Sei sulla pagina 1di 23

Politecnico di Bari-I Facolt di Ingegneri a

Appunti di
termodinamica
statistica
Fisica Generale (corso A) CdL Ing. Meccanica
Lagamba Luigi
28/06/2011


2
Introduzione

Le leggi della meccanica permettono di predire esattamente il moto di
un punto materiale se si conoscono la ri sul tante delle forze, la posizione e la
velocit iniziale. Le stesse leggi possono essere utilizzate per descrivere il
moto di un sistema di punti materiali; in questo caso necessario risolvere le
equazioni per ciascun punto, tenendo conto sia delle forze esterne che
agiscono sul sistema, sia di quelle interne che si esercitano tra i punti materiali
che lo compongono. Si potrebbe allora pensare che qualsiasi fenomeno fi sico
sia descrivibile utilizzando le equazioni della meccanica se fossimo in grado di
conoscere tutte le forze agenti sui punti materiali di un dato sistema e le loro
condizioni i niziali (posizione e velocit).
Questo approccio, tuttavia, di fatto impossibile perch qualunque
sistema macroscopico, costi tui to da un numero elevatissimo di punti materiali
(stimato dell ordine del numero di Avogadro, 6.022 10
23
Anche se avessimo calcolatori potentissimi, sarebbe praticamente impossibile
risolvere un numero di equazioni differenziali cos elevato; inoltre anche
impossibile conoscere l e condizioni iniziali per ciascun punto materiale.
).
Il fallimento dell approccio meccanicistico, per, non pregiudica la possibilit di
trovare dell e leggi che regolano l evoluzione di sistemi macroscopici; infatti
non necessario conoscere il moto di ogni singolo punto, ma suffi ciente
determinare il comportamento di poche grandezze che descrivono lo stato del
sistema nel suo insieme (grandezze macroscopiche) e che sono legate al moto
dei singoli punti che lo costi tuiscono.
La termodinamica la parte della sica che ha come oggetto la defi nizione di
tali grandezze e lo studio dell e leggi alle quali esse obbediscono. Questa parte
della sica si evoluta storicamente nel diciannovesimo secolo partendo dallo
studio del le macchine termiche, ma il suo approccio ha validit generale e si
applica a qualsiasi sistema fisico macroscopico.
Nella termodinamica giocano un ruolo fondamentale due nuove grandezze
siche che non compaiono nella leggi della meccanica: la temperatura ed il
calore. La temperatura una grandezza macroscopica l egata al l energia
cinetica media dei costi tuenti elementari di un dato sistema, mentre il calore
ha un ruolo analogo a quello del lavoro. Nello studio della meccanica abbiamo
visto che facendo lavoro su un corpo si fa variare la sua energia cinetica, quindi
il lavoro pu essere visto come una energia di scambio, cio un modo per
trasferire energia da un sistema ad un al tro. Abbiamo anche visto che quando
le forze che agiscono su un corpo sono conservative si pu introdurre l energia
potenziale ed il moto del corpo tale da soddisfare la l egge di conservazione
dell energia meccanica.

3
Si sono, per, incontrati dei casi in cui la legge di conservazione del l energia
meccanica non verifi cata, come accade ad esempio quando un corpo viene
lanciato su un piano scabro con una certa energia cinetica iniziale: man mano
che il corpo striscia sul piano essa diminuisce no ad annullarsi. In questo caso
l energia meccanica non si conserva e avviene un fenomeno che non trova
spiegazione nell ambito della meccanica: l e superfi ci di contatto del corpo del
piano si riscaldano, cio il lavoro della forza d attrito si trasformato in
calore.

Sistema termodinamico e variabili di stato

Un sistema macroscopico, o sistema termodinamico, un qual siasi
sistema di punti materiali suffi cientemente grande da poter essere percepi to
con i nostri sensi ; ad esempio una bombola di gas un sistema termodinamico
mentre la singola molecola costi tuente il gas non lo . Questa defi nizione
mol to generale ed include, ad esempio, il corpo umano, l atmosfera terrestre, i
mari, il motore di un automobile, e cos via.
Un sistema termodinamico pu scambiare lavoro e calore con
l ambiente; viene defi nito ambiente tutto ci che non fa parte del sistema. Ad
esempio se il sistema considerato una certa quanti t di acqua contenuta in un
recipiente posto in una stanza, l ambiente tutto ci con cui il sistema
acqua-recipiente interagisce, vale a dire l aria e i corpi presenti nella stanza.
L insieme del sistema e dell ambiente costi tuisce quello che in termodinamica
viene chiamato universo.
Un sistema chiuso un sistema termodinamico che non scambia materia con
l ambiente; un sistema isol ato non scambia con l ambiente n materia n
energia.
Un sistema termodinamico particolarmente semplice il gas perfetto (o gas
ideale): esso un gas estremamente rarefatto, cio tale che il volume occupato
dalle molecol e che lo compongono trascurabile rispetto al volume totale
occupato dal gas.
In questo regime l energia cinetica dell e molecole mol to maggiore della loro
energia potenziale di interazione.
bene sottolineare che la termodinamica NON la branca della fi sica che
studia le l eggi dei gas; essa studia ANCHE le leggi dei gas. Le l eggi della
termodinamica si applicano ad un qual siasi sistema ed hanno validit generale.

Lo stato di un sistema termodinami co viene defi nito attraverso del le
grandezze macroscopiche, dette variabili di stato; esse sono, ad esempio,
pressione, temperatura, densi t, volume, etc. Le variabili di stato sono

4
grandezze osservabili, cio possono essere misurate con opportuni strumenti
(manometro, termometro, densimetro, etc.), Esse sono legate all e grandezze
microscopiche che caratterizzano il sistema (velocit ed energia cinetica dei
singoli punti materiali che lo compongono) e si ottengono da queste trami te
medie statistiche.
Le variabili di stato possono essere classifi cate in due categorie: grandezze
estensive e grandezze intensive.
Le grandezze estensive dipendono dall estensione, cio da quanto grande il
sistema che si considera. Tali sono, ad esempio, la massa, il volume, la capaci t
termica, l energia interna, l entropia, etc.... Esse godono della propriet
additiva, cio se si uniscono due sistemi le grandezze estensive si sommano. Ad
esempio mettendo insieme 4 kg di sabbia con 1 kg di cemento si ottiene un
nuovo sistema la cui massa di 5 kg.
Al contrario le grandezze intensive NON dipendono dall estensione del sistema
e pertanto NON godono della propriet addi tiva.
Esempi di grandezze intensive sono la pressione, la temperatura, la densi t,
etc...
Per poter misurare il valore dell e variabili di stato necessario che il sistema
termodinamico si trovi in uno stato di equilibrio. Per esempio, se si considera un
cilindro chiuso da un pistone in cui contenuto un gas e si spinge rapidamente il
pistone verso il fondo, il gas viene compresso; questa compressione si propaga
allinterno del gas con un onda che rimbalza avanti e indietro tra le basi del
cilindro no a che si smorza, ed il gas raggiunge uno nuovo stato in cui la
pressione e la temperatura sono uniformi e costanti, cio un nuovo stato di
equilibrio.
In assenza di campi di forze esterni, un sistema in equil ibrio termodinamico
quando tutte l e variabili di stato intensive hanno lo stesso val ore in qualunque
punto del sistema esse vengano misurate.
Se un sistema non in equilibrio, aspettando un tempo suffi cientemente lungo
le interazioni tra l e singole parti del sistema fanno s che si stabilisca
l equilibrio termodinamico. Supponiamo, ad esempio, di immettere del gas in una
scatola in modo tale che all inizio la distri buzione delle molecol e sia quella
indicata in figura 1a), cio che la densit del gas sia maggiore da un lato
rispetto all al tro. Il movimento caotico dell e molecole e gli urti tra esse fanno
s che parte dell e mol ecole che si trovano nella parte a densi t maggi ore si
spostino nella parte a densi t minore fi no a quando la densi t uniforme
[figura 1b)].


5



Questo, per, non vuol dire che da quell istante in poi le mol ecole cessano di
muoversi, ma che presa una parete i mmagi naria all interno del gas, comunque
orientata, tante mol ecole attraversano la parete in un verso quante la
attraversano nel verso opposto. L equilibrio termodinamico dunque un
equilibrio dinamico. Affi nch un sistema termodinamico sia in equilibrio
inoltre necessario che:
la sua composi zione chimica non vari nel tempo (equilibrio chi mico);
la somma dell e forze esterne che agiscono sul sistema e delle forze che
il sistema eserci ta sul l ambiente sia nulla (equilibrio meccani co); se ad
esempio un gas contenuto in un recipiente chiuso da un pistone mobile
(supponiamolo per semplicit di massa trascurabile), le molecol e di gas
urtano contro il pistone e lo sol levano, quindi il sistema non in
equilibrio; affi nch lo sia necessario applicare sul pistone una forza
esterna che equilibri la forza interna esercitata dal gas.

Agli stati di equilibrio di un sistema termodinamico si possono associare del le
funzioni dette funzioni di stato, che dipendono esclusivamente dall e variabili
di stato. Di conseguenza le funzioni di stato assumono valori che dipendono solo
dallo stato in cui si trova il sistema.

Temperatura, calore ed energia interna

Il concetto di temperatura fu introdotto in termodinamica prima che fosse
compresa a fondo la struttura microscopica della materia; basti pensare, per
esempio, che l elettrone fu scoperto da Thomson nel 1897 e che il modello di
Rutherford del nucleo atomico risale al 1911, mentre i primi tentativi per
misurare il cal do e il freddo risalgono ai tempi di Galileo. Per questo motivo
storicamente stata data una defi nizione operativa della temperatura prima
che ne fosse stato compreso il l egame con il comportamento microscopico della
materia. Oggi sappiamo che, dato un sistema termodinamico che a livello
microscopico soddisfa le leggi del la meccanica classica, per esempio un gas, la
temperatura una grandezza macroscopica che misura lenergia cinetica

6
media dei costituenti microscopici.
Questa defi nizione sar chiarita meglio nel seguito quando studieremo la
teoria cinetica dei gas e dimostreremo che la temperatura di un gas perfetto
proporzionale al l energia cinetica media delle molecole

Introduciamo ora il calore e l energia interna attraverso un esempio.
Consideriamo un gas formato da mol ecole che schematizziamo come palline che
urtano tra loro e con le pareti del recipiente che le contiene. Defi niamo
l energia interna U del gas come la sua energia meccani ca, cio la somma
dell energia cinetica e del l energia potenziale delle palline. Dato che l energia
cinetica proporzionale alla temperatura, possiamo affermare che l energia
interna una funzione della temperatura. Si noti che non stiamo dicendo che U
solo funzione della temperatura, perch in generale essa dipende anche da
altre variabili di stato (per esempio nel caso del gas dalla densi t) .Il gas a una
certa temperatura ha dunque una riserva di energia che pu scambiare con
l ambiente.
Per capire cosa sia il calore, immaginiamo di fare il seguente esperimento.
Supponiamo di avere una scatola a pareti rigide divisa in due porzioni da una
parete interna fl essibile (ad esempio fatta di gomma morbida), come
schematizzato nella fi gura 2. In una parte della scatola, per esempio a sinistra,
mettiamo una certa quanti t di gas a una data temperatura, mentre nell al tra
parte mettiamo un al tra quanti t dello stesso gas a temperatura minore. Dalla
defi nizione di temperatura segue che il gas nella parte a sinistra ha un energia
cinetica media maggiore di quella del gas nella parte destra. Ogni tanto qualche
molecola di gas a sinistra urta una molecola della parte destra e le due mol ecole
si scambiano quantit di moto come se fossero palline di biliardo.



Se aspettiamo un tempo suffi cientemente lungo, gli urti sono stati cos tanti
che alla ne il sistema si dispone in uno stato di equilibrio in cui l energi a
cinetica media dei due gruppi di molecol e la stessa, cio le due parti di gas
hanno la stessa temperatura. L energia interna del le molecole a sinistra
certamente diminuita, in quanto esse si muovono in media pi lentamente che
allinizio, mentre l energia interna dell e mol ecole a destra aumentata.
Global mente possiamo dire che, a causa della differenza iniziale di
temperatura, dell energia fluita dal gas a sinistra a quello a destra: questa

7
energia scambiata il calore
.Il meccanismo che abbiamo illustrato con questo esempio si applica
concettual mente a qualunque corpo in contatto termico con un al tro a
temperatura diversa, dove per contatto termico intendiamo che le mol ecole
dei due corpi possono entrare in contatto tra loro e scambiare energia. Si
noti che nell esempio che abbiamo considerato il sistema gas non compie
lavoro, n si compie lavoro su di esso; quindi possiamo dire che
dati due corpi (o sistemi termodinamici) sui quali non viene compiuto l avoro,
il calore l energia interna che essi si scambiano a causa di una differenza
di temperatura.
Diciamo che il sistema ha raggiunto lequilibrio termico quando non vi pi
passaggio di calore e quindi tutte le parti del sistema sono al la stessa
temperatura.

Principi della Termodinamica
Principio zero della termodinamica
Il principio zero della Termodinamica alla base dell operazione di misura della
temperatura di un sistema. Esso afferma che
se un corpo A in equilibrio termico con un corpo C ed un secondo corpo B
anchesso in equilibrio termico con C, allora anche i due corpi A e B sono
in equilibrio termico tra loro.
Questo principio permette di stabilire in maniera operativa l uguaglianza della
temperatura di due si stemi A e B, senza che essi debbano necessariamente
essere messi a contatto. Il ruolo del corpo C in pratica quello di un
termometro che lo strumento che misura la temperatura di un corpo.
I Principio della termodinamica
E possibile considerarlo come l estensione del principio di conservazione della
energia meccanica. Esiste una quanti t chiamata Energia Interna U, funzione
di stato, tale che
= dU Q L

con Q calore assorbito dal sistema e L lavoro compiuto dal sistema.



8

II Principio della termodinamica
Il pri mo principio della termodinamica ci dice fondamental mente che:
1) l energia si conserva;
2) i sistemi meccanici tendono a raggiungere uno stato di minima energia.
Non ci dice per nulla sul perch alcuni processi vadano solo in una direzione e
mai nell altra (espansione dell aria nel vuoto, miscela di due gas, scambi di
calore tra corpi a temperature diverse, etc..).
Inol tre si osserva che la trasformazione di calore in energia
1) non e mai completa;
2) richiede al meno due sorgenti di calore a temperature diverse.
Tutte queste problematiche sono state formalizzate nel secondo principio
della termodinamica, che pu essere espresso in varie forme equivalenti
E impossibile realizzare una trasformazione il cui unico risul tato sia
- una trasformazione in lavoro di calore tratto da una sorgente a
temperatura uniforme (Kelvin)
- un passaggio di calore da un corpo a temperatura T=T
1
ad un corpo a
temperatura T=T
2
>T
1
Il postulato di Kelvin implica immediatamente quello di Clausius. Infatti, se
si riuscisse a trarre lavoro da una sorgente a temperatura T=T
(Clausius)
1
, si potrebbe
ritrasformare il lavoro in calore e usarlo per scal dare una dorgente a
temperatura T=T
2
>T
1
La dimostrazione che il postulato di Clausius implica quello di Kelvin
leggermente pi compl essa e implica l introduzione di un meccanismo di base
per trasformare calore in lavoro e viceversa. Tale meccanismo forni to dai
cicli, in particolare dal ciclo di Carnot.
.
La trattazione di questi argomenti esula dallo scopo prefissato per cui sono
nate queste brevi note.


Entropia
Il concetto di entropia stato introdotto da Clausius.
Per spiegarlo possiamo utilizzare un argomento gi usato in meccanica per
dimostare che il lavoro fatto da un campo di forze conservative non dipende
dalla traiettoria, ma solo dal suo punto iniziale e finale.
Per fissare le idee scegliamo nel piano p, V due trasformazioni reversibili
arbi trarie a e b che congiungono gli stati A e B. Poich il contributo della

9
quanti t

i
i
i
Q
T
al ciclo reversibile a-b nullo, si ha che il contributo dell e
trasformazi oni reversibili da A a B dipende solo dagli stati iniziali e finali e
questo ci consente di definire l entropia S come una nuova funzione di stato:
= =

a b
a b
a b
Q Q
S( B) S( A)
T T

con le sommatorie che indicano i rispettivi contributi dell e trasformazioni a e
b. In questo approccio l entropia definita a meno di una costante additiva la
quale potr essere fissata in modo natural e nell approccio probabilistico.





L equazione di stato dei gas perfetti
Sappiamo che per i gas perfetti (una definizione completa di gas perfetto
verr data nel prossimo paragrafo) che eseguono trasformazioni a volume o a
pressione costante valgono l e due l eggi di Gay-Lussac, mentre se la
trasformazione avviene a temperatura costante vale la legge di
Boyle-Mariotte. Le tre leggi mettono in relazione le grandezze macroscopiche
che descrivono lo stato di equilibrio di un gas perfetto, cio pressione,
temperatura e volume. Mostreremo ora che a partire da queste tre l eggi si pu
ricavare un unica equazione, detta equazione di stato dei gas perfetti, che lega
tra loro l e variabili di stato.
Supponiamo che il gas esegua una trasformazione isoterma ( trasformazione
a temperatura costante) da uno stato A a uno stato B e successivamente
unisobara (trasformazione a pressione costante) dal lo stato B allo stato C
come mostrato in fi gura 3


10

Gli stati A, B e C sono del tutto arbitrari.
Lungo l isoterma AB si ha T
A
= T
B

e, per la legge di Boyle-Mariotte ,
A A B B
p V p V (1) =

lungo l isobara BC si ha p
B
= p
C
B C
B C
V V
(2)
T T
=
, quindi dalla prima l egge di Gay-Lussac segue:

Ricaviamo V
B

dalla (1)
A A
B
B
p V
V
p
=
e sosti tuiamo nella (2)
A A C
B B C
p V V
T p T
=

dato che p
B
= p
C
e T
B
= T
A
A A C C
A C
p V p V
(3)
T T
=
si ha infi ne

Poich gli stati A e C sono del tutto arbitrari, l equazione (3) deve valere in
generale tra due qual siasi stati di equilibrio del gas, quindi si deve avere
pV
costante (4)
T
=

Rimane da stabilire il valore della costante. Notiamo che la quanti t pV/T
una quantit estensiva dato che proporzionale al volume del gas; quindi deve
essere proporzionale alla quantit di gas considerata. Possiamo allora scrivere

B
pV
k N (5)
T
=

dove N il numero di molecole del gas e k
B
una costante di proporzionalit.

11
Si trova speri mental mente che k
B
B
pV k NT (6) =
, chiamata costante di Boltzmann, non
dipende dalla natura del gas ed una costante uni versale che caratterizza il
comportamento dei gas perfetti ; la (5) pu essere riscri tta nella forma


L equazione di stato dei gas perfetti scritta in questa forma contiene il numero
di molecol e del gas che non una quanti t di diretto accesso sperimentale. Per
caratterizzare la quanti t di gas presente pi conveniente utilizzare un al tra
variabile, il numero di moli n, dove una mole cos defi nita: la quanti t di
sostanza che contiene un numero di mol ecole pari al numero di Avogadro N
A
=
6.022 10
23
Il numero n di moli ed il numero N di molecole sono quindi legate dalla relazione


A
N
n (7)
N
=

Sosti tuendo nella equazione (6) otteniamo pV=nN
A
k
B
pV nRT (8) =
T che riscriviamo nella
forma

dove
A B
J
R N k 8.314
K mol
= =

la costante universale dei gas perfetti.


L equazione (8) l equazione di stato dei gas perfetti.

Teoria cinetica dei gas
Come abbiamo pi vol te ribadi to, in una mole di gas sono contenute
6.02210
23
Nel segui to considereremo un gas perfetto, cio un gas estremamente
rarefatto per cui valgono le seguenti assunzioni:
molecole, un numero troppo elevato per pensare di descriverne il
moto singolarmente utilizzando le leggi della meccanica. Possiamo per
studiare il sistema utilizzando le leggi della statistica: queste ci permettono di
defi nire del le grandezze di insieme, ottenute mediando su un gran numero di
particelle che, come vedremo, si possono mettere in relazione con le variabili di
stato, cio con le grandezze macroscopiche che caratterizzano uno stato di
equilibrio.
1. il gas composto da un numero el evatissimo di molecol e, che chiameremo
particelle.
2. Le particelle interagiscono fra loro e con le pareti del recipiente solo

12
attraverso urti perfettamente elastici, in cui si conserva l energia
meccanica.
3. Sebbene durante le collisioni le molecole eserci ti no reciprocamente delle
deboli forze, l energia potenziale di queste interazioni del tutto
trascurabile rispetto all energia cinetica. Questo i mplica che tra un urto e
l altro le particelle seguono traiettorie rettilinee.
4. Le particell e sono considerate come punti materiali e quindi la loro energia
cinetica solo di traslazione.
5. Sul sistema non agiscono forze esterne. Questo implica che l e di rezioni di
moto del le particelle sono distribui te in modo isotropo, cio in modo uguale,
in media, in ogni direzione, e che non ci siano direzioni di moto privilegiate.

In quel che segue supporremo che il recipiente che contiene il gas sia fermo,
per cui la veloci t del suo centro di massa nulla. Se il sistema si muovesse di
moto uniforme, i risul tati che otterremo sarebbero validi solo nel sistema di
riferimento solidale con i l centro di massa.
Richiamiamo ora alcune defi nizioni di grandezze stati stiche di cui faremo uso
in seguito. Veloci t media e veloci t quadratica media
Si abbia un gas composto da N particelle uguali e sia v
i
Si defi nisce velocit media <v> la seguente grandezza:
la veloci t di ciascuna
di esse.

N
2
i 1
1
v v (9)
N
=
=




quindi per ottenere la velocit media bisogna sommare vettorialmente le
velocit delle singole particelle.
Si definisce velocit quadratica media la radice quadrata della somma dei
quadrati dei moduli delle velocit

N
2 2
qm i
i 1
1
v v v (10)
N
=
= =



Dato che
2 2 2 2
i x,i y,i z,i
v v v v = + + segue che:




13
N
2 2 2 2
x,i y,i z,i
i 1
N N N
2 2 2
x,i y,i z,i
i 1 i 1 i 1
2 2 2
x y z
1
v v v v
N
1 1 1
v v v
N N N
v v v
=
= = =
( = + + =

= + + =
= + +



dove abbiamo defi nito

N N N
2 2 2 2 2 2
x x,i y y,i z z,i
i 1 i 1 i 1
1 1 1
v v ; v v ; v v (11)
N N N
= = =
= = =



Quindi la velocit quadratica media si pu scrivere come


2 2 2 2
qm x y z
v v v v v (12) = = + +


Interpretazione microscopica della pressione
Supponiamo che un gas perfetto sia contenuto in un recipiente cubico di lato L
e supponiamo di seguire il moto di una singola particella rispetto al sistema di
riferimento indicato in gura 4.




La particella si muove all interno del recipiente e urta in maniera elastica
ripetutamente contro le pareti da cui viene riflessa (facciamo l ipotesi che non
ci siano urti tra l e particelle del gas).
Ad ogni urto, la particella inverte la direzione di moto seguendo le l eggi della
riflessione contro una parete (figura 5)


14


l angolo di incidenza e l angolo di riflessione sono uguali;
il modulo della velocit prima dell urto ugual e a quello della veloci t
dopo l urto
v v =

la componente della veloci t parallela alla parete non cambia:
y y
v v =
di conseguenza non varia la componente paral lela al la parete della quantit
di moto:
y y y y y
p p p mv mv 0 = = =
la componente della veloci t perpendicolare alla parete cambia di segno:

x x
v v =
di conseguenza la componente della quanti t di moto perpendicolare alla
parete cambia di segno:
x x x x x x
p p p mv mv 2mv = = =

La variazione di quantit di moto della molecola dovuta all impulso del la forza
che la parete eserci ta su di essa:
m
x x x
I p 2mv = =
per il terzo principio della dinamica la molecola esercita sulla parete un impul so
I
P
x
P m
x x x
I I 2mv = =
uguale in modulo e direzione e di verso opposto:


La molecola che ha urtato contro la parete si muove verso la parete opposta,
rimbal za su di essa e torna di nuovo verso la parete che stiamo considerando,
come illustrato ,in modo del tutto qualitativo non conoscendo l andamento

15
temporale della forza impulsiva, nella gura 6.


Ad ogni urto la molecola eserci ta sulla parete un impulso pari a
P
x x
I 2mv =
Se consideriamo un intervallo di tempo t qualsiasi, la molecola far n urti con
la parete esercitando sulla parete un impul so totale I
x
P
x x
I nI = uguale a:
Per ricavare n osserviamo che la mol ecola tra un urto ed il successivo percorre
lungo l asse x la distanza 2L (si muove avanti e indietro tra due pareti opposte)
con velocit uguale in modulo a v
x
x
2L
v
=
Il tempo che intercorre tra due urti

quindi il numero di urti n che la molecola fa nel tempo t pari a:
x
v t
n t
2L

= =


L impulso che la mol ecola esercita sulla parete nell intervallo di tempo t vale:
2
P x x
x x x
v mv
I nI t 2mv t
2L L
= = =


La forza media che la mol ecola ha esercitato sulla parete nell intervallo di
tempo t pari all impulso eserci tato diviso lintervallo di tempo:
2
x x
m
I mv
F
t L
= =


Dato che il gas composto da N particelle con ugual massa e con velocit
diverse, la forza media totale
2
x,i
parete,tot 2 2
i
m,x x,i x
i
v
1 Nm Nm
F mv v (13)
L L N L
| | | |
= = =
| |
\ . \ .



16
dove nel l ultimo passaggio abbiamo utilizzato la (11).
Analogamente, se consideriamo gli urti dell e particelle contro le pareti
perpendicolari all asse y e all asse z, la relativa forza media totale
parete,tot parete,tot 2 2
m,y y m,z z
Nm Nm
F v ; F v (14)
L L
| | | |
= =
| |
\ . \ .


Se non ci sono campi di forze esterni, come richiesto al punto 5 del le
assunzioni sul gas perfetto, non ci sono direzioni privilegiate, quindi
2 2 2
x y z
v , v , v devono avere lo stesso valore, cio
2
2 2 2
x y z
v
v v v (15)
3
= = =
Ne segue che:
2
qm parete,tot parete,tot parete,tot
m,x m,y m,z
v
Nm
F F F (16)
L 3
| |
= = =
|
\ .


Poich la pressione la forza diviso la superfi cie, la pressione eserci tata dal le
particelle sulle pareti
2 parete,tot
qm m,x
2 3
v F
Nm
p (17)
L L 3
| |
= =
|
\ .

(Attenzione a non confondere la pressione p che compare nella (17) con la
quanti t di moto delle particelle). Dato che Nm la massa totale di gas
presente nel volume L
3
= V il termine (Nm)/L
3
2
qm
1
p v (18)
3
=
la densit del gas, per cui la
(17) diventa

quindi la pressione di un gas perfetto proporzionale al la densit e al
quadrato della velocit quadratica media dell e particelle, calcolata rispetto
al riferimento in cui il centro di massa del sistema fermo.






17
Interpretazione microscopica della temperatura

Sosti tuendo L
3

= V nella equazione (17) si ha
2
qm
1
pV Nmv (19)
3
=


Questa equazione stata derivata sulla base di considerazioni puramente
teoriche e afferma che il prodotto della pressione per il volume
proporzionale al quadrato della velocit quadratica media delle mol ecole del
gas.
Ricordando la relazione dei gas perfetti possiamo allora scrivere:

2
qm 2 2
qm B qm
B
B
1
pV N m v
1 1 m
N m v k N T T v (20) 3
3 3 k
pV k N T

= =



Cio, in un gas perfetto la temperatura proporzionale al quadrato della
velocit quadratica media delle particelle, calcolata rispetto al riferimento in
cui il centro di massa del sistema fermo.
Quindi l energia cinetica media di una molecola uguale a
2
qm B
1 3
K mv k T (21)
2 2
= =

Quello che possiamo notare che trami te l e ul time due equazioni siamo riusci ti
a mettere in relazione delle grandezze non osservabili, la velocit quadratica
media e l energia cinetica media, con una grandezza macroscopica e misurabile,
cio la temperatura T.
Un modo al ternativo per scrivere l energia cinetica media il seguente:
sosti tuendo al la costante di Bol tzmann la sua espressione ricavata
precedentemente, abbiamo
A
3 RT 3nRT
K
2 N 2 N
= =
cio
3
N K nRT (22)
2
=

dove N K l 'energia totale del gas. Questa equazione mostra che l'energia
cinetica totale di un gas perfetto proporzionale alla temperatura.
Se fosse T = 0 K, l energia cinetica media del le molecole sarebbe nulla: tutte le

18
molecol e sarebbero ferme.
E possibile ricavare una relazione tra la veloci t quadratica media del le
molecol e e la temperatura, che coinvolge solo grandezze macroscopiche; dato
che la massa della molecola m=M/N
A
, con M massa molare, e k
B
=R/N
A
qm
3RT
v (23)
M
=

possiamo scrivere


Equipartizione dell energia
Coerentemente con l ipotesi fatta al punto 4 della definizione di un gas
perfetto abbiamo assunto che le particelle che compongono il gas siano
puntiformi e che di conseguenza il loro moto sia di pura traslazione. Questo il
caso dei gas monoatomici. Il fattore 3 che compare nell espressione
dell energia cinetica media (21) e total e (22) deriva dal fatto che ad essa
contribuiscono l e tre componenti del la veloci t quadratica media, cio
2 2 2
x y z
v , v , v e che queste sono uguali dato che per ipotesi le velocit sono
distribui te in maniera isotropa, cio in media uguale in tutte e tre le direzioni
spaziali. Quindi ne deduciamo il principio di equipartizione dell energia: ogni
grado di l ibert associato al moto delle particel le di un gas d un contributo
pari a
B
1
k T
2
allenergia cinetica media del le molecol e del gas.
Questo principio vale anche se il gas non monoatomico; in questo caso le
molecol e possono sia traslare che ruotare.
Se il gas formato da molecole biatomiche, ogni molecola ha un moto di
traslazione a cui, come abbiamo visto, sono associati tre gradi di libert;
inoltre pu ruotare in due modi diversi, quindi i gradi di libert sono in totale
3+2=5. L energia cinetica si equipartisce sui cinque gradi di libert, ognuno
dei quali contribuisce col fattore
B
1
k T
2
per cui si ha
B
5 5
K k T N K nRT (24)
2 2
= =

In generale se la molecola ha pi di tre atomi i gradi di libert sono 6 (3 di
traslazione e 3 di rotazione) e si ha
B
K 3k T N K 3nRT (25) = =

Quindi a parit di temperatura e di numero di moli, l energia cinetica di un gas
poliatomico maggiore di quella di un gas monoatomico.


19
Funzione di distribuzione delle velocit
In questo paragrafo discuteremo la distribuzione delle velocit del le mol ecole
allinterno di un gas che si trova in uno stato di equilibrio. Dato che il numero di
particelle nel gas elevatissimo, non ha senso chiedere quante particelle
abbiano velocit il cui modulo vale v, perch per rispondere alla domanda
dovremmo conoscere la veloci t di ogni particella; per possiamo calcolare
quante particelle hanno veloci t con modulo compreso tra v
1
e v
2
2
2 2
(26)

=
B
mv
k T
f ( v ) C v e
utilizzando la
funzione di distribuzione dell e velocit di Maxwell-Bol tzmann che vale per un
gas in equilibrio ad una data temperatura T


dove m la massa delle particell e (che si suppongono tutte uguali) e C una
costante di normalizzazi one. La funzione di distribuzione di
Maxwell-Bol tzmann mostrata in fi gura 6.



La grandezza f(v)dv esprime l a probabil it che una particell a abbia velocit
compresa tra v e v +dv.
La probabilit che una particella abbia velocit compresa tra due valori ni ti v
1

e v
2
, che indichiamo con P(v
1
vv
2
) data dall integrale di f(v)dv calcolato tra
v
1
e v
2
2
1
1 2
(27) =

v
v
P( v v v ) f ( v )dv
, cio

Inol tre, dato che la probabilit che una particel la abbia velocit compresa tra
zero e innito pari a uno, si ha
1
0
1 (28)

= =

P( v v ) f ( v )dv


perch questa condizione sia soddisfatta la costante C deve valere

20
3
2
4 (29)
2
| |
=
|

\ . B
m
C
kT


Il valore pi probabile del modul o della veloci t, v
p
2 2
3
2 2
p
2
2 0
2
2
v 1 41

| |
|
= =
|
\ .
=
B B
mv mv
k T k T
B
B B
df mv
C ve e
dv kT
kT kT
.
m m
, dato dal valore di v per
cui f(v) ha un massimo; possiamo determinarlo annullando la derivata di f(v)
rispetto a v:


Si noti che v
p
E possibile inol tre far vedere che v
tanto pi grande quanto pi al ta la temperatura del gas.
qm
sempre maggiore di v
p
A questo punto possiamo calcolare il numero dN di particelle con velocit
compresa tra v e v +dv; infatti esso proporzionale al numero total e N di
particelle e alla probabilit di trovare una particella con veloci t compresa
nell intervallo di velocit dv; quindi si ha
.
(30) = dN Nf ( v )dv

pertanto il numero di particelle che hanno veloci t compresa tra v
1
e v
2
2
1
1 2
(31) =

v
v
N( v v v ) N f ( v )dv


Vediamo ora come si calcola la velocit quadratica media utilizzando la funzione
di distribuzione. Per definizione
2
v
N
2 2
i
i 1
1
v v (32)
N
=
=


dato l elevatissimo numero di particelle possiamo sosti tuire la somma dell e v
2
i

con un integrale su termini infi nitesimi v
2
dN dove il termine dN serve per
contare quante particelle sono contenute nell intervallo dv; quindi possiamo
scrivere la (32) come segue

21
2 2
0
1
v v dN (33)
N

=



sosti tuendo a dN l espressione data nella (30) e a f(v) la (26),otteniamo
2
B
3
mv
2
2k T 2 2 4
0
B 0
1 m
v v f(v)dv 4 v e dv (34)
N 2 k T


| |
= =
|

\ .



Calcolando questo integrale si ottiene:

2 B
3k T
v (35)
m
=


La forma del la curva f(v) varia al variare della temperatura; essa mostrata in
gura 8


Se la temperatura aumenta f(v) si allarga, perch la probabilit di trovare
particelle con veloci t pi grande maggiore. Contemporaneamente la curva si
abbassa perch a causa della (28) l integral e di f(v) tra zero e infi nito, pari
all area sottesa dalla curva, deve essere sempre pari a 1. Inol tre aumenta il
valore di v
p
Interpretazione stati stica dell entropia.
, cio della velocit pi probabile

Bol tzmann ha proposto la seguente forma per l entropia

(36) =
B
S k log

dove il numero di stati microscopici corrispondenti ad uno stato

22
macroscopico. Questo stabilisce una semplice interpretazione probabilistica
del secondo principio della dinamica
Entropia massima massima probabilit
L utilizzo del logari tmo pu essere giustificato nel sequente modo.
In un sistema composto di due parti, leci to attendersi che l entropia sia sia la
somma delle due entropie del le singole parti S=S
1
+S
2
, ma il numero degli stati
totali e il prodotto del numero di stati delle due parti =
1
x
2
A ben guardare l entropia definita da Bol tzmann non assomiglia mol to alla
definizione di entropia della termodinamica classica. E sembra quasi di parlare
di cose quantit distinte.
. La funzione
logaritmo la funzione che ci permette di soddisfare entrambe l e richieste.
Facciamo vedere che in real t le due definizioni sono due aspetti della stessa
funzione di stato.
Supponiamo di far assorbire al nostro sistema una piccola quanti t di calore
dQ. L energia del sistema varia allora dalla quanti t E alla quanti t E+dQ. Come
varia l entropia di Bol tzmann?
( ) ( )
( )
( )
1
(37)


+ + = +

B
log E
S
log E dQ log E dQ log E dQ
E k E
Se identifichiamo
1
=

S
E T
allora ritroviamo la forma della termodinamica
classica
=
dQ
dS
T
.
Consideriamo ora un sistema isolato di energia total e E
0
, composto da un
sistema A e B di energia rispettivamente E ed E = E
0
Sia (E)dE il numero di stati microscopici con energia (macroscopica)
compresa tra E ed E+dE. Vediamo quanto vale la probabilit w(E) che il
sistema A abbia energia E.
-E.
Questa probabilit w(E) sar w(E)(E) (E
0
Quello che ci aspettiamo che w(E) si una funzione con un massimo mol to
pronunciato intorno ad un valore medio di E.
-E), con relativo al sistema A e
relativo al sistema B.
Vediamo per quale valore di E la nostra funzione ha un massimo.
Per comodit cerchiamo il massimo di
0
= + + logw( E ) log C log ( E ) log ( E E )
con C costante di proporzionalit indipendenteda E.
0 (38)

= =

logw( E ) log ( E ) log ( E )
E E E

Cio T=T . Associando perci =
B
S k log ( E ) ,
1
=

S
E T
ritroviamo ancora

23
la definizione di temperatura ma questa vol ta con un nuovo significato: la
probabilit massima si ha quando un sistema in equilibrio termico.

Enunciamo ora il teorema di Nernst.
Se S(T=0) = 0 allora =1. In parole, se alla temperatura di T=0 K il valore
dell entropia nullo, ci equivale a dire che vi un solo stato energetico
disponibile.
Questo in accordo con le affermazioni della meccanica quantistica la qual e
afferma che ogni sistema ha un suo stato fondamental e di energia minima.
A temperatura nulla sol o lo stato fondamentale contribuisce all entropia.

Potrebbero piacerti anche