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Intervista

New Deal per la Ue o la Germania ci porter al disastro


Nicol Cavalli Per il professor Stuart Holland, il problema dellEuropa, oggi, la Germania. La politica economica che impone alleurozona sta facendo marciare il continente verso il disastro. E se non giusto che Berlino si accolli il debito greco, non ha neppure il diritto di imporre la svendita di interi Paesi. In tedesco si usa la stessa parola (schuld) per debito e colpa, e psicologicamente creditori forti provano piacere nel punire debitori deboli. Ma lausterit espansiva una completa contraddizione in termini, e anche a livello teorico potrebbe funzionare solo in caso di piena occupazione e di libert di svalutare la moneta. Serve dunque un New Deal europeo, e i governi devono strappare il potere dalle mani delle agenzie di rating. Economia 20 febbraio 2012 - 00:10 Stuart Holland professore presso la Faculdade de Economia dellUniversit di Coimbra, in Portogallo, ed stato membro del Parlamento inglese dal 1979 al 1989. Gi consigliere di Delors negli anni Novanta, Holland ha scritto il capitolo sugli eurobond nel rapporto Delors del 1993 ed lautore della proposta pi semplice e pi forte di uscita dalla crisi economica europea: il lancio di un New Deal per lEuropa queste le parole del professor Gioacchino Garofoli, che ha invitato Holland allUniversit dellInsubria per una serie di seminari che si stanno svolgendo in questi giorni. Linkiesta ha colto loccasione di questa visita per una intervista sui percorsi di uscita dalla crisi dei debiti europea, che sembra lontana dalla sua risoluzione. Professore, che cosa sta succedendo in Europa? La Grecia ha approvato pochi giorni fa un durissimo pacchetto di austerity in cambio di aiuti per 130 miliardi di euro, eppure tuttoggi non chiaro se effettivamente questo potr evitare il default. Jimmy Reid, di Deutsche Bank, ha osservato che la crisi dei debiti sovrani tuttaltro che terminata e che le cose potrebbero peggiorare ulteriormente. vero. Il problema dellEuropa oggi la Germania e nasce dallincapacit del suo primo ministro, Angela Merkel, di comprendere le dinamiche dellintegrazione economica europea e i rapporti di mutua dipendenza tra le economie delleurozona. Il surplus tedesco esattamente linverso del deficit dei paesi come la Grecia, poich oltre il 60% dellexport della Germania va verso altre economie dellarea euro. Concentrandosi sui tagli e sulle misure di austerit, la politica economica che la Germania impone alleurozona una politica di deflazione beggar-my-neighbour e non c modo di uscire dalla crisi seguendo questa strada: lEuropa sta marciando verso il disastro senza nemmeno rendersene conto. Lei sta dunque suggerendo che lidea dellausterit espansiva non pu funzionare e che occorre investire di pi per uscire dalla crisi? Austerit espansiva una completa contraddizione in termini. Coloro che propongono questa teoria si basano sullipotesi di Friedman circa il crowding out, ossia sullidea che la spesa e gli investimenti pubblici inibiscono il settore privato. Tuttavia, ci che i teorici contemporanei del crowding out non

ammettono che persino Friedman rilevava che tale ipotesi funziona solo nel caso di piena occupazione, condizione che siamo ben lungi dallavere oggi. In pi, non esiste una controparte privata in grado di equilibrare le riduzioni nella spesa e negli investimenti pubblici, poich questi ultimi generano domanda nel settore privato e, inversamente, la riducono quando vengono tagliati. Eppure se ne sente parlare spesso. Anz, le politiche europee sembrano ispirate proprio da questa idea. Quando la Commissione Europea e Olli Rehn parlano di austerit espansiva, lo fanno riferendosi allesperienza delle economie di Olanda, Danimarca e Svezia negli anni 80 del XX secolo quando, nel contesto di una generale crescita economica a livello europeo, furono possibili tagli di spesa senza che questi inibissero la produzione di ricchezza. Ci che per viene omesso che questi Paesi combinarono i tagli con la svalutazione della propria moneta, aumentando in questo modo la propria competitivit internazionale. Oggi, per, le economie delleurozona hanno perso la possibilit di svalutare la moneta e, con tutta lEuropa in recessione o in una situazione di bassa crescita, non c alcuna uscita dalla crisi attraverso la reciproca austerit. Questa una risposta alla crisi di stampo pre-Keynesiano: sostiene infatti che lausterit mette in moto dinamiche capaci di condurre alla crescita nel lungo periodo. Peccato che, citando lo stesso Keynes, nel lungo periodo siamo tutti morti e che, nella situazione attuale, tagliare, tagliare e tagliare ancora senza alcuna controparte in investimenti pubblici volti alla ripresa significa far morire il modello sociale europeo e gli impegni di coesione economica e sociale che costituivano i due pilastri della prima revisione del Trattato di Roma, il Single European Act del 1986. Ma allora per quale motivo si stanno imponendo tali misure, come ad esempio stato fatto in Grecia? La risposta a questa domanda ha a che fare con la storia e con la psicologia. stato Nietzsche nella sua Genealogia della Morale a sottolineare che la parola debito in tedesco la stessa che viene utilizzata per colpa e che creditori forti, a vari livelli di consapevolezza, provano piacere nel punire debitori deboli. C poi anche il concetto di identificazione proiettiva, formulato da Melanie Klein, che consiste nel scindersi da ci che buono o cattivo in noi stessi, proiettandolo su altri. Questa la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale che la Germania nella posizione di scindersi dal senso di colpa per il Nazismo e lOlocausto, proiettando tale colpa sul resto dellEuropa. Ma ci sono rischi ben pi profondi per la Germania, se il suo governo prosegue nella condotta sin qui adottata. In questo modo, infatti, potrebbe causare la terza disintegrazione dellEuropa in cento anni, una nuova colpevolizzazione della Germania da parte del resto dEuropa e un immeritato nuovo senso di colpa per le giovani generazioni di tedeschi, che apprezzano la cooperazione europea e vogliono vederla funzionare senza che la Germania ne sia padrona. E per quale motivo Merkel si sta mettendo in una posizione cos pericolosa? Merkel convinta che lunica soluzione alla crisi implichi trasferimenti fiscali dai Paesi virtuosi verso i Paesi in deficit, ma si sbaglia. Assieme a Yanis Varoufakis dal 2010 che suggerisco un modo diverso di vedere il percorso duscita dalla crisi. Io non credo che la Germania debba pagare per il debito greco, ma allo stesso tempo non penso che abbia il diritto di imporre la svendita di un intero Paese. La proposta che abbiamo fatto qualcosa di analogo a quanto proposi gi ventanni fa come consigliere di Jacques Delors, in un report intitolato The European Imperative: Economic and Social Cohesion in the 1990s, pubblicato nel novembre 1993 e nel dicembre dello stesso anno come Libro Bianco di Delors, che sosteneva che lEuropa deve emettere titoli per finanziare investimenti per la coesione sociale ed economica. Lidea semplice ed quella di un New Deal europeo. E in che cosa consisterebbe? Nel New Deal statunitense, Roosevelt non compr il debito dei singoli Stati dellUnione n chiese alla California o al Delaware o ad altri Stati di sottoscrivere i buoni del Tesoro: ha semplicemente iniziato a

emetterli. Nel caso Usa, c una politica fiscale e una tassazione comune a livello federale, che di fatto garantiscono i bond. Tuttavia, questo non implica che non si possa avere in Europa una politica di conversione di una parte dei debiti pubblici dagli stati allUnione e allo stesso tempo una nuova emissione di Eurobond per la crescita. Daltro canto, fino al maggio del 2010, quando la Bce ha iniziato a comprare tranche di debito dei singoli Stati, a fronte di membri sovrani molto indebitati lUnione europea nel suo complesso non aveva alcun debito e, se iniziasse domani a emettere bond, partirebbe da un livello di debito pi di dieci volte minore rispetto allo stock di debito che Roosevelt eredit negli anni Trenta. Come funzionerebbe questo New Deal europeo in termini concreti? Si tratta di una strategia che si muove parallelamente su due piani. Innanzitutto, occorre stabilizzare leurozona, convertendo una tranche dei debiti nazionali, fino al 60%, in Union Bonds che non sarebbero commerciati sui mercati e registrati come debito dellUnione. Gli interessi dovuti su questi debiti sarebbero pagati fino a maturit dagli stati membri da cui sono stati trasferiti, a un tasso dinteresse determinato dallEurogruppo dei ministri della finanza piuttosto che dalle agenzie di rating. In questo modo, inoltre, il rimanente debito nazionale degli stati membri dellEurozona ricadrebbe entro il limite imposto dai parametri di Maastricht, ossia il 60% del rapporto debito-Pil, una quota che tranquillizzerebbe notevolmente i mercati. La Grecia rimarrebbe un caso particolare, lunico a richiedere cancellazione o buyout del debito e lintervento dellEfsf (il fondo Salvastati europeo), ma che in termini macroeconomici un problema le cui dimensioni potrebbero in questo nuovo scenario essere notevolmente contenute e sicuramente lo sarebbero state se solo si fosse agito due anni fa. Allo stesso tempo, occorre far ripartire la crescita emettendo Eurobond, capaci di attrarre investimenti da fondi sovrani e dalle banche centrali di Paesi emergenti come la Cina che, com ben noto, stanno cercando una diversificazione dal dollaro per i loro surplus. Anche il think tank Breughel aveva formulato una simile proposta, ma senza risultato, anche perch non c molta chiarezza su chi dovrebbe effettivamente emettere questi eurobond e a quali vincoli e garanzie essi sarebbero sottoposti. La proposta Breughel , sotto vari aspetti, diversa da quella che ho appena delineato. In particolare, essa assume che il debito convertito sarebbe trattato sui mercati, richiede la costituzione di una nuova istituzione europea per svolgere questo compito, propone una responsabilit congiunta sui bond e quindi una garanzia da parte di tutti gli Stati membri, e conseguentemente dei loro contribuenti, richiedendo dunque che tutti i parlamenti nazionali diano la loro approvazione, e allo stesso tempo prevede la possibilit di un default ordinato sulla rimanente parte di debito. Questi sono limiti notevoli, che tuttavia possono tranquillamente essere superati. Innanzitutto, una nuova istituzione non necessaria: lEfsf, e poi dal 2013 lEsm, potrebbe detenere la quota di debiti convertita in Union Bonds, il che sarebbe in linea con il suo compito di stabilizzazione. Gli Eurobond, invece, potrebbero essere emessi non dalla Bce, ma dal Fondo Europeo per gli Investimenti, come previsto dal disegno originario della moneta comune. Oggi, il Fondo Europeo per gli Investimenti (Fei) parte del gruppo della Banca Europea per gli Investimenti (Bei), con un mandato di sostegno per le piccole e medie imprese. La Bei emette propri bond ed ha espresso una chiara preferenza per mantenerne una precisa identit, distinta da quella degli Eurobond. Ma Bei e Fei sono due istituzioni differenti che, tuttavia, potrebbero finanziare congiuntamente i propri bond grazie ai proventi derivanti da investimenti diretti nelleconomia europea. Lo European Economic and Social Committee ha recentemente approvato con una larga maggioranza una risoluzione, dal nome Restarting Growth in the EU, che propone esattamente questo modello. Quali sarebbero i costi per una tale operazione? Non ce ne sono. Una conversione di debito come quella proposta non necessita un acquisto di debito nazionale, come la Bce sta facendo da quasi un anno e senza risultati apprezzabili, n necessit di

garanzie congiunte o trasferimenti fiscali. Per quanto riguarda le nuove emissioni, invece, occorre ricordare che la Banca europea per gli investimenti emette bond da oltre 50 anni, anchessa senza richiedere trasferimenti fiscali o garanzie congiunte e che, dal 1997, ha quadruplicato i suoi investimenti annuali, raggiungendo un valore pari a circa due terzi le risorse totali della Commissione e due volte gli investimenti e i prestiti della Banca Mondiale. E quali sarebbero, allora, i benefici di questa operazione? Innanzitutto, i mercati comprenderebbero che lUnione europea ha una risposta strategica alla crisi: tenere il debito convertito in un conto non commerciato implicherebbe un ritorno del potere di governance ai governi, togliendolo dalle mani delle agenzie di rating. Dal momento che i bond convertiti sarebbero ancora un debito pagato dai singoli stati e non uno strumento di credito a loro favore cos come non puoi ottenere credito dalla carta di debito di una banca il sistema eliminerebbe le possibilit di azzardo morale. Ma ci che cruciale che la distinzione tra conversione del debito ed emissione di Eurobond sia molto chiara. Se, grazie al co-finanziamento tramite eurobond, la Bei quadruplicasse di nuovo, entro il 2020, i suoi investimenti annuali, lo European Economic Recovery Programme potrebbe finalmente diventare realt. Gli Eurobond, infatti, permetterebbero di riutilizzare i risparmi globali sotto forma di investimenti in Europa, investimenti in grado di generare crescita e moltiplicatori positivi. Bloomberg ha confermato a me e Varoufakis che basterebbe un tasso di interesse al 1.9% per spingere i mercati a investire in Eurobond. Per un New Deal, tuttavia, avremmo bisogno di Roosevelt. Non necessariamente. Sia la conversione di una parte del debito nazionale verso lUnione sia lemissione di Eurobond potrebbero essere effettuate tramite quella che definita cooperazione rafforzata. Si tratta di un processo di integrazione che dipende semplicemente dal fatto che almeno nove stati membri si trovino daccordo sullimplementazione di una procedura, mentre gli stati membri che non si trovano daccordo non possono votare contro liniziativa n bloccarla con diritto di veto. In pratica, la Germania, lAustria, lOlanda e la Finlandia potrebbero decidere di non convertire i propri bond, ma non potrebbero in alcun modo fermare il processo di conversione dei debiti degli stati coinvolti. Sono ben pi di nove, daltronde, gli Stati che hanno subito il declassamento del proprio debito da quando la crisi cominciata vedendone il rifinanziamento sempre pi a rischio. Se lItalia decidesse di prendere in mano questa proposta proprio ora, potrebbe essere la volta buona per trasformarla in realt. Parole chiave: Angela Merkel + bei + Efsf + Stuart Holland + ue Articolo originale: http://www.linkiesta.it/new-deal-ue

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