Sei sulla pagina 1di 6

Approfondimenti

1. Cohousing contro il logorio della vita Vivere ai tempi della crisi Vivere semplice, insieme. In tutto il mondo prende piede una nuova forma dellabitare, ma in Italia ancora non decolla. Per alcuni soltanto un modo di risparmiare nellacquisto di unabitazione ed ottenere servizi efficienti, per altri, meno pragmatici, unoccasione unica per recuperare una dimensione di socialit che nelle nostre citt andata ormai perduta, e che sopravvive a stento in tanti piccoli borghi del belpaese. Si tratta del cohousing, termine inglese che designa, pi semplicemente, il coabitare: uno stile di vita che detto allamericana pu sembrare nuovo, ma che in realt vecchio quanto il mondo. Il couhousing moderno non definibile in modo univoco, ma si pu semplificare considerandolo una diversa concezione dellabitare, con nuove tipologie di abitazioni e nuovi modelli organizzativi improntanti su un ritrovato senso di appartenenza ad una comunit. Uno stile di vita, quindi, capace di combinare lautonomia dellabitazione privata, ormai irrinunciabile, con i vantaggi di servizi, risorse e spazi condivisi. Come funziona In sostanza un certo numero di famiglie, in genere dalle dieci alle quaranta, si stabilisce in una zona da recuperare dove, pur abitando ciascuna nel proprio appartamento, condivide e gestisce in modo collettivo alcuni ambienti di uso comune. Aree condivise che generalmente ospitano una cucina industriale, una sala per riunioni o feste, una lavanderia e talvolta anche asili nido, sale giochi per bambini, spazi per gli hobby e la socialit. Gli insediamenti abitativi sono improntati alla sostenibilit ambientale, al risparmio energetico ed alla bioedilizia: spesso vengono coinvolti studi di architettura impegnati in progettazione di nuove unit immobiliari, cooperative di edilizia sostenibile, gruppi di progettisti attenti alle ragioni dellambiente e specializzati nel trovare soluzioni ecologiche e compatibili. In genere tutte le decisioni che hanno un impatto sul gruppo vengono prese collettivamente: un modello che potrebbe sembrare irrealizzabile, ma che in realt una conquista raggiungibile con laiuto di specialisti della progettazione, esperti di organizzazione dei gruppi e sociologi. Perch il collante che tiene insieme i singoli nuclei, famiglie o single che siano, la voglia di con-vivere, il senso di appartenenza ad una comunit. Senza dimenticare che il gruppo nasce da una scelta consapevole di famiglie e single che si sono scelti tra loro, e vivono quindi una comunit di vicinato elettivo. Il caso italiano Oggi le esperienze di coresidenza nel mondo sono numerose e coinvolgono migliaia di persone, ma in Italia questo fenomeno ancora non decollato veramente. Intorno al cohousing spiega Mimma Follino dellassociazione Coabitare di Torino c un interesse grandissimo, soprattutto da parte di architetti, studiosi, ma anche di non addetti ai lavori che progettano uno stile di vita diverso. Lassociazione nata per realizzare concreti progetti abitativi, rivolgendosi sia alle istituzioni che al mercato privato. Tuttavia nonostante i nostri sforzi non siamo ancora riusciti a far partire ancora nessuna operazione, perch difficilmente dalle dichiarazioni di intenti si riesce poi a passare alla fase attuativa. Ultimo in ordine di tempo il caso del quartiere torinese di Porta Palazzo: lassociazione ha individuato unarea privata tra le pi degradate della citt, riuscita a coinvolgere un gruppo di persone interessate ed ha formulato una proposta dacquisto. Tutto sembrava procedere per il meglio, poi per arrivata unimmobiliare interessata a realizzare un residence ed il progetto di coabitare, che avrebbe avuto un forte significato sociale e simbolico, stato per il momento accantonato. Per un gruppo di cittadini che vogliono crearsi una casa, restare competitivi nei confronti di immobiliari e grandi societ purtroppo impossibile. Meglio semmai indirizzarsi verso gli enti pubblici, molto spesso proprietari di un patrimonio immobiliare difficile da mantenere, e che potrebbe essere riqualificato proprio attraverso progetti di cohousing. Nonostante tutte le difficolt incontrate prosegue Mimma Follino la nostra un'associazione attiva, che conta ben cinquanta soci ed oltre trecento simpatizzanti. Anche se a volte c un p di confusione sul nostro ruolo: a noi si rivolgono tante persone che ci credono unimmobiliare, si aspettano di trovare da noi case a basso costo o soluzioni abitative. Per questo abbiamo deciso di dedicare tempo ed energie, dora in avanti, anche

alla sensibilizzazione sul cohousing: solo partendo da una nuova e diffusa mentalit dellabitare potremo realizzare in futuro progetti concreti e realmente innovativi. Un po diversa lesperienza di un gruppo romano nato nellottobre del 2007 con un obiettivo preciso: quello di rivolgersi agli enti pubblici con progetti di riqualificazione urbana attenti alle ragioni dellambiente. Nel corso di questfanno spiega Susy Pirinei dellassociazione Ecoabitare il Demanio riaffider ai Comuni molte aree militari dismesse, che potrebbero essere utilizzate per sperimentare progetti di coresidenza. Per questo abbiamo pensato di proporci con unidea progettuale che trae esempio da Vauban, il quartiere ecologico di Friburgo a progettazione partecipata che conta ormai 5000 abitanti, e che rappresenta una delle esperienze di cohousing tra le pi importanti e strutturate dEuropa. Adesso siamo a chiedere che il Comune sposi lidea del nostro stile di vita, che prevede un nuovo rapporto tra persona e ambiente. Non si tratta del classico ecovilaggio, unesperienza che in Italia gi abbastanza diffusa e conosciuta: quello a cui pensano i soci di ecoabitare un vero e proprio cohousing urbano, che mette al centro labitazione e la metropoli. Come, appunto, il caso di Vauban, un esempio di sviluppo urbanistico sostenibile nel cuore di Friburgo. Il quartiere prende il nome da una caserma francese in unarea verde della citt. Il comune di Friburgo ha comprato larea di 38 ettari dal governo tedesco, per trasformarla in un quartiere ad alta densit per differenti gruppi sociali. La programmazione e la progettazione di questo nuovo quartiere hanno seguito il metodo della pianificazione didattica, che ha consentito di coinvolgere in maniera diretta e concreta i cittadini interessati dal progetto. Col tempo prosegue Susy Pirinei ci siamo resi conto che per noi sostenere i prezzi di mercato sarebbe impossibile: i nostri progetti possono per funzionare perfettamente come riqualificazione urbana, se le istituzioni vorranno collaborare affidandoci la gestione di edifici ed aree dismesse. Intanto abbiamo coinvolto nel nostro cammino la facolt di architettura dell'universit La Sapienza di Roma, che ci sta aiutando a sviluppare le nostre idee, che vogliamo diffondere sempre di pi. Oggi l'associazione conta 25 soci ed oltre 250 simpatizzanti. Le idee sono tante, ed i progetti si sposano con la necessit di oggi: quanti di noi hanno vissuto nella loro vita una dimensione sociale di comunit, fatta di sostegno reciproco: alluniversit, con studenti fuorisede che vivono in appartamenti condivisi, oppure in famiglia, quando pi generazioni vivono sotto lo stesso tetto in una forma di mutuo aiuto che nata insieme alluomo. Ecco allora che oggi i condomini solidali, pur salvaguardando lintimit e la privacy di ciascuno di noi, possono rappresentare una delle risposte concrete per costruire e ritrovare dimensioni perdute di socialit, di aiuto reciproco e di buon vicinato di cui la societ italiana ha pi che mai bisogno. Dove nata la comunit vivente Negli paesi scandinavi nato durante i mitici anni Sessanta, quando il sogno di vivere in comunit sembrava facile e alla portata di tutti. Un gruppo di famiglie, insoddisfatte da un contesto sociale lontano dai loro bisogni quotidiani, decisero di riprodurre in citt i benefici tipici del villaggio: una comunit unita, spazi condivisi e disponibilit di tempo gli uni verso gli altri. Unesperienza che larchitetto danese Jan Gudmand-Hoyer, figura di riferimento per il cohousing moderno, defin nel 1968 lanello mancante tra lutopia e la vecchia casa unifamiliare. Ventanni dopo lidea della comunit vivente stata ripresa dagli architetti americani Kathryn McCamant e Charles Durrett che hanno esportato lesperienza danese negli Stati Uniti, dando un forte impulso a questi progetti. Oggi esistono oltre seicento comunit di cohousing in Danimarca e dozzine nel resto dEuropa, in particolare Regno Unito, Olanda, Svezia e Danimarca), mentre ci sono oltre cento cohousing negli Stati Uniti, e altrettanti in via di realizzazione. Anche il Canada e lAustralia hanno visto negli ultimi anni lo sviluppo di queste esperienze, mentre in Italia il fenomeno appena agli albori: negli ultimi due anni sono sorte alcune associazioni che promuovono la cultura dellabitare insieme, in particolare a Torino, Milano e Roma. Ma le realizzazioni concrete sono ancora pochissime. Le relazioni sociali al tempo della crisi E modello di vita che non funziona pi, quello attuale. La nostra societ ancora basata sul piccolo nucleo familiare residente in una struttura abitativa indipendente, tendenzialmente isolata anche se in un edificio plurifamiliare. La propriet privata e lindividualismo continuano a condizionare la tipologia degli alloggi, pensati per esaurire tutte le

funzioni abitative ma in realt costituiti da spazi che possono essere alternativamente eccessivi o sottoutilizzati, oppure non sufficienti per le esigenze degli abitanti. Insomma la forma della casa contribuisce a determinare le relazioni sociali tra le persone, limitando le loro possibilit di incontro e di dialogo. Ma la velocit di cambiamento della realt, lincertezza della vita quotidiana, la flessibilit lavorativa, la competitivit, la liberalizzazione hanno messo in crisi il modello sociale: lindividuo perde i punti di riferimento e ne nasce una profonda insicurezza. Il modello di vita nei grandi centri urbani, dove questi fenomeni si manifestano in maniera pi forte, genera un bisogno sempre pi marcato di comunit. La comunit infatti costituisce garanzia di sicurezza, stabilit e buona qualit delle relazioni sociali. Oggi quindi il cohousing pu contribuire a trovare nuovi soluzioni abitative per coloro che rifiutano lisolamento, che vogliono avere la possibilit di scegliere i propri vicini di casa e di condividere con loro valori di base che rendono molto pi solida e piacevole la convivenza. Contemporaneamente si impone come strategia di sviluppo sostenibile che oltre a dare benefici sul piano sociale pu darne anche dal punto di vista ecologico: la condivisione di spazi infatti non soltanto agevola la socializzazione e la cooperazione tra le persone, ma contemporaneamente favorisce il risparmio energetico, e diminuisce limpatto ambientale di queste comunit. Ed in tempi di crisi non poco. http://stefanogenerali.wordpress.com/2009/03/02/cohousing-contro-il-logorio-della-vita/ 2. Cohousing, vicini per casa da L'economia del noi, l'Italia che condivide, di Roberta Carlini Nel vuoto delle politiche pubbliche e nell'affanno crescente della soluzione proprietaria privata, alcune spinte di autorganizzazione della societ civile hanno cominciato timidamente a mostrarsi, e a riscuotere un qualche interesse anche nei (pochi) decisori pubblici in cerca di idee sull'emergenza abitazione. Una di queste il cohousing: mito e progetto di comunit di amici, o work in progress di gruppi d'acquisto urbani, o modello utopico e bucolico di vita alternativa; oppure anche nuova branca del business immobiliare, o ancora strumento di quella politica pubblica che oggi si usa chiamare housing sociale. Inventato quarant'anni fa in Danimarca, diffuso soprattutto nei soliti paradisi scandinavi e tra gli alternativi californiani, il cohousing, alla lettera, una forma di coabitazione. Ma non ha molto a che vedere con le comuni libertarie degli anni Sessanta, anche se in alcuni casi vi si pu ravvisare un analogo impulso a partire da s per cambiare il mondo: dunque realizzare cohousing totalmente rispondenti a principi etici, ecologici, solidali, dalla scelta del luogo alle modalit del lavoro all'ente finanziatore. N si riferisce alle coabitazioni forzate degli studenti o dei familiari che non riescono a trovare casa autonomamente, anche se la riduzione di alcune spese che cos si ottiene non indifferente, e dunque la motivazione economica ha pesato non poco nel rendere attraente il nuovo modello. Ma la motivazione comunitaria resta quella prevalente: il prefisso co si riferisce al mettere in comune alcuni spazi e servizi; e soprattutto allo scegliere e progettare insieme tali aree comuni: dal giardino a una sala living, dal micronido alla lavanderia condominiale, fino ad accessori come palestre e piscina, o qualsiasi altra cosa venga in mente e trovi l'accordo dei futuri coabitanti. Il percorso per decidere insieme quali zone comuni fare -e come farle- lungo e articolato: il tempo nel quale la comunit si forma o si sfascia, scontrandosi con la fatica della condivisione. [...] Un buon indizio del fatto che il cohousing oggi pi di un'aspirazione viene dal numero di associazioni nate con l'obiettivo di fare e promuovere cohousing, soprattutto al Nord e al Centro. [] Nella primavera del 2010 si costituita la prima rete italiana di cohousing, radunando gi in partenza una quarantina di realt. Abbiamo voluto mettere insieme le persone, per rafforzare il loro percorso, chiarire i caratteri del progetto, gli scopi comuni, dice Andrea Venturelli, uno dei promotori della rete. Che ha un suo manifesto, in cui si definisce il cohousing come una una modalit residenziale costituita da unit abitative private e spazi e servizi comuni, e si sottolinea la

necessit di una progettazione e gestione partecipate, condivise, consapevoli, solidali e sostenibili lungo tutto il percorso. In pi il manifesto della rete sottolinea che non deve trattarsi di un'esperienza chiusa, il benessere in un solo condominio: Gli spazi e i servizi comuni ove possibile sono aperti al territorio. Venturelli ha in mente soprattutto un cohousing che nasce dal basso, dalla richiesta di gruppi che hanno una motivazione insieme economica ed extraeconomica: C' l'aspettativa di ridurre alcuni costi, ma la spinta determinante nel desiderio di socialit; chi partecipa a un cohousing pensa a mettere in rete le persone, le famiglie, a condividere relazioni. Di solito non viene da un disagio abitativo, ma vuole vivere in modo pi pieno. http://www.economiadelnoi.it/ http://www.coabitare.org/

Esperienze
1. LE COMUNITA' DI ACMOS L'ambito DAI L'ambito Dai Diventare adulti insieme- la realt di Acmos che coinvolge tutte le comunit, il voler abitare insieme i contesti. Le comunit sono lo strumento attraverso il quale testimoniare con le scelte di vita, a partire dalla casa, la volont di stare vicini gli uni agli altri, in spirito di accoglienza verso le persone che si incontrano con il preciso obiettivo di incidere positivamente all'interno dei territori che animiamo. La condivisione degli spazi dei tempi la base per creare dei legami sociali forti e generatori di uno stile di vita diverso, che rifiuta la paura dell'altro promuovendo l'incontro e la conoscenza, stimolando il protagonismo e la presa di responsabilit degli individui. Le comunit attualmente attive sono: Tessitori, Filo Continuo, Casa Acmos, Cascina Caccia e Sorgente, ed altre esperienze stanno nascendo. Il Diventare adulti insieme si declina inoltre attraverso il sostegno al Network, a tutti i soggetti, associazioni, imprese, cooperative che sono nati da Acmos, il voler fare impresa, sviluppare percorsi virtuosi, creare economia giusta, positiva, liberante. Manifesto dell'ambito DAI Cosa sono le comunit di famiglie Le Comunit di Famiglie sono una comunit di comunit, nel senso che la prima comunit considerata la famiglia, o una persona con il suo desiderio di famiglia che, riconoscendo di non bastare a se stessa, decide, per realizzarsi a pieno, di vivere accanto ad altri in modo solidale. La Comunit di Famiglie non si costituisce sulla fusione, ma sul vicinato solidale, non sulle norme, ma sulla fiducia reciproca. Le parole chiave di questa esperienza sono: condivisione, sobriet, accoglienza, solidariet. Ognuno ha un suo appartamento, ha una sua sovranit inalienabile ed totalmente responsabile di s e delle proprie scelte. Lequilibrio che si persegue tra valori e stile di vita ed il sostegno reciproco vissuto in una casa solidale, consente alle famiglie e alle persone di trasformare le parole che si portano nel cuore in pratica quotidiana. Gli ampi appartamenti che ognuno riceve per vivere, attivano risorse per laccoglienza, scoprendo giorno dopo giorno che lapertura commisurata al ben essere e lo star bene anche proporzionale allapertura. Quelle in gioco sono famiglie, sono persone che ricercano uno stile di vita sobrio, essenziale nei consumi, ma anche nelle idee, non inseguono laccumulo e lo sperpero dei beni, ma cercano di investire sulle relazioni con le persone nel rispetto dellambiente. E utilizzata, come strumento per confermare la fiducia negli altri ed il cammino da compiere su se stessi, la pratica della cassa comune e

dellassegno in bianco. I proventi da lavoro si mettono insieme e al primo del mese a ogni famiglia o persona che compone la comunit viene affidato un assegno da compilare secondo le necessit mensili e quello che non si utilizza potr servire alle altre famiglie della comunit. Le Comunit Familiari hanno una loro carta di vita, si accompagnano con le altre in un Capitolo, nominano un presidente con funzioni organizzative che si confronta con gli altri presidenti. Sono associazioni di mutuo aiuto, sono in rete tra loro. Le strutture dove sono insediate le Comunit di Famiglie hanno spazi riservati alle esigenze del territorio: saloni, giardini, foresterie fruibili dai cittadini, dagli associati e dalle associazioni della zona. Possono abitare in vecchie cascine ristrutturate oppure in contesti pi urbani e, se lampiezza dellimmobile lo consente, i Condomini Solidali possono situarsi accanto a realt sociali bisognose di cura e servizi (comunit per minori, malati psichici, anziani, persone portatrici di svantaggi, etc.), ma senza mai confondersi con esse per poter far confluire, da una moderata distanza, il calore e laffetto delle famiglie. http://farecasainsieme.acmos.net/dai/

2. ASSOCIAZIONE IL FILO D'ERBA Comunit famiglie L'associazione Il filo d'erba nasce nel 2001 per rilanciare l'iniziativa della Comunit-famiglie di Rivalta di Torino che da anni accoglie persone italiane e migranti con difficolt di inserimento sociale. Accoglienza, Comunit e Lavoro sono le parole che meglio descrivono la nostra attivit. Accoglienza L'associazione presta un servizio di accoglienza residenziale di medio periodo a italiani, migranti e richiedenti asilo, soprattutto famiglie, che dunque possono vivere nella struttura mentre cercano di superare la fase critica in cui si trovano. Ma anche aperta ai soci e al territorio, grazie alla condivisione degli spazi comuni (il budello, la stanza dei divani, il forno, il giardino) e all'organizzazione di momenti di riflessione e convivialit (la festa annuale di inizio anno sociale, la festa del lettore, la cena del venerd). Il filo d'erba accoglie anche gruppi che sono alla ricerca di un luogo in cui riflettere o in cui svolgere volontariato temporaneo. Comunit Nella comunit vivono un certo numero di famiglie, alcune hanno fatto una scelta di vita comunitaria, altre (attualmente quattro) sono in accoglienza. Ogni nucleo pu contare su spazi privati (alloggi autosufficienti) e spazi in cui si svolgono i momenti comuni. Ogni settimana la comunit si ritrova: - per una cena a cui partecipano i residenti, a cui fa seguito una riunione organizzativa (il marted); - per una cena a cui partecipano i residenti, i nuclei accolti e chiunque altro voglia (il venerd); - per lavorare agli spazi comuni e prendersi cura della struttura (il Sabato del Villaggio, un pomeriggio a settimana). Lavoro Dal 1975 attivo un vivaio che produce e vende fiori e piante, nonch servizi di cura del verde. Dal 2000 gestito dall'associazione e ne parte integrante: infatti si configura come un polmone per l'accoglienza sia di volontari, sia di persone in difficolt che qui, per esempio, possono svolgere una borsa lavoro, ma anche come motore delle attivit educative (come l' Orto di Frankenstein) e stimolo per i rapporti con chi abita nella zona. Tra le attivit che organizza Il filo d'erba, alcune risultano particolarmente significative: Orto di Frankenstein. E' un percorso didattico che si svolge con le scuole primarie di Rivalta, attraverso il quale i bambini

hanno la possibilit di riflettere sulla natura, sul ciclo vitale, sulla stagionalit dei prodotti agricoli e possono anche cimentarsi in piccole coltivazioni nell'orto della comunit. Con risultati non sempre certi: capita infatti che i prodotti possano somigliare a creazioni del mondo di Frankenstein! Genitori imperfetti cercasi. La collaborazione fra Il filo d'erba e la formazione per le famiglie promossa dal progetto Genitori e Figli (il ciclo Siamo aperti al marted) ha portato all'organizzazione di diciotto serate nel territorio del Cidis (Orbassano, Beinasco, Bruino, Piossasco, Rivalta di Torino, Volvera). Il Gruppo Abele e il Cidis stanno ragionando su possibili evoluzioni del percorso. Fahrenheit 451. Nel 2008 la comunit si costruita un forno a legna di grandi dimensioni. Chiunque in paese voglia cuocere il pane, il sabato mattina pu farlo da noi. Il forno anche a disposizione dei soci dell'associazione ed il fulcro dell'organizzazione dei momenti conviviali. L'associazione aderisce formalmente a Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie e partecipa alla Giornata della Memoria e dell'Impegno in ricordo delle vittime delle mafie (21 marzo), sia nella fase preparatoria che si svolge sul territorio rivaltese, sia con una delegazione alla manifestazione nazionale. Il filo d'erba ha anche un forte legame con l'Agesci: molti gruppi scout utilizzano i locali comuni e partecipano ai momenti organizzati. http://www.gruppoabele.org/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/151 www.comunitaefamiglia.org

Potrebbero piacerti anche