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La filosofia e la cura Per chi convinto che la filosofia tratti di complessi e fumosi problemi teorici, molto lontani dalla

a vita concreta delle persone, potr risultare sorprendente laffermazione che il prendersi cura di s e degli altri sia la pi filosofica delle attivit umane, anzi, in un certo senso lessenza stessa della filosofia. Dobbiamo a Pierre Hadot, docente presso il Collge de France, il merito di avere riproposto il significato esistenziale della filosofia; studiando i testi della filosofia antica infatti, Hadot si reso conto di come nellantichit i filosofi non si preoccupassero essenzialmente di costruire dei perfetti sistemi metafisici, ma di aiutare le persone a vivere meglio. (1) La filosofia serve alla vita Da questo punto di vista la storia della filosofia antica cambia radicalmente prospettiva; i testi dei filosofi rappresenterebbero uno stimolo, un aiuto per cambiare il proprio atteggiamento verso le cose, per vivere una conversione che porti le persone a considerare con maggiore consapevolezza la loro esistenza, evitando di consumarla in vuote preoccupazioni. Lo sforzo principale del filosofo sarebbe di dare valore allesistenza in quanto tale, e la meraviglia, che secondo Platone allorigine della filosofia, consisterebbe essenzialmente nella capacit di guardare il mondo con stupore per il solo il fatto che esso esiste. Per chiarire il senso di questa sentimento di meraviglia, Hadot cita spesso una frase di Seneca in cui si invita a guardare il mondo come se lo si vedesse per la prima volta; oppure una battuta del filosofo francese Montaigne in cui, a qualcuno che si lamenta perch in tutta la giornata non ha combinato niente di buono, viene detto: - Come, non hai fatto niente, ma hai vissuto! Non forse questa la pi nobile delle occupazioni!- La vita, il semplice fatto di essere al mondo appare qui un evento straordinario in quanto tale. Essere capaci di cogliere lo splendore dellesistenza al di l di tutte le difficolt e i dolori che siamo costretti a sopportare sarebbe quindi latteggiamento prettamente filosofico. La filosofia come cura di s Questo risultato per non si ottiene senza sforzo, la tendenza che percepiamo in noi e vediamo negli altri di non prestare sufficiente attenzione al fatto che esistiamo, ma di perderci in una fuga verso il passato o il futuro, consumandoci in rimpianti, recriminazioni, oppure in vuote attese; disperdendo cos il bene pi prezioso che possediamo: il tempo. Linsegnamento di molti dei filosofi antichi aveva come obiettivo di permettere alle persone di vivere la propria vita in modo pi consapevole e pieno, e per raggiungere questo risultato venivano proposti dei veri e propri esercizi spirituali. Il vocabolo evoca naturalmente quella serie di pratiche meditative che siamo abituati a considerare patrimonio della religione cristiana, ma il merito di Hadot stato di rendere chiaro che il cristianesimo ha ereditato queste pratiche dalla filosofia antica (2): sono stati i filosofi i primi a proporre alle persone di riflettere sulla loro giornata e di valutarla, di concentrarsi sul momento presente senza lasciarsi fuorviare rimpianto o dal desiderio, di pensare allimmensit del cosmo (ridimensionando cos le nostre preoccupazioni), di pensare che la morte ci attende tutti, e questo non per macerarsi nellangoscia, esito purtroppo spesso presente nella concezione cristiana di questo esercizio, ma per imparare a vivere pienamente e pi serenamente il presente. Dal punto di vista della filosofia, tutte queste attivit che aiutano le persone a vivere meglio, pi consapevoli di se stesse, sono un modo, anzi, il modo principale di prendersi cura di s. La vita cura Il filosofo che, nel novecento, ha maggiormente approfondito il significato della cura in relazione allesistenza umana stato Martin Heidegger, per lui lessere umano essenzialmene possibilit. In quanto uomini e donne, arriviamo nel mondo senza avere una configurazione gi definita della nostra esistenza, anzi la caratteristica che ci contraddistingue proprio che non abbiamo la nostra via gi tracciata ma dobbiamo porci il problema di cosa vogliamo diventare. Questo ci mette di fronte a due possibilit: possiamo accogliere il nostro poter essere pi proprio e volgerci a realizzare le possibilit

della nostra esistenza, oppure ricadere in una vita caratterizzata dallinautenticit, appiattendoci sulle richieste della societ in cui ci troviamo a vivere. Proprio da questo pensiero di Heidegger parte Luigina Mortari per le riflessioni contenute nel suo libro La pratica dellaver cura (3). Alla base del testo c lidea che prendersi cura di se stessi e del mondo il modo fondamentale in cui lessere umano si muove nella direzione della sua possibilit di essere pi propria. La Mortari analizza anche unaltra osservazione di Heidegger riguardo al duplice significato della parola cura: da una parte infatti cura significa preocupazione, affanno; dallaltra custodia, sollecitudine. Nel nostro riflettere sulla cura possiamo mettere laccento sul peso dellesistenza, sul fatto che anche soltanto restare al mondo implica curarsi di un mucchio di faccende, spesso noiose e per nulla attraenti; da questo punto di vista la cura essenzialmente preoccupazione e fatica, sia quella che dedichiamo a noi stessi per procacciarci lesistenza, sia quella che dedichiamo ai figli e ai genitori anziani o a persone che in vario modo ci sono affidate. Esiste per anche laltra faccia della cura, intesa come sollecitudine e come attenzione volta a dare spazio al proprio divenire possibile e a quello degli altri. Questo il campo in cui maggiormente il concetto di cura si avvicina a quello di educazione. Riportando il verbo educare alla sua radice latina, scopriamo che, oltre che istruire, esso significa anche alimentare, nutrire, curare. La qualit della nostra esistenza dipende in grande misura da quanto riusciamo a sviluppare le nostre capacit: abbiamo dunque bisogno di cura per poter crescere, migliorare e andare quindi nella direzione del nostro essere pi proprio. Aver bisogno di cura significa almeno tre cose: prendersi cura di se stessi; che altri si prendano cura di noi; e anche di prenderci noi cura di altri; questi tre aspetti della cura sono strettamente collegati. Curare se stessi e gli altri Prendersi cura di s naturalmente essenziale per potersi prendere cura degli altri: come sarebbe possibile infatti cercare di aiutare fornendo comprensione e aiuto se prima non abbiamo lavorato su di noi per diventare persone accettabilmente equilibrate, consapevoli dei nostri limiti e delle nostre qualit, capaci di comprendere le difficolt e gli errori dellaltro perch li abbiamo sperimentati in noi stessi e vi abbiamo riflettuto, capaci infine di sentire quando la nostra vicinanza diventa intrusione e il nostro intervento sopraffazione? Prima di occuparci degli altri dovremmo insomma sempre domandarci se stiamo occupando di noi stessi. Tuttavia difficile pensare la cura se ci limitiamo a immaginare un essere umano isolato che si interroga sulla propria esistenza; per comprendere a fondo il senso della cura perci necessario ampliare questa visione. Secondo lottica sistemica non esiste qualcuno che sta da solo completamente scollegato da chi gli sta intorno; non esiste un essere umano senza contatto con gli altri: essere sempre essere-con. Gli esseri umani quindi, proprio perch sono incompleti e hanno bisogno degli altri, non possono esistere senza cura: prima di tutto per il soddisfacimento dei loro bisogni primari, ma anche, e in misura altrettanto fondamentale, per i loro bisogni relazionali. A nostra volta, queste possibilit che si sono realizzate in noi grazie a chi ci stato vicino, possiamo metterle a disposizione di altri avendo cura di loro. Ma se nessuno di noi isolato, se tutti siamo parte di un sistema interrelato, evidente che prendersi cura degli altri vuol dire prendersi cura di s. Questa riflessione era gi presente nella filosofia antica, ce la ricorda Hadot nel suo libro La filosofia come modo di vivere (p. 147): - Non bisognerebbe dire: non ci si pu occupare degli altri senza occuparsi di se stessi, ma, al contrario, come dice Seneca Vivi per gli altri, se vuoi vivere per te-. Infatti, aggiunge Seneca, non si pu essere felici se si pensa solo a se stessi. vero che si potrebbe pensare che, per occuparsi degli altri, sia necessario anzitutto trasformare se stessi; ma questa trasformazione di s consiste appunto nellessere attenti agli altri-. La cura degli amici La cura, come elemento fondamentale dellesitenza umana, si declina in diverse azioni che la incardinano nelle maglie della nostra vita sociale e relazionale. Abbiamo gi parlato delleducazione

come attivit profondamente radicata nella cura, ma ci sono altri campi in cui essa gioca un ruolo essenziale; uno di questi lamicizia. Lamicizia infatti un rapporto tra persone caratterizzato dal volere ciascuno il bene dellaltro, con una reciprocit che esclude le sperequazioni. Essa richiede che vengano messi in atto comportamenti che rientrano a tutti gli effetti nel campo della cura: esercitare la benevolenza nei confronti dellamico, agire cio per il bene dellaltro senza secondi fini; essere solleciti ai bisogni dellaltro, dedicandogli tempo e praticando lattenzione e lascolto. La comunicazione tra amici poi caratterizzata da delicatezza, per non ferire inutilmente laltro, ma anche da fermezza, perch non sarebbe da amici nascondere una difficolt o una perplessit o non dire francamente quello che pensiamo sia rilevante per il bene dellaltro, anche a costo di dispiacergli. Anche la generosit fa parte della cura che dedichiamo agli amici, generosit che si manifesta sia nei momenti difficili fornendo aiuto e supporto, sia nei momenti di benessere, favorendo al massimo la promozione dessere dellaltro. La relazione infermieristica Un altro campo in cui la riflessione filosofica sulla cura estremamente rilevante quello infermieristico, che ci permette di prendere in considerazione una situazione piuttosto diversa da quella amicale; nel campo infermeristico infatti non esitono la reciprocit e la gratuit della cura che caratterizzano la relazione tra amici. Chi si occupa di cura professionalmente, e penso qui anche agli insegnanti, sempre di fronte al rischio di tradurre lazione di cura in un semplice occuparsi dellaltro, rispondendo, magari egregiamente, ad un mansionario o a dei protocolli. Nella riflessione che stiamo facendo per questo modo di interpretare la cura risulta insufficiente, la persona che ha bisogno non pu trovare appagamento nel fatto che qualcuno si rivolga a lui o a lei in modo essenzialmente tecnico, perch in questo modo si rischia di farlo sentire invisibile, di trasformarlo in un essere anonimo, privo delle caratteristiche che lo rendono unico e soprattutto tralasciando di vederlo come possibilit. In effetti tocchiamo qui un punto cruciale di qualsiasi relazione di cura professionale: la cura non pu consistere nellapplicazione anche corretta di procedure ad un caso, per il semplice fatto che le persone non sono casi, ma sono esseri che stanno al mondo per poter diventare il loro essere pi proprio; in qualunque situazione esistenziale una persona si trovi, che sia malato o che debba apprendere qualcosa, importante che ci si rivolga proprio a lui o a lei, prendendo in considerazione la sua specificit. Non si tratta solo di occuparsi di qualcuno, ma anche di preoccuparsi di qualcuno, di capire cio di che cosa questa persona particolare abbia effettivamente bisogno. In ogni situazione dellesistenza, le persone che sono attorno a noi, occupandosi e preoccupandosi per noi, possono aiutarci ad andare nella direzione dello sviluppo pi pieno del nostro essere. Per questo la cura non possibile se non sono presenti lattenzione, la capacit di ascoltare e lidea, propria della migliore tradizione filosofica, che veniamo al mondo per migliorare noi stessi e gli altri attraverso la cura. Hadot, Pierre, La filosofia come modo di vivere, Torino, Einaudi, 2008 Hadot, Pierre, Esercizi spirituali e filosofia antica, Torino, Einaudi, 2005 Mortari, Luigina, La pratica dellaver cura, Milano, Bruno Mondadori, 2006

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