Sei sulla pagina 1di 14

Direttore Luca Beltrami Gadola

Numero 25 Anno II
6 luglio 2010

edizione stampabile

www.arcipelagomilano.org

Editoriale -LBG - ELEZIONI: GLI INVISIBILI PER LA POLITICA Citt Giovanni Zanchi - BOLLATE: UN ANGOLO DI SVEZIA OLTRE LE SBARRE DallArcipelago Ileana Alesso - LE QUOTE ROSA SECONDO FORMIGONI Dal Palazzo Giuseppe Amoroso - CITTADINI SENZA GIUSTIZIA Approfondimenti - Pier Giuseppe Merlo - DURA LEX, CARA LEX Urbanistica Laura Censi -PGT: CHE TORMENTO! Societ Giulio Rubinelli - IL CANTO DEGLI ULTIMI Sanit - Claudio Rugarli - UGUAGLIANZA E DIRITTO ALLA SALUTE Architettura - Isabella Tiziana Steffan - BARRIERE ARCHITETTONICHE: MILANO COSA FAR? Primo Piano - Giuseppe Ucciero - IL CONTRATTO: SPATUZZA, ARCORE E DINTORNI Video INTERVISTA A LUCIA CASTELLANO DIRETTRICE DEL CARCERE DI BOLLATE Musica Mendelssohn Canto di primavera, Op. 62 No. 30 Trascrizione di Pablo Casals Harry Wimmer violoncello - Eduard Laurel pianoforte Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit in ARTE & SPETTACOLI MUSICA a cura di Paolo Viola TEATRO a cura di Guendalina Murroni CINEMA a cura di Giulio Rubinelli

Editoriale ELEZIONI: GLI INVISIBILI PER LA POLITICA LBG


Quando si avvicinano le elezioni in una grande citt come Milano tutte le forze politiche si danno un gran daffare a scovare circoli, associazioni, gruppi di cittadini organizzati, con i quali intrecciare alleanze e ai quali promettere ascolto in futuro. Insomma, molti per la prima volta hanno limpressione di esistere, di contare perch brandisco uno dei simboli della democrazia: la scheda elettorale. Il voto, meglio se accompagnato da una preferenza, il ghiotto bottino di tutti i candidati ma tra tutti i voti quelli ai quali i candidati mirano di pi sono i voti degli incerti e di tutti quelli che non si sono recati al seggio, chi avendo scelto di non scegliere, chi non sapendo per chi votare, chi per totale indifferenza e sostanziale sfiducia sul peso reale del suo voto. Ma c una parte di cittadini che nessuno riesce a raggiungere e i cui problemi dovrebbero rientrare nellagenda della classe politica: sono gli invisibili. Ma quanti sono e soprattutto chi sono? Vogliamo per il momento occuparci solo dei cittadini italiani aventi diritto al voto, ben sapendo che non sono che una parte soltanto degli invisibili come i Rom, gli extracomunitari, i comunitari non residenti e in situazioni precarie. Cominciamo con quelli che una volta chiamavamo barboni e che adesso con pi stile chiamiamo gli homeless, la cui schiera si allungata perch sono stati raggiunti da tutti gli sfortunati che sono riusciti a mettere insieme magari due disavventure: la perdita del posto di lavoro e una separazione coniugale. Poi ci sono tutti i cittadini spinti comunque ai margini e che pur avendo un tetto sulla testa, magari per la benevolenza di qualche parente, si rintanano e non vogliono farsi vedere. Non ultimo chi vive solo per alimentare i propri vizi, dalla droga allalcool e non possiamo certo trascurare i malati che il servizio sanitario nazionale per una ragione o per laltra respinge o lascia in condizioni di abbandono e che senza lassistenza di qualche parente non possono vivere una vita civile anche se penosa. Per finire i carcerati, quelli che hanno perso i diritti civili come il voto o perch la condanna che scontano lo prevede o perch i meccanismi della burocrazia rendono difficile lesercizio del diritto di voto. Della condizione di questi ultimi si occupa il nostro giornale, parlando di una realt, quella del carcere di Bollate che vede limpegno di molti cittadini milanesi per rendere meno penosa la condizione del carcerato. E pensando a tutta questa gente e ai suoi problemi e confrontandoli con il politichese spesso vuoto di tanti candidati o ancora peggio pensando a come occupino il loro tempo tra comparsate televisive e trattative pi o meno palesi per assicurarsi manciate di voti, che misuriamo la distanza che li separa dal Paese e labisso che li separa dagli invisibili. Nella giostra delle dichiarazioni elettorali dei programmi usa e getta la locuzione politiche sociali si spreca ma raramente la sentiamo resa comprensibile nei suoi contenuti e resa credibile dal concatenarsi di tre indicazioni essenziali: cosa fare, con quali alleanze, con quali risorse. Sono i tre vertici del triangolo che racchiude la vera politica, il resto sono chiacchiere.

Citt BOLLATE: UN ANGOLO DI SVEZIA OLTRE LE SBARRE Giovanni Zanchi


La Svezia non lontana. a due chilometri da Milano. una fetta di citt che la citt ignora. Si tratta della II Casa di reclusione di Milano-Bollate: un esempio di civilt. Gi dallarrivo si fatica a comprendere di essere di fronte a un istituto di pena. Ledificio che ospita gli uffici del penitenziario, con le sue finestre di diversi colori, impedisce di scorgere le imponenti mura di cinta tipiche di un carcere. Allinterno, le pareti decorate dai dipinti dei detenuti confermano lim-pressione di trovarsi in una prigione diversa dalle altre. C una frase che ricorre spesso tra gli agenti di polizia penitenziaria in servizio a Bollate per descrivere la particolarit di questa struttura: un carcere autogestito dai detenuti. Gli impianti elettrici, i contenuti dei periodici Salute inGrata e carteBollate, la manutenzione dellorto e del maneggio, lattivit dei tre call-center e della zona industriale, le scuole e luniversit, tutto quello che avviene tra le mura del carcere frutto del lavoro e della cooperazione tra detenuti, volontari esterni e personale del penitenziario. Non comune trovarsi in una prigione e respirare un clima disteso, quasi amichevole, tra guardie e carcerati. Eppure Bollate dimostra che possibile. Come possibile che siano i detenuti a gestire lo sportello salute, per informare e aggiornare i propri compagni, o lo sportello giudiziario, che grazie alla supervisione del costituzionalista Valerio Onida e allaiuto di tanti avvocati in pensione o volontari in attivit, consente di garantire una tutela giudiziaria ai carcerati pi indifesi. Le graduatorie per la partecipazione alle attivit lavorative e ricreative (il teatro, il cineforum, il servizio bibliotecario) consentono la speranza, grazie ai continui contatti con lesterno: i siti e la distribuzione delle riviste, il lavoro del servizio catering che pu operare anche per eventi organizzati fuori dal carcere, i prodotti del lavoro dei detenuti che vanno sulle bancarelle dei mercati milanesi. A Bollate c chi si diploma, chi si laurea, chi impara un mestiere. Dietro queste sbarre esiste lopportunit di evadere dalla propria condizione, sfruttando occasioni che il carcere, nel pieno rispetto della legge, si assume la responsabilit di creare, riuscendo nellimpresa di dare un significato costruttivo alla pena. LIstituto si preoccupa di dare il maggior numero di certezze a chi, a pena finita, dovr nuovamente fare i conti con la realt del mondo esterno. Il lavoro di tutti gli operatori teso alla restituzione alla vita sociale di persone in grado di confrontarsi con le regole della legalit e della convivenza civile. Non un caso che Milano-Bollate faccia registrare un tasso di recidiva del 16%, contro una media nazionale del 70%. Tra i 1053 detenuti della II Casa di Reclusione di Milano sono tante le storie che varrebbe la pena di raccontare. Esempi di un autentico riscatto sociale e personale iniziato nel mo-

mento della privazione della propria libert. Su tutte le copertine di Salute inGrata, il cui caporedattore Renato Vallanzasca, campeggia il

motto il Fuori si accorga che il Dentro una sua parte: mai come in questo caso, Milano deve essere orgogliosa di avere al proprio interno

tanta ricchezza. giusto evitare che il Fuori si dimentichi di una parte cos importante di s.

DallArcipelago LE QUOTE ROSA SECONDO FORMIGONI Ileana Alesso


Il TAR Lombardia sar presto chiamato a decidere sul ricorso, gi notificato alla Regione Lombardia, con cui sono state impugnate le nomine degli assessori della giunta regionale lombarda. Il risultato impugnato quello di 15 a 1: 15 assessori uomini e 1 assessore donna ancorch il nuovo Statuto regionale disponga espressamente per il riequilibrio di genere negli organi di governo della Regione ai sensi dellart. 51 della Costituzione, oggetto di recente riforma in tema di pari opportunit proprio al fine dellaccesso ai pubblici uffici ai cittadini delluno e dellaltro sesso in condizioni di eguaglianza. Il ricorso stato presentato dallAssociazione art. 51 Laboratorio di democrazia paritaria ed stato sottoscritto da donne e uomini, cittadine/i ed elettrici/ori della Regione Lombardia che hanno aderito al ricorso per far rispettare sia le norme regionali che quelle costituzionali. Peraltro come difensore che, insieme al collega Massimo Clara, ha radicato il ricorso mi fa piacere evidenziare che lazione giudiziaria promossa avanti il TAR dalla predetta Associazione pone una questione di democrazia e mira a far conseguire una risposta alla seguente domanda: la nomina di una sola donna, a fronte di quindici uomini, risponde al criterio del riequilibrio di genere? Dica il TAR poich il risultato matematico in esame , di 1 a 15, risulta squilibrato in termini quantitativi difficilmente comprensibili tenuto conto che la discrezionalit connessa alla applicazione concreta del criterio del riequilibrio di genere comunque una discrezionalit vincolata al risultato effettivamente conseguito. Il tema della democrazia paritaria, e la Regione Lombardia peraltro lunica Regione ad avere inserito lobiettivo della democrazia paritaria nella propria legge statutaria, risulta comunque liquidato gi sotto il prioritario profilo culturale con un escamotage minimalista anche per quanto concerne il rilievo politico degli assessorati. Indiscutibilmente le varie nomine hanno un peso diverso: lIndustria, il Bilancio, la Sanit hanno rilievo ovviamente ben differente dallo Sport argomento delegato allassessore donna. Anche sotto questo profilo risulta circoscritta e metabolizzata con una certa qual difficolt la presenza femminile nellorgano esecutivo della Regione Lombardia che mira a rappresentare se stessa come Regione dEuropa e motore economico e innovativo dellintero sistema Italia.

Dal Palazzo CITTADINI SENZA GIUSTIZIA Giuseppe Amoroso


Ogni mattina entrano nel Palazzo di Giustizia di Milano, in Corso di Porta Vittoria, diecimila persone. Alcune centinaia sono magistrati e impiegati, avvocati e loro collaboratori, gli altri sono cittadini in cerca di giustizia. Si tratta di creditori, parti interessate a processi civili, imputati, parti lese e testimoni in processi penali, persone che necessitano di certificati o copie di atti. Lamministrazione della giustizia a Milano largamente informatizzata, la qualit dei magistrati e dei loro collaboratori complessivamente buona, il tasso di corruzione infimo. Ciononostante, la stragrande maggioranza dei cittadini che, alla fine della mattina, esce dal Palazzo non ha ottenuto ci che voleva ed del tutto insoddisfatta. Le ragioni sono chiare: al di l dellimpegno dei singoli, il meccanismo della giustizia lento in s, farraginoso, attento molto pi alla forma che alla sostanza, sottoposto a una serie di garanzie di riesame plurimo che vanificano ogni conato di efficienza. Lesempio pi clamoroso viene dal processo penale. Le vittime principali ne sono le parti lese e i testimoni. Quando viene fissata la data per lo svolgimento di un processo penale, sempre a distanza di anni dal fatto che vi ha dato origine, il giudice ordina la citazione degli imputati, delle parti lese e dei testimoni a comparire dinanzi a s. Delegati a eseguire le notifiche relative sono gli Ufficiali giudiziari. Lamministrazione dello stato li paga poco e con molto ritardo. Essi, di fatto, la ripagano lavorando tardi e male, privilegiando il lavoro civile nel quale gli avvocati pagano le notifiche in anticipo. Il risultato che i magistrati non sanno mai, prima del giorno fissato

per il processo, se le notifiche agli imputati, alle parti lese e ai testimoni sono andate a buon fine e, quindi, se potranno effettivamente procedere nel giudizio o dovranno rinviarlo per non incorrere in nullit che renderebbero vano il lavoro svolto. Di conseguenza, tutti i processi stabiliti per un determinato giorno vengono fissati alla stessa ora, di prima mattina. Questo obbliga i cittadini interessati ad alzarsi presto, intasare strade e mezzi pubblici, presentarsi in Tribunale non oltre le ore 9 e attendere. Poi comincia un rito allucinante. Il giudice chiama la singola causa e pu procedere alla relativa trattazione solo se, miracolosamente, sono presenti tutti, imputati, parti lese, testimoni e, naturalmente, avvocati degli imputati e delle eventuali parti civili, oltre che il rappresentante del Pubblico Ministero. Se, com pressoch inevitabile, manca qualcuno degli interessati, di so-

lito manca anche la prova della notifica relativa, non si pu cio sapere se la persona stata raggiunta dalla notifica (nel qual caso si pu anche procedere, eventualmente assumendo determinati provvedimenti), oppure si trasferita, magari per luogo ignoto. Quella prova, di norma, arriver nei giorni successivi, ma nel frattempo il giudice avr dovuto rinviare il processo ad altra data, di solito alcuni mesi dopo, licenziando i presenti, alcuni ben lieti di aver guadagnato tempo, altri (la maggioranza) furibondi per aver perduto la giornata senza aver ottenuto alcun risultato. La cerimonia dei rinvii per omessa notifica (o mancanza di documentazione della medesima) dura mediamente met della mattina. Altri processi vengono rinviati su istanza degli imputati, dei loro difensori, pi raramente delle parti civili. Complessivamente, pi della met dei processi penali fissati per quella

data non viene neppure iniziata, ma solo differita ad altra udienza. Nel settore civile la situazione non migliore. Le udienze, in linea di massima, si tengono, ma le controversie fanno ben pochi passi avanti. Una parte presenta una memoria, magari allegando documenti; laltra parte, ovviamente, chiede un rinvio per esaminare il tutto. Alludienza successiva, dopo diversi mesi (di regola, in ogni causa si tengono non pi di due udienze allanno), la parte che aveva chiesto il rinvio deposita a sua volta un atto, magari con altri documenti, e si ricomincia. Di recente sono state introdotte delle preclusioni per evitare che le repliche reciproche si protraggano allinfinito. Ma, in generale, la litigiosit delle parti e la non eccezionale produttivit dei magistrati costituiscono un cocktail micidiale, il cui risultato il protrarsi della durata delle controversie civili per svariati anni.

Approfondimenti DURA LEX, CARA LEX Pier Giuseppe Merlo


La misura della qualit e dellefficienza con cui viene amministrata la giustizia uno degli indiscutibili parametri di riferimento con cui vengono stilate le classifiche che misurano i livelli di civilt, di democrazia e di sviluppo economico sociale di una comunit o di un Paese. In questa classifica, purtroppo, lItalia presente un trend in continua regressivit, ed ormai ampiamente superata non solo dai Paesi di lunga tradizione democratica, ma anche da molti dei cos detti Paesi emergenti o in via sviluppo. Eppure questo fattore critico di successo civile ed economico rimasto estraneo alle agende delle due importanti adunate milanesi di questa terza settimana di giugno: quella dellassemblea degli imprenditori lombardi e quella degli autoconvocati dal Corriere per dare nuovi stimoli al sindaco imprenditore pi che mai ricandidato a continuare a non governare Milano. A questa mancanza, ci ha per pensato il Club Porto Franco, che ha saputo mettere insieme nei locali del milanesissimo Circolo De Amicis, un parterre di lusso, per evidenziare con serenit ma con assoluta fermezza i tanti guai della giustizia italiana e di quella milanese in particolare. Giuliano Pisapia, gi Presidente della Commissione Giustizia della Camera dei Deputati e coautore col giudice Nordio del saggio In attesa di giustizia, Paolo Giuggioli il proattivo presidente dellOrdine degli Avvocati milanesi, Claudio Castelli, magistrato responsabile del processo di innovazione del Tribunale di Milano, con lonere di tentare di organizzare in modo pi efficiente la macchina giudiziaria di Milano sono stati i discussant. Con loro, non certo a caso, visto il titolo, Antonello Ciotti, manager di una multinazionale globalizzata che senza perifrasi ha illustrato quanto sia gi Caro ed Amaro per la competitivit dellItalia e di Milano, lassoluta incapacit di garantire una giustizia giusta ed efficiente, in linea con quella degli altri Paesi; la mala gestione della giustizia nella globalizzazione discrimina e sottrae potenzialit competitiva. Infatti la competitivit di una societ si misura con la sua capacit e la sua possibilit di crescita nel lungo periodo, e tra i fattori strategici per competere un ruolo via via crescente assunto dalla funzionalit e dalla trasparenza delle Pubbliche Amministrazioni, allinterno delle quali il modo di amministrare la giustizia un fondamentale fattore critico di successo, indispensabile per sviluppare la crescita civile, sociale ed economica delle comunit. La provocazione introduttiva, di Franco DAlfonso, presidente di Porto Franco, ha orientato il dibattito evitando che si addentrasse nel fuorviante cortocircuito in cui viene ricondotta la giustizia in Italia, nello scenario mediatico e politico: lo scenario delle leggi ad personam, le leggi-feticcio

per favorevoli e contrari, le intercettazioni telefoniche, che purtroppo hanno poco a che fare con i veri problemi che affliggono, in materia di giustizia, i cittadini italiani. Giuliano Pisapia, rifuggendo da ogni retorica, ha fornito una impressionante quanto drammatica serie di dati: dal sovraffollamento delle carceri, con il trend avviato al doppio della capienza; un sovraffollamento che si caratterizza: per gli oltre 4000 detenuti con pena inferiore ai due anni, per lelevato numero di tossicodipendenti; e che ogni hanno passano dal carcere oltre centosettantamila persone per restarci non pi di tre giorni, e che ogni detenuto costa allo Stato e quindi Cara per tutti coloro che pagano le tasse: 170 al giorno per detenuto. Una giustizia anche Dura per la sproporzione dei tempi che impone ai cittadini: unattesa media per processo di 5 anni: dovuta in larga misura a problemi di natura logistica (indisponibilit di aule) e alle inefficienze nei processi di notifica (omesse o errate) per quanto concerne il penale, mentre per il civile il tempo medio di due anni. Una giustizia Dura per linadeguata qualit di molte delle sue decisioni, per limpressionante numero di processi prescritti (350.000), che per ben tre quarti avviene durante le indagini preliminari; insomma un quadro che evidenzia quanto gli italiani e i milanesi continuino a essere inattesa di giustizia. Eppure quasi duecento cinquantanni fa, un illuminato avvocato milanese, tal Cesare Beccaria, diede alle stampe il suo saggi/opuscolo dei delitti e delle pene, evidenziando sia al Paese che allEuropa il problema della Giusti-

zia Giusta, ovvero della strategicit della prontezza della pena, in quanto lassociazione del delitto alla pena pi forte nellanimo umano, in quanto fa comprendere pi direttamente la relazione di causa ed effetto dei due concetti. Sono passati duecento cinquantanni e per molti versi, lavvocato Beccaria sarebbe pi che mai attuale, soprattutto in un Paese, dove a differenza degli altri in Europa e non solo, alletica del rispetto delle istituzioni e delle sue leggi si antepone lossequio o il diniego alla temporalit dei governi, confortati in questo dal consolidarsi del potere contrattuale dellintricato sistema delle corporazioni con cui pi conveniente identificarsi. E non sar certo un caso che i due ultimi Ministri di Grazia e Giustizia siano espressione politica di due territori, quali la Campania e la Sicilia, in cui leticit del rapporto di fiducia e di rispetto nei confronti delle istituzioni diffusamente ai minimi termini. Non ci rimane quindi che rassegnarci ? o ricorrere alla Mazziniana evocazione che quando serve bisogna incoraggiare il vento liberatore? Il contributo di Giuggioli e Castelli hanno cercato di far intravvedere quel eppur si muove che potrebbe trasformarsi in potenziale alito di incoraggiamento rivolto a chi ancora depositario di ci che rimane della cultura riformista e solidale di Milano. Giuggioli e Castelli hanno convenuto sulla piaga delle improduttivit sistematiche che appesantiscono lintero percorso della giustizia e che sono pi che mai note; tra queste merita sicuramente una nota di evidenza la ripartizione delle funzioni e delle

attivit tra i 50.000 addetti alle dipendenze del ministero. Mentre sono diffuse le carenze di organico tra le guardie carcerarie, le cancellerie e i magistrati, una diversa e pi professionale gestione delle notifiche e che nellemergenza attuale, i magistrati siano impegnati a esercitare esclusivamente la loro mission originale, ovvero funzioni e operativit finalizzate al recupero di quella giusta efficienza che tutti i cittadini invocano e pretendono. Nonostante la provocazione di Mario Artali, di approfondire le discordie tra il magistrato Castelli e gli altri intervenuti sulla necessit di separare o no le carriere, tra magistratura inquirente e magistratura giudicante, il dibattito ha preferito privilegiare ragioni e impegni per proseguire e accelerare limpegno per una riorganizzazione del palazzo a Milano quale contributo allo sviluppo della comunit milanese e lombarda. Che possa essere messo in agenda una sorta di federalismo giudiziario milanese potrebbe essere unidea promossa dal Presidente dellOrdine e non certo disdegnata dallauditorium, ma per realizzarla occorrer ampliare la platea delle intelligenze e delle buone volont della classe dirigente milanese per superare lignavia di unarretrata cultura di intendere i problemi della giustizia in Italia. Giuliano Pisapia, iscrivendosi al concorso delle primarie per la candidatura a Sindaco, potrebbe rappresentare un possibile punto di riferimento per una via milanese a una giustizia pi giusta, per Porto Franco, la questione giustizia a Milano non finisce certo in archivio.

Urbanistica PGT: CHE TORMENTO! Laura Censi


Grande partecipazione di pubblico laltra sera alla Casa della Cultura di Via Borgogna per i 20 anni di attivit del comitato Vivi e progetta unaltra Milanofondato da Rolando Mastrodonato per contrastare gli abusi edilizi degli speculatori senza scrupoli. Rolando ha ricordato le difficolt e gli sviluppi del comitato nel corso degli anni, e limportanza che ha raggiunto in questa fase della sua evoluzione. Un ringraziamento caloroso va a chi come lui si speso con coraggio e tenacia nella lotta allintreccio oscuro e complesso tra lobby finanziarie, edilizia e mondo politico. E stata una serata ricca dinterventi interessanti con la partecipazione degli architetti Boatti, Brenna, del consigliere Majorino, di Basilio Rizzo e Milly Moratti. Beppe Boatti ha parla-

to degli indici di edificabilit eccessivi che presuppongono un aumento di 500.000 abitanti per una citt che non ha bisogno di surplus abitativo e di altro cemento, alla stregua di quanto avveniva negli anni 60, ma di maggior housing sociale e di riqualificazione delle periferie. Con questa programmazione, di stampo fascista, avremo cantieri aperti per i prossimi 100 anni! C la constatazione che il comune abbia aumentato da 0,5 mq \mq a un mq \mq, a favore dei privati, la percentuale di utilizzo del suolo. Sergio Brenna ha puntato il dito contro la perequazione fatta senza controlli analizzando come le aree del Parco sud siano a rischio di speculazione e come enti che si presentano come no profit abbiano invece come obiettivo linteresse privato con ledificazione di nuove case. Gli edifici in fase di realizzazione sono concepiti dalle grosse societ interessate come deifuturio diritti di edificazione per i prossimi 10-15 anni, da rivalutare sul mercato quando ledilizia avr visto raddoppiare il proprio valore immobiliare.

Majorino ha brevemente elencato i risultati del lavoro del PD in consiglio comunale, come laumento delle aree a verde e delledilizia convenzionata, non ottenendo molti riconoscimenti dal pubblico presente, che lo ha pi volte contestato. Del resto lopposizione a Milano non si mossa con molto successo in questi ultimi anni e i risultati sono sotto gli occhi di tutti, anche se bisogna tener conto della difficolt di lavorare con una maggioranza molto forte e coesa. Gli errori sono quelli gi ampiamente analizzati: debolezza interna (divisioni e correnti), e incapacit (comune a tutta la sinistra) di interpretare i bisogni della gente e della societ in generale. C stata una mancanza di rinnovamento della classe dirigente e soprattutto lassenza di un programma e unidea di partito. Questi errori hanno pesato sulla formazione di un gruppo compatto, in consiglio comunale e regionale, che ha permesso che fossero imposti dallalto, dalla nomenclatura del partito, le scelte e i candidati in corsa alle elezioni. Un antidoto a questa deriva stato proposto da Basilio Rizzo che si ado-

perato, col suo gruppo in comune, nel fare ostruzionismo al PGT con una miriade di emendamenti messi apposta per ritardarne lapprovazione e contrastarne leffetto negativo. Tentativi e ostruzionismo che non sono bastati per a evitare la deriva affaristica dellExpo, dove sono prevalsi concetti puramente speculativi sulle aree preposte alla manifestazione anzich una concentrazione su temi innovativi come lalimentazione e la sostenibilit energetica. Oggi siamo ancora in una situazione di stallo, dopo le dimissioni di Stanca, senza che le parti si siano accordate sul prezzo dellacquisto dei terreni, mettendo in forse la riuscita stessa del piano. Basilio Rizzo per ha ottenuto un risultato importante cio quello di mescolare nel PGT percentuali di edilizia privata e housing sociale per creare coesione tra i diversi livelli di soggetti fruitori. La serata si conclusa con la speranza di trovare consenso sulla figura di un candidato sindaco per le prossime elezioni, senza ritardi e tentennamenti e soprattutto con un identico criterio di scelta.

Societ IL CANTO DEGLI ULTIMI Giulio Rubinelli


Invisibilit. Ovvero: non visibilit. Su questo frangente noi milanesi siamo tradizionalmente dei portenti. La nebbia nella bassa padana da sempre oggetto di scherno in tutta Italia e ci rende agli occhi del resto della penisola gente burbera, grigia e infelice. Ormai la nostra amataodiata nebbia tuttavia si fa sempre meno vedere, sostituita da una ben pi densa nuvola gassosa: lo smog. Ma non di questo che voglio parlare. Bens della nostra non visibilit. Milanesi, popolo indurito dallindustria e dalla moda (che avrebbe potuto e dovuto fare di pi per la comunit), dal consumismo fine a se stesso e dalla corruzione, ma soprattutto: cieco. Ci hanno accecato. Con tutte le loro pajettes, luci, culi e balletti. Con i loro soldi. E ora ci sembra di vivere in una dimensione monocromatica, nella quale non si pu nemmeno pi distinguere il bene dal male, il giusto dallo sbagliato. Atei e apolidi in una Milano che non crede in se stessa, non pi. E in chi ci abita. Ma chi abita Milano? Giovani? Anziani? S, forse, ma guardate meglio. Imprenditori? Banchieri? Politici? No, state guardando alle categorie, io parlo delle persone vere e proprie. Silenzio. Sicuri di non vedere nulla? Esatto. Nebbia. come quando ci coglie inaspettati in autostrada. Corriamo, ma non possiamo che intuire solamente la direzione della nostra vettu ra. Fermarsi a questo punto sembra la soluzione migliore. Ma Milano, e i milanesi, non si fermano. Anzi, accelerano. Hanno un appuntamento inderogabile al quale non possono mancare e il gioco vale la candela. La macchina sobbalza. Abbiamo investito qualcosa. O qualcuno. Sar stata una bestia. Non possiamo fermarci solo per uno stupido animale. Tiriamo avanti. E sullasfalto alle nostre spalle resta un grosso conglomerato sporco di stracci. Ha due gambe, due braccia, un naso e una lunga barba. Come chi guidava la macchina. Sta l, disteso. Agnello sacrificale del progresso e della corsa alloro con un rivolo di sangue che gli cola dallangolo della bocca. Ep-

pure ancora respira. Dolcemente, con accenti rochi e una grammatica celeste. S, una persona. Non lavevamo visto. Siamo sicuri? Era lui linvisibile o noi i ciechi? La verit sta sempre in mezzo. Possibile che ci siamo dimenticati di chi uomo come noi? Di chi vive, respira, gioisce, soffre come facciamo anche noi? Vi regalo unimmagine, fatela vostra. Diluvia a Milano. Di quei diluvi che solo voi, miei concittadini conoscete. Che paralizzano la citt, il traffico, che ci regalano, in tutto il loro frastuono, una pace e un silenzio ai quali non siamo abituati. Che ci costringono a parlare sotto ai portici con altre persone con le quali non sareste mai entrati in contatto in tutta la vostra vita, a sdrammatizzare sul tempo, in attesa che spiova. Un uomo, solo, in un angolo. Seduto sul cartone, al limite del muro dacqua. Si raggomitola in se stesso proteggendo ci che gli resta dalla tempesta. Ci parlerete? Non necessario. Ma lo vedrete? Lo vedrete davvero? Quella miseria vi toccher? Perch a Milano quando piove c una gran luce, non

mai buio, come non mai buio di notte. E anche quella fatichiamo a vederla. Allora rispondetevi: lui a essere invisibile o voi a non vederlo? Non unaccusa, ma una presa di coscienza sulla pi basilare delle emozioni: la compassione. Questa parola con la quale ci battiamo il petto in chiesa ogni maledetta domenica. Nel vostro cuore, dove rimangono gli ultimi? Perch questo sono- non invisibili, non senzatetto, ma pi semplicemente sconfitti. Come in una gara che evidentemente qualcuno ha truccato. Cosa meritiamo noi pi di loro per stare ora, nel nostro ufficio o in casa a leggere Arcipelago mentre fuori diluvia? E intanto lui protegge il suo cartone. Certo, direte io cosa ci posso fare? La vita mi ha premiato, la sorte. Eppure io mi dico di sinistra e non credo nella fortuna. Credo nelluomo in quanto artefice del suo destino, in quanto macchina pensante, realizzatrice dei propri sogni. Credo nelle opportunit e in chi non ne ha avute, ma non in una situazione stantia e irrimediabile. Chi decide chi ha diritto a unopportunit? Non credo in Dio, quindi il cerchio si restringe.

La soluzione per me liberarsi da questa insulsa cecit e tornare a vedere chi ci sta intorno. Rallentare questa insensata corsa e soffermarsi su uno sguardo prolungato alle proprie spalle. Recitava una delle pi popolari campagne elettorali dellormai Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi: Aiutare chi rimasto indietro. Ora, non so bene a chi si riferisse il Cav, ma per me chi rimasto indietro sono coloro che non hanno pi il fiato per correre o i mezzi. Allora fermiamoci. Prendiamoci anche un solo istante per voltarci da questo quadro impenitente di glorie e stucchi dorati, a guardare chi ci siamo lasciati alle spalle. Soccorriamo chi necessita e forse, portandoci tutti sullo stesso livello, saremo ancora di pi, ancora pi forti e correremo pi veloci, mano nella mano con chi era ultimo. La fortuna, per chi ci crede, gira. Io preferisco pensare che siamo capaci di una tolleranza e una solidariet tali da poterci sorreggere a vicenda affinch, sempre per chi ci crede, gli ultimi saranno i primi e fuori potr tornare a splendere il sole, per tutti.

Sanit UGUAGLIANZA E DIRITTO ALLA SALUTE Claudio Rugarli


Alcuni anni fa partecipai a un convegno medico nel corso del quale un collega, destinato a futuri successi pi in campo politico-aministrativo che in quello medico-scientifico, afferm che parlare di diritto alla salute una sciocchezza. Se per tale si intende il diritto a essere in buona salute si pu consentire con questa affermazione, dato che la medicina non onnipotente ed esistono malattie che ancora non si in grado di guarire. Ma se si intende il diritto a potere utilizzare tutti i mezzi diagnostici e terapeutici esistenti per combattere contro le malattie, senza discriminazioni di censo o per altre disuguaglianze, come credo che intendesse la nostra costituzione, allora penso che il diritto alla salute sia sacrosanto. E questo pu essere un motivo di vanto per il nostro paese che ha, sulla carta, un ottimo Sistema Sanitario Nazionale da ben prima che il presidente Obama dovesse lottare per introdurre qualcosa di simile negli Stati Uniti dAmerica. Ma possono di fatto tutti gli italiani o, pi in generale, tutti gli abitanti del nostro paese fruire pienamente di questo diritto? Credo che in linea di massima, almeno per i cittadini italiani, la risposta possa essere positiva, ma con unimportante limitazione e spiegher perch. Mi riferisco sopattutto al caso, ben noto, delle liste di attesa lunghissime che si accumulano nelle strutture ospedaliere per lesecuzione di indagini cliniche complesse o visite specialistiche a carico del Sistema Sanitario Nazionale, che invece, in regime libero professionale, diventano molto pi celeri. Chi non ha i mezzi per pagarsi questo rapporto privato, oggi, in tempi di disoccupazione crescente, non ha il diritto di considerarsi menomato nel suo diritto alla salute? Rilevando questo non voglio colpevolizzare nessuno, perch so che il problema non dimenticato dalle autorit competenti, anche se dubito che lo sia nel modo adatto a risolverlo, ma voglio solo fare qualche osservazione sulle radici di tutto questo che, a mio giudizio, sono culturali e giuridiche prima che amministrative.

Tra coloro che hanno difficolt a fare rapidamente delle indagini cliniche vi sono ammalati per i quali questo un problema di vita o di morte, per esempio quando si sospetta un tumore maligno, e vi sono ammalati per i quali lindagine fatta per completezza osservazionale, in assenza di una precisa ipotesi che la suggerisca. Vale a dire che la maggioranza delle indagini cliniche destinata a dare un risultato normale, anche se ve ne sono alcune che possono fornire chiarimenti di grande importanza. Naturalmente possibile solo con un certo margine di fallibilit stabilire a priori la probabilit che unindagine clinica dia un risultato informativo. Ma fare questo significa fare un ragionamento clinico e avanzare una o pi ipotesi diagnostiche che con le indagini cliniche debbono essere corroborate o escluse. Temo che questa abitudine si vada perdendo nella medicina di oggi proprio perch i trionfi della tecnologia hanno suggerito lidea che con il progresso tecnico i problemi diagnostici sono superati, mentre questo non credo sia vero. Infatti, i medici sono portati a credere che gli esami clinici siano una specie di scandaglio con il quale si esplorano alla cieca i misteri del corpo malato, mentre questa esplorazione deve avvenire soprattutto con il ragionamento. Non che sia sbagliata lidea di un esame quanto pi approfondito possibile di ogni singolo caso clinico, ma perch questo praticamente attuabile solamente con indagini poco costose che si eseguono rapidamente, mentre le pi complesse, e costose, debbono essere scelte sulla base degli elementi preliminari facilmente valutabili, come la storia clinica, una visi-

ta medica completa e ben fatta (consuetudine che si va perdendo), al massimo poche semplici indagini strumentali e di laboratorio. Se quindi, le indagini cliniche venissero eseguite solo in base a ipotesi, sicuramente sarebbero chieste in numero minore e sarebbe pi facile salvaguardare il diritto alla salute dei meno privilegiati nella scala sociale. Ma chiedere ai medici di limitare la richiesta delle indagini cliniche in base alla loro abilit di avanzare ipotesi diagnostiche li carica di una pesante responsabilit, perch, per bravi che siano, sono tuttavia fallibili, e limitare il numero degli accertamenti pi approfonditi comporterebbe la possibilit che sfuggano elementi diagnostici importanti. Questo avrebbe anche conseguenze legali, perch aumenterebbero i casi di richieste di risarcimento, se non di conseguenze penali, quando si accertasse che unindagine importante non stata chiesta, sia pure in assenza di ogni indicazione ragionevole alla sua esecuzione. Occorrerebbe pensare a tutto questo e stabilire dei criteri di giudizio che salvaguardino i medici da azioni legali avventate. Il che non toglie che sarebbe certamente bene che nelleducazione universitaria dei medici venisse dato lo spazio adeguato al metodo clinico, il che oggi per lo pi non avviene. Nellattesa del conseguimento di questo ideale culturale, rassegnamoci allidea che il diritto alla salute non uguale per tutti. E questo sar sempre peggio con i progressi della medicina che offrono strumenti diagnostici sempre pi efficaci, ma pi costosi. Quanto detto riguarda i cittadini italiani che, almeno in teoria, dovrebbe-

ro essere pienamente visibili per le istituzioni dello stato. Ma la nostra penisola abitata anche da esseri umani che da questo punto di vista sono completamente invisibili. Parlo degli immigrati, o almeno di quelli non in regola con i documenti, i cosiddetti clandestini. Il nostro sindaco ha detto recentemente che gli immigrati clandestini di regola delinquono. Ci sono state in Italia pi sanatorie, lultima proprio da parte dellattuale governo cui vanno le simpatie politiche del nostro sindaco, con le quali si sono regolarizzate le posizioni di varie centinaia di migliaia di immigrati che prima, secondo i criteri dei sodali politici del sindaco, potevano essere definiti clandestini. Ebbene, se ci si basa su questi numeri bisognerebbe concludere che gli immigrati clandestini di regola lavorano e non delinquono. Eppure, questi abitanti della nostra penisola sono totalmente invisibili per quanto riguarda il diritto alla salute, che non li riguarda. Ho gi scritto su ArcipelagoMilano qualcosa a proposito della possibilit di denunciarli quando chiedono soccorso a una struttura sanitaria e, di fatto, credo che chiedano questo il meno possibile, figurarsi se chiedono una tomografia assiale o una risonanza magnetica. Eppure, a me medico, tutto questo fa una grande impressione. In politica ci si scagliati contro il buonismo, ma forse non era il caso di passare al cattivismo. Eppure sembra che il cattivismo serva al sucesso elettorale. Questi sono i tempi in cui viviamo. Tristi.

Architettura BARRIERE ARCHITETTONICHE: MILANO COSA FAR? Isabella Tiziana Steffan


Milano non conosciuta come una citt facile per i pedoni: gli anziani, i cittadini che vanno a fare la spesa, i genitori con il passeggino, i bambini che vanno a scuola, i turisti con le valigie. Siamo lontani dalla realizzazione di una rete di percorsi sicuri casa-scuola, di greenways, di edifici aperti al pubblico e mezzi di trasporto pubblico fruibili agevolmente da persone con disabilit motorie e sensoriali. Non mi pare laccessibilit come mezzo per linclusione sociale sia considerata una priorit. Ho avuto modo di partecipare a vario titolo ai cui lavori per le varianti al regolamento edilizio: non vi sono input innovativi su questo tema, ma un semplice rimando alla normativa vigente sulleliminazione delle barriere archi-

tettoniche, in alcuni casi in modo meno restrittivo. Nel regolamento edilizio non si tratta di materia urbanistica, ma neppure nel PGT viene ripreso lart. 15 della Legge Regionale 6/89 che prevede che i Comuni destinino una quota non inferiore al 10% delle entrate derivanti dagli oneri di urbanizzazione ai fini dell'abbattimento delle barriere architettoniche e localizzative per le opere, edifici e impianti esistenti di loro competenza. Nella Commissione Arredo Urbano recentemente costituita, non ci sono esperti in accessibilit. Eppure il tema della percezione, della sicurezza e dellusabilit degli elementi di arredo urbano da parte di tutti dovrebbe essere coniugato con la bellezza della citt e considerato importante. Vi sono alcuni esempi di Amministrazioni virtuose a cui ispirarsi, sia a livello regionale con ricadute sia a livello provinciale sia comunale. Il Comune di Ferrara ha istituito prima un Ufficio di consulenza per favorire l'autonomia e la vita indipendente delle persone anziane e con disabilit nella propria abitazione e nel territorio, e nel 2008, la Commissione Tecnica Accessibilit, afferente al gabinetto del Sindaco, con l'obiettivo di garantire massima accessibilit a tutti i cittadini. La Commissione, oltre alle funzioni consultive e di supporto ai tecnici interni ed esterni, prende in esame anche le segnalazioni di priva-

ti cittadini che possono cos evidenziare situazioni problematiche o difficolt di accesso nel territorio comunale. Il Comune di Parma, ha istituito unAgenzia apposita che svolge i propri compiti in modo integrato con i diversi Assessorati dellAmministrazione Comunale, e diverse Istituzioni che operano nel settore disabilit al fine di agire in modo trasversale e sinergico per lo sviluppo di una politica locale orientata a favorire linclusione di tutti nella vita della comunit. Oltre alle molte iniziative di supporto alle famiglie, a Citt accessibile, un programma in cui tutti gli assessorati sono chiamati a predisporre interventi negli ambiti di competenza, si ricorda i recenti Piano della mobilit delle fasce deboli, e il Libro Bianco su Accessibilit e mobilit urbana, linee guida per gli enti locali frutto del lavoro del Tavolo tecnico istituito tra Comune di Parma e Ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali. Il Comune di Venezia ha istituito nel 2003 presso la Direzione Progettazione Esecuzione Lavori Pubblici, l'Ufficio Eliminazione Barriere Architettoniche si occupa di tutti i problemi presenti negli edifici comunali e negli spazi pubblici del Comune. L'ufficio si avvale di alcuni consulenti per affrontare tematiche specifiche e per esprimere pareri sui progetti di interventi pubblici; costituisce

un punto di riferimento per tutti i tecnici, per la definizione di criteri e metodologie di progettazione accessibile. Citt per tutti un servizio, afferente al Consigliere Delegato Accessibilit, con cui il Comune si impegna a garantire ai cittadini, le informazioni utili per fruire al meglio dei servizi erogati a favore delle persone con disabilit e a far conoscere le facilitazioni e gli interventi realizzati per migliorare l'accessibilit urbana di Venezia e Mestre, in particolare con un'efficace politica di trasporto pubblico. Il Progetto Lettura Agevolata un servizio promosso per facilitare l'accesso alla cultura e all'informazione da parte delle persone con ridotte capacit visive e per sensibilizzare la collettivit sui temi legati alla minorazione della vista. Sarebbe bene che Milano, citt turistica proiettata verso lExpo 2015, in cui ancora crediamo, non figuri ancora una volta come poco sensibile alla filosofia dellInclusive Design/Design for All, adottata e promossa dalla Comunit Europea. Dovrebbe porsi come obiettivo una progettazione accessibile diffusa sul territorio, prima a livello urbanistico e architettonico ma poi anche riguardo ai trasporti pubblici, ai servizi, al sistema informativo, agli arredi urbani e, ispirandosi agli esempi citati, potrebbe dotarsi di una commissione o ufficio apposito.

Primo piano IL CONTRATTO: SPATUZZA, ARCORE E DINTORNI Giuseppe Ucciero


Nelle storie criminali il contratto lo strumento che regola lassassinio di un uomo. Labbiamo visto nei film, forse abbiamo letto qualcosa su libri e giornali. Lessenziale non muta mai: da una parte il mandante, dallaltra lesecutore, in mezzo il bersaglio, sul tavolo i soldi. Anche se il dilagare della droga e della manovalanza criminale ha abbassato il prezzo del Contratto, tuttavia non si discute che quello che si paga sempre il prezzo della vita di un uomo. Le modalit, le forme, con cui il bersaglio viene centrato e tolto di mezzo del tutto indifferente al mandante, agendo lesecutore in totale autonomia di modi, tempi e strumenti: insomma una prestazione COCOPRO come ce ne sono tante. Tra persone per bene non si fanno Contratti e chi fa Contratti non , non pu essere, una persona per bene. Almeno cos credevamo, fino a mercoled 16 giugno 2010, fino a quando abbiamo appreso che qualcuno, che si credeva perbene, ha fatto un Contratto sulla testa di Giuseppe Spatuzza. Un bel Contratto ma di tipo nuovo. Chi sia Giuseppe Spatuzza si sa, si sa cio che non uno stinco di santo, si sa che ha taglieggiato, ucciso, ferito, rubato, mentito, insomma un soggetto altamente qualificato a rappresentare la compagine criminale chiamata mafia. Il fatto per che questo Spatuzza non si limitato a rappresentarla nel solo modo in cui i suoi codici donore lo consentono, cio un silenzio riottoso a ogni sollecitazione, ma si infine deciso a raccontarla, sia

pure per quel che ritiene opportuno di dire e non dire. E dice e non dice sulle vicende personali dellonorevole Berlusconi e dei suoi uomini pi vicini, a partire dallaltrettanto onorevole Marcello DellUtri, appassionato bibliofilo e quindi, come tale, certamente persona per bene. Ecco che allora lo Spatuzza non pi un onorevole rappresentante della Mafia spa, ma diviene un bersaglio che deve essere messo nelle condizioni di non nuocere. Ma come farlo, come ucciderlo senza ucciderlo effettivamente? Come impedirgli di parlare, senza versare, per ora, il suo sangue? Come farne uno zombie circolante come premorto anzich postmortem, senza colpirlo fisicamente? E semplice, basta innovare lo strumento del Contratto, basta importare anche nelle logiche criminali quella fantasia degli strumenti e dei metodi che tanta buona prova di s sta dando nella gestione della finanza, delleconomia e della societ. Cos, quasi fosse un derivato, qualcuno ha ben pensato di mettere a punto una sorta di Contratto che opera non con unazione ma con unomissione, un Contratto a contenuto assicurativo contro eventi esterni indesiderati. Per uccidere un uomo come Spatuzza non necessario sparargli in testa, basta togliergli la protezione, basta omettere un provvedimento essenziale per la sua sopravvivenza fisica. Per farlo tacere pensiamo quindi noi, del Viminale, che al resto poi qualcuno provveder. Cos a Giuseppe Spatuzza viene negata, per la prima volta in Italia in casi simili, laccesso al Programma Protezione e che questo avvenga a seguito del suo dire e non dire circa le oscure origini Berlusconi

non appare una pura consecutio temporum. Togliere la protezione a uno come Spatuzza, depositario di segreti e di informazioni le pi pericolose e intime sullintreccio tra politica e mafia e soprattutto disposto a parlarne, equivale alla firma di una messa a morte, ad un contratto tra criminali. La carica intimidatoria di un atto di questo genere pari solo al suo contenuto sovversivo delle regole, dellinteresse e delletica dello Stato. E non stupisce allora che delloperazione si sia fatta carico, con piena responsabilit politica e morale, luomo della Lega al Viminale, il garante della Sicurezza dei bravi cittadini del Nord. Non stupisce perch nel perverso patto sempre pi stretto tra Berlusconi e Bossi, la salvezza delluno sempre pi la salvezza dellaltro, e daltra parte cosa sar mai la vita di uno Spatuzza di fronte al sole radioso della Padania libera? Ed ecco allora che il Contratto, un Contratto che uccide la Verit prima ancora che la Vita, pronto ed firmato da tutti gli interessati. Ecco pronto il Contratto che non toglie la vita, ma semplicemente, come dire, la sospende cautelativamente. Son chiari i mandanti, chiara la vittima, chiaro il prezzo posto sul tavolo. Manca solo il tempo e loccasione, ma non preoccupiamoci che son dettagli, che anzi i nostri neanche vogliono sapere, che son persone perbene, loro. Non sappiamo se questi siano gli ultimi anni o mesi del potere di Berlusconi, certo che dal suo lento tramonto proviene un tanfo insopportabile di marciume personale, morale, materiale, politico, generato da un verminaio in cui delirio di personalit, connivenze criminali, sexual addiction, favori omertosi, si intrec-

ciano a livelli sempre pi insostenibili non per la morale della persona per bene, ma per il mantenimento dei requisiti minimi del funzionamento dello Stato e della Societ. Cosa ha da dire su questo la classe dirigente? Silenzi, qualche imbarazzo, risatina e risatone alle barzellette nei convegni, e dietro alle quinte un gran fervore per spartire la gran torta dei privilegi e del business. Coshanno da dire le Associazioni Imprenditoriali che impongono addirittura ai propri associati, a rischio della loro pelle, degli associati sintende, di denunciare qualsiasi tentativo di estorsione e dintromissione mafiosa? Silenzio. Tra persone perbene non si fanno contratti, n attivi n omissivi. Le Associazioni, le Camere di Commercio, le Fondazioni bancarie, sono fatte di persone perbene, lo dobbiamo e lo vogliamo credere. Vorremo anche poterlo credere. Se una persona perbene non tollera pi il comportamento di un mascalzone, normalmente gli toglie il saluto, o almeno manifesta freddezza formale. Se una comunit toglie il saluto, quelluomo finito, per quanto potere abbia. E allora, coraggio, togliete il saluto a Silvio Berlusconi, negate la riverenza a quelluomo di cui tanto sparlate in privato, siate persone perbene, o almeno non ridete alle sue barzellette che sono la forma specificamente volgare con cui luomo del malaffare chiede a tutti tacita e compromissoria complicit. Un momento dopo il vostro silenzio, un istante dopo il vostro ritegno al saluto, il Re sar irreparabilmente nudo e solo, senza pi il potere di firmare Contratti contro Spatuzza e contro di noi.

Scrive Maurizio Franzolin


Gent.Redazione, prosegue la brutale cementificazione del territorio! Ora all'interno di un'area tra i condomini via Tiziano - via Veronese - v.le Be lisario da giorni, con tutte le sgradevoli conseguenze di rumori che obbligano i residenti a vivere asseragliati o altrove, proseguono i lavori per la costruzione di abitazioni (?). Non bastava la speculazione di Citylife! Alla faccia di tutti i "Central park" che un giorno si e uno anche

10

qualche improbabile (e in altri contesti impresentabile) assessore fa ma-

gicamente apparire sparsi per Milano.

Maurizio Franzolin

Scrive Domenico Capussela


Caro LBG, premessa: sono un vecchio socialista che, ahim et obtorto collo, vota PD. Ho sentito bersani Sabato scorso, poverino, era patetico, il pianto per lAquila, lantiberlusconismo fine a se stesso, e la chiusura ridicola: se a berlusconi non gli va, vada a casa . Sfugge al ns. leader, leader si fa per dire, che per mandare a casa Berlusconi ci vogliono i voti, quei pezzi di carta che gli elettori depositano nelle urne. Noi ne avevamo il 33% ad Aprile 2008, oggi si e no il 26%, complimenti Veltroni, Franceschini, Bersani. Nonostante il pdl sia immerso nelle nefandezze, noi continuiamo a perdere; cosa succederebbe se il pdl fosse meno nefando e facesse anche una sola piccolissima cosa buona? Noi eternamente allopposizione e Berlusconi a Palazzo Chigi sin dopo limbalsamazione. Questa la realt, caro LBG, il resto sono vuote e inutili chiacchiere. Domenico Capussela

Scrive Elena Ruginenti


Non sono daccordo che il PD sia chiuso alla societ civile. Io e molti altri attivisti del PD siamo a contatto, ognuno per la sua parte di conoscenze e di rapporti, con diverse associazioni e partiti e insieme si organizzano iniziative per la casa, lacqua, il pgt, ecomostri, parcheggi, parco sud, immigrazione, droga, ndrangheta, verde pubblico, scuola primaria e superiore, ricerca e universit, donne e parit di genere, ecc. Supportati da docenti, attori, politici di diverse opinioni e cittadini. Ora si tratta: 1) di definire meglio il perimetro della societ civile per capire a chi si fa riferimento quando si parla di societ civile 2) i rapporti sono sempre reciproci quindi la societ civile o chi crede di impersonarla si faccia avanti, le braccia sono aperte anche se per nostra incapacit non dovessimo essere i primi 3) il tutto va detto non per polemica ma per amore di Milano e della sua ripresa con una giunta diversa. Una cittadina (faccio anchio parte della societ civile spero) che simpegno molto per cambiare Milano. Elena Ruginenti

RUBRICHE
MUSICA
Questa rubrica curata da Paolo Viola rubriche@arcipelagomilano.org

Grandi maestri e giovani talenti


Destate, si sa, anche la musica si sposta in campagna, va a villeggiare con i signori o ad allietare i turisti per incrementare gli affari di albergatori e ristoratori, in antichi castelli e ville storiche; cos sono nati e cresciuti festival di ogni tipo e qualit, compresi quelli sommi di Lucerna, Glyndebourne, Bayreuth, Aix en Provence. Un po meno usuale che a pochi chilometri da Milano, a un tiro di schioppo luna dallaltra, ci si imbatte in due serate musicali di grandissima qualit, del tutto inaspettate, tantomeno annunciate in misura adeguata: successo la scorsa settimana, quando ci stato dato di ascoltare la famiglia Ashkenazy, quasi al completo, nel Castello di Pomerio a Erba, e di assistere a un delizioso e raffinato Don Giovanni nel giardino di Villa Olmo a Como. Vladimir Ashkenazy quel musicista straordinario sopratutto il fantastico pianista che tutti sappiamo e, anche se non suona quasi pi (e anche se dirigere non proprio il suo mestiere), riesce sempre a darci grandissime emozioni. Cos stato laltra sera, nellatmosfera magica e incantata della corte del Castello di Erba, quando nel primo tempo ha diretto lorchestra dellAccademia Europea (www.accademiadimusica.org) preparata da Stefan Coles che di quellistituzione lentusiasta e infaticabile creatore e direttore, e che nelloccasione ha compiuto il bel gesto di sedere al posto del primo violino eseguendo dapprima due pezzi di Schubert (musiche di scena per la Rosamunda) e poi, con il figlio Vo-

11

vka al pianoforte, il solare concerto n. 12, K. 414, di Mozart. Fin qui tutto bene, due esecuzioni molto morbide, un po sognanti, senza grandi contrasti, sostenute da unorchestra perfetta, con il suono giusto per quellatmosfera e quel luogo. Nel secondo tempo invece ha prevalso lincontenibile amor paterno del grande Vladimir che ha voluto eseguire due pezzi in famiglia con risultati che hanno lasciato molto perplessi: una Ma mre loye di Ravel nella rara e bella edizione originale per pianoforte a quattro mani (le sue e quelle di Vovka) suonandola a parti alternate si suppone per evitare qualche difficolt tecnica con evidenti e inevitabili squilibri; poi ha voluto inopinatamente chiudere con un omaggio alla coppia - figlio pianista e nuora ballerina dirigendo lincantevole Aubade di Poulenc per pianoforte e piccola orchestra con limprobabile aggiunta di un insignificante balletto. Peccato. La sera dopo eravamo pieni di pregiudizi - dobbiamo confessarlo - avviandoci ai giardini di Villa Olmo a sentire questo Don Giovanni prodotto dalla As.Li.Co con lorchestra 1813. As.Li.Co. per chi non sapesse, lAssociazione Lirica e Concertistica milanese (www.aslico.org) creata cinquantanni fa dal conte Treccani degli Alfieri con lo scopo di scoprire e aiutare giovani cantanti, mentre

1813 (www.orchestra1813.org, dalla data di nascita del Teatro Sociale di Como dove di stanza), unorchestra giovane di giovani, creata sostanzialmente per fare da supporto allattivit di As.Li.Co. Bene, con queste premesse tutti giovani sconosciuti, esecuzione allaperto, giardino circondato dalla strada statale, autoambulanze del vicino ospedale (ma signor Sindaco, davvero non si pu far osservare un po di silenzio?) eravamo rassegnati a una serata modesta, senza alcuna aspettativa, un doveroso gesto di incoraggiamento. E invece stato uno spettacolo fantastico, con una magnifica scenografia e una straordinaria regia che ricordavano, senza farli rimpiangere, Strehler e Peter Brook insieme: Leila Fteita ha raccontato tutta la storia del birbante e delle sue avventure usando solo sipari di stoffe colorate e semitrasparenti, luci accurate e precise, fondali a tinta unita che avevano la forza espressiva di seducenti scenari; simpateticamente Stefano De Luca creava tutti i personaggi del dramma giocoso proprio cos, drammatici e divertenti insieme - tanto vicini a Da Ponte e Mozart quanto lontani dai toni ridicolmente seriosi che spesso ci propinano nellopera lirica. Ancora di pi hanno sbalordito il giovanissimo direttore inglese Oliver Gooch, un ragazzo che irrompe sulla

scena musicale internazionale con la stessa sicurezza con cui si present Daniel Harding (ricordate quel suo Don Giovanni di Aix-en-Provence, nel 1998 - aveva 23 anni - che sbalord il mondo intero per il brio e la vitalit dei suoi personaggi, e che approd poi al Piccolo Teatro per la scarsa ospitalit della Scala di Muti?), e quella fantastica coppia di baritoni nelle parti del Dissoluto Punito (Alessio Arduini, ventunenne!) e del suo arlecchinesco servitore (Mirko Quarello). Ma tutti, necessario dirlo, hanno contribuito a creare uno spettacolo di altissima qualit e di grande fascino. Anche quando sono avanti negli anni, i grandi maestri vanno sempre venerati, ascoltati e riascoltati; non si finisce mai di imparare da loro ed un vero piacere passare qualche ora in compagnia dei loro pensieri e dei loro sentimenti; ma che meraviglia scoprire ragazzi che si apprestano a diventare i protagonisti dei prossimi anni, e che gioia riconoscerne il talento, premiarne le fatiche e le attese! Non lesinare loro il credito, e aiutarli a trovare spazi cui affacciarsi, la storica responsabilit di ogni generazione; ma la nostra, nella musica come in politica o nella ricerca, non la sta forse eludendo?

CINEMA Questa rubrica curata da Giulio Rubinelli

LA NOSTRA VITA VA IN PARADISO


C' la necessit di intendere il cinema come un mezzo di comunicazione di massa, cos come il teatro, la televisione. Essere un attore una questione di scelta che si pone innanzitutto a livello esistenziale: o si esprimono le strutture conservatrici della societ e ci si accontenta di essere un robot nelle mani del potere, oppure si tenta di stabilire un rapporto rivoluzionario fra l'arte e la vita [G.M.Volont] Come La classe operaia va in paradiso ha insegnato ad amare Volont, di La nostra vita (diretto da Luchetti, 2010) incanta linterpretazione di Elio Germano. Recitare non altro che essere un personaggio, invece che fingere di esserlo. Io sono una vite, io sono un bullone, io sono una cinta di trasmissione, io sono una pompa! tuonava Gian Maria e una macchina la era davvero. Calcolando perfettamente anche i tempi con cui sbatteva le palpebre. E come quel film (diretto da Elio Petri, 1971) istruiva lItalia sulla vita del cottimista, Elio Germano interpreta una casa in costruzione. La sua vita ne lo specchio in primis. Con le proprie

12

difficolt, i suoi inceppi, la vita passo passo prende forma. La recitazione di Elio Germano una casa su due piani. Con un giardinetto allentrata, il tetto di tegole, gli interruttori in ceramica. E dentro tanto amore, semplicit e una cura capillare dei dettagli. Cos cambiato tra le epoche dei due film? Poco o nulla a pensarci bene. Gli operai morivano sul posto di lavoro? Gli operai muoiono anche oggi. Il padrone richiedeva tempi stremanti produzione? Oggi il padrone la societ, schiava di s stessa. I due attori ci dimostrano che esistono ancora oggi gli operai attaccati visceralmente al proprio lavoro, alla manodopera, altro esempio ci viene fornito dallinterpretazione di Sergio Castellitto in La stella che non c (di Gianni Amelio, 2006). Il lavoro a progetto si allontana tanto dalla logica pi antica e superata del cottimo, abbattuto da decenni di ardue lotte? La vita del cottimista era localizzata sul lavoro. Non cera spazio per lo svago o la famiglia. Tutto volgeva intorno a dei movimenti fisici, ripetuti meccanicamente, intorno a degli orari, sempre gli stessi. Ancora Volont: Noi entriamo qui dentro la mattina, quando buio, e usciamo la sera, quando buio. Ma che vita la nostra! Intorno, primo fra tutti, allalienazione dal lavoro. Loperaio di oggi pi consapevole. Una presa

di coscienza che non lo aiuta tuttavia nellaffrontare le sue giornate, divise tra la voglia di una vita normale, o al di sopra delle proprie possibilit, e il lavoro. Un lavoro che specie al meridione sfugge maggiormente ai controlli e al sostegno del sindacato, la cui protezione viene presa in gestione dalla criminalit organizzata locale. Cinico nella sua semplicit ed essenzialit La nostra vita rimane un film in mano agli attori, alla loro capacit di trasmettere le emozioni che regnano sovrane al di sopra degli interessi e dei tempi di consegna. Emozioni che sono grida di umilt, senza pretese, sul filone del verso cantato nella nuova canzone The Wild Hunt di The Tallest Man on Earth, che recita And I plan to be forgotten when Im gone [ndr. - E ho in programma di venire dimenticato quando me ne andr]. Sebbene resta impossibile paragonare in tutto e per tutto le due opere, quella di Luchetti e quella di Petri, per delle apparenti mancanze di regia e di sceneggiatura in La nostra vita, non torna difficile vedere questultimo film, pi recente, come un sequel ideale di La classe operaia va in paradiso. Per il modo, tutto italiano, di affrontare le tematiche legate al mondo del lavoro e nel descrivere la vita delloperaio con un misto tra ironia, follia e drammaticit. Non per ultima la colonna sonora, nel ca-

so pi datato firmata da Ennio Morricone, nel caso di Luchetti da un sempre verde Vasco Rossi (di cui viene fatto un grande utilizzo come spalla alla recitazione di Germano in una scena in particolare: quella del funerale). Citando le celebri battute tratte dal capolavoro di Marco Tullio Giordana (2000) I Cento Passi recitate da Luigi Lo Cascio, alias Peppino Impastato, osservando laeroporto di Cinisi dallalto di una collina. Monologo che lega ledilizia a un concetto di bellezza che va insegnato o forse solo ricordato alle persone, alla cura e la tutela di ci che amiamo e dei luoghi in cui abitiamo. Uno sale qua sopra e potrebbe anche pensare che la natura vince sempre, che ancora pi forte delluomo. E invece non cos. In fondo tutte le cose, anche le peggiori, una volta fatte si trovano una logica, una giustificazione per il solo fatto di esistere. Fanno ste case schifose, con le finestre in alluminio, i muri di mattoni, i balconcini, la gente ci va ad abitare e ci mette le tendine, i gerani, la televisione e dopo un po tutto fa parte del paesaggio- c. Esiste. Nessuno si ricorda pi di comera prima. Non ci vuole nulla a distruggere la bellezza. Allora bisognerebbe ricordare alle persone la bellezza, aiutarle a riconoscerla, a difenderla.

13

Gallery

YOUTUBE INTERVISTA A LUCIA CASTELLANO DIRETTRICE DI BOLLATE http://www.youtube.com/watch?v=vTH-_dOZcvM&feature=player_embedded

14

Potrebbero piacerti anche