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SAPER ESSERE E SAPER FARE - 2

Formazione alle Life Skills: unesperienza con i ragazzi della Scuola Secondaria di Primo Grado

Dott.ssa Laris Guerri Counselor professionista

E io vi dico invero che la vita oscurit se non vi slancio E ogni slancio cieco se privo di sapienza E ogni sapienza vana senza agire E ogni azione vuota senza amore E lavorare con amore un vincolo con gli altri e con voi stessi K. Gibran

l Progetto Life Skills: come nasce e cos Il progetto Life Skills un progetto che prevede la collaborazione, per tre anni, tra USL 1 Unit Operativa di Educazione alla Salute, le Associazioni di Promozione Sociale Associazione 1 (e in corso dopera anche Associazione 2), e le Scuole Secondarie di Primo Grado di 3 comuni dellEmpoleseValdelsa. Si tratta di un progetto di facilitazione del clima e delle modalit comunicative in preparazione di successivi interventi di educazione sessuale, tenuti da ostetriche; infatti viene finanziato con fondi USL sulleducazione alla sessualit ed affettivit. Nel contratto con la Asl lintervento serve anche a capire se un intervento delle ostetriche necessario o meno e a capire in quali classi pi opportuno concentrare gli interventi tecnici di educazione allaffettivit e sessualit. Il Laboratorio di Life Skills pu essere visto come percorso scisso da un successivo intervento, e quello delle Life Skills pu essere letta come metodologia e processo, pi che come semplice intervento. Allinizio del secondo anno, lAssociazione 1 coinvolge anche gli operatori dellAssociazione 2 nellequipe operativa che andr a fare, nella primavera, gli interventi nelle classi. Il Progetto prevede: Momenti di incontro e formazione comune tra responsabile Asl del progetto, operatori delle due associazioni ed insegnanti (Tre: uno iniziale, uno in itinere ed uno finale); Intervento su ogni classe composto da 5 incontri di due ore; Incontro intermedio di valutazione tra responsabile Asl, responsabile dellequipe delle ostetriche ed educatori delle associazioni. Eventuali 2 incontri tenuti da ostetriche e da una counselor della ASL Un incontro di valutazione finale con spunti per la ri-progettazione tra educatori, insegnanti e rappresentanti ASL Le classi che parteciperanno al progetto sono scelte dagli insegnanti, in molti casi si sceglie la continuit e si privilegia lottica del percorso, scegliendo classi che hanno iniziato lesperienza lo scorso anno. Gli insegnanti non sono obbligati a partecipare e condividere attivamente il progetto, ma viene richiesta une equipe minima di due insegnanti per ogni classe, di modo da garantire la partecipazione e la condivisione dellesperienza da un nucleo stabile di docenti. Chiaramente partecipano gli insegnanti pi sensibili, quelli che prendono le cose sul serio, che pensano di poter ancora cambiare qualcosa e che hanno passione, ma che al contempo sentono sulle loro spalle il peso di tutte le attivit, didattiche e non, che si sentono soli e frustrati in questa lotta titanica verso un nuovo modo di fare scuola. 2

Questo lho capito pi tardi; prima di incontrarli i professori per me erano la personificazione di uno stereotipo che veniva dalle mie personali vicende scolastiche, fatto di chiusura, disciplina e burocrazia.

Le Life Skills: che cosa sono? Nel campo della salute e del benessere si passati negli ultimi anni da un approccio meccanicisticoriduzionistico, focalizzato sulla cura delle malattie e sulla risoluzione dei problemi, a un approccio biopsico-sociale, centrato sulla promozione della salute intesa come sviluppo delle potenzialit umane. Secondo la definizione dellOrganizzazione Mondiale della Sanit: con il termine Skills for life si intendono tutte quelle skills (abilit, competenze) che necessario apprendere per mettersi in relazione con gli altri e per affrontare i problemi, le pressioni e gli stress della vita quotidiana. La mancanza di tali skills socio-emotive pu causare, in particolare nei giovani, linstaurarsi di comportamenti negativi e a rischio in risposta agli stress. Per insegnare ai giovani le Skills for life necessario introdurre specifici programmi nelle scuole o in altri luoghi deputati allapprendimento.1 Il progetto Life-Skills ha come obiettivo facilitare, durante il periodo dellinfanzia e delladolescenza, lo sviluppo delle competenze (skills) emozionali e relazionali necessarie per gestire efficacemente le proprie relazioni interpersonali. LOMS ha definito un nucleo fondamentale di skills (10) che rappresenta il fulcro di ogni programma di prevenzione, mirato alla promozione del benessere dei bambini e degli adolescenti, indipendentemente dal contesto. Di seguito, le definizioni di ogni skill, riprese dal documento dellOMS: 1. Decision making: (capacit di prendere decisioni): competenza che aiuta ad affrontare in maniera costruttiva le decisioni nei vari momenti della vita. La capacit di elaborare attivamente il processo decisionale, valutando le differenti opzioni e le conseguenze delle scelte possibili, pu avere effetti positivi sul piano della salute, intesa nella sua accezione pi ampia. 2. Problem solving: (capacit di risolvere i problemi): questa capacit, permette di affrontare i problemi della vita in modo costruttivo.
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Bollettino OMS Skills for life n. 1 1992 citato in P. Marmocchi, C. DallAglio e M. Tannini Educare le Life Skills , Presentazione Erickson 2004 3

3. Pensiero creativo: agisce in modo sinergico rispetto alle due competenze sopracitate, mettendo in grado di esplorare le alternative possibili e le conseguenze che derivano dal fare e dal non fare determinate azioni. Aiuta a guardare oltre le esperienze dirette, pu aiutare a rispondere in maniera adattiva e flessibile alle situazioni della vita quotidiana. 4. Pensiero critico: l'abilit ad analizzare le informazioni e le esperienze in maniera obiettiva. Pu contribuire alla promozione della salute, aiutando a riconoscere e valutare i fattori che influenzano gli atteggiamenti e i comportamenti. 5. Comunicazione efficace: sapersi esprimere, sia sul piano verbale che non verbale, con modalit appropriate rispetto alla cultura e alle situazioni. Questo significa essere capaci di manifestare opinioni e desideri, bisogni e paure, esser capaci, in caso di necessit, di chiedere consiglio e aiuto. 6. Capacit di relazioni interpersonali: aiuta a mettersi in relazione e a interagire con gli altri in maniera positiva, riuscire a creare e mantenere relazioni amichevoli che possono avere forte rilievo sul benessere mentale e sociale. Tale capacit pu esprimersi sul piano delle relazioni con i membri della propria famiglia, favorendo il mantenimento di un'importante fonte di sostegno sociale; pu inoltre voler dire esser capaci, se opportuno, di porre fine alle relazioni in maniera costruttiva. 7. Autoconsapevolezza: ovvero sia riconoscimento di s, del proprio carattere, delle proprie forze e debolezze, dei propri desideri e delle proprie insofferenze. Sviluppare l'autoconsapevolezza pu aiutare a riconoscere quando si stressati o quando ci si sente sotto pressione. Si tratta di un prerequisito di base per la comunicazione efficace, per instaurare relazioni interpersonali, per sviluppare empatia nei confronti degli altri. 8. Empatia: la capacit di immaginare come possa essere la vita per un'altra persona anche in situazioni con le quali non si ha familiarit. Provare empatia pu aiutare a capire e accettare i "diversi"; questo pu migliorare le Interazioni sociali per es. in situazioni di differenze culturali o etniche. La capacit empatica pu inoltre essere di sensibile aiuto per offrire sostegno alle persone che hanno bisogno di cure e di assistenza, o di tolleranza, come nel caso dei sofferenti di AlDS, o di disordini mentali. 9. Gestione delle emozioni: implica il riconoscimento delle emozioni in noi stessi e negli altri; la consapevolezza di quanto le emozioni influenzino i comportamento e la capacit di rispondere alle medesime in maniera appropriata. 10. Gestione dello stress: consiste nel riconoscere le fonti di stress nella vita quotidiana, nel comprendere come queste ci "tocchino" e nell'agire in modo da controllare i diversi livelli di stress. Molte di queste abilit che lOMS ha definito utili per la vita corrispondono ad altrettante capacit proprie dellIntelligenza Emotiva:

lautoconsapevolezza; la gestione delle Emozioni; la gestione dello stress; la comunicazione efficace; lempatia e la capacit di relazioni interpersonali.

Daltra parte le ricerche ad opera delle Neuroscienze ci dicono che qualunque attivit cognitiva viene accompagnata e pu essere potenziata o sminuita dal nostro stato emotivo. Dunque, se ci troviamo in uno stato emotivamente intelligente certamente saranno potenziati il senso critico, la capacit di prendere decisioni, di risolvere i problemi e di utilizzare la nostra creativit le altre skills contenute nel nucleo fondamentale individuato dallOMS . Come si passano queste competenze di vita? Si possono apprendere? Come facilitare questo apprendimento?

Modelli di stili dapprendimento: Supporti teorici al Progetto Life Skills Molti studiosi si sono cimentati con lardua impresa di costruire un modello degli stili di apprendimento (generalmente motivati da interessi psico-sociologici pi che didattici). La diversificazione negli stili dapprendimento pu avere cause differenti: pu avvenire per conoscenza ereditata (dai genitori, dalle influenze ambiente in cui si vissuto, dai referenti fondamentali, da tutto quell'insieme di norme di comportamento non scritte che vengono trasferite da una generazione all'altra) oppure nascere da esperienze personali, confronti successivi e limitati, per autovalutazione o sperimentazione. Riconoscere il proprio stile di apprendimento non solo ci permette di capire come siamo fatti e in quale situazioni l'apprendimento avviene meglio, ma ci permette anche di renderci conto della nostra naturale tendenza ad utilizzare modalit che sono state efficaci su di noi, traslandole nel nostro fare educazione e formazione. Principalmente due sono le teorie di riferimento del Progetto Life Skills: 1. Experential Learning (Kolb, Lewin, ..) 2. Social Learning (Bandura, Vygotskij)

Experential Learning L'apprendimento esperienziale un processo dove la costruzione della conoscenza avviene passando attraverso l'osservazione e la trasformazione dell'esperienza. Non, quindi, attraverso la passiva acquisizione di nozioni, concetti, relazioni. Esso avviene sporcandosi le mani, esplorando la realt circostante, intervenendo su di essa con la nostra azione e osservando gli effetti prodotti. il tipo di apprendimento pi naturale per luomo, quello usato dal bambino quando esplora il mondo circostante, quello che usiamo quando impariamo a suonare uno strumento o a praticare delle arti. Si tratta di un apprendimento che avviene attraverso la percezione e l'azione motoria sulla realt. Percepisco un oggetto o un evento con la vista, l'udito, il tatto; intervengo su di esso con la mia azione e ci produce un cambiamento nella mia percezione, cambiamento che funzione dell'azione che ho fatto e della natura dell'oggetto. Nella maggior parte delle materie scolastiche insegnate in modo tradizionale ci si basa non tanto su un apprendimento esperienziale (quello descritto sopra) ma prevale un apprendimento di tipo simbolico-ricostruttivo, basato sul linguaggio e sul testo scritto: linsegnante o il libro trasmettono linformazione che viene decodificata nella mente dellallievo per ricostruire gli oggetti e le situazioni. Lapprendimento dipender da due fattori essenziali: dalla capacit dellinsegnante di saper trasmettere linformazione in modo adeguato e dalla capacit che ha lallievo di saper ricostruire i messaggi che riceve. Non c nessun contatto diretto con oggetti, ma tutto avviene nella mente di chi apprende. Nellapprendimento esperienziale, invece, si apprende facendo esperienza, in un continuo scambio di input e output con l'ambiente esterno e il processo di apprendimento largamente non consapevole e, a differenza dello studio usuale, non si compie una particolare fatica n si richiede un particolare sforzo: l'esperienza fluisce. Quello adottato in questa tesina il modello di Kolb, che propone una teoria dapprendimento esperienziale che comprende 4 momenti principali: un primo momento dedicato allesperienza concreta (EC), seguito da unosservazione riflessiva (OR), quindi dal momento della concettualizzazione astratta (CA). Chiude il ciclo la pratica della sperimentazione attivamente (SA) che eventualmente pu portare nuovamente alla prima fase. Questi quattro passaggi non sempre sono ben definiti e ciascuna persona ne predilige uno o pi a seconda delle sue modalit di apprendimento. Ciascuno di noi quindi portato a prendere delle scorciatoie e a fare quindi tesoro di soltanto una parte dell'esperienza fatta. Kolb e Fry sostengono che il ciclo in Figura 1 pu iniziare in qualsiasi punto. Tuttavia spesso il processo inizia con una persona che porta a termine una particolare azione e osserva l'effetto di quest'azione. Il 6

secondo passo comprendere l'effetto in modo da poterlo inquadrare in un principio generale in cui l'istanza particolare fallisce. Il processo ed continuo, non c' limite al numero di cicli che puoi fare in una situazione d'apprendimento. Kolb era interessato all'esplorazione dei processi associati con il making sense dell'esperienza concreta e gli stili differenti che possono essere inclusi. In questo fece uso esplicito soprattuto dei lavori di Dewey e altri tra cui Kurt Lewin, William James, Jean Piaget, e Paulo Freire.

Figura 1. Il ciclo dell'apprendimento esperienziale:

Ci sono diverse dicotomie: diverse modalit di comprendere (grasp) lesperienza (EC-CA) e due modi per rielaborare (transform) lesperienza (SA-OR):

Esperienza concreta: il momento cardine, in cui si fanno nuove esperienze o si fa pratica; Osservazione e riflessione: in questo momento dosservazione si riflette su quando operato e sulle conseguenze che abbiamo ottenuto; Concettualizzazione astratta: in questo stadio lapprendimento coinvolge luso della logica e di idee, piuttosto che emozioni per capire problemi o situazioni. il momento della pianificazione sistematica e dello sviluppo di teorie ed idee per risolvere i problemi; Sperimentazione attiva: lapprendimento diventa attivo tramite la sperimentazione, influenzando o cambiando le situazioni. Questa fase dominata da un approccio pratico e applicato a ci che funziona veramente.

EC/CA e SA/OR si trovano in opposizione dal momento che Kolb postulava quattro tipologie di scolari poste in altrettanti quadranti: 7

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Adattativo (o Produttivo); Divergente (o Sensibile): Convergente (o Decisionale); Assimilatore (o Teorico).

LAdattativo il profilo in cui sono privilegiate esperienza concreta e sperimentazione attiva. Predilige i fatti alle parole, gestisce problemi, accetta responsabilit di realizzazione, lavora su obiettivi e criteri assegnati e non li contesta. interessato ai risultati e sa adattare il modello ricevuto a diverse realt e a situazioni nuove, e per farlo pu accettare cambiamenti operativi al modello stesso. Lavora al meglio quando bisogna reagire a circostanze immediate. Questo profilo trae giovamento da una didattica che incoraggia la scoperta indipendente, in cui intuizione e invenzione giocano un ruolo fondamentale: la teoria va introdotta dopo la descrizione delle applicazioni. motivato dalla domanda:Cosa accadrebbe se facessi ci? ed agevolato nei compiti complessi e nel trovare relazioni fra gli aspetti di un sistema. Preferisce essere un partecipante attivo del proprio apprendimento. Il profilo Divergente d grande importanza allosservazione ed alla riflessione di esperienze concrete: parte da esperienze del proprio vissuto, con coinvolgimento. Immaginazione ed emotivit sono molto accentuate. Pu avere molte idee, ma non si interessa particolarmente alla loro realizzazione pratica. Accetta esperienze senza limiti, senza pregiudizi, con allargamento del campo; ha visione dassieme. interessato ai rapporti interpersonali con poliedrici interessi culturali. Listruttore dovrebbe essere un motivatore: come si relaziona quanto imparato con la mia esperienza? Interessato a trovare risposte a molti perch. Preferisce ragionare a partire da informazioni specifiche e concrete ed esplorare le offerte di un dato sistema, sottolineandone i punti deboli e quelli di forza. Il Convergente, in cui giocano un ruolo decisivo concettualizzazione astratta e sperimentazione attiva, affronta problemi specifici decidendo in base al rapporto costi-benefici, in cui le idee vengono fortemente messe in pratica. Valuta conseguenze, ipotetico-deduttivo e vuole trovare la soluzione giusta ad ogni problema. Non usa la creativit e lemotivit, ma allarga la visuale, parte gi da una scelta: pi veloce ed efficiente nelle decisioni, ma pu rischirare dessere rigido. Lavora attivamente su obiettivi ben definiti ed impara per prove ed errori in un ambiente che permette di sbagliare senza conseguenze. Il docente dovrebbe diventare un coach e le diverse scelte didattiche andrebbero sottolineate con la massima trasparenza. LAssimilatore, in cui predominano osservazione riflessiva e concettualizzazione, portato per le scienze pure, la statistica: raccoglie molti dati con l'osservazione, li analizza, li elabora in modelli teorici di sintesi. Sceglie, astrae, concettualizza, costruisce delle ipotesi ed eccelle nel ragionamento induttivo. D soluzioni teoriche, non gli interessa sperimentarle ed pi interessato a concetti astratti che alle persone. Pu trovare particolare giovamento da esposizioni molto strutturate e presentate in 8

modo logico e organizzato e se ha a disposizione del tempo per riflettere. Linsegnante deve diventare un esperto a cui fare riferimento. Non si trova a proprio agio nellesplorazione casuale di un sistema ed ama la risposta giusta ai problemi. Ogni profilo ha punti di forza e di debolezza. Honey e Mumford sostengono che l'apprendimento facilitato quando riflettiamo sul nostro stile d'apprendimento in modo da sfruttare i punti di forza per minimizzare l'effetto dei punti di debolezza per migliorare la qualit dell'apprendimento. Nel modello di Kolb, oltre alle due classificazioni (concretezza vs. astrazione e riflessione vs. pianificazione e partecipazione), possiamo notarne una terza (quella della soggettivit vs. oggettivit) che ha i suoi poli opposti nei profili adattativo e assimilatore: esperienza (personale) versus i fatti. Per David Kolb, la conoscenza ottenuta continuamente sia attraverso esperienze personali, sia attraverso esperienze derivanti dallambiente. Per ottenere un autentico apprendimento da unesperienza, sono necessarie certe abilit: Chi apprende deve essere volontariamente e attivamente coinvolto nellesperienza; deve poter riflettere sullesperienza; deve possedere ed usare capacit analitiche per concettualizzare lesperienza; deve possedere capacit di decision making e problem solving per usare le nuove idee ottenute dallesperienza

Soprattutto per gli adulti, lesperienza diventa un"living textbook" a cui potersi riferire. La formazione esperienziale caratterizzata dalla seguente visione dellapprendimento :

Apprendere significa innanzitutto attivare le proprie risorse interne pi che lasciarsi riempire e formare da soggetti e tecniche esterne. Apprendere un processo continuo che non avviene di colpo ma attraverso un graduale sviluppo. Apprendere non ha bisogno di luoghi e tempi dedicati, si pu apprendere sempre e dovunque e quindi non c differenza tra vita e lavoro (life is learning). Apprendere pu essere gradevole e divertente, non necessario soffrire per apprendere. Apprendere vuol dire riflettere sia sui comportamenti errati che su quelli di successo, non simpara solo per prove ed errori. Apprendere coinvolge sia gli aspetti razionali e cognitivi che quelli emotivi e fisici. Apprendere vuol dire poter percorrere il proprio processo di crescita in modo volontario. 9

Social Learning Le ricerche di Vygotskij e quelle pi recenti della psicologia cognitivista, hanno dimostrato che una buona cooperazione fornisce la base dello sviluppo individuale. Ad esempio nel gioco in gruppo un bambino allinizio diventa capace di subordinare il suo comportamento a delle regole, perch richiamato dai compagni o dallinsegnante e solo pi tardi sviluppa lautoregolazione volontaria del comportamento come funzione interna (interiorizzazione delle regole). I processi cognitivi si attivano quando il bambino sta interagendo con persone del suo ambiente e in cooperazione con i suoi compagni che lo inducono a riflettere ed autoregolare il proprio comportamento. Una volta che questi processi sono interiorizzati, diventano parte del risultato evolutivo autonomo del bambino. Il processo di interiorizzazione stimolato dalla possibilit di riflettere su quanto si sta facendo, di confrontarsi con altri, di chiarire meglio le proprie posizioni difendendole dalle obiezioni degli altri, di spiegare in modo che gli altri capiscano quello che si vuole dire. La competenza prima sociale e poi diventa competenza individuale. Se lapprendimento sociale precede la competenza individuale, esso ha come risultato lo sviluppo cognitivo, che non sarebbe possibile prescindendo da questo tipo di apprendimento. Le funzioni prima si formano nel collettivo, nella forma di relazioni tra bambini e cos diventano funzioni mentali per lindividuo (Vygotskij, 1934). Per Vygotskij fondamentale per lapprendimento il clima della classe. Possiamo definire il clima di una classe come linsieme degli atteggiamenti, dei comportamenti e delle relazioni che si instaurano in quel contesto. Questi tipi di comunicazioni interpersonali sono generati dalle convinzioni di ciascun ragazzo e in particolare da quelle dellinsegnante. Latteggiamento dellinsegnante determinante nella formazione del clima della classe. Per costruire un clima positivo il suo atteggiamento dovrebbe essere democratico, sincero, da leader positivo, inteso come punto di riferimento, guida, persona disponibile allascolto e allaiuto; un atteggiamento da regista delle attivit dei vari attori, che sono i ragazzi. Gli studenti hanno bisogno di vivere ripetute e positive esperienze di successo che li vedano coinvolti in modo attivo e collaborativo. Un ragazzo che apprende dovrebbe essere considerato come un protagonista attivo, coinvolto, responsabile e non come soggetto passivo di un apprendimento deciso da altri. Un apprendimento significativo viene generato dallelaborazione attiva delle informazioni che giungono al soggetto, dalla comprensione, confronto, valutazione e interazione di pi fonti informative (sviluppo dellintelligenza critica). Meglio se il ragazzo non da solo di fronte a questa complessit, ma supportato da un gruppo, al quale si sente di appartenere e sul quale pu contare per essere aiutato a raggiungere 10

obiettivi apprenditivi comuni (teoria dellapprendimento sociale della conoscenza). Limportanza dellinterazione sociale nellapprendimento ha ricevuto un nuovo impulso con lintroduzione del concetto di area di sviluppo prossimale. Possiamo definire questa zona di sviluppo prossimale come la distanza tra il livello effettivo di sviluppo, cos com determinato da problem-solving autonomo, e il livello di sviluppo potenziale, cos com determinato attraverso il problem-solving sotto la guida di un adulto o in collaborazione con i propri pari pi capaci (Vygotskij, 1934). Nel modello di Vygotskij lo sviluppo delle abilit metacognitive permette linteriorizzazione della conoscenza socializzata esterna al soggetto. La metacognizione il livello superiore dellintelligenza, che controlla e guida i vari processi cognitivi sottostanti e che si sviluppa e guadagna in efficienza attraverso linterazione sociale. Lapprendimento consiste sostanzialmente nel prendere consapevolezza di questi processi socializzati esternamente e nel trasferirli interiorizzandoli gradualmente e facendoli diventare propri processi autonomi (per questa ragione si parla nel testo di apprendimento cooperativo metacognitivo). Come abbiamo visto questo processo graduale di interiorizzazione delle funzioni cognitive metacognitive comincia molto presto, molto prima dellet scolare, collocandosi nella zona di sviluppo prossimale. Bandura analizza i processi mentali attivi che si verificano quando lindividuo interagisce con lambiente sottolineando limportanza delle strutture sociali come prodotto delle persone che le costituiscono. Di particolare rilevanza il concetto di modellamento(modeling) che spiega come lapprendimento avvenga anche attraverso losservazione di altre persone che rappresentano il modello. La persona, il comportamento e lambiente rappresentano i nuclei di una triade in dinamica interazione e influenza reciproca bidirezionale. La capacit decisionale dellindividuo e il suo potere di modificare la condotta in situazioni di vita diverse rappresenta quella che lo stesso psicologo chiama agenticit . Lagenticit la facolt di far accadere le cose, di intervenire sulla realt, di esercitare un potere causale. Chi riesce a cogliere il vantaggio dalle varie opportunit che la vita gli offre capace di interagire con lambiente alimentando le sue potenzialit e acquistando un sempre maggiore livello di gratificazione personale. Questo livello di accettazione e consapevolezza viene chiamato da Bandura autoefficacia. Le persone attraverso meccanismi di agenticit personale contribuiscono a determinare il loro funzionamento psicosociale. E nessun meccanismo di agenticit pi importante o pervasivo delle convinzioni di autoefficacia. Lesperienza rafforza o indebolisce il senso di autoefficacia mediante : 11

lapprendimento sociale di modellamento ( imitazione di comportamenti osservabili) esperienze comportamentali in cui lindividuo gestisce le proprie scelte stimoli e sollecitazioni verbali tesi a sperimentare competenze e potenzialit personali. situazioni psico-fisiologiche in cui il soggetto riesce a valutare la propria forza o debolezza modificando opportunamente la propria condotta.

La teoria sociale-cognitiva di A. Bandura riesce a fornirci un quadro completo e significativo dellindividuo e della societ in cui la persona, nella sua unicit costituita da fattori cognitivi, affettivi e biologici interagisce con la struttura sociale di appartenenza, da cui la propria condotta orientata ma non condizionata. Si dice che la persona agente causale quando agisce sullambiente ma che anche oggetto quando riflette e agisce su di s. Il modellamento, lagenticit e lautoefficacia possono rappresentare importanti finalit educative in ambito didattico. Soprattutto lautoefficacia riesce a migliorare limpegno cognitivo e le relative prestazioni contribuendo a sviluppare la personalit che in questo modo in grado di raggiungere competenze e abilit necessarie per il futuro inserimento nella societ. Le opportunit che la vita offre diventano occasioni di crescita personale che tendono a migliorare lautonomia e la sicurezza nelle scelte. La pratica: Come funziona il nostro Laboratorio di Life Skills Lequipe degli operatori del Laboratorio Life Skills nella Scuola Secondaria di primo Grado BV formata da 9 operatori attivi su 10 classi. Su ogni classe sono previsti 5 incontri di due ore, condotti ogni volta dalla stessa mini-equipe composta da tre operatori (2 con ruolo pi attivo, 1 con ruolo attivo di osservatore). Gli insegnanti ci hanno fornito prima dellinizio dei laboratori, una scheda per ogni classe, su cui possiamo avere in anticipo una mappa quantitativa e qualitativa dei ragazzi. Oltre al numero di maschi, femmine, ragazzi stranieri, ragazzi con disagio e certificati, abbiamo anche un quadro del clima che si respira in classe, dei punti forti e dei punti deboli del gruppo. Questo ci aiuta inizialmente, soprattutto ci prepara emozionalmente allincontro. Molte sono le modalit di conduzione degli incontri, lasciate alla sensibilit dei singoli operatori, allalchimia dellequipe e allimpatto con le diverse classi, ma tutte fanno riferimento ad un modello che quello del gioco come strumento pedagogico. Attraverso una serie di giochi, alcuni dei quali realmente molto semplici, si sperimentano coi ragazzi delle capacit: la comunicazione efficace, lattenzione, la gestione delle emozioni che affiorano, la 12

capacit di stare in gruppo e di cooperare e di prendere decisioni. Dopo i giochi segue sempre un momento di debriefing, in cui insieme si riflette su cosa avvenuto e sul modo in cui avvenuto. Latteggiamento che noi operatori portiamo nelle classi si basa su una teatralizzazione introduttiva del nostro ruolo, in cui si cerca di attivare la classe cambiando i loro abituali punti di riferimento, come spiegher pi avanti nella narrazione puntuale degli incontri. In ogni classe il nostro stile si adatta al clima che troviamo o ai mutamenti che riscontriamo, in una continua flessibilit e capacit di leggere le dinamiche ed adattarvi un intervento. Il nostro scopo primario, propedeutico allintervento, un empowerment dei ragazzi, che ha come primo passo il destrutturare la logica dellapprendimento tradizionalmente in uso nella scuola. Molto spesso questo avviene attraverso il far loro sperimentare altri punti di vista, inizialmente chiedendo loro cosa sanno del progetto e cosa si aspettano da questo, e facendo esercizi in cui cambia la loro percezione dello spazio dellaula e della loro capacit di gestire un compito. Il focus mantenuto sullattivazione di situazioni di gioco e debriefing di gruppo in cui i ragazzi possano fare esperienza diretta delle loro abilit, competenze, e anche di loro punti deboli e in cui possano prendere consapevolezza di ci e rafforzare lauto-stima e la costruzione della loro personalit.

Lesperienza in classe: la III F Nonostante io svolgessi laboratori in tre distinte classi, mi soffermer sullesperienza in III F, perch stata la classe in cui ho potuto maggiormente osservare un processo di cambiamento, (nonostante non manifestasse apparenti problematiche), e perch le modalit partecipative dellinsegnante di riferimento e le sue domande hanno facilitato in me delle riflessioni anche sul mio modo di agire. La classe, dalla sintetica scheda/griglia compilata dalle due insegnanti (una di scienze e matematica, laltra di italiano) risulta essere cos (riporto fedelmente la descrizione delle insegnanti): 25 alunni, di cui 10 femmine e 15 maschi; 2 ragazzi stranieri (una ragazza cinese ben integrata nella classe ed un ragazzo venezuelano con una situazione familiare complicata, bocciato e non integrato); Classe molto partecipativa, sono disponibili ma hanno poca attitudine allascolto e spesso non rispettano le regole della comunicazione. Hanno poco contenimento, spinti da questa voglia di parlare. Hanno interesse ma poca organizzazione. Si frequentano molto anche fuori da scuola. Non ci sono grandi conflitti. C divisione tra maschi e femmine. Sentono molto lautorit. 13

Sono critici nei confronti degli adulti. A volte cercano contatto fisico con i docenti, per questa loro partecipativit. Skills su cui lavorare: Comunicazione efficace, problem solving e decision making. Spazio classe: piuttosto ristretto, ma a disposizione delle attivit c anche la palestra e il laboratorio di scienze. Dalle brevi note di questa scheda si legge subito un clima di classe improntato su una forte emotivit, dalla voglia di partecipare che sembra una necessit impellente, ( guardami, ci sono!) troppo impellente per riuscire ad ascoltare gli altri o per trovare una condivisione dei tempi. Sembrano mancare loro degli strumenti di gestione/ auto-gestione supportati da una rassicurazione da parte degli adulti, sul fatto che tutti avranno il loro tempo e che tutti saranno ascoltati, sembra non esserci questo tipo di sicurezza. Questa ricerca di contatto fisico con gli insegnanti sembra un duplice segnale: se da una parte mostra una serie di permessi dati dagli adulti alla vicinanza e di nonimbarazzo del contatto fisico, dallaltro ribadisce la loro necessit di essere visti e ascoltati, e forse contenuti. Non manifestano apparenti conflitti, la divisione maschi/femmine vissuta dagli insegnanti come passaggio naturale dellet adolescenziale e a ci non viene dato peso.

1 incontro La classe appare subito molto vivace, curiosa e comunicativa: questo tratto si percepisce appena vi mettiamo piede, c un clima caldo e accogliente e molti occhi che non ci perdono di vista. Iniziamo con tecniche di teatralizzazione libera per saggiare le conoscenze e le dinamiche del gruppo. Chiediamo loro se sanno chi siamo noi e che cosa faremo insieme. Dicono che siamo della Asl, le ostetriche (che chiamano estetriche provocando la nostra ilarit) e finalmente, dopo vari tentativi riescono a inquadrare il nostro ruolo di educatrici. La professoressa di matematica e scienze, che li aveva brevemente informati nei giorni precedenti, li guarda sorridendo e interagendo scherzosamente alle loro affermazioni. E molto giovane (39-40 anni) e molto aperta, aveva seguito il laboratorio di Life Skills anche lo scorso anno. I ragazzi spesso la chiamano per nome. Introduciamo il motivo della nostra presenza, esplicitiamo il nostro compito: siamo l per sperimentare le Life Skills con loro: facciamo indovinare loro cosa posano essere queste life skills, ed un po con memorie della lingua Inglese, un po con reminescenze da video-games, riusciamo a capire insieme cosa possano essere. Chiediamo loro per scherzo se hanno studiato la nostra materia, dicendo loro che avevamo mandato loro un libro da studiare. Subito incolpano la professoressa. Continuiamo in modo provocatorio per vedere la loro reazione: ci spalleggiamo nel far loro comporre 14

un'astrusa composizione geometrica che tutti eseguono con difficolt e a cui poi Sara, una delle educatrici, trova significato filosofico. Ci burliamo di loro e loro un po' fanno finta di crederci ma un po' ci credono davvero. La cosa buffa che una ragazzina ripete perfettamente lassurdo significato filosofico che Sara ha attribuito scherzosamente a quel guazzabuglio geometrico. Siamo strabiliate dal livello massimo di attenzione che i ragazzi hanno riservato a questa esercitazione fuori dalle righe. Probabilmente la curiosit in questo momento una molla enorme per lapprendimento. In qualcuno c un forte senso di adattamento in questo compito, che non capisce ma che esegue. In questo non sfiorato dallidea che possa essere una sorta di scherzoso test, ma si ostina nella composizione geometrica. Capiamo che dobbiamo continuare in questo senso per smobilitare alcuni schemi di apprendimento tradizionali e di rigidit di struttura personale che permangono. Giochiamo ancora sul termine Life Skills e stabiliamo che ogni qualvolta venga pronunciata OMS si batte le mani in segno di rispetto, cosa che ai ragazzi fa ridere da morire e non perdono occasione per applaudire simpaticamente. Proponiamo loro un gioco sullattenzione che ci serve a sconvolgere ancor pi i loro punti di vista: diamo loro dei comandi velocissimi (sopra al banco, sotto al banco, un piede sulla sedia, ecc) che devono eseguire e che li fa sorridere ed emozionarsi perch sembra loro strano trovarsi seduti sul banco e vedere la classe da unaltra prospettiva. Il discorso verte molto sulla comunicazione efficace e i loro interventi sovrapposti portano alla luce e svelano i giochi distorti nella comunicazione che loro attuano e a cui diamo insieme un nome: rimbalzino. Ne parliamo mentre ci accade: sorridono quando capiscono come stanno funzionando e questo nostro portare a galla una loro caratteristica comunicativa li fa sentire bene, almeno da ci che si pu leggere dalle loro facce! Chiediamo loro di creare lo spazio pi vasto possibile in classe spostando sedie e banchi in modo silenzioso e funzionale in 2 minuti: al termine la classe appare un luogo diverso. Iniziamo i giochi: ORDINARSI PER: gioco che pone attenzione sul linguaggio non-verbale. Sedie in cerchio, i ragazzi, linsegnante e due educatrici in piedi sulle sedie. La terza conduttrice d un comando (es. ordinarsi per iniziale del nome, per mese di nascita, ecc ). Trovando una strategia silenziosa i partecipanti si ordinano a seconda del comando scambiandosi i posti sulle sedie (c quindi una duplice attenzione, anche al contatto fisico!). In ordinarsi per.. le cose funzionano abbastanza bene: riescono a trovare strategie pur rimanendo in silenzio e a rifletterci in fase debriefing. Riescono a comunicare tramite lalfabeto muto e i gesti.

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TAPPINI: gioco che sposta tutta lattenzione sul contatto fisico e sulla capacit di gestire le emozioni e l imbarazzo. Chi conduce sta esterno al gruppo che si posiziona in cerchio seduto sulle sedie. Il conduttore assegna ai giocatori i colori che corrispondono ai pennarelli, alternandoli (es. rosso, giallo, verde, rosso). A questo punto ogni giocatore si identifica per un colore. Le fasi del gioco sono le seguenti: 1. Chi conduce estrae, tenendoli dietro la schiena, un colore e lo dice al gruppo; 2. I giocatori che hanno quel colore scaleranno di un posto alla loro destra. Se il posto accanto a loro libero si metteranno a sedere sulla sedia vuota, mentre se occupato si siederanno sulle gambe di chi occupa quel posto. A questo punto si prosegue con lestrazione dei colori, tenendo presente che non ci si pu spostare se si hanno giocatori sulle gambe. Lobiettivo di ogni singolo giocatore quello di tornare al proprio posto di partenza il prima possibile. Il gioco finisce quando il primo giocatore ritorna al suo posto, seduto sulla sedia e non sulle gambe di un altro giocatore.

Lo proponiamo per saggiare ulteriori skills, meno legate al problem solving ma centrate sullautoconsapevolezza e sulla gestione delle emozioni. I ragazzi dimostrano di non temere il contatto fisico e questo li emoziona positivamente e crea lievi imbarazzi (rossori) in alcuni. Ma la maggior parte chiede di ripetere il gioco! In effetti si conoscono gi da tre anni anche se abbiamo visto che il fattore tempo non da solo capace di spiegare laccettazione e/o piacere del contatto fisico. In unaltra classe (seconda) avevamo avuto due ragazze molto spaventate dal contatto ravvicinato con gli altri. In fase di debriefing quasi tutti dimostrano il piacere di aver giocato e ammettono di aver provato emozioni (qualcuno arrossisce, qualcuno scherza sul peso dei compagni) e facciamo loro notare che anche questo un modo per dirci qualcosa, che parlare daltro, spostare il problema da quello che ho sentito passando a un livello superficiale di scherzo, spesso significa aver incontrato emozioni di cui al momento facciamo fatica a parlare. Proponiamo un ultimo gioco, VIRUS: gioco per verificare il loro livello di scambio e la loro capacit di trovare soluzioni rapide ad un problema.

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Tutti i giocatori sono seduti in cerchio sulle sedie. Il gioco consiste nelle seguenti fasi: 1. Il conduttore individua una persona che ha il virus 2. La persona individuata ha come obiettivo quello di infettare il maggior numero di giocatori possibili 3. Per infettare basta sedersi vicino a due persone che non sono infette, il virus infetta automaticamente chi si siede alla sua destra e alla sua sinistra nel cerchio. 4. Chi conduce dar il via e consentir ai giocatori di muoversi nello spazio allinterno delle sedie, allo stop tutti i giocatori dovranno sedersi e chi vicino al virus diventa a sua volta un virus. Chi conduce dovr stabilire un numero di turni per poter decretare chi ha vinto, se i virus o chi rimasto sano. In fase di debriefing i ragazzi, facilitati dalle nostre domande, spiegano le varie tattiche che hanno trovato per non essere contagiati dal virus, riflettono su come hanno agito e sul perch e questo accende in sui loro volti una luce di auto-stima, non solo per la prova superata! Linsegnante partecipa a tutti i giochi, e molti dei ragazzi la chiamano per nome dandole del tu. G. seguiva gli incontri di Life Skills anche lo scorso anno e appare una degli insegnanti pi motivati e pi coinvolti. Nei prossimi incontri continueremo a lavorare su questi temi e a concentrarci sul problem solving per capire come portare a galla percorsi di decisione e risoluzione problemi/prove. Personalmente esco dallincontro molto soddisfatta.

2 incontro I ragazzi ci aspettavano! Buonissima accoglienza, molto naturale ed amichevole. Dopo esserci burlate ancora di loro e ripetuto gli sketch della scorsa volta (come per un rito), li portiamo in aula di scienze dove lavoriamo quasi totalmente sul Problem solving e sul decision making proponendo loro tre giochi di cooperazione Oggi c' un clima molto pi scomposto, forse c' pi emozione e pi aspettative, forse il pomeriggio e sono stanchi, forse il cambiamento di set. Quando lo chiediamo danno varie risposte. Sia verbalmente, sia poi anche nei giochi non riescono a trovare uno stile comunicativo efficace, la voce sempre altissima, urlano per comunicare, e c maggior difficolt a trovare modalit condivise. Proponiamo il primo gioco: 17

COME SMANTELLARE UNA CENTRALE ATOMICA: Gioco cooperativo di team-building. Serve a fare prendere una decisione che porti ad unazione in un tempo brevissimo (quindi sotto stress!). Si delimitano due rettangoli (1 campo per ogni squadra): ognuno di essi l'area della centrale nucleare. Al suo interno una bacinella piena di palline (atomi) Ogni squadra avr il compito di smantellare la centrale nucleare in pochissimi minuti,...ma,..attenzione: i giocatori non potranno entrare nell'area delimitata e dovranno togliere uno ad uno gli atomi dalla bacinella centrale senza farli cadere nell'area,..o tutto esploder (1 minuto di penalit). Le palline dovranno esser depositate in una bacinella al di fuori dell'area radioattiva. Per portare via dall'area atomica gli atomi i giocatori avranno corde, 1 secchio e bastoni e dovranno trovare strategie. Ad inizio gioco avranno 2 minuti per parlare ma poi dovranno agire in assoluto silenzio. Vince la squadra che riesce a superare la prova nel minor tempo. Premio anche alla creativit e cooperazione. Nel primo gioco la squadra A mostra di aver trovato nei due minuti a disposizione una strategia condivisa, l'altra squadra non riuscita ad usufruire del tempo per trovare condivisione e stategie ma termina la prova ugualmente e con spunti creativi. In fase di de briefing viene poi sottolineato dai componenti della squadra A come ci sia stato un leader che ha guidato e gli altri che hanno eseguito, senza aver pienamente condiviso idealmente la strategia. DA A a B: Gioco per verificare la capacit del gruppo di prendere una decisione coinvolgendo tutti i membri. Stimola la creativit. Il conduttore sottopone ai giocatori, divisi in due squadre, il seguente problema da risolvere, dando un tempo brevissimo (1/2 minuti): Realizzate, utilizzando i vostri corpi, un animale che cammini soltanto con le vostre ginocchia, (o ad esempio con altra parte del corpo). Una volta scaduto il tempo, questo animale, composto da tutti i giocatori si dovr spostare da un punto A ad un punto B nella stanza In questo gioco la squadra A, gi vincitrice del primo, riesce a trovare una soluzione vincente e riesce a darsi delle norme dettate da un leader (J.) anche in fase di attuazione ed accettate (Velocit nello spostamento tutti uniti, ritmo, ecc.) e grazie alla creativit di una ragazza del gruppo (C). 18

In fase di debriefing c lamarezza della squadra B che incolpa dellinsuccesso alcuni componenti che non si impegnano abbastanza. Emergono, oltre ai due leader positivi poco prima citati, nella squadra A, anche un leader negativo della squadra B. I ragazzi esprimono verso A. del malumore per la sua inerzia e lui ridacchia. Dicono che il suo non far niente gli serve per mettersi in mostra! Prendiamo questa definizione per com, aspettando le prossime evoluzioni per verificarla. In realt, come la professoressa ci confermer a fine intervento, A. sta vivendo un periodo complicato in famiglia, in cui davvero avrebbe bisogno di spazio di espressione (genitori separati da due anni, abita con il padre e con la sorella minore e la compagna del padre, ha appena avuto un figlio, un nuovo fratellino per lui). Proponiamo il terzo e ultimo gioco, stavolta considerando il gruppo classe come gruppo unico per smorzare lagonismo e lavorare sulla capacit di cooperazione e supporto tra i ragazzi. CORDA LASER: Gioco in cui si verifica la compattezza del gruppo e la creativit con cui risolvere un problema. I conduttori tengono in tirare una corda e fanno da arbitri per far s che vengano rispettate le regole. Danno al gruppo questo mandato: Tenendovi per mano e senza mai lasciarvi, passate da una aperte allaltra della corda senza toccarla; per trovare la soluzione migliore potete fare massimo 5 tentativi. Dopo vari tentativi dei singoli pi intraprendenti, avviene l'insight, l'intuizione di potersi aiutare e sorreggere, e goffamente ma orgogliosamente la prova riesce! Anche qui c' una guida dei due leaders che guidano e dirigono le operazioni. Uscendo da questo incontro, lobiettivo che ci proponiamo per i prossimi quello di facilitare la condivisione e i processi decisionali con attenzione ad un ruolo pi attivo di tutti i partecipanti continuando su problem solving e comunicazione. Esco da questo incontro con una sensazione di fatica. I ragazzi non sono molto abituati a collaborare e forse tra loro non c neppure una reale conoscenza. Nel prossimo incontro vogliamo testare questa ipotesi.

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3 incontro Anche stavolta, al nostro arrivo, i ragazzi sono festosi ed emozionati e ce lo dimostrano con una sorta di curiosit per ogni singolo nostro particolare (Cosa c in quel borsone? Ti sei tagliata i capelli!, ecc.). Dimostrano una grande attenzione! Chiediamo come sempre ai ragazzi come stanno e sembrano abbastanza sereni. Riprendendo le intuizioni dello scorso incontro, chiediamo loro quanti compagni possono dire di conoscere molto bene: la maggioranza non ne conosce bene pi di 5, qualcuno dice quasi tutti. Dopo tre anni insieme, conoscere una media di 5 compagni, non un granch. Anticipiamo loro che nella seconda ora, quando avremo a disposizione laula di scienze, faremo un gioco apposito. Gi si creano aspettative e curiosit. Intanto chiediamo loro di eseguire la classica prova: spostare banchi e sedie in modo silenzioso, in modo da avere nel centro della stanza pi spazio libero possibile. Ogni volta questo compito viene assolto in modo pi silenzioso ed organizzato. Proponiamo un gioco di attenzione: IL MAFIOSO: un gioco che focalizza lattenzione sul linguaggio non verbale. Si sceglie 1 boss e si porta fuori dalla stanza; sta venendo in citt a reclutare dei picciotti ma sa che in mezzo a loro ci saranno anche poliziotti infiltrati; sa che riconoscer i suoi attraverso un gesto convenzionale che durante lincontro sar ripetuto. Non sa qual questo gesto. Durante il colloquio dovr stare molto attento o rischier di reclutare anche dei poliziotti spia. La squadra dei picciotti, senza farsi vedere e sentire dallaltra squadra, deve decidere un gesto convenzionale, da fare poi in presenza del boss per farsi riconoscere. Si uniscono Picciotti e poliziotti infiltrati. I poliziotti non conoscono il gesto convenzionale per essere reclutati dal Boss, ma dovranno essere lesti a capirlo ed imitarlo se vogliono infiltrarsi nellorganizzazione mafiosa. Sono tutti in cerchio in silenzio. Il Boss si mette al centro e pu fare 5 domande a chi vuole, gli altri devono tacere. Alla fine deve scegliere 10 uomini. I conduttori gli diranno quanti picciotti e quanti invece poliziotti ha reclutato. Sia il Boss, sia i poliziotti devono essere molto attenti e molto discreti.

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Il gioco molto divertente, il Boss un ragazzo molto vispo e capisce quasi immediatamente il gesto convenzionale. Pian piano anche i poliziotti iniziano a capire il gesto e ad usarlo. Alla fine il Boss avr scelto 7 picciotti ma anche 3 poliziotti. Proponiamo un secondo gioco: PUZZLE UMANO: gioco che serve a sviluppare attenzione verso lo spazio, il proprio corpo e gli altri. Team-building. Mettiamo sul pavimento un grande foglio di carta da pacchi, con un grande rettangolo disegnato sopra. Quella la cornice del puzzle, i loro corpi sono le tessere. Devono riuscire a coprire il bianco del foglio unendo i loro corpi in modo da entrare tutti allinterno della cornice. Hanno tre possibilit della durata di un minuto ciascuna. Il gioco molto buffo perch li costringe a sdraiarsi e piegarsi in modi molto strani e questo li fa sorridere ma non perdono comunque lobiettivo del gioco. Anche la Professoressa G. gioca con loro e si mescola anche fisicamente con loro senza imbarazzi. In fase di de briefing dicono che limbarazzo che potevano provare accanto a qualcuno, in questo gioco era molto secondario perch cera da raggiungere uno scopo comune, quindi anche i pi timidi hanno gestito limbarazzo. Intanto laula di Scienze si liberata. Diamo loro 5 minuti per darsi una organizzazione comune per uscire dalla classe e raggiungere in modo sicuro e silenzioso lAula di Scienze (Regola delle 3 R: Rispetto per me e per la mia sicurezza, rispetto per gli altri e la loro sicurezza, rispetto per le cose e lambiente). Si mettono in fila per due e durante il tragitto comunicano tra loro con gesti. In Aula di Scienze proponiamo un altro gioco : SONO UNICO PERCHE: Gioco che costringe a riflettere sulle proprie competenze. Sviluppa lautoconsapevolezza e favorisce la conoscenza degli altri anche da punti di vista diversi e creativi. Seduti in cerchio per terra. Ognuno a turno deve dire Sono unico perch trovando un reale motivo per cui lui unico. (perch sa fischiettare un a canzone, perch ha 3 fratelli, ecc.). Scopo del gioco trovare una sua vera caratteristica, non comune ad altri, perch se tale caratteristica propria anche di altri, questi devono alzarsi e sederglisi sopra. 21

Ci costringe a riflettere davvero su quello che siamo, su ci che abbiamo e su quello che sappiamo fare e che ci distingue dagli altri. Inizialmente i ragazzi fanno fatica a pensare qualcosa di originale, preferiscono basarsi su quello che hanno o che visibile (scarpe rosse, calzini neri, un fratello). Pian piano per le caratteristiche si fanno pi personali e quasi intime.Io sono unico perch a ricreazione preferisco stare in classe da solo dice A., il ragazzo che nello scorso incontro era stato accusato dai compagni di non impegnarsi per ottenere attenzione. Una ragazza istintivamente gli chiede perch e lui risponde che ha paura di non sapere cosa dire. Il momento molto delicato. Due compagni e la ragazza lo supportano molto dicendo che anche a loro succede ma che non che deve dire per forza qualcosa. Gli dicono che un momento per stare insieme, non importa dire o non dire. Sono stupiti ma contenti perch loro pensavano che lui stesse da solo perch non aveva simpatia per loro! Gli dicono che sono felicemente stupiti perch allora lidea che loro si erano fatti era sbagliata. Anche A. sorride e sembra molto sollevato e leggero adesso. Non tutti riescono a esprimere la loro unicit perch il tempo scarseggia. La Professoressa di Italiano si offre per far continuare loro questo processo per scritto in un compito per casa.

4 incontro Si nota subito, appena arrivate, che in classe c' molto fermento. Non stanno zitti un attimo. Aspettiamo a partire con l'intervento osservando quanto tempo ci mettono a smettere di parlare tra loro, e l'atmosfera, che si sente brulicante di energie, non accenna a smorzarsi. Iniziamo chiedendo loro se questo bruso deriva da una scritta alla lavagna che parla di tube di Falloppio e ammettono di si, argomento spiegato la mattina stessa dall insegnante di Scienze. Facciamo loro delle domande per testare le loro conoscenze: ancora non capiscono bene cosa sono le tube n sanno chi questo Falloppio, ma sono eccitati dall'argomento e ridacchiano. Prendiamo la palla al balzo e iniziamo una serie di doppi sensi sul bisogno o meno di avercelo grosso (lo spazio per i giochi), e i ragazzi ridono e stanno al gioco rilassandosi pian piano. La 3 F pi sessualizzata di quello che pensavamo e anche la professoressa G. pi tardi ci conferma questo fatto: un risveglio ormonale avvenuto molto improvvisamente, prima che lei spiegasse lapparato riproduttivo. Sara propone subito ai ragazzi unattivazione per sbloccarli: d loro dei comandi rapidissimi (sopra ai banchi, sotto ai banchi, in piedi, seduti) che riportano lattenzione e una maggiore concentrazione. Proponiamo il primo gioco 22

ORDINARSI PER: per far si che i partecipanti si conoscano e sviluppino attenzione e modalit di comunicazioni alternative a quella verbale. Le sedie sono in cerchio. I partecipanti ognuno in piedi sulla propria sedia Il conduttore pu chiedere loro di ordinarsi, in assoluto silenzio, scambiandosi di posto sulle sedie, a seconda del numero di scarpe, dal pi grande al pi piccolo lontananza della propria abitazione da scuola mese di nascita Una volta che i giocatori si sono ordinati si passa a fare una verifica chiedendo a ognuno di parlare. Il gioco sembra funzionare, riescono a scambiarsi di posto trovando insieme strategie comunicative non verbali. In fase di debriefing dicono che questo gioco sembrerebbe impossibile e invece hanno trovato delle soluzioni con i gesti, gli sguardi, lalfabeto muto. A loro piace molto lidea dello stare in piedi sulle sedie, perch solitamente una cosa considerata pericolosa, che a scuola non si pu fare. Qualcuno ha provato limpaccio di doversi scambiare strettamente sulla stessa sedia e limbarazzo di trovarsi in contatto stretto col corpo di qualche compagno. Apriamo la riflessione su cosa li imbarazza: tutti dichiarano che trovarsi a stretto contatto fisico con il loro migliore amico non li imbarazza, molti sono imbarazzati dal contatto con persone che hanno conosciuto in modo minore anche da un punto di vista verbale, e soprattutto se di sesso diverso. Chiediamo loro come si sono comportati durante il gioco ogni volta che per questo motivo si sentivano imbarazzati (hanno sghignazzato, sono arrossiti, hanno avuto caldo, cercavano di rimanere seri, cercavano di fare i buffoni,). Anche durante la discussione non facile avere risposte definite, anche qui c imbarazzo ( imbarazzante anche parlare dellimbarazzo)! Proponiamo un secondo gioco: LE MACCHININE: Il gioco ha come scopo il far provare unesperienza che priva il giocatore di un senso molto importante: la vista. A questo si aggiunge in fatto che si guidati da un compagno che dar la direzione solo con la pressione delle mani senza poter parlare. E importante far capire ai giocatori limportanza e la seriet di questa esperienza. I giocatori si dividono a coppie. Allinterno di esse uno dei giocatori sar la macchinina e uno il conducente. Chi far la macchinina si posizioner di fronte al conducente e terr per tutta la durata del gioco gli occhi chiusi. Il conducente dovr guidare laltro giocatore facendolo muovere nello spazio, senza per poter parlare. Allo stop si invertono i ruoli. 23

Chiediamo, se a loro va, di scegliere un compagno con cui hanno meno intimit per fare questo gioco. Qualcuno accetta, qualcuno no. Mettiamo della musica in sottofondo. Durante il gioco non tutti si rilassano ma qualcuno ne approfitta per scherzare e ridere e non coglie limportanza dellesperienza. La campanella interrompe il gioco. Non c tempo per il debriefing perch i pulmini gi incalzano! Estato faticoso ma si sono aperti molti fronti.

5 incontro Arriviamo e i ragazzi sono molto diversi dall'ultima volta. Il tema ormonale sembra svanito e appaiono un po preoccupati e seri: dichiarano che hanno bisogno del nostro aiuto per un problema che si trovano a gestire e che hanno provato ad affrontare con pochi risultati. Tra una settimana andranno in gita e dormiranno una notte in albergo: il problema riguarda la divisione dei ragazzi nelle varie camere. Sono state prenotate 1 doppia, 3 triple, 1 quadrupla e 2 da 5. Dopo aver provato ad affrontare la questione con tutto il gruppo classe, scegliamo di dividere il gruppo maschi dal gruppo femmine perch si evidenzia una differenza di situazione e quindi anche una differenza nel trattare la questione. Le femmine prenderanno le due camere da 5 ma il problema sembra essere T., ragazza bocciata lo scorso anno. Tacitamente vorrebbero una camera senza di lei. P.facilita il gruppo delle ragazze. Io e S.ci occupiamo del gruppo dei ragazzi. Loro (soprattutto J. , uno dei leader) ci spiegano sommariamente e il problema sembra derivare dal fatto che nessuno vuole dormire nella quadrupla. Capiamo che il problema un altro ma li assecondiamo e chiediamo loro come intendono risolvere questo empasse. Trovano una soluzione condivisa: affidarsi al caso (conto) sembrano sollevati di aver trovato una soluzione: cos arrivano a comporre la temuta camera da 4. Nessuno protesta per gli esiti ma non sembrano molto contenti. Accettano il verdetto ma hanno voglia di parlarne. Hanno le facce serie. Chiediamo loro se sono soddisfatti, se questa una soluzione reale per loro. Non sanno cosa rispondere ma non si sentono completamente contenti. Chiediamo che facciano attenzione alle loro pance: c' serenit o senso di pesantezza? Molti sentono un fastidio allo stomaco. Spieghiamo loro che i segnali del corpo dicono molto e di imparare ad ascoltarli.

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Quindi, finora si aggirato un problema o si affrontato e risolto? In molti capiscono e in questo piccolo step di autoconsapevolezza chiediamo loro di far chiarezza sul problema, per poterlo affrontare insieme. Viene fuori molto imbarazzo, qualcuno fa battute infantili (T.), qualcuno cambia discorso, ma li riportiamo a quello che loro chiamano problema, chiedendo di dare a questo un nome e non di evitarlo. Alla fine grazie ai contributi dei due leader J. e D., emerge la vera questione: nessuno vuol dormire con N. il ragazzo straniero. Emerge anche il motivo: perch non lo conosciamo. Molti avrebbero accettato di dormirci per evitare di parlare del problema (vedi la loro prima soluzione). Dicono che parlare del problema era imbarazzante per loro e ancora di pi poteva esserlo per N. Anche N. parla e dice che a lui va bene dormire con loro, non importa molto con chi. Chiediamo loro quante informazioni sanno riguardo a N. e loro iniziano. Invitiamo N. a correggere o aggiungere informazioni su di s e sul suo paese di origine. Loro lo guardano parlare come se questo atto avvenisse per la prima volta. Sono molto colpiti e incuriositi e iniziano a parlarci. Alla fine chiediamo loro se una settimana di tempo basta per conoscersi un po meglio: Hanno tempo una settimana! E il problema potrebbe tramutarsi nell'opportunit di scoprire un compagno e di scoprire qualcosa in pi di se stessi e degli altri Nel feedback finale dei ragazzi ci sono molte battute spiritose riguardo alle loro panceche adesso si sentono rilassate!. Mentre intanto anche il gruppo delle ragazze sta arrivando ad una soluzione emotivamente condivisa, coi ragazzi approfitto per terminare lincontro con un giochino di logica e per scherzare un po con loro. Mi accorgo che mi sto rilassando e mi accorgo che D., uno dei leader e altri, vogliono starmi seduti accanto e parlare e scherzare con me, anche quando cambio posto. Il loro atteggiamento molto gratificante ma mi chiedo allora quanto il mio cambiamento di atteggiamento (scherzo, uso il loro linguaggio, mi rilasso, rido, li guardo uno ad uno) abbia facilitato il loro. A mente fredda rifletto sulle mie modalit comunicative e sulla mia gestione della leadership con i giovani (c una seduttivit nel parlare il loro linguaggio). Somiglio alla loro professoressa G.?

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Valutazioni finali La valutazione collettiva tra insegnanti educatori e referente del progetto asl si svolta in un intera giornata. Per dare significato allincontro e, per ottimizzare il tempo a disposizione, la giornata stata suddivisa in varie fasi per una valutazione, restituzione e condivisione degli obiettivi, atta a favorire al meglio la raccolta dei punti di forza e di debolezza del progetto in esame.

La parte iniziale del programma di valutazione ha dato modo di dedicarsi alla rilettura del percorso formativo, alle riflessioni, e al confronto aperto tra i componenti del gruppo. Nel confronto aperto emerso da pi parti, linteresse di questa formazione, poich, lopportunit di potersi osservare da pi angolature, stato determinante per lacquisizione di strumenti da giocare allinterno della relazione gruppo classe e individualmente. Infatti, la ristrutturazione dello schema di ruolo percepito (dagli insegnanti) rigido, indissolubile ed indispensabile per svolgere funzioni didattiche educative allinterno dellistituzione, ha migliorato la qualit della relazione gruppo classe ed interpersonale. Una maggior vicinanza tra insegnanti e studenti e il gruppo classe, ha fatto nascere un modo nuovo (maggior sintonia) per affrontare meglio, allinterno della classe, disagi tra maschi e femmine, tra alunni e docenti. La ristrutturazione di alcuni schemi cognitivi (attraverso il gioco) , ha indotto, inoltre, linizio di alcune riflessioni sul proprio modo di essere, favorendone un lavoro individuale interno. C la necessit di condividere ed allargare al consiglio di classe questa nuova metodica per applicare al meglio le tecniche acquisite. Pertanto, viva lintenzione da parte di chi ha effettuato questa esperienza, di allargare il raggio dazione facendo leva sulla motivazione dei colleghi. Rispetto al coinvolgimento, alcuni docenti hanno espresso la necessit di rendere partecipi, oltre ai colleghi e gli studenti, anche i familiari. Lo scopo di veicolare linformazione e la restituzione dei risultati favorendone la continuit, tra scuola e famiglia. Nonostante questo percorso sia percepito da gran parte dei docenti, come un cammino faticoso e doloroso, comunque, considerato molto stimolante e coinvolgente. CRITICITA : Questa formazione ha contribuito alla scissione del gruppo dei docenti. Coloro i quali hanno partecipato al percorso formativo, si sono dovuti imbattere con quel malessere legato alla difficile divulgazione e applicazione a pieno regime di una nuova metodologia didattica. La mancanza di tempo a disposizione per gli insegnanti a partecipare a tutto il percorso dei laboratori con gli alunni, va ad incidere sulla continuit. Laltro aspetto vissuto come critico dato dalla difficolt a coinvolgere emotivamente i colleghi al di fuori del progetto nelladottare nuovi strumenti didattici. 26

La seconda parte della valutazione si concentrata sul lavoro di gruppo suddiviso per classi omogenee relativamente a questi argomenti: 1 Cosa stato osservato durante il percorso 2 - a cosa servito il corso formativo 3 E considerato un percorso fattibile per continuare a lavorare su una sessualit sana e consapevole? I vari sottogruppi hanno sviluppato 5 aspetti positivi e 5 criticit da utilizzare per la successiva discussione collegiale Per brevit e coerenza riporter solo le valutazione sulle classi terze. Classi terze: Che cosa stato osservato Gli alunni riescono meglio a fare delle scelte, a parlare, a stare in silenzio ed ascoltare Si favorita la comunicazione attraverso il confronto fisico I ragazzi hanno avuto lopportunit di essere se stessi senza subire il giudizio degli altri Gli insegnanti che hanno partecipato al progetto, sono il motore del cambiamento. Criticit Sembra difficile far passare le competenze acquisite allinterno della scuola, nella quotidianit esterna. Il percorso genera forte imbarazzo Rispetto alla tempistica, il percorso iniziato troppo tardi con durata breve. Ladesione di pochi insegnanti limitante nellapplicazione della metodologia. Il progetto percepito come diviso dalla didattica. A cosa servito A conoscere le persone in maniera pi completa e profonda Ha favorito il confronto tra le persone in maniera libera Rottura di schemi/ sovrastrutture Maggior duttilit delle persone Maggior capacit di focalizzare gli obiettivi e trovare pi strade per raggiungerli Criticit I momenti di confronto non sono stati sufficienti Insufficienti risorse (pochi docenti coinvolti) Mancato coinvolgimento dei familiari E considerato un percorso fattibile per continuare a lavorare su una sessualit sana e consapevole? 27

E formativo per gli studenti e traccia percorsi interessanti Senza lo sviluppo affettivo non si pu parlare della tecnica (sesso) E un percorso che deve essere, comunque, calibrato sulla classe coinvolta Questo percorso utile perch aiuta a sviluppare meglio il senso di responsabilit che permette, poi di proseguire la trattazione di certi argomenti anche imbarazzanti.

Criticit Sarebbe utile pi disponibilit di tempo da dedicare alle life skills con tempi pi elastici Occorre maggior confronto tra insegnanti alunni asl educatori.

Lindividuazione di incontri sistematici di confronto in itinere tra colleghi pu garantire la crescita individuale, di gruppo e del metodo. Un maggior confronto pu essere di aiuto anche per individuare e rispondere meglio ai bisogni degli alunni. Condividere i bisogni con gli studenti e renderli consapevoli su come il percorso tende al cambiamento e alla crescita individuale, pu dare maggiori risultati in termini di partecipazione attiva. Convogliare i vari progetti scolastici allinterno di un unica linea metodologica (life skills) pu essere incisivo in risorse economiche e in qualit formativa. Per una maggior integrazione e sostegno economico al nuovo modello didattico stata presa in considerazione la promozione del progetto a livello di collegi di istituti enti locali provincia regione ministero per fondi europei. Gli altri elementi emersi sono relativi alla necessit di costituire la rete tra scuola famiglie istituzioni (comuni, asl, provincia). Riguardo alle famiglie, importante creare occasioni di coinvolgimento attraverso incontri di informazione atti a dare vita ad un continuum tra progetto scuola famiglia. Infine, la formazione, la condivisione e la consapevolezza dei risultati, permettono di rispondere al meglio alle esigenze dei ragazzi che va ad incidere sul benessere psicofisico. La Asl ha somministrato, a fine progetto, un questionario agli insegnanti coinvolti nel progetto: questi sono i risultati: Valutazione individuale DI 26 INSEGNANTI SU 36 SESSO ETA MEDIA MEDIA ANNI DI INSEGNAMENTO M 15,4% F 84,6% 44,4 16 28

VALUTAZIONE DELLESPERIENZA FORMATIVA GENERALE (PROGETTO) VALUTAZIONE SULLA FORMAZIONE VALUTAZIONE SULLO SVOLGIMENTO DEI LABORATORI VALUTAZIONE DEGLI INCONTRI SULLA SESSUALITA/AFFETTIVITA OPPORTUNITA DI APPRENDIMENTO DI TECNICHE QUANTO RITIENE DI AVER APPRESO CAPACITA DI APPLICARE LE TECNICHE APPRESE CAPACITA DI RIPETERE LESPERIENZA DA SOLI IN COLLAB. ESPERIENZA GRADITA

8,5 7,6 8,5 7,9 SI 96% 6,9 6,7 SI 50% SI 100%

Riguardo ai ragazzi, molte sono state le attestazioni di gradimento e fiducia durante gli incontri, testimoniati anche dagli insegnanti durante il loro lavoro didattico. Il questionario, che la scuola sottopone ai ragazzi sul gradimento e lutilit dei progetti allinterno della stessa Scuola (6), ha rivelato votazioni altissime per il progetto Life Skills: in una scala da 1 a 10, il progetto ha avuto quasi tutti 10, con punte minime di 8.

Il mio percorso. Tra paura e slancio fino all autoconsapevolezza Lavventura Life Skills nasce dallofferta di collaborazione che lAssociazione 1 rivolge allAssociazione 2. LAssociazione 2 entra nel progetto nel suo secondo anno di svolgimento, conoscendo quindi quello che stato il lavoro e lesperienza dello scorso anno dai racconti degli Operatori di Associazione 2. Vengono fatti alcuni incontri per fare incontrare le due equipes (6 persone gli operatori di Associazione 1, 4 quelli di Associazione 2) e far s che nel progetto diventino una sola squadra. Con Associazione 1, che come noi lavora con i giovani, seppure in contesti diversi (nella scuola in massima parte) perseguiamo gli stessi obiettivi (lautonomia dei giovani, lacquisizione di competenze relazionali, ecc.).. Il metodo utilizzato in questo progetto si basa su un modello molto aperto, su un patrimonio di giochi scritti, a cui Associazione 2 pu far riferimento aggiungendone di propri, da mettere in pratica nelle varie classi a seconda delle competenze da sviluppare. Si basa quasi esclusivamente sulla lettura immediata del clima della classe e sulla improvvisazione di attivit varie, dialogo, giochi, attivazioni, che vengono comunque chiuse con una riflessione su quanto agito (de briefing).

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Questo metodo per noi (Associazione 2) nuovo: solitamente noi lavoriamo in contesti extra scolastici e seguiamo un programma pi disteso nel tempo e non nelle due ore. Solitamente abbiamo un programma molto preciso pur rimanendo flessibili al clima che ci troviamo di fronte. Inutile negare che questa nuova metodologia ci spaventa, ed ognuno di noi quattro ha paura in modo diverso ed esprime (o sceglie di non esprimere) questa paura in modo diverso: Io, come coordinatrice, penso anche a dare coraggio al gruppo e a far vedere lesperienza futura come opportunit. Insisto sul fatto che una volta provata non sar cos devastante, che abbiamo gi delle competenze. Che le cose fanno meno paura quando si affrontano che quando si sta l a pensarle. Ci credo davvero ma ho paura anche io. E sulle spalle sento un carico: gestire i rapporti (e quindi anche le paure) tra le associazioni. Durante gli incontri ad equipe miste ascolto e chiedo senza per insistere sul cosa si fa e come si fa. Ho capito dalle loro spiegazioni che ogni incontro un incontro a s, e ho letto il testo di riferimento che spiega la teoria, e il libro con i giochi. Ho il sapere, e questo gi mi tranquillizza; ho un po dansia sul mio saper fare a anche sul mio saper essere, percepisco un senso di inferiorit nei confronti degli operatori di Associazione 1 e mi spaventa lavorare nella scuola, con un professore o due che segue la mia conduzione della classe. Ho paura del giudizio, mi sento catapultata indietro ai tempi del Liceo e il mio stomaco si chiude come ad una interrogazione. F. la vive manifestando lansia in modo meno controllato ma a suo dire pi genuino facendo domande che alla fine esasperano tutti, perch sono ripetitive e di difficile risposta. Vorrebbe in sintesi sapere come si fa lintervento nelle classi, vorrebbe il know-how senza aver vissuto lesperienza. Gli dico di leggere i testi, per placare almeno una parte di ansia e perch necessaria una base teorica ma ottengo solo che mi dica che lui non ha ansia e contesta il mio agire senza spina dorsale nei confronti di Associazione 1. Forse ha ragione, preferisco attendere e capire, ma in questo momento mi sta svalutando. S. durante gli incontri mantiene un profilo piuttosto equilibrato, ascolta, chiede pacatamente, riflette insieme al gruppo. Le fornisco, come a tutta lequipe, estratti dal testo da leggere, e io e lei parliamo insieme di questa paura. La pensa come me e riesce a gestirla anche se a volte mi sento tirata a ricoprire un ruolo consolatore, fornitore di cibo (libri, testi, consigli, ..) che mi fa sentire un po mamma ed molto faticoso, soprattutto perch quella paura anche mia. M. un po la bella addormentata nel bosco, ascolta, tace e se chiamata ad esprimere un parere nellequipe mista, parla brevemente assecondando cose gi dette, cercando di apparire naturale.

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Con M. ci parlo a quattrocchi per due volte, come con S., ed anche M. prova a dirmi delle sue paure ma in modo stentato. Vedo che per qualcosa le sta maturando dentro e che sta cercando di capire quali paure stanno dietro al suo atteggiamento. Convoco una riunione tra noi quattro, unicamente sul tema delle sensazioni su questo progetto che sta per iniziare, per capire e condividere, almeno in equipe ristretta, le emozioni, e cercare di lavorarci insieme. Ceniamo insieme a casa mia, si crea un ambiente accogliente gi durante la cena. Dopo ognuno esprime le sue sensazioni e paure, a parte F. che nega ancora di essere ansioso ma ringrazia perch adesso che ha letto qualcosa, si sente un po pi dentro al progetto. Alla fine dellincontro, molto lungo, (ma cera bisogno di spazio e tempo per le emozioni di tutti!) le paure e le sensazioni negative, ma anche quelle positive che sono venute fuori sono allincirca queste, non tutte condivise da tutti: Senso di inferiorit/soggezione nei confronti di Associazione 1/ Paura del giudizio dei Professori Paura del giudizio dei ragazzi Paura del proprio giudizio interiore Paura di non essere rispettata dai ragazzi Paura vaga di non farcela

I lati positivi: Nuova esperienza di crescita personale e professionale Grande chance caduta dal cielo Possibilit di strutturare rapporti e collaborazioni con nuovi partners e scuole Nuova energia

F. appare pi sereno, M. e S. escono dallincontro rilassate e tonificate, ed io pure. Non mi sento pi la loro mamma, ma una loro amica molto intima (da G-B a A-A). Poi ci sono stati due momenti formativi con gli insegnanti in cui abbiamo condiviso gli obiettivi per le classi e in cui abbiamo fatto dei giochi insieme per mostrare come sia difficile una comunicazione efficace anche tra adulti. 31

Poter giocare insieme a professori, che si mettevano in gioco e chiedevano di imparare, e sentire che apprezzavano gli strumenti che noi operatori abbiamo, stato per me non solo un balsamo per lautostima ma anche un momento in cui poter rivedere delle mie antiche e negative immagini degli insegnanti. Come se la sensazione di negativit legata agli insegnanti, che mi portavo dietro dai tempi del Liceo avesse ricevuto in quel momento una sorta di capovolgimento: ad unimmagine antica (autoritari, dogmatici) se ne affiancava una nuova e positiva (collaborativi, aperti) che mi permetteva una visione pi serena. I laboratori sono stati un campo di prova molto intenso, non tanto, a mente fredda, per le attivit in s, ma per la riflessione sulle mie modalit di attenzione e di gestione della classe, sul mio saper fare e saper essere, che questi hanno necessariamente innescato. Ho condotto 15 incontri (3 classi), collaborando con equipe diverse classe per classe dovendo quindi leggere anche le dinamiche che i colleghi, pi o meno nuovi, stavano muovendo nella co-gestione degli incontri, e cercando sintonia immediata: a volte trovata alla perfezione, a volte meno. O volte in cui un collega mi ha ringraziato per la calma che gli trasmettevo mentre lui conduceva lincontro forzando provocatoriamente i toni e io lavoravo invece sulla parte emotiva, con piccoli giochi e gesti. Dopo ogni incontro, usciti da scuola, con i colleghi facevamo un breve momento di osservazioni sulla classe. L in quei pochi minuti, ho capito quanto la mia capacit di osservazione, di stare davvero con chi ho davanti, senza schermi, fosse davvero da migliorare. Molti miei colleghi vedevano tantissimi particolari e dinamiche che invece a me erano sfuggiti. Ero troppo centrata su di me e sulla performance,come se esistesse una performance astratta dal gruppo! Questa stata la prima nota dolente che ho rilevato: ho trovato giustificazioni, quale lansia delle prime esperienze, la capacit che va allenata, e cos via. Tutte vere, ma ero molto abbattuta nel non riuscire ad avere una visione rapida e totalmente lucida di certe dinamiche. Unaltra cosa su cui ho potuto riflettere, e di questo ringrazio linconsapevole Prof.ssa G., su una mia modalit, che finora ho usato in automatico nel mio lavoro con gli adolescenti: quella un po seduttiva di parlare il loro linguaggio. Cosa che coinvolge necessariamente anche lulteriore domanda su quanto debbano/possano essere flessibili/netti i confini. 32

La professoressa G. ha 41 anni, altissima, magra con capelli lunghissimi, sempre vestita sportiva in jeans e maglie, spesso con scarpe da ginnastica di marca molto famose tra i ragazzi. Se non fosse per un po di rughe e per laltezza, sembrerebbe anche lei una ragazza. I ragazzi le danno del tu e la chiamano per nome (questa cosa mi sembra strana!). Giocano con lei e lei sta al gioco. E sempre sorridente e sembra voler raggiungere il traguardo dellapprendimento giocandolo su un piano relazionale. Si vede che da lei si aspettano molto; nei momenti liberi, anche a ricreazione, molti le si accalcano attorno per parlare. A volte sembrano rimproverarla se si scordata di far loro delle comunicazioni. Durante i nostri interventi partecipa anche a giochi fisici che potrebbero imbarazzare G. spesso ci chiede giochi e strumenti da usare in gita o in classe, ma alla nostra segnalazione di un testo, non se lo segna: come se queste richieste fossero la richiesta di qualcosaltro Infatti al termine del successivo incontro, particolarmente caotico, ci dice che lei a volte si sente invasa da loro anche se allo steso tempo orgogliosa di questo rapporto aperto. Il suo essere cos seduttiva e alla pari (i ragazzi la chiamano per nome, si veste come loro, gioca addirittura con loro) senza esserne completamente consapevole (quindi senza aver la possibilit di usare questa sua caratteristica come uno strumento), da una parte avvicina moltissimo i ragazzi ma non mette dei confini. Probabilmente la classe molto partecipativa ma caotica anche per questa labilit di confini (anche emotivi). Ho riflettuto su questo: per alcuni aspetti mi sono rispecchiata in G. ma credo di avere degli strumenti in pi per gestire questa modalit, soprattutto adesso, dal momento che ne sono pi consapevole, grazie allosservazione di queste dinamiche attraverso G. e la sperimentazione diretta durante lultimo incontro in 3 F. Credo sia stato davvero un buon percorso per me ma che senza gli strumenti del Master non avrei avuto questa stessa lucidit. Credo di essere riuscita a migliorare questa lucidit, pi grazie allintuito che ad una consapevolezza razionale. Dai dati soggettivi, dalle sensazioni, ho potuto arrivare a delle conclusioni su alcuni comportamenti. Ho imparato a fidarmi delle sensazioni. A tenerle l e a far loro delle domande. E poi la lucidit arrivava allimprovviso. Un personale metodo che i tre anni del Master mi hanno permesso di sviluppare. Insieme alla possibilit di darsi dei permessi. Insieme al permesso di darsi tempo per capire quello che ancora non si capito. 33

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