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DIRITTO PENALE I - CORSO 2008/2009

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Le fonti del diritto penale si dividono in sostanziali, che permettono il sorgere della norma, e formali costituite dalle norme di diritto penale. Il problema delle fonti sostanziali del diritto penale vecchissimo, tanto che alcuni pensavano che traesse fondamento da principi morali. Ad esempio lomicidio sembra ripercorrere il non uccidere della morale oppure il furto sembra riprendere il non rubare della morale. Tuttavia vi sono norme penali che non hanno nessun collegamento o addirittura sembrano contrastare con la morale come lart. 54 c.p. che prevede la non punibilit di chi uccide una persona costretto dalla necessit di salvare se stesso od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona (ad esempio il naufrago che per salvarsi toglie il galleggiante ad un altro). Questa norma denota una condotta moralmente riprovevole, ma lecita anche se sopprime la vita altrui e lo stesso vale per il furto commesso dal coniuge a danno dellaltro o del figlio a danno dei genitori. Dette divergenze tra morale e diritto sono date dal fatto che la morale ha carattere soggettivo secondo il senso dato da ciascun individuo e attiene la salvezza delluomo, invece il diritto regolamenta i rapporti tra gli individui ed ha carattere sociale ed oggettivo e per questo pu accadere che vi siano condotte lecite sotto il profilo del diritto e contemporaneamente immorali. In sintesi la morale riguarda il forum internum, mentre il diritto il forum externum; tuttavia alcune norme morali, se riflettono il comune sentire, diventano anche sociali e possono essere recepite in norme giuridiche e questo accade nei vari campi del diritto. Per queste ragioni la fonte del diritto penale non pu essere la morale, infatti per alcuni il diritto delle genti (ius gentium, oggi diritto internazionale o comunitario), ma anche questa ipotesi non pu essere accolta perch costituisce una fonte ideale perfetta solo nellaccezione teorica, ma in concreto fallibile per la diversit culturale, storica e geografica tra i popoli. La fonte del diritto penale da ricercare nel diritto naturale, cio nellespressione dei rapporti tra gli uomini in un determinato contesto sociale. Tuttavia il diritto naturale costituisce la fonte sostanziale non solo del diritto penale, ma di ogni altro campo del diritto, perch il diritto nasce proprio dalla comunanza di vita tra gli uomini in un determinato contesto sociale e storico. Inoltre, al fuori del codice penale, vi sono altre norme inserite in svariate leggi che trattano materie di vario genere in campo amministrativo, ambientale, sulledilizia, sui rifiuti, eccetera che prevedono determinate fattispecie di carattere penale inserite in leggi speciali al di fuori del codice (sono oltre 3.000 e un esempio il testo unico di pubblica sicurezza). Nei primi del 900, la dottrina tedesca che faceva capo a Binding e Beling riteneva che il diritto penale dovesse essere visto in funzione di quella particolare conseguenza sanzionatoria che la pena, ma ben presto venne osservato che questa teoria individuava la fonte sostanziale del diritto penale nella morale. Alfredo Rocco fu uno dei principali sostenitori dellautonomia del codice penale nel senso che le sue norme incriminatici (i reati) non dipendono dalle altre collocate nellambito degli altri campi del diritto, un esempio sono le norme per la tutela della pubblica fede (falso ideologico, materiale, per contraffazione, ecc.), oppure i reati sul maltrattamento degli animali che non hanno rispondenza in nessun campo del diritto. Questa teoria di Rocco non condivisibile in quanto beni tutelati dalla norma penale non sono diversi da quelli del diritto civile, cio il bene vita, patrimonio, integrit fisica, eccetera in quanto il bene tutelato dal diritto penale lo stesso, ma solo la tutela data al bene diversa: nel diritto privato ai fini risarcitori e reintegratori (e in altri campo dellordinamento, come il diritto amministrativo, anche per altri fini), mentre nel diritto penale la tutela data da un particolare tipo di sanzione che la pena (pecuniaria e detentiva). Bisogna anche dire che la portata delle norme penali pi ampia rispetto a quelle del diritto civile. Ad esempio l'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica

esclude la punibilit (art. 51 c.p.) ed una scriminate che non opera solo nel campo penale, ma anche amministrativo, tributario, ecc. Un altro esempio lart. 45: Non punibile chi ha commesso il fatto per caso fortuito o per forza maggiore. La fonte sostanziale del diritto penale risponde allesigenza di tutela dei beni della societ e la funzione del diritto penale anche quella di difendere i beni non tutelati o che non lo siano in maniera sufficiente nelle altre branche del diritto. In questo senso si parla di estrema ratio del diritto penale, cio quando la tutela di determinati beni non sufficiente o addirittura assente in altri campi dellordinamento, sono salvaguardati dal diritto penale e in questo senso rappresenta una norma di chiusura dellordinamento. Il reato non pu aversi se non si ha la lesione o la messa in pericolo del bene giuridico e per questo svolge un ruolo fondamentale ai fini dellindividuazione della fattispecie penale, ma anche della stessa esistenza del reato. Questo il principio della necessaria offensivit del bene giuridico ai fini della sussistenza del reato che la ratio di tutte le norme penali. Lart. 49, secondo comma, c.p. (reato supposto erroneamente e reato impossibile) dispone: La punibilit altres esclusa quando, per la inidoneit dell'azione o per l'inesistenza dell'oggetto di essa, impossibile l'evento dannoso o pericoloso. Questa norma oltre a definire il reato impossibile, contiene anche il principio di necessaria offensivit al bene giuridico ai fini della sussistenza del reato. Per inesistenza dell'oggetto si intende loggetto materiale del reato, cio su cui c stata lazione criminosa. Ad esempio sparare ad un cadavere: questo loggetto del reato, perch contro il cadavere vi stata lazione criminosa e per questo rende impossibile il reato di omicidio, anche se vi pu essere il reato di vilipendio di cadavere punito dallart. 410 c.p. Quindi, il principio di necessaria offensivit ha una valenza di generale, per cui necessaria una lesione o anche una semplice esposizione a pericolo di un determinato bene affinch vi si un reato. Se il comportamento tenuto dal soggetto non offensivo di un determinato bene, non costitutivo di reato perch non si realizza la fattispecie tipica. Un esempio il falso grossolano o innocuo, dove loffesa del bene giuridico solo apparente, come avviene quando si cerca di spendere una moneta palesemente falsa perch molto difficile che possa carpire la buona fede di qualcuno. Un altro esempio lagente provocatore: se un infiltrato della Polizia entra in una organizzazione criminale, spacciando anche droga, la sua condotta criminosa, ma la sua finalit lecita perch finalizzata ad assicurare alla giustizia dei criminali. Bisogna distinguere linidoneit o la idoneit degli atti, dallinidoneit o idoneit dellazione: Gli atti sono una parte del comportamento (insieme con altre condizioni); in base allart. 56 c.p. lidoneit degli atti determina lesistenza del reato tentato. Lazione la condotta considerata nel suo complesso, cio il comportamento complessivo dellagente costituito da una pluralit di atti. Per inidoneit dell'azione alla realizzazione delittuosa sintende che non idonea ad essere costitutiva di reato e cio a determinare levento, perch si dimostra inoffensiva verso il bene giuridico tutelato dalla norma penale. corretto usare il termine offensivo del bene giuridico anzich lesivo, perch a volte la tutela del bene dato dalla norma penale non in funzione solo della sua lesione, ma pu essere sufficiente il pericolo a cui viene esposto, ad esempio nel caso di tentativo di furto e per i reati ambientali. Sono fattispecie tipizzate dal legislatore in cui il bene giuridico tutelato per la semplice esposizione al pericolo, infatti esistono le c.d. fattispecie a tutela anticipata (ad esempio quelle sui reati sessuali o tentato incendio) tipizzate in funzione della semplice esposizione a pericolo del bene giuridico tutelato. La norma penale non detto che tuteli un singolo bene giuridico, ma spesso nellambito della stessa norma vengono tutelati pi beni giuridici (reati plurioffensivi). Ad esempio nei reati contro la P.A. (peculato, abuso in atti dufficio, concussione, eccetera) quasi sempre si tutela oltre al patrimonio anche lobiettivit, la discrezionalit, limparzialit della Pubblica Amministrazione. Addirittura nei 2
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reati contro la pubblica fede sono tutelati due o tre beni giuridici (oltre alla pubblica fede, lobiettivit, il patrimonio delle vittime). Per Franco Bricola1 nei reati plurioffensivi non si pu prescindere dal considerare tutti i beni tutelati con la conseguenza che non si pu parlare di esistenza del reato se uno dei beni giuridici non viene leso. Ad esempio se non si in presenza di un pubblico ufficiale non esiste il peculato. Il Codice Rocco2 entrato in vigore il 1 luglio 1931 (approvato nel 1930), ma la prima fonte normativa del diritto penale la Costituzione, entrata in vigore il 1 gennaio 1948, che ha portato ad una evoluzione interpretativa delle norme codicistiche dovuta alla nuova realt sociale soprattutto per lavvento della democrazia3. LA COSTITUZIONE E IL CODICE PENALE La Costituzione ha conservato molti principi contenuti nel codice penale del 1930, anche se sono pochissime le norme costituzionali che possono essere richiamate nel diritto penale. Fondamentali sono soprattutto gli artt. 25 e 27 della Costituzione dei quali il primo detta alcuni principi di cui il secondo comma da solo ne sancisce tre: riserva di legge delle norme penali, il principio del nullum poena et nullum crimen sine lege e il principio di irretroattivit della legge penale, invece il codice Rocco li diluisce in due norme: lart. 1 e lart. 2 primo comma. Nessuno pu essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso (art. 25 Cost. secondo comma). Questa norma costituzionale racchiude il principio di riserva di legge delle norme penali, invece lart. 1 c.p. dispone: Nessuno pu essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, n con pene che non siano da essa stabilite. Larticolo della Costituzione afferma i principi del nullum crimen sine lege e nulla poena sine lege, ma il codice Rocco pi analitico rispetto al legislatore costituzionale. Poi, lart. 2, dedicato alla successione (o irretroattivit) delle leggi penali, dispone: Nessuno pu essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato. Quindi, in maniera pi chiara rispetto allart. 25 della Costituzione, il codice esclude la punibilit per un fatto che non sia gi previsto dalla legge come reato. Con lart. 25 il legislatore costituzionale dicendo nessuno pu essere punito ha sintetizzato i principi espressi negli artt. 1 e 2 del codice penale, anche se le punizioni esistono anche negli altri rami dellordinamento (ad esempio lammenda una sanzione sia penale che amministrativa). Per il principio di irretroattivit della norma penale dellart. 25 (in questo caso si sposa con quello di tassativit) i reati e le pene devono essere introdotti con legge e possono disporre solo per il futuro e mai per il passato.
Franco Bricola (1934 1994) stato un giurista italiano, esperto di diritto penale. Il codice penale attualmente in vigore in Italia il frutto di un percorso legislativo durato 5 anni, dal 4 dicembre 1925, giorno in cui venne pubblicata la legge n. 2260 con la quale il governo venne delegato ad emendare il codice penale allora in vigore (c.d. codice Zanardelli), al 19 ottobre 1930 giorno in cui venne promulgato il codice con Regio Decreto 19 ottobre 1930, n. 1398 ed entrato in vigore il 1 luglio 1931. Il regio decreto di promulgazione riporta in calce le firme del Re d'Italia Vittorio Emanuele III, Capo del Governo Benito Mussolini, e del Ministro della Giustizia Alfredo Rocco e anche per questo chiamato codice Rocco. 3 Dagli anni 60 si sono avuti tantissimi tentativi di riforma del Codice, lultimo della Commissione di Pisapia, con il governo Prodi, per nessuno di questi si mai realizzato. Ci nonostante, tantissime norme del Codice Rocco conservano la loro piena attualit e vigenza, non solo, ma si scoperto che nonostante qualcuno avesse dubitato della costituzionalit di tante norme, in realt bastava interpretarle nella maniera giusta per fugare ogni dubbio. Soprattutto le norme della parte generale hanno un loro fondamento liberale tale, da poter essere conservate intatte, in tutti quanti i progetti di riforma. Da rilevare che mentre il codice penale ha un numero di norme abbastanza limitato, poi c una dispersione di fattispecie penali nellambito di svariate norme (pi di 3000 leggi speciali) in relazione a materie e situazioni diversissime, al fine di dare a queste una maggiore tutela. Sia il progetto Nordio e sia il progetto Pisapia (che sono gli ultimi progetti di riforma) avevano cercato di ridurre il numero dei reati, limitandoli a quelli che significativi perch tenere una miriade di reati bagatellari, cio di scarsa importanza, finiscono per appesantire la giustizia impedendo che si faccia veramente giustizia, senza considerare del problema della certezza della pena.
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Il legislatore costituzionale sembra che abbia accentuato maggiormente laspetto della punizione, lasciando sottinteso che il reato deve essere disposto da una legge, cio il principio nullum crimen sine lege, perch manca lesplicita disposizione del codice: nessuno pu essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge. Tanto che alcuni hanno obiettato la costituzionalit dellart. 2, primo comma, c.p. per lantinomia con lart. 25 secondo comma della Costituzione. Il principio di legalit sancito nellart. 25, anche se era gi espresso e in maniera inequivoca nellart. 1 del codice Rocco in cui vi sia il principio della riserva di legge per i reati (nullum crimen sine lege) che per le pene (nulla poena sine lege), oltre al principio di irretroattivit della legge penale nellart. 2 primo comma, per mentre gli articoli del codice penale sono modificabili con legge ordinaria la Costituzione no. Giovanni Leone4 ha affermato che non si pu assolutamente prescindere da una interpretazione organica dellart. 25, secondo comma, con il codice penale perch il riferimento fatto alla legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso, implica necessariamente che la commissione del fatto subordinata allentrata in vigore della legge. Una interpretazione seguita poi in maniera unanime dalla dottrina e dalla giurisprudenza. Giovanni Leone ha interpretato il secondo comma dellart. 25 in un manoscritto di centinaia di pagine, affermando che con quella norma si voleva ribadire il principio dellirretroattivit della legge penale e quello della riserva di legge per i reati e le sanzioni penali. Il principio nullum crimen sine lege importantissimo perch non vi potr essere un fatto costitutivo di reato se non espressamente previsto da una legge e questo principio si collega allaltro per il quale nessuna pena (non incriminazione) potr essere inflitta se non in base ad una legge. Del resto la pena una sanzione esclusiva del diritto penale, mentre negli altri campi del diritto esistono altri tipi di sanzioni o conseguenze giuridiche (ripristinatorie, risarcitorie, rideterminatorie, finanche misure di sicurezza, eccetera), ma mai sanzioni penali le quali sono riservate alla legge e possono riguardare solo i reati. Il terzo comma dellart. 25 dispone: nessuno pu essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge. Per qualcuno questa norma limitata allambito del diritto penale, ma si preferito riferirla a tutte le misure di sicurezza e non solo a quelle di carattere penalistico. Lart. 27 della Costituzione detta altri tre principi essenziali in altrettanti commi: la responsabilit penale personale; limputato non considerato colpevole sino alla sentenza definitiva di condanna; le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanit e devono tendere alla rieducazione del condannato. Il primo comma dellart. 27 sancendo che la responsabilit penale personale non riferita allindividuo, ma alla persona con tutto il suo bagaglio culturale, intellettivo e volitivo, morale e nellambito di un determinato contesto storico, giuridico e sociale. La responsabilit penale esiste solo se il fatto, previsto dalla legge come reato, commesso con coscienza e volont, inoltre per sussistere la colpevolezza deve essere attribuibile allindividuo nelle sue componenti fisiche e psicologiche. Si ha responsabilit oggettiva sulla base del solo nesso di causalit materiale tra il soggetto e levento, prescindendo da qualsiasi considerazione dellelemento psicologico o volitivo dellagente. Nellambito del diritto civile si ha responsabilit oggettiva del titolare per i danni causati dai suoi animali (ad esempio il padrone responsabile per i danni causati dal suo cane) oppure (secondo alcuni) nel caso della responsabilit per deposito dei beni, in entrambi le situazioni si prescinde da qualsiasi valutazione dellelemento psicologico del responsabile.
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Giovanni Leone , nato a Napoli nel 1935, ha insegnato Diritto e Procedura Penale nelle Universit di Messina, Bari, Napoli e Roma. Ha partecipato alla seconda guerra mondiale, meritandosi un encomio solenne. Medaglia d'oro al merito della cultura e avvocato penalista tra i pi grandi d'Italia, nonch autore di numerosissime pubblicazioni giuridiche, tradotte in lingue straniere. stato Presidente della Repubblica dal 1971 al 1978 (dimissionario).

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Nel diritto penale, invece, per espressa previsione dellart. 27, non possibile che vi sia colpevolezza per responsabilit oggettiva, ma deve esserci coscienza e volont dellautore del fatto. Il principio del primo comma dellart. 27, la responsabilit penale personale, non fa riferimento ad un mero elemento psicologico, ma, come ha precisato la Corte costituzionale nella sentenza 364 del 1978, significa che vi deve essere la colpevolezza, al di sopra ed al di fuori del semplice nesso psicologico, nel senso che lagente deve aver voluto quel comportamento illecito. Questo concento non contenuto in maniera espressa nellart. 27, ma dovendo ermeneuticamente (interpretativamente) determinare il principio della personalit della responsabilit penale, il fatto deve essere espressione della persona umana e quindi deve contenere sia lelemento psicologico che della colpevolezza nel senso di volerlo come fatto illecito. Inoltre, affermando che la responsabilit penale personale, lart. 27 esclude ogni possibilit di attribuire il reato ad enti collettivi, con o senza personalit giuridica. Tuttavia lesigenza di estendere la responsabilit penale anche a questi sempre stata molto forte, anche al fine di reprimere fatti come quello di attribuire reati a prestanome di societ (in alcuni casi trattasi di persone molto anziane, incapaci o il coniuge) solo formalmente responsabili. Nellart. 27 della Costituzione il secondo comma concerne il diritto processuale penale: limputato non considerato colpevole sino alla condanna definitiva. Lazione penale obbligatoria, non c discrezionalit da parte del pubblico ministero di avviare delle indagini sulla base di una denuncia, di una querela ovvero quando un pubblico ufficiale gli trasmette una notizia di reato, anche se comunque deve verificarne la fondatezza. Il terzo comma dellart 27 sancendo che le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanit e devono tendere alla rieducazione del condannato, afferma due principi: le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanit; devono tendere alla rieducazione del condannato5. Da questi principi si desume che il legislatore costituzionale considera la libert personale un bene assolutamente primario, per cui limitare la libert di un soggetto di per s una pena sufficientemente grave e quindi se questa espiata in maniera tale da avvilire il sentimento della persona oltremodo ingiusta. Quando il codice Rocco entrato in vigore le pene venivano eseguite in maniera diversa perch si riteneva che attraverso lesecuzione della pena il reo dovesse sentire anche una forma di avvilimento quasi in contrappeso al reato commesso. Ma gi nellambito del Codice Zanardelli si iniziava da affermare il principio che lesecuzione della pena non dovesse coinvolgere anche la persona fisica e morale per cui, per esempio, le pene corporali non potevano essere ammesse6.
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Prima del codice Rocco, il detenuto era considerato un numero, soggetto ad una serie di angherie e limitazioni dei suoi diritti con impiego perfino di punizioni corporali. Cesare Beccaria nella sua opera Dei delitti e delle pene, volgeva un monito al legislatore affinch non vi fossero pene corporali che purtroppo erano la norma nelle carceri, dove il detenuto era considerato un soggetto abietto (spregevole). I letti di contenzione (letti in cui il detenuto era costretto allimmobilit) sono stati utilizzati nelle carceri di Poggio Reale, Porto Azzurro e diversi altri almeno sino al 1975. 6 Grazie al libro dei delitti e delle pene del Beccaria si incominci a far strada nella coscienza sociale il principio che le pene corporali non dovessero essere pi ammesse nellambito dellesecuzione delle pene. Tuttavia per il Beccaria la pena detentiva non deve prevedere pene corporali, ma non le esclude totalmente limitandosi ad una sorta di distinzione tra le pene, anzi in determinati casi ammette la possibilit di ricorrere a pene corporali nei confronti dei detenuti. Certo che Beccaria infranse un tab e cio che lesecuzione di una pena detentiva poteva essere accompagnata da una pena corporale, anche se i c.d. letti di contenzione furono eliminati negli anni 60, quindi ben dopo dellentrata in vigore della Costituzione, quando nelle carceri di Poggio Reale cerano ancora i sotterranei dove venivano astretti sui letti di contenzione i detenuti pi difficili. In questo senso prima si oper sul vestiario dei detenuti e sulle loro condizioni di vita ad esempio evitando che i loro bisogni corporali dovessero essere tenuti davanti ai compagni di cella. Inoltre una legge del 65-67 elimin unaltra forme di avvilimento dei detenuti legata al diritto allinformazione, perch prima non era permesso accedere alla lettura di giornali o di libri, ma anche quella di potere avere un vitto definito stabilendo che il detenuto poteva avere la carne

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Soprattutto dal 1957 giungono una serie di leggi che riconoscono i diritti del detenuto, anche perch non riconoscerli controproducente e contrasta col principio di rieducazione del condannato7. C stato un lungo e lento percorso per arrivare a considerare il detenuto come persona portatore di diritti umani e che lesecuzione della pena detentiva non fosse in contrasto con al senso di umanit, anche se si trattava di persone che avevano commesso reati particolarmente gravi. Tuttavia questo obiettivo non stato pienamente raggiunto perch le carceri italiane hanno notevoli problemi tra cui il sovraffollamento e la frequente mancata divisione tra i detenuti in custodia cautelare da quelli che scontano una pena definitiva. Oggi il detenuto pi informato dei suoi diritti, ma alcuni di questi non possibile concretamente garantirli e per evitare tumulti della popolazione carceraria e supplire a queste mancanze vengono concesse delle agevolazioni tra cui le celle aperte (la circolazione libera dei detenuti in alcune zone del carcere) e la possibilit di avere un televisore in cella. In tal modo si giunti alla c.d. umanizzazione della pena che completamente diversa dal senso di umanit sancito dallart. 27. Inoltre lo stesso articolo dispone che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato, un principio apparentemente in contrasto con la funzione primaria della pena carceraria che lafflizione del condannato per la lesione del bene giuridico di cui il reo si reso responsabile. Tuttavia con il tempo si confuso il principio che le pene detentive non devono essere in contrasto al senso di umanit con quello della umanizzazione delle pene che invece estraneo alla ratio della Costituzione che pu portare a eccessi o esasperazioni. L'altro principio sancito al 3 comma dellart. 27 che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato, una norma che non precettiva, ma programmatica per cui il devono si riferisce soprattutto alla rieducazione del condannato che deve avvenire negli istituti penitenziari. In particolare la Consulta, con la sentenza 364/88, ha evidenziato che analizzando il combinato disposto del 1 comma e 3 comma dellart. 27 della Costituzione, si deduce lassoluta necessit della colpevolezza in ordine alla rimproverabilit del fatto costitutivo di reato e quindi che non pu esserci una responsabilit oggettiva: infatti non potrebbe avere senso una sanzione penale in funzione della rieducazione del condannato, se questo non colpevole nella realizzazione del fatto, perch non ha senso la rieducazione di chi non ha colpa. Sin dalle prime elaborazioni concettuali la funzione della pena viene vista, soprattutto nella sua afflizione, come una risposta al reato realizzato. Quindi la risposta sanzionatoria dello Stato commisurata alloffesa del bene giuridico che ha anche una funzione retributiva non solo nei confronti della vittima del reato, ma soprattutto riguardo allo Stato in quanto, nel campo del diritto pubblico, le norme penali sono poste a tutela dellintera collettivit. La privazione della libert personale, proprio perch la libert di movimento e di agire un bene molto importante, anche al fine di esprimere la personalit dellindividuo e quindi la pena detentiva innanzitutto ontologicamente8 afflittiva, ma non da meno quella pecuniaria perch colpisce la capacit economica del reo. La pena assolve anche ad una funzione preventiva di carattere generale e deterrente, perch i cittadini vedono la pena come un monito affinch ci si astenga dal commettere reati per evitare una pena che pu essere anche pi pesante in presenza precedenti condanne (recidiva). Nel momento in cui comminata una pena detentiva si ha anche una funzione di neutralizzazione del reo, cio la pena detentiva uno strumento per estromettere il reo dalla societ sana. Per non vanificare la funzione preventiva generale o speciale, la funzione di neutralizzazione del reo da sola non sufficiente, perch se lo Stato non fa nulla per reinserire nella societ il
per due volte a settimana, ma anche il c.d. sopravvitto, cio poter comprare qualcosa di pi per le esigenze personali (medicinali, viveri o altro) per chi ne avesse la possibilit economica. 7 Solo dopo lentrata in vigore della Costituzione, si considerato il detenuto nel rispetto dei diritti inviolabili della persona e nel 1975 intervenuta una legge con una tabella che stabiliva lapporto calorico minimo del vitto dei detenuti, poi si consentito luso di abiti civili e non quelli carcerari, di poter indossare la cintura, di poter leggere e cosi via. 8 Che si riferisce all'essere in generale, alle sue strutture immutabili, oggettive e reali; che riguarda l'ontologia.

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condannato durante l'esecuzione della pena, non si evitano quelle forme di recidiva che sono ancora pi pericolose e di maggiore allarme sociale. La pena esplica una funzione preventiva maggiormente nei confronti del delinquente c.d. primario, cio chi delinque per la priva volta, in quanto non avendo esperienze carcerarie ha terrore della detenzione. Al contrario chi stato spesso in carcere vede questa pena addirittura positivamente, soprattutto se appartiene a famiglie mafiose perch supportato con ogni mezzo lecito ed illecito. Per alcuni la pena carceraria pu diventare addirittura una scuola di delinquenza o comunque una possibilit di avvicinamento a detenuti esponenti delle cosche mafiose, per cui importantissimo che l'esecuzione della pena non rimanga fine a se stessa. Il concetto di rieducazione non pu essere ancorato al lavoro, anche perch non sempre i delitti vengano commessi per soddisfare fabbisogni economici, infatti vi sono delitti sessuali, gli omicidi, i delitti politici che possono non avere alcuna rilevanza economica per il reo e quindi il concetto di rieducazione deve essere necessariamente personalizzato per essere utile9. Per questo sorsero istituti penitenziari differenziati, ma solo con la ristrutturazione di alcuni istituti si cercato di dare una risposta alla funzione rieducativa della pena, prevedendo la figura del criminologo, psicologo o anche solo del cappellano per dare un sostegno morale ai detenuti. La rieducazione affidata alle sporadiche forme di avviamento al lavoro, di scolarizzazione10 ed alla catarsi umana e cio alla volont dei singoli di purificarsi dai crimini commessi. La situazione drammatica, per il detenuto non quello degli anni '50 perch oggi pu leggere il giornale, viene ammesso ad una forma di scolarizzazione che gli consente di iniziare a conoscere i suoi diritti e questo pu portare il detenuto a manifestare il suo dissenso anche in maniera violenta (andando sui tetti, appiccando fuoco nel carcere, gridando, ecc.). Per rimediare a questa situazione i direttori degli istituti di pena cercano, ma anche chi occupa posti ben pi alti a livello ministeriale, di accontentare il pi possibile i detenuti per alleviare la loro condizione ed evitare manifestazioni di dissenso violente ed anche per questo il codice penale prevede pene sostitutive ed alternative. Lo stesso ergastolo solo nominalmente una pena che si protrae per tutta la vita del condannato, in realt, attraverso una serie di meccanismi tra i quali fondamentale l'istituto della liberazione
Negli anni '60 sorto un centro pilota di osservazione e di trattamento di Rebibbia (casa circondariale di Roma), direttore De Tullio (appartenente ad una scuola positiva). Un centro molto diverso dal carcere di Rebibbia attuale dove erano ammessi un numero limitato di detenuti uomini c.d. giovaniadulti dai 18 ai 25 anni che dovevano scontare una pena non inferiore ai 36 mesi, perch dovevano essere avviati in un programma di rieducazione che per avere efficacia aveva bisogno di un minimo di permanenza nell'istituto. Si trattava di poche decine di detenuti sottoposti ad osservazione e trattamento da parte di una equipe di psicologi, criminologi, medici, psichiatri, sociologi composta di almeno una decina di persone (compreso il cappellano) che esaminavano la personalit dei detenuti per i primi tre mesi per determinarne le attitudini in relazione al tipo di reato commesso, oltre a ricercare eventuali deficienze psicosomatiche che potevano averli determinati e nel caso potevano essere avviati in un centro clinico. Dopo tre mesi di osservazione si determinava un trattamento personalizzato per ognuno che poteva riguardare lattivit lavorativa in relazione alle sue attitudini, al titolo di studio, eventuali specializzazioni e competenze specifiche. Si cercava di verificare le attitudini lavorative del detenuto, perch c'erano tantissime possibilit lavorative a Rebibbia a cominciare dalla sartoria a quella della carrozzeria, allidraulica, inoltre vi erano scuole di avviamento professionale, scuole medie e addirittura dei centri di lavorazione della Ticino e di un'altra fabbrica di materiale elettrico. Quindi si favoriva lavviamento al lavoro e se non ci fosse stata la tipologia di lavoro idoneo al caso concreto non era esclusa la possibilit di consentire un lavoro fuori dal carcere con una sorveglianza speciale. Dopo sei mesi di questo trattamento il detenuto veniva sottoposto ad un'ulteriore osservazione di altri tre mesi per verificare se vi fossero stati benefici ovvero se era necessaria qualche modifica al trattamento raccogliendo anche le richieste dellinteressato. I detenuti sottoposti al trattamento vivevano in celle singole, dove ognuno di loro le poteva personalizzare, vi era libert di accesso alla mensa e potevano richiedere, a volte gratuitamente, un vitto differenziato, esisteva il teatro, c'era il campo da calcio e strutture per svolgere alcuni sport. Dopo un anno di trattamento il detenuto poteva lavorare allesterno, godeva di un numero di permessi sempre maggiori, pur restando sorvegliato e con una forma di tutoraggio. Dal 1960 al 1975, quando il centro pilota di Rebibbia stato chiuso, i casi di recidiva accertati sono pochissimi e questo manifesta la bont dell'iniziativa e come l'esecuzione della pena potesse essere attuata in maniera rispondente al dettato costituzionale. I limiti dell'istituto di osservazione e trattamento di Rebibbia era dato dal costo elevato (lo Stato non aveva la forza economica per estendere questi centri su tutto il territorio nazionale) e dal fatto che privilegiava solo poche decine di detenuti rispetto alle migliaia che ne costituivano la totalit, anche perch interessava solo i giovani fino a 25 anni di et e questi elementi portarono alla chiusura del centro ed allabbandono del progetto. Tuttavia si cerc di trasfondere i risultati ottimali raggiunti, in alcuni penitenziari che potevano offrire la possibilit di una esecuzione della pena differenziata che almeno cercasse di ispirasi ad una forma di rieducazione. Cos nel carcere di Civitavecchia e in altri (5 in tutta Italia) si attu un trattamento per giovani-adulti, ma anche questa volta il risultato non fu soddisfacente soprattutto perch rimaneva la necessit di dover continuare a richiedere dei finanziamenti che i privati non erano pi in grado di concedere e quindi doveva provvedervi lo Stato e soprattutto le regioni, ma queste non avevano una forza economica sufficiente allelevato numero di detenuti. 10 Si cerc di assicurare l'alfabetizzazione dei detenuti per dare almeno listruzione elementare e una formazione professionale retribuita con 1 o 2 euro al giorno che dava la possibilit di comprarsi qualcosa di sopravvitto, in alternativa alcuni effettuano le pulizie o facevano gli spesini, cio facendo la spesa per acquistare generi di consumo nello spaccio (la rivendita) del carcere.
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condizionale, trascorso un certo periodo di tempo e se il detenuto ha dato segni di rieducazione pu essere rimesso in libert dopo il vaglio della magistratura di sorveglianza. Quindi abbandonare la rieducazione dei detenuti assolutamente sbagliato e tra l'altro, molte volte la carcerazione pu avere degli aspetti pi deleteri che positivi soprattutto in relazione al carattere rieducativo della pena, per cui per i delinquenti primari non consigliabile che dopo la prima condanna debbano essere avviati in una casa di detenzione, perch molte volte lo stesso processo penale e l'essere stati condannati ad una pena, specie se di breve durata, pu essere un monito adeguato affinch il soggetto non commetta pi reati. Il discorso diverso per i c.d. recidivi, salvo poi dover verificare per altri ancora la loro capacit a delinquere, per i quali le pene di breve durata non sortiscono nessun effetto rieducativo. La pena ha anche una funzione retributiva per il debito che il condannato deve pagare nei confronti dello Stato, perch il diritto penale fa parte del diritto pubblico e quindi tutela i valori della collettivit di cui lo Stato si fa portatore, ma anche una forma di risarcimento nei confronti della vittima del reato per il quale il risarcimento del danno in sede civile pu non essere considerato sufficiente. In questo senso la limitazione della libert personale, quale bene primario, il contrappasso e il deterrente per il comportamento penalmente rilevante. La pena ha, quindi, una funzione di prevenzione di carattere generale e speciale: di carattere generale perch la sanzione penale un deterrente per chiunque; di carattere speciale perch un deterrente per lo stesso condannato a non commettere altri reati in quanto pu comportare pene maggiori come nel caso della recidiva. Nellambito del diritto penale la soggettivit ha una valenza non univoca, in quanto necessario determinare quel legame tra il soggetto e il fatto, cio la persona deve possedere quelle particolari attitudini e qualit che rendono possibile la commissione del reato. In altre parole, la persona deve avere quelle componenti di carattere soggettivo per commettere il fatto con coscienza e volont. Quando perci lart. 42 c.p. al primo comma dice nessuno pu essere punito per unazione o omissione preveduta dalla legge come reato, se non lha commessa con coscienza e volont, fa riferimento a questa componente soggettiva dellindividuo che fondamentale affinch il fatto possa essere imputato ad una persona. Cio unazione o unomissione potr essere addebitata allindividuo in quanto espressione della sua coscienza e volont. Nel dolo la coscienza e la volont la componente soggettiva minimale per lattribuzione del fatto, ma senza questa componente non si potrebbe rispondere a nessun titolo n per dolo, n per colpa, n per preterintenzione, n per altra causa. Con le sentenze della Corte costituzionale del 1957, del 1971 e infine del 1988 si riconosciuto il principio di personalit della responsabilit penale sancito dallart. 27 e questo significa espungere la responsabilit oggettiva dal diritto penale, per cui necessaria sempre la coscienza e la volont per ritenere qualcuno responsabile di un reato. Tant che fino al 1988 veniva considerato costituzionalmente legittimo lart. 5 del c.p. nessuno pu invocare a propria scusa lignoranza della legge penale che sancisce il principio che lignoranza della legge penale non scusa (ignorantia legis non excusat) senza alcun limite. Si diceva che la legge penale nasce dal comune sentire degli uomini e dai loro sentimenti e in questottica si riteneva che la legge dovesse nascere prima nella coscienza della societ e poi veniva recepita nella norma ed essendo un prodotto quasi spontaneo della societ la sua ignoranza non poteva essere mai una scusante. Le migliori dottrine e anche una parte della giurisprudenza di merito avevano sollevato il problema pi volte rispetto allassurdit di questa affermazione e addirittura il Manzini nel lontano 1933, aveva detto che quando si poteva provare che la legge penale non si era potuta conoscere, doveva essere ammessa la possibilit di una sua scusa e che questo principio dellignoranza penale doveva valere come una presunzione che ammette una prova contraria c.d. iuris tantum. 8
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Questa inconoscibilit non va legata alla difficolt di divulgare una nuova norma, anche se nel 1933 quando Manzini si poneva il problema della legittimit dellart. 5 in situazioni che rendevano inconoscibile una norma in caso di disastri (inondazioni, terremoti, ecc.), in quanto la Gazzetta Ufficiale che pubblicava un nuovo reato poteva non giungere per tempo in determinate localit, ma ci poteva avere una logica allora quando i sistemi di informazione erano lenti. Questo per poteva determinare dei campi di scusa molto vasti, perch salvo per alcune norme sullomicidio, il furto, lappropriazione indebita ed altri reati che prima che nella norma esistono nella coscienza sociale, ce ne sono tante altre che sfuggono alla normale conoscenza e al comune sentire dei cittadini, soprattutto in considerazione che esistono tantissime norme modificative o abrogative che possono sconvolgere il piano di conoscenza delle legge penali, atteso che esistono pi di tremila leggi di parte speciale che prevedono anche i c.d. reati bagatellari, cio di pochissimo conto (ad esempio nellambito di quello che la morale e il buon costume11). Con le sentenze n. 364 e n. 1085 del 1988, la Corte costituzionale sancisce il principio di necessaria colpevolezza del soggetto per poter essere considerato responsabile del reato. Addirittura si disse che lapplicazione della pena poteva avere una funzione, soprattutto quella rieducativa, unicamente se il soggetto in grado di determinare il significato dellillecito da lui realizzato e cio se fosse cosciente di essere colpevole di un reato, ma se non poteva esserci un giudizio di rimproverabilit del fatto al soggetto non si poteva nemmeno applicare una pena nei suoi confronti e questo elimina la possibilit di rispondere per responsabilit oggettiva. La Corte costituzionale, con la sentenza 364/88, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo lart. 5 nella parte in cui non esclude lignoranza inevitabile della legge penale, cio cade il principio della presunzione di conoscenza assoluta delle legge penale. La sentenza della Corte costituzionale stabilisce che linconoscibilit pu dipendere da: estrema difficolt dei mezzi di comunicazione che impedisca la conoscenza della Gazzetta Ufficiale; errori di stampa; oscurit e contraddittoriet assoluta del testo di legge; ripetuti indirizzi interpretativi erronei provenienti da fonti qualificate (P.A. e magistratura). Quindi inconoscibilit che deriva dalla contraddittoriet tra un organo giudiziario e un altro organo che risolvendo diversamente casi specifici, determinano una obiettiva inconoscibilit di ci che lecito e di ci che non lo . Ad esempio per la responsabilit del medico si reso necessario lintervento della Cassazione per la variet di orientamenti tra le diverse sezioni, o anche nellambito di una stessa sezione, che resero necessaria una declaratoria (una sentenza) delle SS.UU. della Cassazione per dare un orientamento univoco a tutta la giurisprudenza. Infatti per la responsabilit del medico sugli interventi chirurgici, essendoci orientamenti divergenti, intervenuta nel 2001 la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione che ha affermato la condotta del medico non pu ritenersi costitutiva di reato se la c.d. percentuale di probabilit di cagionare il danno al paziente vicina allo zero e questo determina la liceit del comportamento del medico12. Il problema rilevante perch ne va di mezzo anche un principio di certezza del diritto, non conoscendosi con esattezza in che modo e se si pu tenere un determinato comportamento (ad esempio una norma oscura), per la Corte di cassazione questa incertezza si traduce nellinconoscibilit della norma penale, ma deve essere assoluta e non relativa, cio deve costituire una forma di inconoscibilit diffusa. Quindi noi abbiamo avuto una vera e propria rivoluzione del principio di rimproverabilit del fatto al soggetto con le due sentenze del 1988 e grazie a queste ha avuto pieno riconoscimento lart. 27
Per esempio portare costumi succinti sulla spiaggia un reato per il Testo Unico delle leggi di pubblica sicurezza anche se da tempo viene completamente disatteso. 12 Nonostante le Sezioni Unite della Corte di cassazione abbiano tenuto questorientamento, confermato da unaltra sentenza sempre delle Sezioni Unite tenuta dopo sei mesi, i giudici di merito hanno continuato a disattenderlo, poich vale il principio dellassoluta autonomia del giudice.
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della Costituzione in relazione alla responsabilit penale personale, cio non si pu prescindere lattribuibilit del fatto dal rimprovero in termini di colpevolezza, allinfuori di questo non vi pu essere quindi nessuna forma di responsabilit penale. La sentenza della Consulta si riferisce allinconoscibilit della norma quando pu essere interpretata con incertezza in ordine alla liceit o meno del fatto; sicch il soggetto si determina ad agire sul presupposto che quel comportamento considerato lecito in relazione allinterpretazione data da alcuni organi amministrativi o giurisdizionali, ma non da altri. La sentenza n. 364/1988 afferma che in questi casi si crea nellindividuo unincertezza dovuta allimpossibilit di poter affermare che quella norma sia effettivamente conoscibile in quanto incerto il suo significato. Ci possono essere della situazioni in cui, in relazione allorientamento della giurisprudenza, il soggetto ritiene lecito un determinato comportamento, ma che viene giudicato illecito perch muta lorientamento della giurisprudenza, tanto che a volte diventa necessario lintervento delle SS.UU. della Corte di cassazione per dare uninterpretazione univoca e per questo la Consulta ha inserito un correttivo al rigore dellart. 5 ponendo il limite dellignoranza inevitabile della norma penale. La responsabilit penale delle societ Proprio perch il reato per poter essere attribuito deve rispettare il principio di personalit non pu essere responsabile un ente collettivo, in quanto avendo una rappresentanza legale c sempre un individuo che ne risponde. Tuttavia, molte volte la rappresentanza legale solo formalmente in capo a delle persone (prestanome)13, ma in realt nelle mani di altri che non compaiono. Recentemente, con la riforma della disciplina degli illeciti penali e amministrativi riguardanti le societ commerciali14, il legislatore modificando lart. 2639 c.c. ha introdotto una responsabilit penale per fatti realizzati nellambito societario anche per chi non il legale rappresentate della societ e senza dover imputare il concorso nel fatto illecito al legale rappresentante, se questi stato inconsapevole (ad esempio il prestanome). Prima della riforma societaria era sempre possibile imputare un reato a chi era, di fatto lamministratore di una societ, ma poteva rispondere solo in concorso con il legale rappresentante anche se questi era solo un prestanome e se si riusciva a dimostrare leffettiva partecipazione al reato il che spesso era molto difficile. Con lart. 2639 c.c. vi una responsabilit diretta di chi ha commesso il fatto, al di l se abbia o meno una carica nella societ e senza la necessit di imputare il concorso al legale rappresentante. Derogando al principio del diritto romano societas delinquere non potest (la societ non pu delinquere), il decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 23115 e la nuova formulazione dellart. 2639 c.c. (estensione delle qualifiche soggettive) hanno istituito una responsabilit penale per le persone giuridiche che solidale tra la societ e la persona che concretamente agisce, mentre se lamministratore ha agito con colpa avr una maggiore responsabilit rispetto alla societ e quindi prevista una graduazione della responsabilit. Parte della dottrina ha parlato di frode delle etichette, perch si chiamata responsabilit amministrativa degli enti, quella che in realt una responsabilit penale. Per altri, soprattutto della scuola milanese, con la concezione organica della societ, il d.lgs. 231/2001 ha introdotto una vera e propria responsabilit penale in quanto prevede non solo pene detentive, ma anche pecuniarie ed accessorie che possono arrivare alla soppressione della societ.

Ultraottantenni, analfabeti e nullatenenti che per guadagnare qualcosa accettano la rappresentanza legale di una societ senza conoscere nulla delle sue vicende. 14 Il decreto legislativo 11 aprile 2002, n. 61 ha modificato il titolo XI del codice civile (disposizioni penali in materia di societ e di consorzi). 15 Disciplina della responsabilit amministrativa delle persone giuridiche, delle societ e delle associazioni anche prive di personalit giuridica, a norma dell'articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300.

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La concezione organica della societ si ha un rapporto di immedesimazione tra organi e societ, soprattutto se non vi dissenso nelle decisioni prese (per esempio il consiglio di amministrazione) e da questo concetto diventa possibile una responsabilit penale della stessa societ. Successivamente si osservato che la responsabilit organica di una societ contraddice il principio di personalit della responsabilit penale sancito dallart. 27 della Costituzione perch, anche volendo astrarre la volont degli organi equiparandola a quella della societ, non possibile personalizzarla nellambito della societ che resta unentit astratta, sia pur dotata di personalit giuridica distaccata dai suoi organi e dalla loro volont. Pur restando valido il principio dellart. 27 della Costituzione, si possono comminare sanzioni amministrative alla societ, anche gravi, come pene pecuniarie e limpossibilit di trattare con la Pubblica Amministrazione, fino ad arrivare alla c.d. ablazione (trasferimento coattivo delle quote della societ). Il d.lgs. 231/2001 sulla responsabilit delle persone giuridiche ha considerato una serie di responsabilit, per qualsiasi tipo di impresa, per illeciti che abbiano portato un qualunque vantaggio allazienda e prevedendo un cumulo di sanzioni soprattutto di carattere pecuniario, oltre che di carattere interdittivo, ma soprattutto sanzioni elevatissime pecuniarie ed amministrative. Il problema che la sanzione pecuniaria, se notevole, pu determinare la fuoriuscita dal mercato dellazienda con un danno anche per i dipendenti, per cui questo ha finito per costituire un grave limite allapplicazione concreta delle sanzioni previste dal d.lgs. 231/2001. Bisognava, quindi, fare in modo di non incidere in maniera drastica sullazienda per salvaguardare i posti di lavoro, ma di farlo in maniera pi severa nei confronti dei responsabili. Naturalmente questo discorso vale meno per le societ per azioni, perch attraverso il codice etico si pu dimostrare che il singolo e non lazienda ad aver ecceduto da quello che era il comportamento corretto, per cui in questa maniera si scinde la responsabilit del soggetto da quella dellazienda. Alcuni hanno parlato in questo caso di una forma di responsabilit amministrativa nei confronti delle societ che poteva sottendere anche ad una responsabilit penale dei dirigenti dellazienda, oppure di una responsabilit di terzi. Quindi la responsabilit rimane in capo soprattutto a coloro che hanno la legale rappresentanza (amministratore unico o collegio). Tuttavia, pu essere facile violare delle norme per le grandi societ, in quanto difficile verificare lapplicazione di direttive valide su tutto il territorio (pensate a Trenitalia o alla Fiat). In questo caso la legge prevede la figura della delega di poteri e del trasferimento di funzioni, per cui responsabile penalmente chi delegato allosservanza di determinate norme in unazienda dove presiede la lavorazione o anche un determinato settore. La delega di funzioni e il trasferimento di poteri serve a determinare una responsabilit penale di chi ha la direzione o la delega per la sorveglianza di un particolare settore e questo da una parte libera dalla responsabilit penale i soggetti che non hanno questa delega e dallaltra vi un maggior controllo del delegato in quanto, non avendo alcuna possibilit di scaricare o eludere la responsabilit, ha un maggior interesse ad agire al meglio. Ad esempio nel caso di unimpresa di costruzioni in cui lattivit lavorativa lontana dalla sede dellazienda, non pu esonerare dalla responsabilit chi deputato al controllo solo perch lesecuzione dei lavori non un sede. SUCCESSIONE DELLE LEGGI PENALI ART. 2 C.P. L'art 2, rubricato successione delle leggi penali, al primo comma dispone il principio di irretroattivit della legge penale: Nessuno pu essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato. Questa norma, affermando che i reati devono essere espressamente previsti dalla legge, esclude la possibilit di provvedimenti emessi da altre autorit (amministrativa, di pubblica sicurezza, ecc.), con una sola eccezione dellinosservanza dei provvedimenti dell'Autorit (art. 650 c.p.).

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Secondo il principio di irretroattivit della legge penale la legge pu punire la commissione di un reato solo dopo che essa sia entrata in vigore e costituisce un modo per riaffermare anche il principio di riserva di legge previsto dallart. 1 c.p. e dallart. 25 della Costituzione. Lart. 2 nel secondo comma dispone il principio del favor rei: Nessuno pu essere punito per un fatto che, secondo una legge posteriore non costituisce reato; in sostanza il principio espresso in termini positivi dallart. 25 della Costituzione, ma strutturato in termini negativi. Il secondo comma continua disponendo che se vi stata condanna, ne cessano la esecuzione e gli effetti penali. Per il principio del favor rei se una legge posteriore abroga un reato, la nuova legge opera anche per i fatti realizzati in passato, travolgendo anche tutte le sentenze non definitive mentre per quelle definitive ne cessano la esecuzione e gli effetti penali, cio viene cancellata la pena e la condanna. Vi possono essere leggi innovative che costituiscono nuovi reati (innovazione - art. 2 primo comma), leggi che abrogano reati (abrogazione - art. 2 secondo comma), ma anche determinanti solo una modifica della struttura dei reati sia in melius che in peius (modificazione - art. 2 quarto comma): in peius si determina un allargamento dello spettro di applicazione o un aggravamento della pena e in melius una riduzione dello spettro di applicazione o una diminuzione della pena. Per esempio per il furto originariamente il codice penale prevedeva una pena minima di 15 giorni (perch non era stabilito un limite minimo) e un massimo di tre anni, mentre attualmente la legge di modifica ha apportato una sensibile variazione in quel minimo prevedendo che la reclusione debba essere minimo di sei mesi e quindi si ha un peggioramento rispetto alla legge precedente. Se la modifica di una legge penale determina un miglioramento della precedente questo va a favore del reo per cui la nuova legge viene applicata, mentre se determina un peggioramento vale il principio della irretroattivit della legge penale e quindi la legge successiva in peius non potr essere applicata per fatti commessi prima dellentrata in vigore, anche per contrasto con lart. 5 (con le modifiche apportate dalla Consulta nel 1988) perch non pu essere conoscibile una legge che deve essere ancora emanata. Per il principio del favor rei per la legge penale istitutrice vale il principio della irretroattivit della legge penale dal momento in cui entra in vigore, invece la legge penale abrogatrice ultrattiva nel senso che traina anche tutti i reati precedentemente commessi, facendo cessare le pene e cancellando la condanna. Quindi se una persona stava scontando una pena per un reato, ma sopravviene una legge che lo elimina viene immediatamente messo in libert perch i fatti commessi precedentemente considerati come costitutivi di reato sono diventati leciti. La ratio abbastanza evidente e trova il suo fondamento in relazione alla tutela dei beni giuridici. Se il legislatore ritiene che quei fatti non abbiano pi una rilevanza penale vuol dire che cambiato lorientamento della collettivit per cui diventerebbe un ingiustizia completare lesecuzione di una pena dovuta per un reato abrogato. Per necessario che labrogazione venga determinata attraverso una legge, perch nel diritto penale non esiste la desuetudine (o consuetudine negativa cio la mancata applicazione nel tempo di una norma), per cui il fatto che non venga applicata per anni non significa che la legge cessa di avere vigore, ma in qualunque momento pu essere applicata16. Lart. 2 terzo comma dispone: Se vi stata condanna a pena detentiva e la legge posteriore prevede esclusivamente la pena pecuniaria, la pena detentiva inflitta si converte immediatamente nella corrispondente pena pecuniaria, ai sensi dellarticolo 135.17 Il quarto comma dispone: Se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono pi favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile. Quindi se la modifica del reato sono peggiorative vale il
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In questo senso un esempio si avuto con i costumi succinti e per lacquisto di sigarette di contrabbando, ma questo non vuole dire che il fatto non fosse pi costitutivo di reato, anche se di fatto non veniva perseguito. 17 Comma inserito dalla legge 24 febbraio 2006, n. 85.

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principio dellirretroattivit della legge penale e quindi linasprimento del reato potr applicarsi solo per fatti successivi allentrata in vigore della legge che lo modifica, invece se sono migliorative si applica la legge pi favorevole al reo in relazione al caso concreto. Ad esempio se una legge modifica un reato declassandolo da delitto a contravvenzione e riducendo la pena la scelta pu non essere semplice, perch se il reo risponde per un delitto punito solo per dolo (ad esempio il danneggiamento, art. 635), diventando un reato contravvenzionale risponde anche per colpa, per cui il giudice deve valutare nel caso concreto la soluzione pi favorevole al reo. Lo stesso discorso vale se la legge modifica il reato solo nella pena minima o solo nella massima, perch se elevata la pena minima e al fatto deve essere applicata questa, il giudice comminer la pena prevista prima della modifica avendo una pena nel minimo inferiore. In sintesi il giudice nel caso concreto deve valutare se il reato doloso o colposo e la variazione della pena nel minimo e nel massimo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile. Maggiori problemi si pongono quando la stessa legge modificativa per alcuni aspetti migliorativa mentre per altri aspetti peggiorativa. Ad esempio pu accadere che eleva il minimo di una pena, ma ne abbassa il massimo ( accaduto per la ricettazione, art. 648), ovvero un fatto come costitutivo di reato pu degradare dalla categoria dei delitti a quella delle contravvenzioni o viceversa, perch vero che le pene detentive previste per le contravvenzioni (l'arresto) hanno un massimo di tre anni, ma possono avere delle sanzioni pecuniarie che arrivano a milioni di euro nell'ambito tributario, dell'edilizia, dei reati societari. Il quinto comma dispone: Se si tratta di leggi eccezionali o temporanee non si applicano le disposizioni dei capoversi precedenti. Questo perch le leggi eccezionali e temporanee non possono essere sottoposte alle norme che regolano la successione delle leggi penali in generale. Le leggi eccezionali vengono promulgate in casi di calamit (terremoti, maremoti, inondazioni, ecc.) e comunque quando necessario sopperire a delle situazioni eccezionali, invece temporanee sono quelle leggi che restano in vigore per un tempo determinato e in questi due casi le norme sulla successione delle leggi penali non si applicano. All'ultimo comma dell'art 2 il legislatore dispone che bisogna tener conto anche della decadenza, della mancata ratifica dei decreti legge e delle modifiche apportate a questi dalla legge di conversione, perch anche in questo caso valgono le norme sulla successione delle leggi penali. D'altro canto se il soggetto ha commesso un determinato fatto convinto che non costituisce reato per il disposto di un decreto legge, ma successivamente con la legge di conversione ritorna ad essere un reato, salvo i principi della modificazione della legge penale, vale anche il principio di colpevolezza perch il soggetto nel momento in cui ha commesso il fatto era convinto che fosse lecito perch lo sanciva il decreto legge. IL PRINCIPIO DI OBBLIGATORIET DELLA LEGGE PENALE ART. 3 C.P. Il primo comma dellart. 3 - obbligatoriet della legge penale - dispone: La legge penale italiana obbliga tutti coloro che, cittadini o stranieri, si trovano nel territorio dello Stato, salve le eccezioni stabilite dal diritto pubblico interno (i limiti interni) o dal diritto internazionale (i limiti esterni). Bisogna dire che agli effetti della legge penale, sono considerati cittadini italiani, gli appartenenti per origine o per elezione ai luoghi soggetti alla sovranit dello Stato e gli apolidi residenti nel territorio dello Stato (primo comma art. 4 c.p.). Vige un principio generalizzato di obbligatoriet della legge penale per tutti i cittadini italiani e stranieri, anche se con i limiti determinati dalle legge e da alcune forme di immunit che possono essere o assolute o relative. Il limite interno costituito dalla riferibilit della norma penale, infatti esistono alcune norme che non si applicano per tutti, in quanto riferite soprattutto ai c.d. reati propri, cio quelli che possono essere realizzati solo da soggetti che rivestono determinate qualit: il delitto di peculato, di concussione, di abuso in atti di ufficio sono applicabili solo ai pubblici ufficiali. 13
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Per esempio il peculato (art. 314 c.p.) un reato contro la Pubblica Amministrazione - si ha quando un pubblico ufficiale o incaricato di un pubblico servizio si appropria di denaro o di altra cosa mobile altrui e quindi solo chi riveste quella funzione pu realizzare quel delitto. Quando il reo non riveste questa qualit lequivalente di questo delitto lappropriazione indebita (art. 646 c.p.), mentre non esiste equivalente per labuso in atti di ufficio (art. 323 c.p.) e per il rifiuto e lomissione in atti di ufficio (art. 328 c.p.). Quindi se non si ha la qualit di pubblico ufficiale manca la relazione tra soggetto e bene giuridico tutelato che realizza il fatto di reato. Lo stesso avviene per il falso giuramento e la falsa perizia, perch per il primo indispensabile essere testimoni in un processo, mentre per la falsa perizia necessario essere un perito nominato dal tribunale o scelto dalle parti, quindi per i reati propri necessaria una determinata qualifica giuridica affinch il fatto possa essere costitutivo di reato. Lart. 3 c.p. dispone altre limitazioni che scaturiscono dal diritto pubblico interno o dal diritto internazionale che costituiscono le c.d. immunit penali che assoluta (per tutti i reati) solo nei confronti del Sommo Pontefice in base al concordato del 192918. Il Presidente della Repubblica invece gode di immunit relative19, perch non risponde degli atti compiuti nellesercizio delle sue funzioni, tranne per alto tradimento e per attentato alla Costituzione (art. 90 Cost.) per i quali pu essere messo in stato di accusa dinanzi alla Corte costituzionale (art. 134 Cost.). Vi unimmunit relativa anche per i parlamentari (art. 68 Cost.)20, per i quali necessaria lautorizzazione a procedere della Camera interessata21, per i diplomatici e accreditati di Paesi esteri e per i delegati della Santa Sede (nel rispetto del principio di reciprocit) per i quali valgono le norme del diritto internazionale. Secondo una teoria del Maggiore (uno dei pi grossi penalisti degli anni trenta) i soggetti immuni si dovrebbero considerare, sia pure nelle limitazioni sopradette, legibus soluti cio al di fuori e al di sopra della legge penale, poich non sarebbero destinatari dellobbligo giuridico penale grazie allimmunit, per cui non possono commettere reati e quindi non sono nemmeno punibili. Questa teoria ha avuto un grosso seguito soprattutto nel momento in cui entrato in vigore il codice Rocco, ben presto per ci si accorse che questi soggetti non possono essere considerati assolutamente estranei alla norma penale, perch altrimenti non si riuscirebbe nemmeno a giustificare leventuale reazione agli atti illeciti da loro commessi. Ad esempio la legittima difesa nei confronti di un parlamentare non sarebbe legittima se loffesa non costituisce reato. Oppure nel caso di concorso di persone nel reato (art. 110) non sarebbe possibile qualificare il comportamento del soggetto immune, anche se lesivo del bene giuridico, come incidente nella fattispecie concorsuale ai fine della determinazione della condotta illecita addebitabile a ciascuno dei concorrenti, con la conseguenza che anche gli altri non potrebbero rispondere a titolo di concorso per la condotta tenuta, perch nessun reato viene commesso da parte di chi immune. Giovanni Leone successivamente avanz la tesi che limmunit esonera solo dal processo penale, rimanendo il fatto costitutivo di reato e in questa maniera si risolvevano molti problemi, ma anche questa teoria non poteva essere accolta in quanto lart. 3 c.p. una norma di diritto sostanziale e non processuale e quindi le esenzioni possono riferirsi allapplicabilit della legge penale e non alla legge processuale penale, perch lart. 3 dispone: La legge penale italiana obbliga.
Ha una sua ratio, non tanto perch il Sommo Pontefice il capo dello Stato della Citt del Vaticano (altrimenti ricadrebbe in quelle ulteriori limitazioni che riguardano il diritto internazionale per i capi di stato), ma si giustifica con lelevazione morale del Sommo Pontefice e per la volont di riconoscergli un privilegio unico nel suo genere. 19 Limmunit del Capo dello Stato, del Presidente del Consiglio, del Presidente della Camera e del Senato stata ampliata dalla Legge 23 luglio 2008, n. 124 (c.d. lodo Alfano) che, salvi i casi previsti dagli articoli 90 e 96 della Costituzione, sospende i processi penali dalla data di assunzione e fino alla cessazione della carica o della funzione, compresi quelli antecedenti allassunzione della carica o della funzione e quelli in corso, in ogni fase, stato o grado. 20 Del primo comma dellart. 68 Cost. stata disposta una interpretazione autentica ex art. 3 legge 140/2003. 21 Concessa dalla giunta per le autorizzazioni a procedere per la Camera dei Deputati e la giunta delle elezioni e delle immunit parlamentari per il Senato.
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Intorno alla fine degli anni 40, Aldo Moro si fece promotore di unaltra teoria affermando che bisognava distinguere tra la capacit giuridica penale da quella di intendere e di volere (art. 85 c.p.). Per Moro, quindi, la legge penale si distingue in due direzioni: il rapporto giuridico primario che concernente la fattispecie di reato che va attribuito allagente dopo aver verificato tutte le condizioni subiettive ed obiettive; il rapporto giuridico secondario relativo alla sanzione, determinata in base al grado di responsabilit del reo e nei limiti di pena stabiliti dalla norma penale. Per esempio per lomicidio lart. 575 contiene un ambito descrittivo (chiunque cagiona la morte di un uomo) ed un ambito sanzionatorio ( punito con la reclusione non inferiore ad anni 21). Il rapporto giuridico primario non sarebbe possibile nei confronti dei soggetti giuridicamente incapaci, cio lincapacit giuridica determinerebbe linattitudine della norma a subiettivarsi (concretizzarsi) nei suoi confronti, sicch costui non realizza il reato e conseguentemente non si determina nemmeno la subiettivazione di carattere secondario della norma concernente la punibilit. Senza scendere nellanalisi dellaccettabilit o meno di questa distinzione che afferisce pi che altro alla distinzione tra nesso psicologico e le conseguenze giuridiche riconnesse al reo, va detto che secondo il Moro le immunit penali afferirebbero alla capacit giuridica del soggetto, cio sulla possibilit di essere destinatari delle norme penali. Moro sosteneva che dovevano verificarsi alcune condizioni per considerare un soggetto destinatario della norma giuridica penale e fra queste vi era lidoneit del rapporto tra soggetto e bene giuridico tutelato, oltre ad altre condizioni subiettive e obiettive che dovevano necessariamente essere presenti affinch ci potesse essere capacit giuridica. Nella relazione tra soggetto e pena, Moro riteneva che le immunit escludevano la capacit giuridica del titolare per i fatti costitutivi di reato, perch tolgono a determinati soggetti la possibilit di aggredire quel determinato bene protetto dalla legge penale. La teoria del Moro ha una valenza enorme per la soluzione di tanti problemi connessi al rapporto giuridico primario e secondario, tuttavia vi qualche riserva perch cos facendo si legittimerebbe la possibilit di commettere degli illeciti senza che questo costituisca un reato. Questa critica era stata fatta gi al Maggiore in relazione alle cause di esclusione dellantigiuridicit che avrebbero trovato difficolt di applicazione nel concorso di persone nel reato. Per questo verso, anche la teoria che vuole far risiedere la natura giuridica delle immunit penali in una causa di incapacit giuridica per De Felice non pu essere seguita. Una delle ultime teorie, tra le maggiori che sono state proposte a riguardo, quella del Bettiol22 che parla di esenzione della pena, cio i soggetti immuni realizzerebbero il reato in tutte le sue componenti e sarebbe solo la pena a non potersi applicare nei loro confronti. Per non d una spiegazione sulla possibilit per i soggetti di non essere sottoposti a pena perch la norma dellart. 3 non parla di esclusione della pena, ma di applicabilit della legge penale e quindi farebbe riferimento al concetto di legge penale nella sua generalit e non al solo aspetto sanzionatorio. La grandezza del pensiero di Moro torna sotto questo profilo, sia pure applicabile in diversa maniera da quella con la quale il suo autore aveva ritenuto di poterla applicare. Allora balza evidente come la teoria del Bettiol pu essere accolta, ma solo se la sua ratio non risiede semplicemente sul piano applicativo della pena, ma sulla carenza di legittimazione nei confronti dei soggetti del rapporto giuridico secondario. Cio lart. 3 disponendo linapplicabilit della legge penale nei confronti di queste persone, determina limpossibilit di applicare per questi il rapporto giuridico secondario (la sanzione), qualora lagente gode di immunit. Fermo restando che sono completamente diversi i presupposti che rendono linapplicabilit della pena ad una persona rispetto ad un altra, ad esempio tra chi ha limmunit perch incapace di intendere e di volere e chi invece lo per le particolari prerogative politiche.

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Illustre studioso degli anni 50.

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I DESTINATARI DELLA NORMA PENALE Lapplicazione della legge penale nello spazio, cio nellambito del territorio, viene regolata dallart. 6: Chiunque commette un reato nel territorio dello Stato punito secondo la legge italiana. Il reato si considera commesso nel territorio dello Stato, quando l'azione o l'omissione, che lo costituisce, ivi avvenuta in tutto o in parte, ovvero si verificato l'evento che la conseguenza dell'azione od omissione. Per lapplicazione della legge penale italiana valido il principio della territorialit, per questo aprirebbe il varco ad soglie enormi di impunit, per cui viene allargato dal principio di universalit, di difesa e di personalit disposti dagli artt. 7 - 8 - 9 - 10 del codice penale. In relazione al principio di territorialit lart. 4 sancisce: Agli effetti della legge penale, territorio dello Stato il territorio della Repubblica, ed ogni altro luogo soggetto alla sovranit dello Stato. Le navi e gli aeromobili italiani sono considerati come territorio dello Stato, ovunque si trovino, salvo che siano soggetti, secondo il diritto internazionale, a una legge territoriale straniera. La definizione data dallart. 4, disponendo che il territorio il luogo soggetto alla sovranit dello Stato, non esaustiva e pertanto bisogna ricorrere a criteri suppletivi. Il territorio dello Stato, entro cui si applica la legge penale italiana, delimitato dai confini politici della Repubblica, mentre lo spazio aereo sovrastante, il mare e il territorio sottostante sono determinati dal diritto internazionale. A questo si aggiungono le navi, gli aerei e le ambasciate italiane allestero, sia pur nei limiti delle convenzioni internazionali. Il principio di territorialit generale, ma in base al principio di universalit vi sono delle deroghe per le quali vi la possibilit di applicare la legge penale italiana allestero nei casi di cui agli artt. 4, 7 e 8 del codice penale23. Infatti per i reati commessi all'estero lart. 7 dispone: punito secondo la legge italiana il cittadino o lo straniero che commette in territorio estero taluno dei seguenti reati: 1) delitti contro la personalit dello Stato; 2) delitti di contraffazione del sigillo dello Stato e di uso di tale sigillo contraffatto; 3) delitti di falsit in monete aventi corso legale nel territorio dello Stato, o in valori di bollo o in carte di pubblico credito italiano; 4) delitti commessi da pubblici ufficiali a servizio dello Stato, abusando dei poteri o violando i doveri inerenti alle loro funzioni; 5) ogni altro reato per il quale speciali disposizioni di legge o convenzioni internazionali stabiliscono l'applicabilit della legge penale italiana. In relazione al diritto internazionale questa una clausola di salvaguardia vincolata anche ad un principio di reciprocit. Il legislatore distingue fra interesse politico dello Stato (interesse oggettivo) e diritto politico del cittadino (interesse soggettivo). Linteresse politico riguarda la collettivit come pu essere lappartenenza ad un partito che pu essere osteggiata o impedita, invece il diritto politico del cittadino interessa soprattutto il singolo, per esempio impedire o limitare il diritto di voto perch viene violato un diritto soggettivo connesso ad una espressione politica. Interessante il principio di universalit espresso nel primo comma dellart. 8 - delitto politico commesso all'estero - che amplia lapplicazione della legge penale: Il cittadino o lo straniero, che commette in territorio estero un delitto politico non compreso tra quelli indicati nel n. 1 dell'articolo precedente, punito secondo la legge italiana, a richiesta del Ministro della giustizia. In sintesi sono soprattutto reati sulla salvaguardia delleconomia e la sovranit dello Stato, a cui bisogna aggiungere i delitti politici disposti dallart. 8 per il quale il codice penale stabilisce una doppia qualificazione: il delitto oggettivamente e quello soggettivamente politico:
Altra eccezione data dai delitti contro la libert individuale ed in particolare dallart. 604 Fatto commesso all'estero: Le disposizioni di questa sezione, nonch quelle previste dagli articoli 609-bis, 609-ter, 609-quater e 609quinquies, si applicano altres quando il fatto commesso all'estero da cittadino italiano, ovvero in danno di cittadino italiano, ovvero dallo straniero in concorso con cittadino italiano. In quest'ultima ipotesi lo straniero punibile quando si tratta di delitto per il quale prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni e quando vi stata richiesta dal Ministro di grazia e giustizia.
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Il delitto oggettivamente politico contro la personalit dello Stato previsto dallart. 7 numero 1) e quindi trova applicazione il principio di universalit (art. 7). Il terzo comma dellart. 8 definisce il delitto politico: Agli effetti della legge penale, delitto politico ogni delitto, che offende un interesse politico dello Stato, ovvero un diritto politico del cittadino. In questa definizione linteresse politico assimilato alla qualificazione dellinteresse legittimo24, cio una sorta di diritto diffuso perch coinvolge la collettivit. In questa ottica il delitto politico lede gli interessi dello Stato, cio un bene giuridico patrimonio della collettivit ed ininfluente se il singolo viene danneggiato. Ad esempio la presentazione di un partito alle elezioni rappresenta un bene per la collettivit e privare di questa possibilit un partito viola gli interessi della collettivit costituendo un delitto politico. Equiparato allinteresse politico il diritto politico del cittadino e quindi la violazione sia dellinteresse politico che il diritto politico sono entrambi delitti politici, ad esempio impedire il diritto al voto un delitto politico. La soggettivit nel diritto penale non riferita alla persona, ma la chiave soggettiva di un reato politico e quindi la motivazione psicologica della persona che ha commesso un delitto politico. La qualificazione di delitto soggettivamente politico data dallultima parte dellart. 8: altres considerato delitto politico il delitto comune determinato, in tutto o in parte, da motivi politici. Qualunque reato commesso per motivi, anche in parte, politici diventa delitto politico per il quale perseguibile chiunque (italiani, stranieri e apolidi), anche lestero. Il principio di personalit vede lapplicazione della legge penale italiana al cittadino per i reati commessi allestero ed espresso dallart. 9: Il cittadino, che, fuori dei casi indicati nei due articoli precedenti, commette in territorio estero un delitto per il quale la legge italiana stabilisce l'ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo a tre anni, punito secondo la legge medesima, sempre che si trovi nel territorio dello Stato. Il principio di personalit fa riferimento al soggetto attivo del reato (lagente), mentre il principio di difesa tutela il soggetto passivo del reato (la vittima). Entrambi sono riferiti a delitti commessi allestero, lagente o la vittima devono essere italiani e sono puniti solo se il reo si trova in Italia. Per il principio di difesa lart. 10 dispone: Lo straniero, che, fuori dei casi indicati negli articoli 7 e 8, commette in territorio estero, a danno dello Stato o di un cittadino, un delitto per il quale la legge italiana stabilisce l'ergastolo, o la reclusione non inferiore nel minimo a un anno, punito secondo la legge medesima, sempre che si trovi nel territorio dello Stato e vi sia richiesta del Ministro della giustizia, ovvero istanza o querela della persona offesa. Al cittadino italiano che ha commesso un delitto allestero (art. 9) o lo straniero che ha commesso un delitto allestero a danno dello Stato o di un cittadino italiano (art. 10) si applica la legge italiana attraverso lo strumento dellestradizione che, in virt di convezioni internazionali, permette a chi allestero di essere estradato in Italia e viceversa per essere giudicato in un processo. Lestradizione regolata dallart. 13 e pu essere attiva o passiva: la prima si ha quando lo Stato italiano chiede lestradizione in Italia di un cittadino per essere processato o per espiare una pena definitiva, invece passiva quando per la stessa ragione lo Stato estero la chiede per un cittadino. Lestradizione si sviluppa con un processo giurisdizionale e politico. Il processo giurisdizionale si ha con lavvio dellistruttoria di determinazione di estradabilit del soggetto dinnanzi alla corte dappello (procedimento di delibazione) che accerti il fumus della responsabilit del soggetto per richiedere o concedere lestradizione. Se sentenza di delibazione favorevole allestradizione del soggetto, subentra il Ministro della giustizia (la parte politica), che decide se chiedere lestradizione allo Stato estero (estradizione attiva) o concederla allo Stato estero (estradizione passiva).

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Per interesse legittimo si intende qualsiasi bene giuridico, tutelato dallordinamento, che costituisce lobiettivo di un soggetto riguardante il diritto amministrativo.

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Inoltre il fatto oggetto della sentenza deve essere previsto come reato sia dalla legge italiana che straniera e lestradizione pu essere concessa od offerta, anche per reati non preveduti nelle convenzioni internazionali, purch queste non ne facciano espresso divieto. Per quanto riguarda la parte processuale lart. 12 del codice penale, riconoscimento delle sentenze penali straniere, stato oggetto di aspre critiche perch per alcuni rappresenta lesasperazione del principio di sovranit dello Stato perch al limite della sua espressione totalitaria, per altri invece una limitazione della sovranit nazionale perch riconoscere una sentenza straniera significa riconoscere la sovranit di un altro stato nellambito dellordinamento italiano. Queste opinioni non sono condivisibili in quanto lart. 12 riconosce una sentenza definitiva straniera per motivi di prevenzione, ma anche in virt dellart. 133 che da al giudice unampia discrezionalit in relazione alla gravit del reato e alla personalit del reo. Infatti lart. 12 dispone: Alla sentenza penale straniera pronunciata per un delitto pu essere dato riconoscimento: 1) per stabilire la recidiva o un altro effetto penale della condanna, ovvero per dichiarare l'abitualit o la professionalit nel reato o la tendenza a delinquere; 2) quando la condanna importerebbe, secondo la legge italiana, una pena accessoria (ad esempio linterdizione dai pubblici uffici); 3) quando, secondo la legge italiana, si dovrebbe sottoporre la persona condannata o prosciolta, che si trova nel territorio dello Stato, a misure di sicurezza personali; 4) quando la sentenza straniera porta condanna alle restituzioni o al risarcimento del danno, ovvero deve, comunque, esser fatta valere in giudizio nel territorio dello Stato, agli effetti delle restituzioni o del risarcimento del danno, o ad altri effetti civili. Per farsi luogo al riconoscimento, la sentenza deve essere stata pronunciata dall'Autorit giudiziaria di uno Stato estero col quale esiste trattato di estradizione. Se questo non esiste, la sentenza estera pu essere ugualmente ammessa a riconoscimento nello Stato qualora il Ministro della giustizia ne faccia richiesta. Tale richiesta non occorre se viene fatta istanza per il riconoscimento agli effetti indicati nel n. 4. LE PENE E LE MISURE DI SICUREZZA PROF. RANA Per i reati la summa divisio fra delitti e contravvenzioni che un criterio inequivoco contenuto nel codice penale, mentre le pene si dividono in detentive e pecuniarie che possono essere applicate da sole o congiuntamente. La distinzione tra delitti e contravvenzioni (entrambi sono species rispetto al genus reato) contenuta nellart 39 c.p. (Reato: distinzione fra delitti e contravvenzioni): I reati si distinguono in delitti e contravvenzioni, secondo la diversa specie delle pene per essi rispettivamente stabilite da questo codice. La fondamentale conseguenza giuridica di questa distinzione fra delitti e contravvenzione sta nellelemento psicologico disciplinato dallart. 43. Inoltre per il reato tentato ci pu essere solo un delitto tentato, ma non una contravvenzione tentata. Nellambito delle pene dobbiamo distinguere tra principali ed accessorie, mentre sotto altro profilo dobbiamo distinguere tra le pene previste per i delitti e quelle per le contravvenzioni. Possiamo anche distinguere tra pene detentive e pecuniarie: le pene detentive previste per i delitti sono lergastolo e la reclusione; invece le pena detentiva prevista per le contravvenzioni larresto, la pena pecuniaria prevista per i delitti la multa, invece la pena pecuniaria prevista per le contravvenzioni lammenda. Le sanzioni penali si distinguono inoltre: pene principali e pene accessorie, pene detentive per i delitti (ergastolo e reclusione) e per le contravvenzioni (larresto), le pene sostitutive e misure alternative, prevalentemente alternative alla detenzione. 18
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Con una condanna in primo grado25 non siamo ancora di fronte ad un condannato, se limputato impugna la sentenza del giudice di primo grado (tribunale o corte dassise) e lo stesso discorso vale se dovesse essere condannato anche in secondo grado, se ricorre in Cassazione (3 grado di giudizio) e solo se questa conferma la sentenza di secondo grado la colpevolezza dellimputato pu dirsi accertata con sentenza definitiva, ma fino ad allora si deve presumere linnocenza dellimputato, altrimenti si lede il principio costituzionale dellart. 27 ( anche un principio di civilt) che tende allumanizzazione non soltanto del trattamento penale, ma anche psicologico e sociale nei confronti di chiunque coinvolto in una vicenda giudiziaria. Per lart. 27 le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanit (anche attraverso la proporzionalit della pena) e devono tendere alla rieducazione del condannato finalizzata al reinserimento sociale che si pu ottenere anche attraverso il trattamento penitenziario. La rieducazione insita anche nel concetto della retribuzione, ma oltre a questa funzione della pena il nostro codice riconosce il principio di tassativit: si stabilisce una scala gerarchia di valori che quando vengono lesi, vengono retribuiti attraverso un trattamento penale che corrisponde alla valutazione della gravit e al disvalore espresso dalla condotta delittuosa. Per cui la norma penale stabilisce anche la pena minima e massima poi quantificata in concreto dal giudice nellesercizio del suo potere discrezionale (artt. 132 e 133 c.p.). La rieducazione un concetto che contiene la retribuzione e la risocializzazione che si pu ottenere anche con lergastolo, perch il recupero morale di chi non dovr pi rientrare nella societ civile importante anche in una microcollettivit come quella carceraria. Per lergastolo da tempo vi un dibattito e di cui stata avanzata pi volte la questione della legittimit costituzionale, perch la Costituzione stabilisce che la pena deve tendere alla rieducazione del condannato che finisce per essere vanificata se la pena a vita. Abbiamo anche pene o misure sostitutive della pena detentiva (introdotte dalla 689/1981) e misure alternative alla detenzione introdotte dalla legge 354/1975 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libert c.d. legge Gozzini) e successive modificazioni. Le sanzioni sostitutive vengono comminate dal giudice con sentenza al termine dello stesso dibattimento dove viene valutata la sussistenza del reato per il quale viene comminata la pena che deve avere caratteristiche tali da poter essere sostituita con un trattamento sostitutivo. Lart. 53 della legge 689/1981 regolamenta lapplicazione delle sanzioni sostitutive della pena detentiva che sono la semidetenzione, la libert controllata e la pena pecuniaria. Lelemento distintivo tra sanzioni sostitutive e misure alternative sta nel fatto che mentre le prime sono applicate allesito del dibattimento quando la pena soltanto comminata, ma ancora non eseguita, invece le misure alternative alla detenzione sono regolate dallordinamento penitenziario in presenza di alcuni requisiti e quindi quando la pena in corso di espiazione. In altre parole la sanzione sostitutiva viene applicata dal giudice al posto di un giudizio di cognizione, mentre la misura alternativa viene applicata, se ne ricorrono i presupposti, in sede di esecuzione della pena. Ad esempio la misura sostitutiva della semidetenzione consiste nel trascorrere una parte della giornata in detenzione (laltra parte, di massima, possibile svolgere unattivit lavorativa), cos come avviene per la semilibert che invece una misura alternativa alla detenzione.

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Nella prima fase di un procedimento penale il pubblico ministero (P.M.) esercita lazione penale quando ha una notizia criminis, su cui svolge le indagini per valutare se fondata e se la condotta del responsabile integra una fattispecie di reato e in questo caso il P.M. chiede il rinvio a giudizio dellindagato al giudice della udienza preliminare (G.U.P.) e da quel momento diventa imputato. Il G.U.P. valuta, nel contraddittorio delle parti (imputato e difensore e P.M.), se necessario il rinvio a giudizio, altrimenti emette una sentenza di non luogo a procedere. Se vi il rinvio a giudizio si celebrer il processo di primo grado davanti al tribunale che valuter, nel contraddittorio tra le parti, se quella condotta costituisce reato.

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Il giudice ordinario, nel pronunciare la sentenza di condanna pu applicare le sanzioni sostitutive (art. 53 legge 689/81) quando: ritiene di dovere determinare la durata della pena detentiva entro il limite di due anni, pu sostituire la pena con la semidetenzione; ritiene di doverla determinare entro il limite di un anno, pu sostituirla con la libert controllata; ritiene di doverla determinare entro il limite di sei mesi, pu sostituirla con la pena pecuniaria della specie corrispondente. Il giudice del tribunale sorveglianza, durante lesecuzione della pena, pu applicare misure alternativa alla detenzione (legge n. 354/75: affidamento in prova al servizio sociale, detenzione domiciliare, misure alternative alla detenzione nei confronti dei soggetti affetti da AIDS conclamata o da grave deficienza immunitaria, detenzione domiciliare speciale, regime di semilibert. Per poter essere riconosciuta una misura alternativa il condannato deve essere sottoposto ad unosservazione criminologia della c.d. buona condotta e avere da scontare una pena residua nei limiti fissati dalla legge. La misura alternativa, dietro osservazione scientifico-criminologica del detenuto, concessa se sussistono una serie di condizioni che lasciano presumere che il soggetto abbia avviato un processo rieducativo, in aderenza allart. 27 Cost. quando dispone che la pena non deve essere contraria al senso di umanit e deve tendere alla rieducazione del condannato26. Nel nostro ordinamento favorita la decarcerazione infatti lart. 656 c.p.p. - punto 5 dispone che se la pena detentiva, anche se costituente residuo di maggiore pena, non superiore a 3 anni (ovvero a 4 anni in alcuni casi particolari), il pubblico ministero ne sospende l'esecuzione. L'ordine di esecuzione e il decreto di sospensione sono consegnati al condannato con l'avviso che egli, entro 30 giorni, pu presentare istanza, corredata dalle indicazioni e dalla documentazione necessarie, volta ad ottenere la concessione di una delle misure alternative alla detenzione, ovvero la sospensione dell'esecuzione della pena. L'avviso informa altres che, ove non sia presentata l'istanza, l'esecuzione della pena avr corso immediato. Il principio di tassativit della pena vale anche per le misure di sicurezza in quanto il terzo comma dispone: Nessuno pu essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge. Il nostro sistema penale dominato dal principio del doppio binario, cio accanto alla pena possono essere applicate delle misure di sicurezza nei casi previsti dalla legge. Il sistema del doppio binario distingue tra: pene detentive o pecuniarie che si applicano a chi ha commesso un reato, se imputabile; misure di sicurezza (internamento) applicate in relazione alla pericolosit sociale e possono prescindere dalla commissione del reato.

Al riguardo lart. 1 - Trattamento e rieducazione dispone: Il trattamento penitenziario deve essere conforme ad umanit e deve assicurare il rispetto della dignit della persona. Il trattamento improntato ad assoluta imparzialit, senza discriminazioni in ordine a nazionalit, razza e condizioni economiche e sociali, a opinioni politiche e a credenze religiose. Negli istituti devono essere mantenuti l'ordine e la disciplina. Non possono essere adottate restrizioni non giustificabili con le esigenze predette o, nei confronti degli imputati, non indispensabili ai fini giudiziari. I detenuti e gli internati sono chiamati o indicati con il loro nome. Il trattamento degli imputati deve essere rigorosamente informato al principio che essi non sono considerati colpevoli sino alla condanna definitiva. Nei confronti dei condannati e degli internati deve essere attuato un trattamento rieducativo che tenda, anche attraverso i contatti con l'ambiente esterno, al reinserimento sociale degli stessi. Il trattamento attuato secondo un criterio di individualizzazione in rapporto alle specifiche condizioni dei soggetti.

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La pena ha il presupposto della colpevolezza e dellimputabilit, invece la misura di sicurezza ha il presupposto della pericolosit sociale valutata prognosticamente sulla probabilit che il reo possa commettere nuovamente quello o altri reati e quindi il giudice mira a preservare le condizioni di sicurezza della vita sociale. La pena guarda al passato per rimediare alloffesa del bene giuridico tutelato, invece la misura di sicurezza guarda al futuro in quanto tende a prevenire ed evitare la commissione di un reato e del quale si valuta prognosticamente e non diagnosticamente lattitudine a commettere reati. Lart. 85 c.p. dispone: Nessuno pu essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso, non era imputabile. imputabile chi ha la capacit di intendere e di volere. La pena non pu essere comminata in assenza della capacit di intendere e volere (elemento psicologico) e quindi limputabilit il presupposto per lapplicazione della pena, ma non della misura di sicurezza. Nei limiti fissati dalla legge, il giudice applica la pena discrezionalmente; esso deve indicare i motivi che giustificano l'uso di tale potere discrezionale. Nell'aumento o nella diminuzione della pena non si possono oltrepassare i limiti stabiliti per ciascuna specie di pena, salvi i casi espressamente determinati dalla legge (art. 132). Qualsiasi norma strutturata in modo che la pena da applicare sia compresa tra un minimo e un massimo e graduata discrezionalmente dal giudice in base ad alcuni parametri valutativi che attengono allelemento strutturale del reato stabiliti dallart. 133: 1) dalla natura, dalla specie, dai mezzi, dall'oggetto, dal tempo, dal luogo e da ogni altra modalit dell'azione; 2) dalla gravit del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato; 3) dalla intensit del dolo o dal grado della colpa. Il giudice deve tener conto, altres, della capacit a delinquere del colpevole, desunta: 1) dai motivi a delinquere e dal carattere del reo; 2) dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato; 3) dalla condotta contemporanea o susseguente al reato; 4) delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo. Il giudice deve tener conto, altres, della capacit a delinquere del colpevole, desunta: 1) dai motivi a delinquere e dal carattere del reo; 2) dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti al reato; 3) dalla condotta contemporanea o susseguente al reato; 4) delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo. Lart. 133 una norma che rappresenta una sintesi del dibattito delle scuole penalistiche tra la scuola classica di diritto penale e la scuola positiva. Lattenzione al fatto tipica dellesperienza filosofica che proviene dalla scuola classica di diritto penale che mira ad individuare la gravit del fatto, come criterio per determinare in via retributiva la pena che dovr essere corrispettiva, nella sua entit, alla gravit del fatto. Le istanze della scuola positiva e della scuola classica sono state recepite dallart. 133 sullesercizio del potere discrezionale del giudice in relazione allattenzione data alla personalit del delinquente e alla sua capacit di commettere un reato, alla gravit del reato e del fatto. La valutazione del comportamento del reo attiene anche agli influssi derivanti dallambiente che lo circondano e questo concetto ha una matrice tipica della scuola positiva come per lindividuazione eziologica del reato, cio allindividuazione della causa del reato. La capacit a delinquere presuppone limputabilit in relazione allart. 85 c.p. invece il giudice per determinare la pena deve usare il criterio concorrente e accessorio stabilito dallart. 133 c.p. Sotto il profilo della tassativit la pena soggiace agli stessi principi previsti per le misura di sicurezza, ma sono applicate secondo un presupposto diverso: la pericolosit sociale.

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Prescinde dal passato lapplicazione di una misura di sicurezza che non alternativa allapplicazione della pena, sicch il giudice applica una misura di sicurezza sulla base della pericolosit sociale in relazione alle modalit con le quali stato commesso il reato. Tuttavia il reato impossibile (art. 49), laccordo e listigazione al reato (art. 115), anche se listigazione al reato non viene accolta, sono le uniche ipotesi di quasi reato che consentono al giudice lapplicazione di una misura di sicurezza anche se non si in presenza di un reato. impossibile il reato quando non pu essere commesso perch manca loggetto del reato. Per esempio sparare ad una sagoma umana formata solo da cuscini scambiata per una persona non omicidio, n si risponder di tentato omicidio (art. 56 c.p.) perch la vittima non esiste, anche se lazione idonea a commettere il reato. Tuttavia lazione denota una pericolosit sociale o attitudine a commettere un reato che pu rendere necessaria la misura di sicurezza. Gli aspetti sui quali lart. 133 disciplina il potere discrezionale del giudice nellapplicazione della pena, offre una serie di parametri valutativi anche per le misure di sicurezza. Nei reati concorsuali, cio il concorso di pi persone nel reato (art. 110 c.p. e ss.), ciascuna di esse soggiace alla pena per prevista, cio ognuno dei soggetti che partecipano ha un ruolo che confluisce nel reato commesso in concorso, anche se la condotta di qualcuno ha determinato un evento pi grave rispetto a quello dei concorrenti. Fra questi elementi ci pu essere il soggetto che istiga un altro a commettere un reato, ma se questi non raccoglie la provocazione si ha listigazione non accolta. Ad esempio: spara Tizio! Ma se questi non lo fa rimane listigazione che unaltro reato che invece si perfeziona. Listigatore ha un ruolo nei reati concorsuali che, anche se non si realizzano, esprimono una pericolosit sociale che pu dare luogo allapplicazione di una misura di sicurezza che ordinariamente si accompagna alla commissione di un reato. Le misure di sicurezza personali si distinguono in detentive e non detentive (art. 215 c.p.). Sono misure di sicurezza detentive: 1) l'assegnazione a una colonia agricola o ad una casa di lavoro; 2) il ricovero in una casa di cura e di custodia; 3) il ricorso in un manicomio giudiziario; 4) il ricovero in un riformatorio giudiziario. Sono misure di sicurezza non detentive: 1) la libert vigilata: 2) il divieto di soggiorno in uno o pi Comuni, o in una o pi Province; 3) il divieto di frequentare osterie e pubblici spacci di bevande alcooliche; 4) l'espulsione dello straniero dallo Stato. Quando la legge stabilisce una misura di sicurezza senza indicarne la specie, il giudice dispone che si applichi la libert vigilata, a meno che, trattandosi di un condannato per delitto, ritenga di disporre l'assegnazione di lui a una colonia agricola o ad una casa di lavoro. Le figure tipiche di soggetti a cui devono essere applicate le misure di sicurezza detentive sono il delinquente abituale, professionale e per tendenza la cui caratterizzazione a sua volta il presupposto per applicare gli aumenti di pena (art. 109 c.p.). Specialmente la figura del delinquente professionale ha introdotto nel diritto positivo un principio proveniente da una scuola positiva di cui Lombroso lantesignano della criminologia27.
Cesare Lombroso era un medico che nella seconda met dell800, osservando il cranio di un delinquente professionale, scopri delle anomalie a livello della fossetta celebrale media che si accompagnavano ad altre anomalie somatiche. Questo indusse Lombroso a ipotizzare che quelle anomalie fossero ereditarie che poi a sua volta portava ad una condotta delinquenziale. Da questo elabor la teoria del delinquente nato che pubblic in un opera nel 1864, Luomo delinquente , ma che fu fortemente criticata. Lombroso cerc di temperare la sua teoria sostenendo che a prescindere dalla tendenza a delinquere derivata da queste anomalie somatiche vi era una correlazione causale del crimine dal concorso con lambiente circostante. La sua teoria del delinquente nato ha portato lo studioso di criminologia, e poi quello di diritto penale, ad avere una diversa attenzione rispetto alla personalit del delinquente sino
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Le misure di sicurezza possono essere applicate soltanto alle persone socialmente pericolose, che abbiano commesso un fatto preveduto dalla legge come reato (primo comma art. 202 c.p.). La legge penale determina i casi nei quali a persone socialmente pericolose possono essere applicate misure di sicurezza per un fatto non preveduto dalla legge come reato (secondo comma art. 202). Agli effetti della legge penale, socialmente pericolosa la persona, anche se non imputabile o non punibile, la quale ha commesso taluno dei fatti indicati nell'articolo precedente, quando probabile che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati. La qualit di persona socialmente pericolosa si desume dalle circostanze indicate nell'articolo 133. (art. 203 c.p.). In relazione allart. 206 durante l'istruzione o il giudizio pu disporsi lapplicazione delle misure di sicurezza provvisoria per il minore di et, l'infermo di mente, l'ubriaco abituale, la persona dedita all'uso di sostanze stupefacenti, in stato di cronica intossicazione prodotta da alcool o da sostanze stupefacenti i quali possono essere provvisoriamente ricoverati in un riformatorio o in un manicomio giudiziario o in una casa di cura e di custodia. Il giudice revoca l'ordine, quando ritenga che tali persone non siano pi socialmente pericolose. Il tempo dell'esecuzione provvisoria della misura di sicurezza computato nella durata minima di essa. LINTERPRETAZIONE DELLA NORMA PENALE Linterpretazione letterale la pi indicata per recepire il significato della norma penale, perch significa usare le parole del legislatore, invece linterpretazione estensiva amplia il significato della norma per ricomprendere casi che non rientrano in maniera specifica, pur rimanendo nellambito del significato letterale dato dal legislatore e in questi casi la legge ha detto meno di quanto avrebbe voluto (minus dixit quam voluit). Questa tipologia dinterpretazione possibile anche per la norma penale, purch si rimanga nello stretto ambito normativo di unestensione logica del significato delle parole della norma. Al contrario con linterpretazione restrittiva si tende a restringere il significato della norma e in questi casi inteso come se il legislatore dicesse pi di quanto intendeva dire (plus dixit quam voluit), nel senso che la terminologia abbraccia situazioni non strettamente riferite alla norma, rispetto alle parole adottate. Quindi tra minus dixit quam voluit e il plus dixit quam voluit, anche se entrambe le interpretazioni sono lecite, necessita maggiore attenzione quella estensiva perch si corre il rischio di fuoriuscire dai limiti fondamentali di interpretazione della norma penale. Lecita e ammissibile anche linterpretazione storica o sociale della norma che tende ad adeguarla allevoluzione dei tempi e al momento in cui applicata. Invece linterpretazione evolutiva fuoriesce dai canoni dellinterpretazione estensiva in quanto tende ad adattare il significato normativo alla realt del tempo in cui applicata. Linterpretazione evolutiva estremamente rischiosa soprattutto quando la giurisprudenza la usa per far rientrare situazioni che difficilmente potevano trovare un riferimento reale nella norma. Quindi anche se potrebbe essere giustificata dallevoluzione di situazioni o condotte, ha parecchi inconvenienti, per cui deve essere applicata in maniera rigorosa e attenta per evitare delle forme distorte di applicazione della norma, infatti in questo senso si espressa la Corte costituzionale, anche perch si presta ad una forma di incertezza del diritto legata alle diverse interpretazioni evolutive che possono dare i giudici. Da sempre si discute sulla possibilit di ricorrere allanalogia nel diritto penale che si pu applicare in relazione a casi simili o materie analoghe quando una situazione non disciplinata dalla legge. Nel diritto penale lanalogia non si applica per la previsione dellart. 14 delle Preleggi: Le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e
a formulare lidea che il comportamento di questi pu essere condizionato, se non determinato, da fatti che attengono alle anomalie di carattere somatico, fisico, costituzionale e psichico, cio da influenze ambientali.

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i tempi in esse considerati. Inoltre lart. 1 c.p. e soprattutto lart. 25 Cost. comma 2, dispone: nessuno pu essere punito per un fatto non espressamente previsto dalla legge come reato. Quindi non si pu assolutamente estendere lapplicazione di una norma facendo rientrare delle situazioni che non sono espressamente previste dalla legge, anche perch lart. 1 c.p. stabilisce il principio di riserva di legge per le norme incriminatici per le quali pacificamente riconosciuto che lanalogia non si applica sia per il divieto dellart. 14 delle Preleggi che per lart. 1 c.p. Secondo alcuni, le norme scriminanti, vale a dire quelle che derogano lapplicazione delle norme incriminatici per considerare il fatto non costitutivo di reato, nel momento in cui elidono la rilevanza penale di un determinato comportamento, non sono leggi penali, che sono solo le incriminatici, per cui non si applica lart. 14 delle Preleggi e quindi ammessa lanalogia. Si replica a costoro che queste norme sono contenute nel codice penale, ad esempio una scriminante la non punibilit prevista per il figlio che commette un furto ai danni del genitore (art. 649 c.p.). Secondo altri lanalogia troverebbe applicazione per le norme scriminanti, perch sono uneccezione allapplicazione delle leggi penali ordinarie, cio alle norme penali incriminatici e come eccezione alle leggi penali non permetterebbero lapplicazione dellart. 14 delle Preleggi e quindi per le scriminanti dovrebbe trovare applicazione lanalogia. Si replica da parte di altri che le norme scriminanti non possono essere considerate delle eccezioni, perch lo sono solo quando fuoriescono dallambito di applicazione di una determinata norma e questo non avviene, ma si considera solo che determinate situazioni non possono essere considerate ai fini della loro rilevanza penale solo in questo senso possono essere considerate scriminanti. Per altri ancora si parla di eccezione alleccezione perch le scriminanti costituiscono delle eccezioni alla legge penale che uneccezione a sua volta ed essendo eccezioni alleccezione, ripristinerebbe la regola e quindi si pu applicare lanalogia nei confronti delle scriminanti. Il ragionamento estremamente tortuoso e farraginoso, ma comunque la legge penale non eccezionale, ma una legge come le altre che si occupa solo dei fatti illeciti che realizzano loffesa del bene giuridico tutelato dalla norma e pertanto, non essendo una legge eccezionale non pu esserlo nemmeno la scriminante e a maggior ragione non pu costituire uneccezione alleccezione. Secondo De Felice, come argomenta nel suo libro di parte speciale, lanalogia un falso problema perch tutto ci che lecito penalmente indifferente; potr avere rilevanza in agli altri rami del diritto, ma non nellambito penale che rileva solo le condotte costitutive di reato. Nel libro di De Felice diverso langolo visuale della trattazione di questo argomento, perch viene considerato anche nella prospettiva della risoluzione di alcune situazioni anomale che fino ad oggi non avevano trovato una pacifica soluzione da parte della giurisprudenza, tra cui: la responsabilit professionale del medico; la realizzazione di un fatto lecito nel diritto tributario (il c.d. diritto di interpello), ma che non esclude leventuale presenza di un illecito penale; nellambito del condono edilizio che esclude lillecito amministrativo, ma non quello penale. IL REATO Per individuare esattamente cos il reato la dottrina tedesca, la prima che ha studiato questo problema, affermava che doveva essere considerato reato il fatto commesso dalluomo che viola il precetto stabilito da una norma penale. Il contenuto di questa teoria, per, trova la fonte sostanziale soprattutto nella morale perch non esiste nessun precetto espressamente enunciato in una norma penale, al massimo lo si pu trarre solo in alcune norme (lomicidio, il furto, ecc). Anzi necessario realizzare tutta una serie di condizioni affinch vi sia un reato, anche per fattispecie penali apparentemente semplici come il furto, lappropriazione indebita, la truffa, etc. Questa forma di violazione del precetto manifesta dei limiti, soprattutto in relazione allobbligo giuridico, come faceva la dottrina tedesca affermando che il precetto discendeva dalla violazione dellobbligo giuridico dato da una norma. 24
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Sotto un profilo formale il problema lasciava assolutamente insoddisfatti, anche perch lobbligo giuridico posto dallo Stato, sia pure relazionato al precetto posto nella norma penale28. Se da un punto di vista sostanziale la definizione del reato poteva trovare una immediata spiegazione in riferimento al bene giuridico leso, per converso trattandosi di diritto pubblico, si vedeva anche lestrema limitatezza di questa considerazione, perch se lo Stato crea una norma possibile anche che la possa violare. La soluzione stata individuata da un civilista, il Cataudella, sia pure non con riferimento al reato, ma alle condotte penalmente rilevanti, per il quale quello che caratterizza una norma giuridica soprattutto il momento descrittivo di una determinata condotta e la norma giuridica deve essere considerata proprio in funzione della condotta tipizzata nella norma e questo varrebbe in riferimento al diritto civile, penale e tutti gli altri rami del diritto. Infatti per lomicidio e il furto la norma penale descrive solo una determinata condotta che determina il reato. Per il furto, chiunque simpossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene al fine di trarne profitto, la condotta ad essere determinata dal legislatore e lo stesso vale per lomicidio, chiunque cagiona la morte di un uomo . Per Cataudella, le norme non fanno altro che descrivere determinate condotte al fine di potervi ricollegare determinate conseguenze giuridiche. La norma penale tipizzata in funzione di una determinata condotta che offende un bene giuridico la cui conseguenza la pena. In questa maniera si fuoriesce dagli stereotipi tradizionali (tra i quali quelli che facevano riposare la definizione della pena sulla definizione del reato e la definizione del reato sulla definizione di pena) per determinare la riconoscibilit del reato in funzione della descrizione astratta della condotta fatta dalla norma a cui collegata una pena. Questo permette di considerare costitutivi di reato anche tutte le altre condotte disseminate nelle migliaia di fattispecie al di fuori del codice penale (le leggi speciali) in cui la descrizione di una determinata condotta ha conseguenze di penali anzich amministrative o civili. Questo vale non solo astrattamente, ma anche di realizzazione del reato in termini naturalistici, ontologici e concreti perch solo la condotta normativamente descritta come costitutiva di reato pu avere come conseguenza una pena. L dove, invece, la norma ha rilevanza nel campo amministrativo si determina lapplicazione di una diversa conseguenza giuridica di carattere risarcitorio, riparatorio o pecuniario prevista nellambito di altre discipline giuridiche. LA STRUTTURA DEL REATO Il nostro codice penale del 1930 ha accolto un sistema misto di imputazione del reato che si compone dellelemento oggettivo e dellelemento soggettivo, entrambi fondamentali perch il reato venga ad esistenza. Sulla struttura del reato ci sono parecchie interpretazioni e soprattutto una concezione analitica del reato contrapposta ad unaltra unitaria. La concezione unitaria del reato parte dalla considerazione che la norma tipizza una determinata condotta, per cui nel momento che viene realizzato un fatto che integra questo tatbestandt (il fatto determinato dalla norma) si ha il reato.

Trattandosi di un obbligo formale non trovava una sua collocazione precisa, tanto che durante il periodo del nazismo divenne astratto e poich era posto dallo Stato, veniva anche considerato a salvaguardia dellintegrit dello Stato e quindi poteva essere considerato violato anche in relazione a forme di reato non tipizzate, purch la condotta violasse un obbligo o perfino un precetto imposto dallo Stato, arrivando a ritenere che lobbligo giuridico per eccellenza fosse lobbedienza allo Stato per cui si poteva anche condannare alla fucilazione chi non riconoscesse la sovranit del III Reich. Il nostro codice Rocco, pur essendo nato in quel periodo, non si poteva prestare a queste abnormi interpretazioni in virt dellart. 1 per cui non potevano esistere reati che non trovassero la loro collocazione nellambito duna legge penale e quindi era impossibile ricorrere ad una generalizzata violazione dun obbligo giuridico.

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Si per osservato che una concezione che riduce il reato alla tipicit del fatto pu essere considerata valida per alcune tipologie di reato, ma non per altre nelle quali sono presenti degli elementi che fuoriescono dalla tipizzazione astratta della norma. Ci sono delle fattispecie astratte che rendono difficile un omologo riferimento al fatto o alla condotta realizzata e questo specialmente per i c.d. elementi soggettivi dellantigiuridicit. Per una parte della dottrina lantigiuridicit riferita ad un elemento psicologico diverso dalla connotazione usuale dellelemento psicologico del dolo, colpa e preterintenzione. Ci si riferisce alle c.d. motivazioni che possono spingere ad agire che fuoriescono dallelemento psicologico in senso tecnico, ma partecipano alla determinazione della fattispecie tipica; ad esempio il profitto nel delitto di furto oppure il vantaggio nei delitti contro la Pubblica Amministrazione. Infatti per il furto il fine di trarne profitto la motivazione che spinge a compiere quel fatto, tant che se avviene per fare uno scherzo ad un amico, ioci causa, non si pu considerare realizzata la fattispecie del furto e quindi non c reato. Quindi la coscienza e la volont del soggetto di compiere quellatto esula dalla tipizzazione prevista dal reato, per cui se il soggetto si impossessato della cosa mobile altrui, per manca il profitto che costituisce lantigiuridicit, non c reato. In sintesi non combacia la fattispecie realizzata con quella astrattamente prevista dalla norma, proprio perch sfugge alla tipizzazione lelemento soggettivo dellantigiuridicit che per il furto il profitto, per labuso dufficio il danno ingiusto ed altre motivazioni che si aggiungono alla realizzazione della fattispecie. Anche se dalla realizzazione concreta del fatto si ricava lelemento soggettivo dellantigiuridicit, questo non consente di affermare che il fatto realizzato sia esattamente riconducibile al tatbestandt, cio alla condotta tipica determinata dal legislatore. Lo stesso avviene per gli elementi normativi del fatto i quali fanno parte della fattispecie di reato, ma non sono immediatamente rapportabili alla condotta del soggetto; per esempio la negligenza, limprudenza e limperizia qualificano necessariamente un fatto colposo. Sono degli elementi tecnici che il giudice valuta nel caso concreto per accertare se loperato dellagente conforme al dettato normativo ed hanno la particolarit di dipendere dal giudizio formulato da un altro tecnico, nominato dal giudice o scelto dalla parte, per cui gli elementi normativi non sono immediatamente rapportabili alla norma, ma devono essere valutati dal giudice caso per caso. Cosi anche per laggettivo ingiusto (danno ingiusto o vantaggio ingiusto) si pu determinare lesistenza del reato, perch il concetto di giusto o ingiusto valutato in concreto dal magistrato o comunque da un interprete (ad esempio lavvocato della difesa) per determinare se integra la fattispecie astratta descritta dalla norma. Per tutte queste ragioni impossibile rapportare il caso concreto alla semplice condotta o fattispecie tipica prevista dalla norma, proprio perch esistono altri elementi che non sono immediatamente rapportabili alla norma, ma hanno bisogno di valutazioni, determinazioni e giudizi. Queste considerazioni hanno indotto ad abbandonare la concezione unitaria del reato a favore della concezione analitica in base alla quale per potersi affermare lesistenza del reato bisognava verificare la sussistenza di tre elementi strutturali: il fatto tipico, lantigiuridicit e la colpevolezza. Questa la concezione c.d. tricotomica (o tripartita) del reato formata da tre elementi: il fatto tipico, cio levento esattamente descritto dalla norma; antigiuridicit della condotta, un ulteriore elemento necessario per lesistenza del reato; colpevolezza (o rimproverabilit) del soggetto in ordine al fatto criminoso. Ci sono state per delle osservazioni critiche soprattutto riguardo allelemento dellantigiuridicit, perch questa non trova nessuna base normativa, ma stata costruita per dare collocazione alle c.d. cause di esclusione del reato: consenso dellavente diritto, difesa legittima, esercizio del diritto, stato di necessit e cos via. Per cui, si motivava, siccome le cause di esclusione (tipiche o atipiche) incidono sullantigiuridicit del fatto, in presenza di queste viene meno lantigiuridicit e quindi lesistenza del reato. 26
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Secondo la concezione tricotomica bisognava distinguere tra antigiuridicit formale e sostanziale: Il fatto era formalmente antigiuridico quando offendeva il bene giuridico e siccome le cause di esclusione incidono sulloffesa del bene, se queste sono presenti il fatto non era pi antigiuridico (ad esempio per il consenso dellavente diritto). Il fatto era sostanzialmente (o materialmente) antigiuridico quando rapportato alla norma non era formalmente antigiuridico, in quanto non integrava esattamente la fattispecie di reato, ma era una condotta concretamente aggressiva del bene giuridico tutelato. Per esempio il furto formalmente antigiuridico nel momento in cui il ladro si impossessa della cosa mobile altrui, mentre sostanzialmente antigiuridico se il bene viene casualmente dato al ladro per un attimo dal proprietario, ma questi n approfitta per scappare con loggetto. La teoria dellantigiuridicit del fatto stata superata da quella in base alla quale doveva essere valorizzato questo elemento in funzione della sua offensivit. Ritorna il discorso della necessaria offensivit del reato perch lantigiuridicit coincide con loffensivit del fatto che anche antigiuridico quando determina loffesa del bene giuridico protetto, ma se il fatto formalmente e concretamente inoffensivo manca lantigiuridicit. Questo concetto viene ripreso nel libro di De Felice dove viene spiegata anche la teoria del concetto ontologico del fatto penalmente rilevante, perch se un fatto lecito non determina loffesa del bene giuridico e non neanche penalmente rilevante. Al contrario un fatto illecito, quindi penalmente rilevante, nel momento in cui realizza loffesa di un bene giuridico tutelato. Per De Felice loffensivit estranea alla categoria dellantigiuridicit, ma diventa il momento iniziale e determinativo della responsabilit penale: prima bisogna verificare se c loffesa del bene giuridico e poi vedere se integra gli altri elementi della fattispecie costitutiva di reato. Indubbiamente la correzione fatta anche dalla pi moderna dottrina fa si che la categoria dellantigiuridicit affrancata dal riferimento alle cause di giustificazione, anche se poi per Gallo e Pagliaro necessario appurare lesistenza dellantigiuridicit verificando se il fatto offende un bene giuridico e se vi sono elementi negativi cio scriminanti. Per DellAndro sbagliato parlare di antigiuridicit tant che Antolisei29 risolve con un bilanciamento dinteressi, non parla di antigiuridicit perch questa lin s del reato, quindi non un elemento strutturale accanto o al di fuori del reato (accanto se vogliamo considerare la teoria vicina alloffensivit e al di fuori per la teoria tradizionale). Cio il reato nasce antigiuridico, ma anche questa affermazione (pur meritando maggiore considerazione delle altre) non coglie nel segno, perch per DellAndro non c niente di pi giuridico del reato, in quanto un fatto considerato dal legislatore che solo per unastrazione qualificato costituivo di reato. Quindi se lantigiuridicit non incide sulle cause di giustificazione e sulloffensivit del fatto non pu essere accolta neanche come categoria giuridica perch il reato non pu essere qualificato antigiuridico, ma assolutamente giuridico e quindi non si pu considerare lantigiuridicit come elemento strutturale del reato. In relazione alla colpevolezza in senso lato si contendono il campo due teorie: la concezione naturalistica (o psicologica) e la concezione normativa (da non confondere con la colpa in senso stretto determinata nel ambito dellelemento psicologico del fatto). Con la concezione psicologica o naturalista della colpevolezza vi un giudizio di rimproverabilit del fatto quando si accerta il nesso psicologico che varrebbe sia ad attribuire il fatto realizzato al soggetto e sia a determinare la sua rimproverabilit ex art. 27 Cost. come giudizio di colpevolezza. Questo accettabile per il dolo perch chi vuole realizzare un determinato reato ha una sua dominabilit sullevento da quando inizia al momento in cui si realizza e questo vale per qualunque giudizio di rimproverabilit dolosa del fatto al soggetto.
Antolisei della scuola torinese fu uno dei primi propugnatori e autore di una monografia sullargomento nel 1942 e di un manuale sempre del 1942, aggiornato poi dal Conti e successivamente da Carlo Federico Grosso.
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Per questo giudizio non si pu esprimere negli stessi termini per la colpa o addirittura per la responsabilit oggettiva, perch nella colpa il soggetto vuole un altro evento, anche se pu comunque realizzare levento delittuoso. Ad esempio guidare la macchina in maniera negligente pu causare un omicidio colposo, ex art. 589 c.p. (che pu essere colpa generica o specifica), anche se non vi la volont di commettere quel delitto. Lo stesso criterio vale per la responsabilit obiettiva (o anomala) che considera la prevedibilit di un certo evento dovuto al comportamento del responsabile e lo stesso avviene per la preterintenzione, altra forma anomala del criterio psicologico per il quale si risponde per un evento dannoso pi grave di quello voluto e quindi svincolato dalla volont del reo. Nella responsabilit colposa, obiettiva e preterintenzionale la fonte che determina la rimproverabilit non naturalistica, ma normativa altrimenti il responsabile non n risponderebbe perch non ha la dominabilit dellevento per cui la concezione psicologica non pu essere accolta. Per questo appare pi consona la concezione normativa che basa lesistenza del giudizio di colpevolezza o di rimproverabilit nel considerare che il soggetto ha voluto una condotta illecita. In questa maniera il giudizio di colpevolezza o di rimproverabilit riceverebbe una considerazione di una volont che vi doveva essere perch gi considerata dalla norma come costitutiva di reato. La critica mossa alla concezione normativa che rimproverabile lagente se pu conoscere lesistenza della norma, perch altrimenti non pu avere nemmeno una volont colpevole, ma questo contraddetto dallart. 5 c.p. sancendo che lignoranza della legge non scusa. Ecco perch intervenuta la Corte costituzionale con una sentenza storica, la n. 364/1988, che ha dichiarato l'illegittimit costituzionale dell'art. 5 c.p. nella parte in cui non esclude dall'inescusabilit dell'ignoranza della legge penale l'ignoranza inevitabile. GLI ELEMENTI COSTITUTIVI DEL REATO - LA FATTISPECIE OGGETTIVA Lazione o lomissione e il nesso di causalit tra levento e lazione o lomissione costituiscono gli elementi materiali, oggettivi, in base ai quali si pu ricostruire lesistenza del reato. In questa determinazione logico-fattuale importante definire che cosa sintende per azione ed omissione e per nesso di causalit che collega lazione od omissione alla determinazione dellevento oggetto del reato. Per la concezione classica lazione il comportamento volontario del soggetto, ma questa definizione potrebbe non soddisfare se posta in relazione con quel concetto della scuola positiva, dove lazione veniva vista soprattutto come fisica e quindi molte volte svincolata dallaspetto psicologico. Ma gli stessi positivisti modificarono questa concezione rendendosi conto che questa definizione poteva non considerare il contesto sociale e individuale del soggetto. In questa maniera si arriva poi a quelle evoluzioni della psicologia e sociologia giuridica che sottendono ad unevoluzione del concetto di condotta e di comportamento e che trova espressione nel campo penalistico nella considerazione che in ogni caso la condotta, in qualunque modo la si vuole considerare, si ricollega alla volont del soggetto ed tesa al perseguimento di un determinato fine considerato costitutivo di reato. In questa prospettiva, in Germania Kelsen e Gallants avevano una concezione finalistica dellazione, ritenendo la condotta rilevante al perseguimento di un reato in relazione allaggressione di un bene giuridico. Il problema della condotta nel diritto penale poteva essere valutato nella sua tipicit solo se finalizzata ad offendere (lesione o messa in pericolo) un determinato bene giuridico protetto dalla norma, per in questi termini diveniva difficile inquadrare il concetto di omissione, ecco che si cerc una definizione di omissione che potesse soddisfare questo concetto di condotta. Secondo alcuni lomissione ha rilevanza nel diritto penale anche se un nihil facere, non fare niente. Venne per obiettato che non esiste un momento nella vita di un persona in cui inattivo e perfino quando dorme in realt agisce, anche se con atti automatici o riflessi. 28
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Per chi sosteneva la teoria dellaliud facere, lomissione rilevante era qualcosa (laliud) che il soggetto doveva fare, ma che non ha fatto. In questo senso lomissione penalmente rilevante veniva posta in relazione alla diversa condotta rispetto a quello che si sarebbe dovuta tenere. Venne per obiettato che rilevante ai fini dellesistenza del reato (omissione in atti dufficio, di soccorso, ecc.) era laver omesso di fare quello a cui si era tenuti. Ad esempio il casellante che non abbassa le sbarre al passaggio del treno, se causa linvestimento di una macchina che attraversa le rotaie punito per non aver adempiuto al suo compito e non per il fatto che stava facendo altro. Infatti il diritto penale pu guardare ad un diverso comportamento per provare lomissione, ma non il diverso comportamento rilevante ai fini dellesistenza del reato. Altri ancora cercarono una risposta a questo facendo riferimento allart. 40 c.p. - rapporto di causalit - quando dispone che non impedire un evento di cui si ha lobbligo equivale a cagionarlo e pertanto lomissione aveva un contenuto esclusivamente giuridico-normativo e ancora oggi tantissimi magistrati e avvocati sono convinti della bont di questa definizione. Di recente per, ancora una volta la dottrina tedesca, ha posto in evidenza come anche il contenuto normativo di un determinato concetto ha bisogno di una sua base naturalistica che ne possa determinare il suo contenuto, la sua effettivit e la sua valenza. Dire cio che esiste una responsabilit per non aver impedito un determinato evento che si aveva lobbligo di impedire, significa anche rapportare quellimpedimento allevento altrimenti non vi sarebbe alcuna possibilit di attribuire lomissione ad un soggetto. Si pu affermare che si impedito un determinato evento se la condotta del soggetto stata impeditiva della realizzazione di quellevento, perch altrimenti manca la possibilit di collegare il mancato evento al soggetto che lo ha impedito. Questa definizione normativa deve essere collegata ad un momento naturalistico del soggetto che ne permetta la sussunzione nellambito della norma, ma in questo modo si ricade nelle difficolt iniziali di poter effettivamente dare un contenuto certo dellomissione sotto un profilo penale. E merito di una elaborazione molto recente della dottrina laver considerato che nellambito del diritto penale bisogna rifuggire dagli schemi che caratterizzano altri campi del diritto, anche se questo pu essere daiuto per capire concetti analoghi. Molte volte la condotta descritta nelle norme, soprattutto nel diritto penale, in relazione ad una situazione concreta; ad esempio se per il furto il legislatore ricorre alla tipizzazione di una condotta analiticamente determinata nel reato, per altre ipotesi come lomicidio non cos. Per il furto nellart 624 la condotta tipizzata in termini articolati e analitici: chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene . una forma di tipizzazione dellazione che passa attraverso varie fasi della condotta volta a realizzare limpossessamento della cosa mobile altrui. Invece nellart. 575 c.p. la tipizzazione dellomicidio vaga e indeterminata, considerata solo in relazione allevento morte (Chiunque cagiona la morte di un uomo punito ) che per si pu realizzare a seguito di condotte attive e inattive, ad esempio non alimentare una persona in coma fino a farla morire pu essere qualificato come di carattere omissivo, ma in realt funzionale rispetto al momento giuridico costitutivo del reato. In realt sia il concetto di azione che quello di omissione non possono che coincidere da un punto di vista naturalistico, nel momento in cui il soggetto tiene dei comportamenti che determinano loffesa del bene giuridico tutelato dalla norma penale. La determinazione di questa diversit la si pu cogliere esclusivamente sotto un profilo normativo nel momento in cui il legislatore tipizza determinati reati in chiave delittuosa o contravvenzionale: in chiave positiva se individua il reato in relazione allaggressione di un bene (lesione o messa in pericolo) oppure in chiave negativa (omissiva) se il legislatore vuole che un soggetto debba tenere una certa condotta per la tutela del bene giuridico (ad esempio nellomissione di soccorso). In altri termini parallelamente alle condotte che vengono tipizzate in chiave positiva, proprio perch il legislatore per la tutela di quel determinato bene non vuole che il soggetto tenga quel determinato comportamento, fanno esatta rispondenza le omissioni tipizzate in relazione ad un comportamento 29
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che invece si vuole per tutelare un determinato bene. Quindi la tutela dei beni pu avvenire in chiave positiva o negativa a seconda che si spinge a tenere o a non tenere una determinata condotta. In questottica lart. 40 ha un significato fondamentale in relazione ai reati omissivi, infatti la norma affermando che non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo, non vuole definire la condotta omissiva, ma limitarne lambito di applicazione sui reati omissivi, mentre per le norme di carattere commissivo il problema non si pone perch esiste unindividuazione soggettiva indeterminata e indefinita (chiunque cagiona la morte delluomo, chiunque si impossessa della cosa mobile altrui, ecc.) oppure bisogna avere una qualit specifica (ad esempio il testimone pu rispondere di falsa testimonianza). Nellomissione, invece, necessario individuare i soggetti obbligati a tenere quel comportamento, salvo che il codice penale non lo generalizzi come avviene per lomissione di soccorso. A ben vedere il limite stabilito per lomissione (condotta negativa) esiste anche per le c.d. condotte costitutive in campo positivo, come il furto, perch solo quando la condotta effettivamente segue determinate modalit diventa costitutiva di reato e questo sia per lomissione che per lazione. Dallevento dipende lesistenza del reato, ma per sapere che cosa levento si sono contrapposte una teoria naturalistica ed una normativa. La teoria naturalistica definisce evento ogni modificazione del mondo esterno che consegue al comportamento delluomo, ad esempio per lomicidio. A questa teoria si obietta che ci sono tanti reati tipizzati in funzione di un comportamento tenuto dal soggetto senza alcuna modificazione del mondo esterno. Ad esempio per il reato di ingiuria (art. 594), per il possesso ingiustificato di chiavi false e grimaldelli da parte di chi ha precedenti penali (art. 707) o per levasione perch anche qui non c una modificazione del mondo esterno. Per cui in questi casi non si avrebbe levento e quindi la teoria naturalistica non pu essere accolta, per cui si fa strada la concezione normativa che considera evento loffesa del bene giuridico protetto dalla norma, per cui per il reato di ingiuria il bene giuridico protetto, dato dalloffesa allonore della persona, costituisce levento che il legislatore non voleva che si venisse a determinare ed funzionale allesistenza del reato. E questa la teoria pi suffragata in dottrina e in giurisprudenza solo che considera che loffesa (lesione e messa in pericolo) di quel bene giuridico il momento che pu determinare la qualificazione del fatto come illecito e quindi penalmente rilevante. Ad esempio dire stupido nel contesto di un rapporto di amicizia un espressione inoffensiva e quindi penalmente irrilevante, mentre al di fuori pu configurare la fattispecie prevista dalart. 594 c.p. Il diritto penale si occupa esclusivamente dei fatti illeciti, cio solo se un fatto offensivo dellonore e del decoro della persona sussumibile nellambito della norma per poi andare a verificare anche lesistenza di tutte le altre condizioni che ne determinano la sua punibilit, cio loffensivit la qualificazione giuridica essenziale del reato, salvo verificare successivamente se ci sono tutte le altre condizioni perch quella condotta possa essere considerata costitutiva di reato. Se non esiste lilliceit o loffensivit di un fatto non esiste il reato. Possiamo affermate che il legislatore opera cogliendo delle realt naturalistiche sussumendole nellambito della norma giuridica, cio leffetto giuridico di un determinato comportamento ad essere considerato come costitutivo di reato. Nellambito della realt naturalistica vi possono essere tante modalit per queste condotte e quindi il legislatore le considera unicamente in funzione delleffetto giuridico finale (levento) che vuole o non vuole che si realizzi. IL NESSO DI CAUSALIT Art. 40 - rapporto di causalit - Nessuno pu essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l'evento dannoso o pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, non conseguenza della sua azione od omissione. Non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo. 30
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Sul nesso di consequenzialit materiale tra lazione o lomissione e levento vi sono molte teorie di cui la pi accreditata, in quanto sembra quella pi connessa al tenore letterale dellart. 40, quella della c.d. equivalenza delle condizioni denominata anche teoria della condicio sine qua non. Secondo questa teoria causa di un evento ogni azione od omissione che condiziona il verificarsi di quellevento, cio ogni azione od omissione che in una qualunque maniera possa considerarsi come antecedente causale di quellevento. chiamata anche teoria dellequivalenza delle condizioni, perch non fa una distinzione tra le varie condizioni o cause a cui collegato levento: sicch qualunque situazione o condizione che possa generare o favorire levento, anche in maniera lontana e indiretta, viene considerata come una causa o concausa e da qui la denominazione della teoria dellequivalenza delle condizioni. A questa teoria stato obiettato che in questo modo si appiattisce in modo indeterminato qualsiasi condotta umana determinativa di un evento, rischiando di non poter operare alcuna separazione tra cause e condizioni determinative di un certo evento. Un livellamento di tutte le condotte umane di determinazione di un certo evento comporta per un soggetto di dover rispondere sempre e comunque, fino a risalire a remoti antecedenti che potrebbero porsi come condizione di quellevento, in quanto, regredendo si rischia di dover considerare addirittura la procreazione di un figlio come concausa di un evento delittuoso, perch se non fosse stato generato, non ci sarebbe stato il delitto in quanto non sarebbe nato chi da adulto avrebbe commesso il delitto e cos di causa in causa si potrebbe risalire allinfinito. Un limite allequivalenza delle condizioni si potrebbe individuare nellelemento soggettivo o psicologico del soggetto potendo solo questo considerarsi causa di un evento delittuoso, ma si replicato che tale limite potrebbe non fermare il risalire allinfinito del processo causativo a determinati comportamenti del soggetto. In relazione a queste critiche si distinto tra causa, condizione e occasione ritenendo che la causa ci che produce levento, la condizione ci che lo favorisce e loccasione ci che toglie lultimo ostacolo alla realizzazione dellevento delittuoso. Si anche osservato che in questa maniera ugualmente non si fornisce un criterio certo per poter affermare lesistenza del nesso causale, perch si rinvia la determinazione di ci che causa rispetto alla condizione e alloccasione, ma non si dice che cosa pu essere considerata causa di un determinato evento. Il Roxin, nellambito della pi recente scuola tedesca, ha evidenziato come il processo causale, sia pure di carattere naturalistico e materiale, assolutamente normativo perch nellambito del diritto penale quello che fornisce il significato interpretativo di un determinato comportamento solo il fatto descritto nella fattispecie normativa, per cui voler individuare necessariamente una causa naturalistica pu considerarsi abnorme o addirittura errato se lo si assume a livello normativo perch pu avere una determinazione causale assolutamente diversa. Per esempio, secondo Roxin, lart. 575 chiunque cagiona la morte di un uomo sta a significare che il legislatore ad imprimere un significato causale alla realizzazione del delitto di omicidio, per cui ritiene che qualunque comportamento di una persona che determina la morte di unaltra, deve essere considerato causativo dellevento morte. Un altro esempio quello del furto, art. 624, chiunque si impossessa della cosa mobile altrui sottraendola a chi la detiene : qui il processo causativo pi articolato e dettagliato nella determinazione dellazione criminosa. Stesso discorso per tutte le fattispecie normative, sia di parte generale che speciale, del codice penale per cui per Roxin, trovare una risposta al processo causale sia pure di carattere materiale, diventa inutile nel momento in cui la norma ad identificazione tale processo causale tra azione ed evento. Indubbiamente Roxin ha ragione in quanto nessuno potr mai negare la valenza normativa del reato in cui va colta la determinazione causale di un evento costitutivo di reato. Il contenuto normativo ha bisogno anche di un dato naturalistico di riferimento che possa stabilire quando lazione od omissione del soggetto causa levento delittuoso; sempre il momento 31
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naturalistico che deve essere determinato nei suoi contenuti per poter affermare la sua sussunzione nella norma. Sono due realt, normativa e naturalistica, che si compenetrano per dare un contenuto naturalistico alla causalit normativa per poterla ritenere costitutiva di reato. Una corrente pi moderna, ma che fa capo ad Antolisei, la c.d. teoria della causalit adeguata che molto accreditata sia i dottrina che in giurisprudenza. Secondo tale teoria non si pu determinare il nesso causale tra azione ed evento in un momento antecedente alla verificazione del reato, ma nel momento in cui il delitto accade in quanto linterprete, il quisque de populo (un uomo qualunque), ma soprattutto il magistrato deve risalire al comportamento del soggetto per verificare se quellevento accaduto in relazione allid quod plerumque accidit (a ci che pi spesso accade), cio se effettivamente era idoneo alla realizzazione di quellevento in quel momento. detta teoria della causalit adeguata perch la causa del reato deve essere adeguata, in relazione allid quod plerumque accidit, a produrre levento delittuoso. Si tratta di un giudizio della c.d. prognosi postuma svolta da parte dellinterprete che prima deve verificare se la condotta del soggetto normalmente idonea alla verificazione di quellevento. Per Antolisei, normalmente la somministrazione di acqua zuccherata nei confronti di una persona sana non idonea a cagionarne la morte, ma per un diabetico si. La teoria della causalit adeguata ha avuto un grande seguito, ma ben presto si scontrata con linterpretazione della giurisprudenza in alcune applicazioni concrete specialmente nel campo della prevenzione degli infortuni sul lavoro, perch molte volte la condotta del datore di lavoro poteva non essere idonea rispetto alla produzione di un evento lesivo che coinvolge i dipendenti, in quanto si determinava una separazione delle condotte (tra datore di lavoro e dipendenti) con la conseguenza di non poter applicare la norma penale. In relazione al reato supposto erroneamente e in particolare per il reato impossibile, va considerato in funzione del comportamento, anche naturalistico, lesivo di un determinato bene giuridico. Anche in questo caso valida la teoria della causalit adeguata perch lidoneit della condotta da valutare in un momento terminale che presuppone gi verificato anche il principio di causalit, cio levento delittuoso non si verificato per cause esterne alla volont del reo, ma per la sua azione od omissione perfettamente idonea a causare il delitto. Per il tentativo (art. 56) allo stesso modo si osservava che questa norma si riferisce ad atti idonei diretti in modo non equivoco alla realizzazione del delitto quando lazione non si compie o levento non si verifica, per cui il tentativo in concreto composto non solo da atti idonei, ma anche da quelli inequivocabilmente diretti alla realizzazione di un evento per cui anche in questo caso si ha lidoneit dellazione e si conferma valida la teoria della causalit adeguata. Applica la teoria dellequivalenza delle condizioni il primo comma dellart. 41: Il concorso di cause preesistenti o simultanee o sopravvenute, anche se indipendenti dall'azione od omissione del colpevole, non esclude il rapporto di causalit fra l'azione od omissione e l'evento. Inveve al secondo comma si applica la teoria della causalit adeguata: Le cause sopravvenute escludono il rapporto di causalit quando sono state da sole sufficienti a determinare l'evento. In tal caso, se l'azione od omissione precedentemente commessa costituisce per se un reato, si applica la pena per questo stabilita. Quindi nellart. 41 - concorso di cause - vi unapparente contraddizione tra il primo ed il secondo comma e questo rischiava di costituire una contraddittoriet giuridica notevole. Esempio di concause preesistenti la scatola cranica gracile di un neonato oppure soffrire di emofilia o altra malattia per la quale facile ammalarsi o morire. Invece un esempio di concausa concomitante (simultanea) si ha nella circolazione stradale, quando un automobilista incrocia unaltra vettura contromano. Una causa sopravvenuta pu essere quando una persona ricoverata per un incidente stradale, durante la degenza viene colpito dal crollo del tetto dellospedale. Le concause preesistenti, concomitanti, sopravvenute il legislatore le considera tutte determinative dellevento lesivo, anche se indipendenti dallazione od omissione del reo: dimostrazione della possibilit di applicare la teoria dellequivalenza delle condizioni nel primo comma dellart. 41. 32
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Bisogna tener conto che non vi pu essere una contraddizione nellordinamento penale come sembra avvenire tra il primo ed il secondo comma dellart. 41. In particolare il primo comma detta un principio orientato allaccoglimento dellequivalenza delle condizioni, tanto che le concause sono indipendenti dal comportamento del soggetto non escludendo comunque il nesso di causalit e ci sarebbe anche in sintonia con lart. 40 in cui non si fa una distinzione tra le varie situazioni (cause, condizioni, occasioni, ecc.) del rapporto di causalit perch nessuno pu essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se l'evento dannoso o pericoloso, da cui dipende la esistenza del reato, non conseguenza della sua azione od omissione. Un carattere assoluto ed indeterminato che non permette di scindere i vari apporti causali posti dal soggetto in relazione alla verificazione dellevento lesivo. Il primo comma ha una valenza di carattere generale, ma se le cause sopravvenute sono sufficienti a determinare levento, escludono il rapporto di causalit: in sintesi apparentemente nel primo comma si applica la teoria dellequivalenza delle condizioni al contrario nel secondo comma si accoglie il principio della causalit adeguata. A questa osservazione si replica che se cos fosse non coerente lesclusione delle concause eccezionali sopravvenute e non anche per le altre preesistenti e concomitanti. In altri termini il primo comma stabilirebbe un principio delle concause preesistenti, concomitanti e sopravvenute basato sul principio della conditio sine qua non, ma che verrebbe ribaltato dal secondo comma per le sole cause sopravvenute, mentre non sarebbe applicabile per le concause preesistenti e concomitanti anche se sono anchesse imprevedibili ed eccezionali. Di fronte a questa critica si cerca di rimediare con il ricorso allanalogia affermando che il rilievo potrebbe essere esatto, ma il secondo comma dellart. 41 c.p. derogativo di un principio generale di una norma incriminatrice sancito al primo comma: ci non toglie che trattandosi di una deroga in melius rispetto a quella genericamente stabilita nel primo comma, non vale lesclusivit che governa le norme penali incriminatici, ma pu valere per analogia il secondo comma dellart. 41 anche per le concause preesistenti o simultanee. In questo ordine di idee verrebbe recuperato il principio della causalit adeguata perch le concause preesistenti, concomitanti e successive se sono imprevedibili ed eccezionali non sono idonee alla determinazione dellevento e quindi il principio generale dellart. 41 non quello della conditio sine qua non, ma della causalit adeguata. La soluzione potrebbe essere appagante, ma il ricorso allanalogia non possibile nel diritto penale (art. 14 Preleggi) e comunque questo pu avvenire solo quando manca una norma sul caso concreto per cui si ricorre a norme che disciplinano casi simili e materie analoghe. Invece qui il legislatore ha dettato una disciplina specifica sulle concause sopravvenute che escludono il nesso di causalit materiale quando sono eccezionali ed imprevedibili per cui il soggetto non pu risponderne. Per De Felice vi un principio di coerenza del sistema giuridico che non permette assolutamente di scindere il momento psicologico subiettivo da quello obiettivo e il momento costitutivo del reato si ha quando si produce levento tipizzato dal legislatore. Ogni azione od omissione, di carattere materiale e psicologico, deve essere imputata ad un soggetto per poter affermare lesistenza del nesso di causalit tra il comportamento e levento dannoso per sussistere il reato e quindi possono essere ascrivibili solo i comportamenti assunti dallagente con assoluta coscienza e volont. Anche nellambito della disciplina delle concause si deve imputare al soggetto, secondo lo stesso art. 41, solo quelle preesistenti, simultanee o sopravvenute ascrivibili alla sua coscienza e volont, cio dolo, colpa, preterintenzione, responsabilit anomala (cio attribuibilit del fatto sulla base della prevedibilit dellevento illecito). Quando tutte queste concause sono attribuibili ad una qualunque forma dellelemento psicologico, se sono prevedibili il soggetto deve sempre risponderne. Ad esempio rientra nella comune esperienza sapere che il bambino ha una scatola cranica fragile e quindi facile fargli del male oppure che lalta velocit rende molto facile gli incidenti stradali. 33
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Quindi se sono prevedibili, cio se vi lelemento psicologico, devono essere imputate al soggetto tutte le concause preesistenti, concomitanti e sopravvenute dellevento dannoso e tutte hanno lo stesso valore ex art. 41 primo comma. Per le cause preesistenti e concomitanti facile determinare un limite alla loro prevedibilit in quanto essendo gi presenti quando avviene loffesa del bene giuridico si pu capire quando il soggetto poteva prevederle, per cui il limite dato dallelemento psicologico. Invece per le cause sopravvenute vale il principio del causa causae est causa causati (la causa di quello che ho causato diventa a sua volta causa dellevento dannoso finale), in quanto non c lelemento psicologico che fa da limite evitando un procedimento causale allinfinito come avviene per la teoria dellequivalenza delle condizioni. Per questa ragione nellart. 41 secondo comma tratta solo per le cause sopravvenute dispone che solo queste escludono il rapporto di causalit quando sono state da sole sufficienti a determinare l'evento. Occorreva quindi una norma che interrompesse tale procedimento causale per cui il legislatore intervenuto solo per le cause sopravvenute per le quali il limite quello di esclusione del rapporto di causalit, mentre per le concause preesistenti e concomitanti il limite lelemento psicologico del soggetto nelle sue varie determinazioni. Pertanto resta perfettamente valido il principio generale di causalit stabilito dallart. 40 c.p. che trova una ragion dessere nel principio della conditio sine qua non, ma che ha un limite nella rapportabilit dellazione od omissione alla coscienza e volont del soggetto in qualunque forma. Per quanto riguarda la causalit nellomissione regolata dallart. 40, il processo causale non diverso da quello causativo dellazione per cui il limite normativo stabilito serve solo ad evitare che il soggetto possa rispondere sempre e comunque di qualunque comportamento e non per dettare un principio diverso da quello della causalit adeguata che possa valere anche nellambito del rapporto causale per i reati omissivi. LELEMENTO SOGGETTIVO DEL REATO Lart. 42 primo comma detta un principio generale: Nessuno pu essere punito per una azione od omissione preveduta dalla legge come reato, se non l'ha commessa con coscienza e volont. Molte volte si equivoca la portata di questa norma ritenendo che si riferisca esclusivamente al dolo, ma in realt, lespressione usata dal legislatore di carattere assoluto ed indeterminato. Lazione o lomissione per essere costitutiva di reato deve essere sempre espressione della coscienza e volont, indipendentemente dalla forma in cui questa si possa esprimere. Infatti al secondo comma lart. 42 afferma: Nessuno pu essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto, se non l'ha commesso con dolo, salvi i casi di delitto preterintenzionale o colposo espressamente preveduti dalla legge. Il primo comma considera lazione o lomissione nella sua struttura generale che per essere costitutiva di reato deve essere espressione della coscienza e volont dellagente e questo si collega al principio espresso dal primo comma dellart. 27 della Costituzione, la responsabilit penale personale, per cui un reato pu essere imputato solo se vi coscienza e volont. Il secondo comma dellart. 42 specifica che per i delitti il principio generale della responsabilit il dolo; salvo quando la legge espressamente prevede che si possa rispondere anche a titolo di colpa e di preterintenzione, ma sempre in presenza di coscienza e la volont. Al contrario per i reati contravvenzionali il principio generale della responsabilit sia a titolo di dolo che di colpa, salvo i casi in cui la legge penale faccia dipendere da tale distinzione un qualsiasi effetto giuridico (art. 43 c.p. ultimo comma). Il terzo comma sulla responsabilit obiettiva afferma: La legge determina i casi nei quali l'evento posto altrimenti a carico dell'agente come conseguenza della sua azione od omissione. Non potendosi derogare al principio generale di coscienza e volont che deve dominare i fatti di reato, il legislatore considera dei casi in cui levento pu essere posto altrimenti a carico 34
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dellagente, ma non una deroga al principio generale della coscienza e volont dellazione o dellomissione, ma una forma di responsabilit obiettiva o anomala. Infine il quarto comma dellart. 42 dispone: Nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa. Molti in dottrina e giurisprudenza parlano di reati di mera condotta contrapponendoli a quelli costitutivi di condotta e di evento, non ritenendo che si possano considerare i reati nella loro unicit e complessit, ma distinguono lazione o lomissione dallevento solo in relazione allultimo momento determinativo della condotta costitutiva di reato e questo per affermare lesistenza di reati anche senza evento. A confutare questa teoria vi il primo e lultimo comma dellart. 42 e cio il legislatore per azione od omissione costitutiva di reato intende la condotta dellagente nel suo complesso da quando cerca di determinare levento fino a quando lo realizza. In altri termini se ci vogliamo attenere alla lettera della norma a volte sembra che questa scinda unazione da una omissione, mentre altre volte lazione e lomissione le considera costitutive di reato come se facesse parte dellevento, cio il reato si ha nellambito di un comportamento attivo od omissivo quando stato realizzato in tutte le sue componenti. Infatti lart. 42 al primo comma afferma che nessuno pu essere punito per unazione od omissione preveduta dalla legge come reato se non lha commessa con coscienza e volont, quindi non cita levento, ma soprattutto lultimo comma (sulle contravvenzioni) fa ritenere lazione o lomissione come costitutiva di reato considerandolo in senso atecnico, intendendo il reato nella sua complessit della condotta perch per le contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa, senza alcun un riferimento allevento. Quindi quando il legislatore usa il termine azione od omissione il pi delle volte intende il fatto o la condotta determinata nel suo complesso sia per i delitti che per le contravvenzioni. In sintesi il primo comma dellart. 42 detta un principio generale che per attribuire un fatto deve essere ascrivibile alla coscienza e volont dellagente sia per i delitti che per le contravvenzioni. In relazione allelemento psicologico del reato lart. 43 chiarisce che un reato: doloso quando levento dannoso o pericoloso il risultato dell'azione od omissione; preterintenzionale, o oltre lintenzione, quando dall'azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso pi grave di quello voluto dall'agente; colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se preveduto, non voluto dall'agente. Il dolo Il delitto: doloso, o secondo l'intenzione, quando l'evento dannoso o pericoloso, che il risultato dell'azione od omissione e da cui la legge fa dipendere l'esistenza del delitto, dall'agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione (art. 43) e questa definizione valida per i delitti e le contravvenzioni. Per aversi il dolo la coscienza e la volont deve assumere connotazioni ben specifiche ed articolate in relazione allazione o allomissione e anche allevento e pertanto il quid minimum (il minimo indispensabile) valido per tutti i reati, ma per aversi il dolo necessario anche un dominio dellevento causale dellagente da cui dipende lesistenza del reato che con lazione o lomissione deve prevedere e volere levento, cio levento deve essere non solo previsto, ma anche voluto in conseguenza della sua azione od omissione. Per alcuni nel momento in cui un soggetto prevede che da una condotta possa scaturire un determinato evento e poi la realizza, si pu affermare che voglia quellevento: questa la c.d. teoria della rappresentazione (o in dolus in re ipsa) per cui limportante sarebbe dimostrare la rappresentazione dellevento da parte dellagente, rispetto ad un comportamento cosciente e volontario tenuto, per poter affermare lesistenza del dolo. I sostenitori della c.d. teoria della volont rispondono che la rappresentazione un surplus nel momento in cui il soggetto ha voluto un determinato evento come conseguenza della sua azione od omissione, per cui inutile ricercare se nel momento in cui ha tenuto quel comportamento vi era la 35
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possibilit che si verificasse levento, ma sufficiente che lo abbia voluto perch la volont sussume la rappresentazione e rende inutile lesistenza del dolo sotto ogni profilo. Questa teoria affine a quella del dolus in re ipsa, ma non sembra potersi accogliere n una n laltra. Marcello Gallo30 ha evidenziato che il legislatore ha parlato di rappresentazione e di volizione, in quanto per il dolo, secondo la lettera della norma, levento deve essere previsto e voluto, cio sono necessari entrambi gli elementi psicologici nella realizzazione dellevento per esistere il dolo. Si potr parlare di un affievolimento di un elemento rispetto allaltro che d luogo alle varie forme di dolo, ma non si pu sacrificare un elemento rispetto allaltro: tutti e due gli elementi sono fondamentali per lesistenza del dolo. Per questo per il dolo vi sono varie forme: dolo dimpeto e di proposito, dolo diretto ed eventuale, dolo di danno e di pericolo, dolo generico e specifico. Il dolo generico individuato dallart. 43 c.p. nella sua formulazione originaria: previsione e volont dellevento dovuto allazione od omissione con pieno dominio dellagente. Per determinate categorie di reati, invece, si richiede un dolo specifico perch non sufficiente lesistenza dellelemento psicologico come avviene per il dolo generico, ma richiesto un quid pluris (un qualcosa in pi). Ad esempio per furto lart. 624, affermando chiunque si impossessa della cosa mobile altrui sottraendola a chi la detiene, indica un dolo generico in quanto necessaria la previsione e la volont sia per la sottrazione che limpossessamento della cosa mobile altrui, ma poi, nella seconda parte della norma, si richiede un qualcosa in pi che rappresenta il dolo specifico: il fine di trarne profitto per s e per altri e lo stesso concetto valido per la truffa (art. 640) Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a s o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno , per lappropriazione indebita (art. 646) e per tutti i reati contro la P.A. Per questi la volont di trarne profitto o di arrecare danno la motivazione che rappresenta lelemento in pi che trasforma il dolo generico in specifico necessario per aversi il reato. In relazione alla contrapposizione tra dolo diretto e eventuale, il primo volto a raggiungere un evento da cui dipende lesistenza del delitto, cio il classico esempio di dolo, io voglio un determinato oggetto e lo rubo, quindi nel dolo diretto il soggetto domina il fatto di reato dal primo momento e fino alla sua realizzazione. Invece il dolo eventuale si ha quando il soggetto prevede che un ulteriore evento si possa verificare, ma incurante di questo continua nella sua condotta assumendone il rischio. Ad esempio mettere una sostanza nociva in una bevanda per generare delle lesioni incurante che qualcuno potrebbe morire oppure nella rapina a mano armata i malfattori accettano il rischio di uccidere qualcuno che si oppone, anche se il fine della rapina quello di prendere il denaro. Accade lopposto nel dolo dimpeto e di proposito dove nel primo caso la coscienza quasi inesistente, mentre la volont nasce qualche istante prima dellevento voluto. Per esempio un delitto in stato di ira, nel quale una persona a seguito di una discussione accesa uccide il suo interlocutore. Quindi nel dolo di impeto tra la rappresentazione e la volont di realizzare levento i tempi sono brevissimi, ma c sia la coscienza che la volont, anche se dura pochissimi attimi. Al contrario nel dolo di proposito vi un notevole lasso di tempo tra linsorgere del proposito criminoso e la sua attuazione, ma la volont di realizzare levento persiste anzi con il tempo aumenta e quindi la determinazione e la colpevolezza si rafforza. La forma pi estrema del dolo di proposito la premeditazione che per alcuni si determina solo in funzione dellesistenza della macchinazione, cio della predisposizione di mezzi per la realizzazione dellevento criminoso. Per altri invece con la premeditazione si realizza levento con animo imperturbato, cio privo di qualunque commozione e in effetti chi premedita un delitto, dallinsorgenza del proposito criminoso

Lo ha affermato nella voce dolo nellEnciclopedia del diritto (editore Giuffr), rimasta storica nel sapere del diritto penale, ma anche le elaborazioni successive.

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alla sua azione passa molto tempo per agire dopo aver espunto ogni dubbio o riserva sullevento che vuole realizzare e arrivando a rafforzare la volont dellagente. Tuttavia laver agito in maniera fredda e imperturbabile pu aiutare a dare la prova dellesistenza della premeditazione, ma ci non toglie che anche in assenza di questi elementi, o di uno solo, vi possa essere ugualmente la premeditazione. Per quanto riguarda la predisposizione dei mezzi, cio la macchinazione per attuare un delitto, vi sono tanti elementi che provano lesistenza della premeditazione; ad esempio per una rapina studiare un piano, le abitudini delle persone, gli orari di apertura e chiusura della banca, ecc. Ci non toglie che possa esserci premeditazione senza macchinazione o predisposizione di mezzi, perch chi determina la realizzazione di un determinato evento in pi stadi realizzato in diversi mesi, la premeditazione c stata comunque anche se non c stata macchinazione. La dottrina e la giurisprudenza hanno dibattuto sulla problematica del seminfermo o addirittura linfermo di mente, per verificarne la compatibilit della premeditazione con linfermit mentale, ma oggi ormai riconosciuto che non vi alcuna incompatibilit. Lart. 133 affida al giudice il potere di commisurare la pena in relazione a vari elementi tra cui la gravit del reato, lintensit del dolo e il grado della colpa. Quanto pi intenso il dolo, tanto pi la pena dovrebbe essere grave e raggiunge la massima intensit nella premeditazione. Quando dalla rappresentazione alla realizzazione lagente determina il fatto con una volont particolarmente intensa che aumenta col passare del tempo, possiamo dire di trovarci di fronte ad un delitto premeditato, indipendentemente da ogni altra componente che possa configurare lesistenza della premeditazione. In relazione al dolo di danno e al dolo di pericolo, questultimo caratterizza soprattutto i reati a tutela anticipata cio quelli in cui la fattispecie si realizza con la semplice esposizione al pericolo del bene giuridico tutelato. Ad esempio i reati di tentato incendio (artt. 56, 423, 423 bis e 424 c.p.), uno dei reati di pericolo per eccellenza, si realizzano per il semplice compimento di atti che potenzialmente possono determinare un incendio, anche se poi non si verifica come avviene per il tentato disastro ferroviario. Altro esempio tipico il delitto di attentato alla Costituzione da parte del Capo dello Stato: non necessario un sovvertimento della Carta costituzionale, ma ne risponde laddove la sua condotta pu sconvolgere lordinamento costituzionale. Per tutti questi reati sufficiente la semplice coscienza e volont di esporre a pericolo il bene giuridico protetto e se poi si realizza levento criminoso si risponder del reato pi grave. Il dolo di pericolo non sufficiente per rispondere dei reati di danno, ma lo per i reati di pericolo in quanto non detto che vi siano tutti gli elementi per realizzare il danno; viceversa quando si ha un dolo di danno a maggior ragione contiene il dolo di pericolo del bene giuridico. In questi casi il dolo di danno sussume in s quello di pericolo e permetter sempre di rispondere dei reati di tentativo o di pericolo, ma non detto che avvenga il contrario e cio che il dolo di pericolo contenga il dolo di danno. Nel tentato incendio lautore risponder del tentativo, anche se non riesce ad attizzare neanche un focolaio. La preterintenzione Il delitto preterintenzionale, o oltre la intenzione, quando dall'azione od omissione deriva un evento dannoso o pericoloso pi grave di quello voluto dall'agente (art. 43, primo comma), ma se ne risponde solo qualora la legge lo preveda espressamente. Sono preterintenzionali sostanzialmente solo lomicidio preterintenzionale (art. 584 c.p.) e il delitto di aborto preterintenzionale (art. 18, comma 2 della legge 22 maggio 1978 n. 194). Lart. 584 dispone: Chiunque, con atti diretti a commettere uno dei delitti preveduti dagli articoli 581 (percosse) e 582 (lesione personale), cagiona la morte di un uomo, punito con la reclusione da dieci a diciotto anni. Quindi chi commettendo il delitto di lesioni o di percosse con atti diretti a realizzare quei reati, ma leffetto dellazione si aggrava tanto da provocare la morte della vittima, il responsabile risponder di omicidio preterintenzionale. 37
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In realt il responsabile voleva un evento dannoso meno grave (le lesioni o le percosse), ma se ne verifica un altro molto pi grave (lomicidio) e risponde per questultimo e il Vassalli motiva laggravamento del reato affermando che se ne risponde a titolo di mera prevedibilit e quindi una forma di responsabilit oggettiva. De Felice dissente con la ricostruzione del Vassalli ritenendo che vi responsabilit oggettiva solo quando si risponde per il solo fatto che un evento si verifica, cio si ha responsabilit oggettiva quando lagente risponde di un evento indipendentemente da qualunque forma di nesso psicologico possa ravvisarsi nella sua condotta e solo perch levento si prodotto. Invece nella preterintenzione vi la previsione e la volont di realizzare un evento minore, ma il soggetto determina un evento pi grave e quindi per la prevedibilit dellevento pi grave lagente risponde e non in base ad un principio di mera causalit materiale o responsabilit oggettiva. Altri affermano che volendo accettare queste considerazioni, si risponderebbe dellevento pi grave perch il soggetto lo prevede, ma agisce ugualmente per la verificazione dellevento meno grave e per il quale deve risponderne a prescindere se abbia accettato o meno questo rischio, per cui la preterintenzione diventa una forma di dolo eventuale. solo una forma di prevedibilit di un evento meno grave rispetto a quello realizzato, ma senza che si richieda quel quid pluris che caratterizza il dolo eventuale che costituito dalla rappresentazione e accettazione del rischio dellevento pi grave. Si fa allora strada la teoria della preterintenzione come una forma di dolo misto a colpa che ha avuto largo seguito in dottrina (tra cui il Contento) e in giurisprudenza. Secondo questa teoria il soggetto vuole con coscienza e volont levento meno grave e pone la sua condotta dolosa diretta a questo, sicch nel momento in cui si verifica levento pi grave si determina una responsabilit da ascriversi ad una fattispecie colposa in quanto determinata dallazione dolosa finalizzata al reato meno grave. Quindi si ha una caratterizzazione particolare di dolo rispetto allevento voluto e di colpa rispetto allevento pi grave cristallizzato dal legislatore nella forma autonoma della preterintenzione. Chi contesta questa tesi muove alcune considerazioni: Per una questione di logica la preterintenzione nellart. 43 precede e non segue la definizione di delitto colposo, ma se fosse stata effettivamente una forma di dolo misto a colpa, sarebbe stato inserito dal legislatore dopo la definizione della colpa. Lart. 43 definisce la colpa in funzione di una violazione normativa per una condotta con finalit lecita. Nella definizione della preterintenzione, invece, il legislatore pone a carico del soggetto levento pi grave senza metterlo in relazione ad una violazione normativa, cio levento pi grave realizzato non viene posto a carico dellagente per colpa generica o specifica, ma sempre e comunque e quindi dubbio che si possa parlare di dolo misto a colpa in quanto dellevento pi grave si risponde comunque. La soluzione al secondo punto data dal Tagliarini31 per il quale il delitto preterintenzionale una forma autonoma di nesso psicologico, distinto sia dal dolo che dalla colpa, che si affianca al dolo e colpa mantenendo i connotati di eccezionalit previsti dal legislatore. Egli aggiunge che illogico ritenere questa forma di nesso psicologico si esaurisca nella previsione dellart. 584, in quanto una forma tipica che ricorre tutte le volte in cui un evento pi grave collegato ad un evento meno grave voluto e in questo senso una forma di responsabilit anomala sotto il profilo del nesso psicologico della preterintenzione. Un esempio si ha negli artt. 571 (abuso dei mezzi di correzione) e 572 (maltrattamenti in famiglia) prevista come forme autonome di responsabilit che rappresentano fattispecie di preterintenzione. Infatti lart. 571 c.p. disponendo Se dal fatto deriva una lesione personale, si applicano le pene rappresenta per alcuni una forma tipica di delitto preterintenzionale (lo stesso vale per lart. 572), ma per altri un delitto
Tagliarini della scuola bolognese che ha dato una sistemazione organica al delitto preterintenzionale in una monografia degli anni 70.
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aggravato dallevento in quanto prevede solo una pena pi grave, ma non una fattispecie autonoma come dovrebbe essere un delitto preterintenzionale. La colpa Per i delitti la colpa e la preterintenzione sono forme di responsabilit vincolate ad un elemento subiettivo eccezionale che si ha unicamente quando il legislatore la prevede espressamente. Per esempio il danneggiamento (art. 635) previsto dal codice penale solo a titolo di dolo, mentre se avviene durante la circolazione stradale tra due auto, ad esempio perch una delle due non riesce a frenare in tempo, non c lintenzione di voler procurare un danno e quindi non c il reato di danneggiamento perch previsto solo a titolo di dolo. Se, invece, il danneggiamento procura anche delle lesioni o addirittura la morte di una persona si risponder a titolo di colpa per le lesioni o per la morte, perch lart. 590 c.p. prevede le lesioni personali colpose e lart. 589 lomicidio colposo. Al contrario per le contravvenzioni indifferente che il soggetto abbia agito con dolo o colpa per configurare una responsabilit penale. Lart. 43, dopo che ha definito il delitto doloso, definisce al secondo comma il delitto preterintenzionale e al terzo quello colposo: colposo, o contro l'intenzione, quando l'evento, anche se preveduto, non voluto dall'agente e si verifica a causa di negligenza o imprudenza o imperizia, ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline. Per alcuni colposo, o contro lintenzione, significa che non c coscienza e volont nella responsabilit per colpa, ma non cos perch lelemento psicologico retto sempre dal primo comma dellart. 42 quando sancisce che lazione deve essere sempre cosciente e volontaria; al di fuori della coscienza e volont non esiste responsabilit penale, n giudizio di rimproverabilit del fatto al soggetto, anche in relazione allart. 27 della Costituzione, perch la coscienza e la volont caratterizza tutte le forma dellelemento psicologico: il dolo, la colpa, la preterintenzione e la responsabilit obiettiva. Quello che manca nella colpa lintenzionalit, cio la caratterizzazione dellelemento psicologico che determina i connotati del dolo perci il legislatore non richiede la rappresentazione dellevento. Quindi contro lintenzione e anche se levento pu essere preveduto non voluto dallagente, quindi non c dolo eventuale e non c il dominio in quanto avviene per negligenza, imprudenza, imperizia ovvero per inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline. Nella colpa levento pu anche essere immaginato dallagente perch vi coscienza e volont: ad esempio chi guida un auto a velocit elevata, pur non volendolo, non esclude la possibilit che un bambino possa attraversare la strada improvvisamente e quindi possa essere investito, confidando sulla propria abilit di guida o fortuna per evitarlo. Infatti se levento dannoso fosse voluto sarebbe doloso, ma se non voluto diventa colposo (al massimo caratterizzer la c.d. colpa con previsione). Questa forma quasi abnorme dellelemento psicologico nella colpa, per qualcuno assimilata alla responsabilit oggettiva (per Vassalli) e per altri lassunzione del rischio della verificazione dellevento per nella forma di un rischio lecito (per Pagliaro). Proprio perch il legislatore contempla la possibilit di una previsione dellevento anche per il delitto colposo, pur senza la volont di realizzarlo, molti hanno pensato di delineare un campo che potesse far distinguere il delitto colposo da quello doloso per eliminare ogni possibilit di commistione tra le due forme e specialmente tra la colpa con previsione e il dolo eventuale. Il Vassalli giunge ad una forma esasperata della responsabilit per colpa ritenendo, sotto un profilo di carattere generale, che il soggetto risponde anche solo in reazione ad una prevedibilit dellevento oltre che di una previsione, ponendo una distinzione tra previsione e prevedibilit e relegando la responsabilit oggettiva al campo della prevedibilit, mentre quella della previsione al campo del delitto colposo. Si potrebbe rispondere a chi segue questa teoria che il legislatore, nel definire il delitto colposo, stato estremamente rigoroso considerando una possibilit di previsione e quindi di rappresentabilit dellevento distinguendo tra rappresentazione e rappresentabilit: La rappresentazione presume il dominio completo di chi vuole realizzare levento criminoso. 39
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La rappresentabilit dellevento si ha nellambito della colpa, ma senza esservi lelemento della volont. In questo caso non c una dominabilit del fatto da parte del soggetto, ma solo una previsione e anche se vi una possibilit di rappresentazione dellevento non voluto. Quando levento dannoso non voluto n previsto si ha la colpa, mentre se non voluto, ma previsto e se ne accetta il rischio si ha la colpa con previsione. Per Pagliaro vi un rischio di realizzazione dellevento: il rischio dellillecito caratterizza il dolo, invece il rischio del lecito caratterizza la colpa. Nella colpa il soggetto non vuole levento illecito (anche se n prevede la possibilit), ma rischia per realizzare un evento lecito perch confida nelle sue capacit affinch levento illecito non si verifichi e in questo caso si ha la colpa con previsione. Queste distinzioni sono tutte accettabili, soprattutto quella del Pagliaro, perch chiarisce i diversi confini tra il dolo e la colpa, ma per De Felice non spiegano sufficientemente qual la natura giuridica della colpa in base alla quale il soggetto deve rispondere di un evento che non ha voluto. Una risposta data dal Moro con la famosa teoria delle parallele convergenti: due rette non dovrebbero mai poter convergere, invece Moro sosteneva che giuridicamente questo pu avvenire perch il soggetto che non vuole un determinato evento delittuoso, anche se lo prevede, assume unintera condotta ontologicamente determinata e realizzata in funzione di un evento lecito. Nella determinazione della causalit per la colpa si viola una norma che si pone come antecedente causale della realizzazione dellevento illecito ed solo per questo che il soggetto ne deve rispondere. Perch, pur volendo un evento lecito, accetta il rischio di violare la norma che diventa il punto di convergenza rispetto alla realizzazione dellevento illecito; ecco perch la teoria delle convergenze parallele, in quanto il comportamento volto a realizzare un evento lecito si interseca con la violazione normativa che si pone come antecedente causale della realizzazione dellillecito perch il soggetto ha voluto (con la sua condotta) la violazione della norma. Si distingue tra colpa generica e colpa specifica: nella colpa generica la violazione della norma indeterminabile per cui ci si affida elementi normativi inseriti nella fattispecie che devono essere riempiti di contenuto attraverso delle valutazioni dottrinali o giurisprudenziali in relazione alla diligenza, prudenza e perizia usata. Il comportamento colposo quando vi imprudenza, negligenza o imperizia: tre concetti che sono tradotti dalla norma astratta e applicati nel caso concreto utilizzando linterpretazione data dalla giurisprudenza. Diligente il comportamento che osserva i canoni del buon padre di famiglia di tradizione romanistica, anche se stemperato o accentuato dalla diligentia quam suis e la diligentia diligentis. La violazione di un comportamento diligente fa tralignare (degenerare) la condotta in negligente causando levento illecito e quindi quando un soggetto, pur volendo realizzare un fine lecito, agisce in maniera negligente penalmente responsabile e lo stesso vale per il concetto di prudenza. Per DellAndro lesperienza sociale cristallizzata nellambito di quella giuridica che determina il contenuto degli elementi normativi delle fattispecie penali e quindi imprudente la condotta che viola questi canoni normativi. Diverso il concetto per limperizia perch legata ad un criterio positivo di una condotta basata su una particolare qualificazione del soggetto (ad esempio un medico). Il comportamento imperito pu essere considerato solo in funzione della qualificazione personale a cui tenuto chi svolge quellattivit. Ad esempio imperito il comportamento del conducente di un autobus perch necessaria la patente di guida per essere abilitati a condurre quel mezzo e quindi solo il patentato potr essere considerato imperito e lo stesso discorso vale per il chirurgo, il medico, il notaio, il professionista. Il conseguimento del titolo abilitante determina una colpa pi grave nei confronti del soggetto qualificato se ha un comportamento professionale imperito. Quindi i comportamenti tenuti in relazione a queste forme indeterminate nella loro caratterizzazione tipica costituiscono la cosiddetta colpa generica, prevista dallart. 43, cio affidata ai canoni 40
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normativi (imprudenza, negligenza e imperizia) che devono essere riempiti di contenuto dallinterprete del diritto. A questa forma di colpa si affianca la colpa specifica perch non ha pi quei caratteri di indeterminatezza alla base della colpa generica, anche se possono concorrere fondamenti di colpa generica con fondamenti di colpa specifica, ma sono due campi assolutamente diversi. La colpa specifica caratterizzata proprio dalla violazione di norme comportamentali che possono essere anche di carattere legislativo (leggi, regolamenti, ordini o discipline). Ad esempio la violazione del regolamento di condominio o di un circolo una fonte di responsabilit specifica. Si parla addirittura di colpa presunta perch quando vi la violazione di una norma comportamentale o giuridica da cui dipende levento illecito, difficile considerare il soggetto esente da responsabilit in ordine allevento illecito perch la causalit immediata, in quanto la violazione della norma determina levento e quindi la colpa immanente. Infatti violare un limite di velocit significa presumere una responsabilit per colpa in caso di sinistro, perci si parla anche di colpa presunta o in re ipsa, perch una violazione delle norme comportamentali, ma una presunzione iuris tantum (valida fino a prova contraria) e non iuris et de iure, perch si pu evitare la responsabilit per colpa dimostrando che anche tenendo un comportamento conforme alle norme, levento si sarebbe verificato negli stessi termini e con le stesse conseguenze. Ad esempio se un pedone investe volontariamente una macchina, la violazione del codice della strada dovuta alla velocit dellauto pu essere irrilevante, perch il comportamento della vittima esclude la responsabilit dellautomobilista. La responsabilit obiettiva La responsabilit obiettiva32 definita nellart. 42, terzo comma: La legge determina i casi nei quali l'evento posto altrimenti a carico dell'agente come conseguenza della sua azione od omissione. Per alcuni questa norma interpretata come una forma di responsabilit oggettiva in cui levento posto a carico del soggetto come conseguenza del solo nesso causale tra lazione o lomissione e levento. In realt il primo comma dellart. 42 ha una applicazione generalizzata ed solo il presupposto dellimputazione del fatto al soggetto: Nessuno pu essere punito per una azione od omissione preveduta dalla legge come reato, se non l'ha commessa con coscienza e volont. Questo un principio cardine del diritto penale che vale per ogni forma di responsabilit, compresa quella obiettiva del terzo comma dellart. 42, in quanto lazione o lomissione deve essere sempre cosciente e volontaria, mentre solo levento pu essere posto a carico dellagente in altro modo rispetto al dolo, colpa e preterintenzione, ma questo non significa accettare un principio di responsabilit oggettiva. Per questi motivi alcuni espungono la possibilit della responsabilit oggettiva nellambito del diritto penale e dando uninterpretazione pi corretta dellart. 42 terzo comma chiamandola responsabilit anomala rispetto solo alle altre forme dellelemento psicologico, quindi comunque tipizzata sul presupposto di unazione od omissione cosciente e volontaria posta dallagente. Altri, tra cui il Contento, parlano di responsabilit oggettiva caratteristica del diritto penale, ma diversa da quella disciplinata nel diritto civile basato sul mero nesso di causalit materiale. Esempi di responsabilit obiettiva o anomala sono i reati commessi a mezzo stampa, in quanto con la precedente formulazione degli artt. 57 58, il direttore responsabile di un giornale (o il suo vice) rispondevano della pubblicazione degli articoli costitutivi di fattispecie di reato, salvo la responsabilit dellautore della pubblicazione (i redattori). Il direttore responsabile o il vice rispondeva a titolo di responsabilit oggettiva per culpa in vigilando per il fatto commesso dal redattore e tale responsabilit era attribuita nei limiti in cui era stato omesso il controllo sugli articoli pubblicati e pertanto in funzione di unomissione ascrivibile quantomeno sotto il profilo della prevedibilit.
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chiamata responsabilit obiettiva nella rubrica dellart. 42 c.p.

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La giurisprudenza per non era in linea con questa interpretazione e sulla base dei principi di responsabilit dellart. 42 riteneva la responsabilit del direttore del giornale sempre e comunque senza verificare se avesse o meno esercitato il controllo sugli articoli da pubblicare. Per evitare distorsioni interpretative degli artt. 57 e 58 il legislatore intervenuto con legge n. 127 del 1958 riformulando gli articoli, prevedendo il concorso in una responsabilit solo per colpa, e introducendo due nuovi reati con gli artt. 57 bis e 58 bis; un intervento che, secondo De Felice, poteva evitarsi con una corretta interpretazione ab origine degli artt. 57 e 58, senza interpretarli come una forma di responsabilit oggettiva. Una situazione analoga si avuta riguardo alle circostanze del reato in quanto nella formulazione originaria dellart. 59, le circostanze aggravanti erano valutate sempre a carico del colpevole indipendentemente dalla loro conoscibilit per cui si parlava di responsabilit oggettiva, fino a quando nel 1991 questa norma stata modificata anche per evitare distorsioni interpretative. Le circostanze del reato ruotano intorno al reato (circum stant) e tradizionalmente si distingue tra le circostanze che incidono sulla qualitas delicti e quelle sulla quantitas delicti. La qualitas delicti sono circostanze solo in senso atecnico i quanto modificano la struttura della fattispecie e non possono essere considerati elementi circostanziali, ma costitutivi del reato perch modificano la fattispecie principale o aggiungono altri elementi costitutivi determinando una fattispecie autonoma. Diverse sono le circostanze sulla quantitas delicti perch incidono solo sulla quantit della pena, ma non sulla costituzione del reato. Per esempio, il delitto di omicidio si realizza cagionando la morte di un uomo, per se la vittima non una persona qualunque, ma il coniuge o il fratello o la sorella, si delinea il delitto tipizzato dallart. 577 che un reato autonomo rispetto allomicidio (art. 575), per cui non una circostanza del reato che incide solo sulla quantit della pena, ma soprattutto sulla determinazione del reato prevedendo lergastolo invece dei minimo 21 anni di reclusione previsti per lomicidio. Per poter rispondere del fatto, lagente conosce elementi che non sono circostanze, ma elementi costitutivi della fattispecie autonoma prevista e voluta dallagente, per non devono essere attribuite a titolo di responsabilit oggettiva, ma alla particolare tipologia prevista dallart. 42 terzo comma. Nellalveo della responsabilit oggettiva vengono ricondotte anche altre ipotesi quali le condizioni obiettive di punibilit ex art. 44 ed il concorso di persone nel reato ex artt. 116 e 117. Per le ultime due norme alle condizioni obiettive di punibilit sottende la possibilit di verificarne lapplicazione perch sembrano rimanere pi allo stadio di ipotesi che di effettivit perch, le esemplificazioni che considerano queste fattispecie come condizioni obiettive di punibilit, in realt non possono essere addebitate al soggetto a titolo di responsabilit oggettiva, ma sono solo una forma di responsabilit assimilabile al dolo eventuale. La giurisprudenza era bieca nel riconoscere il duplice ruolo delle circostanze per cui il legislatore ha preferito intervenire modificando la legge del 1991, sulla scorta delle storiche sentenze della Corte costituzionale n. 364 e n. 1085 del 1988, stabilendo che solo le circostanze aggravanti conosciute o conoscibili potevano essere attribuite allagente senza fare pi distinzione tra circostanze in senso tecnico e atecnico. Il concorso di persone regolato dallart. 110: Quando pi persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla pena per questo stabilita ... In tal modo viene considerato unico lambito lesivo del reato, nel senso che indifferente determinare lentit e la qualit della partecipazione che ciascun concorrente possa aver dato alla realizzazione del reato, tanto da prevedere la responsabilit allo stesso titolo anche per il concorrente morale, cio listigatore del reato. Infatti qualora il reato commesso sia diverso da quello voluto da taluno dei concorrenti, anche questi ne risponde, se l'evento conseguenza della sua azione od omissione ... (primo comma art. 116). Per esempio, se durante una rapina viene commesso un omicidio, chiunque concorre ne risponde, compreso leventuale complice rimasto fuori per avvisare dellarrivo della Polizia. Si parlava allora di una forma di responsabilit oggettiva in quanto gli altri concorrenti rispondono di un reato che non hanno commesso, pur volendone un altro diverso. Invece il capoverso dellart. 42
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116 dice: Se il reato commesso pi grave di quello voluto, la pena diminuita riguardo a chi volle il reato meno grave. Quindi questa forma di responsabilit esiste nei limiti della prevedibilit dellevento pi grave da quello voluto, al contrario se levento assolutamente imprevedibile il concorrente non potr mai risponderne del diverso reato realizzato. Allo stesso modo se, per le condizioni o le qualit personali del colpevole, o per i rapporti tra il colpevole e l'offeso, muta il titolo del reato per taluno di coloro che vi sono concorsi, anche gli altri rispondono dello stesso reato (art. 117). Per esempio se durante la rapina in banca uno dei malviventi, riconoscendo unagente in borghese tra i clienti, lo uccide, lart. 576 prevede lergastolo per il quale risponderanno anche gli altri della banda che non sapevano che quello fosse un agente. Altro esempio, nellappropriazione indebita di beni appartenenti allo Stato, se uno dei concorrenti non sapeva che tra loro vi era un pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio tutti non risponderanno di semplice appropriazione indebita, ma di peculato. Anche in questo caso si dice che una forma di responsabilit oggettiva perch i concorrenti che non conoscevano la qualit personale degli altri partecipanti rispondono dello stesso delitto in quanto, ex art. 117, si determina lestensione a tutti i concorrenti della responsabilit per quel tipo di reato. sufficiente un apporto in qualunque forma, anche minima, alla realizzazione del fatto tipico che ciascuno deve rispondere di quel fatto nella sua pienezza, vi quindi la c.d. unit lesiva della fattispecie che addebita a ciascuno dei concorrenti in modo autonomo ed indifferente, qualunque sia lentit dellapporto dato alla realizzazione del reato. Una graduazione della responsabilit sar possibile solo sotto il profilo soggettivo per valutare limportanza dellapporto di ciascuno per graduare la responsabilit personale, ma sotto il profilo della realizzazione lesiva assolutamente indifferente. Infatti: nondimeno, se questo pi grave, il giudice pu, rispetto a coloro per i quali non sussistono le condizioni, le qualit o i rapporti predetti, diminuire la pena (art. 117). Il concetto analogo a quello dellaltro articolo solo che per lart. 116, per i reati diversi da quelli voluti, non vi discrezionalit del giudice perch deve diminuire la pena, invece nellart. 117 (mutamento di titolo del reato) il giudice discrezionalmente pu diminuire la pena in quanto il reato voluto nella sua pienezza lesiva e il fatto lo stesso, ma cambia solo il titolo del reato (anzich appropriazione indebita diventa peculato) per cui il giudice dovr valutare, caso per caso, se lagente voleva o meno un reato meno grave. Il soggetto non risponde sempre e comunque del reato pi grave realizzato o se muta il titolo del reato, ma solo nei limiti in cui il concorrente possa prevedere il reato diverso realizzato dagli altri concorrenti, per cui la prevedibilit non una forma di responsabilit oggettiva, ma di volont e rappresentazione minore e quindi una responsabilit anomala. Questo orientamento stato riconosciuto dalla giurisprudenza a partire dagli anni 70 anche se non si potr parlare di dolo eventuale in quanto non richiesta laccettazione di un rischio rispetto allevento pi grave, ma si tratta solo dellevento prevedibile pi grave addebitato a tutti i soggetti che hanno concorso nel reato. CONDIZIONI OBIETTIVE DI PUNIBILIT Il terzo comma dellart. 42 collegato allart. 44 - condizione obiettiva di punibilit: Quando, per la punibilit del reato, la legge richiede il verificarsi di una condizione, il colpevole risponde del reato, anche se l'evento, da cui dipende il verificarsi della condizione, non da lui voluto. Ad esempio nel fallimento il delitto di bancarotta semplice, fraudolenta o preferenziale oppure, nei delitti contro la morale lincesto quando ne sia dato pubblico scandalo in luoghi pubblici o aperti al pubblico (art. 564) oppure lo stato di ubriachezza in luogo pubblico (art. 688). Tutte ipotesi in cui la realizzazione del delitto legata a situazioni oggettive che determinano lesistenza del reato, perch senza il pubblico scandalo non c incesto, oppure senza lesposizione in luogo pubblico non ci sono gli atti osceni in luogo pubblico (art. 527) e senza la sentenza dichiarativa di fallimento non si pu rispondere della bancarotta (legge fallimentare - legge 267/42). 43
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Alcuni annoverano anche i c.d. reati aggravati dallevento, cio quelli che realizzano un fatto pi grave rispetto a quello voluto dallagente e che hanno alla base la prevedibilit del reato33. Per esempio il procurato aborto senza il consenso della donna, o con violenza, causa la morte della partoriente (art. 18 legge 22 maggio 1978, n. 19434): anche in queste ipotesi ci si chiesti se possono costituire una forma di responsabilit oggettiva. Nei reati fallimentari la sentenza dichiarativa di fallimento si pone come condizione per lesistenza del reato di bancarotta, ma chiaro che il fallito ha previsto tale possibilit nel momento in cui sottrae allimpresa dei beni, effettua pagamenti preferenziali o atti di liberalit, in sintesi che vi sia una mala gestio: tutti comportamenti che lasciano intendere che lagente prevedeva quel reato. Per gli atti osceni la condizione di punibilit costitutiva di reato data dal luogo pubblico o esposto al pubblico, mentre se realizzati tra le mura domestiche non reato. Anche in questo caso, per quelli che sono i canoni comuni della moralit, facile prevedere che il lasciarsi andare ad effusioni significa voler rischiare di commettere il reato ex art. 527 e per questo non pu essere responsabilit oggettiva in quanto il reato prevedibile e lo stesso vale per lincesto. Lart. 44 affermando che anche se l'evento, da cui dipende il verificarsi della condizione, non da lui voluto indica che la condizione obiettiva di punibilit prevedibile dallagente, anche se diventa la causa di un evento non voluto. Le ipotesi della sentenza dichiarativa di fallimento, degli atti osceni in luogo pubblico, dellincesto e di tutti i reati aggravati dallevento quantomeno possono essere ricondotte alla prevedibilit e quindi apparentemente si discostano dalle situazioni previste dallart. 44. Per questo alcuni dicono che una condizione obiettiva di punibilit distaccata dalla previsione dellagente per cui non riguarda il fatto; per esempio trovarsi nel territorio dello Stato una condizione di esistenza del reato che prescinde dallelemento psicologico che causa levento. Per De Felice, per, pi che condizioni obiettive di punibilit sarebbero condizioni di esistenza del reato, per cui si hanno dei dubbi in ordine alla loro riconducibilit allart. 44. De Felice ritiene che la responsabilit obiettiva dellart. 42 tiene conto dei principi di responsabilit propri del diritto penale e che non pu essere quella di altri rami del diritto soprattutto perch la responsabilit penale personale ex artt. 42 c.p. e 27 Cost. Per De Felice vi una forma anomala di responsabilit, ovvero di responsabilit oggettiva non tradizionalmente intesa, che attribuisce il fatto al soggetto in maniera diversa (per questo anomala) dal dolo, colpa e preterintenzione, ma sempre nei limiti della prevedibilit dellevento e in presenza dellelemento psicologico e quindi conforme ai principi del diritto penale ex art. 42 primo comma. Lart. 42 si chiude con la previsione dellelemento psicologico per le contravvenzioni che si pone come eccezione rispetto ai principi di imputazione usati per i delitti: Nelle contravvenzioni ciascuno risponde della propria azione od omissione cosciente e volontaria, sia essa dolosa o colposa. Quindi si restringe il campo dellelemento psicologico espungendo la preterintenzione e la responsabilit anomala, mentre si allarga il principio generale dellapplicazione del reato al dolo e alla colpa ed per questo che le contravvenzioni non sono meno importanti dei delitti, basti pensare ai reati connessi alledilizia, allurbanistica, allambiente e in campo tributario che sono quasi sempre di tipo contravvenzionale. CAUSE DI ESCLUSIONE DEL REATO - FRANCESCO SEBASTIO Se un individuo commette un reato, la conseguenza laffermazione della responsabilit e lapplicazione della pena, ma pu accadere che una persona abbia tenuto una condotta che viola in tutto o in parte determinate norme, ma sia esente dalla pena perch quel comportamento avvenuto in presenza di particolari condizioni, tecnicamente cause di esclusione (o giustificazione), le quali rendono non punibile quella persona.
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Tanto che qualcuno fa rientrare il delitto preterintenzionale nei reati aggravati dallevento. Norme per la tutela sociale della maternit e sullinterruzione volontaria della gravidanza.

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Per la struttura del reato le due teorie fondamentali sono: 1. la teoria bipartita (la pi seguita), 2. la teoria tripartita. Per quanto riguarda la teoria bipartita afferma che sussiste il reato quando: lelemento materiale (o oggettivo) ossia il fatto illecito (non latto35) generico perch pu sostanziarsi in unazione (o azione ad evento) o una omissione (o omissione ad evento) che ha provocato levento (per esempio per lomicidio lazione deve provocare levento morte)36; lelemento psicologico (o soggettivo), detta anche colpevolezza, perch i reati sono punibili a titolo di dolo, colpa, preterintenzione e altra causa. Per la concezione bipartita sussiste il reato solo quando vi sono due elementi fondamentali: elemento materiale (fatto o evento illecito) ed elemento psicologico (la colpevolezza). Per la teoria tripartita, invece, il reato sussiste quando ci sono tre elementi: il fatto, la colpevolezza e lantigiuridicit (quindi viene diviso il fatto illecito della teoria bipartita in fatto e antigiuridicit). La dottrina distingue le cause di giustificazione in due categorie, scriminanti ed esimenti, anche se il codice penale cita solo le di cause di esclusione. Le scriminanti sono le circostanze che escludono la illiceit del fatto, cio quando c una scriminante non c il reato (la circostanza discrimina il reato); invece per le esimenti il reato c, ma non viene punito perch vi una circostanza che esime dalla pena. Per la dottrina il reato esiste quando sussistono i suoi elementi costitutivi strutturali e normativi, nel senso che c un reato quando il fatto previsto dalla fattispecie astratta (lipotesi che si concretizza) a cui collegata una sanzione. Tutti i reati prevedono la descrizione della fattispecie astratta e la sanzione, quindi il reato ha una composizione complessa perch c il fatto tipico e la sanzione (la pena). Per la dottrina le cause di giustificazione possono incidere: sullelemento oggettivo o materiale (lazione o lomissione) per cui il fatto lecito e in questo caso si tratta di scriminati; sullelemento soggettivo, sulla colpevolezza, quindi sulla punizione del soggetto e in questo caso si tratta di esimenti. Tuttavia il codice penale in presenza di una causa di esclusione del reato (artt. 50 e seguenti) si limita ad affermare che la persona non punibile, perch si in presenza di determinate condizioni. Se una persona ha commesso un reato per legittima difesa limputato non sar assolto, ma il giudice dichiarer il soggetto non punibile in ordine al reato ascrittogli per aver agito per legittima difesa. Antolisei distingue tra cause oggettive e soggettive di esclusione del reato e comunque in entrambi i casi il soggetto non punibile. Quando un fatto, di regola vietato, viene consentito dalla legge che n esclude lantigiuridicit impedendo lapplicazione di una pena abbiamo le cause oggettive di esclusione del reato che riguardano lazione e levento e prescindono dalla psiche del soggetto. Ad esempio per la legittima difesa chi uccide ha voluto farlo, ma avvenuto in presenza di circostanze che escludono il reato. Nel codice penale sono cause oggettive di esclusione del reato (scriminanti): art. 50 - consenso dell'avente diritto; art. 51 - esercizio di un diritto o adempimento di un dovere; art. 52 - difesa legittima; art. 53 - uso legittimo delle armi; art. 54 - stato di necessit.

Il fatto pu comprendere pi atti o anche un atto non avvenuto come lomissione, per cui latto descrive solo una azione mentre lomissione non un termine corretto in riferimento allelemento materiale del reato. 36 Per lomicidio necessaria lazione e levento, ad esempio commette omicidio chi spara ad una persona (lazione) se questa muore (levento); invece lingiuria un reato solo di azione.

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Lart. 50 stabilisce che non punibile chi lede o pone in pericolo un diritto col consenso della persona che pu validamente disporne (ad esempio colui che demolisce una macchina con il consenso del proprietario), ma questa norma non si applica per il bene vita perch indisponibile, per cui qualora una persona chiede con la massima convinzione e nel pieno delle sue facolt mentali ad un'altra di ucciderla, colui che laccontenta viene punito dalla legge seppur con una pena minore rispetto allomicidio volontario o preterintenzionale (omicidio del consenziente art. 579 c.p.). Lart. 51 dispone: L'esercizio di un diritto o l'adempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica Autorit, esclude la punibilit. Per esempio durante una guerra luccisione del nemico non omicidio volontario, bench integra la fattispecie astratta, oppure (quando era in vigore la pena di morte in caso di guerra) un plotone di esecuzione che ha lordine di eseguire una condanna a morte, perch avviene nelladempimento di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorit. La scriminate sussiste solo se lordine legittimo, ad esempio, dopo la seconda guerra mondiale, nei procedimenti penali a carico dei militari delle S.S.37 la tesi difensiva in relazione alluccisione di civili inermi era lordine dellAutorit che per era palesemente illegittimo per cui non si poteva invocare lart. 51 per lesimente delladempimento del dovere. Per lesercizio di un diritto attribuito non si pu essere responsabili di un fatto che pu rivelarsi lesivo per altra persona, salvo i limiti della proporzionalit dellazione. Per esempio recintare labitazione con del filo spinato per difendersi dai ladri, anche se deve esserci una proporzione tra le modalit attraverso le quali viene esercitato un proprio diritto ed il fatto lesivo verificato, per cui non sar possibile mettere del filo spinato elettrificato. Una parte della dottrina fa riferimento allart. 51 per giustificare le lesioni inferte dal chirurgo al paziente. Per esempio, in astratto, lasportazione di un organo pone in essere unipotesi di lesioni volontarie per non punibile in quanto il medico ha un dovere-obbligo di intervenire per salvare la vita al paziente, anche se subordinata al consenso informato ed il medico che si rifiuta di curare un ferito commette un reato (abbandono di persone in stato di necessit oppure omicidio colposo). Collegato con lipotesi sullesercizio di un diritto o adempimento di un dovere, ma riferita esclusivamente al pubblico ufficiale, luso legittimo delle armi, art. 53: Ferme le disposizioni contenute nei due articoli precedenti38, non punibile (in presenza di condizioni di non punibilit, limputato non viene assolto, ma dichiarato non punibile) il pubblico ufficiale che, al fine di adempiere un dovere del proprio ufficio, fa uso ovvero ordina di far uso delle armi o di un altro mezzo di coazione fisica, quando vi costretto dalla necessit di respingere una violenza o di vincere una resistenza all'Autorit e comunque di impedire la consumazione dei delitti di strage, di naufragio, sommersione, disastro aviatorio, disastro ferroviario, omicidio volontario, rapina a mano armata e sequestro di persona. Quindi una fattispecie intermedia tra la legittima difesa e lo stato di necessit, ma a differenza di queste ultime, lesimente dellart. 53 vale solo in presenza di due presupposti: il soggetto agente deve essere un pubblico ufficiale e lazione si deve compiere per adempiere ad un atto del proprio ufficio. Questo pu avvenire anche se lagente ordina ad un sottoposto di usare armi o altro mezzo di coazione fisica (manganello, lancio di gas lacrimogeni, la stessa forza fisica, ecc.) quando vi costretto dalla necessit di respingere una violenza o di vincere una resistenza allAutorit e comunque di impedire la consumazione di delitti gravi. In questo caso non attentata lincolumit del pubblico ufficiale, perch altrimenti si parlerebbe di difesa legittima, ma vi la necessit di respingere una violenza o di vincere una resistenza
Waffen-SS ("SS Combattenti") il termine utilizzato per indicare il ramo militare delle Schutzstaffel. Questa unit all'inizio della guerra aveva un forza di poco meno 18.000 uomini, sarebbe cresciuta fino a diventare un esercito di quasi un milione di soldati delle pi disparate provenienze etniche (nondimeno con un consistente nucleo di musulmani) che si sarebbe guadagnato su tutti i fronti operativi una fama di spietata efficienza militare. 38 La frase indica che la norma unipotesi residuale in quanto, generalmente, una reazione violenta del soggetto attivo nei confronti di unaltra persona rientra nella legittima difesa o nello stato di necessit.
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all'Autorit o impedire reati gravi. Per esempio una folla in tumulto trascende i limiti e resiste allordine di sgombrare una piazza o sciogliere un blocco stradale. Altra causa di giustificazione dettata dallart. 52 c.p. per la difesa legittima che si differenzia da una causa simile dettata dallart. 54 per lo stato di necessit. Non punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessit di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all'offesa (art. 52 primo comma). Quando un soggetto agisce in per difesa legittima, lede un diritto fondamentale di unaltra persona e quindi astrattamente costituirebbe un reato e per questa ragione affinch sussista questa scriminante devono essere presenti una serie di elementi, ma se ne manca solo uno il fatto resta punibile. La difesa legittima si applica quando bisogna difendere un diritto relativo allincolumit fisica e patrimoniale, ma loffesa deve essere ingiusta, ad esempio se un poliziotto arresta una persona sospettata di un reato e gli spara non potr invocare la legittima difesa. Consideriamo il caso dellorefice che vede il rapinatore che lo ha derubato qualche ora prima, se gli spara non potr invocare la legittima difesa perch il pericolo non attuale. Inoltre non ci deve essere la possibilit di evitare laggressione in maniera pacifica, magari fuggendo, altrimenti viene meno il requisito della necessit e infine vi deve essere proporzione tra la difesa e loffesa. Sullo stato di necessit il primo comma dellart. 54 dispone: Non punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessit di salvare se od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, ne altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo. Una prima differenza tra le due ipotesi data dalla natura del diritto tutelato, perch mentre per la difesa legittima consentito difendere la propria o altrui persona e il proprio patrimonio, nello stato di necessit ammessa solo la difesa della propria o altrui persona. Se un criminale sta per uccidere o derubare una persona chiunque pu intervenire contro laggressore anche se loffesa non era rivolta a se stesso bens ad un altro, perch la scriminante della legittima difesa invocabile per la tutela dellincolumit fisica e patrimoniale sia per se stessi che per altri; al contrario non potremo invocare la scriminate dello stato di necessit quando avviene per difendere il patrimonio. Tra la legittima difesa e lo stato di necessit c una differenza fondamentale: mentre nella prima ipotesi lautore del fatto reagisce contro colui che lo aggredisce fisicamente o nel suo patrimonio, nello stato di necessit chi subisce la reazione violenta un soggetto incolpevole. Ad esempio un naufrago simpossessa dellunico salvagente sottraendolo ad un altro facendolo annegare, in questo caso non legittima difesa, perch la persona alla quale stato sottratto il salvagente una vittima incolpevole. In questo caso si applica il principio latino mors tua vita mea (la tua morte la mia vita), per non morire una persona uccide unaltra, ma questo avviene per stato di necessit che per non si applica per la difesa del patrimonio e inoltre la reazione difensiva deve essere immediata perch il pericolo deve essere attuale. Nello stato di necessit e nella legittima difesa necessario il carattere della necessit, dellattualit e della proporzionalit al pericolo, mentre nel solo stato di necessit si aggiunge il pericolo non volontariamente causato dallagente. Ritornando allesempio del naufragio, colui che provoca laffondamento di unimbarcazione non pu invocare lart. 54 c.p. per aver sottratto il salvagente ad un naufrago per salvarsi. Se Tizio uccide Caio ha posto in essere tutti gli elementi costitutivi del reato di omicidio (reato di azione ed evento), che sussiste quando un soggetto attivo, rappresentandosi adeguatamente la realt, compie volontariamente unazione idonea a provocare la morte di una persona. Per cui anche se lomicidio avviene per legittima difesa, tecnicamente contiene tutti gli elementi del reato, ma solo lautorit giudiziaria potr stabilire se sussistono le condizioni per riconoscere la legittima difesa attraverso le regole processuali. 47
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Nel 2006 lart. 52 c.p. stato integrato dal secondo comma: Nei casi previsti dallarticolo 614, primo e secondo comma (violazione di domicilio), sussiste il rapporto di proporzione di cui al primo comma del presente articolo se taluno legittimamente presente in uno dei luoghi ivi indicati usa unarma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere: a) la propria o altrui incolumit; b) i beni propri o altrui, quando non vi desistenza e vi pericolo daggressione. La disposizione di cui al secondo comma si applica anche nel caso in cui il fatto sia avvenuto allinterno di ogni altro luogo ove venga esercitata unattivit commerciale, professionale o imprenditoriale. Quindi per la violazione di domicilio non necessario dimostrare se vi stata proporzione tra il rischio o laggressione e la reazione difensiva perch presunta, mentre se lo stesso fatto avviene per strada, al di fuori dei luoghi indicati dal secondo comma, la proporzionalit deve essere dimostrata. In sintesi vi unattenuazione della proporzionalit tra difesa e loffesa, ma se viene accertato che la reazione difensiva sproporzionata rispetto allentit del pericolo diventa eccesso colposo disciplinato dallart. 55. Nellipotesi in cui sussistano le scriminanti previste dagli artt. 51, 52, 53, 54 ma si ecceduto nella condotta difensiva, il fatto ritorna ad essere illecito, ma nella forma colposa anzich volontaria e quindi con una pena notevolmente ridotta e solo se quel reato previsto come delitto colposo. A differenza delle cause di esclusione oggettive del reato che incidono sul fatto, per Antolisei le cause soggettive di esclusione del reato escludono il nesso psichico. Queste ipotesi avvengono quando levento dannoso riconducibile allazione di una persona, in realt da questi non assolutamente voluto. Ad esempio un cacciatore sparando un colpo di fucile verso una preda, il proiettile di rimbalzo colpisce un compagno di caccia. La differenza fondamentale tra le cause oggettive e quelle soggettive di esclusione del reato che nel primo caso levento dannoso voluto dallagente, anche se poi la circostanza in cui avviene lo rende lecito, al contrario nelle cause soggettive di esclusione del reato levento dannoso non assolutamente voluto dallagente e quindi assente lelemento psicologico. Ad esempio nel costringimento fisico (art. 46), quando una persona prende la mano di un altro con la forza e lo costringe a sparare per colpire chi sta di fronte, esclusa ogni forma di punibilit in quanto non sussiste lelemento psicologico perch si stati costretti a sparare. Nel codice penale sono ipotesi di cause soggettive di esclusione del reato (esimenti): artt. 5, 47 3 comma e 49 1 comma - errore di diritto, art. 45 - caso fortuito o forza maggiore, art. 46 - costringimento fisico, artt. 47 1 e 2 comma e 48 - errore sul fatto, Le cause soggettive di esclusione del reato fanno scattare la non punibilit, non perch manchi un elemento oggettivo costitutivo di reato, ma perch influiscono sul nesso psichico. Non punibile chi ha commesso il fatto per caso fortuito o per forza maggiore (art. 45). Non c un comportamento volontario al contrario di quanto avviene nella difesa legittima anche se lagente non ugualmente punibile. Nel caso fortuito o forza maggiore un fattore esterno alla volont del soggetto ha determinato il fatto. Per esempio unipotesi di forza maggiore una scossa tellurica provoca la caduta di un operaio da unimpalcatura il quale finisce su un passante provocandone la morte. Si tratta di un evento non punibile in quanto esula dalla sfera volitiva dellagente per cui non antigiuridico. Il caso fortuito unipotesi similare alla forza maggiore e sulla quale la dottrina ha elaborato molte teorie, mentre la Cassazione ha definito un ipotesi di caso fortuito lattraversamento della strada di un cane che fa sbandare lautomobilista provocando dei danni o il ferimento di persone, anche se il magistrato dovr comunque indagare su eventuali concause preesistenti o concomitanti come superamento del limite di velocit.

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Nellipotesi del costringimento fisico, art. 46: Non punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato da altri costretto, mediante violenza fisica, alla quale non poteva resistere o comunque sottrarsi. In tal caso, del fatto commesso dalla persona costretta risponde l'autore della violenza. Questa esimente di tipo psicologico, quindi soggettivo perch manca la volont dellagente e del fatto commesso risponder lautore della violenza ed unipotesi pi teorica che pratica definita nel diritto privato come un vizio della volont che determina lannullamento di un contratto che si realizza quando, per esempio, una persona con la forza prende la mano di altra persona per costringerla a firmare un contratto ed diverso dal costringimento morale di chi costretto a firmare sotto la minaccia di una pistola, perch qui lagente volontariamente firma anche se condizionato dalla minaccia. Lerrore di diritto riferito allart. 5, per cui una volta promulgata la legge se ne presumeva la conoscenza per chiunque in virt del principio dellignorantia legis non excusat, ma con la sentenza della Consulta del 1988 si mitigato il rigore di questa norma aggiungendo che lignoranza se inevitabile diventa una causa di giustificazione soggettiva. La dottrina e la giurisprudenza oggi concorde nellaffermare che un soggetto si pu trovare in una condizione di ignoranza inevitabile in relazione a norme penali tecniche o specifiche; ad esempio una persona che improvvisandosi costruttore viola delle norme penali specifiche di quel settore. Per errore sul fatto si intende quello che cade su uno o pi degli elementi essenziali richiesti per lesistenza del reato. Per esempio nel furto quando lagente crede che la cosa asportata sia propria, mentre altrui oppure nellincesto quando signora la relazione di parentela. Tra le scriminanti soggettive lerrore sul fatto, se ricade sul processo di formazione della volont, disciplinato dallart. 47 (errore di fatto) e dallart. 48 (errore determinato dallaltrui inganno). L'errore sul fatto che costituisce il reato esclude la punibilit dell'agente. Nondimeno, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilit non esclusa, quando il fatto preveduto dalla legge come delitto colposo. L'errore sul fatto che costituisce un determinato reato non esclude la punibilit per un reato diverso. (art. 47). Lart. 48 prevede una particolare ipotesi di errore determinato dallaltrui inganno, ma, in tal caso, del fatto commesso dalla persona ingannata risponde chi l'ha determinata a commetterlo. Per se il fatto determinato da negligenza, imprudenza, imperizia, inosservanza di leggi, regolamenti o disciplina diventa colposo e se previsto a questo titolo il soggetto ne risponde. Non escludono il reato le due forme di errore nella fase di esecuzione dellazione, disciplinate dagli artt. 82 e 83 - c.d. reato aberrante39 - distinto in aberratio ictus e aberratio delicti: Laberratio ictus (art. 82 c.p.) si ha quando levento voluto viene realizzato, ma incide su una persona diversa da quella contro cui era diretto; ad esempio se Tizio spara un colpo d'arma da fuoco contro Caio, ma per errore colpisce Sempronio. In questo caso il reato resta doloso come se fosse stata colpita la persona giusta. Laberratio delicti (art. 83 c.p.) si ha quando per unerrata percezione della realt si cagiona un evento diverso da quello voluto. Ad esempio Tizio lancia un sasso per infrangere una vetrina, ma per un errore di mira colpisce Caio che passava nelle vicinanze. In sintesi nellaberratio ictus il reato resta lo stesso, mentre nellaberratio delicti il reato cambia. In generale lerrore pu incidere: sul processo di formazione della volont (artt. 5, 49, 47 e 48) quando riguarda sia una norma giuridica (errore di diritto) che gli elementi di fatto che concernono il reato (errore sul fatto) e in questi casi una causa di esclusione del reato; nella fase di esecuzione dellazione (reato aberrante, artt. 82 e 83) quando la realt percepita bene dal soggetto, ma loffesa avviene per un errore nellesecuzione dellazione e in questi casi non esclude il reato.

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Cio che ostacola o devia da quello che ci si proposti di fare.

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LE CAUSE DI ESCLUSIONE OGGETTIVE DELLILLICEIT PENALE Le cause di esclusione (o giustificazione) del reato o di esclusione dellilliceit penale o elementi negativi del fatto devono essere distinti dalle cause di esclusione della colpevolezza. Gli elementi oggettivi del fatto sono la condotta (lazione od omissione), levento e il nesso di causalit che determina anche lelemento oggettivo della fattispecie. Nellambito degli artt. 50 - 51 - 52 - 53 - 54 c.p. sono previste alcune cause di esclusione ritenute, nella loro collocazione sistematica tradizionale, incidenti sulla c.d. antigiuridicit del reato. Secondo la teoria tripartita il reato costituito dal fatto tipico, dallantigiuridicit e dalla colpevolezza, mentre per la teoria pi seguita oggi, quella bipartita, il reato costituito dal fatto illecito e dalla colpevolezza. De Felice segue la teoria bipartita, molto diffusa oggi, ritenendo che il fatto tipico comprende lantigiuridicit quale concetto unitario del reato, anche se larga parte della giurisprudenza, soprattutto quella pi tradizionale della Cassazione, continua a fare riferimento alle cause di giustificazione o di esclusione dellantigiuridicit. Le scriminanti non possono essere considerate cause di giustificazione dellantigiuridicit penale, perch considerando lantigiuridicit come la contraddizione del fatto tipico rispetto alla norma, si afferma che costitutivo di reato se antigiuridico sia da un punto di vista formale, in quanto in contraddizione con la fattispecie normativa, sia sostanziale perch lesivo di un bene giuridico concreto, determinato nel momento in cui il fatto si verifica. Il giudizio di antigiuridicit formale e sostanziale presuppone la possibilit di poter esprimere un giudizio senza contraddizioni con la fattispecie tipizzata nella norma e questo era possibile solo se il fatto realizzato privo delle caratteristiche che incidono sullantigiuridicit. Per questa teoria, se il fatto aveva i connotati che ne impedivano il giudizio di antigiuridicit non poteva essere pi considerato costitutivo di reato, bench astrattamente lo fosse. Ad esempio se il danneggiamento (art. 635) di un bene fosse voluto dallavente diritto non reato, anche se astrattamente idoneo ad esserlo: viene meno, si diceva, lantigiuridicit perch si inserito il consenso dellavente diritto e questo vale anche per le altre scriminanti. In realt lantigiuridicit non pu essere considerata costitutiva di reato, in primis perch sotto un profilo lessicale una contraddizione in termini, in quanto il fatto realizzando esattamente quanto prevede la norma deve essere considerato giuridico e non antigiuridico perch non contrasta con la norma, ma la segue pedissequamente. Inoltre se il fatto integra la previsione normativa penale illecito e se un fatto non offensivo (danno o pericolo) di un bene giuridico non nemmeno penalmente rilevante, in quanto il diritto penale si occupa esclusivamente dei fatti illeciti. Al massimo al giudice pu essere delegata in un certo momento storico laccertamento di fattispecie in presenza di componenti fattuali rilevanti per il diritto penale, in cui la declaratoria del giudice potrebbe essere il fatto non sussiste o non costituisce reato, ma non si pu affermare lesistenza di una fattispecie tipica quando questa non stata realizzata. Allora evidente che se effettivamente queste cause non possono incidere sullantigiuridicit, nemmeno questa ha pi ragione di esistere come elemento costitutivo del reato perch o la fattispecie si realizza in tutte le componenti che la qualificano illecita oppure non si realizza e in questo caso diventa lecita. Solo se c illiceit si porr il problema, eventuale, se la fattispecie sia suscettibile di un giudizio di rimproverabilit (cio di colpevolezza) o meno. Gi da qualche decennio la dottrina e la giurisprudenza (salvo alcune eccezioni) hanno espunto lantigiuridicit dalla fattispecie di reato e lo stesso Antolisei parla dellantigiuridicit come lin s del reato, espungendola dal novero degli elementi perch la fattispecie illecita in s per essere costitutiva di reato.

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In realt non nemmeno in s antigiuridica perch la fattispecie illecita e non in s illecita, ma comunque il pensiero di Antolisei rappresenta un passo avanti rispetto ad altri autori del suo tempo (Bettiol, Fannain, Nuvolone, ecc.)40. Se le cause di giustificazione non incidono sullantigiuridicit, alcuni hanno affermato che per luso legittimo delle armi, la difesa legittima e lo stato di necessit chi agisce costretto da una situazione concreta e quindi viene meno la colpevolezza. Altri dicono che il soggetto, che si trova ad agire in determinate condizioni non poteva tenere un comportamento lecito e quindi sono fautori della teoria della non esigibilit del comportamento lecito che esclude la colpevolezza. Queste teorie alternative considerano le cause di esclusione del reato, incidenti pi sul giudizio di colpevolezza che non sulla loro tipicit. Va ricordato che il soggetto che uccide in presenza di scriminanti agisce con assoluta coscienza e volont e addirittura molte volte sono presenti tutte le componenti di previsione e volizione dellevento tipico del dolo, ma se sono presenti tutte le componenti oggettive e soggettive del fatto tipico, il reato realizzato e non si pu ritenere che il giudizio di legittimit possa legittimare lesclusione della responsabilit del soggetto. Invece per Pagliaro e Gallo queste componenti costitutive della cause di giustificazione incidono sul fatto tipico perch si verificano quando si realizza e non si possono considerare succedanee al fatto e valutabili solo ai fini dellesclusione di un giudizio di colpevolezza. Essi affermano che il consenso dellavente diritto, luso legittimo delle armi, lesercizio del diritto, ladempimento del dovere, lo stato di necessit, la legittima difesa sono tutte componenti del fatto realizzato e quindi non possono essere espunti dalla fattispecie per una valutazione soggettiva ai fini del giudizio di rimproverabilit dellagente. Per Pagliaro e Gallo questi elementi devono essere considerati nellambito della fattispecie come elementi negativi che impediscono la rilevanza penale del fatto, in quanto gli elementi positivi rilevano il fatto tipico costitutivo di reato e i negativi lo impediscono. In sostanza per esserci reato necessaria la presenza di tutti gli elementi costitutivi, mentre in presenza di elementi negativi viene a mancare la realizzazione del reato anche se resta levento. Quindi gli elementi positivi determinano la rilevanza tipica del fatto, mentre gli eventuali elementi negativi fanno venir meno questa tipicit del fatto determinando la sua liceit. Per De Felice gli elementi considerati dallart. 50 allart. 54 impediscono la determinazione della illiceit del fatto, ma non possibile individuare lesistenza della fattispecie tipica sulla base di una somma algebrica di elementi positivi e negativi. Il fatto costituivo di reato sorge in tutte le sue componenti oggettive ab inizio come un fatto lecito e non nasce prima come illecito e poi diventa lecito se vi sono elementi negativi, per cui anche questa costruzione non pu essere accolta. Antolisei per spiegare la natura giuridica delle cause di esclusione dellilliceit penale afferma che esprimono un bilanciamento tra gli interessi considerati dal legislatore prevalenti da altri soccombenti determinando cos la liceit o illiceit del fatto. Il Fiore perfeziona questo bilanciamento ritenendo che questo concetto si pu allargare anche a situazioni non tipizzate dalla norma tanto da potersi parlare di azioni socialmente adeguate, perch lesistenza di cause di esclusione tipizzate non esclude lapplicazione di questi principi anche a situazioni non tipizzate. Per esempio sono azioni socialmente adeguate le attivit sportive violente, come il calcio e la box, che possono procurare lesioni o addirittura la morte e dove non c il consenso dellavente diritto41. Ci sono quindi situazioni che non sono rapportabili a fattispecie tipiche di esclusione dellilliceit perch, secondo Fiore e Antolisei, nelle azioni socialmente adeguate nel bilanciamento degli
Il Gallo poi stato ha rivoluzionato nel diritto penale il dolo e la colpevolezza, mentre il Pagliaro ha ricostruito il diritto penale nellottica sia del fatto tipico e delle sue componenti, infine ricordiamo anche il Moro e DellAndro. 41 A volte ci potrebbe essere una volont contraria dei parenti e dello stesso soggetto, per esempio nel caso di trasfusione di sangue ad un testimone di Geova.
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interessi non vi loffesa del bene giuridico tutelato e di conseguenza non si pu considerare il fatto come illecito: un principio esatto nella sua individuazione sia in riferimento alle cause di giustificazione tipizzate, sia per quelle atipiche rapportabili a queste. La ratio delle cause di esclusione codificate e non la si coglie nel momento in cui si individuano le fattispecie penalmente rilevanti in funzione della loro illiceit rispetto alloffesa del bene giuridico. Nellambito del diritto penale tutto ruota intorno al principio di necessaria offensivit del bene giuridico e al di fuori di questa non si pu ritenere alcun fatto penalmente rilevante. La rilevanza si determina nel momento in cui la condotta viene tenuta, invece successivo il giudizio per valutare se la situazione rilevante in relazione alloffesa del bene giuridico. In questi termini la teoria di DellAndro funzionale allontologica liceit del fatto, per cui il fatto ontologicamente (intrinsecamente) lecito non pu essere mai rilevante ai fini giuridici, ma secondo la dottrina pi moderna pu essere trasposta loffensivit. Per De Felice la ontologica liceit del fatto lo rende penalmente irrilevante e non esiste la possibilit di considerare un fatto lecito rilevante ai fini penali e se poi alla base vi un principio di bilanciamento degli interessi pu essere vero, ma la ratio di tale irrilevanza che il fatto in quanto lecito non pu essere penalmente rilevante in qualunque modo si verifichi questa liceit. Questo valido per le cause di esclusione tipiche e non riconducibili al novero di tale principio come azioni giuridicamente adeguate e non pi socialmente adeguate, perch non pu un canone sociale determinare la liceit giuridica, ma deve essere la norma. Al massimo si potr parlare di azioni giuridicamente lecite, ma mai di azioni socialmente lecite o adeguate e quindi il temine corretto azioni giuridicamente adeguate, anche se alla base vi un anche di bilanciamento degli interessi. Per le scriminanti tipizzate, cos come per tutte le altre azioni giuridicamente adeguate, non cra bisogno di prevedere le singole ipotesi tipizzate nelle cause di esclusione per esprimerne lirrilevanza penale della condotta. Per il consenso dellavente diritto, ladempimento del dovere, la difesa legittima, luso legittimo delle armi e lo stato di necessit il legislatore intervenuto per limitarne lambito di applicazione (art. 55) a quando accertata in sede giudiziale lesistenza di quelle condizioni che cos hanno solo una funzione limitatrice e non determinatrice della irrilevanza penale del fatto. ECCESSO COLPOSO Il c.d. eccesso colposo trattato nellart. 55 c.p. che segue le norme sulle cause di esclusione del reato: Quando, nel commettere alcuno dei fatti preveduti dagli articoli 51, 52, 53 e 54, si eccedono colposamente i limiti stabiliti dalla legge o dall'ordine dell'Autorit ovvero imposti dalla necessit, si applicano le disposizioni concernenti i delitti colposi, se il fatto preveduto dalla legge come delitto colposo. In altri termini il legislatore stabilisce i limiti entro i quali le cause di esclusione del reato possono valere, salvo che per il consenso dellavente diritto (art. 50). Per le cause di esclusione dellilliceit vi sono dei limiti ben determinati, per esempio per la difesa legittima il pericolo di unoffesa ingiusta deve essere attuale e la difesa proporzionata alloffesa. Molte volte questi limiti possono essere superati, per esempio nella difesa legittima il dito messo nella tasca che simula la minaccia con una pistola per qualcuno pu determinare la reazione del minacciato con unarma vera travalicando quindi i limiti della difesa proporzionata alloffesa. Lo stesso nello stato di necessit quando, per esempio, per il timore di annegare e malgrado provvisto di salvagente si fa cadere in mare una persona che era sulla barca di salvataggio: anche in questo caso si travalica un limite perch stando in un salvagente non vi un pericolo immediato. Sono situazioni in cui si pu verificare una erronea valutazione delle cause di esclusione del reato per il quale lart. 55 prevede una responsabilit solo per colpa e sempre che sia preveduto dalla legge come colposo. Per esempio per le percosse o il danneggiamento, reati solo dolosi, non si risponde per leccesso colposo. 52
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In dottrina e in giurisprudenza si detto che non si pu parlare di colpa in questa situazione perch il soggetto ha voluto effettivamente tenere quel comportamento, anche se per una erronea valutazione del fatto o della situazione di pericolo, perch un comportamento doloso trattato come colposo con una fictio iuris dal legislatore. Per questo motivo alcuni hanno distinto leccesso dei mezzi dalleccesso dei fini: nel primo caso il soggetto pu invocare lapplicazione dellart. 55, mentre non possibile per leccesso dei fini perch vi un comportamento doloso. Si ha un eccesso dei mezzi quando il soggetto reagisce con mezzi sproporzionati rispetto a quelli adoperato dallaggressore (per esempio reagire con la pistola a chi minaccia con un coltello) e secondo questa teoria per dottrina e giurisprudenza leccesso dei mezzi legittima il ricorso allart. 55 e quindi la degradazione della responsabilit del soggetto da dolo a colpa. Invece nelleccesso dei fini si approfitta di una situazione per raggiungere un fine sproporzionato rispetto al pericolo o alla minaccia, per esempio sparare a chi minaccia solo verbalmente: leccesso dei fini non legittima la possibilit di applicare lart. 55 e quindi determinerebbe il trattamento del fatto come doloso. La distinzione tra eccesso dei mezzi ed eccesso dei fini pu valere per lapplicazione degli artt. 51 e ss. perch il comportamento altrui non deve essere un pretesto per raggiungere finalit diverse dalla difesa vita e dei beni altrimenti non possibile applicare lart. 55 per diminuire la responsabilit. Tuttavia non vero che lart. 55 sia una fictio iuris perch la responsabilit per colpa non scevra da coscienza e volont dellazione e non del tutto accettabile la distinzione tra eccesso di mezzi e di fini perch in questultimo caso si pu incorrere in una violazione normativa con la necessit di applicare leccesso colposo, perch anche nella determinazione del fine ci pu essere unerronea valutazione e quindi un comportamento per colpa. Ci sono casi in cui in seguito ad unaggressione minimale la persona reagisce uccidendo chi lo minaccia. Anche se vi un eccesso del fine (ad esempio minacciare con una pistola poi rivelatasi giocattolo) la volont di uccidere basata su un errore di valutazione della situazione di quel momento, per cui anche in presenza di un eccesso dei fini vi pu essere eccesso colposo. Chi sostiene che leccesso dei fini debba essere considerato solo nella sua determinazione dolosa, non considera che anche la condotta colposa si basa sulla coscienza e volont dellazione. Tuttavia se diventa una scusa per liberarsi di una persona non c pi unerronea valutazione del pericolo, per cui non una responsabilit per colpa perch mancano i presupposti, in quanto la persona ha previsto e voluto levento delittuoso nella sua realt dolosa. La problematica delle azioni giuridicamente adeguate collegata alle cause di esclusione dellilliceit penale, trattate nel libro di De Felice, come situazioni che vanno oltre la normale tipizzazione e trovano la loro giustificazione in un principio superiore alla base delle cause di esclusione della illiceit penale. Per azioni giuridicamente adeguate intendiamo tutte quelle che possono avvenire in particolari casi, per esempio quando viene dato il consenso dai familiari per un intervento chirurgico per un paziente che non in grado darlo a causa delle sue gravi condizioni oppure nellattivit sportiva quando si procurano lesioni o addirittura la morte della persona durante un incontro di box. In questi casi difficile affermare lesistenza di un consenso dellavente diritto o dellesercizio di un diritto come causa che esoneri dalla responsabilit colui che ha causato una menomazione fisica. Questo vale anche per il medico che ha operato un intervento chirurgico quando non c la necessit di salvare una vita, s si tratta solo di poter assicurare una ripresa deambulatoria. In questi casi, quindi, non si pu invocare una delle cause di esclusione codificate dal legislatore per lesercizio di un diritto o ladempimento del dovere, perch sono situazioni che vanno oltre i casi tipizzati per i quali ci si chiede come e perch il soggetto non ne risponde. La risposta a questo problema viene data sulla base dei principi generali che alcuni vedono nellazione giuridicamente adeguata e altri nella mancanza di lesione del bene giuridico per un principio di bilanciamento degli interessi. 53
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CAUSE DI ESCLUSIONE SOGGETTIVE DELLILLICEIT PENALE Mentre le cause di esclusione oggettiva del reato incidono sulla tipicit del fatto, vi possono essere altre situazioni che pur conservando tutti i connotati oggettivi della condotta colpevole, ugualmente escludono il reato. Le cause soggettive che escludono la colpevolezza sono il caso fortuito e forza maggiore, il costringimento fisico, lerrore sul fatto e di diritto. Tuttavia secondo la dottrina e la giurisprudenza, alcune di queste cause non inciderebbero sulla colpevolezza, ma sulla esistenza della condotta tipica. Per il costringimento fisico, art. 46, non punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato da altri costretto, mediante violenza fisica, alla quale non poteva resistere o comunque sottrarsi. In questo caso il soggetto non agit sed agitur, non agisce ma costretto ad agire. Secondo alcuni lagente apparentemente ha tenuto una condotta costitutiva di reato, mentre in realt lha tenuta chi lha costretto e quindi non una causa di esclusione della colpevolezza, perch lagente non responsabile essendo stato uno strumento nelle mani di altri per cui la condotta non ascrivibile a lui, ma a chi se ne avvalso per commettere il reato. Sono forme di esclusione della punibilit anche la forza maggiore e il caso fortuito (art. 45), anche se per sapere cosa sintende con queste espressioni il legislatore rinvia allesperienza giuridica. Per la forza maggiore lesperienza giuridica intende la forza della natura (tromba daria, il terremoto, ecc.) che pu determinare levento (morte o lesioni personali). Per esempio lautista di un autobus che per un malore provoca un incidente non risponde delle lesioni arrecate a terzi. Se levento dannoso dovuto solo alla forza della natura nessuno potr risponderne, ma se vi comunque una condotta che lo ha favorito, non si potr esonerare dalla responsabilit lagente. Per esempio se il comandante della nave ordina ad un marinaio di salire sulla tolda per sciogliere le vele con il mare in burrasca e questo cade e muore, il comandante responsabile di omicidio colposo se lordine non era inevitabile per la sicurezza della nave. Siamo nellambito del concorso di cause, ex art. 41, che non escludono la responsabilit del soggetto a meno il comandante non dimostra di aver preso tutte le precauzioni per cui la forza maggiore lunica a determinare levento dannoso. Bisogna sempre valutare la situazione in concreto per determinare se il caso sia ascrivibile solo alla forza maggiore ovvero se vi sono concause che rendendo inapplicabile lart. 45. Diversa la considerazione della causa di esclusione della responsabilit determinata nello stesso art. 45 per il caso fortuito, cio quando per una coincidenza imprevedibile e perfetta si determina levento dannoso, in sintesi levento illecito si determina per una fatalit. Volendo rimanere nei fenomeni naturali vi il fenomeno di fosfelo che altera i colori, in particolare il colore rosso, un fenomeno ottico per cui lautista di un auto pu vedere verde il semaforo rosso e questo pu causare incidenti stradali. In tal caso manca la volont di realizzare il fatto illecito e quindi la rimproverabilit, per cui nel processo causale il caso fortuito trasforma il comportamento astrattamente illecito in lecito42. Infine cause di esclusione della colpevolezza lerrore distinto tra errore di fatto e di diritto anche se tecnicamente pi esatto dover parlare di ignoranza della legge penale. Lerrore di diritto ricollegabile allart. 49 primo comma: Non punibile chi commette un fatto non costituente reato, nella supposizione erronea che esso costituisca reato. Al contrario un errore sul fatto quando il soggetto commette un reato pensando di compiere un atto lecito (art. 47). Nel primo caso lart. 49 (reato putativo43), primo comma, afferma il principio latino che cogitationis poenam nemo patitur (nessuno pu subire una pena per i suoi pensieri): non si pu rispondere di un
Molte volte, per, la giurisprudenza le ipotesi di caso fortuito le ha giudicate come colpa della vittima. Emblematico il caso delle lesioni ad un viaggiatore ritenuto responsabile dellevento che si determinato in seguito alla chiusura delle porte del treno dopo il segnale di via quando era sceso dal treno, ma vi era poi risalito rimanendo con la mano incastrata nella porta. In questo caso si ritenuto che non vi fosse responsabilit del capotreno, ma lincidente si era verificato per colpa della vittima. In realt per De Felice il passeggero pensava di potercela fare, ma per un caso fortuito rimasto incastrato nella chiusura delle porte cercando di risalire sul treno per prendere la valigia dimenticata.
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reato che non esiste o non previsto espressamente da una legge. Al contrario tenere un determinato comportamento pensando di non commettere alcun reato e cio nellignoranza della norma penale non esime dalla responsabilit perch nessuno pu invocare a propria scusa l'ignoranza della legge penale (art. 5). Si osservato che con migliaia di reati disseminati nelle leggi speciali non possibile poterli conoscerli tutti e non giusto non dare alcuna possibilit di sottrarsi a chi viola delle leggi di cui potrebbe non immaginare neanche lesistenza. Indubbiamente ci vero, ma vincolare la responsabilit alleffettiva conoscenza di una norma penale significa anche dare la possibilit a tanti di sfuggire dalla responsabilit e quindi pu sfociare nellimpunit, del resto le norma penali, almeno quelle che prevedono responsabilit pi gravi, provengono dalla coscienza del popolo perch lesperienza giuridica che forma e determina una norma penale. Per cui almeno si dovrebbe avere un fondato sospetto che una condotta possa violare una norma penale e ci dovrebbe gi spingere a verificare se costitutiva di reato o meno. Tuttavia vi anche la necessit di contemperare questo principio con lart. 27 Cost. per il quale la responsabilit penale personale, attribuibile solo se vi coscienza e volont e questo ha portato la Corte costituzionale a mitigare il principio presuntivo assoluto stabilito dallart. 5 con la sentenza storica n. 364 del 1988 (sentenza DellAndro) che ha sancito che questa presunzione cade nel momento in cui lignoranza inevitabile. Accanto allerrore di diritto esiste lerrore di fatto, cio lerrore che non riguarda la conoscenza o la conoscibilit di una norma penale, ma incide su un elemento del fatto costitutivo di reato. Per esempio il ladro che ruba un oggetto che gi suo, in quanto il furto presuppone limpossessamento della cosa mobile altrui e quindi manca la legittimazione del furto data dallaltruit della cosa. L'errore sul fatto che costituisce il reato esclude la punibilit dell'agente. Nondimeno, se si tratta di errore determinato da colpa, la punibilit non esclusa, quando il fatto preveduto dalla legge come delitto colposo (art. 47 primo comma). Ad esempio il furto un reato solo doloso. Lart. 47 si coordina con lart. 60 (errore sulla persona dell'offeso) considerando il primo valido solo in relazione ad uno degli elementi del reato, mentre lart. 60 solo per le circostanze del reato. Il secondo comma dellart. 47 dispone che lerrore sul fatto che costituisce un determinato reato non esclude la punibilit per un reato diverso. Per esempio forzare la serratura di unauto per aprirla pensando che sia la propria (errore sul fatto) non realizza il reato di furto, ma quello di danneggiamento in quanto il danno stato prodotto volontariamente sia pur per errore. Allora la mancanza di responsabilit relativamente al reato principale non esclude la responsabilit per un reato diverso se vi sono tutti gli elementi. Ci che interessa riguardo lerrore che vi una grande differenza non solo dellerrore sul fatto da quello di diritto, ma addirittura un errore di diritto che si pu tradurre in un errore sul fatto, secondo quanto prevede lart. 47, terzo comma: L'errore su una legge diversa dalla legge penale esclude la punibilit, quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce reato. In altri termini, per lorientamento giurisprudenziale, una determinata condotta pu essere collocata in una legge diversa da quella penale per cui non si pu dire che lerrore su questa legge possa esentare dalla responsabilit perch si tradurrebbe in una ignoranza della legge penale e quindi invece di ricorrere allart. 47 bisognerebbe applicare lart. 5, cio lignoranza della legge penale non scusa, salvo sia inevitabile. Riguardo allintegrazione della legge penale attraverso unaltra extrapenale il Mantovani fu tra i primi a fare una distinzione, accettata prima dalla dottrina e poi dalla Cassazione, tra due casi: Se in una fattispecie complessa solo un elemento integrato da una legge extrapenale, lerrore su quellelemento pu ricadere nella previsione dellart. 47, terzo comma, ed escludere la responsabilit del soggetto. Ad esempio nel reato di bigamia, se il secondo matrimonio validamente contratto in uno stato estero dove esiste un trattato internazionale con lItalia,
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Apparente o che reputato tale ma in realt non .

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riuscendo a dimostrare lerrore su questa legge extrapenale si traduce su di un elemento del fatto costitutivo di reato e quindi si esentati da responsabilit ex art. 47, terzo comma. Se la condotta tutta integrata dalla legge extrapenale, lerrore su questa si traduce in un errore sulla legge penale per cui non pu scusare e in questa ipotesi daccordo con la Cassazione. Ad esempio nellart. 650 - Inosservanza dei provvedimenti dell'Autorit - in questa norma contravvenzionale linosservanza di un ordine dellautorit un reato e se avviene per errore non rientra nellart. 47, terzo comma, bens nellart. 5 per cui non scusa. Un caso di violazione dellart. 650 la mancata comunicazione obbligatoria agli organi di polizia giudiziaria, ai fini della legge antimafia, per la locazione di un immobile44. Non sono causa di esclusione del reato altre forme di errore quale let del minore ex art. 609 sexies che ha una valenza oggettiva perch nei reati sessuali lerrore sullet del minore non scusa mai45. Unaltra forma di errore, ma che non esclude la punibilit, quella sui c.d. mezzi di esecuzione del reato, da alcuni indicato come reato aberrante (anomalo) che ha tre forme: laberratio ictus (art. 82), laberratio delicti (art. 83) e laberratio causae elaborato dalla dottrina. Si ha laberratio ictus sulla persona: quando, per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un'altra causa, cagionata offesa a persona diversa da quella alla quale l'offesa era diretta, il colpevole risponde come se avesse commesso il reato in danno della persona che voleva offendere (art. 82) In questo caso lerrore non ha alcuna rilevanza perch il dolo si intende realizzato verso entrambi i soggetti per indifferenza dei beni giuridici protetti. Per esempio Tizio voleva sparare a Caio, ma sbaglia la mira e colpisce Sempronio. Si ha laberratio delicti quando: fuori dei casi preveduti dall'articolo precedente, se, per errore nell'uso dei mezzi di esecuzione del reato, o per un'altra causa, si cagiona un evento diverso da quello voluto, il colpevole risponde, a titolo di colpa, dell'evento non voluto, quando il fatto preveduto dalla legge come delitto colposo. ... (art. 83) Laberratio delicti si ha per un errore nelluso dei mezzi di esecuzione del reato, ad esempio si colpisce una persona anzich una vetrina e quindi si realizza il reato di omicidio colposo anzich danneggiamento. Si risponde del reato diverso a titolo di colpa e sempre che sia previsto a questo titolo. Nel caso di aberratio causae si realizza il comportamento delittuoso voluto, ma attraverso un processo causale diverso da quello previsto. Questa ipotesi non regolata dal legislatore per cui la maggior parte della dottrina e giurisprudenza la rigetta completamente. Per De Felice sarebbe non si pu esentare dalla responsabilit quando il processo causale determinativo di un fatto si realizza ugualmente, ma va anche detto che se il soggetto non avrebbe mai realizzato quel delitto se avesse potuto considerare una causa materiale diversa da quella da lui prevista e voluta, c da mettere in discussione lesistenza del dolo in quanto viene meno lelemento soggettivo, salvo non sia previsto come colposo. Si esprime cos un principio di assoluta dominabilit del fatto da parte dellagente, ma che solo seguito da una minoranza della dottrina e da quasi nessuno in giurisprudenza. IL TENTATIVO Il tentativo si ha quando per qualche sopravvenienza, il delitto rimane allo stadio di tentativo in quanto il proposito delittuoso non si realizza, sicch si pone il problema della punibilit di quel comportamento. Loffesa al bene giuridico pu essere realizzata nella sua interezza oppure in funzione di una pericolosit dellazione e a questultimo caso correlato il tentativo che considerato in funzione del semplice pericolo ad un bene giuridico determinato dalla condotta.
I limiti di velocit sono imposti dal codice della strada, ma possono anche essere imposti con un decreto del prefetto che pu ridurre i limiti di velocit su alcuni tratti di strada ed segnalato con un cartellino posto sotto il segnale di limite di velocit. In questi casi, la violazione di detti limiti non comporta una sanzione amministrativa, ma una violazione dellart. 650 c.p. 45 Vedi sentenza 322/2007 della Corte costituzionale.
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Il legislatore si occupa del tentativo perch idoneo ad essere inquadrato in un reato per la sua pericolosit sul bene giuridico; per esempio il furto, lomicidio, lappropriazione indebita sono reati significativi anche in funzione della pericolosit per il bene giuridico protetto. La norma sul delitto tentato lart. 56: Chi compie atti idonei, diretti in modo non equivoco a commettere un delitto, risponde di delitto tentato, se l'azione non si compie o l'evento non si verifica. Quindi una norma valida solo per i delitti dolosi e non per le contravvenzioni. Il primo elemento del delitto tentato che deve trattarsi di atti idonei a determinare la lesione del bene giuridico, da verificare in concreto dal giudice attraverso il criterio dellid quod plerumque ccidit che sottende al principio della causalit adeguata, cio secondo quanto accade normalmente gli atti devono essere idonei alla produzione dellevento. Tuttavia non basta lidoneit degli atti per ritenere sussistente il delitto, perch devono essere diretti in modo non equivoco a commettere quel reato, nel senso che questi atti non devono poter realizzare un evento diverso solo perch lazione non si compie o levento non si realizza. Non esiste il tentativo per i delitti colposi e preterintenzionali, mentre vi sono dubbi per la responsabilit obiettiva, ma per De Felice esclude la possibilit del tentativo per forme anomale di responsabilit in quanto la componente psicologica essendo rapportabile alla forma del dolo non rientra nellart. 56. Si discute se possibile il tentativo nei reati di pericolo (il tentativo del tentativo), ma dottrina e giurisprudenza sono incerti perch alcuni affermano che vi pu essere anche il dolo in funzione di un comportamento senza che la condotta raggiunga lo stadio del tentativo, per esempio lattentato alla Costituzione o al disastro ferroviario. Per altri invece il delitto di attentato ha gi una struttura completa nel momento in cui in pericolo un bene giuridico e questo fa venire meno la possibilit di poter parlare di tentativo e per De Felice questa la soluzione migliore, in quanto il legislatore ha gi previsto dei comportamenti per le lesioni tentate per cui affermare lesistenza di un tentativo nel tentativo appare fuorviare. La conseguenza sul piano sanzionatorio tra il tentativo ed il delitto realizzato notevole infatti nellart. 56 dispone: Il colpevole di delitto tentato punito con la reclusione non inferiore a dodici anni, se la pena stabilita l'ergastolo e negli altri casi, con la pena stabilita per il delitto, diminuita da un terzo a due terzi. Lart. 56 primo comma va raccordato con il terzo comma Se il colpevole volontariamente desiste dall'azione, soggiace soltanto alla pena per gli atti compiuti, qualora questi costituiscano per se un reato diverso. Per esempio un ladro di auto che fugge alle grida del proprietario che si accorge del tentativo di furto. Questa la c.d. desistenza volontaria e per questo comporta un favor rei significativo, anche se risponder del reato diverso se lo ha realizzato, per esempio la forzatura della serratura per un ladro di auto comporter il reato di danneggiamento, ma non risponder di furto. Diverso dal tentativo il ravvedimento attuoso ovvero pentimento operoso previsto allultimo comma dellart. 56: Se volontariamente impedisce l'evento, soggiace alla pena stabilita per il delitto tentato, diminuita da un terzo alla met. Prima che si completa levento delittuoso, lagente si ravvede e impedisce il reato da lui previsto e voluto sino ad un momento prima. Il legislatore valuta positivamente il comportamento del soggetto che impedisce levento e lo premia con una pena diminuita anche rispetto a quella del delitto tentato. Ad esempio un soggetto vuole uccidere unaltro che sta sulla stessa barca e sapendo che non sa nuotare lo fa cadere in mare, ma prima di farlo annegare si pente e lo salva; in questo caso si ha il c.d. ravvedimento attuoso. Questo il diritto premiale che ha permesso di combattere la mafia e le associazioni a delinquere e sui si basa quasi il 70% dei processi avviati nei confronti delle associazioni a delinquere, anche di carattere mafioso. Con questo strumento i criminali che vengono convinti ad abbandonare le organizzazioni criminose e con il loro ravvedimento attuoso aiutano gli inquirenti per combattere e stroncare i traffici illeciti. Dellidoneit dellazione ne abbiamo parlato in relazione al principio della necessaria offensivit del reato, ma in questo caso linidoneit dellazione diversa dal concetto di idoneit del delitto 57
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tentato dove si fa riferimento ad un comportamento solo in parte idoneo per realizzare il delitto. Invece nel reato impossibile (art. 49) tutta la condotta dellagente inidonea a realizzare loffesa del bene giuridico tutelato. Per esempio, il biglietto da 100 del gioco del monopoli speso in una tabaccheria non pu essere considerato idoneo a realizzare il reato di spaccio di moneta falsa e non pu offendere la buona fede di nessuno. Tale inidoneit rende pi evidente il principio della necessaria offensivit che alla base di una condotta costitutiva di reato ed collegata alla concezione realistica del reato, affermata da De Felice nel suo libro, per cui il comportamento deve essere effettivamente lesivo del bene giuridico sia dal punto di vista statico che concreto.

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PROFILI ATTUALI DELLE CAUSE DI ESCLUSIONE DI ILLEICIT PENALE Determinare la portata e lambito delle cause di esclusione del reato, anche non codificate, pu aiutare a risolvere dei dubbi sulla problematica, ad esempio in relazione al condono edilizio46. Il codice penale usa solo il termine punibilit per il fatto realizzato oppure di non punibilit o di esclusione dalla punibilit e in questo modo sembra che usi i termini di punibilit o non punibilit in maniera atecnica, senza distinguere tra lapplicazione della pena e lesistenza reato. Per De Felice tra gli autori solo il Battaglini ha considerato la punibilit come categoria a s, mentre la parte prevalente della dottrina sembra oscillare nel considerare la punibilit collegata al reato o ad uno dei suoi elementi oppure alla possibilit di irrogare una pena per un reato. Al riguardo Moro ritiene che la punibilit debba essere distinta dallesistenza e determinazione degli elementi realizzativi di un fatto, tanto che considera gli elementi costitutivi di un reato. Il Moro distingue tra: un processo di subiettivazione di carattere primario della norma penale in relazione agli elementi necessari ai fini dellesistenza del reato. un processo di subiettivazione di carattere secondario della norma che determina la punibilit dove vi sono gli elementi finalizzati alla punibilit del fatto. Per esempio listituto della imputabilit, delle circostanze ed altri che avrebbero solo la funzione di determinare la punibilit del soggetto sul piano sostanziale. In questi termini il concetto di punibilit attiene laspetto sanzionatorio e non al carattere primario dove gli elementi del reato determinano la sua fattispecie. Se dobbiamo distinguere i due processi indicati dal Moro e quindi ritenere la punibilit solo di carattere secondario, tecnicamente questo non stato recepito dal legislatore quando usa il termine punibilit o non punibilit per una determinata condotta. Soprattutto il concetto di non punibilit sembra svincolato dalla relazione tra la pena ed il soggetto, per cui si deve guardare se il significato di non punibilit inerente laspetto sostanziale del reato (i suoi elementi costitutivi) o semplicemente allapplicazione della pena. In altri termini va verificato se la mancanza di una pena o della punibilit sia da rapportarsi allinesistenza di alcuni elementi costitutivi della reato e cio, come dice Fiorella, se la qualificazione della sanzione penale possa essere connaturata al reato. La nostra indagine allora si propone di determinare se il termine non punibile usato nelle norme penali, pi che riferirsi allapplicazione della pena riferito ad una situazione preesistente che riguarda la qualificazione del fatto costitutivo di reato. Sicch bisogna verificare quale sia la causa di carattere soggettivo o oggettivo che rende inapplicabile la pena. Vi anche una teoria che per poter affermare la punibilit o meno di un determinato reato la rapporta ad un piano processuale in relazione alla sussistenza di determinati elementi. Tuttavia il piano sostanziale va distinto da quello processuale, in quanto questo vale solo a determinare unindagine dellinterprete (soprattutto del giudice) per verificare lesistenza o meno di determinati elementi che consentano lapplicabilit o meno della sanzione e in questo senso molte volte addirittura indifferente il diritto processuale. Giuseppe Ruggiero47 ha scritto una voce sulla punibilit in cui considera questi aspetti affermando che bisogna guardare soprattutto a due situazioni: quelle che lasciano sussistere il reato e quelle che incidono specificamente sul fatto. Molte volte si confondono questi due aspetti per cui necessaria una distinzione tra: cause di non punibilit che afferiscono lesistenza della illiceit del fatto, cause di esclusione del reato che riguardano lulteriore componente psicologico del reato, cause che riguardano il piano sanzionatorio che integra esattamente la fattispecie.

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Di recente istituzione con le leggi regionali seguite al T.U. sulledilizia del 2001-2002. Professore dellUniversit di Bari di diritto penale e processuale penale (oggi in pensione).

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Quindi gi per Ruggiero, seguace di una teoria che faceva capo a Nuvolone, le cause di esclusione non possono essere considerate avulse dalla loro incidenza sullantigiuridicit, ma in ogni caso bisogna distinguere la non punibilit di situazioni afferenti al fatto, da altre afferenti la colpevolezza (esimenti o scriminanti), da altre ancora che riguardano laspetto sanzionatorio per lintervento magari di un indulto, della grazia o di altra causa che incide sullaspetto sanzionatorio. La dottrina ha delineato la categoria delle scusanti come causa di esclusione della colpevolezza, muovendo dalla distinzione tra la illiceit del fatto dalla colpevolezza, riconducendo alcune cause alla possibilit di escludere lesistenza della condotta tipica e quindi del fatto come penalmente rilevante ed altre cause escludenti della colpevolezza, anche se vi sono tutti gli elementi che costituiscono il reato. Il caso fortuito, per esempio, esclude la colpevolezza, ma il fatto realizzato nella sua determinazione tipica anche se c stato un quid che si inserito nel processo causale che ha reso lecita la condotta dellagente. Ad esempio il macchinista che provoca un disastro ferroviario perch, colpito da fosfelo, non si ferma vedendo la luce verde anzich rossa del semaforo convinto di tenere un comportamento lecito. La differenza sostanziale tra le cause che incidono sulla condotta tipica da quelle sulla colpevolezza : le cause di esclusione del reato incidono sulla condotta tipica per cui impediscono di realizzare la fattispecie di reato (le scriminanti); le cause di esclusione della colpevolezza impediscono di ritenere colpevole quella condotta in quanto esimono lagente dalla pena perch manca la colpevolezza (le esimenti). De Felice nel suo libro scrive: Se consideriamo alcune delle cause di non punibilit vediamo come lart. 45 c,p, dispone che non punibile chi ha commesso il fatto per caso fortuito e forza maggiore, mentre allart. 46 dice che non punibile chi stato da altri costretto, laddove allart. 50 si dice che non punibile chi ha commesso il fatto con il consenso dellavente diritto e lo stesso negli artt. 52, 53, 54. Bisogna accertare se la mancanza di punibilit dipende dalla liceit del fatto commesso o dallinsussistenza di colpevolezza dellagente. Consideriamo la teoria che guarda alloffesa del bene giuridico in quanto, in riferimento al pensiero di Antolisei, vi sono anche altre situazioni non codificate che incidono sulla mancanza di offesa al bene giuridico protetto, come le lesioni durante un incontro di box o un intervento chirurgico quando non si pu avere il consenso dellavente diritto. Queste sono considerate le c.d. scriminanti tacite che si oppongono alle scriminanti comuni espresse dal legislatore (artt. 51, 52, 53 e 54) ed alle scriminanti speciali considerate per alcune situazioni specifiche come per esempio il furto compiuto dal figlio a danno dei genitori (art. 649 c.p.). Quindi secondo la teoria del bilanciamento degli interessi di Antolisei, il fatto sarebbe penalmente ed extrapenalmente lecito se linteresse tutelato dalla norma equivalente o soccombente rispetto a chi compie il fatto e quindi ci troveremmo in situazioni in cui un fatto lecito perch la legge ad imporre quella condotta o lo consente in funzione della tutela di interessi che considera superiori. Il Mantovani, riprende la teoria dellAntolisei, affermando che un tale principio deve valere anche per le situazioni regolate negli altri campi del diritto perch se una situazione considerata illecita nel diritto penale non pu essere il contrario negli altri campi del diritto per un principio di non contraddittoriet dellordinamento giuridico. Altri invece ritengono che esistono alcuni elementi negativi in presenza dei quali si elide lilliceit di un fatto che pertanto da illecito diventa lecito. In questa ottica, le sciminanti tacite si fonderebbero sugli stessi principi del bilanciamento degli interessi perch inciderebbero sulloffensivit del bene giuridico tutelato e alla stessa conclusione si arriva con la teoria degli elementi negativi del fatto di Marcello Gallo ed Antonio Pagliaro per i quali si determinano situazioni che sono lecite per linoffensivit del comportamento nellambito dellattivit sportiva determinando anche la liceit del comportamento nel diritto penale. 60
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Diversa la posizione del Fiore48 che sostiene che queste norme determinano il fatto come socialmente adeguato e giuridico, basandosi sul principio di bilanciamento degli interessi. Secondo Fiore le condotte, pur astrattamente idonee a realizzare la fattispecie penale, sono giuridicamente adeguate allo loro scopo e quindi lecite ed inoffensive del bene giuridico tutelato. La teoria di Fiore stata criticata perch lascia eccessivo campo allinterpretazione del giudice che deve determinare il limite entro il quale quel comportamento pu essere giuridicamente adeguato o meno. Senza considerare che aprirebbe lastura alla giurisprudenza evolutiva che comporta uninterpretazione innovativa delle norme in relazione alle mutate esigenze sociali. pericoloso, quindi, non offrire criteri certi allinterprete e soprattutto al popolo in quanto lagente prima di tenere un determinato comportamento deve sapere se lecito o meno e non affidarsi allinterpretazione che pu dare il giudice nel momento in cui il reato stato gi commesso. Si conclude il primo capitolo del testo di De Felice affermando che la soluzione non appare certa in relazione alle varie posizioni dottrinali basate soprattutto sul criterio dellapplicazione analogica e quindi sulla possibilit di qualificare la liceit riferita ad altri campi del diritto, ma di dubbia accoglibilit nel diritto penale per il divieto di analogia espresso nellart. 14 delle Preleggi. In altri termini se verifichiamo la bont delle teorie esaminate, in particolare quella delle esimenti non codificate o tacite, dovrebbero trovare applicazione nel diritto penale solo attraverso un procedimento analogico in bonam partem cio, siccome viene esclusa la responsabilit in altro ramo del diritto e essendoci un principio di non contraddittoriet dellordinamento giuridico, applichiamo il principio di analogia nel diritto penale dando uninterpretazione analogica o addirittura estensiva. Per De Felice questo non sembra possibile in quanto applica nel diritto penale situazioni che non possono essere estese sic et simpliciter (cos e semplicemente) per espressa esclusione disposta dallart. 14 delle Preleggi che vieta lanalogia nel diritto penale. Tale divieto dimostrato da De Felice con riguardo alla possibilit di infliggere sanzioni penali in particolari situazioni quali la responsabilit professionale del medico, al contribuente in relazione allinterpello speciale nel diritto tributario49 e per le sanatorie edilizie50. Per lart. 2236 c.c. - sulla responsabilit del prestatore d'opera - se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficolt, il prestatore d'opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o di colpa grave. La giurisprudenza esclude la possibilit di applicare in campo penale questo principio ritenendo che non si possa ricorrere allanalogia e allinterpretazione estensiva in quanto i concetti di dolo e colpa avrebbero una diversa applicazione nel diritto civile e nel diritto penale, per cui il principio dellerrore professionale non applicabile nel diritto penale. La Corte di cassazione nel 2002 ha cercato di dare una risposta alle esigenze di equit che si ponevano nel diritto penale per valutare la responsabilit professionale del medico (anche per i comportamenti omissivi) affermando che bisogna far riferimento ad un principio statistico oggettivo valutando la condotta sulla base della probabilit di avere un risultato vicino al 100%. In altri termini quando il medico abbia tenuto una condotta con scienza e diligenza, ritenendo che si sarebbe dovuto avere un esito positivo con una probabilit vicina al 100%, anche se lintervento ha dato esito negativo non pu essere ritenuto penalmente responsabile. La giurisprudenza di merito, per, non si orientata in questo senso, nemmeno sulle indicazioni delle SS.UU. della Corte di cassazione nel 2002. Tuttavia la soluzione appare troppo drastica perch esonera il medico dalla responsabilit in molte situazioni in cui ha agito in buona fede, ma senza essere convinto di un risultato positivo quasi del 100%. Quindi trascurare il riferimento ai parametri civilistici che stabiliscono i limiti di attribuibilit del fatto, non sembra essere del tutto corretto perch lerrore in cui il medico incorso pu dipendere da situazioni al di fuori dei principi stabiliti dalla Corte di cassazione nel 2002.
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Ha scritto una monografia sullazione giuridicamente adeguata nel diritto penale nel 1966. Art. 11 della legge 27 luglio 2000 n. 212 - Statuto del contribuente. 50 Art. 13 della legge 47/1985 e dellart. 32 del d.l. 269/2003 convertito nella legge 2226/2003 e la legge 141/2004.

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Inoltre da verificare se effettivamente sia vero che i parametri del dolo e della colpa siano diversi nel diritto civile rispetto al penale cos come delineati dallart. 43 c.p. e che non debbano essere assunti nellambito del diritto civile, soprattutto in riferimento al parametro della colpa grave. La dottrina, per cercare di applicare i parametri dellart. 2236 c.c. anche al diritto penale, fa riferimento allanalogia anche se difficilmente si pu arrivare a soluzioni soddisfacenti e univoche per lincertezza interpretativa che ne deriva, salvo considerare che vietata per le leggi penali ed eccezionali e il diverso orientamento della Corte di cassazione a SS.UU. Un altro caso dato dallesonero delle sanzioni amministrative dovute allesercizio del diritto di interpello, in quanto nulla viene detto sulla sanzione penale per cui queste potrebbero essere applicate comunque in caso di violazione delle disposizioni tributarie. Secondo lart. 11 dello Statuto del contribuente vietato applicare sanzioni tributarie al contribuente che si sia attenuto alla soluzione prospettata dallAgenzia delle entrate in seguito ad unistanza dello stesso contribuente oppure in caso di silenzio assenso dellAmministrazione su unistanza del contribuente sulla materia tributaria. Per alcuni il dolo e la colpa sono inesistenti in relazione alla previsione dellinterpello in quanto lagente ha agito in buona fede e questo sia nel caso di silenzio assenso dellAmministrazione che quando il contribuente ha avuto un comportamento conforme alla soluzione dellAmministrazione, anche per la previsione dellart. 47 terzo comma: L'errore su una legge diversa dalla legge penale esclude la punibilit, quando ha cagionato un errore sul fatto che costituisce reato. La teoria per non pacifica perch il soggetto ha voluto, con coscienza e volont, quel comportamento anche sul presupposto che formatosi il silenzio assenso quella condotta sia considerata lecita, magari sulla scorta di istanze analoghe di altri contribuenti. Per il prof. Uricchio che ha affronta il problema un suo scritto, oltre che per altri, il conformarsi alla soluzione dellinterpello costituirebbe una causa di giustificazione che esclude lantigiuridicit. Per altri se un fatto non pi illecito in materia tributaria ed altre persone si uniformano a quel comportamento ritenuto lecito, ovvero se vi stato lesercizio del silenzio assenso da parte dellAmministrazione finanziaria, verrebbe a mancare il dolo nel comportamento del contribuente per cui non si pu applicare una sanzione penale. Per De Felice questo non accettabile in quanto il comportamento stato comunque cosciente e volontario volendo tenere proprio quel comportamento penalmente illecito, anche se conservare una responsabilit penale laddove il legislatore offre la possibilit di escludere la responsabilit amministrativa appare comunque irragionevole. Inoltre non si riesce a collegare tale possibilit ad una causa di esclusione del reato, nemmeno a quello del consenso dellavente diritto non essendoci alcun consenso espresso in tal senso. Lo stesso problema si pone riguardo agli illeciti amministrativi relativi alle leggi urbanistiche in quanto non vi alcuna norma che esonera dalla responsabilit penale chi aderisce al condono edilizio per le relative infrazioni commesse sino ad allora, ma esclusa solo la sanzione amministrativa senza che questo rappresenti una esclusione della sanzione penale. Si tratta allora di determinare su quali basi giuridiche si pu ritenere lecita la condotta sia sul piano amministrativo che penale e il problema essenziale determinare la natura giuridica delle circostanze che incidono sulla illiceit del fatto e quindi sulla non punibilit della fattispecie realizzata, ma le varie teorie avanzate non spiegano la natura giuridica di queste cause di esclusione. Lart. 2236 c.c. limita la responsabilit del prestatore dopera al dolo ed alla colpa grave e quindi anche del medico e dei professionisti in genere, mentre nel diritto penale questo non avviene. Tra le motivazioni apportate vi soprattutto quella che i parametri di valutazione del dolo e della colpa nel diritto civile sono diversi dal diritto penale ex art. 43, per cui lesclusione della responsabilit non fondata sul dolo o sulla colpa non legittima nel diritto penale. Inoltre poich nel diritto penale non possibile lapplicazione dellanalogia, neanche per le scriminanti, se queste sono previste nel diritto civile non potrebbero applicarsi nel diritto penale. 62
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Lo stesso discorso vale nelle sanatorie edilizie, in quanto il condono sana lillecito amministrativo senza risolvere il problema della legittimazione dellesclusione della sanzione penale, e per la mancanza di punibilit in relazione alle autodenunce presentate in base alla legge regionale, in quanto si determina un vuoto legislativo tra il decreto legge 269/2003 e la legge 141/2004 in quanto non viene coperto larco temporale tra le due leggi. Anche se appare illogico punire lagente che si sia autodenunciato per un illecito amministrativo per chiedere il condono edilizio, tuttavia non chiaro perch questo debba escludere anche lapplicazione di una sanzione penale. In sintesi la natura giuridica delle cause di non punibilit penale rimane indeterminata e necessit di uninterpretazione delle norme che permettano di considerare il fatto non pi costitutivo di reato e per cercare di risolvere il problema ci si sofferma sulle forme di interpretazione tradizionale. De Felice per arriva alla conclusione di ritenere che con qualsiasi interpretazione autentica, letterale o le altre tradizionali impossibile arrivare a soluzioni soddisfacenti. Infatti linterpretazione autentica (quella del legislatore) inidonea perch non risolve le lacune normative, n spiega la natura giuridica delle cause di giustificazione. Allo stesso modo linterpretazione dottrinale e giurisprudenziale, ampliando la portata della norma o interpretandola in maniera personalistica, pu determinare incertezza del diritto anche se pu appagare esigenze di giustizia sostanziale, ma che possono costituire una forzatura formale non condivisa da altra giurisprudenza con il rischio di arrivare a soluzioni diametralmente opposte. Per alcuni linterpretazione da seguire per giustificare lestensione dellesonero di responsabilit penale da altri rami del diritto quella estensiva o il ricorso ai principi generali del diritto. Ma anche in questo caso vi sono dei dubbi che linterpretazione estensiva possa superare i parametri di quella analogica, in quanto i limiti tra le due tipologie di interpretazione a volte sono tanto ristretti da far considerare estensiva quella che uninterpretazione analogica. Attraverso linterpretazione analogica se una controversia non pu essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano casi simili o materie analoghe; se il caso rimane ancora dubbio, si decide secondo i princpi generali dell'ordinamento giuridico dello Stato. (secondo comma art. 12 Preleggi) Si distingue poi tra analogia legis (quando ci si rif alla volont del legislatore desunta dal significato della norma) ed analogia iuris (il ricorso ai principi generali del diritto). Per molti giuristi lanalogia comporta una vera e propria creazione della norma, ma giustificata nei limiti in cui non contrasta con la volont del legislatore, cio anche se trascende dal significato letterale della norma, deve comunque rientrare nella ratio del legislatore per cui si avrebbe uninterpretazione estensiva e non analogica. In realt lanalogia se diventa creativa del diritto non si limita ad unattivit ricognitiva della norma e quindi diventa arbitraria, perch arriva a soluzioni personalistiche dellinterprete, ma sulle quali non pu fare affidamento la collettivit. Se gi nellordinamento generale vi sono delle perplessit per lapplicazione dellanalogia, nel diritto penale vi un maggiore ostacolo dato dalla presenza di tre norme: lart. 25 della Costituzione sul principio delle riserva di legge, lart. 1 c.p. e lart. 14 delle Preleggi che stabilisce espressamente linapplicabilit dellanalogia alle leggi penali ed eccezionali. Molti dicono che una cosa linterpretazione estensiva, unaltra quella analogica per la quale rimane sospeso il problema delle norme scriminanti e soprattutto quelle non codificate dal legislatore, per le quali occorre capire il limite della loro legittimit. Si esclude quindi linterpretazione analogica nel diritto penale, mentre possibile quella estensiva in quanto non arriva a crearla, ma determina solo un ampliamento del significato della norma o, secondo altri, dellambito di applicabilit di alcune parole della norma. A tal proposito lart. 14 delle Preleggi non assume alcun significato per linterpretazione estensiva che, come dice la Di Giovine, uninterpretazione semantica della lettera della norma che ne 63
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amplia legittimamente il contenuto, senza arrivare alla formazione di nuove norme, ma determinando solo i limiti applicativi del significato semantico degli enunciati normativi. Pagliaro e Contento escludono che anche con linterpretazione estensiva si possa arrivare allampliamento del significato delle norme penali incriminatrici (i reati), perch anche con linterpretazione estensiva dovrebbe valere il limite stabilito dallart. 1 c.p. divenendo arbitrario far rientrare in una norma situazioni a cui essa non fa riferimento. Quindi la lettera della norma costituisce un limite assoluto anche per linterpretazione estensiva dei reati. Della stessa opinione il Fiorella che si rif allEndish secondo cui linterpretazione deve rimanere nei limiti del senso letterale della norma, al pi pu essere contenuta in essa, ma mai travalicarla. La finalit dellinterpretazione la ricerca dei contenuti effettivi della norma, per cui linterpretazione analogica di una norma penale pu essere estensiva purch si rispetti la coincidenza tra espressione e volont del legislatore, senza superare mai il limite eziologico e semantico della norma (la ratio) anche al fine della certezza del diritto. In sintesi, per De Felice, non assolutamente possibile linterpretazione analogica dei reati, ma solo quella estensiva e senza travalicare i limiti dellinterpretazione semantica. Per le scriminanti espresse e tacite il problema si pone in riferimento allart. 14 delle Preleggi. Secondo il Boscarelli bisogna distinguere la regola dalleccezione: la regola la disposizione derogata, leccezione la derogante. Se una norma trova regolare applicazione rispetto ad una situazione di fatto costituisce la norma generale, cio la regola, invece se quella situazione regolata da una norma specifica incompatibile con quella generale, questultima deve considerarsi eccezionale e derogante dellaltra. Quindi se il diritto penale rappresenta la regola, la norma derogante la scriminante che una norma eccezionale e quindi secondo alcuni dovrebbe potersi applicare lanalogia alle scriminanti. Per Boscarelli per difficile determinare il rapporto tra regole ed eccezione in quanto il criterio sarebbe affidato ad una valutazione soggettiva, non essendoci elementi oggettivi che determinano quale sia la regola e quale leccezione, non potendo escludere uninversione dei rapporti e cio che la norma qualificata eccezionale vada poi a regolare un maggior numero di casi rispetto la prima. Per Boscarelli non sono eccezionali solo le norme dei principi generali dellordinamento giuridico, perch anche se possono essere derogati da altre norme che esprimono altri principi fondamentali nel complesso sono considerate tutte norme generali. Quindi il carattere di eccezionalit non pu essere legato allinderogabilit, perch anche la norma eccezionale pu essere a sua volta derogata diventando anchessa generale. Il criterio che si vuole seguire tra regole ed eccezione, in realt non d sicurezza e da luogo a valutazioni soggettive su situazioni specifiche che non possono essere generalizzate. Per esempio le norme che prevedono lestinzione della punibilit sono derogative di quelle che prevedono i reati e ci perch la norma che prevede una causa di estinzione della punibilit condiziona leffetto giuridico della norma incriminatrice. Lo stesso vale per le circostanze attenuanti speciali a seconda che sia rilevante per una serie indeterminata di reati o per uno solo, derogando cos alle norme di quei reati. Questo criterio, per, evanescente in quanto ci possono essere delle situazioni che incidono sulle cause di esclusione del reato modificandone la loro portata in modo che quella norma da eccezionale diventa generale in relazione ad altre deroghe a cui pu soggiacere. Allora il criterio delleccezionalit diventa un criterio relativo e circoscritto a determinate situazioni. Per esempio, lart. 81 (concorso formale - reato continuato) una deroga agli articoli sul concorso nei reati e cos per tutte le altre ipotesi similari identificate come eccezionali, per i quali dovrebbe operare il divieto di analogia, ma in realt cos si abbraccia una serie di norme che diventano tutte eccezionali. Infatti per Marcello Gallo le norme che contengono regole generali sullapplicazione della legge penale e sui limiti in relazione allo spazio, al tempo, alle persone ed ai principi generali sulla responsabilit, diventano a loro volta eccezionali in relazione a quelle che determinano lesistenza 64
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del reato e quindi il criterio per determinare le norme eccezionali rispetto ad altre diventa evanescente per cui non pu essere seguito. Ma anche volendo seguire questo criterio, per Contento ed altri, non si sfugge allapplicazione dellart. 14 delle Preleggi, perch anche a voler ritenere le norme derogative come eccezionali, vi sarebbe comunque limpossibilit di applicare lanalogia a queste norme perch lart. 14 delle Preleggi prevede lesclusione dellanalogia non solo per le leggi penali, ma anche per quelle eccezionali. Quindi anche per questo verso lanalogia non potrebbe applicarsi neanche alle scriminanti qualora considerate norme eccezionali. Gallo e Pagliaro dicono che la situazione fattuale sulla quale cade la valutazione normativa costituita da elementi positivi e negativi, caratterizzati dalla mancanza delle situazioni di fatto integranti le scriminanti. Per il Prosali, invece, le cause impeditive della punibilit arricchiscono la fattispecie legale di ulteriori elementi integratori, cos da attuare un insieme che non pi la fattispecie criminosa. Insomma per Prosali si avrebbe un arricchimento della fattispecie criminosa con laggiunta delle scriminanti, invece per il Gallo ed il Pagliaro gli elementi positivi e negativi inciderebbero sullesistenza del reato. Tuttavia anche un incremento della fattispecie determinato da elementi positivi e negativi costituisce una complessa valutazione sugli effetti penali e si dovrebbe determinare quali sono gli effetti derogativi comunemente ricollegabili alla fattispecie derogata. Viene osservato che se una norma elide la rilevanza del fatto come costitutivo di reato per il ricorrere di una causa di non punibilit, una tale disposizione eccezionale e quindi si conferma il divieto dellapplicazione dellanalogia. In altre parole anche quando facciamo ricorso agli elementi positivi e negativi non cambia nulla rispetto alla dimensione derogativa della fattispecie di reato e in questi termini rimarrebbe una fattispecie eccezionale e quindi sottoposta sempre al divieto dellanalogia. Secondo unaltra teoria se le norme incriminatrici devono considerarsi eccezionali, allora le scriminanti potrebbero considerarsi come eccezione delleccezione e quindi confermare la regola per cui permette lapplicazione dellanalogia. Se si accoglie il principio che le norme che derogano a principi generali possono essere considerate eccezionali, sicuramente non lo sono le norme incriminatici, ma queste per sovvenire a determinate esigenze chiudono lambito di operativit di tutte le altre norme prevedendo una sanzione particolare come estrema ratio per la tutela di determinati beni giuridici. Quindi se le norme penali sovvengono ad unesigenza di chiusura per la tutela di determinati beni giuridici, non possono essere considerate eccezionali, ma alla pari delle altre norme del sistema giuridico e di conseguenza anche le norme derogative dei reati non possono essere eccezioni alle eccezioni, ma se sono considerate eccezioni vale lart. 14 delle Preleggi sul divieto di analogia. Rimane il problema di come qualificare la non punibilit delle esimenti inespresse (non previste dal legislatore) e di come possano trovare applicazione nel diritto penale, ma essendoci un generalizzato divieto di analogia il problema rimane di difficile soluzione. Le esimenti tacite o non codificate avrebbero la stessa natura giuridica delle esimenti espresse da cui traggono la loro validit e sarebbero quindi sottoposte allart. 14 delle Preleggi in quanto norme eccezionali, ma rimettendo alla discrezionalit dellinterprete la qualificazione nelluna o nellaltra maniera e quindi con gli stessi limiti e dubbi sullanalogia. Cio nel momento in cui escludiamo lanalogia per le scriminanti espresse, lo stesso ragionamento vale per quelle inespresse. DellAndro distingue il fatto lecito da quello illecito, ma soprattutto il fatto funzionalmente giuridico da quello ontologicamente lecito o giuridico, cio invertendo i termini del ragionamento si evidenzia come quando si realizza un determinato evento assunto nellambito della norma penale, deve essere attribuita la relativa sanzione.

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Quindi un qualunque fatto, per esempio cagionare la morte di un uomo, viene sussunto in una norma giuridica al fine di collegare una conseguenza giuridica sanzionatoria nei confronti dellagente che la pena. In questi termini il fatto funzionalmente giuridico perch ontologicamente determinato nella realt naturale al solo fine della punibilit dellagente in funzione della violazione del bene giuridico tutelato. Infatti, per Cotto, Cammarate e Rubino e altri, la giuridicit del fatto discende unicamente dalla giuridicit delle conseguenze previste dal reato cio la pena, come avviene anche in altri rami del diritto dove sono previste conseguenze giuridiche diverse dalla pena. essenziale, allora, il carattere funzionale della giuridicit dei fatti che viene distinto da quello ontologico del fatto che invece prescinde dalla giuridicit, in quanto la norma la vera causa della giuridicit e della conseguenza del fatto assunto a livello normativo. Diverso dal fatto funzionalmente giuridico latto ontologicamente lecito e giuridico perch il fatto ontologicamente realizzato dal soggetto diventa giuridico quando assunto nella norma e lo stesso avviene per gli atti. Esistono quindi atti ontologicamete leciti, dei quali non si occupa n il diritto penale n gli altri campi del diritto. Ma nel momento in cui interessano il diritto, da essere ontologicamnete leciti diventano anche giuridici, con la differenza che il fatto giuridico pu avere conseguenze giuridiche positive o negative se viola o meno dei beni tutelati, mentre latto lecito considerato giuridico solo per determinare la sua ontologica liceit, ma non muta la sua liceit. Tutto ci che ontologicamente lecito pu essere assunto nella norma e divenire anche ontologicamnete giuridico, invece diventa funzionalmente giuridico solo per determinarne delle conseguenze che nel diritto penale sono le pene, cio conseguenze giuridiche subiettive passive. A volte un atto diventa esecutivo di una situazione giuridica subiettiva attiva cristallizzata in una norma e individuata come lecita. In altri termini se il diritto ad esprimere una condotta deve essere riconosciuta in ogni campo per essere funzionalmente e giuridicamente lecita. Allora non possibile avere un comportamento qualificato lecito in un campo del diritto ed illecito in un altro campo del diritto perch quel diritto subiettivo non pu essere negato. Latto illecito giuridico in quanto assunto nella previsione normativa penale, anzi latto giuridico per eccellenza in quanto espressamente previsto da una norma, sia pur collegato ad una pena. Un ulteriore problema riguarda la non possibile scissione dellantigiuridicit dalla colpevolezza perch intanto un fatto pu essere funzionalmente giuridico solo quando sia anche rimproverabile e ci fa cadere lantigiuridicit come elemento costitutivo del reato, ma la stessa colpevolezza diventa un quid unicum rispetto alla condotta criminosa. Quindi un fatto assunto nel diritto penale solo se offensivo di un bene giuridico tutelato per cui loffensivit fondamentale per la tipicit del fatto altrimenti non penalmente rilevante. Ci comporta anche che un fatto ontologicamente o giuridicamente lecito irrilevante ai fini penali perch non integra alcuna fattispecie, soprattutto se la liceit prevista da una norma. Risulta evidente che la liceit del comportamento, ontologico o giuridico, non si esaurisce nel campo del diritto in cui stato previsto, ma deve essere esteso anche agli altri campi per il principio di non contraddittoriet dellordinamento, come dice Mantovani. Per Ton non la norma che permette un determinato comportamento; per esempio un omicidio pu non costituire un fatto illecito in presenza di una causa di giustificazione, ma ci non significa che possa esser considerato lecito, ma il legislatore che nel bilanciamento ritiene che un interesse debba prevalere su un altro in modo da far ritenere quella condotta giuridicamente lecita. Nellambito dellatto ontologicamente lecito non c un bilanciamento degli interessi, invece nel fatto o atto giuridicamente lecito c una valutazione del legislatore in ordine alla prevalenza dei beni giuridici tutelabili e quindi il fatto giuridicamente lecito. Lontologica liceit del comportamento impedisce di qualificarlo penalmente illecito e quindi reato, ma ci non esclude che il legislatore possa subordinare o restringere la giuridicit di quella condotta al verificarsi di determinati elementi. 66
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Questo spiega perch per lesercizio del diritto, il caso fortuito e la forza maggiore non vengano posti limiti mentre per la difesa legittima, luso legittimo delle armi, ecc, il legislatore restringe il campo di operativit imponendo determinate condizioni per la liceit di quel comportamento. La difesa legittima e luso legittimo delle armi esprimono uno stesso principio ontologico di liceit giuridica dellatto riconosciuto dallordinamento, perch espressione dellesercizio di un diritto. Vi poi il problema della colpevolezza se va ritenuta un elemento che determina lontologica giuridicit dellatto e in relazione allart. 2236 c.c. la soluzione di De Felice che il legislatore nel momento in cui ha determinato nel diritto civile una responsabilit del prestatore dopera, riconoscendogli un diritto ad agire in presenza di altre condizioni, tale diritto non pu poi essere disconosciuto nel diritto penale. Sotto questo profilo anche il Massacura ha evidenziato che non condivisibile voler considerare una diversa qualificazione del dolo e della colpa grave tra i diversi rami del diritto, ma questi elementi non possono discostarsi da quelli indicati dallart. 43 c.p. perch in ogni caso il soggetto ha agito nella convinzione di avere un comportamento lecito e questo non pu essere disconosciuto in nessun ramo del diritto. Diversa la soluzione di De Felice in relazione al comportamento del contribuente nellesercizio del diritto di interpello e per il condono edilizio che originariamente costitutiva un illecito, ma nel momento in cui il contribuente tiene un comportamento finalizzato al riconoscimento dellinterpello o del condono si determina una causa sopravvenuta di esclusione del reato e della sua punibilit perch viene meno la lesione del bene giuridico. Punti salienti da sapere per la parte speciale: analizzare come devono essere intese le cause di punibilit e non punibilit e i principi generali che li possono governare; il problema dellinterpretazione analogica rispetto alle norme incriminatici, ma anche quella autentica, letterale ed estensiva che possono determinare la differenza tra linterpretazione estensiva e lanalogia; considerare perch non possibile lapplicazione dellanalogia alle scriminanti espresse; con quali limiti possibile applicare linterpretazione estensiva e se gli stessi principi possono valere le scriminanti tacite (e quindi limpossibilit dellanalogia) e la loro ratio iuris; le teorie sulla liceit ontologica e funzionale; la soluzione relativa alla responsabilit del prestatore dopera, allinterpello e condono edilizio.

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