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Numero 15 anno II
20 aprile 2010
edizione stampabile
Editoriale LBG - DOMENICA NON FACCIAMOCI DEL MALE Ambiente e Scienza - Fiorello Cortiana - LAMBRO: NASCONDERE LA VERIT Societ - Oreste Pivetta LIBRI MILANESI: LA TRINCEA DELLA DENUNCIA Architettura - Giorgio Origlia - LA DARSENA DI MILANO, UNE AUSSI LONGUE ABSENCE Dallarcipelago - Giuseppe Torrani - GOVERNO DELLA CITT METROPOLITANA Lettera - Guido Martinotti - PEDOFILIA E CHIESA. IL DELIRIO DI MESSORI E GALLI DELLA LOGGIA Citt - Marco Ponti - LA RICCHEZZA DELLA CITT QUANTO VALGONO LE INFRASTRUTTURE DI TRASPORTO DI MILANO. Primo Piano - Gianni Zenoni - LA COMMISSIONE PER IL PAESAGGIO Urbanistica - Pietro Cafiero - PGT E CITT METROPOLITANA Metropoli - Alessandra Tami - IL BELLO DI MILANO Speciale elezioni 1 - Walter Marossi - LASTICELLA OVVERO DECALOGO PER PREVENIRE LE ARGOMENTAZIONI DEI GIORNO DOPO Speciale elezioni 2 Carneade - ULTIME DAL FRONTE
Video IL CAPOLISTA DEL PD A MILANO FABIO PIZZUL Musica CLAUDE DEBUSSY (1862-1981) Suonata per flauto, alto e arpa Finale Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit in ARTE & SPETTACOLI MUSICA a cura di Paolo Viola TEATRO a cura di Guendalina Murroni ARTE - a cura di Michele Santinoli
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orgoglioso di quella nostra stagione e quindi non temo affatto di partecipare a un rito. Il ricordo bisogna tenerlo vivo. Anche una passeggiata in mezzo a tante persone un modo per ricordare. Mi piace ritrovarmi in un ambiente che sento familiare, qualcosa che mi appartiene e al quale appartengo. E un po ritrovare la comunit e la solidariet della comunit. Mi colpiscono alcune tue parole, come passeggiata, ambiente famigliare, comunit, solidariet, perch non le sento retoriche. Ma perch dovrebbe esserci retorica nel ricordare latto di nascita di un paese, finalmente nella democrazia. La celebrazione una festa. Come la Liberazione fu una festa. Ma poi senza la politica, e direi senza la politica giusta, anche le certezze si consumano. E significativo che il governatore Formigoni non si senta in dovere di partecipare e
che una settimana prima i neofascisti organizzino a Milano le loro messe per Mussolini. Sedici anni fa, alla prima vittoria di Berlusconi, il 25 Aprile fu una grande giornata di battaglia politica. Con la Lega in corteo. Sotto una pioggia torrenziale. Quanta politica c nella tua festa? Ma io la politica di mezzo ce la metto sempre. Non riuscirei a vivere prescindendo dalla politica. Ma ovviamente contano nella mia formazione una famiglia dove di politica sentivo sempre discutere e alcune esperienze personali. Capisco che nella confusione doggi molti se ne allontanino. E successo anche prima per molti giovani come me o poco pi grandi di me, quando crollato il muro di Berlino, quando finito il Pci, quando scoppiata tangentopoli. Per molti il riferimento culturale diventato Drive In. Non per tutti, fortuna-
tamente. Giuseppe mi ricorda intanto che il settanta per cento degli italiani si informa solo dalla televisione. Giovanni Sartori, il politologo, giorni fa ricordava che il settanta per cento degli italiani non sa pi leggere o non capisce che cosa legge. La nostra scuola e le lapidi di via Mac Mahon (e le nostre famiglie) ci hanno salvato dalla schiera degli analfabeti televisivi e degli analfabeti di ritorno. E allora? Allora ci saremo. Mi rincuora in fondo quel disincanto nel definire la manifestazione: una passeggiata. Una festa per il ricordo, per chi pensa ancora che in quei lontani giorni si sia fondata la nostra Repubblica. La memoria serve contro chi cerca di scassarla e una passeggiata il compito che non pu avere: di un voto, di una consultazione elettorale.
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picchiatore, ma, come si diceva allora, uno che ci credeva. Intendendosi nel codice non scritto della borghesia italiana, uno un po fesso, che credeva ai valori sbandierati dal regime senza approfittarne. Figlio di un militare di carriera piemontese, morto dalle parti di Misurina nei primi giorni della Grande Guerra, vittima della ritardata eliminazione della sciabola lucida e della pessima logistica che lo aveva lasciato dissanguare era orfano con madre vedova di guerra, e non era stato richiamato in guerra nellesercito regolare. Per questo si era presentato come volontario nella milizia nazionale fascista per la campagna in Africa Settentrionale. E, come benvenuto, lui che lasciava un posto direttivo in una grande assicurazione, si era sentito dire dal perenne sportellista italiano: ecco un altro morto di fame. Un primo significativo contatto con il mondo degli otto milioni di baionette, di cui mio padre ha riportato una straordinaria testimonianza fotografica, avendo comperato da un ufficiale tedesco una Contax a tendina, scatti fino a 1/1250 con obiettivo Zeiss anteguerra che ho ancora. I rullini delle pellicole, raccattati qui e l di sottobanco, li nascondeva cucendoli nel bordo del cappotto grigioverde che diventava via via pi rigido dandogli unaria pomposa da uno sempre sullattenti. E il racconto di una guerra di poveri straccioni, morti di fame per davvero, mandati allo sbaraglio da un dittatore buffone, commediante tragico che, come spiegher bene Denis Mac Smith, nel suo splendido libro sulla propaganda fascista, era soprattutto un formidabile esperto di comunicazioni di massa, da giornalista di professione. Ma sopratutto da retore ignorante e senza vergogne: Ma evidentemente mio padre godeva di stima generale, perch poco prima dellla liberazione, quando ormai i destini erano segnati, si rifiut di passare in Svizzera con altri che temevano a torto o ragione rappresaglie da parte dei partigiani vittoriosi. Che non mancarono perch sulle montagne del Verbano e dellOssola la lotta era stata dura e per vario tempo dopo la fine della guerra, verso sera si sentivano le raffiche di mitra delle esecuzioni provenire dal Campo sportivo di Intra. Insomma eravamo stati sbattuti l dalla gran risacca della guerra e tutto sommato ci trovavamo come su unisola inquietantemente felice, nellocchio del tifone, come leggevamo nei romanzi di Salgari, che rappresentavano una delle letture principali dei due o tre intellettualini della classe. Che discussero a lungo sul modo in cui si dovesse pro-
nunciare la Y, deliberando poi che stava per una V. Cosicch lo yacht di Yanez suonava il Vact di Vanez. Attorno a noi la guerra si aggirava piuttosto allorizzonte degli eventi. Ogni tanto l sulle montagne si sentiva il tah pum! del 91. Ecco il tapum commentavano i ragazzetti pi esperti on laria di chi sa tutto. O qualche raffichetta di Sten, che arrivava assai pi attutita. Pi di frequente arrivavano gli aerei. Quelli facevano paura, aveva un bel dire mio padre che quando erano sopra la testa il pericolo era gi passato. In genere, venendo dalla Svizzera, sganciavano proprio allaltezza di casa nostra e la bomba esplodendo qualche centinaio di metri pi in basso, faceva un frastuono tremendo. Quando suonava lallarme tutti scappavamo in casa tirandoci dietro anche quelli che in quel momento passavano sulla strada l davanti. Mi ricordo che una volta cera anche un signore alto di Arizzano o Cargiago, uno dei paesi pi a monte, entrato nel corridoio tenendosi stretta la sua bicicletta e con il suo bel cappello in testa, che, mentre ci stringevamo tutti tremebondi nel retro della casa sotto le scale, incitava gli Alleati a bombardare e, quando finalmente si sentito il botto gridava, cercando di indovinare da dove veniva, lha centrata, lha centrata!. Intendendosi la caserma della X Mas di Intra, che forse il pilota non sapeva neppure dove si trovasse, ma forse si. In realt si seppe poi che la bomba era andata a finire sul campo sportivo, ma il giorno dopo, quando come al solito stavo a spiare dalla siepe lanabasi dei ciclisti, il signore col cappello, che ormai era entrato a far parte delle nostre conoscenze, passando gridava lhanno mancata di poco e ci faceva vedere con le mani giostrando sul manubrio quanto vicino era andata la bomba allobiettivo che lui le aveva assegnato. E poi cera il Pippo, che capitava di solito a met mattinata con il ronzio regolare dellelica che a un certo punto aumentava di frequenza e tutti sapevamo che stava scendendo in picchiata su un bersaglio. Un paio di volte il Pippo passato fragorosamente sopra la scuola senza che avessimo neppure il tempo di evacuare. Cos tutti, scolaresca e maestre, stavano li seduti e impietriti in attesa dellesplosione finch il rumore non si allontanava. Ma il rumore pi terrorizzante era quello sordo e notturno degli squadroni che a ondate andavano a bombardare Milano. Passavano per ore parecchio alti sopra di noi, ma erano tanti e il rombo faceva tremare i vetri della casa. Allora la zia veniva in camera dalla mamma e stavano a torcersi le
mani e a consolarsi a vicenda, al lume delle abat-jours, perch un poco dopo il passaggio della prima ondata si cominciava sentire il rumore delle bombe su Milano. Un brontolio sordo, proprio come si legge sui libri, lungo, insistente e senza sosta, che si accompagnava ai bagliori della contraerea che sintravvedevano nella foschia verso la fine del lago, come un mostruoso budino di cioccolata che tremolava l nel fondo nella notte. Dentro al quale stavano gli uomini della casa, mio padre e lo zio Dodo, che lavoravano in citt e che sicuramente in quel momento erano da qualche parte l sotto. Io affinavo e temperavo il mio udito al calor bianco del mio terrore, un terrore metafisico, non collegato a un pericolo immediato, perch avevo imparato che in quei casi pericolo per noi non cera e forse non riuscivo neppure a concepire il pericolo per pap, che per me era unentit immortale che prima o poi rispuntava sempre dalla curva dello stradone. Ma cerano il rumore, la tensione delle donne, i tremori della veglia notturna e tutte le altre paure collegate al buio fragoroso e minaccioso che ci circondava. Quanto a rumori di aerei io ero lesperto incontestato della maison. Si diceva in famiglia perch avevo le orecchie a sventola, che poi a guardar bene non era neppur vero, sta di fatto che io sentivo gli aerei in arrivo un buon cinque minuti prima degli altri. In realt la spiegazione positivistica, o ingegneristica che dir si voglia, era del tutto sbagliata. La mia straordinaria capacit aerofona non dipendeva dalla superficie auricolare, ma era direttamente proporzionale al terrore per i bombardamenti che aveva le sue radici dallesperienza del primo bombardamento dellOttobre del 42, subito in una cantina di Piazza Diaz. Di giorno per, quando capitava, gli aerei si dovevano guardare bene perch poi a scuola seguivano lunghi dibattiti sullo spotting. Di aerei nostri non ce nera praticamente pi, ma una prova sicura che fossero americani era il loro scintillio. Tutti gli altri erano mimetizzati, color cachi o oliva a macchie, ma le fortezze volanti Liberator (gli americani erano gi bravini con le parole) attraversavano il cielo scintillando con limprontitudine di chi se ne sbatte nel modo pi assoluto. Era un gran bel vedere, soprattutto quando passavano un po in l. E noi, i ragazzini del paese, ma certo anche gli adulti, stavamo l con il naso in su, rapiti a vedere questi uccelli dai baluginii brillanti come unarborella nello stagno. Cos appena i miei padiglioni auricolari fisici, poten-
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ziati dalla paura mi segnalavano un aereo in avvicinamento io correvo fuori sul terrazzino per fare il rilevamento. Spesso erano lontani, ma capitava che in mezzo a un frastuono assordante passassero a volo radente gli spitfires, con quel movimento danzante con le ali che fanno mentre mitragliano e con le fiammelle dei cannoncini che ci avresti potuto accendere il fuoco. I partigiani. Che in paese tutti fossero con i partigiani, salvo i pochi borghesi sfollati, e le pochissime famiglie impegnate con la Repubblica di Sal, lo si capiva benissimo perch tra i miei compagni di scuola ero lunico che, ripetendo le cose che sentivo in casa, prendevo talvolta le parti dei fascisti. E un giorno che eravamo tutti sulla prua del giardino con i miei compagni, mia madre mi ha chiamato in casa e mi ha detto un bruscamente di non usare quegli argomenti. Ma i partigiani rimanevano soprattutto unentit mitica che si muoveva nella notte. Una sera, mentre eravamo nel soggiorno, che veniva chiamato tinello, bussano alla porta, da estranei. Rapidamente il pap e lo zio vanno ad aprire, mentre si diffonde il clima delle emergenze e si chiude ritualmente la porta tra il soggiorno e l'anticamera. Non tanto rapidamente per perch non si faccia in tempo a intravedere qualcuno che entra con un mitra in mano a canna in gi. I partigiani! Si sente confabulare e poi qualcuno sale al piano di sopra mentre chi rimasto scambia rade parole con i visitatori piazzati mezzo dentro e mezzo fuori sulla porta. Finalmente chi salito scende e, dopo un altro breve scambio gli ospiti se ne vanno mentre gli uomini di casa chiudono la porta di ingresso e riaprono quella della cittadella, rientrando in salotto con l'aria soddisfatta. La tensione esplode in una serie di domande confuse. Cosa volevano. Chi erano. Gli uomini spiegano che erano tre partigiani e che avevano chiesto "molto educatamente" dei vestiti. Al che lo zio era salito per prendere una giacca a vento, dei golf e delle calze e guanti di lana. Non credo che abbiano lesinato nel dare, il sollievo di essersela cavata a buon prezzo era tale che delle cose date, che pure non erano abbondanti neppure per noi, quasi non si parlato. E poi non avevano intenzioni aggressive; mio padre, che era stato in guerra, ripeteva con soddisfazione di essersene accorto subito perch non avevano il caricatore innestato. Li conoscevo bene questi caricatori del Beretta adattato o dello Sten, 9 mm corto parabellum. Una scatoletta rettangolare di lamierino nero di un paio di cen-
timetri per uno, alto un venti centimetri con una molla in fondo che si poteva togliere sfilando a slitta il fondalino di lamiera. La molla terminava con un soppalchino di alluminio sagomato tondeggiante a due piani che, a caricatore vuoto, si bloccava su due ricciolini della lamiera del caricatore. Le pallottole si infilavano facilmente dallalto a una a una premendo in basso la molla e facendole poi scivolare dentro in due file parallele sfalsate di mezza pallottola. Questo marchingegno spingeva su una pallottola alla volta verso la camera da sparo del mitra che poi buttava fuori il bossolo da unaltra parte. Noi, dico noi bambini e bambine piccolissimi, passavamo ore a riempire un caricatore e a svuotarlo, o togliendo la slittina del fondo o spingendo fuori le pallottole a una a una dallalto con il pollice. Un marchingegno di una semplicit ipnotizzante, mi domando quanto spesso sinceppasse quando lavorava davvero. Vuoto non pesava nulla, ma con le due file di una ventina di pallottole aveva una consistenza rassicurante. Di pallottole di mitra ce nerano tante che non mi ricordo che fosse mai un problema riempire un paio di caricatori che venivano poi ostentati alla cintura nella repubblica dei bambini. Il partigiano Manzoni. Chi aveva condotto le trattative era un certo Manzoni, quello dei tre entrato in casa e che, forse, mi era sembrato di capire, aveva anche tenuto a bada pretese pi spinte di qualcuno che era rimasto minaccioso nel buio brontolando. Ma in ogni caso un po' per la paura passata un po' per genuina simpatia la serata fin con la generale soddisfazione di aver stabilito un contatto con qualcuna delle divinit minori che si aggiravano nel buio della notte fuori dai confini del compound e che si manifestavano spesso con spari secchi, tonfi di bombe lontane, sbrillii di mitraglia e cattivi ronzii di pallottole. Da quella sera il partigiano Manzoni fu adottato dalla famiglia: a poco a poco la sua figura emergeva dall'ombra, anche perch era uno abbastanza conosciuto in paese e le sue gesta venivano amplificate enormemente nei racconti degli scolari. Una volta fummo presi in mezzo a una scaramuccia proprio all'uscita della scuola e ci gettammo tutti a ridosso di un muro dove stavano gi accovacciati un gruppetto di partigiani, compreso il Manzoni che ci strizzava l'occhio sopra la spalla per rassicurarci. Me lo ricordo bene con i pantaloni tesi che aspettava l'occasione per saltare via. A sua insaputa il "Partigiano Manzoni" era cos diventato un nume tutelare della casa e quando, dopo un primo non
riuscito assalto, qualche settimana prima della Liberazione, la colonna dei partigiani si ritirava risalendo verso Premeno, noi eravamo tutti sul terrazzino del primo piano a guardare lo stradone e a un certo punto il Partigiano Manzoni ci ha visto e ci ha salutato, consolidando definitivamente il tutelage con il farci vedere a grandi gesti la giacca a vento dello zio con dentro qualche foro di pallottola o forse solo strappi. E ci gridava tutto allegro, adesso ci ritiriamo, ma torneremo presto. Nella mia memoria la Liberazione coincide con limmagine anticipatoria della colonna del Partigiano Manzoni che si ritirava in allegria. Del giorno preciso del 25 Aprile non ho altri ricordi, salvo che eravamo tutti in strada ed io ho visto che sullerba del Prato Comune era caduta una spolverata di neve. NOTA Questo lo stralcio di un articolo pubblicato in Diario, in occasione del 25 Aprile di 8 anni fa. La storia per ebbe un seguito, che richiede una premessa. I ricordi che raccontavo nellarticolo erano molto privati e non credo di aver mai pi parlato di quegli eventi con alcuno nella mia famiglia, del resto nel 2002 tutti scomparsi da tempo, con leccezione di mia madre gi molto vecchia e sicuramente non lettrice di Diario. Quindi i ricordi di cui parlavo, compreso il nome del partigiano, venivano dal profondo del mio ricordo e (esatti o falsi che fossero, il problema non me lo ponevo in alcun modo) erano incontaminati. E quindi immaginabile la mia sorpresa e lemozione, quando dopo un paio di settimane, mi telefona una persona che si annuncia: io sono il figlio del partigiano Manzoni. E mi spiega che dopo aver letto il raccontino avevano a lungo discusso in famiglia ed erano giunti alla conclusione che quel partigiano era il padre, nel frattempo scomparso. Poi ci siamo visti: un giovane simpatico e mingherlino che, tra laltro, aveva anche seguito un corso con me a Scienze politiche negli anni 60 e che ora lavorava in Svizzera alla RTI. Quella volta mi ha anche portato un libro scritto dal padre, sulla sua esperienza partigiana. Un bel libro che ora non trovo, (ma ce lho, ce lho ancora) e che mi sono messo a leggere con grande interesse, ma anche con un certo disagio perch facevo fatica a ricollocare in una figura storica veramente esistita, il mito del mio ricordo. E bench fosse evidente che lautore conosceva bene i luoghi della mia infanzia, non ero convinto che fosse la stessa persona della mia memoria; intanto le fotografie non coincidevano con il ricordo visivo che avevo elabora-
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to e poi non sapevo se desideravo una conferma oppure se mi disturbava che qualcuno si fosse intruso nel mondo della mia mitologia personale. Cos proseguivo nella lettura passando da una convinzione a quella opposta, lui, no, non lo , finch nelle ultime pagine del libro si descrive, vista dal basso, la medesima scena che racconto io nelle ul-
time righe del racconto, quando i partigiani risalgono verso Premeno salutando e salutati dalle persone affacciate ai balconi. Questo corto circuito per cui i due racconti si incastrano come due tessere di un mosaico e, per cos dire, due persone si guardano negli occhi attraverso il tempo, mi ha provocato una sensazione cos forte che non sono in
grado di raccontarla senza retorica. Non retorica invece, io credo, pensare che parlare con una persona morta attraverso il tempo e grazie ai reciproci scritti forse lesperienza pi toccante che possa capitare a chi ha la fortuna di raccontare e raccontarsi con la parola scritta.
Milano oggi vive una dimensione a doppia interpretazione. Chi la vede come nel suo massimo splendore e chi ne vede la progressiva decadenza. Detto questo innegabile che su questa citt si sia acceso un faro internazionale teso a controllarne i movimenti e le azioni, quasi con curiosit, come a volerne capire il futuro, se da lei imparare o se evitarne lemulazione. Milano quindi ora al centro dellattenzione. Tra tensioni, come quelle vissute in via Padova, scandali- vedere alle voci Pennisi e Prosperini e leterno allarme smog, Milano si prepara al suo evento madrelExpo. In molti sollevano dubbi a tale riguardo, dalle infiltrazioni mafiose nella costruzione delle strutture a esso adibite alleffettivo raggiungimento di tutti gli scopi prefissati. LExpo si terr o no? Ma non di questo che voglio parlare ora. Faccio un passo indietro e torno alle interpretazioni che oggi di Milano vengono date. Milano vive dunque, volgarmente riassumendo, un momento di ricchezza o di povert? Come ogni grande citt e metropoli che nellultimo secolo ha vissuto una fase di forte mutamento, il fattore predominante che saltato allattenzione di ogni esperto osservatore, la progressiva propagazione della diversit. Quel faro al quale prima accennavo comporta, tra le altre cose, lavvicinamento alla societ in espansione di nuove culture, etnie, generi di vita e di comportamento. Ogni realt tende a cercare il proprio spazio, a coltivare le proprie opportunit, in poche parole, il proprio posto al sole. La diversit diventa quindi, in se e di per se, una ricchezza. Un patrimonio da proteggere, da elaborare e da far crescere. Nel momento in cui lattenzione dellopinione pubblica e delle istituzioni internazionali si concentrano sulla citt
nel suo insieme, omologando la popolazione milanese a un insieme, questa cerca di districarsi da ogni generalizzazione e a ricercare la propria autonomia ed eccezionalit. Quasi per scongiurare leventualit di venire dimenticati. Ci troviamo quindi di fronte a un sempre maggiore moltiplicazione di realt totalmente differenti tra loro e il diverso si fatica sempre pi a trovarlo. Troppo spesso per farlo ci si butta sulle disuguaglianze fisiche. Ma non questo il punto. Il punto adesso Milano un vortice che cresce di giorno in giorno. I giovani hanno sempre maggiori difficolt nel difendere i propri spazi e nelle discoteche ormai non ci si va pi per divertirsi ma per fare a botte, sostituendosi allo stadio. Le separazioni anche tra di loro si fanno sempre pi nette. Non si solo giovani. Non si giovani e basta. Si emo, interisti, punk e via dicendo. In qualsiasi ramo della vita quotidiana di un ragazzo oggi avviene una scissione netta, una presa di posizione che lo accomuna con un gruppo e lo differenzia da un altro. E fin qui nulla di strano. Come gi detto, queste diversit vanno a formare la vera ricchezza di Milano. Il problema vero che ogni posizione presa cos ben radicata che ci si dimentica anche delle pi basilari comunanze di esseri umani e listinto prevale sulla logica. La violenza impera. E quindi un nero, un tifoso della squadra avversa, un poliziotto cessano di essere perfino persone e diventano bestie giustificando qualsiasi atto di coercizione nei loro confronti. Cos la diversit perde ogni connotazione positiva e valore di ricchezza per andare a raggiungere solamente i pi bassi istinti dellindividuo. I mezzi di comunicazione in questo di certo non ci aiutano.
Servirebbe quindi una rivoluzione bilaterale della popolazione milanese. Da un lato lincremento dei mezzi di comunicazione alternativi alla televisione e in secondo luogo dei contenuti che vadano a sottolineare quali siano i punti di aggregazione fondamentali al di l delle differenze soggettive di tipo caratteriale. Insomma, valori. Questa spinta dovrebbe arrivare dallinterno. Dal cuore della popolazione milanese. Dai giovani. Che forse non si sono fatti corrompere il cuore dal soggettivismo e ancora riescono a superare le barriere imposte loro da una Milano sempre pi alienata e che tende a non riconoscersi. La diversit si riconosce nelle idee. Nei valori comuni che si disposti a spartire con altri concittadini, connazionali, esseri umani. Quindi proteggiamo le nostre caratteristiche individuali, forgiamoci una figura, una personalit che solo a noi appartenga. Questo ci render pi forti individualmente. Poi pensiamo agli altri. Pagare le tasse fattore identitario. fattore di rispetto. Il tentativo dovrebbe essere quello di condividere il pi possibile pensieri e idee in un momento di cos forte e radicale cambiamento della nostra citt. Cercare di analizzare freddamente quale potrebbe essere un nuovo aspetto da dare a chi ci osserva dallesterno. Se lasciare che i politici siano il nostro riflesso o dimostrare la nostra diversit, il nostro disaccordo con essi dandoci da fare e riprendendoci quegli spazi che solo a noi a ppartengono. La ricchezza di Milano la sua diversit. come sempre la sua diversit. Continuiamo a essere padroni di queste nostre diversit, capiamo come controllarle, come farle interagire tra loro. Condividiamo. E poi torniamo a essere cittadini, esseri umani, orgogliosi della nostra citt.
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Radetzky metterei Ambrogio, il pi grande sindaco che Milano abbia mai avuto, ma per non puntare troppo in alto, mi accontenterei di Radetzky. Poich, purtroppo, Radetzky non c, bisogna pensare a qualche alternativa. Lo stimolo pi creativo e intelligente lo ha, a mio giudizio, fornito Aleotti su da Milano a Milania del 7 aprile 2010. Ma procediamo con ordine. 1) Io sono la persona pi felice del mondo quando posso dire: chi ci governa lo fa molto bene e noi possiamo, tranquilli e sereni, dedicarci alle nostre occupazioni preferite. Questo non il caso del governo di Milano con il sindaco Letizia Moratti. Il suo governo un flop totale su quasi tutti i fronti che contano e Milano, nonostante la sua straordinaria vitalit e molti punti di eccellenza, destinata a un relativo ma sicuro declino: per mancanza di pensiero strategico, per mancanza di pensiero urbanistico (che larchitettura abbia sopraffatto lurbanistica non un male solo di Milano, ma a Milano particolarmente evidente), per mancanza di pensiero sociale, per protratta e peggiorata inefficienza della macchina comunale, per aver rovinato, con pretese stravaganti, lunico risultato positivo, lassegnazione a Milano di Expo 2015. Letizia Moratti ha sperperato quella autonomia relativa che le offrivano il fatto di essere stata eletta con una lista propria e di poter contare su una forte dotazione di denaro di famiglia, ed diventata organica e tesserata del PDL e quindi rappresenta ed esprime tutte le contraddizioni di questo partito di stampo populista e insieme plutocratico. 2) La Lega attuale, con la sua chiusura demagogica e provinciale, che ci sta tagliando fuori dallEuropa e dal mondo internazionale, una minaccia micidiale per la prosperit di Milano, se possibile ancora pi minacciosa della plutocrazia rappresentata da Letizia Moratti. Perch Milano sempre stata prospera quando stata citt aperta, accogliente e inserita nelle reti internazionali. 3) Allora sui grandi temi che il confronto deve avvenire: Come liberare Milano dalla plutocrazia e dal regime degli amici degli amici e riportarla nei suoi caratteri fondanti di citt aperta, libera da padroni o signori, socialmente integrata e viva, interclassista?
Come dare una guida e un pensiero urbanistico a questa citt preda di architetti archistar e di imprenditori immobiliari spesso quasi falliti e di sette affaristiche? Come, finalmente, progettare veramente, nelle cose (trasporti, ambiente, abitabilit, cultura), la grande Milano, insieme ai comuni dellhinterland? Come trovare una convivenza equilibrata con i nuovi immigrati, impostata e gestita con rigore ma anche evitando improvvisazioni feroci e belluine? Come allentare la presa su Milano dalle sette che la stringono in una morsa di interessi spesso occulti? Come far ritornare Milano nellelenco delle citt dotate di una vigorosa vita democratica? Come far leva sulla citt mobilitando e valorizzando le sue grandi energie, la sua professionalit diffusa ed il desiderio di partecipare veramente (non attraverso stati generali o simili pagliacciate mediatiche)? Non si tratta di fare piani di programma dettagliati che (labbiamo imparato), lasciano il tempo che trovano; ma di rispondere, con spirito di verit e con convinzione, a poche domande strategiche e fondamentali. Milano ha bisogno di una rivoluzione neoborghese, non plutocratica. 4) Se si guarda allopposizione politica il quadro deprimente. Il vuoto di pensiero , se possibile, ancora pi grave. Le alleanze occulte tra sette vedono tra i protagonisti gruppi che, in teoria, dovrebbero fare riferimento all opposizione, in un patto spartitorio di interessi che rappresenta il vero governo della citt. Lunico contributo serio del maggior partito di opposizione , che pu contare, sul denaro pubblico, proveniente dalle nostre tasse e contribuire a bilanciare il peso monetario della plutocrazia. Nessuna personalit forse neppure Radetzky, da solo, potrebbe cambiare o anche solo migliorare questa realt. Forse lunico che potrebbe farcela sarebbe SantAmbrogio, ma molto occupato in paradiso, a mettere un po di ordine nei rapporti tra il paradiso e la Santa Romana Chiesa. 5) In sintesi, da un punto delle prospettive politiche, la situazione scorag-
giante. Qui si inserisce la proposta di Aleotti, che mi trova del tutto consenziente. Invece di mettersi alla ricerca di una personalit come sindaco (il campione della societ civile) tentativo gi fatto, con esiti infausti con lex prefetto, amico di Ligresti, mettiamo mano allo sviluppo di un progetto (non di un programma, ma di un progetto culturale politico), ed alla costruzione di una classe dirigente. Scrive, con espressione felice ed efficace, Aleotti: Si tratterebbe di dissolvere la figura del Sindaco e candidare al suo posto una squadra in possesso di una idea condivisa di trasformazione della citt. Posto che questo non pu essere fatto sul piano formale, la dissoluzione del Sindaco significa candidare, non una figura attiva che sfidi la Moratti, bens una figura simbolica che sia funzionale a un progetto politico di autentica trasformazione della citt.Da molto tempo penso che questa sia la via da percorrere. Sembra una visione controcorrente e lo , in unepoca di caudillismo imperante. Il fatto che questa epoca, questa cultura, questo peronismo brianzolo, questo caudillismo, non va cavalcato, ma combattuto. E per fare questo necessario dissolvere il sindaco in una vera squadra portatrice di un pensiero e di una visione. Scrive ancora Aleotti e sottoscrivo totalmente: E ovvio che questa strada di dissoluzione del Sindaco caricherebbe di enorme importanza il lavoro progettuale in capo alla squadra che, ovviamente, dovrebbe essere presentata insieme al sindaco. Si tratterebbe di unipotesi suggestiva, poich creerebbe una distinzione strutturale con il centrodestra che, invece, saldamente radicato in un paradigma di personalizzazione verticista e gerarchica (che peraltro non si sta dimostrando particolarmente efficace nei risultati). Atteso che qualunque altra via, di tipo tradizionale, sarebbe destinata a sicura rovinosa sconfitta, meglio rischiare questa via innovativa, che pu rappresentare un interessante esperimento anche a livello paese e che ha buone probabilit di almeno creare a Milano unopposizione democratica seria, rivitalizzando gli istituti democratici, contro loperazione di strangolamento che in corso da parte della plutocrazia e della demagogia leghista.
La domanda che ci si pu porre : ma Milano solo la citt del business? Per fortuna la risposta no. A Milano non solo operano importanti aziende profit, ma anche tante realt non profit, con la qualifica di Onlus, e che soprattutto coinvolgono nelle loro iniziative migliaia di volontari. Il tema di estremo interesse in questo periodo in cui si parla di crisi del capitalismo, si discute del fine delle imprese, si tornano a riscoprire, dopo un periodo in cui la teoria manageriale americana aveva orientato le stesse business school, gli autori italiani delleconomia aziendale, a partire da Zappa, che sottolineava gi negli anni 30 come le imprese avessero come fine il soddisfacimento dei bisogni umani, mentre negli anni 60 Pietro Onida sottolineava che le imprese avessero un insieme di molteplici obiettivi da conseguire congiuntamente, intendendo con ci che luomo nella sua attivit non ha solo una dimensione puramente economica, ma che vi agisce con tutta la sua persona, con valori che non possono limitarsi allinteresse individuale, ma che devono considerare il bene comune. I nuovi economisti stanno finalmente scrivendo che obiettivo delleconomia la felicit, e la felicit dipende non dal possesso di beni, ma dallinsieme delle relazioni con gli altri individui. Finalmente ci si accorti che parlare di homo economicus un non senso, in quanto in tale assunzione si dimentica... il volontariato. E quindi lagire delle persone allinterno delle organizzazioni pu essere spiegata solo considerando gli attori economici in tutte le loro dimensioni. Questo preambolo per parlare di una grande ricchezza che contribuisce a rendere Milano una societ vivibile, la ricchezza rappresentata dalle persone che lavorano gratuitamente a favore del prossimo, che donano parte del proprio tempo e parte di s agli altri: i volontari. I volontari, favoriscono una societ migliore, contribuiscono alla presenza di un capitale sociale (come dicono i sociologi) che rende vivibile la citt, per altri versi difficile, inquinata, e soprattutto poco adatta ai bambini. Volontari donatori di sangue, volontari che donano il loro tempo: limportanza di questa presenza attestata dalla Mappa del volontariato che lo stesso Comune di Milano ha redatto e di cui proporremo una breve sintesi. Scorrendo il rapporto, emerge la ricchezza del fenomeno, in quanto accanto a volontari che operano per convincimenti religiosi, legati alle attivit delle Parrocchie e del Vescovo nella Caritas dio-
cesana, ci sono volontari che operano allinterno di organizzazioni laiche, e anche in organizzazioni imprenditoriali, con lo scopo di diffondere le buone pratiche della responsabilit sociale delle imprese (CSR), per migliorare la qualit dei rapporti fra imprese e comunit di riferimento. Milano ha molti enti non profit: grandi Fondazioni di emanazione bancaria, che spesso sostengono lattivit delle associazioni a cui partecipano i volontari, grandi organizzazioni fondate per lassistenza dei meno fortunati, a cominciare dalla Fondazione Don Gnocchi, alla cui attivit collaborano associazioni di volontari, fino a fondazioni molto recenti, espressione della imprenditorialit milanese, come Sodalitas, che organizza anche gruppi di volontari ex dirigenti, che mettono a servizio delle diverse realt non profit le loro competenze, per favorire la crescita di quel capitale sociale che la vera ricchezza di una citt, anche se le statistiche economiche spesso non sono in grado di misurarlo. Il tema del volontariato e del terzo settore hanno assunto una dimensione qualificante dagli anni 70, quando, rendendosi conto che lo Stato non era in grado di fornire tutti i servizi pubblici, dallassistenza alleducazione, si sviluppato un movimento didee per il superamento del sistema diadico, costituito dal mercato e dallo stato, non pi in grado di soddisfare tutti i bisogni e le istanze emergenti da una societ che si andava sempre pi articolando. Una societ civile pi ricca e differenziata e quindi complessa, favorita da un processo di cetimedizzazione con forte spinta partecipativa (De Rita). In questo scenario si assitito a un processo presente in tutti i sistemi europei di emersione o riproposizione di forme organizzative e giuridiche promosse dalla societ civile. Il volontariato e lassociazionismo, gi presenti nel paese, hanno assunto una consapevolezza nuova, con processi di innovazione sociale e organizativa, che hanno portato alla nascita delle cooperative sociali, e allo sviluppo del terzo settore o economia civile che favorisce la partecipazione diretta dei cittadini. Molteplici provvedimenti legislativi hanno accomapgnato il processo, dalla legge quadro sul volontariato, L. n. 266/91, al D.Lgs. n. 460 del 1997, disposizioni riguardanti le organizzazioni non lucrative di utilit sociale (Onlus), che ne ha perfezionato la stessa disicplina fiscale. Lo sviluppo del terzo settore viene cos a riconoscere al privato un ruolo
nella fornitura di servizi pubblici, che lo Stato non era pi in grado di fornire. Daltra parte mentre molte persone dispongono della risorsa tempo da donare e meno della risorsa denaro, la legislazione sul non profit, prevedendo un sistema di controlli e di rendicontazioni, venuta incontro alla domanda di partecipazione attiva di molti cittadini, pur lasciando al pubblico il ruolo di supervisione. Infatti le organizzazioni di volontariato devono iscriversi in specifici registri regionali, mentre stata istituita lAgenzia per le Onlus, con sede a Milano, con ruoli di controllo e indirizzo. La realt del terzo settore quindi ricca e variegata. La Mappa del volontariato sociale e delle banche del tempo di Milano pubblicato a gennaio 2009 a cura dellAssesorato Famiglia, Scuola e Politiche sociali del Comune di Milano Ufficio volontariato ricorda che lUfficio volontariato stato istituito trentanni fa con la finalit di favorire lintegrazione dei Servizi Sociali del Comune con lopera di persone anziane, e nel tempo lattivit diventata vero e proprio volontariato. Il volume censisce 371 organizzazioni di volontariato, che coinvolgono 33.700 volontari. Ma Milano conta anche 35.000 donatori di sangue, che donano nei diversi ospedali cittadini. Il volontariato a Milano e Provincia stato oggetto anche della ricerca a cura di Ciessevi e della Provincia di Milano presentata nel novembre 2009. I dati confermano la presenza di un universo ampio e rinnovato. In provincia di Milano si contano 1790 organizzazioni di volontariato, di cui 995 sono iscritte al registro del volontariato, con una significativa presenza a Milano citt. Prevalgono organizzazioni di piccole e medie dimensioni, mentre i campi di attivit sono: sanit, assistenza sociale, sviluppo economico e coesione sociale, filatropia e promozione del volontariato, cooperazione e solidariet internazionale, ambiente, tutela dei diritti, cultura, sport, ricreazione, istruzione e ricerca, religione, protezione civile. Volendo illustrare alcuni esempi, ci piace citare il caso della Fondazione Don Gnocchi, importante presenza nella realt di Milano, che nei suoi centri vede attivi (dato 2008) pi di 760 volontari, che si dedicano alle categorie sociali ospitate nei vari centri: bambini, anziani, disabili e ammalati. Amici della Fondazione, Amici del Palazzolo, Avo, Auser, Gruppo Scout, Unitalsi e molte altre associazioni collaborano con il personale nelle attivit di
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socializzazione degli ospiti, offrendo anche un supporto indispensabile alle famiglie. Ma i volontari non si trovano solo in Fondazioni di origine religiosa. Unimportante Fondazione di Milano, espressione della realt imprenditoriale, Sodalitas, conta su ex dirigenti che dedicano volontariamente il loro tempo alle inziative della Fondazione. Il rapporto sociale 2008 pubblicato dalla Fondazione, presenta la mission di questorganizzazione, costituita da 72
Fondatori dimpresa (fra cui le maggiori imprese milanesi) e da 90 Fondatori volontari, che poi per le sue attivit si avvale anche di 104 volontari attivi, e di 12 in inserimento. Promuovere la cultura della responsabilit sociale d Impresa e della Sostenibilit, sostenere lo sviluppo mangeriale delle organizzazioni non profit attraverso progetti di sistema e interventi gratuiti di consulenza on demand, promuovere nei giovani leducazione ai valori sociali del
lavoro, incoraggiare la partnerschip con soggetti diversi, oltre che collaborare ai vari eventi della Fondazione sono i compiti ai cui sono chiamati i volontari. Volontariato significa partecipazione attiva alla crescita del capitale relazionale, vera ricchezza di una comunit. Un orecchio pi attento alle istanze che vengono da queste realt quanto ci si aspetta dai nostri politici, locali e nazionali.
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governativi, Talebani e popolazione locale, indipendentemente dalle convinzioni di chi cercava la loro assistenza. E che cosa avrebbero dovuto fare? Lidea della croce rossa nata sul campo di battaglia di Solferino secondo il principio che lassistenza medica debba essere somministrata indifferentemente alle parti combattenti di una guerra. Ho avuto la fortuna di conoscere personalmente Gino Strada e sua moglie e nessuno mi persuader mai a credere che in un loro ospedale si complottasse per uccidere un governante. E evidentissimo che il ritrovamento delle armi
stata una messa in scena per avere il pretesto di colpire. Tanto pi che certamente si contava su una blanda difesa degli arrestati da parte delle nostre autorit governative, come in effetti, almeno in un primo momento, avvenuto. Si pu anche supporre che il pacifismo del fondatore di Emergency si prestasse a equivoci e allidea che simpatizzasse per gli avversari del governo di Kabul e dellalleanza NATO. Ma questo significa non avere capito niente. Personalmente non condivido fino in fondo questa idea radicale di pacifismo, c sempre il problema che i cattivi so-
no prepotenti e non si pu fare a meno di opporsi alla loro violenza. Ma sono anche convinto che Emergency ha scelto la sola strada che pu giovare alla diffusione di una cultura pacifista, dimostrando che esiste qualcosa che al di l e al di sopra della violenza, com il caso della medicina. Credo che questo faccia onore allItalia e ricorda a noi medici limportanza della nostra professione e del giuramento di Ippocrate. Se una guerra sanguinosa non riesce a cancellarlo, figuriamoci se possa riuscirci una tessera sanitaria.
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Proviamo a fare della fanta-politica? Se lidea si potesse trasformare in un gioco, lo potremmo ad esempio chiamare il gioco di Non-opoli. Lidea si basa su di una fantasia ovviamente assurda, che questa. Nel 2016, dopo aver riscoperto con lExpo che fuori Milano c la natura, folgorati da questa illuminazione i cittadini milanesi si convertono in massa a modelli di consumo virtuosi. E alle elezioni comunali un nuovo partito ecologista, che chiameremo degli Ecoradicali, sbaraglia destra e sinistra e stravince. Immaginiamo che il primo provvedimento degli Ecoradicali, forti di una maggioranza assoluta e intenzionati a segnare una svolta drastica verso la difesa dellambiente, sia quello di abrogare la legge per rendere abitabili i sottotetti e il Piano Casa. Ma non solo: udite udite, decidono di bloccare qualsiasi nuova edificazione in tutto il territorio comunale, revocando tutte le licenze edilizie per nuove costruzioni, e rifiutando di concederne di nuove. Gli unici interventi ammessi sui terreni che prima erano edificabili saranno le creazioni di orti e serre. Nessun volume edilizio potr pi subire incrementi, neanche per laggiunta di servizi. Da quel momento si potr lavorare soltanto allinterno delle volumetrie esistenti. Vimmaginate le prime reazioni? Proprietari terrieri e impresari edili in lacrime a stracciarsi le vesti e a paventare alla bancarotta, vibrate proteste per solidariet da parte di Confindustria e delle associazioni di settore, ricorsi al TAR, minacce di trasferire le aziende in Lichtenstein lasciando a casa migliaia di addetti, eccetera. Fantapolitica, avevamo detto... anche perch nessun municipio sarebbe cos pazzo da rinunciare ai soldi che direttamente o indirettamente provengono dalledificabilit dei
suoli. Ma se state al gioco proviamo a immaginare cosa potrebbe accadere nel giro di qualche anno, se malgrado il putiferio scatenato la giunta degli Ecoradicali mantenesse le sue posizioni. E chiaro che la rendita di posizione rester come discriminante nel valore degli immobili: la novit che non se ne potr creare di nuova. O piuttosto, per incrementare quella esistente si dovr lavorare non pi sullespansione del costruito, ma sulla qualit degli insediamenti esistenti. Le imprese edili abituate a ricavare profitti dalla creazione di nuove rendite di posizione pi che dalla produzione di valore aggiunto sarebbero costrette o a chiudere o ad accettare il fatto nuovo. Ovvero che, come per tutte le altre attivit produttive, anche nelledilizia da quel momento il profitto dato la differenza tra il costo di produzione e il prezzo del prodotto. Le imprese pi intelligenti scoprirebbero cos che si pu benissimo vivere lavorando a migliorare la qualit del patrimonio edilizio esistente e delle infrastrutture, ad esempio convertendo edifici per uffici vuoti o palazzi fatiscenti a nuovo uso, migliorandone la classe energetica, collaborando con il Comune per una dotazione di infrastrutture pi efficiente, pubblicizzando queste qualit per poi affittarlo o rivenderlo per ricavarne un giusto profitto. Innescando cio una competitivit basata sull offerta di qualit, oltrech sulla posizione. Ammettiamo poi che il blocco delle nuove edificazioni lasci insoddisfatta anche solo una parte lenorme domanda potenziale (pensiamo alla Milano di due milioni di abitanti) immaginata dallattuale governo. Molti edifici per uffici vuoti o semivuoti di cui piena la cintura milanese, che stanno dove sono solo per costituire una garanzia da dare alle banche compiacenti per farsi pre-
stare altri soldi, diventerebbero improvvisamente e miracolosamente appetibili, pronti a rientrare sul mercato. Magari non per farci degli uffici, se la domanda non c, ma per trasformarli ad esempio nelle abitazioni per ospitare le masse di abitanti nuovi che fremono per trasferirsi a Milano. Dunque molti edifici esistenti subirebbero consistenti trasformazioni interne, sempre nel rispetto del vincolo delle volumetrie esistenti. Questa attivit di ristrutturazione e riqualificazione dellesistente sarebbe affidata ovviamente ad artigiani e piccoli impresari, ovvero a coloro che, prima dellavvento degli Ecoradicali, gi lavoravano in subappalto per costruire nuovi edifici per conto delle imprese pi grandi. Quindi si potrebbe scoprire dopo qualche anno e con stupore che, contrariamente alle pi cupe previsioni, n il numero delle aziende n quello degli addetti risulta diminuito, essendo solo dirottato ad attivit di recupero edilizio, anzich di nuova costruzione. Cos anche il Comune di Milano, non pi costretto a sprecare denari per correre dietro a nuove iniziative immobiliari sparse sul territorio con costose urbanizzazioni, si ritroverebbe anchesso interessato a investire nel recupero qualitativo delle infrastrutture esistenti. Intanto i terreni non pi edificabili sarebbero messi almeno temporaneamente a reddito riscoprendo le loro dimenticate vocazioni agricole. Dando cos lavoro duraturo ad altre persone, e producendo cibo per i milanesi a chilometri zero. Follia, eh? Certo, abbiamo scherzato. Ma teniamo lo scherzo per noi, non raccontiamolo ai comuni cittadini di Milano: altrimenti c il rischio che davvero diventino tutti Ecoradicali
produttive non pu che accelerare la crisi delle aziende, anche se non collegherei direttamente valorizzazione e crisi. Pi spesso, almeno storicamente, si trattato di collegamento diretto tra valorizzazione e semplice delocalizzazione. Il punto : pu un vincolo urbanistico di destinazione duso impedire il fenomeno? Io credo di no. E daltra parte anche De Gaspari si chiede, nel suo intervento, se dieci anni di blocco edificatorio siano utili a scoraggiare speculazioni immobiliari che, aggiungo io, quasi sempre si possono permettere tempi di rientro dellinvestimento ben pi lunghi di un solo decennio. Ho in mente lesperienza fatta dai Comuni del rhodense che - fin dalla prima met degli anni novanta, quando la Fiat inizi la riduzione di personale che nellarco di un quindicennio ha portato allattuale sostanziale dismissione dellex Alfa Romeo simpegnarono a non consentire cambiamenti di destinazione duso dellarea e crearono perfino, con la Provincia e la Regione, un ente pubblico per la reindustrializzazione del sito (CRAA - Consorzio per la reindustrializzazione dellarea di Arese). I risultati sono stati a dir poco deludenti, tanto che oggi gli stessi Comuni
accettano di buon grado di insediare ad Arese centri commerciali e residenza. In quel caso quindici anni di blocco edificatorio non sono bastati. (Certo, oggi i comuni del rhodense hanno un segno politico diverso, ma non forse lecito pensare che, anche con giunte di centrosinistra, il risultato sarebbe analogo?) Che fare allora? Forse la strada per contenere le speculazioni sulle aree industriali passa per altri luoghi. Forse la disciplina urbanistica ci pu aiutare, ma attraverso altri strumenti. Forse si pu pensare che lurbanistica possa introdurre regole che raddrizzino un poco le distorsioni del mercato immobiliare. Forse si pu pensare che, a fronte della proposta di un programma integrato di intervento su unarea exindustriale, il sindaco di turno non vada alla trattativa con il cappello in mano accontentandosi di elemosinare il rinnovamento palazzo comunale, piuttosto che il nuovo centro civico o il nuovo auditorium comunale, oppure (ho sentito anche questa) una piscina che diventer di propriet pubblica dopo trentanni, giusto quando dovr essere completamente rifatta. Forse imponendo alloperatore oneri che intacchino ben pi pesantemente
i margini operativi delloperazione immobiliare, si potrebbe pervenire a una dissuasione economica pi efficace di un blocco edificatorio per sua natura temporaneo. Ma per fare questo - ha ragione De Gaspari - ci vuole una legge urbanistica regionale che, al contrario dalla legge 12/2005, non consenta la concertazione al ribasso. Forse, aggiungo io, ci vorrebbe una legge urbanistica che non consegni nelle sole mani del sindaco i poteri decisionali sul territorio; una legge urbanistica che, privilegiando la pianificazione di area vasta, veda i sindaci - oggi deboli di fronte alla grandissima forza economica della rendita immobiliare essere rafforzati attraverso la condivisione delle scelte, e quindi degli oneri e degli onori, con gli enti sovraordinati. Imporre oneri molto pesanti rendere significa economicamente meno vantaggiosa la speculazione sulle aree e forse spingerebbe gli operatori industriali a continuare a fare il loro mestiere, magari un po meglio, con vantaggio per il mondo del lavoro. Sommessamente aggiungerei che trarrebbe vantaggio la citt tutta che eviterebbe di soffocare nel cemento inutile dei centri commerciali. Ma questa, forse, unaltra storia.
RUBRICHE MUSICA
Questa rubrica curata da Palo Viola rubriche@arcipelagomilano.org
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squisitamente politico, non si voluto rinnovare lincarico di presidente a Francesco Saverio Borrelli il quale finalmente, dopo gli anni opachi delle precedenti gestioni, era riuscito a dare un po di smalto a uno dei pochi Istituti di cui i milanesi si vantano; alluscita di scena di Borrelli, che con grande nobilt danimo ha rifiutato linutile presidenza onoraria con cui altri volevano lavarsi la coscienza, segue larrivo di Arnoldo Mosca Mondadori il cui curriculum vitae non racconta nulla che riguardi la musica, almeno quella che sinsegna in un Conservatorio, ma in compenso risulta essere - oltre che editore, come ci ricorda il nome - esperto di eventi e dunque staremo a vedere. Dei Pomeriggi Musicali la meritoria istituzione della Regione Lombardia che opera stabilmente al teatro Dal Verme di Milano con la sua collaudata e apprezzata orchestra si ha notizia che abbiano in programma lesecuzione integrale delle nove Sinfonie di Beetho-
ven e quanti non avessero mai avuto occasione di ascoltare lintero ciclo in poche serate non se lo dovrebbero lascar scappare: una vera, rara e indimenticabile avventura dello spirito. Lintegrale sar concentrata in soli quattro concerti (Seconda e Terza, Quarta e Quinta, Sesta Settima e Ottava, Prima e Nona) che si terranno fra il 10 e il 22 giugno al teatro degli Arcimboldi, dunque in un ambiente certamente meno gradevole del Dal Verme ma con unacustica sicuramente pi felice. Sar diretta da Antonello Manacorda, direttore stabile dei Pomeriggi e colto musicista, che ci auguriamo approfitti di questa preziosa occasione per trascinare lorchestra nella sublime visionariet beethoveniana infondendole entusiasmo e ridandole quello slancio che in altri anni non mancava e che ultimamente sembra essersi un po appannato. E un vero peccato che questorchestra milanese sia cos poco promossa al di fuori della regione lombarda; c da
sperare che il nuovo direttore artistico, il compositore Ivan Fedele, forte delle sue importanti frequentazioni internazionali, riesca a portarla pi spesso in giro per il mondo e a farla diventare pi protagonista della vita musicale cittadina. Ma non vi una sorta di conflitto dinteressi nel fatto che un compositore sia il direttore artistico di unistituzione che per sua natura promotrice di nuova musica? Questo ciclo beethoveniano ci sembra un ottimo inizio di programmazione attraente, ma riteniamo che per diventare come merita un vero evento dovrebbe e potrebbe essere pubblicizzato meglio e di pi. A meno di due mesi dallinizio se ne sa poco o nulla, non abbiamo visto alcunch sulla stampa, e non ve n traccia n sul sito dei Pomeriggi n su quello degli Arcimboldi. Che dipenda dal fatto che lOrchestra della Regione e il Teatro del Comune, e che dunque stiano litigando tra loro per come apparire in cartellone?
ARTE
Questa rubrica a cura di Virginia Colombo rubriche@arcipelagomilano.org
Fundaci Joan Mir. Barcellona. Orari: da ottobre a giugno 10-19; da luglio a settembre 10-20. Gioved 10-21.30. Domenica 10-14.30. Chiuso luned. Biglietti: intero 8,50 ; ridotto 6 .
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che vanno dal boom economico alle contestazioni studentesche. La generazione artistica di quegli anni si svincola dalle nozioni di tela, dipinto o scultura per approdare a uno spregiudicato uso di forme, spazi e materiali. Le lamiere di Burri, i libri tagliati di Munari, Kounellis che espone un pappagallo vivo. Ma anche oggetti di design (la radio Brionvega e i Moon Boots), le canzoni
di Adriano Celentano e Mina, il carosello, le pubblicit di Armando Testa. Tutto fa da contorno a unesposizione labirintica anche in senso fisico, che si snoda tra Manzoni, lArte Povera, gli specchi di Pistoletto, i manifesti di Rotella e le installazioni che pendono dal soffitto o che il visitatore quasi costretto a scavalcare. Unoccasione preziosa per assaporare la vita di una societ italiana
vitale, culturalmente propositiva e coraggiosa. Il Grande Gioco. Forme darte in Italia. 1959 1972. Rotonda di Via Besana, 12. Orari: 9.30-19.30. Gioved 9.3022.30. Luned 14.30-19.30. Biglietti: intero 8; ridotto 6. Abbonamento tre sedi: 10,50; ridotto 9. Fino al 9 maggio.
Schiele e il suo tempo. Palazzo Reale. Piazza del Duomo, 12. Orari: 9.3019.30. Luned 14.30-19.30. Gioved e sabato 9.30-22.30. Biglietti: intero 9; ridotto 7,50; ridotto scuole 4,50. Fino al 6 giugno.
Roy Lichtenstein. Meditations on art. Triennale di Milano. Viale Alemagna, 6. Orari: 10.30-20.30, luned chiuso. Gioved e venerd 10.30-23.00. Biglietti: intero 9; ridotto 6,50 o 5,50. Fino al 30 maggio.
TEATRO questa rubrica a cura di Guendalina Murroni rubriche@arcipelagomilano.org (Stiamo) Aspettando (seriamente) Godot?
Questa settimana: Sabato 24 aprile La bicicletta di Lia, organizzato dal Teatro della Cooperativa, ritrovo alle 14.30 presso i giardini Gina Galeotti Bianchi. Percorso partigiano in bicicletta. Per ulteriori informazioni: http://www.teatrodellacooperativa.it/ AllElfo avremo ancora in cartellone Nel buio dellAmerica Dissonanze, fino al 25 aprile La Notte poco prima della Foresta, monologo di Bernard Marie Kolts con Claudio Santamaria e
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fino al 16 maggio andr in scena Shopping and Fucking. Enrico V, moltissimo liberamente tratto dallEnrico IV di Luigi Pirandello con
Michele di Mauro al Teatro i dal 19 al 22 aprile. Democracy A.D., al Teatro Litta dal 20 aprile al 2 maggio.
CINEMA
questa rubrica a cura di Simone Mancuso rubriche@arcipelagomilano.org
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panni di Mandela come attore protagonista e il capitano della nazionale sudafricana Matt Damon, per la categoria di attore non protagonista. Forse avrebbe meritato la candidatura
anche per la sceneggiatura, ma visti gli altri candidati, va bene cos. Nella produzione,ovviamente come ormai di consueto ad Hollywood, figura il regista, mentre nella produzione esecutiva, c' la partecipazione di
Morgan Freeman. Evidentemente l'avere anche un peso economico e quindi decisionale sul set, ha influenzato molto sulla libert d'espressione del suo personaggio, fruttandogli la candidatura.
GALLERY
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