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ALESSANDRO CALDERONI

Capitolo 1 estratto da:

PER FORTUNA VIVERE DIFFICILE

Affrontare il Dolore con Consapevolezza e Distacco per Trasformarlo in Occasione di Crescita

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Titolo PER FORTUNA VIVERE DIFFICILE

Autore Alessandro Calderoni

Editore Bruno Editore

Sito internet www.brunoeditore.it

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Sommario

Introduzione Capitolo 1: Come andare incontro alle difficolt Capitolo 2: Come dire no alla rigidit e vivere in modo fluido Capitolo 3: Come affrontare un dolore privato Capitolo 4: Come affrontare un dolore pubblico Capitolo 5: Come gestire il dolore con il tempo e le immagini Capitolo 6: Come gestire il dolore con il corpo Capitolo 7: Come capitalizzare la sofferenza Conclusione Bibliografia

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Introduzione

Il dolore un fenomeno democratico: tutti ne abbiamo esperienza, in modo squisitamente soggettivo. Soffre chi ha una malattia, chi si procura una ferita, chi patisce pene damore e chi subisce un lutto. Soffre anche chi non riesce a esprimere ci che pensa, chi non vive come vorrebbe, chi ha pensieri cupi e chi assiste a una scena che lo impressiona. Gli eventi e i modi di sentire che riconduciamo al termine dolore sono pressoch infiniti.

Il dolore fa parte della nostra vita. Quotidianamente e senza possibilit di paragoni: ci che a me pu sembrare irrilevante ad altri pu causare sofferenza e viceversa, e in ogni caso quantificare su una scala oggettiva lintensit dellesperienza dolorosa probabilmente impossibile.

Un pugile, avvezzo a prendere pugni, soffre in modo differente al contatto con la mano chiusa di un avversario, rispetto al normale essere umano che non si mai confrontato con un combattimento sul ring. Poi magari lo stesso pugile ricco e viziato e sta
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veramente male se non trova lauto di lusso che desidera, esattamente del colore che ha in mente, mentre per la persona comune comprare unauto di un colore o di un altro semplicemente un vezzo senza grandi conseguenze.

Soffre di pi una madre che perde un bimbo o un ambientalista estremo di fronte a un disboscamento? Un dongiovanni che si confronta con lunico rifiuto della sua vita o un marito fedele lasciato dalla moglie? I parenti di una vittima di omicidio o un assassino in carcere?

Il dolore di tutti, e ognuno lo prova in maniera diversa. Tutti tendiamo a considerare la nostra esperienza come unica, importante, incomprensibile da parte degli altri. Vogliamo evitare di soffrire e, vivendo nel continuo tentativo di allontanare da noi il dolore, sprofondiamo nella paura di provarne. Che molto peggio.

Lessere umano riflette da sempre su questi argomenti. Per Aristotele il piacere un determinato movimento dellanimo e un ritorno totale e sensibile allo stato naturale [] il dolore il contrario. Necessariamente, dunque, piacevole per lo pi il
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tendere allo stato di natura [] Gli affanni, i travagli, gli sforzi sono dolorosi, poich sono imposti da necessit e forzati.

Per Epicuro e ancor pi chiaramente per Lucrezio il piacere statico e deriva dalleliminazione del dolore. E se i mali dellanima sono frutto derrore, il dolore fisico o si sopporta, o passa presto, o conduce alla morte e la morte per definizione assenza di sensibilit.

Seneca dellopinione che il dolore sia solamente un disagio che non turba il virtuoso e ne accresce la forza. SantAgostino vede luomo instabile per sua natura e in questa condizione di privazione originaria del bene pone la sua sofferenza.

Molto dopo, Schopenhauer sostiene che la vita intrinsecamente dolorosa perch noi umani siamo sempre a caccia di soddisfazioni immediatamente superate da nuovi desideri. Cos nel possesso cresce la misura del necessario e quindi la capacit di provare dolori. Similmente Kierkegaard afferma che langoscia deriva dalla possibilit, cio dalleventualit che un evento si verifichi o non si verifichi, che unaspettativa si realizzi o non si realizzi: il dolore in questo caso nasce dallincertezza del futuro. Nietzsche
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non scappa dal dolore, anzi ne riconosce il peso e lo considera vitale, facendo capire che la vera felicit non pu non passare attraverso la sofferenza.

Dopo il pessimismo cosmico di Leopardi e le domande senza risposta di Manzoni, in letteratura il dolore diventa tema moderno (e postmoderno) con il Novecento e il duro confronto con le guerre mondiali. Ecco le mille facce di Pirandello, la sanitmalattia di Svevo, lincompiuta normalit di Kafka, il mal di vivere di Montale, il dolore civile (e sociale) di Pasolini, il dolore attraversato e interiorizzato da Alda Merini.

Il dolore di tutti. La vita di chiunque ne contiene. Per noi occidentali per questa ragione che diventa difficile vivere. Pi si vive pi si soffre, pi si soffre pi vivere arduo. E si va avanti. Ci manca, molto spesso, un concetto antico e meraviglioso, quello di dolore come insegnamento. Splendidamente laico, se consideriamo che Eschilo gi scriveva che la saggezza si conquista con la sofferenza. Ma anche profondamente religioso, se teniamo conto che Cristo porta in teoria la croce da pi di duemila anni. Per il buddhismo invece il dolore parte della condizione esistenziale variabile, superficiale, da far scorrere e
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lasciare andare per liberarsi del perenne stato di incompletezza e insoddisfazione.

Molte filosofie orientali si concentrano sulla riscoperta di ci che intimamente ed elementarmente umano e invariabile: il respiro, la presenza. Il distacco, in questo senso, anche libert dal dolore. Dice Krishnamurti: Il dolore non diverso da colui che soffre. La persona che soffre vuole scappare via, fuggire, fare ogni sorta di cosa. Ma se contemplate il dolore come si contempla un bambino, un bel bambino, se lo tenete stretto, e non gli sfuggite mai, a questo punto vedrete da soli, se veramente guardate a fondo, che il dolore cessa.

Con grande umilt, nel mio percorso di vita e ricerca, fin qui, ho individuato un personale rapporto tra consapevolezza, dolore e piacere. Penso che la consapevolezza funzioni come una bilancia interna. Sa che il dolore molto pi leggero del piacere, e suggerisce di non tentare di annegare il primo nel secondo: il dolore, infatti, si limita a inquinare il piacere, poi inevitabilmente torna a galla.

Il mio punto di vista sul rapporto tra sofferenza e riscatto


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allincrocio tra il pragmatismo delle psicoterapie brevi o del pensiero interventista statunitense e il distacco contemplativo orientale. Accogliere il dolore come esperienza semplicemente reale significa garantirgli considerazione nel presente, non ingigantirlo appesantendolo con il passato n amplificarlo anticipandone il futuro. Si avverte, si lascia che ci attraversi, se ne osserva leffetto, si mette da parte. Cos il dolore ti libera e ti lascia libero, ma anche arricchito, perch elimina la paura, accresce la consapevolezza, aumenta lo spessore umano e rende reattivi.

In tanti anni di (per)corsi effettuati su staff aziendali, quadri dirigenti e gruppi di privati o di studenti sui temi della fiducia e della paura, posso dire con un buon margine di sicurezza che se si elimina la paura del dolore, il dolore di per s diventa una forma di crescita perch allena allo stesso tempo la fluidit e la capacit di decidere.

Per questo motivo una fortuna che vivere sia difficile: quando la vita genera o consente esperienze di dolore, nello stesso momento fornisce opportunit di crescita personale. Questo ebook pensato come un contenitore di spunti e strategie per trasformare le
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difficolt quotidiane in strumenti di miglioramento.

Scopriremo insieme come adottare con naturalezza e curiosit gli eventi negativi della vita convertendoli in senso di autoefficacia, capacit decisionale ed equilibrio personale. Paradossalmente noteremo il piacere racchiuso nel dolore. Senza alcuna forma di masochismo. Anzi.

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CAPITOLO 1: Come andare incontro alle difficolt

Adesso, proprio mentre leggi queste parole, la tua vita contiene una miscela di ingredienti non facilmente distinguibili nel sapore complessivo che assumono tutti insieme. Di cosa sa ora la tua vita? Riesci a dire che gusto ha? Certamente risponderai Sono perfettamente in grado di capire come sto, per chi mi hai preso? probabile, in effetti, che tu sia in grado di esprimere una valutazione sintetica e immediata sulla tua situazione attuale. In altri termini, sei capace di raccontare come ti senti o come credi di sentirti. Se provi per a rileggere queste stesse righe tra qualche ora o tra un paio di giorni, quasi certamente definirai il tuo stato psicologico ed emotivo in maniera differente.

Succede a tutti. Tornando alla metafora del sapore, a tratti avvertiamo il nostro piatto personale molto dolce, a tratti amarognolo, qua e l piccante, talora salato. Gelido, bollente, scarso, eccessivo, entusiasmante, deludente, dal sapore flebile o al contrario superspeziato e cos via. La nostra vita definita dalla
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lettura che ne diamo, in ogni momento. E in ogni momento questa lettura pu cambiare in base a ci che accade. Di pi: il nostro modo di sentire muta non solo e non tanto in relazione ai contenuti in senso oggettivo (gli eventi reali), ma soprattutto in base a come noi percepiamo e ci rappresentiamo quei contenuti. A come li cuciniamo nella nostra mente, insomma. Alle emozioni che producono in noi. Come dire che se il piatto cambia sapore, la causa da cercarsi un po negli ingredienti, un po nella bocca e nella mente di chi assaggia.

Ci sono sempre cose che ti rendono felice, nella quotidianit. Cose che al contrario ti intristiscono. E poi eventi che ti fanno perdere la pazienza, situazioni eccitanti, condizioni rilassanti. Non esistono momenti in cui tutto solare n fasi in cui tutto nero, se non per brevissime coincidenze. Eppure in ogni istante abbiamo la sensazione e la presunzione di poter definire univocamente e graniticamente la nostra condizione.

Come va? la domanda pi banale e diffusa del mondo. quasi un intercalare, un modo per riempire il vuoto, rompere il ghiaccio o neutralizzare limbarazzo degli incontri. E noi rispondiamo: Bene, grazie. Sicuri, precisi. Uno standard
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espressivo. Ma non lo pensiamo davvero. O almeno non lo pensiamo sempre. Se fossimo semplicemente sinceri, ci verrebbe da dire con la stessa sintesi estrema qualcosa come: Oggi uno schifo, oppure: Sono innamorato, o ancora: Ottimo gelato, a pranzo. A seconda dei casi.

Se oltre a essere sinceri fossimo anche calmi e consapevoli, andremmo pi nel dettaglio e osserveremmo con cura le nostre reali condizioni, scoprendo magari che siamo fisicamente in forma, per tristi per una notizia ricevuta il giorno prima, scaldati sottilmente da un amore, soddisfatti nellimmediato da un buon pranzo, infastiditi da un ronzio di sottofondo.

Bene, grazie solamente una formula di cortesia, un patto sociale. Non vuol dire alcunch. Testimonia soltanto che agli altri non interessa davvero sapere come stiamo. E che a noi non fa piacere rivelare quali sono le nostre reali condizioni. Se non rispondi bene, grazie, con un sorriso sgargiante e laria cool, la gente ti guarda di sbieco, come se fossi un alieno. Un diverso. E per non sentirci diversi, chiniamo metaforicamente il capo e gi con la formuletta insulsa. Tutto bene. Sempre bene.

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unassociazione a delinquere globale in cui tutti siamo allo stesso tempo criminali e vittime, perch neghiamo a noi stessi e agli altri la possibilit di avere uno specchio reale del presente in cui guardarsi e riconoscersi. Non descrivere come si sta davvero, anzi negarlo o rimuoverlo, allontanarne la consapevolezza, mascherandoci sotto una patina di presentabilit che sa di plastica, come spazzare in gran fretta la polvere da una casa non in ordine, ficcando tutto sotto il tappeto perch arriva un ospite improvviso e bisogna fare bella figura. La spazzatura resta e in pi si fa una fatica tremenda a nascondere tutto in tempo e a detergersi il sudore che improvvisamente imperla la fronte.

Ecco allora una prima, morbida ma efficace rivoluzione personale, chiedersi: Come sto? Sia chiaro: impossibile pensare di smettere allistante di domandare agli altri come stanno; e non nemmeno ipotizzabile lidea di non rispondere quando ce lo chiedono o di rovinare la giornata del nostro interlocutore vomitandogli addosso un elenco di stati emotivi lungo cinque minuti, mentre lui si aspettava il classico bene, grazie. Con voi stessi per lo potete fare. Anche pi volte al giorno.

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Chiedersi come sto? in realt la punta delliceberg della micro consapevolezza personale, cio di un fenomeno che si lascia tranquillamente descrivere come lo spostamento dellattenzione sul proprio presente. Quello che molti terapeuti e altrettanti meditanti chiamano il qui e ora. Come si fa? Niente di pi semplice e naturale. Potete cominciare da due veloci constatazioni oggettive, precedute da altrettante domande: dove sono? e cosa sto facendo?

Sembra stupido, ma siamo abituati a fare decine di cose in una singola unit di tempo e questo comporta che prima o poi la nostra mente, per risparmiare spazio ed energia, distolga lattenzione dalle nostre azioni, rendendole automatiche, per concentrarsi su altro. Un esempio eclatante quello della guida. Quando siamo in macchina, infatti, riusciamo a svolgere contemporaneamente una quantit impressionante di azioni differenti. Il piede destro controlla acceleratore e freno, quello sinistro si rilassa o pigia la frizione. Le mani stanno al volante, ma allo stesso tempo quella sinistra controlla le frecce mentre quella destra si occupa del cambio ed eventualmente del tergicristalli, del navigatore, della radio. Contemporaneamente i nostri occhi guardano avanti e nei tre specchietti retrovisori. E molti
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aggiungono a tutto questo una conversazione con i passeggeri, una telefonata, un ripasso degli impegni della giornata e altro ancora.

Parrebbe

molto

impegnativo,

eppure

lo

facciamo

automaticamente, senza pensarci. la nostra salvezza, perch risparmiamo energia, ci affatichiamo di meno e riusciamo a costruire operazioni complesse. Per anche la nostra condanna perch il cervello, abituato a gestire mille stimoli non discerne pi tra loro spontaneamente: il programma mentale guidare lauto diventa cos un unico grande chunk, un blocco di informazioni unitario, senza dettagli al suo interno. A meno che non richiamiamo lattenzione su ogni singola cosa che facciamo mentre la stiamo facendo.

Ricordi quando hai imparato a guidare? Allora s che il tuo cervello era costretto a concentrarsi su tutte quelle piccole eppure importanti azioni, operate attraverso parti del corpo differenti e distanti tra loro.

La procedura diventata automatica quando lapprendimento si consolidato, cio quando il tuo cervello ha detto: Ok, ce lho, e
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la tua attenzione si ritratta. Ma se provi a sederti al posto di guida e, mentre sfrecci in autostrada o ti blocchi in coda in citt, dedichi qualche istante a chiederti dove sei e cosa stai facendo, ti si dischiuder in un attimo, e nella sua interezza, il catalogo delle micro azioni che stai compiendo senza accorgertene. Mi trovo nella mia vettura, sono seduto su un sedile anatomico abbastanza confortevole, la mia schiena appoggiata, la mano destra stringe il cambio, la sinistra impugna il volante. E cos via.

Puoi farlo con tutto, in ogni momento. Sono in ascensore, sono in aula, sono in ufficio, sono in palestra, cammino, sto in piedi, mi siedo Un luogo e una serie di azioni. Unistantanea del tuo presente. Quando hai fotografato la situazione, puoi arrivare a una constatazione che sposta la tua attenzione verso linterno. In questo caso, mi raccomando, assicurati prima di non avere bisogno nellimmediato di rivolgere la tua attenzione verso lesterno. In altre parole, non farlo mentre stai guidando, mentre operi un paziente o durante la rincorsa di un calcio di rigore.

Quindi dal dove/cosa, sposta lattenzione sul respiro e osserva semplicemente qual il suo ritmo, senza interferire. Prendine coscienza, tutto qui. Pochi secondi e sarai a contatto con te stesso.
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questo il momento di porsi la domanda da cui siamo partiti. Come sto?

Pi che frutto di una ricerca analitica, la risposta diventa unemersione spontanea. Come se avessi una torcia in mano e con serenit illuminassi tutto il tuo sentire, fino a poco prima custodito al buio, limitandoti a osservare ci che sotto il tuo fascio di luce acquista forma e diventa ineludibile. Ascoltati. Le prime volte noterai un flusso caotico di sensazioni che turbinano sotto la tua attenzione, quasi a voler confondere la tua trasparente domanda.

Con lesercizio potrai capire che la sensazione di caos deriva dallatteggiamento della tua mente, che pretende di dirigere il traffico in ogni momento e non rinuncia mai a capire cosa succede, cosa sono quei pensieri che si muovono cos vertiginosamente, da dove vengono e in che direzione si muovono. Impara a osservare, come se fossi al balcone e guardassi ci che succede gi, per strada. Si depositeranno a poco a poco emozioni pi rilevanti, la tua mente subito giocher a etichettarle e tu potrai coscientemente comporre un quadretto articolato. Sono allegro per questo, incasinato per questaltro,
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sereno, un po risentito.

Quando hai fatto scorrere sensazioni ed emozioni e hai individuato quelle salienti, componendo il quadretto, prova a ripeterle anche ad alta voce, pur parlando sempre a te stesso. Premetti sempre le parole: In questo momento, mentre mi trovo e faccio, mi sento, cos non rischi di

autoprogrammarti in maniera duratura associando giudizi al tuo stato generale, anzi contestualizzi la tua condizione rendendola relativa, momentanea, consapevolmente passeggera, nel bene e nel male.

Rifacendo lesercizio in un contesto differente, pi tardi, mentre sei impegnato in altre azioni, vedrai che molte delle tue emozioni dominanti risulteranno differenti. Eppure sei la stessa persona e la vita sempre la tua.

TEMA n. 1: per capire quali sono le tue condizioni in uno specifico momento, chiediti: Come sto?, dopo aver contestualizzato la situazione rispondendo alle domande: Dove sono?, e Cosa sto facendo?

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Con un po di pratica sarai in grado di annotare mentalmente alcune considerazioni interessanti e piuttosto utili. In particolare tre. La prima: Eraclito aveva maledettamente ragione, tutto scorre davvero. La seconda: Eraclito avr anche avuto ragione ma ci sono alcuni elementi, tra le mie emozioni, che si ripresentano piuttosto simili nel tempo. La terza: Eraclito a volte ha torto, esistono anche punti fissi, invarianti, nel mio modo di essere e di sentire.

Non filosofia ma pura constatazione pratica. Quando esisto e respiro, in effetti esisto e respiro: posso assumerla come certezza. Ed il punto tre. Risalendo, ecco il due: se i miei tratti di personalit, il mio carattere e le mie attitudini tendono a muovermi spontaneamente in una direzione particolare, il mio atteggiamento nei confronti della vita sar pi spesso o pi intensamente di quel tipo (allegro, attivo, contemplativo, insicuro ecc.), a patto che abbia il coraggio, la quiete e linteresse necessari per riconoscere e assecondare le mie naturali inclinazioni.

Punto primo, infine: tutto il resto cambia, come abbiamo gi chiarito. E se tutto cambia, se la mia vita un movimento
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continuo di stati e modi, umanamente impossibile che io provi sempre e soltanto emozioni positive.

La vita ha nella sua stessa struttura una compresenza di segni pi e meno. Di positivi e negativi. Di polarit opposte eppure complementari. Come ogni forma di energia e di anatomia in natura. Come ogni forma di pensiero filosofico ed esoterico che si proponga di cercare una sintesi tra gli estremi. Bastino ad esempio i casi di dualismo passati in rassegna da Jung nelle sue ricerche sui simboli: maschio/femmina, umano/divino, conscio/inconscio, bene/male, Cristo/Anticristo, Shiva/Shakti, Yin/Yang,

physika/mystika, luce/ombra, scienza/fede, esteriorit/interiorit.

Il dualismo, il doppio, non si elide negando un estremo. Al massimo, cos facendo, lo si elude. Si fa finta di niente. Come quando rispondiamo: Bene, grazie. Essere coscienti del doppio non un punto di partenza ma probabilmente il punto di arrivo di ogni ricerca personale. Per essere pi precisi: si pu partire con la nozione di equilibrio o sintesi tra gli estremi ma gestirne il dinamismo continuo e linfinito incontro/scontro questione di vita vissuta, non di libri studiati o informazioni imparate a memoria. Per alcuni consapevolezza, per altri illuminazione, per
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altri ancora imperturbabilit. let adulta, in un mondo di eterni adolescenti.

Se la vita una delle mille applicazioni reali del simbolo del doppio, cio un contenitore naturale di opposti, non possibile rinunciare a viverne anche la parte negativa, scomoda, dolorosa. Per questa ragione la mia personale posizione contraria agli atteggiamenti di imperterrito ottimismo e tecnicistico pensiero positivo. Se vero infatti che autoprogrammarsi attraverso una rappresentazione solare, piena di successo, sorridente e rosea pu comportare ottimi esiti nellimmediato ad esempio, un cambiamento di stato emotivo che favorisca un buon risultato lavorativo o personale, insomma aiuti in una conquista agognata altrettanto vero che una costante alterazione artificiale del nostro modo di vedere il mondo ci abitua a una specie di doping emotivo quotidiano che tende ad allontanarci dalla realt. Quasi rendendocela indesiderabile di default, invece di spianarci la strada.

Facciamo un esempio. Nel caso in cui tu abbia paura di un esame o di un appuntamento perch sai che lesito pu essere molto importante per te e per la tua vita futura, indubbiamente efficace
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ladozione delle tecniche mentali di pre-visione di un futuro positivo.

Per aiutarti puoi chiudere gli occhi e immaginare la situazione reale del tuo colloquio, raffigurandoti il migliore degli esiti possibili, osservando i volti degli interlocutori, focalizzando lattenzione su come ti sentirai in quella condizione di vincitore e poi ripercorrendo piano a ritroso le piccole tappe che ti hanno portato a quel successo. una tecnica autosuggestiva molto utile, indubbiamente. Per funziona bene su eventi singoli o almeno su categorie specifiche di eventi.

Se per ogni colloquio, ogni incidente, ogni dolore piccolo o grande dovessimo riprogrammarci cambiando il sapore naturale della nostra vita, finiremmo col cercare ansiosamente in ogni momento uno stato emotivo altro. Poi, a poco a poco, questo altro diventerebbe un oltre, cio il desiderio di avere sempre qualcosa di pi, di stare sempre meglio. Non ci accontenteremmo pi del nostro presente, finiremmo col non stare mai bene nellimmediato e rischieremmo di dover intervenire pi che di frequente per ridisegnare la nostra vita a ogni curva. Poich, inoltre, non detto che lesito sia sempre positivo, il rischio
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successivo che prima o poi limpalcatura crolli e si dischiuda inaspettato e fulmineo laspetto meno gradevole del dualismo: la mazzata sui denti.

Ti consiglio quindi di imparare dalle semplici domande di prima, e dallosservazione tranquilla delle tue condizioni, che il dolore inevitabile. Prima o poi lo incontrano tutti. Anche tu. Chi lo nega semplicemente un bugiardo o non ha la bench minima capacit di contattare la propria interiorit. Rilassati e guarda bene dentro di te. Anche in questo momento ci sono parti del tuo ripieno emotivo che si trovano a contatto con unesperienza dolorosa o che in ogni caso ti piacerebbe convertire in qualcosa di pi bello. Osservale e accettale con serenit.

TEMA n. 2: il dolore inevitabile e tutti, prima o poi, soffrono. Non opporti a questa naturale caratteristica della vita, anzi, quando la incontri, rilassati e osservala con neutralit.

Praticando

arti

marziali

comunque

cimentandosi

nellapprendimento di strategie e tecniche di combattimento corpo-a-corpo, una delle prime cose che si imparano
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esplicitamente o implicitamente a seconda dei maestri che si incontrano la netta distinzione tra dolore e paura del dolore. Prendere un pugno o un calcio, com intuibile, non mai unesperienza piacevole. Leffettivo dolore che si prova al momento dellimpatto, per, decisamente inferiore al male che avremmo immaginato di provare, carichi di paura. stato studiato negli ultimi anni un effetto neurologico interessante: pi temiamo il dolore fisico, pi la sensazione di dolore, preattivata dalla nostra aspettativa, risulter intensa se si verifica davvero.

Tanto per citare una delle ultime ricerche tra le numerose disponibili sul tema, alla fine del 2009 Mathieu Roy delluniversit di Montreal, Canada, ha pubblicato sulla rivista scientifica PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences) gli esiti di uno studio effettuato somministrando immagini o suoni, positivi o negativi, ad alcuni soggetti volontariamente sottoposti al dolore di una piccola scarica elettrica. Lanalisi della risonanza magnetica funzionale effettuata sulle aree cerebrali del dolore dei protagonisti dellesperimento ha dimostrato che immagini o suoni cupi o in grado di indurre paura amplificano la sensazione dolorosa, mentre foto o audio divertenti e solari la riducono.
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Le

emozioni,

insomma,

intervengono

direttamente

sulla

percezione del dolore. Cio, tornando alla metafora marziale, se temi di prendere un pugno non solo pi probabile che tu lo prenda ma anche sicuro che sentirai pi male perch la tua percezione sar amplificata dallaspettativa negativa. Il meccanismo funziona anche sul piacere, basti pensare ai maschi che soffrono di eiaculazione precoce: con le dovute distinzioni tra reali problemi organici (la minoranza) e disagi di natura psicologica (la maggior parte), pi queste persone pensano in modo contratto e ansioso allintensit e allimminenza

dellorgasmo, pi vi si avvicinano ineluttabilmente; al contrario, pi si liberano dallangoscia del tempo e dalla considerazione delle conseguenze, meglio riescono ad accogliere il piacere come evoluzione lenta, progressiva e gestibile.

Non dimentichiamo che paura e ansia fanno il loro lavoro: mettono il corpo sul chi va l per renderlo,

evoluzionisticamente parlando, pronto a scappare dal predatore. Nella quotidianit, per, utile adottare due atteggiamenti che consentono di tenere il livello di allerta medio pi basso o di alzarne la soglia, che poi la stessa cosa ma da un punto di vista
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differente.

Il primo atteggiamento utile convincersi che in giro non ci sono solamente predatori e capire che agitarsi peggiora in ogni caso leffetto di qualsiasi incontro sgradevole. Il secondo

atteggiamento deriva dalla constatazione che abbiamo condiviso prima: il dolore inevitabile, perci non ha senso che tu abbia paura di una cosa che non pu non essere, perch sarebbe come temere costantemente un compagno di vita.

Quando hai paura, il tuo corpo si irrigidisce. E quando il corpo rigido pronto allazione fulminea ma anche meno in grado di accogliere ed elaborarne le conseguenze in maniera selettiva, morbida e priva di effetti collaterali indesiderati. Se ti alleni a rinunciare alle esagerazioni della paura, mantenendo il corpo e la mente rilassati, attivi, distaccati per quanto ti possibile dagli eventi, otterrai un comportamento duttile, correggibile, senza strappi. E il dolore sar unesperienza come unaltra, con un sapore semplicemente diverso.

possibile fare alcuni esperimenti fisici per capire meglio e rapidamente i vantaggi della rinuncia alla rigidit rappresentata
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dalla paura. Stenditi sul pavimento e chiedi a una persona possibilmente pesante di sdraiarsi a pancia in gi sul tuo torace, perpendicolarmente rispetto a te. Digli di tenere tutti i muscoli ben tesi e di stare rigido come se fosse un tronco dalbero. A questo punto, stando sotto, prova a farlo rotolare via o a sollevarlo e vedrai che la sua rigidit non gli sar per niente daiuto e giocher anzi a tuo vantaggio.

Se ripeterai lo stesso esercizio chiedendo al partner di spalmarsi sul tuo addome senza peso, senza forza, come una macchia dolio, eliminando qualunque forma di tensione muscolare, troverai quasi impossibile riuscire a liberarti di lui e anche solo spostarlo sar impegnativo. Per capire ancora meglio lesempio, provate a invertire i ruoli e senti, ora che sei sopra, come in condizioni di rigidit risulti fintamente sicuro mentre in realt ti percepisci subito come indifeso; al contrario, restare morbido e fluido ti aiuta a gestire in tempo reale gli spostamenti della persona che si trova sotto di te, riuscendo senza alcuna fatica a rimanere al tuo posto.

Per mettere a fuoco in maniera ancora pi efficace quali sono i vantaggi di un assetto morbido cio dellassenza di paura del dolore prova a lavorare di nuovo in coppia e chiedi al tuo
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compagno di esperimento di saltare a piedi uniti sul posto, ininterrottamente e a muscoli tesi: ora, standogli di fronte, spingilo o colpiscilo mentre salta e constata con quale facilit una piccola spinta da parte tua genera un grande spostamento del suo corpo.

Adesso chiedigli di cambiare atteggiamento e di saltare sul posto, senza fermarsi, con il corpo morbido e duttile. Quando proverai a intervenire sulla sua traiettoria, in questa seconda modalit, ti renderai conto della naturalezza con cui il tuo amico adesso resiste alle sollecitazioni rimanendo sulla verticale o spostandosi di poco, perch il suo corpo in grado di assorbire dinamicamente lurto e lo incamera senza alterare lintenzione n la direzione del salto. Naturalmente poi scambiatevi di ruolo e ancora una volta provate il sapore dellesperienza di cui poco prima ha goduto laltra persona.

Non ti basta? Vuoi un terzo esempio fisico che lambisca il tema del dolore? Ok, questo esercizio fa impressione, perci preparati a provare una sensazione fisicamente ingombrante. Sdraiati per terra e chiedi al solito amico di salire con entrambi i piedi sul tuo addome, rimanendo in equilibrio su di te per una decina di
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secondi (pu aiutarsi eventualmente appoggiandosi con una mano su un mobile). Qui sarai direttamente tu a sperimentare subito la differenza tra rigido e morbido. Occhio a fargli presente di evitare le costole fluttuanti e i genitali, con le scarpe, per non farti male.

La prima volta irrigidisci gli addominali prima che lui salga, come se fossi un gradino. Passano i dieci secondi e il tuo partner scende dalla parte opposta. Come ti senti? Nota bene: gli addominali sono indolenziti, la schiena probabilmente affaticata e tu sei stato in apnea per tutto il tempo dellesercizio.

Ora riprova rilassando completamente i muscoli. Non temere, non ti farai male, anche se lo stai pensando. Respira sincronizzando laria che entra nelle tue narici ed esce dalla tua bocca con i movimenti del tuo compagno. Rilassa senza timore la pancia e lasciagli fare i suoi dieci, venti secondi su di te.

Quando scende, osserva di nuovo: la pancia indolenzita quanto prima ma in maniera differente, la schiena non affaticata e tu sei pi disteso perch hai respirato durante la performance. Inoltre, prima ti aspettavi che con lintervento dei muscoli il fastidio fosse minimo, e hai avuto una sgradevole sorpresa; con il ventre
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morbido temevi di provare dolore e invece questa aspettativa negativa stata delusa. Ancora una volta, insomma, la paura del dolore e il dolore si sono rivelati qualitativamente e

quantitativamente differenti. E se tu avessi accolto il peso del tuo amico sulladdome non soltanto rilassandolo, ma anche sapendo gi che sarebbe stato semplice e indolore, avresti potuto anche spostare lattenzione dallesercizio senza accorgerti neppure dei piedi che ti schiacciavano.

TEMA n. 3: dolore e paura del dolore sono cose diverse. La prima una sensazione, la seconda unemozione che pu influenzare laltra amplificandone gli effetti. Se ti rilassi e rinunci alla paura, provi meno dolore.

Che tu abbia paura oppure no, che tu compia sforzi inauditi per evitarti qualunque sofferenza o che tu viva nella piena consapevolezza, la vita unoscillazione continua tra il segno pi e il segno meno, come abbiamo visto. Prima o poi il dolore bussa alla porta. Non preoccuparti: apri. meglio cos, anche perch probabile che, se non apri in tempo, quello butti gi la porta e, non importa se blindata, avr facile accesso.

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Sorprendi il tuo dolore: accoglilo come faresti con un ospite gradito. Osserva come si comporta, senza farlo sentire in imbarazzo. Custodisci e accarezza con neutralit questa emozione negativa. Semplicemente lascia che sia, non avvitare la tua attenzione su di lei. Sai che c, che si muove dentro di te, che ha un inizio e una fine come tutto.

Mentre soffri, mentre incontri una delle mille screpolature che ti fanno pensare che vivere difficile, abbi la lucidit di ricordare a te stesso che spostando lo sguardo dal dolore, proprio in questo momento, ci sono altre parti della tua vita che imprevedibilmente generano piacere o sono neutre. Vivi pure unemozione alla volta, senza inquinarle sovrapponendole. Per sii consapevole che ogni emozione legata a unesperienza o a un nodo di esperienze e che girandoti e non lasciandoti possedere in maniera pervasiva da una sola di esse, potrai cambiare condizione e percezione del tuo stato. Non aggrapparti al dolore pi di quanto lui si attacchi a te. Lascialo scorrere liberamente, quando senti che vuole andare via.

Torna alla domanda iniziale: Come sto? Se rispondi in modo sincero e articolato, e poi prendi coscienza di ogni singolo anfratto della tua risposta, puoi giocare a osservare il tuo stato
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emotivo dallalto, sorvolandoti, lasciando che picchi positivi ed esplosioni di dolore convivano in spazi diversi dellunico contenitore che osservi (e ricordati che sei tu!). In pochi minuti ti accorgerai che le sensazioni estreme, piacevoli o dolorose che siano, tendono a sciogliersi e a convergere verso il centro.

Il dolore, lasciato libero, sfoga il suo apice e si attutisce, cos come il piacere. Al contrario pi lo trattieni, pi si divincola facendo soffrire la tua psiche e il tuo corpo allunisono. Se proprio devi trattenere, impara ad applicarti in questo senso al piacere, facendolo vibrare dentro di te come uneco di cui godere a lungo. Evita di bloccare il dolore. Il magone, lautoafflizione, il rimuginare a lungo che tanto ci seducono quando siamo tristi, non modificano la realt esterna e peggiorano quella interna.

Ripeto: fai scorrere. Che diverso dal lasciare correre. Si tratta di unosservazione attenta e distaccata, non di un modo per chiudere gli occhi e rinunciare alla coscienza. Se riesci, non ostacolare nulla, dimenticati le barriere. Intervieni il meno possibile. Osserva, appunto. Dallalto. O dal basso, se preferisci.

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TEMA n. 4: accogli il dolore come un ospite gradito o quanto meno non inatteso. Custodiscilo, osservalo e fallo esaurire con naturalezza mentre hai coscienza che non rappresenta tutto il tuo sentire ma solamente una parte.

Lutile abitudine di osservarci senza giudicarci, di guardare il movimento della nostra corrente interna senza farci travolgere dai flutti, oltre a dare risalto a come stiamo davvero e a quale sapore abbiamo, ci insegna a poco a poco a cogliere alcuni funzionamenti stravaganti di noi simpatici essere umani. Non solamente pensiamo di primacchito che una singola emozione sia totalizzante, salvo poi accorgerci con un po di esercizio che non vero, ma siamo anche indotti a dimenticare quella stessa enorme, ingombrante, irriproducibile emozione appena ne arriva una pi nuova, intensa, non necessariamente migliore. il principio del chiodo scaccia chiodo.

Facciamo un esempio. Oggi sono triste perch una persona cui tengo mi ha risposto male. successo da poco. Lumiliazione, o forse lindignazione, ancora troppo recente e forte. Mi sembra di avere la testa piena di tensione. Lacrime non piante agli angoli degli occhi. Mani che si stringono per comprimere la stizza. In
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questa condizione di partenza, qualunque cosa mi accada nei prossimi minuti provocher in me uno stato danimo che si andr a insediare su quello gi esistente, aumentandone leffetto o sostituendolo.

Pu succedere quindi che io cammini sul marciapiede e arrivi al semaforo, senza sapere cosa mi attende a seconda della direzione che prendo. Se giro a destra, unautomobile lanciata a gran velocit centrer una pozzanghera a un metro da me, bagnandomi completamente da capo a piedi: la rabbia partir dalla base negativa dellindignazione maturata per la cattiva risposta ricevuta in precedenza ed esploder probabilmente in una manifestazione esteriore, come grida, aggressivit, tremori, sommandosi allemozione di prima.

Se invece giro a sinistra e attraverso la strada, sul marciapiede opposto trovo una banconota da 50 euro e poich non c nessuno che la reclami nelle immediate vicinanze, la raccolgo, dedicandole addirittura un sorriso di sorpresa mista a felicit, anche se lo stimolo piccolo e momentaneo: in questo caso lindignazione lascia spazio antagonista.
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a unemozione differente e

Cos accade con ogni evento e con ogni emozione: partiamo da una determinata condizione, ci investe un input esterno (o interno, nel caso di un pensiero), siamo posseduti da una nuova emozione, mentre la prima, depotenziata, giace sottostante, destinata eventualmente a tornare in auge pi tardi. Poi arriva una terza emozione, quindi una quarta, ciascuna prendendosi gli onori della ribalta, i riflettori del proscenio e mettendo in secondo piano le altre, che pure continuano a rimanere in piedi, a livelli pi bassi, oppure se ne vanno, scalzate da quelle pi recenti.

Alla fine la nostra giornata interna diventa un dialogo infinito tra decine di attori-personaggi-emozioni differenti che spesso prendono la parola anche se levento scatenante lontano nel tempo e dalla vita di chi contiene tutta questa bolgia. Grazie a questo brusio interiore abbiamo sempre una sensazione di affaticamento mentale, non c mai un momento di calma, di vuoto. Di silenzio. come se non ce la facessimo a far scorrere via le emozioni. Le teniamo tutte. Lasciamo che si attacchino con le loro ventose ai nostri pensieri. Girano i pensieri, ruotano anche le emozioni. Si ripresenta un pensiero, ecco subito lemozione connessa. E il nostro comportamento di conseguenza: frenetici,
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iperattivi, animati da una corrente elettrica che non si stacca mai.

Prova a immaginare di piazzare una microspia nel flusso dei tuoi pensieri e supponi di registrare per una giornata intera tutte le voci, le idee, gli umori, i toni che si affastellano e si sovrappongono mentre vivi. Immagina di poter sbobinare tutto con ordine, una volta a casa, di sera. Pensa a quante pagine di discorsi ripetitivi, a volte senza capo n coda, salterebbero fuori. Migliaia di pagine. Decine di ore di voci sovrapposte. E cos anche le emozioni. Assisti alla loro successione come a una sfilata di vestiti in passerella: quando arriva una modella-pensiero o un modello-ricordo osservi il vestito-emozione finch l davanti, poi ne arrivano altri due e li gestisci contemporaneamente, quindi altri tre e cos via.

Il nostro sistema nervoso centrale funziona come una rete. Tante cose avvengono simultaneamente. Tanti input, tanti output. Parti lontane del sistema nervoso centrale concorrono magari a produrre un solo effetto lavorando contemporaneamente su pi fronti. E la nostra abitudine a sovrapporre situazioni e pensieri, complicandoci la vita, addestra il nostro cervello a produrre immagini e contenuti sempre pi stratificati e interdipendenti.
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Come se tutto, sempre, dovesse avere un senso e un ordine. Potesse essere previsto. Incasellato. Catalogato.

Quando un meditante orientale respira, quando un tiratore scelto prende la mira, quando un campione di apnea si immerge, la loro mente vuota, la loro attenzione focalizzata, la percezione espansa. Il dialogo interno di chi ha un buon contatto tra la mente e il corpo un dialogo silenzioso. Perch il corpo ha un funzionamento pi semplice del suo sistema nervoso. Non fa rete nello stesso modo, non tiene in circolo informazioni inutili ruminandole di continuo, mantiene un assetto centrato, cerca e regola il proprio equilibrio con relativa facilit.

Il corpo pu insegnare alla mente a svuotarsi per cercare il suo centro. Rallentando i movimenti in contrasto con la velocit dei pensieri e delle immagini mentali, ad esempio. Constatando come le sensazioni e il prodotto fisico delle emozioni siano vissuti gestendo una classe di stimoli alla volta e poi lasciando che si riassorbano e scivolino via. Alla mente il corpo pu sembrare stupido, ma se ne applica con consapevolezza i modi, trasferendoli al regno del pensiero, riesce finalmente a trovare un bandolo nellinestricabile matassa delle voci che laffollano. Una
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voce alla volta, prego. Unemozione alla volta, avanti. E shhhhhh, silenzio voi altre.

Questa, forse, la formula del piacere. Che non solamente piacere tout court, cio unintensa emozione positiva. N, per opposizione, la semplice assenza di dolore. qualcosa di pi complesso e sottile: la possibilit per ogni emozione positiva e negativa di dispiegarsi senza ostacoli nel nostro sentire, fluendo liberamente fino a esaurirsi, lasciandoci arricchiti in ogni caso, e terribilmente liberi dai condizionamenti che invece ci vengono imposti quotidianamente dalla compresenza di decine di istanze emotive di segno opposto. Dolore e piacere, in questottica, non sono antitetici ma simili. Ugualmente nostri, forti, passeggeri.

La vita difficile, ok. E lo perch ci spinge a considerare in ogni momento che esiste anche il polo opposto. Noi non vorremmo vederlo, se le cose ci vanno gi bene. O non riusciamo a vederlo, se ci sembra che vada tutto male. Pi che sperperare energie nellimprobabile convivenza occasionale di modi differenti di sentire, pi che fare i vigili allincrocio di tutte le voci che ci popolano, investiamo impegno nel trovare il silenzio che le accomuna tutte. Capisco come sto ora, accetto che una
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condizione reale e realmente passeggera, non mi ci arpiono, la guardo passare e vado liberamente a quella successiva. questo percorso infinito di crescente consapevolezza, il piacere pi profondo. Insegnarci a relativizzare ogni condizione presente il pi grande regalo del dolore.

TEMA n. 5: quando il nostro affollato dialogo interno si placa e la mente ascolta il corpo, il silenzio che emerge permette alle emozioni di mostrarsi per ci che sono, una alla volta. Piacere e dolore arrivano a equivalersi profondamente. E gi accorgersene un nuovo, vero piacere.

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RIEPILOGO DEL CAPITOLO 1: TEMA n. 1: per capire quali sono le tue condizioni in uno specifico momento, chiediti: Come sto?, dopo aver contestualizzato la situazione rispondendo alle domande: Dove sono?, e Cosa sto facendo? TEMA n. 2: il dolore inevitabile e tutti, prima o poi, soffrono. Non opporti a questa naturale caratteristica della vita, anzi, quando la incontri, rilassati e osservala con neutralit. TEMA n. 3: dolore e paura del dolore sono cose diverse. La prima una sensazione, la seconda unemozione che pu influenzare laltra amplificandone gli effetti. Se ti rilassi e rinunci alla paura, provi meno dolore. TEMA n. 4: accogli il dolore come un ospite gradito o quanto meno non inatteso. Custodiscilo, osservalo e fallo esaurire con naturalezza mentre hai coscienza che non rappresenta tutto il tuo sentire ma solamente una parte. TEMA n. 5: quando il nostro affollato dialogo interno si placa e la mente ascolta il corpo, il silenzio che emerge permette alle emozioni di mostrarsi per ci che sono, una alla volta. Piacere e dolore arrivano a equivalersi profondamente. E gi accorgersene un nuovo, vero piacere.

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ALESSANDRO CALDERONI
Capitolo 1 estratto da:

PER FORTUNA VIVERE DIFFICILE

Affrontare il Dolore con Consapevolezza e Distacco per Trasformarlo in Occasione di Crescita


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