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Citt oltre la Citt

Pilia Emmanuele Jonathan Nel 1972, nel suo Histoire mondiale de l'architecture et de l'urbanisme modernes1, Michel Ragon compie un gesto teorico estremo per lepoca: inserire allinterno di un manuale di storia dellarchitettura moderna, un capitolo dedicato alle relazioni, che l'autore si auspica instaurarsi, tra Urbanistica e futurologia. Relegata dal nostro sistema culturale a mera speculazione, la futurologia era in realt gi da tempo entrata nel campo d'interesse delle neo-avanguardie architettoniche. Campo di cui possibile registrarne l'estensione solo oggi, avendo acquisito finalmente una giusta distanza critica che permette di osservare stratificazioni e diramazioni di rapporti ed eventi. A questo si aggiunge il carattere celebrativo della nostra decade, che ha guidato l'attenzione di critici e storici dell'architettura, ma anche di neofiti ed occasionali interessati, verso i campi interstiziali formati tra la disciplina architettonica ed il genere della fantascienza tout court. Tanto per fare degli esempi, gruppi come Superstudio (nel 2004 a Firenze e New York) o Archizoom (nel 2008 a Firenze e Parigi), oppure singoli autori come Paolo Soleri (nel 2005 a Roma e Torino) o Constant (nel 2008 a Parigi ed Amsterdam), sono stati recentemente oggetto di eventi e pubblicazioni di respiro internazionale, stimolando la ripresa di un dibattito in tale direzione, e facendo emergere un interesse diffuso verso le descrizioni di citt e dei suoi ambienti della letteratura e della cinematografia. Tali descrizioni infatti sono spesso riuscite ad esercitare sul pubblico quella forza e quella immediatezza emotiva che spesso i progetti visionari delle avanguardie architettoniche ed i prodotti dei mondi virtuali creati al computer, non possono raggiungere. Le ragioni della popolarit dei primi risiedono nelle diverse potenzialit possedute dal mezzo di comunicazione di massa rispetto a quello architettonico, che, anche quando si fa pi ardito, risulta sempre costretto a lasciare al tecnico il compito di immaginare la vita nei luoghi, e negli oggetti, descritti. Eppure, solo nelle varie trasposizioni di questi mondi ipotetici, immaginati da architetti definiti spesso come utopisti, che viene fatto vivere questo spazio urbano nell'immaginario: esso direttamente visibile, vero, tanto da stimolare spesso un profondo stato di suggestione, coinvolgimento, appartenenza ad un sistema di luoghi e simboli diversi da quelli offerti dal quotidiano. Essi quindi ci appaiono non meno familiari di quelli in cui viviamo: sono luoghi effettivamente progettati, la cui unica funzione quella di comunicare un proprio carattere, trasmettere un clima o un brand, assecondando gli attuali sconfinamenti del marketing nell'architettura. Non infatti un azzardo affiancare concettualmente un qualsiasi edificio promozionale, progettato e realizzato per rafforzare l'identit visiva dell'istituzione proprietaria del marchio, con uno stralcio urbano di un qualsiasi film di genere, dove le atmosfere, per poter essere tangibili, devono enfatizzarsi. Non c' da stupirsi quindi se quando Fred Freeman va ad illustrare la sua idea di Citt futura sotto una cupola geodetica nel 1959, utilizza un glossario ricco di riferimenti ad architetture tra le pi coraggiose del periodo: dal Padiglione Philips di Le Corbusier per l'Esposizione internazionale di Bruxelles del 1958, al terminal TWA dell'aereoporto internazionale John F. Kennedy a New York di Eero Saarinen, completato postumo nel 1962, Freeman si dimostra un attento osservatore del pi evoluto panorama architettonico. Persino la cupola che contiene e protegge la citt immaginata dall'illustratore americano non fa a meno di riferimenti architettonici, prendendo ampiamente spunto dalle ricerche sul settore che Richard Buckminster Fuller stava portando avanti da ormai anni. Fatalit della storia, il 1972 si presenta come un anno chiave per larchitettura contemporanea: il 16 Marzo dello stesso anno alle ore 15.00, labbattimento del complesso di Pruitt-Igoe voluto dai suoi stessi abitanti, progettati circa vent'anni prima dallarchitetto Yamasaki Minoru2 segna la fine di un modo di pensare larchitettura legata ad una distorsione delle utopie funzionaliste, per le quali l'uomo non era altro che un orpello, e cos la sua indole ed il suo immaginario. Lo stesso anno,
1 In Italia sar pubblicato in tre volumi solo due anni dopo, per Editori Riuniti, Roma, con il titolo Storia dell'architettura e dell'urbanistica moderne. 2 Un altro complesso progettato da Yamasaki, si prester, proprio al momento della sua distruzione, come evento catalizzante di riflessioni sul destino dell'architettura: le Twin Towers di New York.

proprio all'alba del trionfo della Societ dello spettacolo, Guy Debord scioglie formalmente l'Internazionale Situazionista, movimento che forse pi fra gli altri si era impegnato a ricercare strumenti di critica del contingente modo di pensare la citt e la vita che viene consumata all'interno di essa, elaborando metodologie di rilievo degli effetti precisi dellambiente geografico, disposto coscientemente o meno, che agisce direttamente sul comportamento affettivo degli individui (Debord 1956 in Lippolis 2002, p. 41). Non molto dopo, uno dei membri storici dell'Internazionale Situazionista3, Costant Nieuwenhuys, smetter di lavorare alla sua New Babylon, immensa citt tecnologica, virtualmente estesa all'intera terra emersa, ricca di ambienti per la vita sociale e di stimoli di ogni tipo, essa dovrebbe essere rinnovata e trasformata periodicamente da squadre di creatori specializzati che saranno dunque situazionisti di professione (Perniola 1998, pag 18. Citazione Costant in IS n III, pag 40). New Babylon, come qualsiasi altra citt situazionista, sarebbe stata realizzata naturalmente da tutta l'umanit creatrice riunita nello sforzo titanico di realizzare un nuovo mondo libero dalla schiavit della societ, spinta unicamente dal proprio istinto. La coincidenza temporale tra la fine dell'esperienza situazionista e l'abbattimento del complesso popolare di Pruitt-Igoe accompagnato da un altro importante evento editoriale legato al tema delle relazioni tra immaginario e citt: del 1972 infatti la prima edizione de Le citt invisibili di Italo Calvino per Einaudi. Le citt descritte dal Marco Polo di Calvino denunciano tutte in egual misura la volont di uscire fuori parametri meramente euclidei, i quali si fondano appunto su una visione dello spazio esclusivamente quantitativa, unica stada da percorrere per far vivere al Kublai Khan i luoghi visitati da Calvino. Da Calvino a Debord, il 1972 sembrava dare numerosi segnali di un cambiamento nei rapporti tra immaginario urbano e realt costruita. Del resto, lintero primo volume della Storia dellArchitettura e dell'Urbanistica Moderne di Ragon, non rappresenta altro che un sentiero attraverso il quale si scorge un progressivo, quanto inesorabile, allontanamento della pianificazione urbana dall'utilizzatore finale dei suoi prodotti. E questo a discapito dellaspetto delle citt, sempre pi abbruttite dalle necessit della speculazioni imposte dallallora emergente borghesia. Stiamo parlando ovviamente del passaggio dalla prima alla seconda rivoluzione industriale, di cui Charles Dickens ci ha reso un affresco encomiabile, ed a cui Ragon dedica gran parte del suo primo volume. Scorrendo le pagine di questo, facile notare come lautore ponga spesso laccento sul fatto che i veri protagonisti della prima stagione utopista moderna, coloro che hanno offerto soluzioni alla condizione allora contemporanea, quasi mai furono architetti. Anzi, spesso furono burocrati, sociologi, imprenditori o semplici pensatori, come per lappunto Dickens, ad impegnarsi a denunciare il disfacimento della societ e dell'urbe, cos come a proporre avveniristiche citt ideali. Dopotutto, lo stesso Michel Ragon non fu un architetto, ma un osservatore privilegiato dei fatti dellarchitettura. Osservatore che per non esit a sporcarsi le mani pi volte con l'architettura: egli fu infatti il fondatore del GROUP UTOPIE a Parigi nel 1967, sigla sotto cui si collocarono architetti fortemente sperimentatori come Yona Friedman, Claude Parent e lo stesso Costant, e che gi nel 1963 pubblica testi come O vivrons nous demain? e nel 1966 Les Cits de lavenir, contributi fondativi di unipotetica mai scritta storia delle utopie architettoniche. Storia delle utopie di cui la Storia dellarchitettura e dellurbanistica moderne di Ragon rappresenta una lucidissima anteprima, strumento indispensabile di chi in futuro vorr prendere in mano questa sfida. Senza condividere tutte le ipotesi degli sperimentatori avveniristi di ogni et, tenendo sempre a mente che alcune utopie conducono verso lingenua idolatria della macchina, o peggio ancora verso la tirannia, possibile accorgersi come le reali utopie perfettamente realizzabili, siano spesso proprio quelle auspicabili proiezioni dellimmaginario di cui qui si parlato. La futurologia citata da Ragon va a costituire quindi un mondo aperto a tutte le possibilit, velate da una continua autocritica: Contrariamente a quelle del passato, le utopie del presente sono quasi tutte immediatamente realizzabili; e solo la nostra societ bloccata ne impedisce la realizzazione (Ragon 1974, vol. III p. 247). Tesi degna di chi, affascinato dall'intuizione di una societ post-macchinista, sa bene che la ricerca che genera nuova ricerca, e che grazie ad improvvisi passi da gigante di questa, larchitettura
3 Anche se si dimetter presto dal suo ruolo dell'Internazionale Situazionista, Costant Nieuwenhuys fu tra i promotori di diverse attivit che precedette l'effettiva costituzione del gruppo capeggiato da Guy Debord.

e lurbanistica non possono che fare piccoli passi se la societ rimarr bloccata, incapace di immaginare. Bibliografia Calvino I., Le citt invisibili, Einaudi, Torino 1997; Lippolis L., Urbanismo Unitario. Un'antologia Situazionista, Testo & Immagine, Torino 2002; Perniola M., I Situazionisti, il movimento che ha profetizzato la societ dello spettacolo, Castelvecchi, Roma 1998; Ragon M., Storia dell'Architettura e dell'Urbanistica Moderne, Editori Riuniti, Roma 1974.

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