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Capitolo 9 Complementi
Facevamo sempre delle scommesse, io e il Decano, perch non c'era proprio altro da fare, e anche perch l'unica prova che io ci fossi era il fatto che scommettevo con lui, e l'unica prova che ci fosse lui era il fatto che scommetteva con me. Scommettevamo sugli avvenimenti che sarebbero o non sarebbero avvenuti; la scelta era praticamente illimitata, dato che fino a quel momento non era avvenuto assolutamente niente. Ma siccome non c'era nemmeno modo d'immaginarsi come un avvenimento avrebbe potuto essere, lo designavamo in modo convenzionale: avvenimento A, avvenimento B, avvenimento C, eccetera, tanto per distinguerli. Ossia: dato che allora non esistevano alfabeti o altre serie di segni convenzionali, prima scommettevamo su come sarebbe potuta essere una serie di segni e poi accoppiavamo questi possibili segni a dei possibili avvenimenti, in modo da designare con sufficiente precisione faccende di cui non sapevamo un bel niente. Italo Calvino Le cosmicomiche
I think I can safely say that nobody today understands quantum mechanics. Richard Feynman The Character of Physical Law - 1965
A.Carnera
2010
Capitolo 9 Complementi
La Meccanica Quantistica, in poco pi di un secolo di vita, non solo ha rivoluzionato la Fisica ed ha cambiato alla radice il nostro modo di interpretare i fenomeni della natura ma ha influenzato, come mai era successo prima nella storia, il nostro modo di vivere e di produrre. Obiettivo di questo corso di applicare gli strumenti che la MQ mette a disposizione allo studio di sistemi fisici, dai pi semplici, come latomo di idrogeno, ai pi complessi, come le molecole ed i solidi. Avremo quindi modo di scoprire alcuni dei pi straordinari successi della MQ. Oggi la MQ lo strumento di lavoro principale di ricercatori nei pi svariati campi, dalla fisica subnucleare alla spiegazione delle strutture elettroniche degli atomi pi complessi, dalla natura del legame chimico alle propriet elettriche, ottiche e termiche dei solidi, fino a fenomeni quali la superconduttivit e alle propriet di materiali del tutto nuovi, progettati e realizzati per svolgere specifiche funzioni altrimenti impossibili. Pu quindi apparire strano che si inizi questo percorso ponendo in discussione alcuni aspetti di base della MQ. Lo dobbiamo fare perch i campi pi avanzati della fisica della materia si trovano oggi in quella specie di terra di nessuno che sta tra la microfisica e la macrofisica, a cavallo tra il regime classico ed il regime quantistico. Nel suo sviluppo impetuoso la fisica del secolo scorso ha scavalcato questo confine, ritenendo che su di esso non si potessero che fare delle ragionevoli congetture. Oggi per sono realizzabili in laboratorio gli esperimenti che fino a poco pi di un decennio fa erano puri esercizi logici (i famosi gedanken experiments), che costituiscono tasselli fondamentali per lintera teoria. Vedremo fra poco come queste recenti ricerche stiano gettando una nuova luce sui fondamenti stessi della MQ. In particolare in questa premessa al corso si riesanimer il concetto di funzione donda e le implicazioni del principio di indeterminazione per arrivare ai pi recenti sviluppi, teorici e sperimentali, rivolti a chiarire come dal mondo quantistico dominato dal comportamento ondulatorio e probabilistico emergano i comportamenti corpuscolari e le certezze tipiche della fisica classica.
Cominciamo quindi richiamando alcuni elementi di base della quantistica. Si tratta di concetti apparentemente elementari ma su di essi si basa linterpretazione di aspetti critici della teoria sui quali oggi possibile gettare una luce del tutto nuova.
L. de Broglie
C. Davisson
A.Carnera
2010
E. Schrdinger
da parte di cristalli di nickel e di J.P. Thomson sulla diffrazione di elettroni nellattraversamento di una sottile lamina di materiale cristallino. Negli stessi anni E. Schrdinger sviluppava l equazione che ha preso il suo nome e che descrive quantitativamente la dinamica delle funzioni d onda associate alle particelle. La visione proposta dalla Meccanica Ondulatoria di Schrdinger rappresenta una rivoluzione concettuale radicale rispetto alla fisica classica. In particolare ci che i fisici si domandano : Se la materia costituita da onde, cos che oscilla?. In altre parole, qual la natura fisica della perturbazione che si propaga e che descritta dalla funzione d onda? La cosiddetta interpretazione di Copenhagen, dovuta fondamentalmente a Max Born, d al modulo quadro della funzione d onda il significato di densit di probabilit che la particella si trovi in una particolare posizione. Nonostante linterpretazione di Copenhagen sia stata a lungo contestata da Einstein, oggi questa l interpretazione largamente accettata dai fisici. Ma come si manifesta la natura ondulatoria della materia tutt altro che un dato acquisito ed in particolare non per niente assodato quale sia il confine tra il comportamento ondulatorio e quello corpuscolare: se da un lato appare normale considerare come ondulatorio il comportamento dell elettrone che interagisce con un reticolo di atomi e classico il moto di una palla da tennis, dove possiamo piazzare il confine tra i due regimi? Il nocciolo del problema lapplicazione alla fisica quantistica del cosiddetto principio di corrispondenza che potrebbe suonare pi o meno cos:
M. Born
Ogni nuova teoria fisica dovrebbe, non solo descrivere correttamente i fatti non spiegati dalla vecchia", ma anche ridursi ad essa ad un limite definito. Questo senz altro vero per la teoria della relativit, che si riduce alla fisica classica al limite v / c ! 0 . Un passaggio al limite altrettanto chiaro non stabilito per la meccanica quantistica. Spesso si usa dire che le previsioni della meccanica quantistica devono coincidere con quelle della teoria precedente al limite classico ma come sia definito rigorosamente questo limite non viene chiarito. Il problema di descrivere come avviene la transizione dal quantistico al classico fu assai vivo nei primi anni dello sviluppo della nuova fisica. Molte furono le argomentazioni e gli esempi proposti per dimostrare che il nuovo quadro teorico era compatibile con la fisica classica ad un qualche limite. Una serie di esempi di questo tipo sono riportati nellappendice 9.4.7 . Alla fine, e per molti anni, si raggiunse un tacito consenso sullidea, tuttaltro che rigorosa, che la descrizione dei fenomeni che hanno luogo su scala microscopica, cio quando in gioco vi sono pochi atomi, necessita degli strumenti della quantistica, mentre la fisica classica ben si applica alla scala macroscopica, implicitamente definita, pi o meno, come la scala degli oggetti visibili (magari con il microscopio). E evidente che si tratta di un punto concettualmente fondamentale. Ma anche di grande attualit, dato che oggi la capacit di realizzare strutture cos piccole da contenere un numero limitato di atomi ci pone in condizione di esplorare proprio la regione di transizione dal regime quantistico a quello classico, e di sfruttare le propriet specifiche di queste nanostrutture. Prima di andare avanti con questa discussione per necessario ricordare una delle pi rilevanti conseguenze della teoria ondulatoria: il principio di indeterminazione (vedi anche appendice 9.4.6 ), esposto da W, Heisemberg gi nel 1927. Se ci si limitasse ad associare ad una particella libera, p.es. un elettrone, unonda piana caratterizzata da un numero donda k legato al suo momento p dalla relazione p = ! k , che la pi semplice soluzione dell equazione di Schrdinger per la particella libera, ci si troverebbe di fronte allimpossibilit di attribuire una qualsiasi posizione alla particella. Sfruttando la linearit dell equazione di Schrdinger, e quindi la validit del principio di sovrapposizione per le sue soluzioni, per possibile costruire dei pacchetti d onda che siano spazialmente limitati e che quindi descrivano ragionevolmente la probabilit che la particella si trovi un una posizione definita. Questo implica per che anche il numero donda della particella non sia pi perfettamente definito, in quanto abbiamo dovuto sovrapporre onde piane con k diverso. Si pu dimostrare che l indeterminazione sulla coordinata, p.es. x, della particella e quella sulla componente x del vettore donda, kx, sono legate dalla relazione di indeterminazione
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Principio di corrispondenza
W. Heisemberg
A.Carnera
2010
!x !k x " 1
o, in altri termini
!x !p x " !
(1.1.1).
Relazione di indeterminazione
Il pacchetto donda costituisce quindi la rappresentazione quantomeccanica pi naturale della singola particella: il teorema di Ehrenfest (appendice 9.4.7.5 ) assicura poi che la dinamica del pacchetto donda governata da leggi formalmente identiche a quelle della meccanica newtoniana. Sappiamo dalla meccanica quantistica che la relazione di indeterminazione intrinsecamente legata alla corrispondenza fra osservabili (le quantit operativamente misurabili) ed operatori. Quando due operatori non commutano non possiamo pensare di poter contemporaneamente determinare con infinita precisione entrambe le quantit ad essi associate. Nel caso della posizione x e della componente px del momento, nel formalismo quantomeccanico abbiamo:
(1.1.2)
Il cosiddetto principio di indeterminazione deriva direttamente dalla struttura matematica della teoria e pu quindi essere visto come un teorema. Esso per alla base, come vedremo fra poco, di uno dei conflitti pi radicali fra la meccanica quantistica e la fisica classica. In fisica classica noi possiamo misurare posizione e velocit di un corpo con una precisione che limitata solo dalla risoluzione dei nostri strumenti. In meccanica quantistica ci semplicemente impossibile.
Abstract dell articolo nel quale viene esposto il paradosso di Einstein, Podolsky e Rosen (EPR) [Einstein 1935].
A. Einstein
Questa contraddizione fu la principale causa dell insofferenza di Einstein nei confronti della meccanica quantistica e della lunga diatriba che ebbe con Max Born, della quale l episodio pi famoso fu la pubblicazione, nel 1935, dell articolo in cui Einstein contestava la completezza della meccanica quantistica. Sono controversie di quasi un secolo fa? Parrebbe di si: oggi normalmente i fisici usano senza porsi troppi problemi le funzioni d onda e sembrano aver definitivamente sposato linterpretazione probabilistica che tanto disturbava Einstein. In realt la questione non per niente archiviata. A quali fenomeni dobbiamo per forza applicare una trattazione quantistica e quando, invece, possiamo sentirci tranquilli ed applicare la fisica classica? Se la fisica classica non che una approssimazione della sottostante realt quantistica, quando questa approssimazione sufficientemente accurata?
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A.Carnera
2010
Ricordiamo che in MQ la probabilit di rivelare una particella in una determinata posizione data dal modulo quadro della sua funzione d onda. Immaginiamo che h1 sia la funzione d onda che descrive una particella che, emessa dalla sorgente (il fucile o la sorgente delle onde), attraversi la fenditura 1 e arrivi al rivelatore mobile. Analogamente h2 la funzione d onda della particella che passa per la fenditura 2. Qual la differenza fra il comportamento corpuscolare (i proiettili) e quello ondulatorio?
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A.Carnera
2010
La probabilit che la particella attraversi la fenditura 1 e arrivi al rivelatore che si trova nella posizione y data da P1(y)=|h1(y)| ; la probabilit che arrivi in y passado per la fenditura 2 P2(y)=|h2(y)| . Possiamo interpretare la P1(y) come la distribuzione di proiettili sul piano del rivelatore quando aperta la sola fenditura 1. Analogo discorso per P2(y). Quando sono aperte entrambe le fenditure la probabilit di avete un proiettile rivelato in y data semplicemente dalla somma delle due probabilit descritte sopra:
Cl P12 (y) = P1 (y) + P2 (y) = h1 (y) + h2 (y) 2 2
(1.2.1)
Le fenditure sono sorgenti delle onde che si propagano oltre lo schermo (l adsorber). Se aperta solo la fenditura 1 si propagher l oda h1 e l intensit dell onda sul rivelatore fornir la probabilit di rivelare una particella sar, come nel caso dei proiettili, P1(y)=|h1(y)| ; se aperta solo la fenditura 2 si avr P2(y)=|h2(y)| . Fin qui nulla cambiato. Se per immaginiamo che entrambe le fenditure siano aperte allora avremo che nella posizione y si sovrappongono le onde che si generano dalle due fenditure. L equazione di Schrdinger lineare e quindi vale il principio di sovrapposizione. La probabilit di rivelare una particella sar proporzionale al modulo quadro della funzione d onda complessiva
QM P12 (y) = h1 (y) + h2 (y) ! P1 (y) + P2 (y) 2
(1.2.2)
(1.2.3)
da cui risulta chiaro che la probabilit classica e quella quantistica differiscono per i due ultimi termini della (1.2.3), che tengono conto della interferenza fra le funzioni d onda delle particelle passate dalla fenditura 1 e dalla fenditura 2. Il ragionamento di Feynman definisce in modo molto chiaro il criterio per definire la transizione fra il regime quantomeccanico e il regime classico: Il limite classico in ogni teoria quantistica il limite al quale gli effetti di interferenza quantistica spariscono. In linea di principio, quindi, un semplice esperimento ci pu permettere di capire se il fenomeno che stiamo studiando ha caratteristiche classiche (corpuscolari) o quantomeccaniche (ondulatorie) e magari, come vedremo pi avanti, studiare come avviene la transizione dal primo regime al secondo. Vediamo di proseguire seguendo la linea di discussione che propone Feynman: qual la differenza tra il fenomeno corpuscolare e quello ondulatorio? Essenzialmente che noi non possiamo affermare che londa passata dalla fenditura 1 piuttosto che dalla 2, mentre questa affermazione del tutto legittima nel caso delle particelle. Se noi sappiamo definire la
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Il limite classico
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traiettoria della particella, se cio in ogni istante sappiamo esattamente quale la sua posizione e la sua velocit (e quindi il suo momento), allora siamo nel regime classico e non si former la figura di interferenza. Se invece domina il comportamento ondulatorio, non potremo affermare che la particella passata da una fenditura piuttosto che dallaltra e quindi non potremo definire una traiettoria. E evidente quindi che il comportamento ondulatorio (cio quantistico) inestricabilmente legato alla impossibilit di misurare contemporaneamente con assoluta precisione posizione e momento, cio legato intrinsecamente al principio di indeterminazione. Feynman afferma esplicitamente: The uncertainty principle "protects" quantum mechanics. Heisenberg recognized that if it were possible to measure the momentum and the position simultaneously with a greater accuracy, the quantum mechanics would collapse. So he proposed that it must be impossible. Per visualizzare ci che intende, Feynman propone un esperimento concettuale (gedanken) nel quale usa il cosiddetto microscopio di Heisemberg per studiare il comportamento di un fascio di elettroni che attraversano la doppia fenditura. Supponiamo di illuminare il fascio di elettroni con dei fotoni. Quando un fotone interagisce con un elettrone vediamo un lampo di luce dovuto alla diffusione del fotone e quindi possiamo localizzare dove avvenuta la collisione e ricostruire la traiettoria dellelettrone. Quello che succede per che a seguito della collisione con il fotone, lelettrone cambia traiettoria e quindi, avendone determinato la posizione, abbiamo perturbato il suo momento e la figura di interferenza sparisce. Questo potrebbe semplicemente significare che stiamo usando delle perturbazioni troppo forti, cio dei fotoni troppo energetici: ma se diminuiamo lenergia dei fotoni, cio la loro frequenza e aumentiamo quindi la loro lunghezza donda, riduciamo s la perturbazione ma contemporaneamente diminuiamo la risoluzione del nostro microscopio, che non pu risolvere dettagli pi piccoli della lunghezza donda con cui illuminiamo il nostro oggetto. Ci troviamo quindi nella situazione in cui non sappiamo pi distinguere le due fenditure e quindi in realt non otteniamo pi linformazione che ci interessa. Siamo quindi in un vicolo cieco: se sappiamo ricostruire la traiettoria perturbiamo il sistema a tal punto che la figura di interferenza sparisce, se cerchiamo di perturbare cos poco il moto degli elettroni da preservarne il comportamento ondulatorio, non siamo pi in grado di determinare da quale fenditura lelettrone sia passato. Il principio di indeterminazione ci ha fregati! Sono stati proposti altri schemi di esperimento (p.es. la misurazione del momento trasferito dallelettrone alle fenditure nellinterazione) ma il risultato non cambia. In ogni caso la misura della posizione dellelettrone comporta la perdita di informazione sul suo momento e quindi la distruzione del fenomeno di interferenza. E viceversa. Lesperimento della doppia fenditura fornisce molti spunti significativi per andare pi a fondo su aspetti chiave dei fondamenti della Meccanica Quantistica. Vediamone alcuni.
Il microscopio di Heisemberg
Onde o particelle Se immaginiamo di effettuare concretamente lesperimento di Feynman, cosa che effettivamente stata fatta, come vedremo pi avanti, ci rendiamo conto che il comportamento degli elettroni tipicamente ondulatorio nel corso della loro interazione con le fenditure ma del tutto corpuscolare nel momento della loro rivelazione. Nei primi esperimenti nei quali si utilizzava uno schermo fluorescente, sullo schermo comparivano lampi luminosi in corrispondenza del punto di impatto dellelettrone e solo dopo lacquisizione di molti eventi, per esempio su di una lastra fotografica, si formavano le frange di interferenza. Oggi potremmo utilizzare array di rivelatori e su ciascun pixel riveleremmo eventi discreti. In altre parole lelettrone deposita tutta la sua carica elettrica in un punto preciso dello schermo, non la distribuisce seguendo la figura di interferenza. Utilizzando il linguaggio della MQ possiamo dire che levento della misura della posizione dellelettrone sul piano di rivelazione proietta la funzione donda elettronica su di uno stato spazialmente localizzato. Non si tratta di interferenza fra elettroni La pi naturale interpretazione dellesperimento della doppia fenditura di pensare che si tratti di un fenomeno di interferenza fra gli elettroni che contemporaneamente attraversano
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le fenditure. In primo luogo una interpretazione di questo tipo comporterebbe che gli elettroni avessero la stessa fase, e cio richiederebbe che avessimo a disposizione una sorgente coerente di elettroni, cosa che purtroppo non cos facile da realizzare ma, soprattutto, non vi nulla nella trattazione quantistica che dipenda dal flusso di elettroni: la teoria prevede lo stesso risultato sia che lapparato sia attraversato da un elettrone per volta, sia che molti elettroni siano in volo contemporaneamente. Pi avanti verr descritto un esperimento nel quale lapparato attraversato da un elettrone alla volta: ogni elettrone viene rivelato singolarmente in una definita posizione dello schermo ma la distribuzione finale, dopo che lapparato stato attraversato da un gran numero di elettroni, riproduce esattamente la figura di interferenza. Questi esperimenti possono essere interpretati solo se si ha ben chiaro che ci che stiamo studiando non un fenomeno di interferenza fra particelle che hanno traiettorie diverse (passano per luna o per laltra delle due fenditure) ma piuttosto linterazione di ciascun elettrone con il sistema delle due fenditure. Qualcuno ha detto, un po sommariamente ma in modo efficace, lelettrone interferisce con se stesso.
Difficolt sperimentali e limiti fondamentali Per quanto concettualmente semplice, lesperimento della doppia fenditura presenta notevoli difficolt pratiche. Lorigine di queste difficolt nasce dal fatto che anche per particelle estremamente leggere (lelettrone p.es.) e per energie relativamente basse (diciamo dellordine del keV) la lunghezza donda di De Broglie molto piccola. Per particelle non relativistiche
!=
! 2m
2" E
!e =
2# 1000x1.6x10 "19
= 0.039 nm .
-4
Se si usassero protoni con la stessa energia, la lunghezza donda scenderebbe a 9x10 nm! Il problema della doppia fenditura pu essere studiato con la stessa trattazione che si usa in ottica nel caso di distanza fra le fenditure (d) molto pi piccola della distanza fra il piano delle fenditure e il piano dello schermo (approssimazione di Fraunhofer). In questa approssimazione la distanza angolare fra i massimi della figura di interferenza data dalla relazione
Sin ! = m
" . d
Supponendo che lo schermo si trovi ad un metro dalle fenditure e che riusciamo a produrre due fenditure spaziate di 1m, la distanza fra i massimi di interferenza risulta essere di meno di 40 m nel caso di interferenza di elettroni da 1 keV, mentre se si tratta di protoni con la stessa energia tale spaziatura si riduce a meno di 1 m. Per mettere in evidenza fenomeni di interferenza di particelle sono perci necessari sistemi di rivelazione con risoluzione tanto pi spinta quanto pi massiva la particella. Si tende quindi comunemente a ritenere che per particelle macroscopiche i fenomeni di interferenza quantistica siano di fatto impossibili da rivelare e che, di conseguenza, sia del tutto lecito utilizzare lapprossimazione classica. Come vedremo pi avanti, la possibilit di realizzare esperimenti con sempre maggiore potere risolutivo ha permesso, negli ultimi anni, di evidenziare fenomeni di interferenza di oggetti estremamente grandi. Il limite fra il regime quantistico e quello classico sembra quindi spostarsi assieme allo sviluppo tecnologico, mostrando chiaramente che il criterio che vede il regno della quantistica nel microscopico e quello della fisica classica nel macroscopico non basato su alcunch di fondamentale e non in grado di fornire una trattazione solida della transizione da un regime allaltro.
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A.Carnera
2010
II. Ogni quantit fisica misurabile A descritta da un operatore hertmitiano A che agisce su E ; questo operatore un osservabile. III. Il solo possibile risultato della misura della quantit fisica A uno degli autovalori del corrispondente osservabile A. IV. Levoluzione temporale del vettore di stato ! (t) governata dallequazione di
! " (t) = H(t) " (t) , dove H(t) losservabile associato allenergia !t totale del sistema. V. Quando la quantit fisica A misurata su di un sistema nello stato normalizzato
Schrdinger i !
{u }
i n
(i = 1,gn )
un sistema di vettori che forma una base nel sottospazio En delle autofunzioni associate allautovalore an di A. VI. Se la misura della quantit fisica A su di un sistema nello stato ! d il risultato an, lo stato del sistema immediatamente dopo la misura la proiezione normalizzata Pn ! di ! sul sottospazio delle autofunzioni associate ad an. ! Pn !
Se supponiamo, per semplicit, che gli autovalori di A non siano degeneri, lo stato di una particella (o di un sistema di particelle) descritto da una funzione donda che esprimibile come sovrapposizione di autofunzioni dellosservabile A (operatore hermitiano le cui autofunzioni costituiscono una base per lo spazio degli stati) che associato alla quantit da misurare a
! = " c n un
n
(1.3.1)
A un = an un
(1.3.2).
A.Carnera
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Fintanto che il sistema pu essere considerato isolato, i primi quattro postulati ne descrivono la dinamica sulla base dell equazione di Schrdinger che, essendo lineare, ammette che tutte le combinazioni lineari delle sue soluzioni ! (t) descrivano stati del sistema fisicamente possibili. Il processo di misura rompe la linearit del sistema, in quanto richiede che lapparato di misura interagisca con il sistema, rompendone lisolamento. Vi quindi una discontinuit, non solo nellevoluzione del sistema, ma, in qualche modo, nella teoria stessa: il processo di misura non sembra essere soggetto alle stesse leggi che governano la dinamica di tutti i sistemi quantistici. Non a caso, in molte esposizioni della meccanica quantistica, si afferma esplicitamente che lapparato di misura per definizione governato dalle leggi della fisica classica. In questo senso questa teoria non completa, in quanto presuppone fin dai propri fondamenti il supporto di unaltra teoria: la fisica classica. I postulati V e VI garantiscono la possibilit di sottoporre le previsioni della MQ alla verifica sperimentale ma affermano esplicitamente che il risultato della misura non certo, a meno che il sistema non si trovi gi in un autostato dellosservabile. Se il sistema si trova in una sovrapposizione di stati (1.3.1) la MQ ci fornisce solo la probabilit di ottenere il risultato an da una misura di A, che dato da
P an = c n
( )
(1.3.3).
Il postulato VI poi garantisce che se si effettua una ulteriore misura della stessa quantit il risultato sar ancora an, poich loperazione connessa alla misurazione ha proiettato il sistema nel sottospazio degli autostati di A associati allautovalore an, garantendo cos la condizione fondamentale della riproducibilit della misura in fisica. Quindi, secondo questa visione, il sistema evolve governato dallequazione di Schrdinger fino allistante t0 in cui si compie la misura. Nel processo di misura, il sistema viene proiettato in uno stato caratterizzato dallautofunzione un, corrispondente allautovalore an che stato il risultato della misura. Il processo di misura quindi introduce una violenta discontinuit che non pu essere descritta dalla normale dinamica quantistica di Schrdinger.
Spesso si descrive questo processo dicendo che loperazione della misura proietta la funzione donda su di uno stato classico cio uno stato nel quale il risultato dellesperimento non pi soggetto alle leggi (probabilistiche) della meccanica quantistica ma fornisce con univocit classica il risultato an. Secondo von Neumann (1932) il sistema quantistico S (microscopico) governato dallequazione di Schrdinger fintanto che rimane isolato, ma dopo che ha interagito con lapparato (macroscopico) di misura A la funzione donda complessiva del sistema S+A (SA) ad essere governata dallequazione di Schrdinger. La natura classica degli stati di SA assunta in qualche misura implicita dal fatto che A macroscopico e quindi gli stati di A possono essere determinati, in linea di principio, con precisione assoluta.
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Von Neumann schematizza il processo di misura con una transizione del tipo (vedi p.es. [Zurek 2002])
(1.3.4)
! S = " c n sn
n
(1.3.5)
mentre lapparato A si trova in uno stato di pronto dato da ar . Nel processo 1, detto di premisura (premeasurement), avviene un processo irreversibile [Auletta, pag. 220], che cambia lo stato di A e fa s che la successiva misura (classica) effettuata su A dia con certezza il risultato an. A seguito dellinterazione 1 gli stati di S e di A non sono pi indipendenti (la funzione doda complessiva di SA,
!c
n
sn an
non pi fattorizzabile
come prodotto di una ! S e di una ! A ) ma i due sistemi complessivamente costituiscono un unico sistema entangled (aggrovigliato) che per mantiene memoria degli autostati an del sistema microscopico. Daltra parte viene ancora postulato che una misura compiuta, tramite uno strumento opportuno (talvolta definito amplificatore), sul sistema macroscopico SA possa solo dare come risultato uno stato puro, cio classico, e non una sovrapposizione di stati. Miracolosamente sparisce la caratteristica fondamentale degli stati quantistici che possono sempre essere espressi come sovrapposizione di autostati ed emerge la purezza degli stati classici. Dopo questo processo di cancellazione che lascia sopravvivere solo gli stati puri, non possono pi essere presenti quei fenomeni di interferenza che (p.es. nella definizione di Feynmann) sono la caratteristica distintiva della natura quantistica di un sistema. La visione di von Neumann rappresenta il processo di misura con un linguaggio coerente allinsieme della teoria quantistica e mette a fuoco chiaramente la incompletezza della teoria, nel momento in cui deve fare ricorso alle certezze della fisica classica per confrontarsi con la informazione accessibile allesperimento. Ma, anche se imposta con rigore quantistico il problema, von Neumann in realt non ne fornisce una soluzione, ipotizzando un processo di misura del quale non in grado di dare alcuna descrizione dettagliata ma solo prendere atto del suo esito classico. Il processo di misura rompe levolversi della funzione donda di S governato dallequazione di Schrdinger ed introduce una discontinuit che in molti (vedi p.es. [Penose 22.1]) considerano una forte anomalia nella costruzione della meccanica quantistica. Il problema della misura costituisce tuttora un nervo scoperto della meccanica quantistica.
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Figura 9-4: tratta da Wojciech H. Zurek: Decoherence and the Transition from Quantum to ClassicalRevisited Los Alamos Science Number 27 2002 [Zurek 2002]
In questa parte del capitolo verranno descritti alcuni degli esperimenti che hanno affrontato direttamente il problema della interazione del sistema microscopico con lambiente macroscopico e hanno consentito di sondare sperimentalmente questo aspetto fondamentale della teoria.
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fenditure che fossero in grado di generare una figura di diffrazione di elettroni aventi le energie tipiche dei microscopi elettronici (alcune decine di KeV). a) b)
Figura 9-5: La realizzazione del reticolo (a) e la figura di diffrazione nel caso di un reticolo di cinque fenditure (b) ottenuta da Jnsson nel 1961 [Jnsson 1961].
Lesperimento di Jnsson, per, non che una ulteriore conferma del comportamento ondulatorio degli elettroni gi evidente nelle figure di diffrazione ottenute da Davisson e Germer e da Thomson. La sfida di Feynman era unaltra: studiare linterazione di un singolo elettrone con un sistema in grado di metterne in luce il comportamento ondulatorio. Nel 1974 un gruppo italiano di Bologna composto da Giorgio Merli, Giulio Pozzi e da Gianfranco Missiroli effettua il primo esperimento di interferenza di elettroni nel quale un solo elettrone alla volta attraversa lapparato [P.G. Merli 1976].
Giorgio Merli
Figura 9-6: schema dell analogia tra il biprisma elettronico (A) ed il biprisma ottico (B). In entrambi i casi leffetto quello di sdoppiare limmagine della sorgente S in due sorgenti virtuali (S1 e S2). Nel caso A il biprisma costituito da un filo F tenuto ad un potenziale positivo rispetto a massa. Tratto da [P.G. Merli 2003].
Figura 9-7: frange di interferenza per valori crescenti della corrente del fascio (da a ad f) e tempo di registrazione costante. Si ottengono frange di interferenza anche con tempi di registrazione molto lunghi ed elettrone singolo passante[P.G. Merli 2003].
Complementi 12
A.Carnera
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Lesperimento di Merli, Pozzi e Missiroli inizialmente fu quasi ignorato tanto che, quando nel numero di settembre del 2002 di Physics World [PhysWorld 2002] venne pubblicata la classifica degli esperimenti pi belli mai realizzati in fisica (most beautiful experiment in physics), che vedeva in testa lesperimento dei fori di Young applicato all interferenza di elettrone singolo, esso fu attribuito a Akira Tonomura, che laveva descritto sull American Journal of Physics nel 1989 [Tonomura 1989]. Solo successivamente, nel maggio del 2003 [PhysWorld 2003], a seguito di una dettagliata precisazione inviata da John Steeds, la vera storia dellesperimento dellelettrone che interferisce con se stesso fu ripubblicata e, con la leale ammissione dello stesso Tonomura, la primogenitura dellesperimento fu riconosciuta al gruppo italiano. L editor di Physics Worls, Peter Rogers, faceva notare che Richard Feynman stava giusto tenendo le sue celebri lezioni al Caltech quando Jnsson stava compiendo il primo esperimento di interferenza di elettroni. Feynman probabilmente ne era alloscuro e la citazione che segue mostra chiaramente come in quegli anni si sia superata la barriera fra i gedanken experiments e la successiva serie di esperimenti reali. "We should say right away that you should not try to set up this experiment. This experiment has never been done in just this way. The trouble is that the apparatus would have to be made on an impossibly small scale to show the effects we are interested in. We are doing a "thought experiment", which we have chosen because it is easy to think about. We know the results that be obtained because there many experiments that have been done, in which the scale and the proportions have been chosen to show the effects we shall describe".
Anton Zeilinger
Figura 9-8: interferometro di Talbot-Lau utilizzato dal gruppo di Zeilinger per la determinazione della figura di diffrazione di un fascio di fullereni C70. [Brezger 2002].
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Utilizzando un interferometro operante in campo prossimo con reticoli con passo di circa 1 m con fenditure di circa 500 nm di larghezza, si sono rivelate le figure di interferenza prodotte da fasci di fullereni C70, aventi velocit di circa 100 m/s . [Brezger 2002]. La massa di queste particelle circa 1.5 milioni di volte la massa dellelettrone e la loro lunghezza donda di de Broglie era dellordine di 4 pm!
Figura 9-9: figura di diffrazione di un fascio di fullereni C70 aventi velocit di 115 m/s nellapparato di Figura 9-8 [Brezger 2002].
Con un apparato analogo lo stesso gruppo ha determinato la figura di interferenza di macromolecole ancora pi grandi, quali la tetrafenilporfirina (C44H30N4) ed il fluorofullerene C60F48 (Figura 9-10). a) b)
Figura 9-10: molecole di C44H30N4 (a) e di C60F48 (b). Da [Hackermller 2003]
Utilizzando una versione modificata dello stesso interferometro, nel quale un laser interagiva con le molecole di fullereni scaldandole, il gruppo di Zeilinger ha potuto mettere in evidenza direttamente la transizione dal regime quantistico a quello classico, con la sparizione della figura di interferenza. All aumentare della temperatura, la radiazione termica emessa dai fullereni si sposta a lunghezze donda sempre pi piccole. In linea di principio quindi possibile localizzare con un microscopio la posizione di ogni singola molecola con precisione via via maggiore, al crescere della temperatura. Quando il massimo dello spettro di emissione raggiunge lunghezze donda pari od inferiori alla spaziatura del reticolo si potrebbe, quindi, determinare per quale fenditura la molecola passata: si realizza quindi una specifica versione del microscopio di Heisemberg.
Figura 9-11: interferometro utilizzato per lesperimento di decoerenza di onde di materia [Hackermller 2004].
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Ci si aspetta quindi che, potendo determinare la traiettoria della molecola, non sia pi possibile determinarne la lunghezza donda (cio il momento), altrimenti si violerebbe il principio di indeterminazione. Se ci vero, all aumentare della temperatura la figura di diffrazione deve gradualmente sparire. Questo appunto ci che stato visto dai ricercatori dellUniversit di Vienna: nel loro esperimento i fenomeni di interferenza spariscono e si attraversa in maniera controllata il confine fra il regime quantistico e quello classico.
Figura 9-12: figure di interferenza di fullereni C70 con velocit di 190 m/s allaumentare della potenza riscaldante. Il valore assoluto dei conteggi risente della variazione di efficienza del rivelatore in funzione della temperatura [Hackermller 2004].
Figura
9-13:
andamento
della
visibilit
La comune linea di pensiero di questa serie di esperimenti consiste nellidea che quando si rompe lisolamento del sistema microscopico con lambiente, in un processo, almeno potenzialmente, di misura, il sistema perde di coerenza, i fenomeni di interferenza si attenuano fino a scomparire ed emerge il comportamento classico. Significativamente questi processi possono essere letti anche alla luce del principio di indeterminazione: la scomparsa dei fenomeni di interferenza va di pari passo con la possibilit di prevedere deterministicamente la traiettoria delle particelle (which path) e quindi la conseguente indeterminazione sul loro momento preclude la rivelabilit dei fenomeni ondulatori. Un chiaro esempio di processo di decoerenza di questo tipo stato messo in evidenza da Peter Sonnentag e Franz Hasselbach [Sonnentag 2007] proprio nel caso dellinterferenza di elettroni in un esperimento che per molti versi il successore di quelli storici di Jnsson,prima e di Merli poi. Lesperimento, che era stato proposto gi nel 1997 da Anglin e Zurek [Anglin 1997], e Machnikowski nel 2006 ne aveva sviluppato in dettaglio le previsioni teoriche [Machnikowski
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2006], si basa sullidea che la perturbazione di carica indotta dal passaggio dellelettrone in prossimit della superficie del conduttore pu essere utilizzata, almeno in linea di principio, per la determinazione della traiettoria. La carica indotta sar tanto pi localizzata quanto pi la traiettoria dellelettrone prossima alla superficie. Sar quindi possibile definire con grande precisione la traiettoria degli elettroni che passano vicini al conduttore, mentre per quelli che passano lontano non si sar in grado di decidere se sono passati nel ramo di destra o di sinistra del biprisma: come conseguenza del principio di indeterminazione a figura di interferenza dovrebbe quindi essere visibile solo per gli elettroni con traiettorie lontane dalla superficie conduttiva (Figura 9-14).
Figura 9-14: schema dellesperimento sulla perdita di coerenza degli elettroni a seguito della interazione con un materiale conduttore sul quale viene indotta una carica localizzata in prossimit della traiettoria degli elettroni [Sonnentag 2007].
Il risultato (Figura 9-15) non ha bisogno di molti commenti: linterazione a distanza con la superficie conduttiva induce una perdita di coerenza delle funzioni donda degli elettroni che tanto pi marcata quanto pi la traiettoria vicina alla superficie. Gli elettroni che passano distante dal conduttore inducono su di esso una perturbazione che molto poco localizzata. La scarsa definizione della traiettoria fa s che per questi elettroni non si possa risalire a quale dei due rami del biprisma abbiano attraversato, non si possiede quindi linformazione which path e la figura di interferenza risulta ben definita. Il ragionamento simmetrico spiega la sostanziale assenza di frange di interferenza a piccoli valori della coordinata z.
Figura 9-15: figure di interferenza di elettroni dellesperimento di Sonnentag [Sonnentag 2007]. La coordinata z rappresenta la distanza dalla superficie conduttiva. Le immagini da a ad h corrispondono distanze crescenti fra i due bracci del biprisma. E evidente la perdita di coerenza delle funzioni donda associate agli elettroni con traiettorie con piccoli valori di z.
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Figura 9-16: evoluzione della matrice densit locale degli stati per un semplice sistema costituito da due distinti pacchetti donda gaussiani. I picchi giallo-verdi rappresentano gli stati di posizione definita corrispondenti alla diagonale principale della matrice densit. Gli stati rosso-viola che corrispondono alla interferenza fra i due pacchetti donda subiscono un rapido smorzamento da t=0 (a) ad un tempo immediatamente successivo D (b).
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Questo approccio teorico giunge a conclusioni estremamente ottimistiche sulla possibilit di spiegare in forma completamente autoconsistente lannoso problema della misura in meccanica quantistica e cio il magico comparire di un risultato classicamente puro (cio non sovrapposizione di differenti stati possibili) a seguito del processo di misura. Viene quindi superata la difficolt presente nello schema di Figura 9-3, sostituendo la discontinuit presente nella esposizione tradizionale della meccanica quantistica con un processo, sostanzialmente irreversibile a causa dellenorme numero di gradi di libert che caratterizzano lambiente. Si stimato [Schlosshauer 2004] che il processo di decoerenza avviene in tempi pi brevi di quanto una osservazione in pratica possa risolvere anche per sistemi relativamente semplici, quali macromolecole o granelli di polvere, che interagiscano solo con il background di radiazione cosmica a 3K.
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Appendici
9.4.4 Esperimenti con i fotoni
Anche se una descrizione degli esperimenti che hanno riguardato il comportamento duale corpuscolare/ondulatorio dei fotoni e dei loro stati entangled al di fuori degli obiettivi di questa trattazione, comunque utile dare qualche rapido cenno su quella che stata larchitettura fondamentale di una serie fondamentale di esperimenti che si sono dimostrati cruciali per chiudere la diatriba che era stata aperta da Einstein con il celebre articolo del 1935 sulla incompletezza della MQ. In particolare stati di fotoni entangled sono stati utilizzati per la verifica della disuguaglianza di Bell [Bell 1964] con la dimostrazione della natura non-locale e non-deterministica degli stati quantici ed il superamento definitivo delle ipotesi di esistenza di variabili nascoste. Una ragione ulteriore per accennare a queste ricerche che molti, se non tutti, gli sviluppi della computazione quantistica, della crittografia quantistica e del teletrasporto quantico, si basano sulla manipolazione di stati di fotoni entangled [Zeilinger 2005]. Nell interferometro di Mach-Zehnder un fascio di luce incide su di uno specchio semiriflettente e viene quindi diviso in due: una parte segue il percorso inferiore (A-B-D), mentre laltra il percorso A-C-D. In D si trova un secondo specchio semiriflettente, oltre al quale sono i due rivelatori 1 e 2. La luce che ha seguito il prcorso AB-D e che viene riflessa dallo specchio D, raggiungendo il rivelatore 1, ha subito uno sfasamento durante la trasmissione attraverso lo specchio semiriflettente A e due sfasamenti per riflessione da parte degli Figura 9-17: Interferometro Mach-Zehnder specchi B e D. La luce che segue laltro percorso e attraversa lo specchio semiriflettente D, raggiungendo anchessa il rivelatore 1, subisce uno sfasamento identico in quanto viene riflessa due volte (da A e da C) e trasmessa una volta (da D). Quindi, se linterferometro perfettamente bilanciato, se cio i quattro bracci sono a due a due di lunghezza identica, la luce che raggiunge il rivelatore 1 percorrendo il tratto inferiore e quella che raggiunge 1 lungo il tratto superiore sono perfettamente in fase e si ha interferenza costruttiva. Tutta la luce che incide su A raggiunge quindi il rivelatore 1, il che significa che, necessariamente, le altre due possibilit, cio la luce che fa il percorso A-B-D2 e quella che percorre il tratto A-C-D-2, danno luogo ad interferenza distruttiva. Questo significa che non arriveranno fotoni al rivelatore 2. Evidentemente se si interrompe p.es. il tratto A-B con uno schermo opaco, il 50% della luce (quella che percorre il tratto superiore) raggiunger D e di questa il 50% andr verso il rivelatore 1 ed il restante 50% andr verso il 2. Quindi se si interrompe uno dei bracci ad entrambi i rivelatori arriver il 25% della luce della sorgente. Fin qui nulla di strano: la trattazione classica della propagazione della luce spiega tutto. Ma immaginiamo che i due rivelatori siano dispositivi in grado di rivelare fotoni singoli [Grangier 1986]. Essi emetteranno una sequenza di impulsi (click), uno allarrivo di ogni fotone. Quindi siamo in presenza, al momento della rivelazione, di eventi distinti. I fotoni manifestano la loro natura di particelle. Possiamo quindi immaginare di compiere lesperimento di Figura 9-17 con intensit di luce molto basse, tali per cui un solo fotone si trovi in ogni istante nellinterferometro. Lo specchio A svolge quindi lo scopo di indirizzare met dei fotoni verso lalto e laltra met verso il basso. Non potremo quindi sapere quale braccio percorre ciascun fotone. In queste condizioni solo il rivelatore 1 emetter i suoi click, mentre laltro sar sempre silenzioso. Se per intercettiamo uno dei due bracci, sapremo
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esattamente quale percorso ha seguito ciascun fotone, ma la conseguenza sar che entrambi i rivelatori, con pari frequenza media, emetteranno i click.
Figura 9-18: Interferometro Mach-Zehnder con uno dei due rami interrotto
Il principio di indeterminazione si manifesta qui come limpossibilit di poter contemporaneamente sapere quale dei due percorsi ha seguito il fotone o quale dei due rivelatori verr eccitato. Se si sa che solo il rivelatore 1 viene raggiunto, allora non si sa quale percorso ha seguito il fotone. Al contrario se si sa quale stato il percorso fatto, entrambi i rivelatori verranno raggiunti con la stessa probabilit. Una forma, appena pi elaborata, di questo esperimento quella sviluppata da Grangier, Roger e Alain Aspect, in quello che stato uno dei lavori pi chiari nel mettere in evidenza i fenomeni di interferenza di fotoni singoli [Grangier 1986]. Nell esperimento di Grangier con fotoni singoli (Figura 9-19) si utilizzano sorgenti di coppie di fotoni correlati, uno dei quali viene utilizzato per lesperimento vero e proprio (signal, s) e laltro viene utilizzato per il trigger di un sistema di coincidenza (idle,i). All interno della finestra temporale w trascurabile la probabilit di rivelazione sul percorso del segnale di fotoni che non siano stati prodotti nel processo di cascata atomica che ha generato il fotone i. In questo senso si in presenza di un solo fotone di tipo s nellapparato durante la fase di conteggio. Il contatore Nc, relativo agli eventi di coincidenza di fotoni riflessi e trasmessi (sr e st) in questo esperimento non scatta praticamente mai: il fotone sceglie di essere o riflesso o trasmesso, ma a differenza di quello che ci si aspetterebbe se si comportasse come unonda, non pu essere contemporaneamente in entrambi i canali.
Nr Ni
Nc
Nt
Figura 9-19: schema dell apparato per la realizzazione di esperimenti a fotone singolo realizzato da Grangier et al. [Grangier 1986]
Se lo specchio semiriflettente di Figura 9-19 viene inserito come primo elemento in un interferometro di Mach-Zehnder (specchio A di Figura 9-17), si realizza praticamente lesperimento di interferenza di fotoni singoli. Nel loro articolo Grangier, Roger e Aspect mostrano chiaramente che gli eventi di conteggio nei rivelatori 1 e 2 dellinterferometro sono in completa anticoincidenza, a conferma diretta della quantizzazione del campo elettromagnetico.
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E = h ! = me c 2
(1.5.1)
All elettrone viene associata una funzione d onda del tipo onda piana che, nel s.d.r. dell elettrone a riposo assume la forma di un onda stazionaria
! ( t ) = A sin ( 2" # t )
(1.5.2)
Nel s.d.r. del laboratorio, descritto dalle coordinate x' e t' , che si sposta con velocit ve rispetto al s.d.r. in cui l elettrone in quiete, la funzione d onda elettronica avr la forma
x' ) / , & !(x',t') = A!sin . 2" ( #' t'$ + 1 ' %' * 0 Le trasformazioni di Lorentz fra i due s.d.r. sono
(1.5.3).
!=
ve c
(1.5.4)
p' = E' =
(1 ! " )
mc 2
m ve
2 1/2
(1.5.5)
(1 ! " )
2 1/2
= p' c + m c
2 2 2
v , & & ) t'$ e x' # ( c 2 + = A sin . 2" ( ! ( x ) = A sin ( 2" # . ( 2 1/2 + 2 1$ % . ( 1$ % ( + ' * . ' -
1/2
ve c2 t'$ 1 $ %2 #
1/2
)/ +1 x' + 1 +1 *1 0
(1.5.6)
La (1.5.6) fornisce la rappresentazione dellonda associata all elettrone nelle coordinate (x,t) del sistema di riferimento nel quale l elettrone in quiete, e quindi la (1.5.6) deve coincidere con la (1.5.3). Devono quindi essere soddisfatte le
! % 1/2 ' !' = 1 " #2 ' ' v & ! e '1 c2 ' = 1/2 1 " #2 ' $' (
(1.5.7)
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la prima delle (1.5.7) fornisce la legge di trasformazione delle frequenze, che a sua volta conferma l ipotesi di invarianza della legge di Planck. Infatti dalle (1.5.5),
h!!' =
(1 " # )
h!!
2 1/2
(1 " # )
mc 2
2 1/2
= E$
La seconda delle (1.5.7) implica, assieme alla (1.5.1) e alla prima delle (1.5.5)
!' =
c 2 1 " #2 $ ve
1/2
c 2 1 " #2
1/2
me c 2 ve h
h 1 " #2 me v e
1/2
h p'
(1.5.8)
p' =
h = ! k' !'
(1.5.9).
Questa relazione, enunciata nel 1923 da Louis de Broglie, la premessa per la successiva formulazione ondulatoria della meccanica quantistica proposta da Erwin Schrdinger nel 1926. La funzione donda dellelettrone libero la soluzione dellequazione di Schrdinger in assenza del termine di potenziale
i!
e
con
H= !
(1.5.10)
(1.5.11)
posta la funzione donda nella sua pi generale forma ! (x,t) = ei(k x"# t) le (1.5.10) e (1.5.11) impongono che siano soddisfatte le
E' = ! ! '
k '2 ! 2 = !! ' 2m
(1.5.12)
che coincidono con la (1.5.9), se si considera che lenergia dellelettrone libero appunto
E' =
p '2 2m
(1.5.13).
La (1.5.12) rappresenta la relazione di dispersione di particella libera, che caratterizzata da una dipendenza quadratica dellenergia dal numero donda. La velocit di fase dellonda piana associata allelettrone risulta essere
v 'f =
! ' & 2" # ' ) & (1 $ % 2 )1/2 ) c 2 = ( += k ' ( (1 $ % 2 )1/2 + ' 2" # ' v 'e c 2 * v 'e ' *
(1.5.14)
che implica direttamente che la velocit di fase dellonda risulta essere maggiore della velocit della luce! In realt la cosa perfettamente ammissibile, in quanto la propagazione dellonda piana non associata alla propagazione di alcuna informazione, visto che non consente la localizzazione dellelettrone ( ! * (x ',t ')! (x ',t ') " 1 ovunque). La funzione donda che rappresenta la dinamica di un elettrone reale si otterr come sovrapposizione di onde piane, costruendo quindi dei pacchetti donda.
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impossibilit di localizzare la particella nello spazio) alla sovrapposizione di onde piane, cio a pacchetti d onda. Per il pacchetto d onda si pu definire una velocit di gruppo che rappresenta la velocit con la quale si sposta nello spazio il centro del pacchetto, o meglio il punto del pacchetto nel quale la fase non dipende dal numero d onda. La velocit di gruppo risulta essere data dalla
(1.5.15)
(1.5.16)
E2 = p 2 c 2 + m2 c 4
e quindi
2EdE = 2 p c 2 dp
(1.5.17)
(1.5.18)
p ve = E c2
da cui
(1.5.19)
vg =
p0 c 2 = ve E0
(1.5.20)
0.3
! (x,0) =
1 2 " #x
2
x2 2 #x 2
0.2
(1.5.21)
0.1 -3 -2 -1
! (x,0)
lindeterminazione nella posizione pu essere stimata dallo scarto quadratico medio ! " = #x . La trasformata di Fourier della funzione donda, cio la sua rappresentazione nello spazio dei dei numeri donda k, e quindi dei momenti p x = ! k , ancora un pacchetto gaussiano
0.4
0.3
f(k,0) = F ! (x,0) =
1 2"
$ #$
#ik x
! (x,0)dx =
0.2
f(k,0)
(1.5.22)
0.1 -3 -2 -1 1 2 3
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!f =
1 "x
che rappresenta
!x !k = 1
!x !p x = ! .
(1.5.23)
Si pu dimostrare che il pacchetto gaussiano rappresenta il pacchetto di minima dispersione, quindi per un generico pacchetto donda dve essere sempre soddisfatta la disuguaglianza
!x !p x " ! .
(1.5.24)
g(! ) =
dN 8" V 2 = 3 ! d! c
(1.5.25)
Se si assume che il gas dei modi di oscillazione segua una statistica classica e quindi, per il teorema di equipartizione dellenergia, lenergia media dei modi sar
! cl = k B T
(1.5.26)
e quindi la densit di energia del campo e.m. sar data dalla formula di Raileigh e Jeans
(! ) = g(! ) " cl =
8# 2 ! kB T c3
(1.5.27)
Se invece si assume che i modi del campo e.m. si comportino come oscillatori armonici quantistici, la loro energia media data dalla
!q =
h" e
h " /kB T
#1
(1.5.28)
(! ) = g(! ) " q =
8# 2 h! ! h! /k T c3 e B $1
(1.5.29).
h# $ ' h# & 1+ k T + !) * 1 % ( B
= kB T
(1.5.30)
Questa tendenza al limite costituisce una delle pi classiche formulazioni del principio di corrispondenza : La teoria quantistica coincide con la descrizione classica al tendere a zero della costante di Planck. Ci si pu domandare quale sia il senso fisico di far tendere a zero una costante universale.
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m ! 2r =
Z e2 4" # 0r 2
(1.5.31)
!"
1 r
3/2
(1.5.32)
L = m ! r2 "
r2 = r 1/2 r 3/2
!"
1 L3
(1.5.33).
In un modello classico, una carica che orbita con velocit angolare emette radiazione " elettromagnetica di frequenza ! = . Seguendo la regola di quantizzazione di Planck 2# l energia dei quanti emessi sar E = h ! , quindi
E !" !
1 r
3/2
(1.5.34).
Se, nel contesto del modello di Bohr dell atomo di idrogeno, si esprimono le energie in funzione del numero quantico n, si ha
En !
1 n2
(1.5.35)
!E "
1 1 # 2 2 (n + 1) n
Per n grandi, la sequenza di stati sar caratterizzata da valori di energia sempre pi ravvicinati e con buona approssimazione la variabile n potr essere considerata continua. Sar quindi
!E "
d # 1& 1 = . dn % n2 ( n3 $ '
Ricordando la regola di Bohr della quantizzazione del momento angolare L = n ! si ottiene direttamente
!E "
1 L3
(1.5.36).
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Si pu quindi concludere che la previsione sulla frequenza della radiazione emessa che si ottiene per grandi numeri quantici dal modello di Bohr, in accordo con la previsione classica (1.5.33). Una diretta estensione di questa formulazione del principio di corrispondenza porterebbe a dire che un sistema quantistico legato, caratterizzato quindi da stati di energia discreti, scanditi da un numero intero n, tende al suo analogo classico al tendere di n allinfinito. Vedremo tra poco che anche questa formulazione non cos solida come sembra.
(1.5.37)
k m
(1.5.38)
Figura 9-20: livelli energetici di un elettrone sottoposto ad una forza elastica 2 con costante k = 2 eV/nm
e le autofunzioni sono
m" ! (x) = 4 !
1 2n n! #
m" x 2 2!
1 x0
1 2n n! #
1% x ( $ ' * 2 & x0 )
% x( Hn ' * & x0 )
(1.5.39)
x0 =
! m!
(1.5.40).
La spaziatura dei livelli energetici dati dalla (1.5.38), nel caso dellelettrone soggetto ad una eV N forza elastica con costante k = 2 = 0.16 , pari a ! E = 0.39 eV . 2 m nm Un sistema macroscopico avente massa pari ad 1 g, soggetto alla stessa forza elastica e che abbia ampiezza di oscillazione A=1 cm, avrebbe una energia totale
Ecl =
1 k A 2 = 5x1013 eV = 8x10 !6 J 2
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Se lo trattassimo come un sistema quantistico, la spaziatura fra i suoi livelli energetici data sempre dalla (1.5.38) sarebbe ! E = 8.33x10 "15 eV . Il sistema occuperebbe quindi uno stato quantico con n = Ecl / ! E = 6x10 27 ! In questo senso un sistema classico caratterizzato da numeri quantici enormi ed i suoi stati energetici costituiscono, di fatto, un continuo. Da questo punto di vista loscillatore armonico rappresenta quindi un esempio ideale per visualizzare le previsioni della meccanica quantistica su oggetti macroscopici. Proviamo allora a capire come linterpretazione quantomeccanica del modulo quadro della funzione donda, intesa come probabilit di localizzare la particella in un punto dello spazio, si concretizzi per loscillatore armonico. Classicamente la densit di probabilit che un oscillatore armonico unidimensionale si trovi alla coordinata x data dalla
Pcl (x)dx =
(1.5.41)
la relazione fra lampiezza di oscillazione classica A e lenergia quantistica delloscillatore fornita direttamente dalla
(1.5.42)
e quindi direttamente possibile confrontare la densit di probabilit classica P cl(x) con la previsione quantistica che si ottiene dal modulo quadro della funzione donda ! (x)
2
data
dalla (1.5.39). Alcuni esempi sono dati in Figura 9-21. Il limite classico, al crescere di n, approssima sempre meglio la media delle oscillazioni della probabilit quantomeccanica.
Figura 9-21: confronto tra la densit di probabilit classica (linea rossa) e la densit di probabilit quantistica delloscillatore armonico per valori crescenti del numero quantico n.
La corrispondenza fra comportamento quantistico e classico trova per una insanabile contraddizione se si considerano le deviazioni dalla idealit degli oscillatori reali. Essi non possono essere caratterizzati dalla tendenza allinfinito dellenergia potenziale tipica dellandamento parabolico delloscillatore armonico. Si pu dimostrare che gli oscillatori reali
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presentano un numero finito di stati legati e quindi perde di significato laffermazione che essi tendono al limite classico per n che tende ad .
i!
(1.5.43)
Teorema di Ehrenfest
dove ! A(t),H(t) # = A(t)H(t) % H(t)A(t) il solito commutatore. " $ La (1.5.43) rappresenta esplicitamente il fatto che, se A non dipende esplicitamente dal tempo e commuta con la hamiltoniana (e quindi una costante del moto), il suo valore di aspettazione sar costante. L applicazione diretta del teorema di Ehrenfest (1.5.43) agli operatori posizione (R) e momento (P), con una hamiltoniana tipica H =
P2 + V(R) , porta a 2m
(1.5.44)
(1.5.45)
le (1.5.44) e (1.5.45) forniscono uno strumento diretto per confrontare le leggi della evoluzione temporale del valore di aspettazione della posizione e del momento con le equazioni della meccanica classica Meccanica quantistica P d R = dt m d P = ! " V(R) dt Meccanica classica
Va sottolineato che pur fornendo uno strumento concettualmente solido per mettere in relazione le dinamiche classiche e quantistiche, il teorema di Ehrenfest non pu essere applicato in maniera meccanica. In particolare nella visione classica la forza rappresentata dal gradiente cambiato di segno del potenziale nel punto in cui si trova la particella. Il corrispondente quantistico del punto in cui si trova la partivella il valore di aspettazione dell operatore R. Il corrispondente quantomeccanico della forza il valor medio del gradiente del potenziale cambiato di segno su tutta l estensione del pacchetto d onda che rappresenta la particella: in generale questi due valori non coincidono e quindi, a rigore, la traiettoria quantistica non coincide con la traiettoria classica [vedi p.es. Messiah pagg. 218 e 220].
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Il teorema di Ehrenfest, comunque, pur fornendo una fondamentale connessione fra le leggi della dinamica newtoniana classica e levoluzione dei pacchetti donda, non consente nessuna ulteriore assimilazione del comportamento quantistico con quello classico: in particolare anche nei casi particolari in cui la dinamica quantistica e quella classica coincidono rigorosamente (particella libera ed oscillatore armonico per esempio) il comportamento ondulatorio delle particelle quantistiche, evidentemente, permane e quindi continuano ad essere presenti tutti i fenomeni di interferenza che ne derivano.
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9.5 Referenze
[Anglin 1997] J. R. Anglin, J. P. Paz, and W. H. Zurek Deconstructing decoherence Phys.Rev.A 55, 4041 (1997) Markus Arndt, Olaf Nairz, Julian Vos-Andreae, Claudia Keller, Gerbrand van der Zouw & Anton Zeilinger Waveparticle duality of C60 molecules, Nature 401, 680 (1999) Gennaro Auletta Foundations and Machanics World Scientific 2000 Interpretation of Quantum
[Arndt 1999]
[Auletta 2000]
[Bell 1964]
John S. Bell On the Einstein Podolsky Rosen Paradox, Physics 1, 195 (1964) Niels Bohr Can quantum-Mechanical Description of Physical Reality be Considered Complete? Physical Review , 48 (1935) Bjrn Brezger, Lucia Hackermuller, Stefan Uttenthaler, Julia Petschinka, Markus Arndt, and Anton Zeilinger Matter-Wave Interferometer for Large Molecules, Phys.Rev.Lett. 88, 100404 (2002) Claude Cohen-Tannoudji, Bernard Diu, Franck Lalo Quantum Mechanics Wiley Interscience Publications - 1977 C.Davisson e L.H.Germer The scattering of electrons by a single crystal of Nickel , Nature 119, 2998 (1927) Louis de Broglie Waves and Quanta, Nature 112, 540 (1923) Albert Einstein, Boris Podolsky and Nathan Rosen Can quantumMechanical Description of Physical Reality be Considered Complete? Physical Review , 47 (1935) Richard P. Feynman, Robert B. Leighton and Matthew Sands The Feynman Lectures on Physics vol. 3 (1964) Bo Gao Breakdown Phys.Rev.Lett. 83 (1999) of Bohrs Correspondence Principle,
[Bohr 1935]
[Brezger 2002]
[Cohen Tannoudji]
[Davisson 1927]
[Feynman 1963]
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