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Tutti i cittadini hanno pari dignit sociale e sono eguali davanti alla legge, sen za distinzione di sesso, di razza,

di lingua, di religione, di opinioni politich e, di condizioni personali e sociali. compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, c he, limitando di fatto la libert e l eguaglianza dei cittadini, impediscono il pien o sviluppo della persona umana e l effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Con la fine della seconda guerra mondiale e il tramonto del Fascismo, nasce in I talia l esigenza di costruire uno Stato capace di garantire ai cittadini non gi una semplice uguaglianza formale (tipica dei sistemi liberali), bens un uguaglianza ch e potesse in questi termini permettere agli stessi di godere effettivamente di u na parit, altrimenti sostanzialmente negata dai sistemi costituzionali formalisti ci (vedi Statuto Albertino). Cos, in sede costituente, venne elaborato il princpio di cui all art. 3 Cost. Un pri ncpio importante, poich supera come ho detto il criterio dell uguaglianza formale e definisce un nuovo criterio di parit fra i cittadini: quello dell uguaglianza sosta nziale. A questo punto vi domanderete: che differenza c ? Del resto verrebbe da dire anche lo Statuto Albertino (che era uno statuto liberale), garantiva l uguaglianza fra i cittadini. E dunque? Dove ha innovato effettivamente la Costituzione repubblica na? Be , chiaramente una cosa dire tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge , senza per prevedere strumenti tali a garantire in concreto questa uguaglianza; a ltra cosa affermare tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge e lo Stato s i impegna a rimuovere tutti gli ostacoli economici e sociali che impediscono que sta uguaglianza . La differenza dunque sussiste ed una differenza fondamentale. Lo Statuto Alberti no garantiva l uguaglianza, ma lasciava al mercato, alla libert e volont del singolo , e in ultimo alla societ, il compito di eliminare gli ostacoli che impedivano in concreto l effettivo raggiungimento del risultato egualitario. Cos veniva a verifi carsi il paradosso di una societ formalmente egualitaria, ma sostanzialmente dise guale. Il regime fascista, d altro canto, non attenu certamente le profonde diseguaglianze sociali, sebbene molte misure adottate dal sistema corporativo avevano (almeno apparntemente) proprio un simile obiettivo. E questo perch il Fascismo partiva da un ideologia che tendeva ad appiattire il sistema sociale ed economico al princpio dello Stato Etico. Perci, comprimendo la libert e l iniziativa, comprimendo l autotut ela dei lavoratori e dunque delle classi pi deboli, impediva in concreto lo svilu ppo di tutti quei meccanismi poi attuati nel pi progredito sistema repubblicano, informato al princpio dello Stato Sociale. Ecco dunque che arriviamo all art. 3 della Carta Costituzionale, del quale un prim o importante metaprincpio desumibile l impedimento per il legislatore di emanare n orme che creino diseguaglianza fra i cittadini in base al sesso (e all orientament o sessuale), alla razza, alla lingua, alla religione, alle opinioni politiche e alle condizioni personali e sociali. In questi termini, qualsiasi provvedimento legislativo violativo di un sifatto princpi pu e deve essere tacciato di incostitu zionalit (da qui l illegittimit costituzionale di molte leggi del sistema corporativ o e del precedente sistema liberale). D altro canto, il princpio di uguaglianza sostanziale, previsto dalla nostra costit uzione, non si traduce affatto come apparentemente potrebbe credersi in un uguagli anza assoluta che alla fine andrebbe a negare lo stesso princpio. Infatti, al pri ncpio stesso sottesa la consapevolezza che l uguaglianza potr essere garantita effet tivamente solo se si prende coscienza che tutti i casi uguali devono essere trat tati in modo eguale e che tutti i casi diversi devono per converso essere tratta ti in modo diverso. Eppure, anche questa consapevolezza non sufficiente. Non a caso, il secondo comm a dell art. 3 estende e concretizza il princpio di uguaglianza, rendendolo effettiv amente perseguibile. La norma infatti stabilisce che lo Stato (e pure le Regioni

, le Province, i Comuni e gli altri enti pubblici) deve rimuovere gli ostacoli d i ordine sociale ed economico che di fatto limitano l uguaglianza e la libert dei c ittadini, e che impediscono perci la realizzazione della persona umana e l effettiv a partecipazione di tutti i lavoratori all organizzazione politica, economica e so ciale della nazione. Il che significa che l uguaglianza non pu essere vista solo co me limitazione negativa all azione statale (lo Stato non pu emanare leggi che crein o diseguaglianze!), bens pure come una imposizione allo Stato e agli enti pubblic i di compiere azioni positive volte alla rimozione delle diseguaglianze (l autorit pubblica deve emanare leggi che elimino discriminazione e ineguaglianze). Ci sign ifica, in altre parole, che non sufficiente che in una societ ogni cittadino sia eguale dinanzi alla legge (uguaglianza formale), pure necessario che tale uguagl ianza sia effettiva (uguaglianza sostanziale). Esempio: l istruzione. Non abbastan za che ogni ragazzino abbia il diritto di istruirsi e andare a scuola, ma necess ario che lo possa fare concretamente. Perci, se la famiglia non ha le risorse eco nomiche per mandare il proprio figlio a scuola, lo Stato deve prevedere risorse economiche per tali famiglie disagiate (borse di studio, libri di testo gratuti ecc.). E questo affinch si attui l effettiva uguaglianza tra chi benestante non ha problemi economici che gli impediscono di istruirsi e chi, invece, per simili pr oblemi, in concreto non pu. In conclusione, il princpio di uguaglianza un fattore di estrema civilit che gi cos titu nell ottocento una vera rivoluzione nella societ, poich di fatto veniva superat o il sistema assolutistico che invece fomentava profonde diseguaglianze classist e (nobili, clero, borghesia e contadini/operai). Eppure, sebbene fortemente inno vativo, tale princpio formalisticamente inteso non era di fatto soddisfacente, pe rch garantiva soltanto le classi medie (borghesia), le uniche dotate di sufficien te autonomia economica per far valere i propri diritti. Ecco perch dopo il culmin e dei regimi nazifascisti tale princpio ha trovato nuova linfa, evolvendosi ulter iormente verso una sostanzialit che di fatto ha sancito il definitivo progresso s ociale e l inalzamento del livello di benessere dell intera collettivit. Non a caso, il secondo comma parla di sviluppo della persona umana e di partecipazione di tu tti i lavoratori (si presume di ogni livello) all organizzazione sociale, politica ed economica del paese Italia.

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