione e strategia personali.

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Secondo Senge una tale visione ha la capacit di incoraggiare la sperimentazione e linnovazione allinterno dellorganizzazione. Laddove ci sia una vision vera e sentita gli individui apprendono e raggiungono leccellenza non perch gli viene chiesto, ma perch lo vogliono. Molto spesso i leader hanno una vision personale che non per condivisa perch ci che manca una metodologia per trasferire la vision dal singolo allorganizzazione. Questo pu avvenire solo attraverso processi ripetitivi. Occorre in questi processi aumentare la chiarezza del messaggio al fine di suscitare entusiasmo e far penetrare la vision nellorganizzazione.

Team Learning
Senge definisce il team learning come: il processo per allineare e sviluppare le capacit allinterno di un team al fine di ottenere i risultati che i membri veramente desiderano Questa disciplina si basa sulla capacit di rompere modelli mentali e saper costruire una visione comune, ma soprattutto richiede che i membri allinterno del team sappiano interagire tra di loro. La disciplina del team learning deve essere iniziata attraverso il dialogo e la capacit dei partecipanti di sospendere qualsiasi giudizio per entrare in uno spirito di pensiero comune. Ci comprende anche il saper riconoscere strutture e interazioni non formali che possono minare la capacit del team di apprendere. Allinterno della Quinta Disciplina, il dialogo uno dei concetti chiave dellopera e si ricollega in parte alla nozione di dialogo del fisico David Bohm, che spiega come attraverso il dialogo un gruppo diviene aperto a un flusso di intelligenza pi grande. Qualora il dialogo sia accompagnato da un approccio sistemico, si pu creare un linguaggio pi adeguato per affrontare la complessit. In questo senso il dialogo rappresenta in Senge uno dei momenti fondamentali del cammino dellorganizzazione verso lapprendimento continuo. 4.2.3 Linnovazione: la sesta disciplina La capacit di saper gestire nel modo desiderato le cinque discipline descritte rende possibile, secondo Senge, la creazione di una vera Learning Organisation. In lavori successivi, Senge introduce anche quella che potrebbe essere definita la sesta disciplina, ovvero linnovazione. Senge riprende i concetti espressi da Arie de Geuns in The Living Company, dove lautore olandese indica come le imprese vengano trattate come macchine da profitto, piuttosto che come comunit viventi (e le risorse umane di conseguenza trattate come normali risorse che possono essere utilizzate o messe da parte). Rifacendosi anche alla teoria X di McGregor (secondo la quale i dipendenti sono inaffidabili e non si sentono parte dellorganizzazione essendo solamente interessati alla busta paga) e alla teoria Y di Drucker (secondo la quale i dipendenti sono degli adulti responsabili che cercano di contribuire il pi possibile), Senge cerca di affrontare uno dei problemi fondamentali di unorganizzazione: la capacit di innovare e di innovarsi.

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Se unorganizzazione del tipo X, listituzione non riesce ad innovare perch manca allinterno il desiderio di innovare. Ma altrettanto (se non maggiormente) difficoltosa la situazione in cui ci si trova di fronte ad unimpresa del tipo Y, nella quale i componenti sono ansiosi di contribuire al benessere dellorganizzazione perch questo corrisponde anche ad un aumento del loro benessere. Secondo Senge la chiave di lettura di questo apparente rebus sta nellessere in grado di definire esattamente la differenza tra due concetti: mission e vision, la cui mancata comprensione pu determinare lincapacit dellorganizzazione di innovare. Relativamente alla mission, Senge afferma che ci che importante capire che la mission costituisce lorientamento dellorganizzazione, rappresenta una direzione e non una destinazione, spiega ai membri dellorganizzazione il motivo per cui stanno lavorando insieme. In questottica, i valori organizzativi spiegano come si intende interagire nel cammino volto a soddisfare la mission. Comunicare e definire in modo appropriato il concetto di vision altrettanto importante. Secondo Senge la vision unimmagine o rappresentazione del futuro che cerchiamo di creare. Il pericolo pi grande e pi evidente in questo caso che la ricerca di risultati immediati e di breve termine possa portare a dimenticare o oscurare gli obiettivi pi grandi. In questo senso la vision da considerarsi un mezzo pratico e non una concezione astratta: i leader che non hanno una vision chiara non saranno infatti mai in grado di valutare il progresso rispetto a quello che vorrebbero raggiungere. Oltre a mission e vision, la terza componente che Senge indica come determinante dellinnovazione la valutazione dei risultati. La valutazione comprende sia il mero aspetto quantitativo che la sua interpretazione. Attraverso la valutazione lorganizzazione si sottopone ad unanalisi critica del proprio operato. Ognuno dei tre fattori indicati contribuisce a costruire un ciclo di apprendimento che porta allapprendimento organizzativo.

5. Trade-off organizzativi
Per completare il quadro concettuale sullapprendimento organizzativo, utile infine richiamare il fatto che nellambito dei processi di apprendimento orientati allinnovazione si riscontrano situazioni che possono essere definite come veri e propri trade-off organizzativi e che comportano una serie di problemi per le aziende o per qualsiasi altro agente di innovazione e apprendimento: 1 Trade-off tra esplorazione e sfruttamento: ovvero tra la necessit di esplorare i potenziali benefici di nuove e intrinsecamente incerte tecnologie o, pi in generale, nuove opportunit e di contro ladozione di specifici percorsi e traiettorie tradizionali, che potrebbero rivelarsi in futuro inefficienti od obsolete. 2 Trade-off tra integrazione e coordinamento da una parte collegati alla maggiore capacit di sfruttare in maniera efficiente le conoscenze disponibili internamente e specializzazione e decentralizzazione dallaltra collegati al bisogno di avere accesso a nuove e diverse conoscenze e di mettere a frutto i possibili vantaggi derivanti dalla divisione del lavoro e dalla specializzazione.

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In risposta a questi trade-off, le aziende, ma anche le regioni e i sistemi produttivi locali, devono sviluppare e bilanciare specifiche capacit:

capacit di esplorazione, ovvero di monitorare sistematicamente i processi tecnologici e organizzativi e di impegnarsi in maniera persistente nella ricerca di nuove soluzioni; capacit di assorbimento, ovvero costruzione e sviluppo di canali di comunicazione con altri attori e capacit di comprendere, selezionare e internalizzare innovazioni generate altrove. Le capacit di assorbimento non sono mai sostitutive delle attivit tecnologiche autonome, ma piuttosto strettamente complementari; capacit integrative, ovvero abilit di combinare attori, attivit, risorse e frammenti di conoscenze al fine di riconfigurare larchitettura cognitiva e organizzativa dei processi produttivi e di innovazione e di rendere coerenti le vecchie competenze e funzioni con le nuove.

6. Condizioni organizzative che facilitano lapprendimento


I modelli sopra descritti e le esperienze provenienti dalla prassi degli ultimi anni ci permettono di tentare di identificare una lista di condizioni organizzative che supportano i processi di apprendimento allinterno delle organizzazioni, andando cos a costruire le fondamenta per linnovazione. Disponibilit di informazioni La disponibilit di informazioni dovrebbe essere garantita a tutti i livelli organizzativi, dal momento che essa cruciale per i processi di innovazione. I sistemi informativi dovrebbero essere progettati in modo da essere capillari e flessibili senza sovraccaricare gli utenti. Stile di management Bilanciamento tra libert e controllo; obiettivi chiari e precisi a livello di missione strategica, insieme alla massima autonomia nel raggiungerli a livello di processi; stile collaborativo e partecipativo; comunicazione aperta in tutte le direzioni; feedback frequenti, costruttivi e orientati al supporto; incentivi equi e generosi e ricompense per gli sforzi innovativi; decision making distribuito; assenza di valutazioni punitive; supporto e cooperazione tra i gruppi, le unit organizzative e le funzioni. Risorse personali e strutturali Le risorse personali che possono alimentare lapprendimento organizzativo e linnovazione consistono in conoscenze utili per una determinata innovazione, competenze in settori e mercati rilevanti e precedenti esperienze. Riguardo alle risorse strutturali, alcune delle pi importanti sono la disponibilit di risorse finanziarie, infrastrutture appropriate, ricerche di mercato, database e programmi di formazione. Strutture organizzative e sistemi Alcune delle soluzioni che possono rivelarsi pi efficaci sono strutture decentralizzate e piatte, sistemi informativi che forniscono feedback pubblici e tempestivi sulle performance organizzative, ricerche sperimentali sistematiche per

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identificare modelli organizzativi impliciti, sistemi di incentivi che promuovono lapprendimento organizzativo. Regole, procedure e dinamiche di potere Regole, procedure e dinamiche di potere influenzano soprattutto il processo di comunicazione: canali attivati, direzione della comunicazione e rilevanza relativa dei diversi attori coinvolti. Questi meccanismi sono necessari e utili anche nei processi di apprendimento e innovazione, nonostante il rischio il rischio di avere uneccessiva formalizzazione maggiore che in altre situazioni. Cultura I fattori culturali che dalla prassi emergono come maggiormente rilevanti sembrano essere lapertura individuale nei confronti dellambiente, la volont di crescita e la consapevolezza dei propri limiti personali e del proprio potenziale; lorientamento alla sfida e laccettazione degli errori e dellincertezza. A livello organizzativo dovrebbero essere trasmessi valori coerenti, attraverso comunicazione e simboli. Fattori esterni Tali fattori fanno riferimento a una variet di elementi quali barriere e vincoli, interdipendenze tra business consolidati e business in sviluppo, fluttuazioni della domanda e del mercato, cambiamenti nelle dinamiche di potere etc.

7. Il ruolo del management


Il tema dellapprendimento organizzativo divenuto un tema relativo non pi soltanto a processi individuali o a fattori organizzativi, ma anche alla strategia e allindirizzo generale dellazienda. Nella prassi si sono riscontrati molti casi nei quali il successo delle iniziative in questa direzione stato possibile grazie a un approccio pervasivo allapprendimento organizzativo, cos come molti casi nei quali i fallimenti sono stati dovuti a un approccio segmentato che si focalizzato su singoli elementi o meccanismi, senza il supporto di un framework organizzativo. Lapprendimento organizzativo implica un livello significativo di autonomia, decentralizzazione e auto-organizzazione. Ma questo non significa che il ruolo del management diminuisca in termini di direzione e coordinamento (Sbrana e Torre, 1996). Il tipo di auto-organizzazione connessa ai processi di apprendimento organizzativo non un processo spontaneo e deve essere progettata, supportata e coordinata al fine di costruire il contesto appropriato nel quale si possa esprimere. Tali compiti sono prerogativa del management, che ha quindi un ruolo cruciale in questo processo.

8. Soluzioni per lapprendimento organizzativo


Lapprendimento organizzativo pu essere promosso in vari modi e avvalendosi di diversi strumenti. Le alternative vengono selezionate in base alla situazione specifica, che determinata da numerosi fattori quali:

tipo di competenza coinvolta (conoscenza, attitudine o esperienza); Tipo di contenuto oggetto del processo di apprendimento (tecnico, manageriale);

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numero di persone coinvolte; rilevanza della dimensione di gruppo vs. dimensione individuale; prevalenza della rilevanza esterna vs. interna; Etc.

In base al posizionamento della situazione relativamente a queste e altre dimensioni, lazienda pu utilizzare una o pi delle seguenti soluzioni di apprendimento:

Formazione on the job Comunicazioni formali Aula tradizionale (con uno o pi docenti) Business case Tutorship Simulazioni Role play Business game Discussioni Realizzazione di progetti sul campo Job rotation Apprendimento attivo Mobilit inter-aziendale E-learning

Risulta evidente da questa analisi che lo sforzo innovativo dellorganizzazione richiede lutilizzo di un set di strumenti molto ampio, in grado di rispondere ai diversi fabbisogni generati dalla complessit del processo di innovazione. (adattato da Decastri, M., Paparelli, A. (2008), Organizzare lInnovazione. Guida Alla Gestione Dei Processi Innovativi Aziendali, Hoepli, Milano)

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AUTORI
Fabio Sgaragli Gi manager per il gruppo di strategia globale di PricewaterhouseCoopers a New York e Londra, un eclettico esperto di business, con una passione per linnovazione, lo sviluppo organizzativo e le dinamiche di cambiamento. Speaker e formatore, ha maturato esperienze a livello internazionale per aziende come Ferrari, Maserati, Toyota Motor, Starwood, Bristol Myers Squibb, PricewaterhouseCoopers, UBS, HSBC, Nike ed ha alle spalle migliaia di ore di interventi in pi di 30 paesi nei cinque continenti. E inoltre editor e columnist di Ticonzero, la casa editrice Italiana che pubblica da quindici anni contenuti di frontiera su temi di business e management. Eugenio Tosi Formatore e Consulente Senior, nasce come responsabile Formazione e Sviluppo di importanti realt come Bristol, Abbott e Gruppo Arena. Nellottobre del 2004 ha fondato la Tosi Consulting Group s.r.l., una societ di consulenza e formazione nelle aree della gestione delle risorse umane, vendite, marketing e comunicazione. Tra i clienti pi importanti spiccano realt come Ferrari, Renault, Nissan, Pegeout, Aprilia Moto, Natuzzi, Divani&Divani, Fidesa, EBay Italia, Roca, Gaui Italia e molti altri. Ad oggi la Tosi Consulting Group s.r.l. vanta uno staff di 15 Consulenti Senior che erogano la formazione anche a livello internazionale in Inglese, Francese, Tedesco e Spagnolo. Gianfranco Marrone E professore ordinario di Semiotica, Semiotica della cultura e Semiotica della pubblicit nell'Universit di Palermo, dove Coordinatore del Dottorato di ricerca in Design, espressione e comunicazione visiva. Fa inoltre parte del Consiglio scientifico e del Collegio dei docenti del Dottorato SUM in Semiotica, presso lUniversit di Bologna. Tiene regolarmente corsi e seminari presso diverse universit italiane e straniere. Giornalista pubblicista, collabora a La Stampa di Torino e ad altre testate. Dirige le-journal E/C, rivista dellAssociazione italiana di studi semiotici; fa parte del Comitato scientifico delle riviste Versus e Lexia. E Presidente del centro studi Quarto Piano, che svolge ricerche per enti pubblici e aziende private. Lavora nel campo della sociosemiotica, occupandosi di tematiche legate alla spazialit urbana, al cibo e allalimentazione, ai media, alla politica, alla pubblicit, al giornalismo. interessato al rapporto tra semiotica, estetica, sensorialit e corpo. Si occupa di comunicazione, estetica, teoria e analisi letteraria dal punto di vista della filosofia del linguaggio e della teoria della significazione. Dario Mangano Dario Mangano insegna Semiotica nei corsi di laurea in Disegno industriale e in Comunicazione internazionale dell'Universit di Palermo. Ha pubblicato Semiotica e design (Roma, 2008). Fa parte del comitato di redazione della rivista "E/C", per la quale ha curato con Alvise Mattozzi il numero monografico Il discorso del design. Si interessa di tecnologie e di interazione uomo-macchina. Ha scritto sui manuali di istruzioni per l'uso, sui segnali stradali, sugli apparecchi fotografici e sulle relazioni tra musicista e strumento nel jazz.

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Alberto Maestri Laureato con lode in Comunicazione e Marketing all'Universit di Modena e Reggio Emilia, frequenta ora il corso di laurea magistrale in Pubblicit, Editoria e Creativit d'Impresa presso lo stesso ateneo. E blogger e junior editor per NinjaMarketing.it, dove si interessa e scrive di social media, marketing research e innovazione. Da Gennaio 2010 a Gennaio 2011 ha collaborato con OPERA, unit di ricerca su social network e industrie creative del Dipartimento di Comunicazione e Economia a Reggio Emilia. Attualmente vive a Parigi come studente Erasmus di Information et Communication all'Universit Paris 13-Paris Nord. Alessandro Paparelli Alessandro Paparelli e Direttore del Personale Asia Pacific di Salvatore Ferragamo, come membro del Management Board riporta direttamente al CEO Asia Pacific. In precedenza ha ricoperto il ruolo di Responsabile Sviluppo Organizzativo corporate presso la sede centrale di Ferragamo a Firenze, dopo una carriera nella consulenza di direzione (EOS) e in universita (Luigi Bocconi di Milano). E inoltre editor e columnist di Ticonzero, e membro del Foreign Correspondents Club di Hong Kong. Ha unintensa attivita editoriale come columnist e autore, tra cui recentemente di due volumi: Organizzare lInnovazione (con M. Decastri) e La Nuova Rivoluzione Cinese Etica, Business e Cultura (con A. Oschetti e M. Pira), entrambi editi da Hoepli. Contribuisce inoltre regolarmente al magazine LImpresa del Sole 24 ore con la rubrica Orientale e Personale.

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Ticonzero Knowledge and Ideas for Emerging Leaders il magazine on-line che si occupa, con un approccio dinamico ed innovativo, delle tematiche di management. Si presenta, fin dal 1997, come uno spazio "unconventional" in cui professionisti, aziendali ed accademici, possono dialogare e confrontarsi su esperienze di valore. Lattenzione al rinnovamento continuo del suo progetto editoriale gli consente di rispondere sempre meglio alle esigenze della sua community di incontrare, e far incontrare tra loro, i manager di successo di oggi e di domani. Diventa ben presto voce autorevole per tutti coloro che si interessano alle problematiche organizzative e manageriali. Con oltre 30.000 contatti al mese una delle riviste di business pi seguite del web.

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