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Paolo Borsellino

(27-07-05) -

Paolo Borsellino: martire della Giustizia In questa pagina, dedicata a Paolo Borsellino, giudice antimafia e martire della giustizia, ucciso con la sua scorta il 19 luglio 1992, potete trovare:Intervista a 20 giorni dalla sua uccisionePaolo Borsellino, la lezione ritrovataPaolo Bosellino, di Umberto LucentiniPaolo Borsellino, di Luciano CostantiniLinks"La certezza che tutto questo pu costarci caro"Intervista a 20 giorni dalla sua uccisioneLultima intervista televisiva Paolo Borsellino la concesse a Lamberto Sposini, per il tg5, venti giorni prima di morire nella strage di via DAmelio (19/7/1992) insieme con i cinque poliziotti della sua scorta. "Terra", settimanale di approfondimento del tg5, la ha riproposta il 24 marzo 2001. Ne ho trascritto le due risposte finali, particolarmente significative. Dopo la morte di Falcone come cambiata la vita di Borsellino?(lungo sospiro) La mia vita cambiata innanzitutto perch....dalla morte....di questo mio vecchio amico e compagno di lavoro chiaro che io sono rimasto particolarmente scosso e sono ancora impegnato, ad un mese di distanza, a recuperare e, vorrei dire, tutte le mie possibilit operative sulle quali il dolore ha inciso in modo enorme.E' cambiata anche perch sia per la morte di Falcone, sia per taluni altri fatti, mi riferisco alle dichiarazioni ormai pubbliche di quel collaboratore che ha parlato e ha detto di essere stato incaricato di uccidermi e la notizia arrivata alla stampa in concomitanza con la notizia della strage di Capaci.Le mie condizioni...., sono state estremamente appesantite le misure di protezione nei miei confronti e nei confronti dei miei familiari. E' chiaro che in questo momento io ho visto completamente, quasi del tutto, anzi, vorrei dire del tutto, pressoch abolita la mia vita privata.Ho temuto nell'immediatezza della morte di Falcone una drastica perdita di entusiasmo nel lavoro che faccio. Fortunatamente, se non dico di averlo ritrovato, ho almeno ritrovato la rabbia per continuarlo a fare. Posso chiederle se lei si sente un sopravvissuto?Guardi, io ricordo ci che mi disse Ninn Cassar allorch ci stavamo recando assieme sul luogo dove era stato ucciso il dottor Montana alla fine del luglio del 1985, credo.Mi disse: "Convinciamoci che siamo dei cadaveri che camminano".La.... l'espressione di Ninn Cassar io potrei anche ripeterla ora, ma vorrei poterla ripetere in un modo pi ottimistico.Io accetto la... ho sempre accettato il....pi che il rischio, la.... condizione, quali sono le conseguenze del lavoro che faccio, del luogo dove lo faccio e, vorrei dire, anche di come lo faccio. Lo accetto perch ho scelto, ad un certo punto della mia vita, di farlo e potrei dire che sapevo fin dall'inizio che dovevo correre questi pericoli.Il....la sensazione di essere un sopravvissuto e di trovarmi in, come viene ritenuto, in....in estremo pericolo, una sensazione che non si disgiunge dal fatto che io credo ancora profondamente nel lavoro che faccio, so che necessario che lo faccia, so che necessario che lo facciano tanti altri assieme a me.E so anche che tutti noi abbiamo il dovere morale di continuarlo a fare senza lasciarci condizionare e....dalla sensazione che o financo, vorrei dire, dalla certezza che tutto questo pu costarci caro.(http://www.osservatoriomonopoli.it/Borsellino/Speciale%20Paolo%20Borsellino6.htm)torna su PAOLO BORSELLINO, LA LEZIONE RITROVATARai News 24, il canale digitale della Rai, ha ritrovato nella memoria della rete, il filmato mai trasmesso in televisione di una lezione di Paolo Borsellino all'istituto commerciale Remondini di Bassano del Grappa, invitato del Prof. Enzo Guidotto, Presidente dellOsservatorio veneto sulla Mafia e Consulente della Commissione Parlamentare Antimafia.Paolo Borsellino in quella lontana mattina di Gennaio del 1989 ha spiegato agli studenti della scuola, in modo apparentemente semplice, in realt molto articolato, la complessit del fenomeno mafioso. Riportiamo di seguito i punti pi salienti di questa lezione di Paolo Borsellino che Rainews24 trasmetter in una sintesi di 20 minuti nella giornata di Mercoled 15 Dicembre e che mantiene , nonostante siano passati quasi 15 anni , una straordinaria e profetica attualit.Le leggi non vengono rispettate per il timore di una punizione, ma vengono rispettate dalla maggioranza della popolazione perch sono condivise. ..Al sud questa fiducia nelle leggi, per ragioni storiche complesse, ha incontrato difficolt, ed altre organizzazioni si sono poste come alternativa alla applicazione delle leggi... Non ci si illuda di risolvere il problema investendo soldi per favorire lo sviluppo... Quei soldi verranno intercettati dalle organizzazioni criminali e la legalit sar ancora pi debole...Sbaglia chi crede che la Mafia sia immediatamente il traffico di stupefacenti, la mafia esisteva prima del traffico di stupefacenti ed esister anche dopo... negli anni settanta il traffico di droga stata l' attivit pi redditizia che questa organizzazione criminale ha messo in atto. I guadagni altissimi di questa attivit sono stati investiti al nord, a Milano e a Torino,...chi pensa che la lotta alla mafia riguardi solo i magistrati i poliziotti e i carabinieri e non i politici sbaglia.Agli studenti che gli chiedevano se si sentiva protetto, Borsellino, passandosi la mano sul volto, rispondeva: non ho mai pensato che la scorta potesse risolvere il problema della mia sicurezza, se penso a tutti i miei amici uccisi mi rendo conto che quando la mafia vuole colpire ci riesce. Nella lezione smarrita e ritrovata, Paolo Borsellino rispondendo alle domande degli studenti affronta i temi ancora oggi irrisolti del rapporto tra Mafia e Politica, tra legalit e crimine organizzato, intervento pubblico ed azione repressiva, tra Mafia, sistema economicoproduttivo e finanziamenti pubblici. (http://www.rainews24.it/ran24/speciali/borsellino2004/)torna su PAOLO BORSELLINO(di Umberto Lucentini, giornalista professionista e amico del giudice assassinato)"A fine mese, quando ricevo lo stipendio, faccio l'esame di coscienza e mi chiedo se me lo sono guadagnato": servitore dello Stato fino in fondo, Paolo Borsellino, magistrato nato e morto a Palermo, ha portato all'estremo la sua scelta professionale e di vita. Ucciso insieme agli uomini della scorta, il 19 luglio del 1992, nella strage di via D'Amelio, Paolo Borsellino stato inserito dalla speciale commissione della Santa Sede nell'elenco dei martiri della giustizia del XX secolo. E da martire, Borsellino, ha vissuto gli ultimi giorni della sua vita: dopo un'altra strage, quella del collega e amico Giovanni Falcone (era il 23 maggio del '92, con il giudice c'erano la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta).Borsellino era diventato il "nemico numero uno della mafia". Ma, a esser pi precisi, nel mirino dello cosche Borsellino da anni, almeno dall'80, quando inizia ad indagare con il capitano dei carabinieri Emanuele Basile sul clan dei "corleonesi" di Tot Riina e Bernardo Provenzano, allora sconosciuti "picciotti" destinati a diventare i sanguinari capi della mafia siciliana. Da quel momento, la "missione" antimafia di Borsellino diventa una strada senza ritorno.Nato a Palermo il 19 gennaio del
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1940, in un quartiere borghese e popolare insieme, quello della Magione, Borsellino respira un'aria di rigore morale senza per chiudere gli occhi davanti al piccolo mondo della delinquenza che lo circonda. Figlio di farmacisti, quindi appartenente ad una delle famiglie pi in vista del quartiere, Borsellino resta molto affezionato alla Magione, dove da bambino frequenta l'oratorio di San Francesco e gioca con un altro bimbo della zona, Giovanni Falcone. Cresciuto in una famiglia che aderisce al fascismo, il piccolo Paolo durante i bombardamenti degli americani si trasferisce ad Alcamo con la famiglia. E al momento dello sbarco degli alleati riceve un ordine dalla madre: "Non accettare nulla dagli americani".Queste vicende e i racconti di "Zio Ciccio", reduce della Campagna d'Africa, gli suscitano curiosit sulle vicende del periodo fascista: una delle prime "bravate" di Paolo una tappa a Belmonte Mezzagno, un paesino che dista mezzora di autobus da Palermo, dove va a prendere informazioni sui suoi nonni.Dopo avere frequentato il Liceo classico "Meli" si iscrive alla facolt di Giurisprudenza. All'Universit, nel 1959 Borsellino aderisce all'organizzazione Fuan Fanalino, un gruppo studentesco legato alla destra. Membro dell'esecutivo provinciale, delegato al congresso provinciale, viene eletto come rappresentante studentesco nella lista del Fuan Fanalino: l'attivit politica lo coinvolge, ma riesce a conciliare politica e studio senza grossi problemi.Il 27 giugno 1962, all'et di 22 anni, Borsellino si laurea con 110 e lode. Pochi giorni dopo, subisce la perdita del padre: ora affidato a lui il compito di provvedere alla famiglia. Tra piccoli lavoretti e le ripetizioni Borsellino studia per superare il concorso in magistratura. Ci riesce nel 1963. Per non perdere la licenza della farmacia impegna il primo stipendio di giudice per riscattarla: la sorella Rita, pi piccola di lui, ne diventer la titolare dopo la laurea.Nel 1965 Borsellino inizia la sua carriera di magistrato: destinato al tribunale civile di Enna, come uditore giudiziario. Nel 1967 il primo incarico operativo: pretore a Mazara del Vallo, nel periodo del dopo terremoto. Intanto, il 23 dicembre del 1968, Borsellino si sposa con Agnese Piraino Leto, una giovane palermitana che gli dar tre figli. Il giudice continua a lavorare a Mazara facendo la spola ogni giorno da Palermo. Nel 1969 il trasferimento alla pretura di Monreale, praticamente il ritorno a casa. l che Borsellino comincer a conoscere da vicino la mafia, quella "selvaggia e spietata" dei "corleonesi", e lavora fianco a fianco con il capitano dei carabinieri Emanuele Basile. I due costituiscono un tandem investigativo affiatato, che continuer a lavorare anche dopo il 1975, quando Borsellino viene trasferito al tribunale di Palermo e a luglio entra all'Ufficio istruzione processi penali sotto la guida di Rocco Chinnici. Con il capitano Basile lavora alle indagini antimafia, scopre verit fino ad allora solo immaginate, ordina arresti sulla base delle indagini del capitano Basile. l'80 quando il capitano viene ucciso in un agguato. E per la famiglia Borsellino arriva la prima scorta. Da quel momento il clima in casa Borsellino cambia. Il giudice comincia a vivere sotto protezione, le sue abitudini di vita cambiano, anche se si sforzer di non farlo pesare ai tre figli che intanto crescono.Il suo modo di fare, la sua decisione, influenzano il "sentire" dei suoi familiari. La moglie ricorder cos quegli anni: "Il suo modo di esercitare la funzione di giudice lo condivido, perch anch'io credo nei valori che lo ispirano... Non penso mai, per egoismo, per desiderio di una vita facile, di ostacolarlo... Non stato un sacrificio immolare la sua vita al mestiere di giudice: Paolo ama tantissimo cercare la verit, qualunque essa sia".La scorta costringe il giudice e la sua famiglia a convivere con un nuovo sentimento: la paura. Borsellino ne parla e la affronta cos: "La paura normale che ci sia, in ogni uomo, l'importante che sia accompagnata dal coraggio. Non bisogna lasciarsi sopraffare dalla paura, senn diventa un ostacolo che ti impedisce di andare avanti".Nell'ufficio istruzione nasce il "pool antimafia" di Falcone, Borsellino e Barrile, sotto la guida di Rocco Chinnici. Borsellino comincia a partecipare ai dibattiti nelle scuole, parla ai giovani nelle feste giovanili di piazza, alle tavole rotonde per spiegare e per sconfiggere una volta per sempre la cultura mafiosa. Parallelamente continua il lavoro nel pool. Questa squadra funziona bene, ma si comprende che per sconfiggere la mafia il pool, da solo, non sufficiente. Si chiede la promozione di pool di giudici inquirenti, coordinati tra loro ed in continuo contatto, il potenziamento della polizia giudiziaria, l'istituzione di nuove regole per la scelta dei giudici popolari e di controlli bancari per rintracciare i capitali mafiosi. I magistrati del pool pretendono l'intervento dello Stato perch si rendono conto che il loro lavoro, da solo, non basta.E infatti la mafia reagisce: il 4 agosto 1983 viene ucciso il giudice Rocco Chinnici con un'autobomba. Borsellino intimamente distrutto, dopo Basile anche Chinnici viene strappato alla vita. Il "capo" del pool, il punto di riferimento, viene a mancare. Borsellino con molta preoccupazione commenta: "La mafia ha capito tutto: Chinnici la testa che dirige il Pool".A sostituire Chinnici arriva a Palermo da Firenze il giudice Antonino Caponnetto e il pool, sempre pi affiatato, continua nell'incessante lavoro raggiungendo i primi risultati: "Sentiamo la gente fare il tifo per noi".Nel 1984 viene arrestato il potente ex sindaco democristiano Vito Ciancimino, si pente il boss Tommaso Buscetta, e Borsellino sottolinea in ogni momento il ruolo fondamentale dei "pentiti" nelle indagini e nella preparazione dei processi.Comincia la preparazione del maxiprocesso, e i protagonisti delle indagini continuano a cadere sotto il piombo mafioso. Falcone e Borsellino vengono immediatamente trasferiti sull'isola dell'Asinara per concludere l'istruttoria del maxi-processo e predisporre gli atti senza correre ulteriori rischi. Falcone con la moglie, Borsellino porta con s la famiglia. Lucia, la figlia pi grande, si ammala di anoressia psicogena, Tornato a Palermo, il giudice dovr affrontare anche questa battaglia. La figlia guarisce, il maxi-processo decolla, e Borsellino chiede il trasferimento alla Procura di Marsala per ricoprire l'incarico di Procuratore Capo.Borsellino scopre i legami tra i clan della provincia e quelli palermitani, raccoglie le confidenze dei primi collaboratori di giustizia. E quando, nel 1987, Caponnetto costretto a lasciare la guida del pool di Palermo, Borsellino si schiera a favore di Falcone: criticher il successore di Caponnetto per aver "smembrato" il pool, finisce sotto processo al Consiglio superiore della magistratura. Riabilitato, torna a lavorare e continua ad assestare nuovi colpi alle cosche. Finch, con l'istituzione della Procura nazionale antimafia e delle Direzioni distrettuali antimafia, rientra a Palermo come procuratore aggiunto, dove si occuper delle indagini sulla mafia di Agrigento e Trapani. Nuovi pentiti, nuove rivelazioni confermano il legame tra la mafia e la politica, riprendono gli attacchi al magistrato e lo sconforto ogni tanto si manifesta. In una dichiarazione si pu riassumere lo stato d'animo di Borsellino in quel momento: "Un pentito credibile solo se si trovano i riscontri alle sue dichiarazioni. Se non ci sono gli elementi di prova, la sua confessione non vale nulla. la legge che lo dice... e io sono un giudice che questa legge deve applicarla. I rapporti tra mafia e politica? Sono convinto che ci siano. E ne sono convinto non per gli esempi processuali, che sono pochissimi, ma per un assunto logico: l'essenza stessa della mafia che costringe l'organizzazione a cercare il contatto
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con il mondo politico. maturata nello Stato e nei politici la volont di recidere questi legami con la mafia? A questa volont del mondo politico non ho mai creduto". Si apre la corsa alla Superprocura, e nel maggio del '92 sembra che Falcone abbia raggiunto i numeri necessari per essere nominato. Ma il 23 maggio, Falcone, che nel frattempo era stato nominato direttore generale degli Affari penali al ministero di Grazia e Giustizia, torna a Palermo e viene ucciso nella strage di Capaci.Per Borsellino un colpo durissimo. Gli viene offerto di prendere il posto di Falcone nella candidatura alla superprocura, ma Borsellino rifiuta, sebbene sia consapevole che quella sia l'unica maniera che ha per condurre in prima persona le indagini sulla strage di Capaci. Ad un mese dalla morte dell'amico Falcone, tra le fiaccole e con molta emozione parla di lui, cerca di raccontarlo: "Perch non fuggito, perch ha accettato questa tremenda situazione... per amore. La sua vita stata un atto d'amore verso questa citt, verso questa terra che lo ha generato. Perch se l'amore soprattutto ed essenzialmente dare, per lui, amare Palermo e la sua gente ha avuto e ha il significato di dare a questa terra qualcosa, tutto ci che era possibile dare delle nostre forze morali, intellettuali e professionali per rendere migliore questa citt e la patria a cui essa appartiene. Sono morti tutti per noi, per gli ingiusti, abbiamo un grande debito verso di loro e dobbiamo pagarlo, continuando la loro opera, dimostrando a noi stessi e al mondo che Falcone vivo".Borsellino vuole collaborare alle indagini sull'attentato di Capaci di competenza della procura di Caltanissetta. Le indagini proseguono, i pentiti aumentano e il giudice cerca di sentirne il pi possibile. Arriva la volta di Messina e Mutolo, ormai Cosa Nostra comincia ad avere sembianze conosciute. Spesso i pentiti hanno chiesto di parlare con Falcone o con Borsellino perch sapevano di potersi fidare, perch ne conoscevano le qualit morali e l'intuito investigativo. Continua a lottare per poter avere la delega per ascoltare il pentito Mutolo. Ma il 19 luglio 1992 va in via D'Amelio, a prendere la madre per accompagnarla dal medico. Un'autobomba, posteggiata tra tante altre auto, senza che nessuna autorit si preoccupasse di istituire una zona rimozione, esplode. Il giudice muore con i suoi cinque agenti di scorta.Amava ripetere, lui religiosissimo, scherzandoci su per esorcizzare la morte: "Non sono n un eroe n un kamikaze, ma una persona come tante altre. Temo la fine perch la vedo come una cosa misteriosa, non so quello che succeder nell'aldil. Ma l'importante che sia il coraggio a prendere il sopravvento. Se non fosse per il dolore di lasciare la mia famiglia, potrei anche morire sereno".(http://www.testimonideltempo.it/contenuti/paoloborsellino.asp)torna suPAOLO BORSELLINO (di Luciano Costantini Sost. Proc. Rep. Pistoia)da M, periodico napoletano n. 5-6 luglio-agosto 2001E' con grande piacere che raccolgo l'invito di Tindari Baglione di scrivere poche righe in occasione del nono anniversario della scomparsa di Paolo Borsellino, con il quale ho avuto la fortuna e l'onore di condividere un'indimenticabile esperienza di lavoro presso la Procura della Repubblica di Marsala, ma al contempo con altrettanto profondo dolore che, voltandomi indietro a ripercorrere quegli anni e quei terribili eventi, constato come quella rabbia e sdegno che segu agli efferati eccidi dell'estate 1992 abbia lasciato il posto ad una stanca apatia che scivola (temo) verso l'oblio.Vivo e lavoro ormai lontano dalla Sicilia e le mie opinioni si formano solamente sulla base di una lettura dei fatti di cronaca riportati dai giornali e su un esame critico dei provvedimenti legislativi fioriti in questi anni, oltre che su conversazioni (ahim, sempre pi sporadiche) con i colleghi che ancor lavorano in quei luoghi, ed al termine delle mie riflessioni, non posso che pervenire alla conclusione che forse il giorno in cui la mafia sar debellata ancora molto lontano. E, con un sapore amaro, mi ritornano in mente le parole di Paolo che, invece, nel suo inguaribile ottimismo sosteneva con convinzione che cosa nostra era destinata ad un'ineluttabile sconfitta.Il suo ragionamento non era, per, destituito di fondamento, ma si basava (come sempre, del resto) su elementi di fatto incontestabili in quei tempi. Osservava Paolo che uno della sua generazione non poteva essere pessimista perch quando lui era ancora un bambino che giocava nel quartiere della Kalsa di Palermo chi nominava la mafia era considerato uno che voleva diffamare la Sicilia ed i siciliani perch, secondo l'opinione comune, "la mafia non esisteva" e non doveva esistere. Con il passare degli anni egli, invece, aveva potuto constatare che nelle vie di Palermo i giovani hanno iniziato a parlare della mafia, ne hanno ammesso l'esistenza e, nel contempo, hanno cominciato a negarle il consenso. Se quindi vero, come sosteneva Paolo Borsellino, che discutere di mafia, anzi, il solo fatto di nominarla costituisce il primo ineludibile gradino per combatterla e sconfiggerla, l'assordante silenzio sul cancerogeno fenomeno mafioso ascoltato nei programmi elettorali e di governo mi induce a ritenere che si fatto certamente un passo indietro rispetto alle realistiche previsioni formulate dal compianto collega. Oggi la lotta alla mafia rappresenta una vuota "clausola di stile" da inserire nei discorsi propagandistici ed il contrasto ai poteri criminali non pi inteso come impegno della comunit nel suo intero, ma solo come attivit demandata all'esclusivo ed encomiabile impegno di magistrati totalmente isolati dal resto della societ e delle istituzioni.Mi stato sollecitato un ricordo di Paolo Borsellino ed io non posso che rammentare la sua bont. Molte persone, non appena vengono a sapere dell'esperienza di lavoro che ho vissuto con Paolo, mi chiedono un giudizio personale su di lui. lo rispondo sempre: "Paolo era un uomo buono" e tale affermazione mi pare che deluda i miei interlocutori, i quali mi sembra che la intendano come riduttiva della figura di questo straordinario magistrato. lo, invece, ancora oggi ritengo che nessun'altra definizione meglio si attagli a ci che Paolo stato. Con questo non voglio sottacere le straordinarie doti professionali di Paolo, magistrato insigne, dotato di grande carisma, in grado di individuare subito il punto fondamentale di ogni questione che gli si poneva di fronte e capace di risolverla sempre nel modo pi equo e conforme a giustizia. Di lui ho saputo apprezzare l'eccezionale capacit di garantire a noi sostituti una completa autonomia, facendoci sempre, nel contempo, sentire la sua vigile presenza protettiva e considero come fondamentale insegnamento di civilt giuridica le sue continue esortazioni a rispettare la legge e ad applicarla con rigore ed equit. Del resto, i successi professionali di Paolo Borsellino sono noti a tutti: basti pensare alla sentenza-ordinanza del primo maxi- processo alla mafia, scritta, insieme a Giovanni Falcone, durante un'estate trascorsa all'interno dell'istituto penitenziario dell'Asinara, ove lo Stato li aveva costretti ad alloggiare in quanto impossibilitato a garantirgli altrove un'idonea protezione, oppure agli ordini di cattura emessi sempre nell'ambito di quel processo e dei quali, con orgoglio, Paolo amava ripetere che erano passati indenni al seppur severo vaglio della Corte di Cassazione.Nonostante ci, per, io continuo a ritenere che la dote pi rilevante di Paolo Borsellino sia stata la bont d'animo ed in questo sono stato confortato da quanto riferitomi anche da sua moglie Agnese che mi ha parlato di quel "fanciullino di pascoliana memoria" che albergava nell'animo si suo marito. Paolo era un puro d'animo, un
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uomo di specchiata onest e di grande integrit morale, una persona che ha vissuto una vita cristallina. Io ho sempre ammirato la sua abilit di individuare la parte pi debole di ogni vicenda umana in cui per ragioni personali o professionali si imbatteva e la sua capacit di schierarsi immediatamente a fianco di chi aveva subito dei torti. Lo rammento come un uomo di grande sensibilit e tra tutti i ricordi che si affastellano nella mia mente mi piace ricordare un episodio che ha visto come protagonista una bimba, perch in esso ritrovo la sintesi pi mirabile delle qualit di Paolo e perch ritengo che solo una persona munita di grande sensibilit, come era lui, in grado di stabilire un rapporto cos intenso con chi, come i bambini, costituisce l'espressione pi alta della purezza dei sentimenti e della ingenuit.Ero appena arrivato a Marsala e Paolo alla fine di una giornata di lavoro mi invit a cena insieme agli altri colleghi. Mi disse che voleva portarmi a mangiare in un posto incantevole. In effetti il ristorante si trovava su una lingua di terra proiettata nel mare siciliano e la serata di tarda primavera faceva s che al tramonto il mare ed il cielo si accendessero di mille luci e quasi si confondessero in un caleidoscopio di colori. Appena entrati nel ristorante vidi farsi incontro a Paolo una bambina di non pi di sei anni, con capelli biondi raccolti in due codine, che si gett tra le sue braccia. Paolo la prese in braccio e la accarezz teneramente, tant' che la bimba rimase per quasi tutta la serata sulle sue ginocchia. Tale atteggiamento mi colp, ma il mio stupore cess quando alla fine della serata seppi chi era quella bimba. Si trattava dell'unico testimone oculare della caduta di un aereo militare avvenuta nei pressi dell'aeroporto di Trapani. Paolo, che indagava su quel fatto, aveva dovuto sentire quella bambina rimasta comprensibilmente scossa dalla scena alla quale aveva assistito e, consapevole della forma di violenza che inevitabilmente andava ad esercitare sulla bambina, obbligandola a ricordare un fatto per lei doloroso, era riuscito a trovare quelle parole, quei modi e quei gesti che solo chi ha una grande purezza d'animo pu utilizzare senza ferire la sensibilit di un essere ingenuo e fragile come una bambina di quell'et. Quest'uomo era Paolo Borsellino e cos mi piace ricordarlo.torna suLins vari - Biografia - Cosa vuol dire perdonare (di Rita Borsellino) - Giovanni Falcone - Don Giuseppe Puglisi - Peppino Impastato - Libera - Se vuoi Pace, costruisci Pace (veglia di preghiera)

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