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Il nostro movimento si associa a tutte le realtà in movimento italiane, sia studentesche che non.

Le
stesse realtà che non accettano l’impoverimento sociale, culturale e politico che caratterizza i nuovi
spazi di aggregazione mediati e unidirezionali creati dallo sviluppo di una società fluida,
individualista, che non lascia spazio alla formazione di individui con una propria capacità di
riflessione critica.
In queste settimane abbiamo acquisito la consapevolezza che il movimento sviluppatosi su tutto il
territorio italiano non sia solo un movimento di protesta contro i tagli indiscriminati all'università
pubblica. Siamo coscienti di quanto la legge 133/08 e il dl 137 abbiano rappresentato il detonatore
di un sentimento latente di insoddisfazione nei confronti di una società immobile, e non proiettata
nel futuro. Questa certezza, riscontrata nelle numerose assemblee e tavoli di lavoro organizzati in
queste settimane, è la forza del movimento. Per ciò riteniamo che non possa esaurirsi nel momento
in cui dovessero cambiare le condizioni contingenti che ci hanno spinto ad unirci nella protesta.

Alla base del movimento ci sono gli studenti, che in prima persona riconoscono e pertanto vogliono
difendere il valore inestimabile della cultura intesa non solo come ricchezza del singolo, ma come
strumento di elevazione sociale e patrimonio della collettività intera.

Riteniamo inaccettabile la strategia comunicativa del governo e di alcuni mezzi di informazione


che, per giustificare i tagli agli occhi dell'opinione pubblica, getta fango e discredito su tutto il
sistema dell'istruzione. L'istruzione, nella nuova propaganda di Stato, è sinonimo di numeri, di
bilanci in rosso, di fannulloni e di sprechi.
Il valore della cultura non può essere quantificabile attraverso dei numeri, né può essere oggetto di
contrattazioni economiche, in quanto l'essenza stessa del sapere è il suo carattere non mercificabile.

Il beneficio della cultura non è ascrivibile al bilancio di un anno fiscale; esso non può essere ridotto
a costo o a ricavo. Una collettività che crede nella cultura, che mette i propri giovani in condizioni
di accesso al sapere è una società che crede in se stessa, che crede che il proprio sviluppo debba
necessariamente passare per nuove forme di pensiero più adeguate ai costanti mutamenti, sempre
più repentini. Riteniamo che la “fluidità” insita nella società odierna ostacoli l'elaborazione di un
pensiero politico autonomo e l'aggregazione dei pensieri stessi, non favorisca la creazione di quegli
spazi comuni che hanno da sempre avuto la funzione di strutturare il “pubblico”, lo spazio di
discussione ed elaborazione collettiva imprescindibile nella dialettica democratica.

Rivendichiamo il riconoscimento del movimento come interlocutore sociale che si fonda sulla
consapevolezza dell'importanza della cultura e dell'informazione necessarie alla creazione di una
nuova forma di pensiero politico.
Rivendichiamo quindi la necessità di ricreare uno spazio ed un tempo che sia animato dalle
elaborazioni culturali e politiche di tutti i cittadini. Noi crediamo che una società debba perseguire
uno sviluppo sociale e civile piuttosto che economico e finanziario. La folle corsa verso una crescita
economica a tutti i costi, come testimoniano gli ultimi avvenimenti, è del tutto controproducente in
una società che non è in grado di dotarsi degli strumenti per capire e interrogarsi su se stessa e sui
suoi obiettivi.

Ci rifiutiamo nella maniera più assoluta di sacrificare il nostro futuro in nome di un sistema acritico,
che cancelli la curiosità intellettuale e il confronto tra pensieri diversi per lasciare posto ad un
appiattimento semplicistico della realtà. Rivendichiamo il nostro diritto a strutturare risposte
complesse a problemi complessi, che non possono e non devono continuare ad essere affrontati in
modo veloce e superficiale, fornendo soluzioni parziali che si esauriscono nel breve periodo.
Rivendichiamo il tempo per il pensiero e per il confronto, che non trova più spazio in una società il
cui problema principale è l'accelerazione piuttosto che la direzione.
La legge 133 si inserisce in un lungo processo di demolizione dell'Università pubblica di cui è, per
ora, l'ultimo atto. Ci siamo mobilitati non per difendere lo status quo, quanto piuttosto per aprire un
discorso profondo e strutturale in seno alla società tutta, che parta dagli Atenei e dalle elaborazioni
critiche degli studenti.
Chiediamo, dunque, uno stop ai tagli indiscriminati, parallelamente ad una riflessione su una
riforma efficace e profonda del sistema universitario.

Proponiamo di ripensare anche alla didattica che, concentrandosi sul nozionismo, non incentiva e
non stimola la riflessione e lo scambio intellettuale, necessari per un'Università che ponga al centro
lo studente.

È dunque necessario, a nostro avviso, ripensare a tutto il sistema didattico, sempre più vicino alla
deriva del nozionismo e dell'appiattimento su logiche funzionali ad una società sempre più precaria.
Riteniamo inaccettabile che la capacità particolare di ciascuno di ricercare proprie relazioni causali
tra fenomeni debba essere sacrificata in nome di logiche puramente economiche e di mercato.

È impensabile che, ad oggi, un titolo universitario sia spendibile appieno solamente al di fuori dei
confini nazionali; è impensabile, per uno Stato che si ritiene democratico, che la mobilità sociale di
chi vorrebbe investire sul proprio futuro attraverso il percorso universitario debba essere soffocata
da logiche opposte ai criteri di merito e di valore.
Rivendichiamo l'improrogabile necessità che il nostro futuro possa basarsi sulla certezza che chi
vale e chi merita possa avere garantita la possibilità di accedere alle funzioni e ai ruoli cui aspira. È
inconcepibile che ancora si debba pensare al futuro attraverso le categorie di fortuna, di sorte,
piuttosto che quella di merito.

La realtà da cui arriva questa testimonianza è quella di una piccola città, con una sede distaccata di
un grande Ateneo. Una piccola realtà nella quale viviamo tutto il disagio derivante dalle logiche che
distruggono non solo l'università, ma la cultura stessa; le logiche che danneggiano le menti degli
studenti, che preferiscono tacere di fronte a torti ed ingiustizie che spesso non si rendono neanche
conto di subire, a causa forse di una contingenza sempre più soffocante e banalizzatrice.

Riteniamo al tempo stesso indispensabile unirci all'Onda, per portare il nostro contributo non tanto
“numerico”, quanto piuttosto di pensiero; riteniamo fondamentale strutturare noi stessi attraverso il
confronto tra le più diverse realtà; il movimento, affinché sia efficace e duraturo a Forlì come in
Italia, deve a nostro avviso essere una “moltiplicazione” di pensieri diversi piuttosto che semplice
sintesi degli stessi.
Il nostro contributo vuole e vorrà essere un contributo culturale, che deve scaturire dalla produzione
di sapere critico e autonomo.

Studenti in Movimento
No133forli

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