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Riflessioni sul Seminario del 28/1/2012 PSICOLOGIA GENERALE

a cura della dottoressa Barbara Sini di Michele Lagala

Lapproccio della psicologia generale sperimentale suscita in molti studenti e psicologi un certo sgomento e talvolta fastidio, forse perch sentita come fredda, forse perch, nello sforzo di avere un approccio scientifico vicino a quanto viene riconosciuto alla medicina e alla fisica, sembra prendere le distanze da quella parte considerata pi psiche, pi vicina allidea di soggettivit, individualit, esclusivit dellessere umano, che si accompagna alla percezione della sua superiorit. Anche io mi sento fra gli psicologi sconcertati dallassociazione delle emozioni con la sperimentazione di laboratorio (a nessuno pu far piacere laccostamento con le cavie), per quanto mi senta pure affascinato, forse per la mia originaria formazione tecnica meccanica, dalla possibilit di avvicinare anche un ordine logico sovraordinato a una materia cos complessa e sfuggente, cercando di riconoscere anche nelle leggi della fisica, della termodinamica e nelle scoperte biologiche, alcune rappresentazioni dei meccanismi psicologici ed emotivi. alla base le emozioni Un tentativo di costruire una griglia di osservazione rappresentata dalle emozioni di base [Ekman, 2000], che sicuramente non esaurisce il tema delle mille sfumature che possono assumere ma offre un utile strumento per mettere in ordine la raccolta di informazioni. Poter ricondurre le manifestazioni emozionali alla serie rappresentata da felicit, sorpresa, paura,

rabbia, tristezza, disgusto e disprezzo sembra poter essere applicato immediatamente e in


modo semplice allosservazione dei casi, sia in ambito clinico che formativo. Pensare alle emozioni di base come descrittive di una struttura del pensiero sarebbe certamente illusorio ma pu essere una chiave per poter osservare le situazioni e stimolare riflessioni utili a costruirne un quadro. Daltra parte, il fatto di mettere in relazione le emozioni con specifiche manifestazioni corporee e fisiologiche, valutabili almeno sul piano qualitativo (al di fuori di un laboratorio) offre degli spunti su cui portare lattenzione allinterno della relazione.
Ho provato a tenere conto di questa classificazione nellosservazione di una classe di adolescenti che seguo in attivit trasversali allinterno di un corso di formazione professionale. Il percorso che gli propongo si svolge al di fuori della scuola per cuochi che frequentano quotidianamente, in contesti che permettano anche di stare allaperto, in contatto con la natura, ed basato principalmente su esperienze che li coinvolgano in azioni individuali e di gruppo. Ho trascorso un paio di giorni in immersione totale insieme a questi giovani, durante le attivit e in momenti conviviali come i pasti. stato un punto di osservazione privilegiato e attraverso la chiave di lettura delle emozioni di base mi si sono aperte considerazioni e domande sullespressione dei bisogni apparentemente tenuti nascosti: ad esempio in riferimento alle manifestazioni di felicit prima emozione di base e unica emozione positiva la ricerca del contatto, della relazione; oppure rispetto alla confusione che sembrano vivere fra felicit e divertimento, e forse la poca dimestichezza che spesso emerge con la pi genuina

gratificazione. Si pu assumere una diversa angolazione di osservazione nel considerare alcune manifestazioni di opposizione, apparentemente sciocche e superficiali, ma che possono nascondere profonde paure, legate principalmente allignoto pi che a qualcosa di davvero spaventoso; questo sentimento fondamentale, quello della paura, svela spesso un collegamento con qualcosa di ereditato attraverso il linguaggio in uso nella famiglia e le modalit relazionali in cui si cresce1. E ancora: come un sentimento come la rabbia sia una grande risorsa per un adolescente, indice di energia che chiede di esprimersi e come la sua assenza, o la pacatezza della sua espressione, sia forse molto pi inquietante dellagitata imprevedibilit giovanile, come se la rassegnazione potesse prevalere sulla capacit di sognare. Se pur prive di una valenza statistica si possono anche osservare ricorrenze nelle emozioni espresse e nella modalit con le quali vengono manifestate, riconducibili a fattori culturali e di appartenenza etnica.

Attraverso gli approcci sperimentali, che pur presentano contrasti nei presupposti teorici e divergenze nella visione dei significati delle rispettive evidenze riscontrate e interpretazioni, sembra delinearsi un essere umano in cui lemozione ha un valore strutturale, che gli da forma, sia dal punto di vista ontogenetico che da quello filogenetico. un animale molto capace A partire da due concetti ricorrenti della psicologia cognitiva: appraisal (la valutazione delle situazioni) e coping (il far fronte alle difficolt), che individuano i nodi di un modello di funzionamento basato sul feedback dei sistemi robotici automatizzati, emerge un umano complesso che tenta di regolare le sue interazioni, adattando il suo agire alleffetto che ne scaturisce, valutato e restituito da un meccanismo di retroazione circolare (feedback). Osservato da diversi punti di vista lessere umano presenta pi tensioni di sviluppo o obiettivi di sopravvivenza2, e per questi scopi, grazie anche alla capacit di emozionarsi, in grado di mettere in atto diverse funzioni: secondo la lettura cognitivista, luomo capace di risoluzione di problemi, anche grazie alla possibilit di assumere diversi punti di vista, di entrare in contatto con le situazioni, perch capace di provare emozioni e quindi di mettere in atto una funzione empatica; capace di sentirsi, immedesimarsi, nei panni di altro da se; il costruttivismo volge lo sguardo alla costruzione sociale di cui le emozioni sono un elemento costituente, nella negoziazione fra gli individui che assumono delle convenzioni, dei ruoli, dei significati reciproci. Lemozione esce dal mondo interno per diventare tessuto sociale 3; il neoevoluzionismo sottolinea la capacit di adattarsi allambiente nel processo di evoluzione della specie, in uno sforzo per la sopravvivenza di cui i punti precedenti possono essere funzioni il
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cfr P. Watzlawick, J.H. Beavin, Don D. Jackson, Pragmatica della comunicazione umana, Roma, Astrolabio, 1971, p. 64 2 Questa chiave di sviluppo del ragionamento sulluomo sembrerebbe molto vicina alla visione teleologica di Adler ed una delle molte associazioni che gettano un ponte fra psicologia sperimentale e psicoanalisi. C da considerare che Adler era medico, come del resto anche Freud, per quanto abbia forse preferito affrontare lesigenza, anche scientifica, di lavorare su unimpalcatura teorica distinta. 3 Anche Adler portato da studi e interessi intrapresi a considerare in modo importante il contesto in cui luomo inserito, vedendolo come prodotto della societ in cui vive.

cui scopo ultimo la perpetrazione di una discendenza. Allessere umano spetta la continuit filogenetica col passato, dalla quale prendono significato molti (almeno) meccanismi del cervello e del pensiero. Sono partito considerando, a monte di queste tre visioni, il modello di retroazione perch in ognuna di esse si pu individuare come meccanismo di base. Nel problem solving la lettura del risultato di unazione, o di un tentativo di risoluzione, che viene valutato per modulare lazione successiva. Lo stesso funzionamento si pu scorgere nellinterazione fra gli individui che adottano schemi relazionali in base al risultato di valutazioni reciproche basate sulla comunicazione verbale e non verbale, sulle espressioni facciali (a cui Fridlund, nei suoi studi del 1994 sulle facial display, attribuisce specifico scopo comunicativo con finalit sociali dette social motives) e la mimica corporea. Il sistema di feedback si articola fra gli individui e si pu estendere alla costruzione di dinamiche sociali e dellorganizzazione di comunit. La sintesi generale la offrono le modificazioni genetiche, culturali e comportamentali che, nelle diverse epoche, attraverso verifiche di efficienza ed efficacia, possono risultare pi o meno vincenti, e dalle quali ne emergono una selezione che tende a essere maggiormente adattiva. In questi cenni sembra evidente la centralit delle emozioni nellesperienza umana, a cui attualmente riconosciuto in modo ancor pi pregnante il ruolo strutturante nello sviluppo ontogenetico del pensiero, che parte indubbiamente da una base genetica, che permette e veicola le percezioni, ma si concretizza attraverso lesperienza e il senso ad essa attribuito mediante i vissuti emozionali. 4 Anche Adler afferma qualcosa di simile a proposito di un concetto che sar definito S creativo:
Non sono n leredit n lambiente che determinano la relazione col mondo esterno. Leredit gli assegna solo alcune doti. Lambiente gli fornisce solo alcune impressioni. Queste doti e impressioni e la maniera in cui egli ne fa esperienza cio linterpretazione che egli d di queste esperienze sono i mattoni che egli usa nelle specifiche modalit creative, per costruire le proprie attitudini verso la vita. 5

un animale molto capace In questo caso, come in tanti altri, lorientamento delle neuroscienze e della psicologia sperimentale concordano con alcune intuizioni espresse da psicologi psicodinamici. Per fare un altro esempio, Bion afferma limportanza della reverie della madre nella fase neonatale, in cui il bimbo non ancora in grado di interpretare e dare significato alle percezioni e alle sensazioni. Questi input percettivi ancora privi di senso, definiti da Bion particelle , possono essere terrorizzanti e angoscianti; la madre, attraverso lazione di holding come la definisce Winnicott pregna di emozionalit e empatia, mette a disposizione la sua funzione , affinch i contenuti scaturiti dal percetto diventino pensabili e sognabili, e il bambino acquisisca tale capacit di elaborazione la funzione per lappunto in modo autonomo.
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G. Bollelli, Le ragioni del cuore, Psicologia delle emozioni, 2008, Il Mulino. Articolo di A. Adler pubblicato come Introduzione al n. 1 Vol. 1 dellInternational Journal of Individual Psychology, N.Y., 1935., trad.it. in Rivista di Psicologia Individuale, n 33: 5-9 (1993)

Silvio Merciai, ricercatore valdostano, da tempo impegnato nel reciproco avvicinamento di neuroscienze e approcci psicodinamici, unito al movimento che da qualche decennio impegna molti studiosi dellarea pensiero-cervello. In effetti, la ritrosia di molti psicologi di cui accennavo allinizio solo un lato della medaglia. La tendenza degli studiosi stata per lungo tempo, forse per esigenze di semplificazione, di contrapposizione fra funzionalismo della mente e substrato materiale. molto interessante a questo proposito la definizione di Patricia Churchland del concetto di mente incarnata (embodied mind) che Merciai spiega come segue:
Il concetto di mente incarnata implica in senso stretto che le rappresentazioni mentali non siano astrazioni in relazione arbitraria con le cose che rappresentano (come un computer) ma che siano invece radicate in specifiche esperienze percettive e motorie la cui struttura dipende dalla struttura del corpo, un radicamento che deve essere tenuto in considerazione anche quando si pensa a esse in termini di concetti astratti.6

Sembra che questa rivelazione sia stata un primo segno di un modo integrato di considerare loggetto di studio mente. Detta in questo modo appare un uovo di Colombo, sembrerebbe assurdo non farlo, oltretutto il pensiero orientale tradizionale lo propone da sempre, mente e corpo non sono mai considerati separati. Si giunge quindi al tentativo di quella che diventata una corrente scientifica, la Neuropsicanalisi, di cui uno degli studiosi pi attivi e noti Mark Solms, fra le altre cose per un articolo, scritto nel 2004, intitolato Il ritorno di Freud 7 che stato eretto da molti a manifesto del movimento. In questo articolo lautore avvicina molte intuizioni del pensiero psicanalitico a fatti emersi nella ricerca sperimentale e neurologica: ad esempio la libido viene avvicinata al sistema appetitivo di ricompensa regolato dalla dopamina; oppure il fatto che le modalit illusorie e irrazionali di funzionamento dovute a un danno della regione limbica frontale sede di meccanismi inibitori dimostrerebbe lesistenza dellinconscio, e della sua modalit di funzionamento secondo il principio di piacere. Attraverso queste associazioni e appassionati ragionamenti, lautore porta allevidenza il fatto che i diversi punti di vista non allontanano da se stesso loggetto di studio che rimane sempre lo stesso, ma ne evidenziano le molteplici sfaccettature. Pur essendoci in questo movimento opinioni e posizioni che potrebbero risultare nuovamente dogmatiche, viene offerto lauspicio di un incontro fra gli approcci scientifici per il completamento di pensieri che hanno in definitiva un obiettivo comune, la cura di problemi di natura emozionale. Il dibattito su ogni argomento che potrebbe tendere ad una convergenza dei modi di intendere mente e pensiero sembra essere sempre intenso e controverso, con picchi polemici talvolta molto spigolosi da parte di autorevoli ricercatori che non risparmiano, nei contenuti e nei toni, i lavori di altri studiosi altrettanto autorevoli. Questa anche la sorte di una scoperta che trovo molto affascinante e che potrebbe far intravedere lincontro in un unico pensiero della complementariet e compenetrazione fra cervello e mente, ma che, oltre a essere stata eletta
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S. Merciai, B. Cannella, La psicoanalisi nelle terre di confine, 2009, Raffaello Cortina Editore, Milano (nota a p. 22) Solms M. (2004) Freud Returns, Scientific American, May;290(5):82-8. Tr. it. Il ritorno di Freud, in Mente & Cervello, n. 10, anno 11, luglio-agosto 2004, p. 46-54, Le Scienze.

entusiasticamente da una parte della comunit scientifica come rivelazione epocale, ha ricevuto da un altro fronte di studiosi un ridimensionamento spesso tagliente, fatto anche attraverso critiche sferzanti: mi riferisco agli studi sui neuroni a specchio e del fenomeno del mirroring. neuroni a specchio La scoperta casuale risale ai primi anni Novanta durante alcuni esperimenti condotti sulla scimmia dallequipe di studiosi dellUniversit di Parma (fra cui i pi noti rispetto alla scoperta sono Vittorio Gallese e Giacomo Rizzolatti) e ha portato allevidenza lesistenza di una tipologia di neuroni legati alla corteccia senso motoria capaci di attivarsi durante losservazione di unazione e dare luogo a un fenomeno chiamato mirroring che:
*...+ consiste essenzialmente nel fatto che la semplice osservazione delle azioni di unaltra persona o comunque di un conspecifico provoca unattivazione della corteccia motoria che somatotopica rispetto alla parte del corpo che si osserva compiere lazione, anche in assenza di qualunque movimento da parte del soggetto che osserva. (Merciai, Cannella, 2009, p. 139) Questo mi ricorda uno studio di cui ho letto anni fa, svolto negli Stati Uniti su quattro squadre di basket, di equivalente elevato livello tecnico, che per alcune settimane hanno seguito un allenamento rispettivamente specifico: una squadra ha proseguito il normale allenamento e gioco; unaltra ha aggiunto al normale allenamento fisico un addestramento attraverso la visualizzazione di situazioni tecniche e di gioco; unaltra squadra ha solo svolto laddestramento di visualizzazione, senza allenarsi nella realt fisica; lultima squadra (gruppo di controllo) ha completamente sospeso lallenamento. Nel confronto successivo a questo periodo le squadre avevano mantenuto diversi livelli di allenamento secondo una classifica che vedeva al primo posto la squadra che ha svolto entrambi i tipi di allenamento; al secondo posto pari merito, sorprendentemente senza differenze significative, le due squadre che avevano svolto rispettivamente solo lallenamento classico e solo laddestramento mediante visualizzazione. La squadra di controllo rimasta decisamente indietro rispetto alle altre.

Lapprofondimento degli studi sui neuroni a specchio ha portato a estendere la capacit di attivazione della corteccia senso motoria, a partire sia da uno stimolo visivo di un movimento sia dallo stimolo sonoro prodotto dal movimento stesso, verso unintegrazione di motricit e sensorialit. Il risultato di questo processo la codifica dellazione da parte del sistema di mirroring utile anche a costruire una rappresentazione della direzione dellazione stessa e dellinterazione del soggetto che la compie con gli oggetti e lambiente, fino a decifrare lobiettivo stesso e la serie di azioni necessarie per raggiungerlo, permettendo una funzione di valutazione e previsione delle situazioni. Da qui si giunge ad affrontare un aspetto che ha implicazioni molto importanti rispetto alla comprensione del significato delle azioni altrui, anche in relazione al contesto situazionale in cui immerso, contribuendo, in modo integrato con altri sistemi cerebrali, alla definizione di competenze e funzioni utili alla cognizione sociale.
Il possesso del sistema dei neuroni specchio e la selettivit delle loro risposte determinano cos uno spazio dazione condiviso, allinterno del quale ogni atto e ogni catena datti, nostri o altrui,

appaiono immediatamente iscritti e compresi, senza che ci richieda alcuna esplicita o deliberata operazione conoscitiva. (G. Rizzolatti, C. Sinigaglia, 2006, pp. 121-122 e 127)

Gli studi di Marco Iacoboni (2005) giungono infatti a comprendere, fra le funzioni dei neuroni mirror, anche la comprensione del perch dellazione, cio dellintenzione che lha motivata. Intuire
unintenzione accade quindi automaticamente ed dovuto a un soggiacente meccanismo di simulazione incarnata. (S. Merciai, B. Cannella, 2009, p. 143)

Rimanendo consapevoli delle inevitabili critiche e controversie che costringono a una ragionevole cautela le prospettive aperte da questi studi sono molteplici: riguardano lapprendimento di pattern dazione ma anche il linguaggio e la cultura della comunit di appartenenza, vale a dire le pi elevate competenze umane e lo sviluppo dellintelligenza stessa, mettendo laccento sullinterconnessione dellindividuo con il tessuto sociale. propositi Mi concedo unultima considerazione personale sul fatto che, nonostante le perplessit e il possibile sconcerto che possono sollevarsi quando ci si affaccia ad approccio teorico personalmente non usuale o addirittura in qualche modo opposto a quello che si avverte pi proprio, mantengo lidea che valga la pena sforzarsi di assumere punti di vista altrui (non solo quando si parla di intervento con i pazienti ma anche nello studio, nel lavoro e nella ricerca scientifica), cercando di liberarsi dai pregiudizi, pulendo lo sguardo, cavalcando un genuino interesse. Le accese polemiche che separano i fronti teorici, se pur interessanti e comunque stimolanti per un utile dibattito, hanno spesso laria di peccare (per quanto ho potuto leggere anche quando sollevate da stimabilissimi e riconosciuti studiosi) di quella miopia di cui ognuno di noi pu essere vittima, probabilmente per i limiti che lemotivit umana pone, costringendoci nella posizione di non saper adottare le adeguate contromisure ai nostri interessi ideologici e narcisistici. Lo esprimo nel tentativo di costruirmi un monito, un antidoto, o per lo meno un termometro da utilizzare nellaffrontare questi studi, che celano nel fascino della materia i rischi di distorsione del proprio sguardo, proprio per il fatto di incarnare allo stesso tempo la veste di soggetto, strumento e oggetto dellindagine.

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