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Direttore Luca Beltrami Gadola

Numero 33 Anno II
22 settembre 2010

edizione stampabile

www.arcipelagomilano.org Editoriale LBG - I COLPI DI CODA DELLA BALENA ROSSA Primo piano Guido Martinotti - GI LE MANI DALLE PRIMARIE Architettura Jacopo Gardella - DI PONTE IN PONTE DEGRADA LA CITT Metropoli Giovanna Franco Repellini - COSA BRUCIAMO PER FARCI SENTIRE ? Scuola e universit Giorgio Uberti - IL FUTURO IN UN QUIZ, STUDENTI A NUMERO CHIUSO Mobilit Marco Ponti -DECALOGO PER IL FUTURO SINDACO Urbanistica Pietro Cafiero - QUANDO LE PERIFERIE FANNO COMODO DallArcipelago - Eugenio Galli -LA BICICLETTA DEL SINDACO Economia - Mario De Gaspari - LA CITT IN FORMA DI BANCA Citt - Michel Dingenouts - I ROM E LE ANIME CANDIDE Video LE DOMANDE DI ARCIPELAGO AI CANDIDATI ALLE PRIMARIE

Musica Wind & Rain - Ballata scozzese Esecutori Paul & Kim Caudell Il magazine offre come sempre le sue rubriche MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo

Editoriale I COLPI DI CODA DELLA BALENA ROSSA LBG


I colpi di coda della balena rossa possono essere micidiali e gli spruzzi arrivano fino a Milano, remota provincia dellimpero. Gli elettori milanesi di centro sinistra sono come i pedoni della loro citt quando piove: fermi sui marciapiedi abituati con stoica fermezza ai villani che passando nelle pozzanghere li lavano da capo a piedi. E si fanno sempre le stesse domande: ma chi sono questi villani? Perch i tombini non portano via lacqua sporca? Cos come noi ci domandiamo: perch mai il dibattito per il Pd non sia mai interno ma cominci dalle pagine dei quotidiani o dai talkshow, tra laltro un vero affronto ai militanti iscritti che apprendono cos le notizie che li riguardano. Nessun rispetto per la cosiddetta base, semmai la conferma che il partito ormai diviso in famiglie che seguono il capo come i ciechi di Pieter Brueghel e ovviamente il dibattito uninutile liturgia. Che conseguenza avranno a Milano questi colpi di coda? Difficile dirlo cos come qualche tempo fa era difficile dire da che parte andassero e chi fossero i finiani milanesi. A complicare le cose ci arrivata da Roma questa vena tra goliardia e Littoriali delle Giovent che fa dire agli autonominati giovani che solo le loro gagliarde spalle possono sostenere le idee (vecchie e sempre quelle) del nuovo Pd. Tutti i discorsi che andiamo facendo diventeranno vani se si abbatter su di noi la sciagura dellabbinamento delle elezioni amministrative con le politiche anticipate che faranno arrivare su piazza i big nazionali a oscurare non solo i candidati locali ma a distrarre gli elettori dai problemi, gravi, della citt. Ma veniamo al sodo: sar grato a chiunque mi spieghi come si declinano rispetto ai problemi locali le differenze ideologiche tra rutelliani, bersaniani, dalemiani e non so chi altro ancora. Forse solo Vendola interpretabile in sede locale ma questo ovvio dato il livello amministrativo da cui proviene e probabilmente anche per quello che non gode di molte simpatie da parte di vecchi del Pd. Quanto poi alle primarie non servono gli schizzi romani: per sbagliare siamo capaci da soli. Lultima mossa, quella che doveva essere lo scacco matto, lindicazione ufficiale del candidato di partito Stefano Boeri- con relativa incoronazione di fronte al pubblico della Festa del PD, parso a molti pi un fatto interno la chiusura dei giochi (definitiva?) - che non unindicazione allelettorato di centro sinistra, soprattutto a quello che porta con s i famosi 20.000 voti che fanno la differenza tra leletto e lo sconfitto come sindaco a Milano. Anche qui i giovani dirigenti del partito hanno voluto dire la loro in pubblico e nelle dichiarazioni ai giornali. Era una buona occasione per tacere, per lasciar crescere la candidatura e farla camminare con le sue gambe in mezzo alla societ civile che oggi abbiamo ribattezzato cittadinanza attiva forse per logoramento e ambiguit della vecchia locuzione, ma si sa, i giovani sono irruenti, soprattutto a parole, e se le cose andranno male, tra qualche anno verranno a dirci: erano errori di giovent. Appunto.

Primo piano GI LE MANI DALLE PRIMARIE. Guido Martinotti


Cari amici e compagni, per la prima volta in anni, allelettorato milanese che si stancato della conduzione di destra della citt, particolarmente nella versione morattiana, viene offerta la straordinaria possibilit di scegliere liberamente un candidato alla carica di sindaco tra tre nomi eccellenti; prodotto di procedure e di proposta chiare e trasparenti: Stefano Boeri, Giuliano Pisapia e Valerio Onida. Se fosse possibile scegliere razionalmente tra questi candidati non solo in base alle simpatie personali, ma anche in base alla valutazione della sua capacit di vincere la competizione elettorale con la destra, non vi sarebbe alcun problema, ma proprio la qualit dei tre candidati a rendere necessario il ricorso al pi efficiente dei metodi irrazionali di scelta: il principio democratico del voto, consolidato da millenni di pratica. Nel nostro sistema questo tipo di voto si chiama primarie: un metodo importato dalla pratica americana e ha dato, in quel paese, complessivamente buona prova nel corso del tempo. In Italia stato adottato dai partiti di sinistra che hanno cos dato un contributo importante alle buone pratiche politiche (poche ahinoi!) del nostro paese, anche se poi si fatta molta retorica e anche qualche cattiva applicazione. Questa volta, invece, lelettorato milanese si trova di fronte a una reale competizione aperta e a vere primarie: una reale novit che deve interessare non solo il popolo della sinistra, ma tutto lelettorato milanese. Queste primarie assumono unimportanza strategica che va al di l del pure rilevante scopo di parte: se funzionano diventano uno strumento che pu contribuire a ridurre linquietante crepaccio che si aperto tra gli apparati dei partiti politici (nessuno escluso, nonostante la retorica delle gente) e la cittadinanza. Ma che significa funzionare? Intanto un primo risultato stato raggiunto, nelle ultime elezioni i partiti della sinistra hanno presentato, dopo logoranti negoziazioni interne, candidati dellultimo momento, spesso non molto entusiasmanti, a volte imbarazzanti, sempre perdenti. Il nuovo metodo garantir dunque che si sceglier un candidato vincente? Si spera, ma ovviamente non certo: siamo alla famosa prova del pudding di cui sapremo la bont solo dopo averlo mangiato. Credo che tutti (e non solo gli elettori di sinistra, ma tutti i cittadini interessati a ridurre il peso degli apparati politici, dovrebbero essere contenti di un risultato felice, ma forse chiedere troppo. Non chiedere troppo, per, esigere che gli apparati di partito locali, soprattutto dopo tante cattive prove, si astengano dal manipolare le primarie. Beninteso ci non vuol dire che il PD o altri partiti non debbano sostenere il candidato che ritengono migliore, ma sarebbe bene che si trattenessero dal targare troppo evidente-

mente un candidato alle primarie, sarebbe un grave errore di quelli che purtroppo le dirigenze di partito della sinistra negli ultimi anni hanno dimostrato di saper compiere a ripetizione, ma che oggi, in una situazione in cui si aprono delle reali possibilit di porre fine a un regime ideologico, da cattiva abitudine si trasformerebbe in peccato mortale. Purtroppo non si tratta di un timore astratto: il tentativo si gi mostrato nel pi miserabile dei modi quando nelle esequie, c chi ha tentato di trasformare la morte tragica del povero Riccardo Sarfatti, in un lasciapassare per una linea politica che pochi giorni prima il Sarfatti vivo non era riuscito a imporre. E il segno triste che la cosiddetta logica politica, nelle menti di qualcuno, ha raggiunto livelli inauditi di miserabilit intellettuale, umana e genuinamente politica, perch lopportunismo paranoico di parte che domina nelle transazioni partitiche oggi rifiutato da gran parte

dellelettorato che, non potendo incidere su queste perverse abitudini, rifiuta in blocco larea della democrazia politica. Attenti quindi. Oggi, con questi tre ottimi candidati, la sinistra pr una volta pu vincere, purch vinca la tentazione di dividersi come sempre, al ribasso. Ci sono modi e modi per fare le primarie: si possono fare delle primarie esclusive per dividere lelettorato di sinistra da parte di ogni tifoseria, concentrando lazione sul demolire gli altri concorrenti. Sarebbe un disastro perch poi il perdente o i perdenti resterebbero a casa o voterebbero altrove. Ma si possono anche fare primarie inclusive incentrate sul fare emergere in positivo le doti di ciascun candidato; alla fine ogni candidato ne uscirebbe comunque con unimmagine rafforzata e il vincitore sarebbe comunque invogliato a recuperare gli altri nella squadra, una squadra che avrebbe intanto ricevuto un insieme di giudizi positivi. Si pu

fare, non impossibile, purch tutti c impegniamo a non cadere nel gioco puerile dellammazzalamico e nello sparo nei garretti (propri) che ha dominato la politica del PD negli ultimi anni. Cerchiamo di crescere fuori da queste puerili regressioni e di aiutare i nostri amici politicos a non ricadere nellusuale curva sud parlamento mediatico. Sono moderatamente ottimista perch la mobilitazione anticipata dellelettorato che questa volta c stata ha evitato che gli apparati tirassero fuori il solito coniglio allultimo momento. Su pu fare, si pu davvero fare se gli apparati non manipoleranno le primarie e si impegneranno a seguirne il risultato. E una preghiera fatta da un singolo individuo, ma chi ha orecchie per sentire lopinione dei tanti che la sordit degli apparati relega al mutismo, non ci mette molto a capire che si tratta di una seria intimazione condivisa da molti: gi le mani dalle primarie.

Architettura DI PONTE IN PONTE DEGRADA LA CITT Jacopo Gardella


Sul Viale De Gasperi, che porta allinizio dellautostrada di Viale Certosa, in questi ultimi anni sono stati costruiti, uno vicino allaltro, tre ponti: due pedonali e uno automobilistico, tutti diversi fra loro e uno pi discutibile dellaltro; giacch rappresentano un desolante decrescendo di qualit estetica e di razionalit costruttiva. * Il primo ponte il pi serio e discreto: una passerella che collega le pendici del Monte Stella con il quartiere compreso fra Viale De Gasperi e Viale Certosa: una leggera struttura dallaspetto non offensivo, che tuttavia solleva un dubbio, perch una sua met si appoggia su piloni e laltra met sospesa a cavi di acciaio. Non sarebbe stato pi ordinato e unitario adottare una medesima soluzione statica? Non si sarebbe ottenuta una maggiore unit formale? * Il secondo ponte, gi meno felice, il sovrappasso automobilistico posto dietro al Tiro a Segno Nazionale: unenfatica e appariscente struttura in ferro, del tutto esagerata e invasiva, quando sarebbero bastate due alte travi metalliche a superare la distanza fra i due appoggi. Il sostegno del ponte , al contrario, risolto mediante due archi in ferro, ai quali sono collegati i tubolari di sostegno delle corsie stradali. Avendo voluto, per mero gusto dinsulsa originalit, porre i due archi in posizione inclinata rispetto al piano orizzontale della strada, si creano nella struttura inutili tensioni diagonali che ne complicano, senza ragione comprensibile, il sistema di sforzi interni, e ne rendono pi costosa la realizzazione. * Il terzo ponte la passerella che collega il nuovo giardino del Quartiere Portello con il Quartiere QT8. Qui la ricerca di originalit raggiunge il parossismo: irrita lincongruenza logica di elementi metallici dotati di dimensioni conformi a un uso strutturale, ma usati a semplice scopo decorativo. Enormi sproporzionati tubi in ferro si affiancano al piano di calpestio della passerella, allaltezza del parapetto; non hanno funzione portante, perch la struttura che sostiene la passerella si sviluppa tutta sotto il suo piano di calpestio; non rispondono a necessit di sicurezza perch ai lati della passerella corrono gi due parapetti in rete metallica; non sono accessori secondari n accidentali perch il loro ingombro tale e la loro dimensione cos grande da farli sembrare strutture portanti; inoltre la loro apparenza cos invadente da trasformarli nei principali elementi di attrazione visiva. Eppure linsensatezza di questi

elementi non si accontenta di imporre la loro ingombrante e inutile presenza, ma arriva anche a modellarli secondo pretenziose ed esotiche forme: a met lunghezza del ponte i grossi tubi di acciaio si drizzano in alto e si riuniscono in un vertice rialzato che ricorda gli angoli curvati nelle coperture di pagode cinesi. Il movimento dei grossi tubi convergenti avrebbe dovuto suggerire, nella mente del progettista, un tocco di leggerezza, un moto di eleganza: ricorda in realt limpacciato movimento di proboscidi sollevate da elefanti in un Circo Equestre. La tendenza ad abusare di un linguaggio tecnologico ormai diffusa e dominante nelle architetture di tutto

il mondo. Lo dimostra, anche qui a Milano, la pleonastica struttura del sovrappasso in Piazza Maggi, alla partenza dellautostrada per Genova. Ma nel caso della passerella del Quartiere QT8 si superata la deplorevole enfasi della struttura; e si arrivati, anzi precipitati, nella comicit delle forme; anzi nellignoranza progettuale; come si legge nelle infelici saldature dei grossi tubi di ferro da cui formata la struttura. Non occorre essere esperti di carpenteria metallica per sapere che la congiunzione di due tubi, non allineati ma ortogonali, crea notevoli difficolt costruttive, giacch richiede di far combaciare due sezioni curve contrapposte; la linea di saldatura risulta

inevitabilmente imprecisa, poco nitida, imperfetta. Tanto vero che i bravi progettisti evitano di accostare due elementi cilindrici perpendicolari fra loro, e di unirli direttamente luno allaltro, ma interpongono fra i due un terzo elemento, con funzione di raccordo, un distanziatore che aiuti a risolvere la difficolt esecutiva della saldatura. Non vi altro da aggiungere n da commentare scorrendo gli esempi, cos poco edificanti, delle infrastrutture urbane. Si spera che i criteri di una buona arte del costruire tornino presto a illuminare i futuri progettisti della nostra citt.

Metropoli COSA BRUCIAMO PER FARCI SENTIRE? Giovanna Franco Repellini


Un oscuro pastore, autonominatesi tale, di una altrettanto oscura provincia americana decide di bruciare dei Corani e diventa famoso in tutto il mondo, suscitando rivolte, trasformato in leader acclamato o nemico mortale. E unidea e forse una traccia anche noi per diventare famosi: possiamo pensare qualche di orrendo e sbalorditivo per portare limmagine un po appassita di Milano alla ribalta mondiale? Che cosa possiamo bruciare in piazza del Duomo per acquisire notoriet internazionale? I roghi di libri sono un dj vu e distinto mi verrebbe piuttosto voglia di incenerire cartelle esattoriali, multe e moduli ma non credo che la cosa farebbe scalpore, al massimo potrebbe suscitare un po di simpatie leghiste. Lidea del fal fa pensare alle vanit e bruciare arroganza, superbia, orgoglio, presunzione, invidia e altro simile mi farebbe molto piacere, ma porterebbe nel campo dei buoni sentimenti che non interessano a nessuno. Per diventare famosi dobbiamo andare pi pesanti, pi cattivi, funzionerebbe forse una bella pira autentica, come quelle dei vecchi tempi, magari con sopra una strega: una rom sarebbe perfetta. Non possiamo, LEuropa non ce lo permetterebbe, anche se sarebbe un bel colpo di scena e potremmo rubare le prime pagine non solo a Sarkozy ma anche ad Ahmadinejad e alle sue lapidazioni. Si potrebbe provare allora con un fuoco finto fatto con luci sofisticate oppure utilizzando una statua di cera, magari con la regia di Maurizio Cattelan. Ma sul rogo, chi ci pu andare? La faccenda diventa simbolica, occorre una donna significativa per la citt e temo di dover mettere per forza il nostro sindaco, Moratti Letizia, con i capelli al vento, un taiorino di Armani tutto strappato, borsetta Kelly di Hermes e scarpina in tinta mezzo tacco. Si potrebbe sciogliere lentamente tra la plebe osannante. Eccoci allora accusati di settarismo politico, di folclore localista incapace di superare le Alpi e forse neanche il Ticino. Tra fuochi e politica si potrebbe allora provare con un giudizio di Dio, un bel tappeto di carboni ardenti, dove Stefano Boeri, aspirante al trono milanese, con una passeggiata rovente dimostra di non mentire con false promesse alla cittadinanza. Santo cielo, roba da corsi aziendali, non farebbe nessuna figura. In realt per fare un vero scandalo bisogna toccare le religioni, soprattutto lIslam e i suoi usi e costumi. Una trentina di donne milanesi in burqa potrebbe bruciare un mucchio di vestitini, minigonne, bichini e altro prt--porter dichiarando che basta con la moda e che con il velo totale si sta meglio, pi libere di ingrassare venti chili e di uscire di casa con i bigodini. Mmm piuttosto autolesionista, non si sa mai che prenda piede. Che altro ci resta da bruciare in piazza del Duomo? Forse il Duomo stesso, ma pi che un evento sembrerebbe una disgrazia da compatire. Quel tale che nel trecento avanti Cristo aveva bruciato il tempio di Efeso per passare alla storia in realt non se lo ricorda nessuno. Forse occorre cercare in un altro campo, rinunciando al fuoco, ma non facile trovare qualche cosa dinteressante che sia veramente disgustoso e rivoltante tanto da conquistare la scena mondiale. Il Medio Evo ricco di fantasie e suggestioni e i comportamenti di quellepoca, sanguinolenti e ricchi di stravaganze, ci possono suggerire qualche cosa entrando magari nel campo delle performance artistiche con qualche proposta utile anche allarte pubblica. Marina Abramovich al Moma ha

passato settecento ore su una sedia del museo a fissare in silenzio il pubblico. Qualcuno, i politici sono sempre i preferiti ma chiunque si pu candidare, si potrebbe issare in una gabbia in cima a un palo e starsene l alla gogna un mesetto a guardare i passanti come autopunizione per i mali del mondo; pu andare bene an-

che una colonna con uno stilita: non farebbe gran scandalo per con il tempo (San Simeone ci rest trenta anni) potrebbe divenire oggetto di culto e fare miracoli contribuendo a portare in citt quei milioni di persone attese per lExpo. Aim tutto un troppo difficile da organizzare, non ci resta che proporre una bella statua

al posto di Vittorio Emanuele, eroe in disuso di ununit dItalia ormai obsoleta; ci vedremmo bene Gheddafi in resina sempre a cavallo color oro, per completamente nudo come Napoleone. Non ci resta che presentare domanda alla commissione monumenti che dar sicuramente una risposta veloce ed efficace.

Scuola e universit IL FUTURO IN UN QUIZ, STUDENTI A NUMERO CHIUSO Giorgio Uberti


Quale personaggio storico associato al Neoguelfismo? Quale avvenimento associato alla figura di Enrico IV umiliato a Canossa nel 1077? Riuscite a completare un verso del filosofo greco Stobeo? Queste sono alcune delle domande richieste per accedere ai corsi di Medicina e Chirurgia. Ogni anno, durante i primi giorni di Settembre, si ripete secondo un preciso cerimoniale, il calvario delle prove di ammissione alle Lauree a numero chiuso. Speranze, sogni, progetti messi in difficolt da un semplice quiz a risposta multipla. Strumento pi criticato che lodato a tal punto da scatenare vere e proprie battaglie legali da parte di associazioni o movimenti per contestarne lesito e a volte il contenuto delle stesse domande. Emblematico il caso del Dottor Massimo Citro, medico torinese, laureato da oltre venti anni che nel 2007 decise di sottoporsi al test dingresso alla facolt di medicina e venne bocciato, diede vita a un movimento contro il numero chiuso e scrisse il libro Vietato Studiare. Battaglia sempre aperta dunque, purtroppo solo per poche settimane allanno sulla bocca dellopinione pubblica, con linizio dellanno accademico il dibattito si sposta infatti nei tribunali dove molti ragazzi vengono purtroppo lasciati soli. A tale proposito ricordiamo il caso dellAvvocato romano Michele Bonetti, che da diversi anni mette a disposizione il suo studio legale allUnione degli Universitari per attivit di consulenza per cause contro le decisioni degli atenei. Un mondo in movimento dunque composto non solo da studenti ma anche da professori, professionisti e politici. Sul tema abbiamo intervistato Alessandra Gatti e Filippo Barberis, i referenti provinciali delluniversit rispettivamente per i Giovani Democratici e per il Partito Democratico. <<Il test dingresso diventa necessario prevalentemente per evidenti carenze strutturali. Ci confessa Alessandra - Non di per se unesigenza naturale ma causata da uno scarso investimento sullUniversit. Non solo; i professori e lo stesso personale non sono in grado di coprire tutte le esigenze. Il problema riguarda la modalit di selezione allingresso. Finch non sinvestir in modo adeguato i test dingresso restano necessari>>. Immediata la replica di Filippo: <<Il numero chiuso certamente uno strumento impopolare ma in molti casi inevitabile per mantenere un rapporto sostenibile tra studenti, strutture, professori e risorse degli atenei>>. Sembra quindi evidente che occorre dare a tutti gli studenti la possibilit di confrontarsi con i diversi percorsi di studio senza secche barriere allingresso. Filippo Barberis continua: <<Considero giusto anche mettere a disposizione degli studenti percorsi di autovalutazione, da avviarsi nellanno precedente allimmatricolazione, che conducano a test dingresso o a esami preliminari su quelle materie in cui occorre colmare lacune per frequentare il corso di laurea cui si aspira. Cos facendo si costruisce un sistema si selezione pi morbido e in grado si orientare meglio gli studenti. Utile osservare in questa prospettiva le procedure di accesso utilizzate dal Politecnico di Milano>>. Diverse sono le modalit assunte in altri paesi europei. In Francia per medicina viene effettuato un concorso dopo il primo anno di frequenza dei corsi, in Germania si stanno facendo graduali passi indietro introducendo altri criteri selettivi come il voto di maturit. Filippo ci spiega: <<Ricordo che lItalia in fondo alla classifica dei paesi europei per numero di laureati con il 19% rispetto alla media OCSE del 33%. La vera sfida dunque non sta nel restringere in maniera indiscriminata le maglie daccesso, ma nel creare un sistema in grado di dare strumenti di autovalutazione chiari agli studenti che intendono intraprendere un corso di laurea, di migliorare e valutare ripetutamente forma e contenuti dei test, di selezionare in itinere senza frenare la mobilit sociale e tenendo alta lattenzione sulla qualit dei percorsi formativi, il valore non legale del titolo di studio e la sostenibilit finanziaria e strutturale degli atenei. Una sfida certo non semplice ma che va affrontata nel contesto di una complessiva riforma del sistema universitario>>. Inadeguatezza del test dingresso rispetto al suo reale utilizzo, impoverimento dei corsi di laurea cosiddetti di ripiego, alimentazione del sistema baronale, sono alcuni degli effetti collaterali di questa modalit di selezione. Chiediamo approfondimenti ad Alessandra Gatti: <<Possiamo affermare che questo sistema non in grado di valutare la motivazione personale. Liscrizione a una facolt si-

mile, in caso di fallimento, un fenomeno diffuso; in attesa della possibilit di ritentare il test lanno successivo. Questo, oltre a dimostrare il fallimento del sistema, crea inevitabilmente corsi di laurea di serie A e corsi di serie B. Per quanto riguarda lalimentazione del sistema baronale possiamo affermare tranquillamente che i quiz a crocette non aiutano a combatterlo, per la loro facilit di suggerimento o di copia rendono difficile stabilire un criterio totalmente neutro di selezione, questo senza prendere in considerazione la parte

delle correzioni. Con un colloquio sarebbe pi difficile favorire un determinato candidato. Vero che buoni docenti fanno una buona universit e una migliore selezione va a favore di un buon sistema universitario>>. Quello che manca allora una riforma ma possibile ipotizzare di modificare la scuola superiore prima di mettere mano al complesso sistema universitario? <<Il nostro un buon sistema scolastico. Spiega Alessandra - Prepara bene dal punto di vista delle materie umanistiche. Una riforma dovrebbe essere in grado di

dare pi importanza alle materie tecniche. Bisogna intanto sradicare lidea che esistano scuole di serie B. Le esigenze degli istituti tecnici sono diversi rispetto ai licei. In Italia ci siamo dimenticati dellinternazionalizzazione. Questo manca rispetto agli altri licei dEuropa, ci mancano le materie pi internazionali come le lingue, le moderne scienze politiche o una preparazione giuridica economica di base, materie che si arriva a studiare purtroppo solo alluniversit>>.

Mobilit MOBILIT: DECALOGO PER IL FUTURO SINDACO Marco Ponti


Una premessa: i problemi del traffico sono gravi nelle citt dense di tutto il mondo, e parzialmente irrisolvibili, perch unautomobile meglio di un autobus, e tutti preferirebbero andare in automobile e trovar facilmente parcheggio. Da qui lo squilibrio strutturale tra domanda e offerta. Ci detto, proviamo uneroica semplificazione, che parte dallassunto che meglio per tutti se, rispetto a oggi, ci sono meno auto, meno inquinamento, e migliori trasporti collettivi (una banalit nelle aree dense come il comune di Milanodiverse le politiche per aree meno dense). 1. Non occorre estendere lecopass, meglio un park-pricing mirato e generalizzato. Lecopass stata uniniziativa non sbagliata in linea di principio, ma limitata nello spazio (come se solo il centro fosse un problema), destinata a perdere di efficacia nel tempo, e per la quale cerano alternative pi semplici e pi eque. Lalternativa banalissima: far rispettare i divieti di sosta che ci sono gi, ed estendere le soste a pagamento. Attualmente un quarto delle auto sono stabilmente in soste vietata, e gran parte di queste viene da fuori Milano. Le soste in seconda fila sono la norma. I parcheggi a pagamento pochissimi. Questi provvedimenti da soli avrebbero gli stessi effetti di estendere lecopass, e in pi darebbero limportantissimo segnale che le norme non sono solo per i fessi. Luso dei trasporti collettivi aumenterebbe. 2. Si pu obiettare: non ci sono soldi, come si fa ad aumentare i trasporti collettivi? La risposta semplice: sussidiare chi ha davvero bisogno, non i ricchi. Perch sussidiare studenti e pensionati ricchi? A Milano sono molti. Se i soldi sono scarsi, gli automobilisti difficilmente prendono i trasporti pubblici a motivo delle basse tariffe, occorre differenziarle in base al reddito, dando abbonamento gratuiti o super-scontati solo alle categorie che ne hanno davvero bisogno (a Milano ci sono tariffe tra le pi basse dEuropa). In questo modo si generano risorse o per pi trasporti o per un maggior numero di abbonamenti gratuiti. Non si pu dimenticare che gli operai dellhinterland, che viaggiano in macchina, sussidiano con le tasse sulla benzina gli impiegati che lavorano nel centro di Milano, che possono usare unampia rete di trasporti pubblici ipersussidiati. 3. Proteggere gli utenti, non i monopoli, per abbassare costi e tariffe e dare pi trasporti (SEA, ATM, Taxi, FS/Nord, MM). Questo non vuol dire affatto privatizzare, ma mettere in gara i servizi e le gestioni. La giunta liberale di Milano non si mai sognata di farlo. Il bando della gara per affidare i servizi di ATM stata scritta, senza vergogna alcuna, in modo che si presentasse un concorrente solo, ATM. Si potrebbe risparmiare un sacco di preziosi soldi pubblici. Abbiamo, insieme alle tariffe pi basse, i costi di produzione del servizio tra i pi alti dEuropa. Cio si massimizzato il deficit, e poi si piange che non ci sono soldi. Considerazioni del tutto analoghe valgono per le altre realt citate, ma qui non c spazio per entrare in dettagli. 4. Ottimizzare luso dello scarso spazio stradale: arredo urbano, sosta delineata, piste ciclabili, pedonalizzazioni. Questa forse la pi importante e la meno nota delle strategie da raccomandare: per i problemi del traffico, la soluzione spesso nei dettagli. Per esempio, una rigorosa delimitazione delle corsie di marcia con la segnaletica orizzontale (= un po di vernice bianca), pu aumentare di molto la capacit della rete esistente. Questa capacit infatti dipende in buona misura dal numero di veicoli che riescono a defluire a ogni ciclo semaforico: se ai semafori sono allineati in doppia corsia, ne defluiscono il dop-

pio che se non sono in ununica fila. A sua volta, queste condizioni sono ottenibili solo con labbinamento di una precisa segnaletica orizzontale e sanzioni credibili e rigorose per che non la osserva (basta con Milano capitale europea della sosta in doppia fila, come lha definita lEconomist). Analoghe osservazioni valgono per molte simili soluzioni di dettaglio, riguardanti le aree di sosta ecc. Anche qui, non c spazio per entrare in merito ad ogni singolo provvedimento possibile, ma valga per tutti la frase di Mies Van der Roe: Il diavolo nei dettagli, anche in termini di immagine di una citt moderna ed ordinata: meglio Stoccolma che il Cairo (con tutto il rispetto per questultima.). 5. Corsie riservate pi efficaci. Le corsie riservate ai soli taxi e mezzi pubblici sono un atroce spreco di una risorsa scarsissima: lo spazio viario urbano. Oggi vediamo automobili in coda, che emettono molti veleni con una marcia stop and go, a fianco di corsie deserte, dove passano dieci veicoli allora. Occorre intensificarne luso, e solo allora si potr estenderle. Luso estendibile a veicoli a basso o nullo impatto ambientale, a veicoli con tre o pi parsone a bordo, ad anche a veicoli a pagamento (il telepass una tecnologia del tutto matura). Pagando sintende, chi ha fretta deve poter correre, finanziando con i ricavi il trasporto collettivo. 6. Pi tecnologie che cemento: targa elettronica, punti di rifornimento per veicoli elettrici, pneumatici e asfalti che emettono meno particolati. La tecnologia costa molto meno del

cemento, pi flessibile, e genera maggiori ricadute industriali. Nei trasporti unalternativa rilevante alle grandi opere. Per i trasporti urbani, c solo limbarazzo della scelta: targhe elettroniche distribuite gratuitamente (costano ormai meno di un Euro luna), che consentano di dialogare con gli automobilisti (informazioni ecc.), e di rilevare in automatico le infrazioni e il traffico. Prese ai distributori per rifornire veicoli elettrici o ibridi, o scorte di batterie da sostituire (in accordo con lindustria automobilistica). Meccanismi dincentivazione di tecnologie che abbattano le emissioni di particolato da rotolamento (pneumatici e asfalti). 7. Metropolitane: solo in relazione allo sviluppo urbano, e con soldi non predefiniti da Roma. Le metropolitane costano carissime, e non ha senso che si dipenda da regali romani (politicamente connotati). A parit di spesa, lamministrazione milanese deve poter scegliere liberamente tecnologie e priorit. Per giustificare una metropolitana nuova, occorre inoltre che il traffico previsto sia davvero grandissimo, ci possibile solo con insediamenti molto massicci di residenze o funzioni attrattive sulla linea. Sono scelte quindi strettamente connesse al piano di sviluppo della citt. 8. Occuparsi anche di strade: met dei milanesi continuer ad andare in macchina. Per quanto possa avere successo una politica di incremento delluso dei mezzi pubblici, una met dei milanesi (contando anche i pendolari in uscita, che devono usare la

macchina) continuer a doversi servire dei mezzi privati. Le auto che si muovono a singhiozzo (stop and go) generano il massimo di inquinamento, a parte la perdita di preziosissimo tempo. Occorre quindi anche migliorare la viabilit, anche per svincolare o servire i mezzi pubblici di superficie, ma certo non solo per quello. 9. Numeri trasparenti, soldi in chiaro, e risultati misurabili. I progetti devono essere valutati da soggetti terzi, con metodi omogenei che li rendano confrontabili, e discussi con i cittadini sulla base di quei numeri. Anche la dimensione sociale della mobilit deve essere basata su numeri: chi sussidia chi (spesso i poveri sussidiano i ricchi), chi si muove, e come si muove, ecc. Analisi ex-post di progetti e politiche, anche queste fatte da soggetti terzi. Lo scandalo del bus ATM a chiamata, in servizio da quasi un decennio, che costato ai milanesi 130 per ogni passeggero trasportato, senza che nessuno fiatasse, non deve ripetersi. Basta chiedere alloste se il vino buono. 10. Una visione non solo milanocentrica.

Milano genera e attrae moltissimo traffico, con tutti i modi di trasporto. Arroccarsi alla difesa di chi vota a Milano, pur comprensibile, sembra un atteggiamento poco lungimirante. Quindi occorre dialogare con gli altri livelli amministrativi e le altre realt geografiche per integrare per quanto possibile le politiche.

Urbanistica QUANDO LE PERIFERIE FANNO COMODO. Pietro Cafiero


Periferia: dal greco peri e pherein, letteralmente portare intorno, quindi quello che sta intorno. Nel caso specifico intorno alla citt. Immancabili, come le tasse e le suocere che telefonano allora di cena, tornano di moda, nelle calde giornate di agosto quando le notizie serie scarseggiano come il fresco o quando la tenzone elettorale si avvicina, le periferie. Per gran parte dellanno rimangono l, sullo sfondo tremolante e giallognolo della cappa di smog, poi dun tratto si accende un campanello ed ecco che dalla maggioranza allopposizione, dagli urbanisti ai sociologi, tutti si ricordano che le nostre grandi (?) citt hanno il problema delle periferie. Tema caldo, dicevamo, da campagna elettorale. Ma non solo. Questa volta

ha cominciato Alemanno, il sindaco di Roma, in trasferta a Cortina: necessario avere il coraggio di dare nuova dignit urbanistica alle periferie, intervenendo anche con unoperazione di demolizione e ricostruzione''. Il riferimento al quartiere di Tor Bella Monaca. A Milano Letizia Moratti rilancia: Ci sono situazioni che potrebbero richiedere interventi di questo tipo, le stiamo esaminando con gli assessori competenti. E intanto al Giambellino il Cerutti Gino di gaberiana memoria fa gli scongiuri.Ha chiosato il tutto Sandro Bondi, parlando delle periferie senza volto e anima che generano disagio sociale e povert per le quali bisogna avviare una grande politica nazionale di recupero. Armiamoci e partite. Il rischio di dire banalit parlando di questo tema forte e non vi si sottrae nemmeno Stefano Boeri, che, svestiti i panni troppo intellettuali dellarchitetto e indossati quelli del politico candidato sindaco ha ricordato che: imbarazzante che una citt come Milano che ha meno di 1,5 milioni di persone abbia perso il polso della vita dei cittadini. impensabile che esistano diritti basilari non riconosciuti, che chi ha il coraggio di denunciare lillegalit rischi, che le scuole chiudano. E ancora: Dobbiamo ribaltare il modo in cui stata governata questa citt: in questi anni l'amministrazione ha perso il polso della vita dei cittadini. Il sindaco Moratti ha perso di vista quello che succedeva nei quartieri. Non ci sinventa sindaco in cinque mesi, i cittadini non sono scemi, n vogliono farsi prendere in giro (che in greco si dice peripherein- che coincidenza! ndr). Non voglio fare una campagna sui rancori, il mio stile un altro, io nelle periferie ci vado da sempre e non ho bisogno di tornarci a poche settimane dalla campagna elettorale. In un incontro con Chiamparino poi spiega limportanza del rapporto con le periferie e il territorio agricolo, pi o meno abbandonato, che le circonda. E qui ini-

ziamo a capire perch il Cerba si trova in pieno Parco Sud. Anche Pisapia non le manda a dire: La cosa pi grave che non c pi nessun rapporto tra periferia e Comune. E dal Comune come si difendono? Il sindaco, a seguirne le rocambolesche avventure su Teleletizia, passa pi tempo nei mercati e tra i dipendenti ATM, che a Palazzo Marino. De Corato ribadisce che non ha tempo per le chiacchiere, lui deve governare. Ogni commento mi pare superfluo. Non voglio sottrarmi al rischio di banalizzare, ma prover a ribaltare la questione. In un mio precedente articolo intitolato Mitologia del Degrado sostenevo che i fenomeni di degrado non sono necessariamente tipici delle periferie, dove al contrario si realizzano gli interventi pi interessanti di riqualificazione urbana, partendo dalle aree dismesse delle grandi industrie. E poi non tutte le periferie sono il regno dei palazzoni e delle case popolari. Milano Due, Santa Giulia, la nuova Milano Fiori sono esempi in parte antitetici di come si possa vivere in luoghi esterni alla citt, ma non per questo marginali. Sono consapevole che a citare Santa Giulia si entra in un terreno piuttosto scivoloso, ma va detto che lidea iniziale era interessante. Ci sono una retorica e una mitologia urbana che dipingono i quartieri del Giambellino, della Barona e di Quarto Oggiaro come zone malfamate, male abitate e a rischio di criminalit. Ganni Biondillo, architetto e giallista milanese cos parla del suo Quarto Oggiaro: Un quartiere ghetto ma non per la qualit della vita, ma perch prigioniero di pregiudizi e di clich. un quartiere che molto cambiato: se avessi una figlia adolescente sarei pi tranquillo se la sera uscisse a Quarto Oggiaro piuttosto che a Corso Como, strada centralissima ma ormai completamente in balia dello spaccio di cocaina. Molti milanesi potrebbero scoprire che proprio tra queste strade si vive in unaltra dimensione: ci si conosce tutti, come in

un paese, ma in pi si hanno i vantaggi della metropoli. Certo la carenza dei servizi sembra maggiore rispetto alle zone pi centrali della citt, ma il teorema delle periferie degradate non convince fino in fondo. Dice lurbanista Marcello Vittorini: Il vecchio discorso sullantitesi fra citt e periferia che identifica nella periferia tutto ci che marginale rispetto alla citt non regge pi: da un lato perch labitante delle periferie non pi un emarginato, ma rivendica la dignit del suo status di cittadino; dallaltro lato perch statisticamente la periferia, che prima rappresentava una piccola parte della citt e si riduceva in borghi extra moenia, oggi rappresenta la maggior parte del sistema insediativo. Sullo stesso piano larchitetto Alberto Prina: un concetto vecchio quello di avere citt che hanno un centro e una periferia: le citt nella loro prefigurazione urbanistica futura dovranno essere policentriche Non esiste una periferia e un centro, ma ci sono diversi centri, con immagini, identit e specializzazioni diverse. Inoltre in una realt come quella milanese diventa difficile stabilire cosa periferia e quali sono i suoi confini. Soprattutto nel nord Milano dove non c soluzione di continuit tra gli urbanizzati del capoluogo e quelli dei comuni contermini. Dove finisce la periferia di Milano e comincia il centro di Sesto San Giovanni? Alla citt metropolitana se mai verr realizzata- lardua risposta. E anche i sociologi la pensano allo stesso modo. In buona sostanza sinizia a sostenere che la periferia intesa in senso urbanistico, come costruzione esterna alla citt, e la periferia sociale intesa in termini di marginalit sociale che pu essere estesa allesterno o diffusa nei centri, appaiono talvolta collocate in aree non coincidenti. Detto questo non si pu ignorare il fatto che in quei luoghi geografici che siamo soliti definire periferie vi siano problemi, ma tendono a essere

sempre pi gli stessi problemi che attanagliano il resto della citt. Mancanza di servizi, traffico, il tema del-

la sicurezza, riguardano Lambrate come Piazza della Repubblica, Niguarda come la zona Fiera.

Problemi e questioni che vanno affrontati in modo complessivo e non attraverso slogan preelettorali.

DallArcipelago LA BICICLETTA DEL SINDACO Eugenio Galli


Con lavvio del dibattito sulle elezioni del prossimo sindaco di Milano ci si chiede, ancora una volta, quale sar la considerazione, in termini di priorit e contenuti, del ruolo della ciclabilit per la nostra citt. Milano ha avuto negli ultimi lustri vari sindaci: Pillitteri, Borghini, Formentini, Albertini, Moratti. Persone, sensibilit, culture, orientamenti e provenienze diverse che per, sulla mobilit ciclistica, hanno prodotto uno zero virgola, nei casi migliori, relegandone lo sviluppo ai margini e cos contribuendo di fatto ad aumentare la distanza che ci separa dalle altre citt europee. Per cercare tracce di qualcosa che abbia un senso compiuto, bisogna probabilmente risalire a Carlo Tognoli, che ha governato la nostra citt per un decennio, fino al 1986: politicamente, unaltra era geologica. Non servono nuove promesse: gli impegni sono importanti prima, nei programmi che possono orientare le scelte degli elettori. Ma poi contano le azioni e le realizzazioni, non gli spot. Perch attese continuamente tradite provocano solo disaffezione e senso di estraneit. Se da Copenhagen a Berlino, da Amsterdam a Monaco, da Siviglia a Bordeaux, da Strasburgo a Vienna, citt piccole, medie e grandi, addirittura megalopoli (New York, Bogot, Mexico City) hanno intrapreso con coraggio e coerenza lo sviluppo della mobilit sostenibile e considerano la bici sempre una risorsa strategica e non un accessorio o un adempimento burocratico, a Milano prevalsa invece una logica da campagna elettorale, fatta di annunci reiterati, con impegni discontinui, mancanti di una visione strategica, talvolta persino di competenze. E con una concezione spesso marcatamente autoreferenziale. Non sar un ottimismo di maniera a rendere Milano davvero amica della bicicletta. Serve molto lavoro, umilt, capacit di ascolto, volont di dialogo, concretezza, pragmatismo. Conta un processo, assai pi di un progetto. Ed necessario saper guardare alle migliori esperienze, adattandole alla propria realt. Al sindaco tocca sferzare la macchina comunale nella giusta direzione: per questo sarebbe un fatto nuovo e positivo se il prossimo primo cittadino fosse anche ciclista quotidiano. Potrebbe cos pi facilmente sintonizzarsi su questi annosi problemi, comprendendo i bisogni e le potenzialit di Milano. Occorre pensare alla bici come a una risorsa strategica, non come a un nice-to-have, un accessorio magari griffato, di cui per si pu anche fare a meno se altre priorit lo richiedono. Se vogliamo una citt vivibile e sostenibile, la bici non parte del problema, bens della soluzione. Da questo nodo, infatti, passano non solo i temi dellambiente e della salute, ma anche molte scelte relative alla citt e allarea metropolitana, al suo sviluppo urbanistico attuale e futuro, allassetto della mobilit e dei trasporti, fino ai grandi temi del contenimento dei consumi energetici e dei mutamenti climatici. Tutto ci vale chiunque sar il sindaco scelto dagli elettori, perch, come ricordava spesso Luigi Riccardi, La bici non di destra n di sinistra, ma un mezzo per muoversi. La bici non consuma e non produce emissioni, non ingombra e non fa rumore: un mezzo ecologico per definizione e ad alta efficienza energetica. La sua pratica quotidiana, piacevole e accessibile a chiunque, giova alla salute e allumore, oltre a migliorare il traffico e l'ambiente. Per non dire del risparmio di tempo e di denaro: la bici un mezzo semplice, veloce e conveniente. Occorre dunque rendere Milano interamente fruibile alla bici, per tutti, in condizioni di sicurezza. La mobilit ciclistica ha molti ingredienti, tutti variamente importanti. Qui li possiamo solo sommariamente elencare. Cos occorre lavorare sulla mobilit (moderazione del traffico, piste e corsie ciclabili, marciapiedi e sensi unici, segnaletica); sulla sosta; sullintermodalit con il trasporto pubblico; sulla sicurezza (security e safety; manutenzione; campagne info-formative; educazione stradale e cultura della sicurezza; marchiatura antifurto); sui servizi (bike sharing, velostazioni, parcheggi custoditi, infopoint, cartografia, pubblicazioni, mobility management). La bici, come si vede, non sidentifica con le sole piste ciclabili, ma investe uno spettro dinterventi e competenze assai pi ampio e variegato. E la qualit degli interventi non conta meno della loro quantit: fare, e fare bene. Tuttavia, non alimentiamo illusioni: senza una volont politica forte e chiara il cambiamento non avverr. La politica servizio: ha un senso se serve ai cittadini, allinteresse generale. Se i tempi e i temi della politica non sono allineati con quelli della vita, il rischio di non produrre risposte utili e di non poter dare neppure un senso allimpegno civico. Ognuno deve assumersi le proprie responsabilit.

Economia LA CITT IN FORMA DI BANCA Mario De Gaspari


Da quando i documenti di programmazione territoriale hanno cessato di essere strumenti urbanistici e sono diventati strumenti di carattere economico-finanziario, andrebbero valutati, appunto, con criteri economici pi che sotto il profilo del disegno urbano che sottendono. Il quale, tra laltro, sempre pi oscuro e nel suo compimento comunque sar molto differente dalle previsioni originarie. Questo non suona troppo bene per la citt, ma fuor di dubbio che la finanziarizzazione delle operazioni immobiliari porta con s levanescenza dei tempi di realizzazione degli interventi e il loro adeguamento alle molteplici derive congiunturali. In ogni caso gli effetti economici degli strumenti di programmazione sono immediatamente effetti sociali e quindi largomento tuttaltro che privo di interesse per le organizzazioni politiche e per i cittadini, anche se il tradizionale dibattito urbanistico finisce necessariamente fuori gioco. Del resto il lessico che struttura la letteratura degli strumenti di governo del territorio non lascia dubbi. Borsa (dei diritti edificatori); perequazioni (degli interessi immobiliari); concertazione (con i possessori dei beni immobiliari); valorizzazione (degli asset e dei patrimoni immobiliari). E cos via. Non necessariamente un male che sia cos: potrebbe essere loccasione per unoperazione di disvelamento culturale, per chiudere definitivamente con lipocrisia che ha sempre accompagnato le grandi vicende riguardanti la destinazione dei terreni. In fondo sempre stato cos, le partite contabili del comune e quelle degli operatori immobiliari e finanziari non hanno quasi niente in comune, sono del tutto incommensurabili: che ricaduta ha avuto sul comune di Sesto la valorizzazione delle aree Falck dal 2000 a oggi? Stiamo parlando di una crescita del 230% senza che sia stato posato un solo mattone! Oppure, che beneficio trarr il comune di Milano dallo scatto in borsa del fondo immobiliare Aedes a seguito degli accordi, tra il gruppo e il comune stesso, per le aree di via Rubattino? O ancora, i terreni expo, ceduti allente fiera per 130 milioni, ma che gi si prevede varranno oltre 1000 milioni il giorno in cui andranno allasta, cosa stanno portando in termini sociali alla citt? La produzione di valore attraverso i terreni riguarda tutte le fasi dello sviluppo immobiliare, ma il comune in questi processi una specie di trader passivo, nel senso che, mentre le sue decisioni producono oggettivamente valore, il comune stesso ha solo spese e nessun vantaggio. I beni immobiliari, i terreni, infatti, sono diventati asset, beni liquidi spesso dispersi dentro grandi fondi immobiliari, a propriet indivisa, dove le quote societarie sono del tutto svincolate dai singoli beni. Quindi la realizzazione edificatoria, latto produttivo che in definitiva porter qualcosa di tangibile, buono o cattivo, alla citt e qualche soldo nelle casse del comune solo un momento, necessario ma non urgente, inerente lintera operazione. E qui, per, non si pu dire che sia stato sempre cos. Il primo fondo immobiliare chiuso in Italia del 1994, ma da allora questi strumenti si sono moltiplicati, per numero e tipologia. In particolare sono cresciuti i fondi immobiliari speculativi. E parallelamente cresciuta la presenza degli istituti di credito nel settore immobiliare, talch le banche possono ormai essere considerate il vero immobiliare collettivo del paese. La riforma bancaria degli anni trenta resec la mostruosa fratellanza siamese tra banche e industria. Oggi tra gli analisti economici sono sempre pi coloro che sostengono che occorrerebbe una riforma capace di separare banche commerciali e banche daffari, capitali di rischio e capitali commerciali: in questo modo anche il settore delle costruzioni sarebbe indotto a confrontarsi col mercato reale, con le moderne esigenze dellabitare e del produrre. Il dibattito sulla citt dovrebbe azzerarsi e ripartire da qui, perch se la citt si auto programma a partire dalle esigenze speculative delle banche e delle istituzioni finanziarie per la comunit civile non c partita e tutti siamo destinati a diventare pi poveri, pi indebitati e sempre meno cittadini.

Citt I ROM E LE ANIME CANDIDE Michel Dingenouts


- Ma 'sti Rom, quando li mandiamo indietro? - Boh, perch, ti danno fastidio? - A me personalmente no, non gli do una lira. Neanche quando mendicano con un bambino in braccio. A me piacciono i cani. - E se avessero un cane in braccio? - Forse darei un biscotto per cani. - Sei un tipo generoso. - Insomma, se do soldi a Telethon e tengo da parte il pane per il canile, non posso mica dissanguarmi per tutti. - Vero. Ma dove li vorresti mandare? - A casa loro. A Roma. - Vengono da l? - Certo, in tedesco e in francese Roma si dice Rom. Poi tutte le rogne vengono da l. - Tu voti Lega? - Cosa centra? Da duemila anni Roma pianta grane a mezzo mondo. Lascia stare le strade che i romani

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hanno costruito in giro per il pianeta. Guarda che hanno iniziato loro l'integrazione delle razze in Europa. I legionari non venivano mica dai Parioli. - E quindi sono loro i responsabili di tutti i guai del mondo di oggi? - Certo, compreso il crollo delle torri gemelle. Guarda che sono stati i primi a occupare lo stato ebraico, crocifissi tutti i ribelli, compreso Ges Cristo. Poi arrivato Bin Laden a cui non andavano gi. - Saltelli bene da un evento all'altro. - Si fa cos in storia. Anzi, in politica. - In Francia, almeno. - Poi c'era Nerone. - Cosa c'entra Nerone, ha bruciato Roma? - S, Nero burning Rom. Software tedesco, non lo sapevi? Non dirmi che non lo usi per masterizzare i tuoi CD illegali. - Illegale io, beh, dipende.

- E' quello che dice anche Sarkozy. Sono loro innanzitutto, i Rom, a essere illegali, e poi forse la presidenza della Republique a buttarli fuori in quella maniera. Dipende dal punto di vista. - Insomma, una vergogna buttare fuori da un paese della gente in base alletnia. - Certo, quello che diciamo tutti. Ricorda i metodi nazisti, bla, bla, bla. Come sei prevedibile. - Ma, questo il colmo. Non posso pi indignarmi per eventi del genere?! E poi anche tu hai detto che vuoi rispedirli a casa loro. - Indignato? Domani avrai dimenticato tutto. Poi non ho detto che li voglio mandare indietro. Ho chiesto quando incominciamo a mandarli via. - Perch allora? - Andranno ad intasare le strade di Roma, centinaia di migliaia di Rom

in giro per la citt. Gli diamo le vecchie lenzuola e poi vedrai. - Gi, sei pure disposto a disfarti della vecchia biancheria. Ma dove dormono? Non hanno letti. - Ma non per dormire, per fare gonfaloni, devono manifestare. Bloccare tutte le vie d'accesso alla citt, fino a Fiumicino. - Certo, sar facile. Poi a Roma la viabilit gi precaria. - Macch viabilit! Devono bloccare Fiumicino. - Perch? Per l'aria inquinata, sei ambientalista? - Ma no, cos andr in perdita l'aeroporto e in pi i voli verranno dirottati su Malpensa. - Mi sono perso. - Io lavoro l, a Malpensa, e se ci sar una forte ripresa dell'aeroporto non ci saranno licenziamenti, ed io sono il primo in lista.

Scrive Alessandro Ogliari


Leggo nella vs rubrica dedicata alla musica e curata da Paolo Viola il commento critico sull'esibizione di Uto Ughi e Alessandro Specchi al Conservatorio. Anch'io, milanese residente da anni a Bergamo, li ho ascoltati il 25/4 ultimo scorso al concerto inaugurale del 47 Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo, con un programma quasi identico: Handel e Wieniawski anche allora, mentre si differenziavano Beethoven (Sonata in do minore op.30 n.2) e SaintSaens (Introduzione e rond capriccioso). Premetto che sono soltanto un appassionato, non certo un esperto, ma ho ritrovato nell'articolo le mie stesse sensazioni provate quella sera e condivise anche da altri amici e conoscenti con cui, al termine del concerto, si abituati a confrontarsi. Ed ho perci molto apprezzato la sincerit del vs critico musicale: finalmente una voce coraggiosa, fuori dal coro, che con parole appropriate e veritiere ha espresso un garbatissimo dissenso sul modo di "fare musica", che a volte anche i grandi nomi dimenticano. Abilit e virtuosismi, certo, ma il sospetto di puro esibizionismo rimane, nonostante gli applausi scroscianti che anche a Bergamo il pubblico ha tributato ai due musicisti (o forse solo a uno????). Grazie dunque a voi tutti per aver difeso la "vera" musica e complimenti per la vs interessante rivista, cui auguro un sempre crescente successo. A. Ogliari

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RUBRICHE
MUSICA
Questa rubrica curata da Paolo Viola rubriche@arcipelagomilano.org

I concerti di Pisa
Momenti magici, di quelli che si vorrebbe non finissero mai e che ci riconciliano con il mondo e con noi stessi. Nella piazza dei Miracoli - il Duomo, il Battistero e il Camposanto di pietra bianca appoggiati su quel prato verde che sembra di essere a Oxford - la Torre era candida come non si vedeva da generazioni, e da una loggetta a due terzi della sua altezza un gruppo di ottoni (gli His Majestys Sagbutts & Cornetts) diffondevano nellaria solenni e morbide armonie barocche. Sembravano annunciare non tanto linizio di un concerto, fra i pi rari e preziosi che si possono ascoltare, ma lavvento di una nuova salvifica era. Il tutto con un tramonto mozzafiato, le nuvole alte fra il rosso e il viola che accendevano il cielo della sera con tutti i colori possibili fra celeste e lindaco. E il volo degli uccelli, a stormo, che danzavano al suono delle trombe. Stupefacente. Cos mercoled scorso a Pisa siamo entrati nella grandiosa Cattedrale per ascoltare il concerto di inaugurazione della decima edizione della rassegna internazionale di musica sacra Anima Mundi (sette concerti, dal 15 settembre al 1 ottobre) organizzata dallOpera Primaziale Pisana, che vede per il quinto anno di seguito sir John Eliot Gardiner nella veste di direttore artistico e sul podio questanno - nei due primi concerti. Li avevamo annunciati, quindici giorni fa, dicendo che questo evento rischiava di essere una di quelle occasioni in cui emozione e commozione raggiungono altezze vertiginose e non ceravamo sbagliati. La prima sera stata dedicata, nel terzo centenario della nascita, a Giovanni Battista Pergolesi (1710-1736) e al suo celeberrimo Stabat Mater; uno dei pi alti momenti della storia della musica, in cui questo ragazzo malato (aveva ventisei anni ed era gi alla fine della sua brevissima vita) scava fino in fondo nellintimit del dolore: stabat mater dolorosa / juxta crucem lacrymosa / dum pendebat filius / cuius animam gementem / contristatam et dolentem / pertransivit gladius.. quale struggimento pi tremendo di questo, che si consuma solo nella profondit della propria anima. E Gardiner riuscito ad arrivare, a quella profondit, grazie agli impareggiabili English Baroque Soloist che lui ha fondato e formato, e che sono ormai diventati uno strumento perfetto nelle sue mani. Il fraseggio di Gardiner, latmosfera sonora che riesce a creare con questa piccola orchestra quasi tutta femminile, la duttilit delle due soliste (straordinaria la voce dolente del contralto Sara Mingardo, bella ma forse meno sacra quella della soprano Emanuela Galli) che lo hanno assecondato in ogni intendimento, la capacit di rappresentare il dolore senza mai urlarlo, cercandolo dentro di s, hanno fatto di questa esecuzione una sorta di modello cui ci si dovr riferire in futuro. Gardiner vi ha poi aggiunto due vere chicche: la coeva Cantata Jauchzet Gott in allen Landen - Lodate Iddio in ogni luogo - di J. S. Bach, per soprano e orchestra (dolce, bella e perfettamente bachiana la voce della giovanissima Lenneke Ruiten), e la Canzonetta spirituale sopra alla nanna di Tarquinio Merola, prima met del 1600, per soprano (e qui la Galli era perfetta) accompagnata da uno strumento che poteva essere un arciliuto o un chitarrone. Due sere dopo, con la stessa orchestra - alla quale si aggiunto il Monteverdi Choir (anche di questa compagine Gardiner fondatore e direttore artistico) - si celebrato un altro centenario, questa volta il quarto, dei Vespri della Beata Vergine di Claudio Monteverdi (1610); lopera con la quale si conclude lepoca della musica rinascimentale e si apre la strada alla musica moderna, quella che ha segnato i tre secoli successivi e che ha mostrato i primi segni di cedimento giusto un secolo fa. La competenza e la padronanza di questopera, da parte di Gardiner e dei suoi musicisti, fin troppo nota; dalla sua prima esecuzione, nel 1964 a Cambridge, a quella famosissima del 1989 nella Basilica di San Marco fino a questa straordinaria di Pisa, lha ripulita di ogni enfasi e retorica, lha resa asciutta ed essenziale, lha riportata a quella fusione fra sobriet e magnificenza che solo la Venezia del Palladio (Monteverdi aveva 13 anni quando Palladio moriva) poteva e sapeva esprimere. E la grandiosa Cattedrale pisana si perfettamente prestata anche a una suggestiva drammatizzazione dellopera, consentendo a Gardiner arditi spostamenti di voci e di strumenti (dislocati in tutti gli angoli delle navate e del transetto, anche i pi remoti, dal famoso pulpito di Giovanni Pisano agli alti matronei) ottenendo magici e misteriosi effetti di echi, rinvii, lontananze. Questo schivo intellettuale inglese che ancorch insignito del titolo di baronetto si dichiara contadino e rifugge da ogni mondanit - grande studioso e profondo conoscitore della musica barocca italiana, al vertice della cultura musicale internazionale, ha progettato questo evento in solitudine, nella sua fattoria del Dorset, poi ha attraversato la Manica e lEuropa con i suoi coristi (32) e strumentisti (22), selezionati e formati con cura certosina, e per qualche giorno ci ha fatto sentire un po pi europei e un po meno provinciali di quanto quotidianamente ci viene suggerito da altri generi di cronaca. Insomma Pisa stata il palcoscenico di un evento di grande rilevanza non

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solo per la musica, ma per la cultura nel senso pi completo e alto del termine: in uno dei luoghi pi affascinati del mondo sono stati riproposti due grandi capolavori. E, diciamolo senza pudore, due opere totalmente e squisitamente italiane, in un quadro che pi italiano non potrebbe essere se si pensa che Monteverdi na-

sce nel 500 a Cremona, in Lombardia, e diventa famoso nel 600 a Venezia, Pergolesi nasce a Jesi, nelle Marche allinizio del 700, e vive i suoi pochi anni a Napoli. E oggi, a distanza di tre e quattro secoli - in quella Toscana che allora era a tutti nemica - lo splendore rinascimentale e barocco viene rievocato nel conte-

sto medioevale di un altro capolavoro, di urbanistica e di architettura, simbolo per secoli della bellezza del nostro paese ed oggi patrimonio dellumanit, quasi a celebrare cos lunit storica e culturale della nazione. Qualcuno glielo vuole raccontare a Bossi?

ARTE
Questa rubrica a cura di Virginia Colombo

BURRI E FONTANA A BRERA. UN INEDITO ACCOSTAMENTO TRA ARTE ANTICA E NOVECENTO


La cornice quella di uno dei pi autorevoli musei del mondo. Laura di sacralit si respira in ogni sala, i visitatori si muovono quasi con timore, sfilando accanto ad alcuni tra i pi grandi capolavori di tutti i tempi. Stiamo parlando della Pinacoteca di Brera, storica istituzione milanese, punto fermo per studiosi e appassionati darte. Questa volta per Brera ci ha stupiti. Non una mostra su Caravaggio o Crivelli, ospiti fissi delle collezioni, bens una mostra-confronto fra due mostri sacri dellarte contemporanea. Il fondatore dello Spazialismo Lucio Fontana e il maestro dellInformale Alberto Burri. In quasi tutte le sale della pinacoteca possibile ammirare un lavoro di uno dei due maestri a confronto con lesposizione permanente del museo. Un confronto che pu apparire straniante a prima vista, violento, duro, ma anche semplice e associativo. Non c mai una sola e univoca lettura, lo spettatore libero di lasciarsi andare dove limmaginazione lo conduca, di crearsi accostamenti, percorsi e immagini proprie. A volte il confronto richiama un dettaglio figurativo, altre volte il colore a richiamare unanalogia, altre ancora il disporsi geometrico di forme e figure. Possiamo cos trovare un quadro di Fontana, con i caratteristici buchi che formano una croce su sfondo rosa accostato alla Croce di Tintoretto. Oppure i pitocchetti del Ceruti, vestiti di stracci, accanto a un sacco di Burri, fatto di juta strappata e bruciata. Lo stesso cerchio dorato compare sia nellAnnunciazione del Francia che in un Concetto Spaziale di Fontana. Sembrano fatti apposta luno per laltro. E ancora il famoso Ritrovamento del corpo di san Marco messo a confronto con una tela di Burri, sormontata da un arco nero, come quelli prospettici della galleria del Tintoretto. Non difficile trovare analogie tra le vedute di Canaletto, alla fine del percorso, e i graffi sulle tele di Fontana, quasi a indicare le onde di un mare bianco e atemporale. Come quello di Venezia. Punto forte dellesposizione il riallestimento della pioneristica opera di Fontana allestita nel 1951 per la IX Triennale di Milano, lArabesco fluorescente, 130 metri di tubi al neon sospesi, allora sul soffitto dello scalone donore della Triennale, oggi al soffitto della sala dedicata alla pittura del 1600. Le opere provengono dalle due maggiori collezioni dei due artisti, la Fondazione Palazzo Albizzini Collezione Burri di Citt di Castello, sua citt natale, e dalla Fondazione Lucio Fontana di Milano. Un percorso inedito per riscoprire le bellezze di Brera e confrontarsi con due grandi maestri del Novecento.

Burri e Fontana a Brera. 17 giugno-3 ottobre 2010 Pinacoteca di Brera, via Brera 28 Orari: 8.30-19.15. Chiuso il luned. Biglietti: intero 11 . Ridotto 8,50

Francesca Woodman
Volti nascosti e corpi nudi, spesso in posizioni innaturali. Muri sbiaditi, sporchi, angoli inquietanti. Stanze abbandonate, solo qualche oggetto a ricordare la loro funzione. Questo il mondo di Francesca Woodman, fotografa e performer dalla vita breve e intensa. Classe 1958, americana del Colorado, mor suicida a soli 22 anni. Una passione per la fotografia maturata gi dalla prima adolescenza, quando inizia a ritrarre se stessa come soggetto principale a 13 anni. 116 fotografie, per lo pi in bianco e nero, e 5 frammenti di video compongono la retrospettiva al Palazzo della Ragione. Si scopre cos, foto dopo foto, lossessione che la Woodman aveva per il corpo, il suo corpo, oggetto e soggetto dei suoi scatti. Un corpo che non mai fine a se stesso ma sembra volersi confondere con lambiente che lo circonda, in cui la Woodman sinfila in vecchie creden-

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ze di legno, si nasconde dietro tendaggi e porte e sembra volersi fondere con le rigide sedie presenti nella stanza. Un mondo freddo, immobile e inquietante, fatto di muri scrostati, stracci ammucchiati, pavimenti polverosi e specchi. Ci che colpisce maggiormente nelle opere della Woodman lassenza del volto, tagliato fuori dallinquadratura, non messo a fuoco, nascosto dai capelli, da un oggetto, da una torsione del corpo oppure nascosto perch il soggetto da le spalle allobiettivo. Unarte che sincentra fortemente sullIo e sulla propria intimit, mostrata sfacciatamente e provocatoriamente. Non un caso che la maturit di questo suo breve

percorso sia avvenuta negli anni Settanta, anni in cui era concesso eccedere, sperimentare e dare scandalo. Vari i temi in cui la Woodman declina il suo corpo. Oltre agli interni domestici degne di nota sono anche gli scatti delle claustrofobiche scatole di vetro, in cui lartista imprigionata e sembra muta e incapace di ribellarsi, come uno degli oggetti che la circondano. Conclude il percorso la sezione dedicata alla natura, dove il corpo nudo immerso nelle campagne del New Hampshire, e il contatto con la terra sembra ridare vitalit e instaurare un senso pi profondo tra lIo messo a nudo e la Natura. La mostra presenta foto inedite e ricrea anche lallestimento originale

che la Woodman cre per la serie Swan Song, realizzato a Providence nel 1978, 5 foto in formato grande, appese a diverse altezze, lontano dai classici standard espositivi, ricreato per la prima volta in Italia. Unoccasione per scoprire unartista che nonostante la giovane et aveva in s un mondo intricato e complesso, umanamente e artisticamente. Francesca Woodman. Palazzo della Ragione, piazza Mercanti. 16 luglio24 ottobre 2010 Orari: marted, mercoled, venerd, sabato, domenica 9.30-19.30. Luned 14.30-19.30. Gioved 9.30-22.30 Biglietti: 8,00 intero; 6,50 ridotto.

CINEMA
Questa rubrica curata da Giulio Rubinelli

MILANO FILM FESTIVAL


evidente che nel cinema stiamo andando verso un punto di non ritorno. Esco mercoled sera e vado al Teatro dal Verme per la rassegna dei cortometraggi del Milano Film Festival. Mi siedo con altri amici in una fila di seggiole troppo strette e aspettiamo che abbia inizio la proiezione. In ritardo. Un ragazzo sale sul palco e fa una breve introduzione didascalica ai corti. Il pubblico applaude senza entusiasmo. Si spengono le luci e compare limmagine di unauto dal cofano fumante al margine di un bosco. Limmagine rimane la stessa per cinque minuti o pi senza che accada nulla. Risatine e sbadigli. Poi dalla macchina esce una donna sanguinante, apre il bagagliaio e ne estrae il corpo di un bambino. Titoli di coda. Ah. Viene invitata una ragazza a parlare sul palco. Spiega in spagnolo che non sa da dove venisse la ragazza, dove andasse, di chi fosse il bambino e che proprio questi dubbi fossero il bello del film. In pratica ci dice che il bello del film che non si capisce una cippa. In conclusione il ragazzo che aveva aperto la serata ci spiega che la ragazza non la regista, bens unamica di questa che abita a Milano per studiare e che la regista ospita in casa sua. Ottimo. La serata si preannuncia lunga e faticosa. Ha inizio una sfilza di corti altrettanto ermetici e illeggibili, eccezion fatta per una produzione americana e una francese che regalano momenti di puro piacere al pubblico. Il resto (che rappresenta la stragrande maggioranza delle proiezioni) rimane pura masturbazione intellettuale di registi e critici. La gente non capisce, ride, si stiracchia. Alle mie spalle un gruppo inizia una ben pi interessante discussione sulla situazione politica attuale riguardo ai tagli effettuati allistruzione. Mi rendo presto conto di quale sia il problema reale dei corti che vengono proiettati: manca una trama. Dov andata a finire la narrativa? Un filo logico che permetta al pubblico di immedesimarsi nella vicenda, nei personaggi. Manca il sentimento, il cuore di ci che viene realizzato. Non dico per forza un parlato, ma una sceneggiatura. Sono infatti il corto americano e quello francese a risvegliare le persone in sala e a suscitare delle emozioni che sfociano in ultima istanza in applausi. Gli unici ad avere oltretutto una cura della regia, della fotografia e a restituire delle immagini belle e appassionate. Esco dalla sala e decido insieme ai miei amici di rifarci la sera seguente andando alla prima visione di La solitudine dei numeri primi al Cinema Anteo. Ci siamo rifatti, s, lo stesso umore del giorno precedente. La presentazione avviene per mano del regista stesso e dei due protagonisti. Loro non dicono assolutamente nulla, muti e seri. Saverio Costanzo dal canto suo ci avverte della pesantezza della prima parte del film, farfuglia brevemente qualcosa sulle difficolt di dirigere un set, prende e lascia la sala. Di nuovo calano le luci e in sala e inizia la proiezione. A met ci proponiamo di andare a mangiare una piadina. Inutile sprecare fiato su degli zoom fuori luogo, uninterpretazione che lascia parecchio a desiderare, una colonna sonora spesso fastidiosa, tesa a sottolineare banalmente ogni inquadratura del film e una costruzione narrativa confusa e smarrita nei meandri del riferimento romanzesco. Questa in parte la rappresentanza italiana al Festival di Venezia. E subito

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si sente la mancanza di una regia internazionale come pu essere quella di Sorrentino. Insomma, il bilancio delle due serate a cavallo tra La solitudine dei numeri primi e il Milano Film Festival tragica. Da un lato il film ispirato a un bestseller che non restituisce un quadro chiaro di ci che voleva essere trasmesso. Dallaltro lassoluta mancanza di narrativa a favore di una regia sperimentale che trascura la cura dellimmagine a favore di critica e settore. Dov finito lintrattenimento? La sua vera essenza? come giocare il calcio a porte chiuse, senza

il pubblico. Unattivit pensata per distrarre le persone disputata tra i soli protagonisti. Le persone lavorano tutta la settimana, sono soffocati da problemi e difficolt quotidiane che sono le stesse di tutti. Quando vanno al cinema lo fanno per intrattenersi, per avere qualcosa di cui parlare, discutere, su cui confrontarsi che permetta loro, come tramite la lettura di un libro, di viaggiare, di immedesimarsi in storie a volte comiche a volte drammatiche che consentano loro di dimenticare. ovvio che poi al cinema non ci andranno pi, perch lintrattenimento facile sempre die-

tro langolo, in casa, dietro a una scatola che gi di per s intristisce le loro esistenze. Il cinema fine a s stesso non funziona. Il cinema per i registi, per gli attori, i produttori e i critici non va. Ritorniamo ad unessenza chiara di questo settore che riporti le persone e i luoghi in primo piano, che li ponga di fronte ad uno specchio e dia loro da riflettere sulle proprie mancanze e virt. Altrimenti, come nel teatro, la sperimentazione allontaner sempre pi il pubblico dalla ricerca della vera bellezza e non insegner mai a riconoscerla e proteggerla.

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