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Pr ui o gsn n e L c n A ot i i a ia
A C R D GU I M. A C ET U A I IL O FC H T I

Quaderni di Scienze del Linguaggio


UNIVERSIT IULM

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Libera Universit di Lingue e Comunicazione

Quaderni di Scienze del Linguaggio 1. 2. 3. 4. D. Antelmi, G. Garzone, F. Santulli, Lingua doggi. Variet e tendenze. D. Antelmi, Fisiologia e patologia dellapprendimento linguistico. F. Santulli, Linterferenza. Lezioni. M. Cislaghi, A. Filippin, G. Rocca, F. Santulli, A. Zagatti, O Padre nostro che ne cieli stai, a cura di M. Negri. F. Santulli (a cura di), La linguistica tra naturalismo e storicismo. Antologia di testi. G. Rocca, Lezioni di glottologia. Temi ed esercizi. G. Garzone, F. Santulli, La voce e la macchina. Fonetica, glottodidattica, multimedialit (con CD-rom). M. Negri, Lenigma della cifra. S. Vassere, Legislazioni linguistiche contemporanee. L. Airaghi, Le astuzie di Eva. Cenni di crittografia e crittoanalisi. G. M. Facchetti, Antropologia della scrittura. G. Rocca, Itinerari etnico-linguistici in Sabina. M. Negri, EPI OINOPA PONTON. A Itaca nellet degli eroi (con un contributo di Ida Ruffoni su Le navi di Omero). D. Antelmi, G. Rocca, Materiali ed analisi di testi. C. Sessa, Itinerari di cultura alimentaria arbreshe. G. Rocca, Itinerari etnico-linguistici tra Marche e Abruzzo. S. Vassere, Legislazioni linguistiche contemporanee. 2004. P. Biavaschi, G.M. Facchetti, G. Rocca, Miscellanea italica. M. Negri, Storie di Parole. Con un contributo di Clelia Sessa su Il nome della pizza. M. Treu, Cosmopolitico. Il teatro greco sulla scena italiana contemporanea. G. Sarullo, Esercizi di Fonologia dellinglese. M.Giovini, Un conflictus terenziano del X secolo: il Delusor. Prefazione di Ferruccio Bertini. E. Notti, Lo spazio circolare nelle culture dellIndeuropa. Mla Mlakas. Per Luciano Agostiniani, a cura di Giulio M. Facchetti.

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Per Luciano Agostiniani

Mla mlakas

a cura di Giulio M. Facchetti

Milano 2008

2008 Arcipelago edizioni Via Carlo DAdda 21. 20143 Milano info@arcipelagoedizioni.com www.arcipelagoedizioni.com Prima edizione: marzo 2008 ISBN 978-88-7695-374-3 Tutti i diritti riservati 4 2009 3 2008

vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico, non autorizzata.

Ristampe: 7 6 2012 2011

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INDICE DEL VOLUME


9 13 27 PRESENTAZIONE di Giulio M. Facchetti Augusto Ancillotti Il nome del lago Trasimeno Paola Bonucci La struttura della conversazione in una sit-com per lapprendimento dellinglese Alberto Calderini Liscrizione CIL XI 5449 da Assisi ed il nominativo plurale latino del tipo HEISCE MAGISTREIS Margherita Castelli Antonimia e terminologia metalinguistica Giulio M. Facchetti Ancora sullinterpretabilit delletrusco: il caso degli specchi Giulio Giannecchini Sulla semantica del teonimo Cautha Franco Lorenzi Dizionari elettronici e documentazione lessicografica. Ipertesto e testo nel Dizionario generale plurilingue del Lessico Metalinguistico Riccardo Massarelli Alcune osservazioni sulletrusco *tuEnzo Mattesini Il Perfettissimo Dittionario delle parole pi scelte di Spoleto (1702) di Paolo Campelli. Parte II: Riordinamento alfabetico, riscontri lessicali, etimologie, SCAL-SCARM(con una postilla su it. mediano fallacciano fico primaticcio)

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Carlo Pulsoni A margine della citazione provenzale di Lasso me (Rvf 70, 10) Luisella Reali La figura di Camillo Tarquini nel dibattito ottocentesco sullaffinit tra etrusco e semitico Domenico Santamaria Ricerche storiografiche di Benvenuto Aron Terracini su Graziadio Isaia Ascoli: osservazioni preliminari

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Presentazione
Questa raccolta di contributi costituisce un omaggio presentato a Luciano Agostiniani da amici, colleghi e allievi linguisti e filologi, tutti operanti, tranne il curatore, nellambiente di lavoro del festeggiato, vale a dire la Sezione di Linguistica del Dipartimento di Filosofia, Linguistica e Letterature della Facolt di Lettere e Filosofia dellUniversit degli Studi di Perugia. Lidea di questo libretto sorta con lintenzione di offrire un segno concreto di ammirazione e gratitudine. Una combinazione, felice ma casuale, ha determinato luscita della presente raccolta a ridosso della presentazione degli Scritti scelti di Luciano Agostiniani (editi a cura di Augusto Ancillotti, Alberto Calderini, Giulio Giannecchini e Domenico Santamaria), il che permette di osservare insieme e valutare ancor meglio alcuni dei pi pregevoli tra i molti frutti di una cos vasta attivit scientifica. Per i fini di questa breve presentazione non necessario che io cerchi qui di tracciare, sia pur rapidamente, un profilo dellumanit e della dottrina di Luciano Agostiniani. Per non colorire, perci, di tinte troppo celebrative questo discorso delineer appena, per il lato umano, quei tratti di disponibilit, sincerit e apertura mentale, che si combinano con un rigore e una severit logica non comune. Come tale rigore logico, unito a una competenza, che io certamente non mi permetter qui di stimare, si rifletta poi, sul lato della produzione scientifica, in un ammirevole acume investigativo, risulta di immediata evidenza se, senza troppi

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giri di parole, ci limitiamo ad allineare alcune delle concrete scoperte da lui effettuate, ad esempio, nello spinoso campo della linguistica etrusca: lindividuazione dellavverbio di negazione ei(n) (prima erroneamente ritenuto un elemento deittico: della negazione in etrusco si ignorava ogni cosa); unesatta identificazione e descrizione semantico-funzionale dei morfemi dei plurali dei nomi (la situazione precedente era assai confusa e molti casi ora chiari erano incomprensibili); la spiegazione del genitivo arcaico -ia rispetto al recente -(ia)l (con implicazioni basilari sul piano della descrizione diacronica del sistema vocalico); lidentificazione e la descrizione precisa dei pronomi relativi (sulla base dellopposizione animato/inanimato, la cui pertinenza in etrusco era gi stata individuata dallo stesso Agostiniani per i plurali); lidentificazione di suffissi marcanti lappartenenza a classi di parole motivate su base semantico-referenziale (cio sul genere naturale della referenza), portando chiarezza scientifica in un campo prima largamente inficiato da erronee convinzioni basate su ingenui parallelismi con le strutture delle lingue classiche; lindividuazione di suffissi moltiplicativi per i numerali (prima affatto sconosciuti); la precisazione, sul piano lessicale, dellarea semantica di alcuni notevoli termini come e/et cos o lu- campo o mla buono, questultimo in un esemplare articolo, del 1981, dove la sequenza etr. mla mlakas (da cui il titolo della presente raccolta) stata per la prima volta decifrata (come cosa bella per una bella persona, cosa buona per un buono vel similia) sulla base dellarguto accostamento di testi paralleli in greco e falisco. Queste e molte altre scoperte parlano da sole, avendo aperto e/o consolidato le nostre conoscenze su aree fondamentali della grammatica e del lessico e avendo aggiunto vie dindagine (si veda la definizione del metodo tipologico per lo studio delletrusco), con ricadute a catena, sul piano dellermeneusi dei testi, di portata notevolissima (e non ancora esplicatasi appieno). Il fatto che queste acquisizioni, nella

PRESENTAZIONE

loro validit, risultano, nel tempo, viepi confermate e accresciute non solo da successivi riesami delle basi argomentative che le sostengono, ma anche dalla loro applicazione allanalisi del nuovo materiale epigrafico e dalla riconsiderazione dei vecchi testi. Si pu affermare, dunque, che ci che rimane della lingua etrusca, un campo di studi particolarmente difficile e martoriato da miriadi di lavori rovinosamente antiscientifici, ha avuto la grande fortuna di incontrare Luciano Agostiniani, specialmente in questa fase avanzata delle ricerche (in altra sede definita fase del raffinamento), in cui la descrizione delletrusco rinsaldata dallapplicazione di processi scientifici che sorreggono su una base ora ferma e solida le nostre conoscenze vecchie e nuove. Anzi, si pu sicuramente asserire che del passaggio a questa fase Luciano Agostiniani stato ed il protagonista essenziale. Gli autori dei contributi manifestano un ampio spettro dinteressi, che va dalla toponomastica (Ancillotti) alletrusco (Facchetti, Giannecchini, Massarelli) allepigrafia latina (Calderini) alla pragmatica (Bonucci) alla semantica della terminologia tecnica (Castelli) alla lessicografia computazionale (Lorenzi) alla storia della lingua italiana (Mattesini) alla filologia provenzale (Pulsoni) alla storia della linguistica (Reali, Santamaria). La molteplicit di questi argomenti trova il suo filo conduttore nellesperienza scientifica di Luciano Agostiniani, tanto ricca di sfaccettature quanto flessibile dal punto di vista epistemologico: oltre alle tematiche antichistiche, egli ha infatti coltivato anche ambiti di carattere dialettologico e di impianto teorico. Sarebbe anzi auspicabile una riedizione dei suoi scritti che si situano su tali versanti. La sua cifra metodologica, del resto, si inserisce appieno nel contesto culturale e scientifico proprio della gloriosa tradizione linguistica italiana, volta a respingere ogni eccesso di uniformit e di rigidit nei metodi e nelle teorie.

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Il gruppo di linguisti e filologi perugini, che hanno volentieri aderito a questa iniziativa, testimonia la coesistenza di diversi settori di ricerca, praticati in un clima di rispetto reciproco, clima inaugurato e favorito dai vari glottologi e filologi che si sono succeduti nella Facolt di Lettere e Filosofia dellUniversit degli Studi di Perugia. Giulio Mauro Facchetti

GIULIO M. FACCHETTI Ancora sullinterpretabilit delletrusco: il caso degli specchi


I problemi di interpretazione che sorgono attorno a una lingua scarsamente attestata e genealogicamente isolata come letrusco possono essere lentamente e pazientemente affrontati per mezzo di particolari strategie euristiche di analisi interna: in effetti la lingua etrusca un campo in cui questo tipo di approccio ha dato e continua a dare risultati molto rimarchevoli. Accanto ai vecchi (ma non esauriti) metodi di indagine combinatoria, che particolarmente rafforzata, quando possibile, dal ricorso a testi paralleli (prodotti cio, in lingue a noi note, da culture vicine agli Etruschi nel tempo e nello spazio per rispondere a medesime peculiari esigenze comunicative), sono pi di recente emersi nuovi strumenti di ricerca. Faccio esplicito riferimento al metodo tipologico, inaugurato e applicato per la prima volta in alcuni dei maggiori studi di Luciano Agostiniani. Per esempio in Agostiniani 1992 e 1993 lautore riuscito a definire rigorosamente la distribuzione dei morfemi dei plurali dei nomi, -r(a-) e -(/c)va, impiegati per marcare nomi caratterizzati, rispettivamente, dalla presenza o dallassenza del tratto [+umano] (o [+animato]). Oltre a unaccurata riconsiderazione combinatoria di tutto il materiale allora disponibile, tali studi instaurano, in effetti, parallelismi tipologici che non soltanto giustificano una cosiffatta organizzazione della categoria del genere naturale in etrusco, ma spiegano pianamente casi prima incomprensibili (che, anzi, ora

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risultano unesplicita riconferma, in rapporto a comportamenti analoghi in altre lingue, della validit del quadro ricostruttivo). Mi riferisco agli esempi come ci clenar tre figli (marcato con -r rispetto a clan figlio) e ci avil tre anni (non marcato, cio non **ci avilva, rispetto ad avil anno): di regola, dunque, in presenza di numerali solo i nomi animati (o umani) recavano la marca morfologica del plurale, mentre gli inanimati (o non-umani) no. Guardando le cose ex post tutto risulta lineare e coerente: ma per arrivarci ci sono voluti lintuito e la competenza linguistica riversati in Agostiniani 1992 e 1993. Sulla questione dellinterpretabilit delletrusco ho pubblicato un lungo intervento (Facchetti 2005): ritorno qui sullargomento sia per cercare di delineare qualche punto essenziale delle mie riflessioni sia per cercare di prospettare ora in concreto una soluzione precisa ai non lievi problemi emergenti. Circa lo sviluppo dellermeneutica delletrusco, mi sembra di aver giustamente individuato tre fasi fondamentali, in parte sovrapposte tra loro, che ho chiamato fase dei primordi (dalla seconda met del XIX secolo fino almeno alla seconda guerra mondiale), fase dello sgrossamento e (partendo dai risultati precedenti), dallinizio degli anni Ottanta, fase del raffinamento, in cui hanno trovato applicazione pi articolati processi di analisi linguistica, rafforzando cos punti gi sbozzati e chiarendone nuovi, altrimenti inaccessibili. Tuttavia la presenza di troppo pochi etruscologi con adeguate competenze linguistiche (per lestrema difficolt della materia e lo scarso numero di linguisti disposti a impiegare ingenti fatiche in un campo spesso aprioristicamente giudicato poco o per niente fruttuoso) ha costituito, assieme alla dispersione della bibliografia seria in molti rivoli non sempre facilmente rintracciabili, un grosso ostacolo alla circolazione e alla divulgazione di tali nuove idee, cos che la consapevolezza del passaggio a questa fase del raffinamento non

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stata percepita immediatamente, ma per gradi, e solo negli ultimi tempi in modo chiaro e definito. Di essa sono particolarmente rappresentativi i lavori di Helmut Rix e di Luciano Agostiniani. Un esempio vistosissimo di tale difetto di conoscenze proprio il caso della suaccennata teoria Agostiniani sui plurali: in Facchetti 2005, p. 368 s., si offre un esempio delle conseguenze di questa manchevolezza in alcuni recenti lavori di Carlo De Simone, Dieter Steinbauer e Koen Wylin, dei quali soltanto questultimo poi ritornato sul tema, senza preconcetti,1 e nonostante le ricadute, non leggere, che investono vari punti dellimpostazione ermeneutica del suo libro sul verbo etrusco. Quanto a Steinbauer, avendogli scritto, nel settembre del 2002, per chiedergli una copia del suo Neues Handbuch des Etruskischen (1999), contestandogli, nelloccasione, alcune questioni relative alla sua trattazione dellablativo (sulla base dei nuovi dati della Tabula Cortonensis) e, appunto, dei plurali, ho ricevuto (invece del libro) una risposta piena di entusiastici apprezzamenti per i miei lavori, di cui non risulta, credo, fuori luogo riportare uno dei brani pi pacati:
In mine eyes, the evidence of the Tabula Cortonensis isnt of any help, given the dubious circumstances of its discovery and publication. As yet, its genuineness hasnt been scientifically tested and/or proven. Im not a credulous man. I worked hard on my Etruscan grammar. So theres no reason to revise it every now and then under the pressure of dilettantish irregularities. () Following Agostiniani, you are maintaining that the plural ending -r occurs only with humans. Nevertheless, you translate naper as misure. Wheres the logic of that?.

Wylin 2002, p. 102; cfr. Facchetti 2002, p. 589.

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La mia breve risposta successiva conteneva semplici chiarificazioni in merito alla specifica vicenda2 e, quantunque di questo scambio di opinioni con Steinbauer io abbia inviato (nel novembre 2002) una copia, tra gli altri, a Carlo De Simone, questultimo autore, ha poi risollevato contro di me3 un argomento del tutto simile a questo, insensato, di Steinbauer:
F(acchetti) premette invece alcune considerazioni tipologiche (...) ritiene (...), prendendo spunto da L. Agostiniani, che nella lingua etrusca sia operante, nel sistema nominale, lopposizione tra sostantivi caratterizzati al plurale dal tratto +umano in quanto opposto a umano (= marca zero); questa classificazione non per esente da problemi perch F(acchetti) stesso (...) ha reso la voce tenur della Tabula Cortonensis con misure (tenur a quattro misure), da cui risulterebbe in modo consequenziale che il nome di ununit di misura terriera (!) era classificata in etrusco come +umano; ma differente in questo punto la posizione di Agostiniani (...) che parla invece in relazione a tenur decisamente di tratto +animato (non umano), il che ben altra cosa (anche se parimente discutibile nel contesto specifico).

Circa questultimo punto (la pretesa asserzione per cui Agostiniani tenderebbe a riscontrare il tratto [+animato] in
2 (...) I wish you to succeed in finding other scholars able to sustain the doubtful authenticity of the Tabula Cortonensis. (What is a really desperate attempt to deny the ablative). It is clear that you do not have a full knowledge of the fundamental works of professor Agostiniani on the plurals -r / -va, since one of their most important (and typologically argu[e]d) implications is that, with numerals, only humans mark the plural (by -r), while non humans are left unmarked (ci avil [not *ci avil-va] : ci clen-ar etc., see Agostiniani). On this perspective naper is simply a non human name in -r, like caper kind of pot (attested marked plural: caperva). This lack of knowledge implies many negative consequencies for an Etruscan grammar (...). 3 Nella recensione (in Gnomon, 76, 2004) del mio libretto sulla morfologia etrusca, in cui, smessi gli epiteti di caro collega e professore, fino ad allora riservatimi nelle sue lettere, De Simone mi gratifica altrimenti della sua attenzione (v., per tutto, Facchetti 2004).

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tenur) ho gi altrove mostrato che si tratta di una delle frequenti sviste ad hoc di De Simone,4 il quale prosegue la sua recensione, rendendo ancora pi esplicita la perfetta concidenza tra il suo lapsus e quello di Steinbauer sulla questione dei plurali:5
Lopposizione +umano : -umano viene esposta sistematicamente nella certo assai utile tabella (pp. 11-12), ma la classificazione non risulta del tutto coerente o simmetrica, perch lAss(olutivo) Pl(urale) Um(ano) (= -r; marca obbligatoria) si oppone a zero (umano; cfr. ci avil tre anni: ci huur tre ragazzi; il plurale umano qu (sic) marcato, in quanto opposto ad un plurale non umano, cio avil), mentre lAss(olutivo) Pl(urale) non um(ano) (con marca -(/c)va), appare al contrario pure marcato anche se appunto -umano; la marca formale di -umano sarebbe facoltativa: ma se un oggetto ha il tratto -umano perch dovrebbe poi essere marcato al plurale, che caratterizza gli oggetti considerati +umano? Esistono oggetti semiumani?.

Perci entrambi questi autori hanno letto male o per niente, e sicuramente non hanno capito, gli argomenti cardinali che emergono da Agostiniani 1992 e 1993 sui plurali, che non
Facchetti 2004, p. 311: riferendosi allopinione espressa da Agostiniani su tenur nelleditio princeps della Tabula Cortonensis, De Simone fraintende del tutto, sostenendo che Agostiniani parla invece in relazione a tenur di tratto +animato, mentre si vede bene, nelleditio princeps di Agostiniani e Nicosia, a p. 90-91, che, Agostiniani, pur non assumendo alla fine una posizione definitiva, afferma espressamente: Vi sono dunque alcuni indizi che puntano verso un valore di tenur come [animato], a esclusione di una analisi ten-ur o tenu-r con la marcatura del plurale degli animati, cio proprio il contrario di quello che mostra daver capito De Simone. Sulla mia scelta - peraltro presentata come ipotetica allo stato attuale delle conoscenze - del tratto [umano] piuttosto che [animato] per la descrizione di questi dati, basta rileggersi le semplici affermazioni di Appunti, p. 9. 5 Il fatto che, come ho detto, De Simone fosse a conoscenza del contenuto della mia corrispondenza con Steinbauer rende questo atteggiamento un po sconcertante.
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possono essere ignorati da nessun linguista che voglia occuparsi detrusco. I risultati, assolutamente innovativi, di questi studi circa la questione (fino ad allora caotica, cio non ben chiarita n tanto meno formalizzata) dei plurali dei nomi, ridotti allosso e volgarizzati il pi possibile, possono cos essere riassunti:

1. Le marche morfologiche del plurale dei nomi in etrusco sono -r (per nomi di entit animate) e -(/c)va (per nomi di entit inanimate).

La prima regola discende da uno studio combinatorio e dettagliato del materiale epigrafico disponibile; la seconda risulta da una riflessione condotta su certi dati (apparentemente anomali) del corpus epigrafico alla luce di parallelismi tipologici risolutivi. Che Steinbauer e De Simone, con le loro obiezioni alle mie proposte interpretative per naper e tenur, mostrino di non aver letto o capito i lavori di Agostiniani in questione (in sostanza, essi ignorano del tutto la regola 2.) risulta chiaro da un passo (Agostiniani 1993, p. 38):
E mi sembra che sia pressoch obbligato considerare naper, che compare in sintagmi con numerali (naper ci, hu naper, naper XII tre naper, quattro naper, 12 naper), nei quali indica una misura di superficie, un radicale in -r anzich un plurale, come vulgato.

2. La marcatura morfologica del plurale, con i numerali, obbligatoria solo per i nomi di entit animate, mentre per i nomi di entit inanimate, con i numerali, sono lasciati al caso zero senza la loro marca (-(/c)va).

da cui si vede bene come le mie idee su naper siano un semplice calco di quelle di Agostiniani (come non ho ovviamente mancato di segnalare nei miei scritti) e che la risposta alle obiezioni di Steinbauer (e di De Simone) era gi stata pubblicata quasi dieci anni prima delle stesse.

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Ho ripreso questo episodio, ripassando i dettagli come sotto una lente dingrandimento, perch (lasciando da parte i problemi prodotti dalla massa di scritti prodotti incessantemente sulletrusco da autori completamente inattendibili e antiscientifici) qui risultano lampanti le carenze molto gravi sul piano della circolazione perfino di idee nuove e importanti, su punti-chiave del livello grammaticale (come, appunto, i plurali dei nomi): la lentezza (o, per meglio dire, limmobilit) del dibattito e le conoscenze frammentarie o errate su questi temi non certo secondari costituiscono un dato preoccupante, proprio perch i citati autori (Steinbauer, De Simone, Wylin,6 per non aggiungerne altri) sono linguisti di formazione che si sono pi o meno vastamente occupati detrusco. Dunque proprio in casi come questi repetita (et simplificata) iuvant. Ma come reagire a questi e ad analoghi problemi emergenti attorno agli studi linguistici etruschi, con specialissimo riguardo al modo di codificare e trasmettere informazioni utili e attendibili a linguisti non specialisti e a studiosi collateralmente interessati? Vorrei riprendere a questo proposito lidea che avevo appena accennato in Facchetti 2005: vale a dire lopportunit di costituire una sorta di comitato permanente di linguistica etrusca, con lo scopo fondamentale di ordinare e divulgare adeguatamente le nozioni scientifiche pi avanzate concernenti letrusco, intendendo cos frapporre un argine allaccumulo di incertezze, pregiudizi e discredito che gravano sul campo di studi. Per perseguire tali finalit questo comitato dovrebbe anzitutto proporsi di raccogliere le adesioni degli studiosi che si sono applicati scientificamente a questo settore di studi, al fine di costituire un punto di riferimento autorevole (in quanChe, come detto, ha per saggiamente rivisto le sue posizioni sul punto: Wylin 2002, p. 102.
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to fondato sullesplicita convergenza dei pareri di una pluralit di specialisti) per le discipline collaterali e comunque interessate. Linsieme delle deliberazioni scientifiche di questo comitato dovrebbe mirare principalmente a presentare una descrizione grammaticale, lato sensu, e lessicale (fondata sul parere unanime o maggioritario dei componenti) di quei segmenti delletrusco che risultano accessibili. Il giudizio del comitato sulle conoscenze circa letrusco si potrebbe articolare in vari livelli, esplicitamente indicati: certezza, probabilit, possibilit. Oltre a questi livelli di conoscenza il comitato potrebbe segnalare anche lo stato controverso di alcuni segmenti dellanalisi linguistica (citando, come si riterrebbe pi opportuno, opinioni di singoli autori a confronto), oppure esprimere un parere di assoluta oscurit circa altri segmenti di analisi. Linsieme delle deliberazioni scientifiche di tale comitato dovrebbe inoltre essere periodicamente sottoposto a un giudizio di revisione complessiva, cos che i nuovi componenti possano via via esprimersi anche su deliberazioni precedenti alla loro ammissione. Questi sono alcuni primi spunti concreti per sostenere una simile proposta: tuttavia ci si rende conto che, accanto allindubbia utilit di un simile comitato, con un suo organo informativo, che inizierebbe a costituire un forte nucleo unificante del dibattito, si delineano, al momento di passare dalle parole ai fatti, difficolt notevoli sul piano organizzativo. A prescindere dagli sforzi da compiere per la gestione materiale delliniziativa, c lesigenza, non sottovalutabile, del momento costitutivo e quella, non meno delicata, di precisare le modalit per la formazione delle deliberazioni scientifiche. dunque possibile che liniziativa proposta possa incontrare ostacoli di notevole entit; certo, daltro canto, che, se non si fa nulla, la situazione generale delle conoscenze e della

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La necessit di ridelineare ex novo, alla luce delle pi avanzate impostazioni scientifiche e metodologiche, i punti fermi primari della nostra conoscenza delletrusco, derivati da bilingui, parallelismi formulari pi evidenti, ecc. (es. clan figlio, lar Larth, se figlia, zila pretore, ci tre, mi io, -s genitivo, ecc.), e quelli secondari, derivati da procedimenti inferenziali applicati in modo contestuale e cotestuale a segmenti del corpus parzialmente lumeggiati dai punti fermi primari, porterebbe a una (ovviamente parziale) descrizione grammaticale e lessicale delletrusco pienamente giustificata, esplicitante cio, per ogni frammento di conoscenza, la prova o il ragionamento a supporto. Questo sforzo, che impedirebbe di poter fare cos spudoratamente tabula rasa, senza discussione o tentativi di seria confutazione, delle precedenti acquisizioni (viste come accumulo confuso di opinioni discordanti), come anche di recente si continua a fare (v. il caso di Alinei), e che metterebbe in piena luce i punti davvero fermi, distinguendoli nettamente dalla vulgata trasmessa da una lunga tradizione non mai adeguatamente revisionata,7 potrebbe essere durato da un singolo autore, e sarebbe comunque utilissimo: tuttavia se esso risultasse come il prodotto di un gruppo di studiosi (il comitato di cui si detto pocanzi) il grado di autorevolezza (e forsanche di precisione) dellinsieme risulterebbe di gran lunga superiore. Per la ricerca di questi punti fermi, primari o secondari, su vari livelli dellanalisi linguistica, ma soprattutto sul piano lessicale, un aiuto rimarchevole (ad es. per chiarificare, con sufficiente precisione, il significato di alcuni lessemi) ci forSi veda, nel presente volume, il caso di etr. tui trattato da Riccardo Massarelli.
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loro circolazione rester nellattuale stato di fluidit e semicaos.

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nito dalle cosiddette bilingui figurate, vale a dire quella sorta di didascalie che si trovano talora scritte, con scopo esplicativo, accanto a ogni tipo di immagini o figure, ancorch il loro esame debba condursi con la necessaria cautela. Nella categoria delle bilingui figurate, emergono per importanza qualitativa ed estensione testuale le iscrizioni sugli specchi, ossia quelle didascalie, che frequentemente sono associate alle figure esornative incise sulla superficie non riflettente degli specchi bronzei etruschi. Tali epigrafi, quantunque con un grado diverso di interpretabilit, ci forniscono alcuni di questi punti fermi sul piano linguistico, come pure lopportunit di arricchire, beninteso abbastanza frammentariamente, le nostre conoscenze su alcuni tratti non irrilevanti del mondo culturale (soprattutto religioso) etrusco. Un inquadramento classificatorio di questo tipo di iscrizioni, oltre a permetterci di illustrare pi ordinatamente alcuni degli esempi pi significativi, ci consente di porre nella giusta luce il contributo degli specchi iscritti nel contesto dellermeneutica etrusca. Il genus delle iscrizioni sugli specchi in senso stretto (didascalie) si potrebbe suddividere in tre species diverse, a seconda della struttura testuale: 2. Sintagma. il caso di almeno due parole costituenti ununit esplicativa applicata a unimmagine o a una scena, e tuttavia non costituenti una frase (v. punto 3); 1. Parola singola. il caso di una parola, di natura onomastica o meno, applicata a una immagine o a una scena;

3. Frase. il caso di unintera frase (intesa come espressione di senso compiuto con struttura predicativa) applicata a unimmagine o a una scena.

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Pi casi di parola unica possono ricorrere sullo stesso specchio: e lo stesso vale, in linea di principio, per i sintagmi e le frasi (quantunque siano attestati solo alcuni rarissimi esempi di pi sintagmi e nessuno di pi frasi); inoltre le tre diverse species possono cooccorrere, due alla volta e, in linea di principio, tutte e tre assieme, sullo stesso specchio. Vanno escluse dal novero delle iscrizioni su specchio, come didascalie ossia sottocategoria delle bilingui figurate, le iscrizioni di dedica o esprimenti possesso o pertinenza incise su specchi (questo concetto stato ben chiaro agli estensori di ET, che infatti, in quella raccolta, tengono nettamente distinte le due tipologie di epigrafi). Si tratta di parole o frasi che non sono applicate a unimmagine o a una scena della decorazione speculare, bens riguardano, appunto, unindicazione di pertinenza o destinazione delloggetto stesso. Esempi in tal senso sono costituiti dalla parola uina tombale, funerario, che compare (anche ripetuta) su molti specchi di area volsiniese (es. Vs S.3, 4, 5, 14, 16 ecc., peraltro altrimenti iscritti con vere e proprie didascalie), oppure dalla frasetta AH 3.4: mi titasi cver menace (io sono stato fatto come regalo per Tita) su uno specchio che ugualmente riporta didascalie ad immagini della decorazione (AH S.4). Un caso perfettamente analogo a questultimo quello dello specchio da Todi, famoso per riportare una bella scena del giudizio di Paride, con didascalie (Um S.4, tra le quali una, del tipo 2. -sintagma-, ci fornisce il possibile termine etrusco per ancella, o simili: snena turns ancella di Venere [= etr. Turan]) e per riportare la frasetta marcante il possesso delloggetto (e dunque esclusa dal genus di epigrafi qui considerato) Um 2.3: mi malena laria puruhenas (io (sono) lo specchio di Larth Puruhena), da cui ricaviamo il sicuro nome etrusco per specchio: malena, termine ricorrente nella forma sincopata malna in un contesto del tutto simile (OI 3.2: arnt cn malna [turce] Arnt [dedic] questo

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specchio, associato alle didascalie OI S.4) e, forse, presentante una probabile variante malstria attestata in AH 3.3.8 Torniamo per ora ai casi di iscrizioni su specchio in senso stretto, ossia in funzione di didascalia, come sopra specificato. La prima species, delle parole singole, larghissimamente rappresentata, trattandosi soprattutto di nomi di divinit, eroi o personaggi mitologici in genere. Questo gruppo di grande interesse sul piano linguistico e culturale, poich ci permette di individuare, per lo pi con grande precisione, il corrispondente nome etrusco di un determinato personaggio mitologico, soprattutto dei miti greci (es. Hercle Herakles, Aplu Apollon, Castur Kastor, Pul(u)tuce Polydeukes, A(i)le Achilleus, Menle Menelaos, Amemrun Agamemnon, Els(e)ntre/Elasntre Alexandros, ecc.), fornendoci utili informazioni sul piano dei fenomeni fonetici operanti in caso di prestito dal greco. Contemporaneamente ricaviamo informazioni dettagliate sulla teonomastica propriamente etrusca di corrispondenti divinit del pantheon greco (es. Tinia Zeus, Uni Hera, Turan Aphrodite, elans Hephaistos, Turms Hermes, Laran Ares, ecc.), nonch la possibilit concreta e dettagliata, per quanto frammentaria, di valutare lelevato grado di recezione e fusione dei miti greci nella religione etrusca, e - assai pi raramente lopportunit di gettare uno sguardo su episodi originali della mitologia etrusca (connotati da personaggi come Ral, Veltune, Amin, Lein, Mari, Malavis, A(u)vizr [e varianti]) pi o meno o per nulla contaminati da elementi allogeni (soprattutto greci). Per quanto concerne, poi, i termini non-onomastici, anche da questo primo gruppo, delle parole singole, possibile infeLa radice sempre etr. mal- vedere, guardare, testimoniata per la prima volta in modo indubitabile con questo significato nel testo della tabula Cortonensis (Agostiniani-Nicosia 2000, p. 106).
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(I) -(a)/t < *-au suffisso dagente (II) -(i) / -t < -i posposizione in (col locativo) (III) -- < *-VV-? suffisso verbale (aspettuale?)

rire una serie punti fermi, relativi, ad esempio, alle personificazioni di entit astratte, come Mean (con ogni probabilit etr. mean = gloria o vittoria); in OI S.38 compare Hinial Immagine, Aspetto, nel senso di ingl. look (hinial immagine, nel senso di fantasma, senza dubbio ricavabile da bilingui figurate [Ta 7.67 hinial terasia{l}s fantasma di Tiresia; Vc 7.15 hinial patrucles fantasma di Patroclo; Vc 7.36 hinia turmucas fantasma di Turmuca] e proprio da uno specchio iscritto: Vc S.11 hinial terasias fantasma di Tiresia) come componente del corteo di Turan (= Venere), nel quale, come risulta da questo e da altri specchi iscritti, si annoverano anche Mlacu Bellezza e Mun(u) Cosmesi, nomi astratti formati (come giustamente enucleato in Maggiani 1996, p. 122 s.) con un suffisso -(u), altrimenti noto, sulle basi mla buono, bello (Agostiniani 1981) e mun- mettere in ordine o simili (v. lat. mundus, di verosimile etimologia etrusca). Per questultima base, probabilmente formata su una radice mun-, vorrei ricordare quanto ho scritto in Facchetti 2003 (cui rimando per i dettagli) sul caso degli ampliamenti in theta in etrusco, che distinguerei in tre tipi:

dove le omonimie delle forme recenti sono il risultato degli intervenuti mutamenti fonetici, che siamo in grado per lo pi di ricostruire. Nel caso del nostro mun- di mun(u) si tratterebbe del suffisso III, che parrebbe una specie di ampliamento radicale capace di modificare (intensificare?) il significato della radice. Lidea suffragata dalla possibilit di ricostruire schemi morfologici simmetrici.

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tencompletare (misurare)

suff. (I)

ten-a misuratore (REE 57.37)

suff. (III)

munmun- (mettere in ordine) ordinatore munis, *munica (Ta 1.182) luogo ordinato / sacrale nun(pregare) nuna < *nun-na preghiera nun-(pregatore) nun--eninvocare

mun-(ordinare bene) mun--(u) cosmesi

ten-(a)misurare (TCo; Ta 8.1) ten--ur misura (TCo)

nun-invocare (TC)

Per le traduzioni rimando a quanto ho scritto in Appunti (pp. 58 s., 89, 97, 101, 142; cfr. Rix 1991, pp. 678-680) e Frammenti (pp. 23-25, 66; cfr. Agostiniani-Nicosia 2000, p. 90 s.). Ho messo tra parentesi i significati non direttamente attestati dalle fonti, ma ricavabili dalle simmetrie morfologiche. Ho indicato il contesto di riferimento solo in caso di hapax, di ricorrenza in un unico documento o di poche attestazioni in generale. Il caso del tena graffito su unanfora a figure nere del primo quarto del V secolo a.C. (REE 57.37) va con ogni verosimiglianza interpretato come una bilingue figurata, dato che la parola in questione associata a un personaggio addetto alla misurazione di una gara di corsa. In Appunti (p. 101) ho considerato la possibilit che nunen- invocare sia formato su un nomen agentis in -(a)

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(nun--, a sua volta da nun- pregare) normalmente riverbalizzato con -en-. Il suffisso verbalizzante neoetr. -(V)n- (< arc. -a/eni-) riconoscibile sulla base di una vasta documentazione di supporto (es. mulu-n- offrire, da mulu don(at)o; zi(u)-n- scrivere da zi (documento) scritto / ziu scrittore; zila-n- esercitare una magistratura, da zil(a)c/ magistratura; ceriu-n- costruire, da ceriu cosa costruita;9 alpn-in- omaggiare, da alpan omaggio; cfr., per tutto, Rix 2000, p. 220). Per quanto concerne la seconda species di iscrizioni su specchi (il sintagma), a parte i gi citati snena turns ancella di Venere (= etr. Turan) (Um S.4) e hinial terasias fantasma di Tiresia (Vc S.11), abbiamo rarissimi casi di formula onomastica bimembre: avle vipinas e caile vipinas, i fratelli Aulo e Celio Vibenna, eroi etruschi parzialmente noti anche da fonti antiquarie latine (oltre che da altre, famose, bilingui figurate della tomba Franois di Vulci) e rappresentati su Vs S.4, in un episodio affatto ignoto coinvolgente Cacu che sta dettando rivelazioni a uno scrivente Artile. Un altro episodio di rivelazione tipicamente etrusco rappresentato sullo specchio AT S.11, dove il sintagma onomastico avle tarunus corrisponde a un prenome seguito da patronimico al genitivo: Avle (figlio) di Tarchun (si tratta del noto Tarchon delle fonti greche, il fondatore di Tarquinia: cfr. anche OA S.1, OB S.2 eivas telmunus Aiace di Telamone); circa laltro sintagma pava taries rimando a quanto scritto in Frammenti, p. 68-70 e in Facchetti 2003, p. 207-208.10 Altri esempi interessanti: lasa sitmica, lasa racuneta, lasa vecu(via) (da vari
V. Appunti, p. 97. Aggiungo qui, collateralmente, che la lettura (di recente proposta da De Simone in AIN) *tariansi (invece del corretto tarians) sulla tabula Cortonensis, un miraggio linguistico (per via della --, ma qui non insisto sul punto) ed epigrafico, come si pu ben vedere dalle microfotografie di Agostiniani-Nicosia 2002.
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specchi), da cui si deduce che il termine lasa (ricorrente anche come parola singola) sta per ninfa o simili, soprattutto sulla base del notevole confronto tra lasa vecu(via) e laltrimenti nota ninfa Vegoia; esiste inoltre una serie di sintagmi costituiti da specificazioni di Mari (sorta di genietto infante), altro personaggio peculiare della religione etrusca (mari halna; mari husrnana; mari isminians), ma i suoi epiteti non sono chiaramente accessibili. Quanto alle frasi riportate sugli specchi iscritti, esistono vari esempi pi o meno ben studiati: da casi relativamente11 pi semplici come ca esan questa () laurora (AV S.6; tra laltro il significato di esan aurora ricavato da altri specchi in cui il termine - come parola singola - compare quale elemento onomastico designante la personificazione divina della stessa entit), sopra limmagine del carro solare che sorge, ad altri di analisi morfologica (e lessicale) pi impegnativa, come alei truiesi esu farce lira? penetr nellAchille di Troia (Vc S.23), vicino allimmagine splendente di Achille armato su un carro (cfr. Iliade, 19, 15-16; v. Frammenti, p. 48, nt. 282), e, addirittura, a un periodo con una dipendente, nella didascalia della nota immagine di Ercole allattato da Giunone, Vt S.2: eca . ren . tva . inac . hercle . unial . clan . ra.ce questa superficie mostra? come Ercole divenne figlio di Uni (cfr. Frammenti, p. 22, nt. 90; Appunti, pp. 89 [per ra- / er-], 97 [per sran / ren]). Per tva mostra (III pers. sing.), si deve forse pensare a una radice verbale in vocale (come capi-), presentante qui una forma di ingiuntivo in -e con contrazione: tva < *tvae. La stessa radice neoetr. tva- mostrare (probabilmente [t(u)wa]-) devessere lesito di un arc. teva-, che si riscontra in tevara arbitro, parola che ha per una forma neoetr. [t]eurat (v. Frammenti, p. 11); dunque arc. [tew]- > rec. [tew]- / [t(u)w]Si veda, su questa frasetta, quanto scrive Giulio Giannecchini nel suo articolo contenuto nel presente volume.
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(sarebbe interessante studiare se si tratta di una differenza diatopica nord-sud altrimenti riscontrabile). Vorrei chiudere con una suggestione, che non presenta apparentemente nessun punto fermo, ma anzi gravissime difficolt, ma che potr forse tuttavia costituire loggetto di un futuro studio ad hoc, vale a dire la presunta pseudoepigrafe (cos ritenuta da ET), o testo privo di senso, Cl 0.7. In breve, si tratta del testo ordinato in quattro righe sulle due pagine, o meglio tavolette cerate, di un dittico tenuto in mano da un personaggio raffigurato su uno specchio con didascalie (Cl S.11). Lo specchio purtroppo rovinato, tuttavia si riconosce chiaramente un gruppo di personaggi che assiste a un vaticinio pronunciato dalla testa di Orfeo (Ure), la quale aveva profetizzato, per un certo periodo, dopo essere stata deposta nella grotta di Antissa, sacra a Dioniso. Si vede al centro un uomo barbato, forse designato come A[t]unis, cio Adone, vicino a una donna, identificata come Euturpa, cio la musa Euterpe; un giovane, infine, sul lato sinistro, chiamato Umaele (personaggio altrimenti noto dagli specchi, anche nella variante Umaile), nome di non piana identificazione (si provato ad avvicinarlo a Eumelos, che tra laltro il nome del figlio di Admeto e Alcesti presente alla guerra di Troia, ma con debole verosimiglianza per quanto concerne laspetto formale, cio fonetico, e la possibile congruenza tra le vicende dei due personaggi).12 Dei nomi di un altro personaggio femminile seminascosto, che si copre la bocca con un velo, cos come di altre due figure secondarie sdraiate sullo sfondo, restano solo lacerti. rimasto integro invece il nome di colei (anche se dallincisione sembra quasi che una figura
Circa la figura di Umaele, come emerge dalle scene degli specchi, restano valide le osservazioni di Cristofani 1985, p. 7 s.: Umaele dunque il sacerdote addetto alloracolo, probabilmente anche linterprete dei vaticini che vengono trascritti da altri. (...) la testa di Orfeo, estratta dal suo contenitore, proferisce il vaticinio, trascritto e esibito da un addetto.
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liraeunrua mieluhaet aimlasira etas

maschile seduta sia stata corretta con laggiunta dei seni)13 che, dal lato destro, registra sulle tavole cerate il responso di Orfeo: Aliunea (che presente anche nella scena di Vs S.3, ancora associata, tra gli altri, a Umaele e ad Euturpa, bench qui lo scriba sia Talmie). In questo contesto, riesaminando un bellingrandimento fotografico del testo delle tavolette di Aliunea,14 mi parso che il carattere pseudoepigrafico non emerga cos nettamente, considerata la possibilit di individuare, e segmentare, elementi lessicali altrimenti noti. Lepigrafe cos leggibile (le lettere effettivamente dubbie sono la prima della prima riga: una l o, meno probabilmente, una p, e la prima della terza riga: o ):

di cui, mi pare, si possa tentare la scomposizione: lira e un rua mi elu haet ai mlasira etas

in cui sarebbero forse individuabili gli elementi e o (interiezione)??; un tu?;15 rua (di solito ruva [ruwa]) fratello?; mi
Un altro specchio (da Castelgiorgio), senza didascalie, riproduce una scena molto simile, ma qui il posto di Aliunea occupato da una figura maschile (che si pu dedurre, da un altro frammento di specchio, Vs S.3, essere Talmie, cio Palamede), esattamente nello stesso atteggiamento, con lo stilo portato verso la bocca (sul dittico si intravede qualche segno di scrittura): v. Cristofani 1985, p. 7. 14 In Maggiani-Simon 2000, p. 146. 15 Rix 1991.
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io; elu, celebrare?? (cfr. ilucu festa??); mlasira altezza?? / grandezza?? (cfr. *mlesia- altura);16 etas di costui. I restanti segmenti del testo (specialmente haet e ai) suonano certamente un po strani e tutta lanalisi resta, senza dubbio, nel campo delle mere congetture, ma forse una fonte letteraria potrebbe fornire un inatteso sostegno. Nota bibliografica
AGOSTINIANI L. 1981 Duenom duenas : : mla mlakas, Studi Etruschi, 49, pp. 95-111. 1992 Contribution ltude de lpigraphie et de la linguistique trusques, Lalies, 11, pp. 37-74. 1993 La considerazione tipologica nello studio delletrusco, Incontri Linguistici, 16, pp. 23-44. AGOSTINIANI L. - NICOSIA F. 2000, Tabula Cortonensis, Roma Appunti: G.M. FACCHETTI, Appunti di morfologia etrusca. Con unappendice sulla questione delle affinit genetiche delletrusco, Firenze, 2002. CRISTOFANI M. 1985 Faone, la testa di Orfeo e limmaginario femminile, Prospettiva, 42, pp. 2-12. H. Rix (herausgegeben von), Etruskische Texte, Tbingen, 1991.

ET

Per *mlasia- v. Frammenti, p. 61, nt. 347; per lalternanza a/e in questo contesto, v. Appunti, p. 89; per il suffisso -ra, (mlasi-ra < *mlasia+ra) v. ibidem, p. 52.
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FACCHETTI G.M. 2002 Recensione di K. Wylin, Il verbo etrusco. Ricerca morfosintattica delle forme usate in funzione verbale, Studi Etruschi, 65, pp. 584-589. 2003 Note etrusche, Archivio Glottologico Italiano, 88, pp. 203-220. 2004 Qualche commento alla recensione di De Simone ad Appunti di morfologia etrusca (2002), uscita su Gnomon 76 (2004), Ostraka, 13, 2004, pp. 309-313. 2005 The interpretation of Etruscan Texts and its Limits, The Journal of Indo-European Studies, 33, pp. 359-388 (versione italiana: Linterpretazione dei testi etruschi e i suoi limiti, in Miscellanea Italica, Milano, pp. 25-69)

Frammenti: G.M. FACCHETTI, Frammenti di diritto privato etrusco, Firenze, 2000.

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