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Centro Storico: Una nuova cultura urbana

I Centri Commerciali Naturali una risorsa per la riqualificazione urbana della citt

Pubblicazione a cura del CAT Confesercenti Viterbo Responsabile del progetto: Vincenzo Peparello Coordinatore del gruppo di lavoro: Marco Valente Gruppo di lavoro: Patrizia Gelmini, Federico Mancinelli, Felice Arletti, Marco Peparello, Francesca Santinami, Kiram Grimani Si ringrazia per la collaborazione ed il materiale fornito: Confesercenti Nazionale Confesercenti Regionale del Lazio Ancestor Cescot Nazionale Cescot Provinciale Viterbo Assoturismo Comune di Viterbo Camera di Commercio Industria Artigianato Agricoltura Viterbo Provincia di Viterbo Universit della Tuscia Facolt di Economia Regione Lazio Assessorato alle Attivit Produttive Centro Commerciale Naturale di Viterbo (S. Martino al Cimino)

INDICE

PREFAZIONE Pietro Di Paolo, Assessore alle Attivit produttive e alle Politiche dei Rifiuti della Regione Lazio PRESENTAZIONE di Vincenzo Peparello Il centro commerciale naturale per la riqualificazione socio-economica dei centri storici di Marco Valente Il ruolo dei residenti nella riqualificazione urbana di Marco Valente e Stefano Gasbarra Il modello di sviluppo del centro commerciale naturale Gruppo di Lavoro Confesercenti Il Centro commerciale Naturale nellottica dello sviluppo locale di Patrizia Germini Un progetto di comunicazione: il Claim di Paolo Ottone I Marchi e lo sviluppo del territorio di Stefano Poponi Il City manager e il Centro Commerciale Naturale di Luigi Palumbo Il caso: il centro commerciale di san martino di Folco Cimagalli CONCLUSIONI Bibliografia

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CENTRI COMMERCIALI NATURALI

prefazione
P IETRO D I PAOLO
Assessore alle Attivit produttive e alle Politiche dei Rifiuti della Regione Lazio

Limmagine evocativa dei centri commerciali quella di complessi edilizi di enormi dimensioni, pachidermici, dov possibile acquistare un po di tutto, sorti ovunque negli ultimi venti anni, spesso in maniera non organica con il contesto socio-urbanistico. E quando si parla di centri commerciali naturali (Cnn) il pensiero di molti fra i non addetti ai lavori va subito ai colossi del commercio. In realt sono lesatto opposto: rappresentano, infatti, lantidoto naturale, per usare un gioco di parole, ai giganti. I Cnn sono costituiti da piccole attivit, cio negozi e botteghe, situate in unarea ben definita, che si alleano per costituire massa critica e si aggregano sinergicamente per difendersi dalloffensiva dei grandi. Attraverso il sostegno ai Centri commerciali naturali listituzione regionale vuole tutelare tante micro-aziende, spesso a conduzione familiare, rispondendo anche a una domanda del cittadino-consumatore, che cerca qualit, convenienza, un ambiente confortevole, sicuro, ben servito e ben collegato, con spazi a dimensione umana per effettuare i propri acquisti. In questa ottica, il compito attuale della Regione quello di mettere a punto gli strumenti giusti per rispondere alle esigenze, rendendo i Cnn fruibili, appetibili ed economicamente sostenibili. Finora abbiamo assistito a esperienze virtuose e ad alcune un po meno: faremo tesoro degli aspetti positivi da ottimizzare e di quelli critici da correggere e rimodulare. Tenendo sempre ben presente, com buona prassi di questa amministrazione, la stella polare del confronto e della concertazione con le categorie, le associazioni, gli operatori. Pensiamo di rendere sempre pi snelle e al passo con i tempi le procedure di partecipazione ai bandi. Non daremo contributi a pioggia. nostra intenzione premiare i progetti che presentino soluzioni brillanti e qualificanti, di sicura risposta al cittadino-consumatore, ma anche quei progetti che prevedano lutilizzo di tecnologie rispettose dellambiente, coniugando tradizione e innovazione. Incentiveremo gli esercizi commerciali che assumeranno personale a tempo indeterminato. Far crescere la realt dei Cnn tanti singoli alleati in un unico organismo produttivo sar importante per riattivare il volano economico del nostro territorio.

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presentazione
Vincenzo Peparello
La valorizzazione e promozione del centro storico rappresentano un punto nevralgico in un pi ampio processo di rivitalizzazione della vita sociale cittadina. Nella legislazione italiana, sia nazionale che regionale, non esiste una disciplina propria dei centri storici: tra laltro una disciplina unitaria non nemmeno ipotizzabile, per la variet di problemi che essi presentano (abbandono, degrado, traffico, inquinamento, terziarizzazione). La tutela e la riqualificazione urbana del centro storico non pu pi essere perseguita attraverso il famigerato risanamento conservativo, che in maniera indifferenziata vincola lintero centro storico: stato ironicamente osservato che si trattato di una moda che ha condotto edifici insignificanti ad uno splendore che non hanno mai posseduto. Il centro storico non solo non un museo, ma non neppure il luogo in cui sia possibile il miracolo di far continuare attivit culturali ed economiche che si sono estinte: assurdo pensare che attivit economiche tradizionali possano sopravvivere solo perch imposte da una legge o da un atto amministrativo. Il centro storico non solo una citt di pietra, ma una citt delle relazioni e delluomo: qualcosa di vivo che dobbiamo continuare a far vivere. Tale obiettivo potr essere raggiunto solo se si riuscir a superare le tante programmazioni settoriali e parziali (il piano del traffico, il piano dei trasporti, la pianificazione urbanistico-edilizia, quella ambientale e cos via) con una programmazione unitaria, mirata al coordinato raggiungimento del fine chiaramente individuato: far vivere il centro storico. In particolare, il commercio e il turismo possono rappresentare un importante ammortizzatore dei conflitti in atto tra sviluppo e qualit della vita e per larmonizzazione degli interessi che si agitano nel contesto urbano. In questa prospettiva, nella definizione di un unitario piano di marketing urbano per la rivitalizzazione del centro storico debbono essere necessariamente coinvolte tutte le attivit operanti nel centro: le memorie storiche, lassetto urbanistico, la residenza, le imprese commerciali e terziarie in genere, quelle di divertimento e di svago.

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Progetto pilota
E sempre pi crescente il riconoscimento del ruolo svolto dal commercio e dal turismo dal punto di vista dellequilibrio della vita collettiva, tanto nel centro delle grandi citt quanto a livello di quartiere o in ambiente rurale e urbano. E riconosciuto il ruolo di contrasto alla desertificazione urbana svolto dagli esercizi commerciali e dai pubblici esercizi in genere (Commissione UE). Al fine di rimanere competitive, in un contesto generale, le PMI tendono sempre di pi a sviluppare nuove forme organizzative che prevedono forme di collaborazione tra operatori. Questo nuovo tipo di organizzazione permette di integrare lelasticit e la capacit di servizio dei piccoli imprenditori con i vantaggi di un efficiente sistema logistico associato a strutture pi ampie. Ad esempio, una forma che ha assunto la ricerca di innovazione organizzativa nel settore commerciale quella del centro commerciale. Sviluppatosi maggiormente a partire dagli anni 80, il centro commerciale nasce come localizzazione in zone non centrali della citt e si configura spesso con un polo di attrazione costituito da una grande impresa nel settore alimentare intorno al quale si aggrega un certo numero di piccole imprese. In questo senso il centro commerciale ha contribuito a creare anche un luogo di socializzazione e di consumo che si pone in alternativa al centro della citt, anche perch agisce su modalit spaziali e logistiche attraenti per il consumatore. La grande distribuzione, collocata in genere a ridosso o in prossimit delle citt si accompagna ad una modalit dacquisto che richiede luso dellauto. Le nostre citt si sono man mano trasformate e la crisi dei centri storici si fatta sempre pi consistente, quasi irreversibile e cos rischia di spezzarsi lo stretto e storicamente consolidato legame tra attivit umane e struttura urbana. Centri urbani e centri storici non caratterizzati dal pulsare delle attivit economiche stravolgono la propria tradizione, perdono quella fondamentale connotazione che ha a loro permesso di diventare punto di riferimento culturale, di socializzazione, di aggregazione.

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La Confesercenti ha pi volte denunziato nel passato la mancanza di uno stretto legame fra la programmazione socio-economica e la programmazione urbanistica. Il progetto pilota qui presentato si inserisce in una strategia che cerca di ribaltare o comunque di riequilibrare il peso delle aree centrali, da valorizzare, da recuperare e da gestire. Secondo questo approccio, esistono allinterno dei centri storici urbani le condizioni perch ampie porzioni di territorio siano ripensate per dar vita a prodotti nuovi che possono provenire da una integrazione tra attivit commerciali e di tempo libero in genere.

I centri storici alla luce della riforma del commercio


Uno degli elementi qualificanti la riforma del commercio risiede nel riconoscimento dellesistenza, nel nostro Paese e nelle nostre citt, di realt economiche, commerciali e sociali piuttosto eterogenee, realt che richiedono norme speciali, atte a tutelare e valorizzare le singole peculiarit locali. E pertanto importante che i Comuni possano predisporre al pi presto gli studi, i criteri ed i programmi di qualificazione della rete commerciale meglio rispondenti alle specifiche caratteristiche e problematiche degli ambiti territoriali interessati. Unoccasione pare essere offerta proprio dal Decreto Bersani, laddove, allart. 10, prevede disposizioni particolari che di fatto attribuiscono ampi poteri alle Amministrazioni Comunali: la tempestiva attuazione di norme speciali potrebbe veramente consentire la realizzazione di efficaci progetti di intervento nellambito delle aree pi pregiate della citt.

Gli obiettivi
Salvaguardare e riqualificare il tessuto urbano e storico-ambientale, attraverso interventi che abbiano riguardo ai seguenti fattori: traffico e inquinamento, mobilit, valorizzazione della funzione commerciale, artigianale e turistica, ricostituzione di un ambiente idoneo, compatibile e sostenibile allo sviluppo competitivo nei settori commerciale, artigianale e turistico;

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Favorire gli insediamenti commerciali destinati al recupero delle piccole e medie imprese gi operanti sul territorio interessato, anche al fine di salvaguardare i livelli occupazionali reali; Valorizzare le funzioni economiche al fine della riqualificazione del tessuto urbano, in particolare per quanto riguarda i centri urbani degradati al fine di ricostruire un ambiente idoneo allo sviluppo del commercio.

Conclusioni
Riteniamo che si possa operare su tale realt con una collaborazione, a livello di scelte e di programmazione tra le organizzazioni di categoria e le amministrazioni locali, al fine di evitare che anche i centri storici della Provincia vedano svanire la propria identit culturale e mercantile, trasformandosi in contenitori senza contenuti, ai quali nessun progetto di arredo urbano o di scenografia architettonica potr mai conservare le proprie peculiari qualit. Levoluzione urbanistica deve tuttavia conservare inalterati i centri storici ove le tradizioni e la storia hanno creato una immagine riconoscibile ed universalmente apprezzata; lespansione degli abitati e le proposte di nuove aggregazioni commerciali possono anche creare una divaricazione nellassetto produttivo: comunque deve essere garantito un equilibrio per gli interessi, le domande e le attivit che gravano sui nuclei storici limitati spazialmente, ma ad alto contenuto simbolico.

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Il centro commerciale naturale per la riqualificazione socio-economica dei centri storici


Marco Valente
Le Citt e i Centri Storici sono il cuore della civilt italiana. Ne costituiscono il nucleo originale, su di esse il nostro Paese ha costruito la sua identit di nazione libera. LItalia dei Comuni e dei commerci, delle Signorie, delle nuove rotte e delle nuove frontiere un unicum, che unisce il passato al presente e ci proietta nel futuro. Le civilt urbane dellepoca attuale, in Italia come nei pi avanzati paesi Europei, pongono esigenze collettive e bisogni sociali da soddisfare attraverso unorganizzazione complessa dei sistemi urbani. Unefficace risposta alla crisi vocazionale dei Centri Storici pu essere rappresentata dalla nascita e dallo sviluppo dei Centri Commerciali Naturali.

Il Centro Storico: un fenomeno tutto europeo


Quando pensiamo al concetto di Centro Storico tutta una serie di immagini si affolla nella nostra mente, tanto che lidea di Centro Storico si espande, si dilata a dismisura fino a perdere ogni sua connotazione definitiva. Per dare un senso a questo termine cos ampio e ricondurlo ad unimmagine che sia di univoca comprensione, ci viene in aiuto il concetto di senso urbano, che unisce citt e centralit. Per rendere il concetto pi immediatamente comprensibile, e solo in questottica, lo possiamo riportare allimmagine di luogo centrale. La difficolt di definizione e lattinenza stretta del concetto al contesto in cui utilizzato risulta immediatamente evidente se proviamo a vedere, in modo estremamente grossolano ma efficace, cosa succede di questo concetto quando ci troviamo al di fuori del vecchio continente. Ad esempio negli Stati Uniti non troveremo alcun luogo della citt, che corrisponda allidea di Centro Storico: stereotipato nella nostra cultura. Eppure anche nelle citt americane un centro esiste: in alcuni casi il downtown (citt bassa) pi o meno degradato, che in realt assume contenuto concettuale differente da quello attribuitogli in Europa, sia perch logicamente contrapposto al termine uptown (citt alta) e quindi pi vicino al concetto di bassifondi che non di centro, ma anche perch carente di un riferimento comunitario forte, cos come inteso in Europa, quale una cattedrale, un palazzo civico o una piazza. Quindi, il fenomeno Centro Storico solo ed esclusivamente riferibile alle

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culture del vecchio continente e non pu essere esportato o paragonato a nessun altro contesto socio culturale.

Il centro storico: un sistema complesso


Il dibattito e la legislazione sui centri storici ha ruotato attorno a due concezioni prevalenti: quella museografica e quella alternativa di tutto linsieme. La prima concezione, che troviamo rappresentata nella legislazione pi lontana nel tempo, posiziona lintervento di tutela collettiva sul singolo bene, avulso dal contesto in cui si trova, quale realizzazione importante in se e per se come opera darte irripetibile. La seconda, mediata dalla dottrina pi recente, trova giuristi ed urbanisti uniti ad affermare che il centro storico non limitato ad una mera sommatoria di edifici di importanza storico-artistica avulsa dallinsieme del contesto in cui si trova, ma proprio nelle sue caratteristiche specifiche (il relazionarsi con il complessivo tessuto sociale, la testimonianza di valori di civilt considerati meritevoli di essere tramandati. Le diverse concezioni non presentano un taglio netto fra loro, sono invece il frutto di uno sviluppo concettuale continuo, seppure a sbalzi, di evoluzione dei costumi e delle necessit civili. Tracciare un bilancio dei risultati raggiunti dalla legislazione sui centri storici di elevata difficolt, considerata anche lestrema diversificazione di interpretazione e di utilizzo assegnato nel corso degli anni a queste norme, conseguente ai differenti modelli urbanistici perseguiti. I giudizi di alcuni addetti ai lavori ci prospettano che la legislazione fino ad ora attuata, pur avendo in estrema attenzione la tutela dei beni artistici ed ambientali del Paese, poco si sia applicata ad uneffettiva rivitalizzazione e riuso generalizzato di queste parti urbanistiche, a causa dei vincoli generalizzati che sembrano aver favorito pi la speculazione che non la vivibilit e lutilizzo sociale del territorio urbano. Proprio per questa sua intrinseca evanescenza nella legislazione italiana, sia nazionale che regionale, non esiste una disciplina propria dei Centri Storici: tra laltro una disciplina unitaria non nemmeno ipotizzabile, per la variet di problemi che essi presentano (abbandono, degrado, traffico, inquinamento, terziarizzazione). Appare, tuttavia, ormai chiaro come la tutela e la riqualificazione urbana del Centro Storico non possa pi essere perseguita attraverso il famigerato risanamento conservativo, che in maniera indifferenziata vincola lintero Centro Storico. Il Centro Storico non solo non un museo, ma non neppure il luogo in cui

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sia possibile il miracolo di far continuare attivit culturali ed economiche che si sono estinte: assurdo pensare che attivit economiche tradizionali possano sopravvivere solo perch imposte da una legge o da un atto amministrativo. Il Centro Storico non solo una citt di pietra, ma, anche una citt delle relazioni e delluomo: qualcosa di vivo che dobbiamo continuare a far vivere.

Dalla programmazione generale alla progettazione condivisa


Tale obiettivo potr essere raggiunto solo se si riuscir a superare le tante programmazioni settoriali e parziali: (il piano del traffico, il piano dei trasporti, la pianificazione urbanistico-edilizia, quella ambientale ) con una programmazione unitaria e condivisa, mirata al coordinato raggiungimento del fine chiaramente individuato: far vivere il Centro Storico. In questa prospettiva, nella definizione di un unitario piano di marketing urbano per la rivitalizzazione del Centro Storico debbono essere necessariamente coinvolte tutte le attivit operanti nel centro: le memorie storiche, lassetto urbanistico, la residenza, le imprese artigiane e terziarie, quelle di divertimento e di svago. Nel nostro Paese la programmazione stata sempre al centro dellattenzione del legislatore e nellarco di mezzo secolo si sono attuati diversi tentativi in tal senso: si iniziato con la programmazione generale, si passati alla cosiddetta programmazione per obiettivi o per progetti, si puntato sulla programmazione settoriale. Se si ricercano i motivi per i quali la programmazione ha trovato tanti ostacoli, le risposte non sono e non possono essere semplici n sicure. Si osservato, comunque, che le difficolt si riscontrano tanto a livello della determinazione degli obiettivi, che spesso risultano incoerenti e la cui individuazione richiede tempi lunghissimi, quanto a livello dello svolgimento delle attivit necessarie, nelle quali si manifestano gravissime inefficienze, dovute alla settorializzazione organizzativa e funzionale della Pubblica Amministrazione. La possibile soluzione dei problemi di unorganizzazione statale, basata sul principio di unit giuridica ed economica e fondata sulle autonomie territoriali, sembrerebbe stare razionalmente proprio nelladozione di un sistema di programmazione nel quale si determinano a livello nazionale, sia pure con il concorso delle Regioni e degli altri enti autonomi, gli obiettivi pi importanti e si attribuisce invece agli enti autonomi la responsabilit di specificare tali obiettivi e di disciplinare nei dettagli le azioni attuative nei loro territori.

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Proprio in questo effervescente scenario, la recente riforma del commercio ha con grande attenzione valorizzato dal punto di vista legislativo la risorsa Centro Storico. Uno degli elementi qualificanti la riforma del commercio risiede nel riconoscimento dellesistenza, nel nostro Paese e nelle nostre citt, di realt economiche, commerciali e sociali piuttosto eterogenee, realt che richiedono norme speciali, atte a tutelare e valorizzare le singole peculiarit locali. La citata riforma fissa alcune direttrici dintervento: Salvaguardare e riqualificare il tessuto urbano e storico-ambientale, attraverso i seguenti fattori: traffico e inquinamento, mobilit, valorizzazione della funzione commerciale, artigianale e turistica, ricostituzione di un ambiente idoneo, compatibile e sostenibile allo sviluppo competitivo nei settori commerciale, artigianale e turistico; Favorire gli insediamenti commerciali destinati al recupero delle piccole e medie imprese gi operanti sul territorio interessato, anche al fine di salvaguardare i livelli occupazionali reali; Valorizzare le funzioni economiche al fine della riqualificazione del tessuto urbano, in particolare per quanto riguarda la rigenerazione di un ambiente idoneo allo sviluppo del commercio. Riteniamo che si possa operare su tale realt con una collaborazione, a livello di scelte e di programmazione, tra le amministrazioni locali e gli altri attori del nuovo sviluppo locale, al fine di evitare che anche i Centri Storici vedano svanire la propria identit culturale e mercantile, trasformandosi in contenitori senza contenuti, ai quali nessun progetto di arredo urbano o di scenografia architettonica potr mai conservare le proprie peculiari qualit. Lipotesi di negoziazione e cooperazione tra i soggetti, oggi, sembra in questo senso acquistare un diverso significato, rispetto alla pratica per progetti degli anni 80. Essa si lega a una diversa concezione del ruolo degli attori allinterno del campo urbano e dei processi di piano: la ricomposizione del ruolo del potere pubblico, legato al cambiamento dei modi di produzione della citt, spinge a riconsiderare il rapporto tra attori pubblici e privati e a ricomprendere tutti i soggetti (potenziali attori del campo urbano) in un processo di scambio e apprendimento reciproco. Resta aperta, anche nei contributi della letteratura, la discussione sulle esplicite condizioni di tale scambio e la sperimentazione di adeguati

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strumenti ed orizzonti tecnico-politici per le forme di negoziazione e di cooperazione attivate. Si ripropone, cio, la necessit di elaborare strategie aperte e flessibili capaci non solo di dare un senso prospettico alle singole pratiche urbanistiche, ma anche di esplicitare e di comunicare i valori e il significato delle azioni, per produrre beni comuni per la citt e per risignificare il ruolo e lo spazio del pubblico. Il mezzo per poter ottenere lobiettivo della rivitalizzazione del Centro Storico quello di considerare come vincente il circolo virtuoso cultura turismo - commercio artigianato artistico agricoltura di qualit occupazione - cultura, secondo questa logica: la Cultura attira il Turismo, il Turismo fa prosperare il Commercio, lArtigianato artistico, lAgricoltura di Qualit; con una forte ricaduta occupazionale, che crea Ricchezza e di nuovo Cultura. Insomma, la rivitalizzazione e riqualificazione del Centro storico non pu non tener conto del valore sociale della presenza delle piccole e medie imprese (commerciali, turistiche, artigianali, dei servizi ) nei Centri Storici: il servizio diffuso e di qualit che le nostre imprese forniscono al consumatore e il contributo che danno alla qualit della vita e alla sicurezza delle citt. In altre parole le PMI sono il cuore pulsante delle citt, e basta guardare le citt europee dove sono avvenuti fenomeni di desertificazione per rendersi conto dei rischi che corriamo.

Il commercio: possibile volano di riqualificazione socio-economica dei Centri Storici


Il commercio svolge un ruolo fondamentale nella nostra vita quotidiana: la condiziona e condiziona le stesse funzioni delle citt, i comportamenti singoli e collettivi e riveste unindubbia forza equilibratrice di tutta la vita sociale delle citt e dei centri minori. La viabilit, i trasporti, le relazioni sociali, gli orari e i servizi sono tutti condizionati ed interdipendenti dalle realt commerciali locali. Il commercio crea interesse, vivacit, favorisce laggregazione, qualifica i contesti urbani, volano e moltiplicatore per lincontro e lo svago pur rispondendo ad una precisa esigenza primaria. Negli ultimi anni la rete distributiva si modificata sia sotto il profilo quantitativo che qualitativo. Le diverse abitudini di acquisto indotte dal mutare delle abitudini di vita, hanno influito sulle caratteristiche strutturali della rete e sulle tecniche di vendita, determinando esigenze di riorganizzazione dellimpresa commerciale per lesercizio dell attivit con prodotti diversi, su spazi pi

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ampi, in sedi diverse con orari di vendita pi consoni ai tempi di acquisto dei consumatori. Vi stato un progressivo ed inarrestabile spostamento dellasse commerciale sia dal punto di vista geografico, dal centro alla periferia, che tipologico, dalla piccola alla grande superficie di vendita. Le nostre citt, si stanno man mano trasformando e la crisi dei Centri Storici e del piccolo dettaglio si fatta sempre pi consistente, quasi irreversibile e cos rischia di spezzarsi lo stretto e storicamente consolidato legame fra commercio e struttura urbana. Il Decreto Bersani, di fronte allinadeguatezza dei piani commerciali previsti dalla normativa precedente, ha ritenuto che la programmazione della funzione distributiva dovesse avvenire attraverso una considerazione pi attenta dello sviluppo urbanistico dei Comuni e delle destinazioni duso previste dagli strumenti urbanistici. Da quanto detto evidente, il compito di programmazione dei Comuni che si concretizza nella necessit di adottare, o perlomeno di adeguare, i propri strumenti urbanistici. Questa nuova evoluzione urbanistica deve, tuttavia, conservare inalterati i Centri Storici ove le tradizioni e la storia hanno creato unimmagine riconoscibile ed universalmente apprezzata; lespansione degli abitati e le proposte di nuove aggregazioni commerciali possono anche creare una divaricazione nellassetto produttivo: comunque deve essere garantito un equilibrio per gli interessi, le domande e le attivit che gravano sui nuclei storici limitati spazialmente, ma ad alto contenuto simbolico. La vera svolta determinata dal Decreto Bersani risiede in una precisa scelta di politica urbanistica: la pianificazione commerciale deve essere assunta quale parte integrante della strumentazione urbanistica. La stretta connessione tra qualit del commercio e qualit urbana, emergente dalle nuove disposizioni, evidenzia come la funzione commerciale, integrata alle altre funzioni terziarie, assuma un ruolo sempre pi importante per la definizione degli standard urbanistici e, pi in generale, nellambito della pianificazione urbanistica. La necessit di unanalisi particolareggiata del commercio presente nelle aree esterne al Centro Storico, deriva dallesigenza di conoscere i punti eccellenti nei quali indirizzare ed organizzare il sistema distributivo periferico. Le aree periferiche risentono, in effetti, in misura considerevole delle modificazioni che il modello di sviluppo territoriale sta provocando nel commercio delle citt. La polifunzionalit alla base del nuovo assetto del territorio ed il nuovo modello emergente, denominato policentrico, comporta larticolazione

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delle funzioni urbane secondo una rete composta da diversi punti di forza. Se il protagonista principale del processo di riqualificazione di un centro cittadino il Comune, il secondo gruppo di attori ravvisabile proprio negli operatori o, ancor meglio, nei consorzi costituiti dagli imprenditori operanti nelle aree di progetto.

Valorizzare e promuovere: le due regole auree


La valorizzazione e la promozione del Centro Storico rappresentano un punto nevralgico in un pi ampio processo di rivitalizzazione della vita sociale cittadina. La necessit sempre pi evidente di una pianificazione strategica e di un orientamento al mercato molto chiara. Tutta la letteratura recente, relativa alla competitivit e al marketing della citt, basata sul concetto di area urbana come business enterprise. Larea urbana viene considerata unentit che ha prodotti propri da vendere su mercati diversi a clienti specifici. Secondo tale letteratura, considerare la citt unentit puramente economica pu far sorgere dei dubbi, poich la citt ha una struttura e un organizzazione molto pi complessa rispetto a una azienda e il suo obiettivo finale deve essere quello di soddisfare le esigenze dei suoi abitanti piuttosto che conseguire profitto. La gestione della citt e il proprio processo di sviluppo, o esecuzione, coordinamento e valutazione delle strategie integrative (con laiuto di altri attori urbani importanti e tenendo conto degli obiettivi del settore privato, degli interessi del settore pubblico e delle politiche statali) mirano a identificare, creare e utilizzare al meglio il potenziale di sviluppo economico. La funzione della gestione urbana, che guida lo sviluppo economico della citt e della regione urbana, pu essere realizzata con un determinato numero di strumenti (collegati fra loro). La gestione urbana utilizza le funzioni manageriali della pianificazione, implementazione e valutazione. Tuttavia, al fine di queste tre funzioni, richiesta la conoscenza dei processi spaziali, economici, sociali e amministrativi del contesto territoriale di riferimento. Il marketing della citt analisi, pianificazione, implementazione di programmi che mirano a creare, costruire, mantenere rapporti e scambi vantaggiosi con i mercati relativi al fine di raggiungere obiettivi organizzativi. Il marketing urbano un processo che riguarda lofferta di prodotti urbani, che interessano segmenti di mercato specifici, come le imprese ed i visitatori. Il Centro Storico si riscopre sistema complesso, dove la complessit si coglie nellessere calato in una dimensione duplice: da una parte il Centro Storico soggetto attivo, centro di imputazione di interessi; dallaltra diventa

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oggetto dellattenzione, o domanda, di attori sul mercato. Si tratta, in prima analisi, di intravedere tutte le possibili coniugazioni del bene Centro Storico, non perdendo di vista il sistema di forze (economiche, politiche, sociali) che operano su di esso. La dialettica luogo/non luogo, al di l del suo apparente risvolto retorico, pone di fronte a problematiche che inducono a operare scelte strategiche: non pi consentito, infatti, rimanere in un mercato, in un ambiente o nicchia, senza avere una strategia di permanenza, senza essere consapevoli del contesto in cui si opera e degli strumenti da utilizzare per reagire in modo positivo ed efficace alle sfide. In questa prospettiva, nella definizione di un unitario piano di marketing urbano per la rivitalizzazione del Centro Storico debbono essere necessariamente coinvolte tutte le attivit operanti nel centro: le memorie storiche, lassetto urbanistico, la residenza, le imprese artigiane e terziarie, quelle di divertimento e di svago. I contesti storici si debbono intendere sia come testimonianza di valori irripetibili, che occorre conservare, sia come parte di una struttura urbana che cambia e cresce nel tempo. Possono, dunque, essere visualizzati come dimensione archeologica, ma anche come momento di attualit presente con cui intessono una trama fitta di relazioni. E necessario, quindi, scartare ogni tentazione o tendenza che continui a farci ragionare nella logica dei monumenti isolati, anche quando questi si raggruppino in zone di valore patrimoniale. Si debbono, insomma, assumere, i contesti storici, come immobili o insieme di immobili, senza che sia ostacolata la percezione delle loro correlazioni con un tutto. Lidea di conservazione deve, in conseguenza, sottintendere una concezione del restauro come recupero dellopera darte o del documento storico, sia come cultura della costruzione sia in quanto motore dialettico della permanenza e del cambiamento delle citt. In questo ambito, il marketing gioca un ruolo di primordine nelle politiche di sviluppo locale, molto pi della tecnologia, in quanto la tecnologia un fatto di costi, laddove il marketing un fatto di idee. Le azioni di promozione e valorizzazione del Centro Storico devono tendere a far incontrare due esigenze fondamentali: da una parte i bisogni delle imprese, attente a cogliere i vantaggi che il territorio pu offrire e, dallaltra, quelle del territorio interessato ad attirare nuovi investimenti. In questi anni le citt, pur a fronte di una generale contrazione della spinta allespansione, si sono confermate il luogo privilegiato dello sviluppo economico nonch culturale e dellinnovazione ed hanno visto aumentare le loro reti relazionali con le altre realt urbane e territoriali, in un panorama

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caratterizzato da una crescente concorrenzialit. In un contesto in cui alla citt nel suo complesso vengono attribuiti requisiti di competitivit, appare sempre pi diffuso il ricorso a tecniche di marketing urbano inteso non solo come promozione del prodotto-citt allesterno, ma anche come maggiore attenzione ai clienti che siano essi i cittadini e le imprese del territorio o gli investitori esterni ed i potenziali visitatori. Un piano di marketing della citt indispensabile per la sua promozione allesterno, per una migliore conoscenza da parte dei suoi cittadini, per la promozione turistica e per la promozione nei confronti di investitori produttivi. Costruire il piano di marketing impone di coordinare le scelte dellAmministrazione locale nel campo della regolazione delle attivit economiche, per avere una citt dinamica con una miglior qualit della vita: verde urbano, sicurezza, trasporti pubblici, cultura, organizzazione del traffico, negozi, pulizia della citt, segnaletica, orari delle attivit e dei servizi saranno interventi che dovranno avere unimpostazione unitaria. Per la sua concreta predisposizione si deve prevedere la messa a punto di un progetto che, sotto una regia pubblica in grado di garantire il perseguimento di interessi istituzionali, favorisca unadesione plurale da parte di soggetti che, a diverso titolo, possono risultare protagonisti e beneficiari delle azioni e degli investimenti che lintervento si propone di avviare sul sistema citt nel suo complesso.

Centro Commerciale Naturale: un possibile strumento di riqualificazione dei Centri Storici


In questo complesso scenario, si inserisce a pieno titolo lo strumento operativo del cosiddetto Centro Commerciale Naturale: il centro cittadino come un Centro Commerciale Naturale, dove ogni esercizio lavora nella pi completa autonomia, ma con lausilio di una figura che si occupa di studiare le soluzioni che valorizzino le singole attivit. Il modello ideale cui pervenuta la ricerca di innovazioni organizzative nel settore commerciale quella del centro commerciale. Sviluppatasi a partire dagli anni ottanta, lidea del centro commerciale consiste nella localizzazione in zone non centrali della citt di attivit commerciali integrate, che si configura spesso come un polo di attrazione, costituito da una grande organizzazione nel settore alimentare intorno al quale si aggregano un certo numero di piccole imprese. In questo senso il centro commerciale ha contribuito a creare anche un luogo di socializzazione e di consumo, che si posto, troppo spesso, in alternativa al centro della citt, anche perch

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agisce su modalit spaziali e logistiche attraenti per i consumatori. La grande distribuzione collocata in genere a ridosso o in prossimit delle citt, si accompagna ad una modalit di acquisto che richiede luso dellauto. Lo sviluppo delle grandi superfici di vendita, per, non pu rappresentare lunica strada in grado di aumentare lefficienza del settore; gli esercizi di vicinato, infatti, hanno un intrinseco ed autonomo fattore di modernit, che deve essere maggiormente ed opportunamente valorizzato. Il commercio nei Centri Storici, deve essere valorizzato e riqualificato, ponendo le condizioni strutturali affinch possa efficacemente svolgere la sua fondamentale funzione di elemento di rivitalizzazione e riqualificazione. I centri cittadini, che rappresentano di gran lunga il pi antico esempio di Centro Commerciale Naturale, ed anche il pi grande, per il numero di imprese e di occupati che ne sono coinvolti, hanno estremo bisogno di azioni di sostegno e sviluppo. Lapproccio che deve essere adottato quello di favorire e valorizzare le aggregazioni imprenditoriali, consentendo alle piccole imprese, che operano in ambiti territoriali omogenei, di offrire quei servizi e quelle opportunit che caratterizzano la moderna offerta commerciale. Devono essere privilegiate le azioni di sviluppo tese a qualificare il territorio e che vedano come parte attiva e propulsiva le imprese e gli attori pubblici, attraverso piani particolareggiati e specifici interventi. La piccola impresa commerciale conserva un primato di efficienza in termini di spazio utilizzato, che spesso rappresenta, dal punto di vista della collettivit e, quindi del singolo cittadino, un costo/opportunit non secondario per i possibili usi alternativi dello spazio urbano (residenziali, produttivi, ricreativi e cos via). I Centri Storici, per, per divenire appieno Centri Commerciali Naturali e per competere con i centri commerciali integrati, hanno bisogno di un livello di integrazione ed organizzazione molto pi accentuato, con progetti, societ di gestione e regole definite tra le imprese che vi partecipano e devono soprattutto puntare ad una gestione coordinata dei centri urbani tra tutti gli attori pubblici e privati che in essi hanno un ruolo. Le pi importanti esperienze in tal senso si ritrovano allestero e sono modelli che potrebbero essere, opportunamente adattati, mutuati e reinterpretati. Uno dei pi significativi ed innovativi quello del Town Centre Manager, introdotto con successo nel Gennaio del 1997 a Charleroi (Belgio), con il compito di sviluppare il partenariato pubblico-privato e di avviare azioni di miglioramento dellimmagine cittadina. Nel 1998 questo processo stato ulteriormente strutturato e formalizzato, con la costituzione dellassociazione Charleroi CentreVille, che per scopo sociale ha la dinamizzazione del centro-citt in tutte le sue funzioni, mediante

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azioni di gestione, promozione e animazione basate su un partenariato attivo e paritario tra i differenti attori della citt. In tale direzione si pone lintensa attivit di promozione del modello organizzativo implementato dai Centri Commerciali Naturali: aggregazioni di piccoli operatori commerciali ubicati in aree omogenee dei Centri Storici delle citt che, mediante opportune forme societarie (consorzi, associazioni e/o cooperative), si pongono quali interlocutori privilegiati per l adozione di politiche di sviluppo comuni. I Centri Commerciali Naturali rappresentano unefficace risposta alla crisi vocazionale dei Centri Storici: non solo dal punto di vista della competitivit mercantile, ma soprattutto per la loro capacit di salvaguardare e valorizzare gli spazi urbanistici di socializzazione, di vivibilit, di equilibrio socioambientale, attraverso il rafforzamento delle potenzialit commerciali. Il Centro Storico, nella maggior parte dei casi, si caratterizza, infatti, come vero e proprio Centro Commerciale Naturale, in grado, se organizzato e messo a sistema, non solo di far progredire le imprese commerciali di minori dimensioni e di offrire alla clientela beni e servizi di qualit, ma anche e soprattutto di salvaguardare lidentit storico-culturale delle citt. Tale risultato tuttavia non pu prodursi da solo. E necessario, infatti, sviluppare unadeguata progettualit ed attivare un efficace coordinamento con i poteri pubblici e con le forze economici-sociali interessate. Solo mediante uno sforzo congiunto possibile conseguire gli obiettivi di rilancio, sviluppo e riorganizzazione del tessuto commerciale urbano. Occorre, per, governare questo processo per esaltare e sostenere la funzione sociale ed aggregante degli esercizi commerciali, che nel Centro Storico assumono una valenza fondamentale. Si tratta di agire in campi diversi: dalladozione di specifiche tecnologie informatiche allo sviluppo dellassociazionismo; dalla elaborazione di appositi strumenti normativi di salvaguardia alla identificazione di agevolazioni fiscali e tributarie; dallelaborazione di apposite strategie progettuali allo scambio delle migliori pratiche. Il piccolo commercio al dettaglio senza dubbio, tra le attivit economiche del settore terziario, quello che maggiormente sconta lattuazione di politiche individualistiche di sviluppo. Negli ultimi anni si potuta riscontrare, per, una variazione di tendenza, che si concretizzata nella proliferazione di iniziative di associazionismo economico pi o meno strutturate, anche nel settore del commercio al dettaglio. In molte citt italiane ci si pu facilmente imbattere in associazioni di via o di strada nei principali quartieri ad elevata densit di esercizi commerciali. La nascita di un Centro Commerciale Naturale, rappresenta un ulteriore evoluzione di tale fenomeno aggregativo, in quanto si tende,

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mediante tali innovative forme di associazionismo, a dotare laggregazione di una sua autonoma struttura organizzativa, che possa candidarsi a divenire linterlocutore unico per la implementazione di unefficace politica di sviluppo. Il vero volano dello sviluppo in tale forma di aggregazione commerciale rappresentato dal gruppo di coordinamento che si occupa della gestione del Centro Commerciale Naturale: gestione che deve essere improntata a logiche unitarie, come se linsieme delle PMI commerciali costituisse una realt unica, variegata nelle sue manifestazioni, in grado di porsi in maniera unitaria nei confronti dellesterno. La logica che guida tale modello consiste nel mutuare e migliorare le dinamiche gestionali proprie dei centri commerciali integrati. I vantaggi del superamento di una logica individualistica da parte delle PMI commerciali determina linnesco di un virtuoso processo di sviluppo, che pu permettere il raggiungimento, mediante limplementazione di attivit comuni, di importanti obiettivi strategici: il recupero di risorse emarginate e/o sottoutilizzate; lintegrazione fra il territorio urbano e la coesione sociale dei residenti; il coordinamento delle azioni dei diversi livelli istituzionali e le sinergie fra gli attori pubblici e privati.

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Il ruolo dei residenti nella riqualificazione urbana


Marco Valente e Stefano Gasbarra
Il doppio ruolo giocato dal Centro storico, quale luogo di residenza e centro di servizi e commercio, ha reso questa parte di citt particolarmente sensibile ai mutamenti che hanno formato lattuale territorio urbano, con tutte le implicazioni che questi hanno portato, coinvolgendo ogni aspetto del vivere quotidiano nella citt. Laumento di popolazione nelle citt, le mutate esigenze collettive, sociali, economiche e culturali, nonch le modificazioni intervenute nelle modalit di utilizzo degli spazi abitativi e lavorativi hanno, nel passato, spostato lattenzione sugli ambiti periferici, svuotando i Centri storici dei suoi contenuti pregnanti e della sua molteplice funzionalit. Levidente e marcato fenomeno di spopolamento dei Centri storici, che in alcuni casi, ha raggiunto dimensioni di vera e propria desertificazione, stato nel tempo determinato da alcuni fattori concomitanti: 1. il degrado fisico e sociale della residenza, con conseguente fuoriuscita degli abitanti verso i nuovi quartieri; 2. il progressivo assedio di traffico automobilistico ed i problemi di accessibilit nel Centro storico; 3. lo spostamento dellasse commerciale e dei servizi dal centro alle periferie delle citt, o meglio dal Centro storico, difficilmente compatibile con le nuove esigenze economiche e sociali, alla periferia pi accessibile. Il Centro storico la convivenza di due (e pi) citt: quella della vita ordinaria dei residenti; quella di chi viene a lavorare in Centro storico e cerca di integrarsi nella precedente; la citt notturna (legata ai frequentatori e gestori di ristoranti, pub, birrerie, discoteche, locali notturni, ecc.); quella sovrapposta legata a funzioni sovralocali: la citt politica, la citt religiosa, la citt darte, la citt dei turisti (compresa la presenza di alberghi, percorsi turistici, ecc.). In tale crogiolo di facce della stessa entit, il tema della residenzialit in Centro storico e della sua tutela appare centrale e prioritario, ma, sebbene questo sia un obiettivo largamente condiviso, il problema sembra soprattutto quello di definire perch il Centro storico negli ultimi anni ha

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subito questo marcato fenomeno di abbandono da parte dei cittadini e delle istituzioni. In altre parole, necessario incentivare la residenzialit in generale, in modo che vi sia un processo di riappropriazione del Centro storico, attraverso un progetto di valorizzazione, che faccia leva sullinfluenza diretta che possono avere i residenti sulla vitalit sociale, economica e culturale di un tessuto urbano.

Il ruolo dei residenti nella riqualificazione urbana


Il prodotto urbano, nel nostro caso il Centro storico, si differenzia dal cosiddetto prodotto aziendale, per la pressoch assoluta rigidit e soprattutto per la molteplicit di soggetti decisori che incidono sulle linee di posizionamento del prodotto urbano sul mercato potenziale di riferimento. In altre parole, il Centro storico gode di una scarsa flessibilit: i limiti strutturali, relativi allaccessibilit, alla giusta immodificabilit di alcune sue parti, alla poca rispondenza ad alcune mutevoli esigenze della societ contemporanea, lo rendono statico, ma non per questo morto. Il Centro storico non solo una citt di pietra, ma una citt delle relazioni e delluomo: qualcosa di vivo dove dobbiamo essere impegnati a continuare a far vivere. Pur tuttavia, non una tabula rasa, bens una parte della citt con una propria storia e, soprattutto, caratterizzato da un suo intrinseco tema catalizzatore, pi o meno nascosto e segreto, che deve essere fatto riemergere e rivitalizzato. Inoltre, sul territorio in genere e sul Centro storico in particolare incidono le scelte di diversi soggetti decisori. Da una parte gli attori pubblici ed istituzionali dallaltra i soggetti imprenditoriali, che operano in questa particolare parte della citt. Appare chiaro che, le scelte, o purtroppo spesso le non scelte, di programmazione e pianificazione delle istituzioni locali, regionali e statali, incidono direttamente sulla vitalit del Centro storico. Dallaltra parte gli imprenditori incidono in maniera determinante sulla vita del Centro storico: sia con le loro scelte aziendali sia con la loro decisione di abbandonare il Centro per localizzarsi in zone della citt pi semplicemente accessibili.

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Ebbene, tale dicotomia ormai discussa, accettata e, forse, condivisa. Viceversa, il ruolo che possono e debbono giocare i residenti in questa complessa partita per la riqualificazione del Centro storico appare ancora poco considerata, se non addirittura sottovalutata. La domanda da porre la seguente: pu esistere un vincente piano di riqualificazione e rivitalizzazione del Centro storico prescindendo dalla residenzialit ? La differenza fondamentale tra un nuovo centro direzionale e il Centro storico sta proprio nella funzione e scopo con cui sono stati studiati, progettati e costruiti. Il primo nasce per svolgere una funzione essenzialmente, e forse esclusivamente, di servizio alla citt; il secondo nasce come citt, o meglio una citt (magari antica) nella citt. Il Centro storico per vivere ha bisogno di essere abitato e non solo visitato o episodicamente vissuto. La tematica relativa alla vivibilit e alla fruibilit da parte dei residenti assume sempre pi un ruolo determinante nei confronti della riqualificazione dei centri storici. Si tratta di comunicare efficacemente, di far comprendere meglio, alcuni concetti base, ancora purtroppo non bene assimilati, relativi alla qualit ed al comfort ambientale, a tutti coloro che si occupano di progettazione, realizzazione e gestione del territorio e pi in generale degli spazi antropizzati, soprattutto del Centro storico. Favorire ed incentivare il rientro di residenti nel centro storico, puntando a conseguire un riequilibrio della composizione sociale dei residenti stessi. In particolare, bisogna sviluppare quelle politiche che vadano a sostegno della residenzialit dei ceti meno abbienti (che porterebbe ad un equilibrio migliore nella vita del centro storico). Ma bisogna concentrarsi anche su quegli elementi tesi a difendere le condizioni di vita urbana, della sua qualit, della vivibilit a dimensione umana.

Ma qual il ruolo dei residenti nella riqualificazione del Centro storico ?


Ebbene, in primo luogo i residenti possono essere definiti i primi tutori della qualit della vita del Centro storico stesso. Un esempio tipico pu essere rappresentato dai comitati di quartiere. La fine degli anni sessanta aveva portato con s una grande sete di rappresentativit a tutti i livelli. La gente voleva essere sempre pi partecipe

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delle scelte che gli organismi istituzionali, pur eletti democraticamente, andavano a compiere. Questa ventata di nuovo aveva interessato anzitutto la scuola e proprio l, infatti, avevano cominciato a nascere i primi nuclei di riferimento che facevano capo ai genitori ed agli studenti. Poi la voglia di democratizzazione allargata aveva contagiato anche i semplici cittadini che si riconoscevano in entit ben circoscritte quali erano per i quartieri. Ecco allora formarsi i primi consigli di circoscrizione, nelle citt pi grandi della penisola, e, conseguentemente, quelli di quartiere. In secondo luogo, i residenti svolgono un ruolo fondamentale nellazioni di accoglienza del turista o del fruitore in genere: il metodo con cui una localit si offre e si affaccia al proprio ospite, lorganizzazione di tale sistema, la sua efficienza, un aspetto che assume una valenza strategica per il modello del marketing urbano che stiamo proponendo. Infine, i residenti sono i pi importati e diffusi proprietari del Centro storico, cio oltre al generale interesse del livello della qualit della vita della parte della citt in cui vivono, hanno uno specifico interesse economico relativo alla riqualificazione del Centro storico stesso: appare evidente che il valore economico di un immobile in un Centro storico riqualificato sicuramente superiore a quello di un Centro storico degradato.

L indice di antropizzazione della vegetazione quale strumento di analisi critica dei processi di urbanizzazione
Il problema della sottrazione di suolo agricolo e forestale a favore di insediamenti urbani a carattere continuo e discontinuo , al pari di altre tematiche che investono la sfera di competenza ambientale, un tema sempre di grande attualit e fonte di serrati confronti soprattutto in occasione della redazione o revisione degli strumenti di programmazione urbanistica. Pur non volendo assolutamente paventare lipotesi che la soluzione al problema sia da ricercare nella necessit di mettere in atto rigide misure di contenimento dellespansione delle aree destinate ad insediamenti industriali o abitativi appare significativo rimarcare i concetti gi espressi in precedenza circa le opportunit offerte (viste sotto differenti aspetti) da una progressiva piena riutilizzazione e riappropriazione dei centri storici almeno per ci che concerne la componente pi propriamente abitativa. In un epoca in cui lattenzione verso lambiente sancita da accordi

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internazionali1 e oggetto di specifiche misure di protezione e salvaguardia2, a livello locale tale attenzione trova sponda nel fatto che il processo di urbanizzazione non solo incide sulla componente quantitativa del suolo (consumo) ma molto pi profondamente interviene sulla componente qualitativa quale elemento esogeno di alterazione delle caratteristiche stesse del suolo. A proposito di tale ultimo aspetto va infatti rimarcato come la sottrazione di terreno diversamente utilizzato o utilizzabile per scopi pi propriamente agricoli e forestali ha effetti negativi sia per lalterazione che comporta negli ecosistemi naturali, sia per quanto riguarda il processo di percolazione delle acque nel sottosuolo. Tali processi possono infine intaccare parti di territorio altrimenti da preservare dai rischi idrogeologici o aree da tutelare ai fini ambientali. Quello che si vuole offrire con il presente contributo un metodo di analisi e di valutazione critica del consumo di suolo che definito quale Indice di Antropizzazione della Vegetazione potrebbe, se correttamente e sistematicamente applicato, consentire di monitorare lo stato del territorio, o meglio ancora il suo divenire, diventando quindi un vero e proprio strumento di analisi multitemporale della qualit ambientale del territorio stesso. Lapplicazione, la cui metodologia qui si analizza, parte inevitabilmente da unindagine conoscitiva da realizzare a livello locale e, precisamente, dallanalisi delle classi di copertura del suolo (land cover). E infatti ormai unanimemente riconosciuto che la carta di copertura del suolo uno strumento fondamentale di supporto alle decisioni di politiche ambientali fornendo una serie di input indispensabili per numerose analisi di interesse ambientale e, spesso, proprio per valutare landamento di molti fenomeni fisici influenzati dagli aspetti antropici. Per la realizzazione di detta base di analisi un grosso contributo ci viene dalla applicazione dei criteri di analisi e, in parte, dai risultati che costituiscono il data base del progetto CORINE Land Cover sviluppato a partire dagli anni

Processo di Helsinki, Convenzione sulla diversit biologica (Rio de Janeiro, 1992), Convenzione Internazionale sui Cambiamenti Climatici (Kyoto, 1997). VIA (Valutazione Impatto Ambientale) quale strumento fondamentale della politica ambientale come definita dallarticolo 130R del Trattato della Comunit Europea e dai programmi di azione Comunitaria a favore dellambiente e dello sviluppo sostenibile; Valutazione dIncidenza quale strumento di controllo e protezione delle specie e delle aree di cui alla Direttiva Uccelli 79/409/CEE e Direttiva Habitat 92/43 CEE .

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novanta dalla Comunit Europea3 . Quello che si ritiene corretto applicare, per la tipologia di analisi che si deve affrontare la classificazione creata per il progetto CORINE che, di tipo gerarchico e numerico, organizzata in classi. Si ritiene che per le finalit tese allindividuazione dellIndice di Antropizzazione della Vegetazione, sia per sufficiente limitare lanalisi al II livello di approfondimento, ovvero andare a rilevare sul territorio quelle classi di copertura del suolo che effettivamente insistono tra quelle indicate al suddetto livello di analisi. Tale approccio da ritenere corretto in quanto appare del tutto ininfluente ai fini delle elaborazioni che saranno svolte distinguere tra, ad esempio, Zone Boscate e Boschi di latifoglie o di conifere o, ancora, tra Colture Permanenti e Vigneti, Frutteti o Oliveti. Infatti, lobiettivo che ci si pone con lindagine preliminare sulla copertura del suolo la reale sussistenza di territori che, per la loro tipologia di copertura, potranno essere in una seconda fase del lavoro chiaramente riclassificati secondo una scala decrescente di antropizzazione. Lanalisi della situazione in atto rilevata, o la sua dinamica (nel caso fosse possibile per disponibilit di dati storici realizzare unanalisi multitemporale) viene di norma eseguita riportando la copertura del suolo, ottenuta dalla fotointerpretazione di aerofotogrammetrie, su Cartografia Tecnica Regionale in scala 1:10.000.

Metodologia di ricerca dellindice di antropizzazione della vegetazione


Lanalisi tesa a produrre una valutazione quantitativa circa il grado di naturalit dellarea parte, cos come detto, dallassegnare a ciascuna classe di copertura del suolo di un valore di antropizzazione. Le diverse tipologie che compongono la carta duso del suolo saranno pertanto riclassificate secondo una scala di antropizzazione con valori compresi tra 1 (massimo grado di antropizzazione) e 5 (minimo grado di antropizzazione). Lantropizzazione delle classi di copertura del suolo in questa fase basata

Il progetto CORINE Land Cover pu a tutti gli effetti essere considerato il primo organico sistema informativo creato per la gestione dei dati territoriali.

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sullintensit percepita dellimpatto antropico rispetto alla vegetazione naturale. In base ai livelli di antropizzazione cos come descritti possibile definire un Indice di Antropizzazione della Vegetazione. Rappresentando lestensione relativa, espressa come valore percentuale di ciascuna classe di antropizzazione, in un piano cartesiano avremo sulle ascisse i livelli di antropizzazione riportati in ordine decrescente e sulle ordinate i valori cumulativi delle superfici corrispondenti. Da ci si evince che il rapporto tra larea sotto la curva ottenuta e larea totale del piano vada a rappresentare lindicatore del grado di antropizzazione complessivo dellarea.

Indicando con x il valore cumulativo associato alli-esima classe di antropizzazione (i= 1, 2, 3, ., N), larea sotto la curva A del diagramma cartesiano data da:

x - 1004 =1

Risultando quindi larea totale del piano cartesiano a

AMax = 100 (n-1)

lIndice di Antropizzazione della Vegetazione (IAV) ottenuto dalla seguente espressione:

IAV = A

/ Amax

La sottrazione del fattore 100 si rende necessaria in quanto il valore cumulativo percentuale riferito allultima voce della scala di antropizzazione pari a 100.

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E evidente che larea sotto la curva sar tanto maggiore quanto maggiore sar lincidenza percentuale delle categorie che presentano una elevata antropizzazione. Pertanto essendo A compreso tra zero e Amax lindice IAV assume valori compresi tra 0, per le aree a bassa antropizzazione, ad 1 per le aree che al contrario presentano un elevato impatto antropico. E stata a titolo esemplificativo condotta lanalisi I.A.V. su un territorio amministrativo campione del quale si aveva disponibilit dei dati di copertura del suolo e ci ha dato origine ai seguenti valori:

Livelli di antropizzazione 1 2

Classi di copertura del suolo Urbano Zone eterogenee Seminativi Colture permanenti Zone boscate

Superficie (Ha) 220,84 45,46

Superficie (%) 5,42 1,12

3 4 5

457,63 2.309,4 6 1.040,5

11,23 56,69

e assim.

25,54

A = 104,19 Amax = 400 per cui IAV = 0,26

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Per quanto in precedenza enunciato lanalisi condotta ha consentito di quantificare il livello di antropizzazione del territorio che, in questo caso, presenta un indice certamente basso. Ci a dimostrare che la pressione a cui sottoposta la risorsa suolo nel caso specifico ad un livello non di attenzione segno evidente dellattuazione di oculate scelte di sviluppo antropico compatibili con il rispetto dellambiente naturale.

Conclusioni
A partire dagli anni 70 il tema del recupero diventato una delle questioni centrali del dibattito urbanistico nazionale: lattenzione, dapprima incentrata sul recupero dei centri storici e pi in generale sul riutilizzo del patrimonio edilizio esistente, si poi andata sviluppando, sino a comprendere la pi generale questione della riqualificazione complessiva della citt.

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Non a caso, allinizio degli anni 90, grazie alla legge 179 del 1992 e a successivi provvedimenti legislativi ad essa collegati, sono stati elaborati nuovi strumenti di intervento tecnico-finanziario (programmi integrati, programmi di recupero urbano), per lattuazione di progetti complessi di trasformazione o riqualificazione urbana. In tale quadro, assume particolare significato il recupero e il riuso delle aree residenziali dismesse del Centro storico, intendendo con questo termine quelle parti di citt che hanno perduto la loro funzione originaria, ormai abbandonate e investite da fenomeni di degrado fisico e ambientale. Esse sono individuabili per lo pi ai margini delle aree centrali e localizzate prevalentemente a ridosso delle mura urbane o allesterno della citt murata, nella prima fascia periferica di urbanizzazione. In particolare le aree residenziali dismesse del Centro storico si prestano favorevolmente o ad ipotesi di radicale trasformazione, dove possibile sperimentare nuovi modelli di progettazione architettonica a scala urbana, oppure a ipotesi di recupero di contenitori e strutture che mantengono un intrinseco valore storico-culturale e documentario, rappresentato da evidenti caratteri tipologici e morfologici. Lanalisi del livello di antropizzazione deve essere uno strumento in grado di esprimere le proprie potenzialit secondo due distinte modalit: una prima quella che fotografa la situazione ad un tempo ben definito t0 e ne legge la struttura territoriale. Una seconda e, ben pi importante modalit di lettura, dovrebbe invece portare ad una analisi multitemporale in grado di consentire lapprezzamento della dinamica delluso del territorio nel corso degli anni. La validit di tale analisi, o di altre similari che possono correttamente essere applicate, dovrebbe permettere scelte strategiche certamente pi oculate e una maggiore attenzione verso quellatteggiamento diffuso che il suolo sia considerato come mera base fisica degli interventi , reperibile ed utilizzabile senza particolari limitazioni se non quelle derivanti dalla sua reale disponibilit. In tale ottica appare rilevante pertanto la necessit di far precedere eventuali espansioni urbanistiche da accurate analisi e da attente valutazioni circa la reale possibilit di beneficiare del riuso edilizio. Lattenzione nei riguardi dei suoli agricoli non deve essere comunque vista come una limitazione alloperare urbanistico ma come una razionalizzazione dellorganizzazione urbana. Un tentativo quindi di stabilire precisi confini tra uso e spreco del suolo.

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Il modello di sviluppo del centro commerciale naturale


a cura del Gruppo di Lavoro Confesercenti
E crescente il riconoscimento del ruolo svolto dal commercio dal punto di vista dellequilibrio della vita collettiva, tanto nel centro delle grandi citt quanto a livello dei piccoli negozi di quartiere o in ambiente rurale e urbano. E riconosciuto il ruolo di contrasto alla desertificazione urbana svolto dagli esercizi commerciali (Commissione UE). Al fine di rimanere competitive, in un contesto generale che sempre pi sfavorevole, le PMI commerciali devono tendere sempre pi a sviluppare nuove tipologie organizzative che prevedono forme di collaborazione , come: Gruppi di Acquisto; Unioni Volontarie; Associazioni di Strada. Questi nuovi tipi di organizzazione (commercio indipendente) consentono di integrare: Lelasticit e le capacit di servizio dei piccoli negozi I vantaggi di un efficiente sistema logistico associato a strutture pi ampie La razionalizzazione delle attivit di comunicazione Per ottenere

MAGGIORE EFFICACIA COMMERCIALE

Le caratteristiche
Il modello ideale cui pervenuta la ricerca di innovazioni organizzative nel settore commerciale quella del centro commerciale . Sviluppatasi a partire dagli anni ottanta, lidea del centro commerciale consiste nella localizzazione in zone non centrali della citt di attivit commerciali integrate, che si configura spesso come un polo di attrazione, costituito da una grande

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organizzazione nel settore alimentare (ipermercato o supermercato) intorno al quale si aggrega un certo numero di piccole imprese. In questo senso il centro commerciale ha contribuito a creare anche un luogo di socializzazione e di consumo che si pone in alternativa al centro della citt, anche perch agisce su modalit spaziali e logistiche attraenti per i consumatori. La grande distribuzione collocata in genere a ridosso o in prossimit delle citt, si accompagna ad una modalit di acquisto che richiede luso dellauto. Lo sviluppo delle grandi superfici di vendita, per, non pu rappresentare lunica strada in grado di aumentare lefficienza del settore; gli esercizi minori infatti hanno un intrinseco ed autonomo fattore di modernit che deve essere maggiormente ed opportunamente valorizzato. Le nostre citt si sono mano a mano trasformate e la crisi dei centri storici e del piccolo dettaglio si fatta sempre pi consistente, quasi irreversibile, fino a rendere concreto il rischio che si spezzi lo stretto e storicamente consolidato legame fra commercio e struttura urbana. Centri urbani e centri storici non caratterizzati dal pulsare delle attivit commerciali, dalla vivacit e dai colori dei mercati, stravolgerebbero, infatti, la propria tradizione, perdendo quella fondamentale connotazione che ha permesso loro di diventare, nel tempo, punto di riferimento culturale, di socializzazione, di aggregazione. E stato denunciato pi volte nel passato la mancanza di uno stretto legame fra programmazione commerciale e programmazione urbanistica. I luoghi centrali di tutte le citt italiane sono stati per secoli i punti di riferimento privilegiato per le funzioni commerciali. Il loro progressivo e costante svuotamento, connesso alla funzione centrifuga esercitata dai grandi complessi distributivi periferici ne ha acuito il processo di crisi e di abbandono. Politiche amministrative di restrizione del traffico veicolare, non accompagnate dalla programmazione delle necessarie infrastrutture (parcheggi, servizi, arredo), stanno ormai per sferrare il fatidico colpo di grazia. Il commercio nei centri storici, deve essere valorizzato e riqualificato, ponendo le condizioni strutturali perch esso possa efficacemente svolgere la sua fondamentale funzione nel corso del tempo. I centri cittadini, che rappresentano di gran lunga il pi antico esempio di Centro Commerciale Naturale, ed anche il pi grande per il numero di imprese e di occupati

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che ne sono coinvolti hanno estremo bisogno di azioni di sostegno e sviluppo. Lapproccio che deve essere adottato quello di favorire e valorizzare le aggregazioni imprenditoriali consentendo alle piccole imprese che operano in ambiti territoriali omogenei di offrire quei servizi e quelle opportunit che caratterizzano la moderna offerta commerciale. Devono essere privilegiate le azioni di sviluppo tese a qualificare il territorio e che vedano parte attiva e propulsiva le imprese e le Amministrazioni locali, attraverso piani particolareggiati e specifici interventi. La piccola impresa commerciale conserva un primato di efficienza in termini di spazio utilizzato che spesso rappresenta dal punto di vista della collettivit e, quindi del singolo cittadino un costo/opportunit non secondario per i possibili usi alternativi dello spazio urbano (residenziali, produttivi, ricreativi e cos via). I centri storici, per, per divenire appieno Centri Commerciali Naturali e per competere con i centri commerciali integrati, hanno bisogno di un livello di integrazione ed organizzazione molto pi accentuato, con progetti, societ di gestione e regole definite tra le imprese che vi partecipano, e devono soprattutto puntare ad una gestione coordinata dei centri urbani tra tutti gli attori pubblici e privati che in essi hanno un ruolo. Le pi importanti esperienze in tal senso si ritrovano allestero, e sono modelli che potrebbero essere, opportunamente adattati, mutuati e reinterpretati. Uno dei pi significativi ed innovativi quello del Town Centre Manager, introdotto con successo nel Gennaio del 1997 a Charleroi (Belgio), con il compito di sviluppare il partenariato pubblico-privato e di avviare azioni di miglioramento dellimmagine cittadina. Nel Marzo 1998, questo processo stato ulteriormente strutturato e formalizzato, con la costituzione dellassociazione Charleroi CentreVille, che per scopo sociale ha la dinamizzazione del centro-citt in tutte le sue funzioni, mediante azioni di gestione, promozione e animazione basate su un partenariato attivo e paritario tra i differenti attori della citt (per statuto, gli amministratori dellassociazione debbono essere al 50% pubblici e al 50% privati). In tale direzione si pone lintensa attivit di promozione del modello organizzativo implementato dai Centri Commerciali Naturali, aggregazioni di piccoli operatori commerciali ubicati in aree omogene dei centri storici delle citt che, mediante opportune forme societarie (consorzi, associazioni e/o

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cooperative), si pongono quali interlocutori privilegiati per la adozione di politiche di sviluppo comuni. Il progetto qui presentato si inserisce in una strategia che cerca di ribaltare o comunque di riequilibrare il peso delle aree centrali, da valorizzare e da considerare quindi come vero e proprio Centro Commerciale Naturale recuperando funzioni ed elementi di caratterizzazione comune che, attraverso lattrattivit per i consumatori, ne impedisca lo svuotamento. Secondo questo approccio, esistono, allinterno dei centri urbani, le condizioni affinch ampie porzioni di territorio siano ripensate per dare vita a prodotti nuovi che, nel caso della distribuzione commerciale, possono provenire da una integrazione tra attivit di acquisto e di tempo libero.

Salvaguardare e riqualificare i centri storici anche attraverso il mantenimento delle caratteristiche morfologiche degli insediamenti ed il rispetto dei vincoli relativi alla tutela del patrimonio artistico ed ambientale

Favorire gli insediamenti commerciali destinati al recupero delle piccole e medie imprese gi operanti sul territorio interessato, anche al fine di salvaguardare i livelli occupazionali reali

Valorizzare la funzione commerciale al fine della riqualificazione del tessuto urbano, in particolare per quanto riguarda i centri urbani degradati, anche per ricostruire un ambiente idoneo allo sviluppo del commercio

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I benefici
I Centri Commerciali Naturali rappresentano unefficace risposta alla grande distribuzione, non tanto e non solo dal punto di vista della competitivit mercantile, ma essenzialmente per la vocazione specifica volta a salvaguardare e valorizzare gli spazi urbanistici di socializzazione, di vivibilit, di equilibrio socio-ambientale, vivacizzando le potenzialit commerciali delle aree attraverso unampia offerta merceologica specializzata, rivolta a definiti targets di consumo. La particolarit del programma promosso di focalizzare limpegno nella realizzazione di Centri Commerciali Naturali soprattutto con riferimento alle aree dei Centri Storici, ci in considerazione dellantica tradizione commerciale che ravvisabile in tali aree della nostra citt di Viterbo. Il Centro Storico nella maggior parte dei casi, e soprattutto in una citt a vocazione turistica si caratterizza, infatti, come vero e proprio Centro Commerciale Naturale, in grado, se organizzato e messo a sistema, non solo di far progredire le imprese commerciali di minori dimensioni e di offrire alla clientela beni e servizi di qualit, ma anche e soprattutto di salvaguardare lidentit storico-culturale della nostra citt, recuperando cos valori e abitudini che rischiano di perdersi. Tale risultato tuttavia non pu prodursi da solo. E necessario, infatti, sviluppare unadeguata progettualit ed attivare un efficace coordinamento con i poteri pubblici e con le forze economici-sociali interessate: solo mediante uno sforzo congiunto possibile conseguire gli obiettivi di rilancio, sviluppo e riorganizzazione del tessuto commerciale urbano. Laggregazione derivante dalla implementazione del Centro Commerciale Naturale rappresenta una efficace risposta alla progressiva desertificazione commerciale delle imprese pi piccole, ovvia conseguenza delle strategie delle grandi strutture di vendita. Occorre, per, governare questo processo per esaltare e sostenere la funzione sociale ed aggregante degli esercizi commerciali, che nel centro storico assume una valenza fondamentale. Si tratta di agire in campi diversi: dalladozione di specifiche tecnologie informatiche allo sviluppo dellassociazionismo; dalla elaborazione di appositi strumenti normativi di salvaguardia alla

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identificazione di agevolazioni fiscali e tributarie: dallelaborazione di apposite strategie progettuali allo scambio delle migliori pratiche.

I vantaggi dellaggregazione commerciale


La promozione allinterno dellarea omogenea del Centro Storico della citt di Viterbo, del modello organizzativo del Centro Commerciale Naturale pu rappresentare il mezzo migliore per favorire il processo di aggregazione delle PMI Commerciali. Il piccolo commercio al dettaglio senza dubbio, tra le attivit economiche del settore terziario, quello che maggiormente sconta lattuazione di politiche individualistiche di sviluppo. Negli ultimi anni si potuta riscontrare, per, una variazione di tendenza, che si concretata nella proliferazione di iniziative di associazionismo economico pi o meno strutturate anche nel settore del commercio al dettaglio. In molte citt italiane ci si pu facilmente imbattere in associazioni di via o di strada nei principali quartieri ad elevata densit di esercizi commerciali. La nascita di un Centro Commerciale Naturale, per, rappresenta un ulteriore evoluzione di tale fenomeno aggregativo, in quanto si tende, mediante tali innovative forme di associazionismo, a dotare laggregazione di una sua autonoma struttura organizzativa che possa candidarsi a divenire linterlocutore unico per la implementazione di una efficace politica di sviluppo. Il vero volano dello sviluppo in tale forma di aggregazione commerciale rappresentato dal gruppo di coordinamento che si occupa della gestione del Centro Commerciale Naturale. La gestione che deve essere improntata a logiche unitarie, come se linsieme delle PMI commerciali costituisse una realt unica, ma variegata nelle sue manifestazioni, in grado di porsi in maniera unitaria nei confronti dellesterno. La logica che guida tale modello consiste nel mutuare le dinamiche gestionali proprie dei Centri Commerciali Integrati. I vantaggi del superamento di una logica individualistica da parte delle PMI commerciali determina linnesco di un virtuoso processo di sviluppo che genera, mediante limplementazione di attivit comuni, una serie di importanti benefici.

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MARCHIO COMUNE

c c c

Maggiore efficacia commerciale Maggiore visibilit Minor costo dellinvestimento promozionale

SERVIZI COMUNI

Innalzamento del livello qualitativo del servizio erogato alla clientela Completamento della gamma di offerta beni/servizi Integrazione logistica Economie di scala nellacquisto di servizi/beni

COMUNI STRATEGIE DI SVILUPPO LOCALE

Maggior potere contrattuale nei confronti delle Istituzioni Attivazione di investimenti esogeni Riqualificazione territoriale

Centro Commerciale Naturale Ipotesi di Percorso Implementativo: Ipotesi Viterbo Le esperienze maturate ad oggi ci consentono di delineare una prima schematizzazione del percorso di sviluppo di un Centro Commerciale Naturale. Tale formalizzazione appare utile in un ottica di trasferimento delle migliori prassi in tale settore. Le difficolt riscontrate, cos come i successi ottenuti, devono divenire patrimonio comune e condiviso. Lobiettivo quello di tracciare la sequenza pi efficace e razionale delle attivit da sviluppare per chi voglia cimentarsi nellavventura di promozione di tale modello di sviluppo del commercio tradizionale.

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Processo di sviluppo di un Centro Commerciale Naturale

RILEVAZIONE DEI BISOGNI/NECESSITA

ELABORAZIONE DEL PROGETTO ESECUTIVO

ELABORAZIONE DEL PROGETTO DI MASSIMA

IMPLEMENTAZIONE DELLE ATTIVITA

IDENTIFICAZIONE DEGLI OPERATORI CARDINE

MONITORAGGIO DEI RISULTATI

PROMOZIONE DEL PROGETTO A LIVELLO LOCALE

AGGREGAZIONE DEGLI OPERATORI

COSTITUZIONE DEL CONSORZIO

X X X X

IDENTIFICAZIONE DELLAREA

STRUTTURAZIONE DEL CONSORZIO

X X X X X X

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Qui descritto quali siano i passaggi principali, che dovrebbero essere seguiti per uniniziativa di sviluppo di un Centro Commerciale Naturale.
Attivit Descrizione Determinante per la riuscita del progetto la identificazione dellarea allinterno della quale promuovere liniziativa. E necessario che essa abbia caratteristiche omogenee; il requisito di base, quindi, quello di identificare aree che siano caratterizzate dalle medesime criticit di contesto. La omogeneit di base requisito necessario ma non sufficiente. Prima dellavvio dellattivit, il promotore deve puntualmente rilevare tutte le necessit/bisogni del tessuto produttivo che caratterizza larea; tali informazioni sono determinanti per una efficace taratura delle iniziative da implementare affinch esse siano allineate alle reali specificit territoriali. Sulla base, sia dei dati generali, sia, soprattutto delle specifiche criticit rilevate, compito del promotore sviluppare una proposta progettuale che rappresenti un percorso di sviluppo finalizzato alla graduale rimozione delle cause del degrado sia economico, sia territoriale dellarea oggetto dellintervento. Si tratta di mettere a punto un percorso che chiaramente definisca gli obiettivi e le attivit attraverso cui tali obiettivi possano essere perseguiti. Il progetto elaborato diviene, di fatto, lelemento intorno al quale avviare un complesso processo di aggregazione degli operatori. Come in qualsiasi attivit innovativa, esistono sempre dei pionieri, coloro i quali prima di altri comprendono limportanza del cambiamento. E necessario fare leva su tali figure, in quanto, mediante un processo emulativo, anche gli altri, i ritardatari, si accoderanno a chi per primo ha creduto nellinnovazione. E importante, quindi, identificare a livello locale chi, tra gli operatori commerciali, possa ricoprire il ruolo di pioniere e coinvolgerlo sin dalle prime fasi di promozione del progetto.

A. Identificazione dellArea

Rilevazione dei bisogni/necessit

B. Elaborazione del progetto di massima

C. Identificazione degli operatori cardine

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Attivit

Descrizione In accordo e sinergia con alcuni operatori necessario avviare sul territorio, prima della elaborazione della proposta progettuale complessiva, una intensa attivit di promozione delliniziativa. E necessario far conoscere e far capire quali siano gli obiettivi e quali possano essere gli effetti positivi indotti. La promozione, effettuata porta a porta mediante incontri diretti, riunioni plenarie, etc. persegue lo scopo di creare consenso; il consenso genera aggregazione tra gli operatori coinvolti. Non sar possibile ottenere da subito il coinvolgimento dellintero gruppo di operatori; ce ne saranno sempre alcuni che, animati solo da scetticismo, si aggregheranno in una fase successiva.

D. Promozione del progetto ed aggregazione degli Operatori

E. Costituzione e strutturazione del Consorzio

E importante che laggregazione degli operatori trovi la sua coerente dimensione organizzativa. In tale senso tale aggregazione spontanea deve concretizzarsi nella creazione di un nuovo soggetto giuridico che in maniera autonoma si faccia carico della strutturazione ed implementazione del progetto. La forma giuridica che lesperienza condotta ci fa ritenere possa essere la migliore quella consortile. Il consorzio, per, deve essere, quando possibile, dotato di una autonoma organizzazione, cio non fondarsi totalmente sullapporto dei consorziati. Le attivit da sviluppare, in genere, sono molto complesse ed impegnative richiedendo un coinvolgimento a tempo pieno di chi ne abbia la responsabilit; ci rende necessario dotare la struttura consortile di sue autonome ed esclusive risorse personali.

F. Elaborazione del progetto esecutivo

Il consorzio, quindi, avr il compito di sviluppare il progetto di massima. Le azioni scelte dovranno essere articolate in specifiche attivit con la definizione di obiettivi precisi e misurabili e, soprattutto, con lindicazione dei tempi e dei costi necessari per

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Attivit

Descrizione la realizzazione di ogni attivit. Lelaborazione del progetto esecutivo il primo atto formale con il quale ci si gioca la credibilit. La proposta progettuale inizialmente sviluppata deve essere resa esecutiva, chiara nelle finalit e nelle modalit di esecuzione; tale approccio fugher ogni eventuale dubbio ancora esistente tra operatori coinvolti e dar una forte accelerazione al processo aggregativo dei ritardatari.

G. Implementazione delle Attivit

Non meno determinante la fase di implementazione delle attivit. Durante il complesso processo di promozione delliniziativa si sono generate delle forti aspettative in capo agli operatori; tali aspettative non devono essere tradite. Un primo momento importante, come gi detto, la progettazione esecutiva, ma ancora pi importante lesecuzione delle attivit, esecuzione che deve rispettare fedelmente quanto promesso.

H. Monitoraggio dei risultati

In itinere della esecuzione del progetto, determinante monitorare costantemente il grado di conseguimento dei risultati previsti, sia in termini qualitativi, sia quantitativi. E necessario predisporre procedure di verifica ci al fine di evidenziare per tempo eventuali scostamenti e procedere, quindi, alla revisione delle attivit. Tale processo iterattivo lunico che assicura un costante miglioramento della qualit dellazione del consorzio.

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Ci premesso, si ritenuto mettere a fuoco quei fattori che fosse possibile controllare in maniera pi o meno diretta, quali appunto: Le problematiche derivanti dal processo di trasformazione della struttura distributiva; Le recenti innovazioni legislative introdotte con la riforma Bersani. In tale ottica, lintervento si focalizzato nel fornire adeguate soluzioni ad alcune delle seguenti problematiche: Scarsa dotazione dei moderni strumenti di comunicazione ed informatizzazione; Bassa propensione allassociazionismo; Scarso utilizzo degli strumenti di promozione e comunicazione. Lanalisi effettuata sulla struttura della citt di Viterbo ha evidenziato lesistenza di una molteplicit di esigenze ed una sorta di inerzie da parte delle competenti Amministrazioni Comunali, che si ritenuto dovessero trovare adeguata soluzione in unottica di reale rilancio del settore commerciale inteso in senso lato. Lintervento, quindi, si posto come obiettivo generale quello di favorire lo sviluppo commerciale delle aree del Centro Storico di Viterbo e di sviluppare sempre pi la logica del polo commerciale urbano . Il progetto, quindi, si pone i seguenti obiettivi specifici: Favorire la creazione nelle aree commerciali del centro storico di Viterbo, di soggetti economici di tipo consortile che consentano il massimo di aggregazione degli operatori commerciali e che possano, quindi, avviare politiche comuni di sviluppo; Dotare la struttura distributiva di nuovi strumenti di competizione (commercio elettronico, comunicazione, realizzazione di sistemi di fidelizzazione della clientela, valorizzazione dei siti e delle strutture), al fine di poter rappresentare sempre pi elemento di attrattiva per il cliente finale. Le specifiche esigenze rilevate e gli obiettivi generali che si intendono perseguire hanno consentito di individuare le tipologie di intervento con riferimento ai seguenti elementi comuni: 1. Incentivare la cooperazione tra le piccole imprese commerciali attraverso iniziative consortili, realizzate dalle medesime; 2. Riqualificazione della struttura distributiva; 3. Integrazione della struttura distributiva.

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Ci allo scopo di: Massimizzare lefficacia dellintervento (favorevole rapporto spesa pubblica/vantaggi per i beneficiari). Questo in quanto gli incentivi sono rivolti ad iniziative congiunte di pi PMI, il che consentir di agevolare un gran numero di imprese con pochi interventi mirati in favore di organismi consortili. Daltra parte, la cooperazione consente alla singola PMI sia di avviare iniziative impegnative altrimenti non realizzabili in proprio, sia di contenere linvestimento necessario per la realizzazione di ciascuna iniziativa, grazie alle economie di scala e di costi. Consentire un rapido utilizzo delle risorse. Il vantaggio legato alla possibilit di poter finanziare poche iniziative massimizzando le risorse disponibili ed evitando la ripartizione in pi programmi disgiunti. Consentire una agevole gestione del progetto complessivo. Anche in questo caso, il vantaggio discende dal numero limitato di interventi sui quali si articolata la proposta. Inoltre la riuscita dellintervento garantita dalla professionalit e competenza del Centro Assistenza Tecnica. Consentire una agevole valutazione dellefficacia dellintervento. La valutazione resa particolarmente agevole dal fatto che gli interventi previsti sono limitati nel numero.

Le modalit Implementative L esigenza principale che si voluto soddisfare nella definizione delle attivit da implementare stata quella di ideare un progetto che fosse allineato rispetto ai bisogni ed alla necessit delle PMI commerciali, pur salvaguardando le linee programmatiche di fondo stabilite dal Ministero. In tale ottica, il processo di definizione delle specifiche azioni da sviluppare stato molto complesso ed ha necessitato di una fase iniziale di analisi delle necessit/bisogni delle PMI commerciali dellarea individuata. La realizzazine del progetto sar articolata in tre fasi principali:
FASE 1 - Progettazione esecutiva degli interventi; FASE 2 Implementazione delle attivit; FASE 3 Animazione e diffusione dei risultati.

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FASE 1 Progettazione esecutiva La costruzione del progetto, ovvero lidentificazione delle specifiche azioni da sviluppare a livello locale, stata effettuata partendo da una puntuale analisi delle specificit territoriali, ci al fine di identificare azioni perfettamente tarate sui bisogni delle realt oggetto dellintervento complessivo. Le attivit di analisi sono state condotte mediante: una prima rilevazione, nelle principali aree di interese, dei bisogni specifici cui dare soluzione mediante la erogazione di eventuali risorse finanziarie; rilevazione dei dati ed informazioni attraverso la rete di PMI commerciali facenti capo a Confesercenti. La definizione delle singole Azioni stata effettuata esclusivamente sulla base della rispondenza delle medesime agli obiettivi ed ai principi in precedenza evidenziati (cooperazione tra PMI, fabbisogno specifico e definibile). Sulla base, quindi, di tale impostazione metodologica, lintervento si focalizzato sulle seguenti azioni:

Azioni finalizzate alla realizzazione di servizi comuni attraverso iniziative di tipo consortile

Azioni finalizzate alla riqualificazione della struttura distributiva nellarea urbana identificata

MISURA 1

La Misura 1 (realizzazione di servizi comuni) prevede una incentivazione, mediante erogazione di un contributo a fondo perduto, per la realizzazione di consorzi tra PMI commerciali finalizzati a realizzare iniziative congiunte di rivitalizzazione delle aree urbane interessate dallintervento proposto.. Il beneficiario di tale azione, sar il consorzio ubicato nel centro storico di Viterbo caratterizzato dal massimo di rappresentativit della struttura distributiva locale.

MISURA 2

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Le iniziative ammissibili a contributo saranno rappresentate da interventi volti a favorire la realizzazione di servizi comuni, quali in particolare, quelli descritti di seguito.

Iniziative

Obiettivi Specifici

Realizzazione di un sito Web e messa in rete delle imprese consorziate

{
{
{ { {

Presenza su Internet del consorzio Predisposizione di una struttura multimediale per lavvio del commercio elettronico (E-Commerce) Realizzazione di un network informatico per favorire la comunicazione orizzontale tra i commercianti in rete e la comunicazione verticale tra consorzio e commercianti consorziati.

Interventi di fidelizzazione della clientela

Incentivazione della frequenza di acquisto nellarea di interesse e conseguente realizzazione di un legame di tipo stabile tra gli operatori commerciali della zona ed il cliente finale. (Fidelizzazione)

Realizzazione di percorsi commerciali guidati

Creazione di itinerari commerciali personalizzati per i clienti, sviluppati in base alle loro esigenze di spesa ed alla tipologia di acquisti da effettuare.

Definizione di linee guida per la riqualificazione della struttura distributiva

Miglioramento delle strutture distributive dei commercianti aderenti al consorzio secondo linee guida per una omogeneizzazione dellofferta da un punto di vista strutturale.

Realizzazione di unimmagine comune e di attivit promozionali

Costituzione di unimmagine commerciale comune al fine di presentarsi al consumatore finale in maniera unitaria e di aggredire il mercato secondo una logica di cooperazione.

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La Misura 2 (incentivazione alla riqualificazione della struttura distributiva) preveder la concessione, in favore delle PMI commerciali e dei pubblici esercizi dellarea di interesse, di agevolazioni finanziarie finalizzate alla realizzazione di interventi di riqualificazione strutturale degli esercizi commerciali, oltre che allattivazione di servizi innovativi di vendita. I beneficiari di tale misura saranno le piccole e medie imprese commerciali e le agenzie di viaggio e turismo, ubicate nellarea oggetto dellintervento. Le iniziative ammissibili alle agevolazioni potrebbero rientrare nei seguenti ambiti dintervento: - realizzazione di siti Web per la promozione delle merceologie vendute; - realizzazione di una rete di collegamento telematica tra due o pi operatori; - adeguamento alle esigenze di riqualificazione ambientale delle vetrine e delle insegne - acquisto di arredi ed attrezzature; - realizzazione di iniziative promozionali. Il meccanismo che si definito per la identificazione delle imprese beneficiarie preveder la pubblicazione di specifici inviti a presentare proposte, adeguatamente pubblicizzati mediante inserzioni sulle principali testate nazionali e locali, la realizzazione e messa in rete di siti di promozione delliniziativa e soprattutto mediante una intensa attivit di divulgazione svolta dalle sedi territoriali di Confesercenti. Considerando poi leventuale dotazione finanziaria messa a disposizione da parte del Ministero e della volont di ottenere il massimo di ricaduta sulle PMI coinvolte nel progetto, si dovr decidere, per i progetti singoli delle PMI commerciali, di stabilire un tetto massimo di spesa e, quindi, di contributo ottenibile.

FASE II Implementazione delle attivit


La fase pi delicata del processo di sviluppo del Progetto stata quella di implementazione; ritenuta strategica per volont del soggetto intermediario di ottenere la massima partecipazione da parte delle realt economiche locali. Il processo implementativo si articoler nelle seguenti fasi principali.

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Attivit

Attuazione

Animazione sul territorio

Cat Confesercenti


Accoglimento Domande


Erogazione Agevolazioni

Il coinvolgimento possibile solo se si riescono a trasferire con chiarezza gli obiettivi dellazione progettuale nel suo complesso e soprattutto se si coinvolgono le forze sociali ed economiche nellarticolato processo di definizione delle specifiche azioni da implementare.

Istruttoria e Selezione domande

Sportello Informativo

Confesercenti

Cat

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Lobiettivo sar quello di far sentire i singoli beneficiari parte integrante ed attiva del Progetto. Per ottenere tale risultato, prima dellavvio dellattivit, il responsabile della Confesercenti Provinciale avr avviato un articolato programma di animazione; animazione effettuata porta a porta, cos come nella pi sana tradizione sindacale. In sintesi le attivit di animazione saranno consistite in:

a) realizzazione di incontri e seminari b) attivazione di sportelli informativi; c) realizzazione di incontri personalizzati; d) predisposizione di materiale informativo; e) elaborazione di questionari di rilevazione dei bisogni locali; f) coinvolgimento degli imprenditori maggiormente rappresentativi nelle attivit di animazione.
Un secondo momento molto importante del processo di sviluppo del progetto sar quello di costante affiancamento, durante la fase di predisposizione delle idee progettuali, agli operatori commerciali ed alle strutture consortili interessate dalliniziativa. La Confesercenti Provinciale di Viterbo, infatti, istituir presso la sede interessata una serie di sportelli informativi che siano in grado di chiarire eventuali dubbi interpretativi circa la normativa di riferimento e le modalit di predisposizione e valutazione dei progetti. Tali sportelli costituiranno un accreditato punto di riferimento per gli operatori locali per la identificazione delle pi coerenti ed efficaci iniziative da sviluppare a livello locale. La Confesercenti Provinciale di Viterbo svolger, inoltre, il ruolo di interfaccia con i potenziali beneficiari delle azioni per lacquisizione delle domande di finanziamento e per una prima verifica formale del rispetto delle prescrizioni contenute negli inviti a presentare proposte. Le fasi di Valutazione e di Istruttoria delle proposte progettuali presentate saranno effettuate dal CAT (Centro di Assistenza Tecnico), quale soggetto intermediario accreditato dal Ministero. Le domande di agevolazione presentate saranno selezionate sulla base dei seguenti criteri di priorit:

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a) coerenza con gli obiettivi dellintervento; b) coerenza interna delle diverse azioni ipotizzate dal beneficiario; c) rispondenza alle diverse prescrizioni formali indicate; d) congruit delle spese previste rispetto alle quotazioni correnti di mercato; e) qualit del progetto;
In relazione al complesso dei punti evidenziati, sar attribuito a ciascun parametro un punteggio, la cui somma consentir di definire un valore unitario di valutazione. A seguito dellistruttoria dei progetti, che si svolger sulla base dei criteri definiti, sar emessa e pubblicata una graduatoria di quelli ammessi e finanziati.

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Il Centro commerciale Naturale nellottica dello sviluppo locale


Patrizia Germini
Il contesto di riferimento nellambito del quale nasce e si sviluppa il concetto, dal quale derivano le sperimentazioni e le esperienze dei Centri Commerciali Naturali, da identificare negli studi sullo sviluppo locale portati avanti dalla Commissione Europeaa partire dalla seconda met degli anni 90 del secolo scorso. Infatti, nel Gennaio 1997 viene inaugurato in Belgio, nella citt di Charleroi il primo town centre manager (Centro Commerciale Naturale) del Belgio, con il compito di sviluppare un partenariato pubblico privato e di avviare azioni di miglioramento dellimmagine cittadina. Questa esperienza, che pu essere definita una prima tappa della sperimentazione europea, ha comportato la definizione dei modelli concettuali di riferimento e la diffusione di pratiche ed esperienze che lItalia ha saputo mutuare e realizzare in diverse regioni italiane. Lo sviluppo locale viene definito come : un processo collettivo dinnovazione territoriale iscritto in una prospettiva temporale durevole. Esso si radica in un territorio pertinente, ne federa e organizza in rete gli attori pubblici e privati, la societ civile organizzata e gli abitanti, e li forma ad una cultura comune di progetto la cui finalit il benessere economico, sociale, ambientale e culturale della collettivit e la cui centralit lessere umano (Dominique Paul Decoster,2002 ). Come facilmente ravvisabile, questa definizione contiene e combina diversi elementi, interagenti fra loro, tutti ugualmente importanti e necessari. Nel 1998, la relazione della Commissione Europea sullutilizzo dei Fondi Strutturali, analizzando le azioni e gli interventi finanziati dai Fondi proprio secondo il contributo apportato in favore dello sviluppo locale, decise di affrontare il tema dello sviluppo locale soprattutto come processo di sviluppo economico, applicato su un territorio omogeneo, generalmente pi limitato della regione, e gestito da diversi protagonisti locali nellambito di un partenariato. Con la sua azione integrata sulle strutture e sui comportamenti socioeconomici, tale processo mira alla valorizzazione delle risorse locali consentendo di creare o di mantenere posti di lavoro stabili generati dai settori privato, associativo o pubblico e valorizza le pratiche creative e i comportamenti innovativi basati sulla responsabilizzazione, la creativit e lo spirito diniziativa. Da questa impostazione deriva direttamene la definizione che un azione di sviluppo locale , dunque, unazione di carattere muldimensionale, organizzata orizzontalmente per superare e trasgredire le barriere settoriali convenzionali e coinvolgere direttamente e responsabilmente gli attori locali nel processo di sviluppo.

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Il CENTRO COMMERCIALE NATURALE identificandosi precisamente allinterno dei confini concettuali dello sviluppo locale ne diviene strumento concreto per la realizzazione degli obiettivi dello stesso . Infatti, Il Centro commerciale naturale (Town Center Management) una struttura multidimensionale che mira alla valorizzazione del centro delle citt , alla promozione dei servizi ai cittadini, allo sviluppo del sistema economico di riferimento naturale, quale forma di aggregazione tra pubblico e privato in cui il prodotto-bene-servizio offerto al mercato, rappresentato dallinsieme delle strutture, servizi offerti dal centro-cittadino e le attivit imprenditoriali presenti sul territorio del Comune. Questo nuovo prodotto, ha un mercato principalmente interno costituito prima di tutto dagli stessi cittadini e da quelli delle realt limitrofe ed attraverso un piano di marketing ben strutturato, pu essere esportato, diventando, anche un prodotto di promozione turistica del territorio . La nostra idea di sviluppo locale

Necessaria per sviluppare i CENTRI COMMERCIALI NATURALI con parole chiave quali: INTEGRAZIONE, RESPONSABILITA, PARTECIPAZIONE, INNOVAZIONE , SVILUPPO e PROMOZIONE

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Progetto di comunicazione: il Claim


Paolo Ottone Non molto semplice predisporre una campagna di comunicazione che supporti la nuova idea di Centro Commerciale Naturale in maniera efficace e soprattutto economica. Naturalmente la difficolt maggiore il numero di soggetti che viene coinvolto nella Campagna stessa. Per questo motivo direi che la soluzione migliore sia quella di comporre la Campagna Marketing in pi fasi ascendenti individuando le operazioni di settore da effettuare nelle varie fasi e di step ben definiti i quali possano essere supportati da dati significativi di controllo. Fase generale principale: Costituzione dellAssociazione Individuazione del logo Individuazione del Claim Sito Internet Produzione del logo autoadesivo Produzione di cartellonistica Step trimestrali di controllo L accoglienza verso il Cliente Il Cliente : nostro unico patrimonio ed il cui obiettivo di questa associazione la sua fidelizzazione completa allidea del Centro Commerciale Naturale. Il nostro impegno principale passa per la riqualificazione delle attivit e nella creazione di attrattori che permettano ai piccoli esercizi di competere con i grandi centri commerciali, impossessandosi di quei prodotti di nicchia che poco interessano alla grande distribuzione. Costituzione dellAssociazione un atto puramente formale ed amministrativo che esula da questa sede.

Individuazione del logo Nelle pagine seguenti in appendice compaiono due proposte alternative che vogliono essere uno spunto per comprendere se avvenuta in maniera efficace la comunicazione. Motivo trascinante di tutta la Campagna si ritiene debba essere il simbolo del bersaglio, ormai identificato in tutta la segnaletica internazionale come

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Centro e quindi facilmente interpretabile come primo impatto sulla figura generale del logo. Il primo esempio prende spunto dallidea di fluidit e semplicit di fare un percorso e quindi di arrivare al centro dove si viene avvolti da un ipotetico abbraccio che laccoglienza degli esercenti stessi nei confronti del Cliente; dobbiamo dare unimmagine che renda la tranquillit e laccoglienza la parte fondamentale del messaggio. Il Centro deve essere tranquillo, rilassante e quindi creare i presupposti nel Cliente dellacquisto. Difficilmente si compra del voluttuario o si passeggia per shopping, (ed oggi anche una semplice maglia pu esserlo), se esistono delle condizioni di stress emotivo forte o di aggressivit. Nel secondo esempio alle onde ed alla strada stilizzata sostituiamo delle pi istituzionali frecce che danno forse un aspetto pi duro , ma pi classico e forse meno innovativo. Anche in questo esempio frecce e bersaglio sono logotipi ben definiti e conosciuti. Per ultima, la scelta dei colori, che non casuale. Sono i tre colori fondamentali (Ciano, Giallo e Magenta) per mezzo dei quali alla minima saturazione si ottiene il bianco che sinonimo di luce quindi di qualcosa che comunque tranquillizza e ben dispone. E come presentare una rinascita dal buio in cui il Centro precipitato da anni, per correre verso la luce.

Individuazione del Claim Il Claim in termini pubblicitari il motivo conduttore della campagna ed proprio nello spirito di accoglienza, tranquillit che si voluto quasi giocare con le parole (Centro ; Centro) e con il simbolo dl Centro. Questo gioco riteniamo possa essere molto efficace dal punto comunicazionale. Potremmo ad esempio in una prefase antecedente liniziativa Centro Commerciale Naturale di Viterbo , produrre delle affissioni che spezzino il Claim in due parti :Centro Dentro. Senza dare spiegazione alcuna Ormai ben sappiamo che la curiosit la forma pi efficace di comunicazione e distorcere i messaggi in maniera incomprensibile suscita non solo curiosit, ma voglia di evento. Per il resto le altre opzioni del claim sono delle variazioni sul tema per rendere pi penetrante la comunicazione. Un discorso a parte merita il secondo claim che vuole essere invece un messaggio pi forte che identifichi con caos le situazioni precedenti ( i maligni possono anche pensare al caos allinterno di un Centro Commerciale tradizionale od un ipermercato), ma che soprattutto indica che il business (laffare) non lo fa lesercente, ma il Cliente stesso: viene indicato fortemente :il tuo business.

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Sito Internet E ormai obbligatorio che in rete si debba rendere pubblico quello che nella nostra citt gli esercenti stanno facendo per incrementare il Centro Commerciale Naturale . Quindi si propone di dichiarare un dominio come centrodentro.it o similare. Il sito deve essere semplice, di facile navigazione, descrittivo delle varie attivit divise per zone ben identificabili (produzione di percorsi), con ben evidenziata la storia vera di quel tratto di strada individuando in maniera specifica la tipicit ed il perch lo si deve visitare. Link ed accordi con portali potranno prodursi in visibilit piena e quindi offrire un canale in pi di penetrazione commerciale. Molto importante sar negli Step di controllo successivi considerare le visite e le permanenze sulle pagine per mezzo di strumenti di controllo come i grafici, che aggiunti a delle schede informative che gli esercenti ci daranno, in maniera univoca i risultati almeno degli sperabili aumenti di presenze sul territorio del Centro Commerciale Naturale.

Produzione del logo autoadesivo Sar un marchio di appartenza allAssociazione e dovr contribuire cos a sensibilizzare la clientela verso un esercizio che ha aderito al protocollo del Centro Commerciale Naturale di Viterbo.

Produzione di stampati Locandine, manifesti, folder e quanto altro a temi variabili per stagioni ed eventi (in fondo non rifacciamo la vetrina ogni tanto?). Questo ci permetter di modulare la comunicazione anche in funzione dei fondi disponibili.

Step trimestrali Saranno il controllo dei risultati sul campo e dovranno verificare : presenze ed incrementi di vendita anche per permettere a chi si occuper della comuncazione di atuare gli interventi necessari in base a dati ben definiti. Importante sar lo Step trimestrale di pianificazione della campagna trimestrale sucessiva (pu essere anche la stessa).

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L accoglienza verso il Cliente Questo un punto molto importante : il Cliente che si ritiene ben accolto e ben servito difficilmente non torna. Potranno essere messe in campo iniziative come ad esempio le degustazioni di benvenuto, le caramelle sul banco, la scatola di fiammiferi in omaggio o quanto la fantasia potr proporci.

Studio del Logo

Il Logo

La scelta dei colori non avviene a caso... Sono i componenti della luce che invade il Centro Commerciale Naturale e d un senso di vita nuova: torna a risplendere

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Studio del Claim

Centro dentro dentro il centro

Deve essere importante e nello stesso tempo dire e non dire. Colpire la fantasia con il gioco delle parole: fare Shopping nel Centro Commerciale Naturale dare via libera alla fantasia, rilassarsi, essere accolti e perch no, scoprire e giocare?

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i marchi e lo sviluppo del territorio


Stefano Poponi
Lo sviluppo economico sociale delle aree urbane e delle aree locali territoriali, sta dando vita, nel nostro paese, ad un fenomeno di competizione tale da spingere gli imprenditori ad attuare strategie di differenziazione dalle aree concorrenti. La centralit delle aree urbane dovuta alla loro attitudine e capacit rivolta alla creazione di ricchezza e lavoro sta perdendo tuttavia quel ruolo di leadership assunto nel tempo, mostrando delle difficolt nel rinnovare e mantenere le stesse condizioni interne di sviluppo. Le imprese e le attivit commerciali trovano la loro collocazione naturale nelle aree dove esistono le condizioni economiche e gestionali migliori, e la localizzazione degli investimenti produttivi legata alle opportunit e specificit offerte dalle diverse aree geografiche rispetto alle caratteristiche dellinvestimento stesso. In questo senso le condizioni ambientali vanno ad assumere un ruolo critico nella strategia di sviluppo produttivo delle aziende, sulle quali pesano: - i cambiamenti tecnologici che hanno stravolto i confini merceologici dei prodotti; - lentrata di nuovi concorrenti; - lintroduzione di nuovi fattori critici di successo; - decisioni politiche, nazionali o locali, in grado di influenzare le condizioni economiche di unarea; Lobiettivo prioritario delle aree urbane diviene il rafforzamento della competitivit economica. Le opportunit e le modalit di sviluppo di ciascuna area sono sempre pi legate alle caratteristiche strutturali e alle scelte dei territori limitrofi con i quali essa interagisce direttamente o indirettamente. Il confronto competitivo non avviene pi solo allinterno di aree urbane rigidamente distinte per densit dagglomerazione, ma attraverso il mantenimento e rafforzamento delle condizioni di sviluppo del territorio basate su interventi di tipo strategico e operativo, ideati, sviluppati e implementati direttamente a livello locale. Da queste considerazioni nasce lidea di sviluppare un centro commerciale naturale che consenta la valorizzazione e riqualificazione del tessuto urbano e storico ambientale e sia in grado di dare un impulso economico. LA COMPETIZIONE DEL CENTRO COMMERCIALE NATURALE Il Centro Commerciale Naturale un insieme di attivit commerciali, riconducibili a diversi settori merceologici, che trovano collocazione allinterno di aree urbane geograficamente identificate. Favorire lo sviluppo di questa particolare area allinterno di un contesto territoriale

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estremamente competitivo non pu essere perseguito attraverso il solo risanamento conservativo, che in maniera indifferenziata vincola lintera area di riferimento, ma attuato attraverso una programmazione unitaria che risponda alle caratteristiche e alle problematiche del territorio. La competizione del Nostro territorio di riferimento si deve sviluppare attraverso la creazione ed il rafforzamento delle condizioni strutturali che favoriscono il potenziamento della struttura delle aziende locali e della loro posizione nel mercato locale, ma al tempo stesso essere capaci di influenzare le dinamiche di riorganizzazione delle opportunit di creazione della ricchezza. La competizione tra aree geografiche si manifesta nello sforzo di attrarre sul proprio territorio quelle condizioni che favoriscono la produzione delle risorse migliori per lo sviluppo del territorio stesso e si sostanzia in un doppio confronto, quello relativo allacquisizione delle risorse (opportunit rivolte alla creazione di ricchezza), e quello che riguarda lattivazione di processi interni che consentono la trasformazione delle risorse acquisite in altre risorse con maggior potenziale di sviluppo. Non possiamo perseguire la crescita attraverso il semplice incremento degli investimenti e dei consumi, ma bisogna costruire quelle condizioni che consentono larricchimento delle risorse disponibili nellarea e le capacit che siano in grado di rinnovarle nel medio e lungo termine. Sviluppare una strategia competitiva per il Centro Commerciale Naturale deve quindi, avere alla base unattenta analisi dellinsieme delle caratteristiche locali per comprendere quale tipo di risorse e quali modalit di loro acquisizione consentono allarea geografica di accrescere il valore dellesistente e delle capacit interne di sviluppo, delineare delle strategie di crescita che siano basate sulle conoscenze e competenze distintive, che sappiano sfruttare tali conoscenze e creare le condizioni per il loro progressivo arricchimento, trasformando le risorse di conoscenza in fattori di sviluppo. Il potenziamento dellarea deriva dalla focalizzazione degli impegni strategici e finanziari sulle sue condizioni di forza attuali o sugli aspetti almeno legati allofferta esistente. Queste condizioni derivano dal patrimonio di conoscenze detenuto dallinsieme di soggetti che operano allinterno del territorio ed quindi sulla valorizzazione di questo patrimonio che opportuno siano concentrati gli investimenti. Lobiettivo del Centro Commerciale riguarder da un lato il rafforzamento dei meccanismi di autogenerazione del patrimonio di conoscenza esistente e nella creazione delle condizioni ambientali, dallaltro lo sviluppo delle condizioni ambientali che favoriscano il funzionamento di tali meccanismi. A tal riguardo una strategia competitiva di successo dovrebbe essere

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focalizzata sui seguenti fattori: 1. la dimensione economica, basata su quei fattori di specializzazione produttiva/distributiva tale da favorire la leadership dellarea in questione. In questo contesto risulta necessaria la valorizzazione degli elementi di forza del territorio facente parte il Centro Commerciale Naturale e focalizzare lo sviluppo economico del luogo verso quelle attivit dove hanno maggiore incidenza i fattori di vantaggio competitivo. 2. la dimensione ambientale, che fa affidamento sulle esternalit positive e sulla qualit ambientale con un esplicito riferimento a quegli elementi che mirano al miglioramento della vita quotidiana delle persone, alla fruibilit dei luoghi, alla vivibilit fisica degli spazi, nonch alla crescita di una riconoscibile identit culturale. 3. la dimensione dellappartenenza, rivolta alla creazione di unarea (il Centro Commerciale Naturale) che faccia parte di un raggruppamento geostrategico che venga riconosciuto e percepito come tale. In questa fase di fondamentale importanza risulta la creazione di un Marchio che dia visibilit allarea di appartenenza delle diverse realt produttive e commerciali, e sia sinonimo di qualit e di sviluppo locale. IL MARCHIO La creazione dellidentit del centro commerciale naturale attraverso la valorizzazione del territorio, dei suoi prodotti e dei suoi servizi rappresenta una precondizione per lo sviluppo e la riqualificazione dei Centri Storici e trova nel marchio il principale strumento per la sua attuazione. nel marchio che risiede la capacit di generare una nuova forma di competizione dal punto di vista qualitativo ed offrire nuove opportunit di comunicazione con il consumatore/turista e con gli operatori commerciali lungo tutta la filiera di produzione. Investire su un percorso di valorizzazione consente di differenziare il prodotto/servizio offerto e potrebbe rappresentare una leva capace di generare opportunit per lintero sistema. I clienti potrebbero infatti essere portati a preferire i prodotti cos valorizzati, ed a sua volta tale scelta potrebbe tradursi in una fidelizzazione nellacquisto. Pertanto la valutazione e la cura dellimmagine del territorio attraverso la promozione di un marchio deve essere rivolta a trasferire nelle persone un senso di unicit e qualit dei prodotti/servizi turistici proposti, in cui la riconoscibilit rappresenta il risultato finale, frutto dellinterazione delle forze presenti e perseguita attraverso unadeguata comunicazione ed informazione commerciale che consenta di distinguere e percepire il vero valore di un prodotto/servizio. Il valore economico del marchio viene inoltre ricondotto alla riconoscibilit,

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alle prestazioni, alle soddisfazioni ed emozioni nel consumo. Valori, questi, che devono essere particolarmente incisivi nella sua affermazione, privilegiando laffidabilit degli operatori commerciali, gli elementi di rappresentazione e gratificazione, e la condivisione di sfere di valori. In questo senso lobiettivo di creare un marchio che possa essere utilizzato sia per la promozione turistica che per quella dei prodotti locali, anche se le due esigenze possono presentare elementi di diversit. Se nel caso di un prodotto relativamente agevole individuare i parametri oggettivi che possono interessare e persuadere lacquirente, che a sua volta appartiene in genere a categorie molto ristrette e definite, la promozione di unarea, il centro commerciale naturale, sotto il profilo turistico, invece destinata a un pubblico pi vasto, in cui la soddisfazione delle attese dipender esclusivamente dalla qualit del servizio offerto. Il marchio sar comunque tanto pi efficace quanto pi riuscir ad evocare sensazioni o ricordi piacevoli, o a richiamare eventi o immagini note e interessanti e di associare il prodotto che reca il marchio a una immagine positiva che prometta il soddisfacimento delle aspettative espresse e implicite del potenziale Cliente. I marchi collettivi sono quelli che meglio si prestano ad assolvere tale funzione e che per definizione sono diretti ad identificare e distinguere prodotti in ragione delle caratteristiche e qualit stabilite preventivamente dal titolare del marchio; essi rappresentano il mezzo per lidentificazione del prodotto per gli operatori concessionari e costituiscono per i consumatori la garanzia del livello qualitativo raggiunto, riscontrato in maniera esplicita allinterno del disciplinare di produzione, e verificabile da parte di un organismo di controllo di parte terza. I marchi collettivi possono essere classificati in diversi modi: - in funzione dei prodotti coperti dalluso del marchio; in tal caso si parla di marchi unisettoriali ( che interessano prodotti di un unico genere) oppure plurisettoriali (nel caso di prodotti di genere diverso); - in funzione della titolarit del marchio; in tal caso si parla di marchi collettivi pubblici, quando il titolare del marchio rappresentato da un ente pubblico, e di marchi collettivi privati, quando il titolare un soggetto privato. Il marchio collettivo privato, generalmente affidato ad un Consorzio, rappresenta la forma pi idonea per la crescita del Centro Commerciale Naturale, perch meglio si identifica con le tipologie e le variet di servizi offerti, e consente, al tempo stesso, di ripartire tra i soggetti che ne traggono vantaggio, la consistente spesa destinata a darevisibilit ed efficacia al marchio. Tale forma di attribuzione pu esporre il Centro Commerciale Naturale al

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rischio di concederne luso ad una molteplicit di operatori non qualificati. In questo modo si annullerebbero, in breve tempo, gli effetti positivi di una campagna di informazione basata su qualit e credibilit, snaturando il fine ultimo del marchio stesso. Intervenire sulla definizione e valutazione di parametri e requisiti oggettivi allinterno di un disciplinare risulta una delle priorit del Centro Commerciale Naturale. Inoltre, associare al marchio di qualit la certificazione ISO 9001:2000 e la ISO 14001:2004 potrebbe consentire una pi ampia diffusione del valore del marchio in funzione della terziet e dellindipendenza assicurata dalladozione del marchio ISO.

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il city manager e il centro commerciale naturale


Luigi Palumbo Il City Manager: lesperienza italiana In Italia la figura del Direttore Generale (o City Manager, secondo lidea di origine angloamericana) stata introdotta dal comma 10 dellarticolo 6 della legge 127/97, la cos detta Bassanini bis, che recita: Il sindaco nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti e il presidente della provincia, previa deliberazione della giunta comunale o provinciale, possono nominare un direttore generale, al di fuori della dotazione organica e con contratto a tempo determinato, e secondo criteri stabiliti dal regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi, che provvede ad attuare gli indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dellente, secondo le direttive impartite dal sindaco o dal presidente della provincia, e che sovrintende alla gestione dellente, perseguendo livelli ottimali di efficacia ed efficienza. (Omissis) A tali fini, al direttore generale rispondono, nellesercizio delle funzioni loro assegnate, i dirigenti dellente, ad eccezione del segretario del comune e della provincia. Il direttore generale revocato dal sindaco o dal presidente della provincia, previa deliberazione della giunta comunale o provinciale. La durata dellincarico non pu eccedere quella del mandato del sindaco o del presidente della provincia. Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti consentito procedere alla nomina del direttore generale previa stipula di convenzione tra comuni le cui popolazioni assommate raggiungano i 15.000 abitanti. In tal caso il direttore generale dovr provvedere anche alla gestione coordinata o unitaria dei servizi tra i comuni interessati. Quando non risultino stipulate le convenzioni previste dal comma 3 e in ogni altro caso in cui il direttore generale non sia stato nominato, le relative funzioni possono essere conferite dal sindaco o dal presidente della provincia al segretario. La norma si colloca allinterno di un contesto di interventi volti a promuovere la razionalizzazione dei rapporti tra organi politici e dirigenza negli Enti Locali. Il Direttore Generale si pone come elemento di raccordo tra gli organi politici e la struttura burocratica, rispetto alla quale assume una posizione apicale, con il compito di tradurre gli obiettivi politici in strategie gestionali e di coordinare in maniera organica le attivit amministrative. Le intenzioni del legislatore erano quelle di dare un nuovo indirizzo alla gestione amministrativa degli Enti locali: se prima bastava la corretta e rigorosa applicazione delle leggi e la capacit degli amministratori di amministrare in modo corretto le risorse a loro assegnate, da quel

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momento agli amministratori venne richiesto di ottimizzare lutilizzo delle risorse disponibili, perseguendo al contempo i risultati prefissi. Pi che di concetto di City Manager si pu parlare di processo di sviluppo del City Management, nel senso di attivit capace di gestire la citt e focalizzata sia sul miglioramento continuo dei risultati raggiunti che sulla puntuale verifica della loro validit economica5. In questo percorso, il City Manager si inserisce come elemento propulsore, particolarmente recettivo rispetto ai temi dellinnovazione e del cambiamento, chiamato a contribuire a questa attivit. Sotto il profilo contrattuale, la posizione del Direttore Generale stata definita dalla circolare del Ministero dellInterno n. 1 del 15 luglio 1997 come: una figura professionale non contrattualizzata (rectius, avulsa dalla contrattazione collettiva) e, pertanto, sar lo stesso direttore generale a contrattare con lamministrazione la propria retribuzione. A tale facolt fa da contrappeso la possibilit di revoca ad nutum, in relazione al semplice interrompersi del rapporto fiduciario. Ne deriva un rapporto di tipo gerarchico-funzionale tra il direttore generale ed i dirigenti dellente: al primo, limitatamente ai poteri assegnatigli, i dirigenti rispondono nellesercizio delle funzioni loro attribuite I pareri sui risultati dellintroduzione della figura del Direttore Generale sono contrastanti. Da un lato, lAssociazione Nazionale Direttori Generali degli Enti Locali (ANDIGEL), considerando gli studi Ecosistema Urbano di Legambiente, Citt Digitali del Censis e Qualit della Vita de Il Sole 24 Ore, proclama che esiste un significativo rapporto tra essere in testa alle classifiche e avere attivato la figura del direttore generale puro6. Laffermazione viene supportata con il fatto che nelle prime venti posizioni delle suddette classifiche si riscontra una presenza superiore alla media di citt in cui opera la figura del City Manager, mentre lincidenza risulta inferiore alla media nelle citt che occupano le ultime venti posizioni. Daltro canto, la giurisprudenza e la dottrina giuridica sottolineano le molte contraddizioni di una figura nata come vertice amministrativo e tecnico, ma trasformata rapidamente dagli Enti Locali in posizione gestita in maniera politica. La figura del Direttore Generale caratterizzata, infatti, da un forte legame di natura fiduciaria con il Sindaco/Presidente della Provincia, che ha la facolt di disporne la nomina previa deliberazione (non vincolante) della Giunta e leventuale revoca. La durata dellincarico, a tempo determinato e comunque non eccedente il residuo mandato del Sindaco/Presidente della Provincia, un altro elemento che contribuisce a rafforzare il collegamento tra le due figure.
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DI PAOLO Maria I city manager visti da vicino BERTOLA Michele Il ruolo del DG e gli strumenti da utilizzare nella logica di restituzione.

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Questo porta a favorire un travisamento dello spirito con cui il legislatore ha introdotto la figura del Direttore Generale, vista anche la vaghezza con cui sono stati definiti i criteri di attribuzione della nomina e i compiti assegnati al City Manager.

Il City Manager: lesperienza statunitense


Nellesperienza statunitense, fin dal 1908 coesistono principalmente due modelli di amministrazione comunale. Il primo, chiamato elected mayorcouncil (EMC), presenta una posizione dominante del Sindaco, che si pone al vertice delle gerarchie politiche ed amministrative, e un consiglio comunale con limitate funzioni legislative e di controllo. Il secondo, invece, chiamato council-manager (CM) si contraddistingue per la posizione politicamente centrale del consiglio comunale, la funzione puramente cerimoniale del Sindaco ed il completo affidamento della gestione amministrativa del comune ad un City Manager. Questo modello che ha, infatti, molti caratteri in comune con la gestione tipica di una Societ per Azioni si contraddistingue per un taglio decisamente manageriale. Il City Manager, scelto secondo criteri di competenza tecnico-amministrativa ed indipendentemente dallappartenenza politica, non ha una durata in carica fissata per legge. Analogamente allAmministratore Delegato di una societ privata, mantiene la carica fintanto che continua a godere della fiducia del consiglio comunale, indipendentemente dalle vicissitudini politiche. Il City Manager viene, infatti, valutato solamente in base a criteri meritocratici. Questa indipendenza confermata dal fatto che la durata media dellincarico di un City Manager negli U.S.A. 17,4 anni, molto maggiore della durata media di un consiglio comunale (due o quattro anni, secondo le leggi locali)7. Questa durata prolungata consente di condurre politiche di sviluppo di ampio respiro e con ottiche di lungo periodo, senza le periodiche pressioni per la raccolta dei consensi dettate dal susseguirsi delle scadenze elettorali. Molti studi metodologicamente solidi8 hanno dimostrato come il modello CM consenta di raggiungere migliori risultati in termini di efficienza nellutilizzo delle risorse, misurati come livello di utilizzo di risorse in conto capitale9 , e di produrre un pi alto livello di aspettative di sviluppo, misurato attraverso il differenziale positivo del valore degli immobili causato dalla forma di governo adottata10.
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KREFT Steven F. An Efficiency Comparison of City Managers and Elected Mayors. Vedi KREFT Steven F. An Efficiency Comparison of City Managers and Elected Mayors, in cui sono richiamati anche altri precedenti studi. 9 DUFFY-DENO e DALENBERG Do Institutions Matter? An Empirical Note. 10 KREFT Steven F. An Efficiency Comparison of City Managers and Elected Mayors.

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Infine, lappena richiamata efficienza ed efficacia operativa dei City Manager doltreoceano dimostrata anche dal trend crescente di citt che si avvalgono di questa forma di governo e dal perdurare dei rapporti professionali instaurati.

Il City Manager: lesperienza inglese


Lesperienza inglese pu fornire un interessante spunto di riflessione, collocandosi a met strada tra lesperienza italiana e quella statunitense. In Gran Bretagna si sviluppato nel corso degli anni 80 un modello organizzativo per la gestione e la promozione del centro cittadino basato sulla creazione di una societ a partecipazione pubblica, detta Town Partnership. I partecipanti a questa societ sono principalmente gli operatori commerciali e gli Enti Locali, non esclusa la partecipazione dei singoli cittadini o di altri attori interessati. Il peso di ogni partecipazione proporzionale alla quota di capitale versata. Per il funzionamento, la Town Partnership si avvale di un board assimilabile ad un consiglio di amministrazione e di un Town Centre Manager (TCM) con funzioni simili a quelle di un amministratore delegato. Il parallelismo con il modello statunitense council-manager evidente. Il TCM quindi un manager alle dipendenze della societ mista. I suoi compiti sono:
G Gestione

del bilancio; degli interventi di promozione, secondo le direttive del

G Programmazione

board;
G Gestione G

delle relazioni con gli Enti Locali e i fornitori di servizi pubblici;

Coordinamento dei rapporti tra i vari operatori secondo il regolamento stabilito dai soci11.

La figura del TCM quindi pienamente assimilabile a quella di un manager di una impresa privata. Dei risultati della gestione, il TCM risponde al board, che ne determina il perdurare in carica. Se i soci della Town Partenership non sono soddisfatti delloperato del TCM, possono fare pressioni sul board o, in casi estremi, sfiduciare il board e nominarne uno nuovo affinch lo sostituisca. Questo dovrebbe essere sufficiente per garantire che la
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ROSSI Iginio Il commercio e lartigianato dentro le citt.

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permanenza in carica del TCM sia legata allefficienza ed allefficacia del suo operato, piuttosto che ai legami fiduciari propri del Direttore Generale. Le caratteristiche professionali del TCM sono definite dallAssociation Town Centre Management, cio:
G Capacit

di pianificazione e organizzazione; di economia, finanza e distribuzione commerciale; tecnologiche e giuridiche; delle tecniche di comunicazione; politica; alle relazioni interpersonali e collettive;

G Conoscenze G Conoscenze G Conoscenza

G Informazione

G Predisposizione G Carisma

personale12.

I criteri per la scelta del TCM, quindi, dovrebbero prescindere dallappartenenza politica e vertere su considerazioni puramente tecniche e professionali. La partecipazione di soggetti privati alla Town Partenership aiuta a limitare lespansione della sfera di influenza della politica, al contrario di quanto successo in Italia con la figura del City Manager.

Il City Manager: punti critici del modello italiano


Il modello italiano di management cittadino, comparato agli altri, risulta fortemente improntato alla logica del cosiddetto spoil system. Guida politica e vertice amministrativo sono legati strettamente, nei fatti la figura del City Manager si trasforma in un collaboratore fiduciario del sindaco e finisce col perdere ogni forma di indipendenza13. Questo incoraggia fortemente la sostituzione del Direttore Generale a seguito di un cambio dellamministrazione comunale, rendendo cos discontinua lopera di coordinamento ed indirizzamento propria del City Manager.
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ROSSI Iginio Il commercio e lartigianato dentro le citt. Emblematica la posizione del Comune di Erba presentata di fronte alla Corte di Cassazione: Il comune interessato ammette di aver configurato il direttore generale come grande parte di altre amministrazioni locali: un incarico sostanzialmente politico, connotato da un legame fiduciario molto forte tra amministrazione ed incaricato, tanto da non richiedere, appunto, valutazioni sulla professionalit, quanto, piuttosto, sulla coesione con lorientamento politico dellamministrazione in carica. OLIVIERI Luigi Lequivoca figura del direttore generale del Comune, commento allordinanza 12 giugno 2006 n. 13538 della Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili.

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Obiettivi, metodi e strategie sono quindi ampiamente condizionati dalle periodiche scadenze elettorali, perdendo in tal modo quei connotanti di management professionale che le disposizioni del legislatore intendevano impiantare nei processi della Pubblica Amministrazione. Un altro punto da rimarcare riguarda lammirevole intenzione, introdotta con la legge 127/97, di favorire laggregazione gestionale di realt di piccole dimensioni, attraverso la stipula di convenzioni tra comuni con meno di 15.000 abitanti per la nomina di un unico Direttore Generale. Questa lodevole iniziativa, che prende atto della necessit di raggiungere una massa critica minima per la realizzazione di efficaci iniziative di valorizzazione del territorio, viene per frustrata nei fatti dalla regolamentazione del mandato assegnato al Direttore Generale. Infatti, la sua permanenza in carica legata alla permanenza di tutti i sindaci dei comuni convenuti; il venir meno di anche uno solo dei sindaci mandatari o anche la revoca ad nutum da parte di uno di essi determina limmediato decadere del (Multi)City Manager. Pensando ai vantaggi che dei consorzi composti da pi comuni di ridotte dimensioni potrebbero ricavare da una direzione gestionale unitariamente coordinata, diventa difficile comprendere il senso di questa disposizione che determina la precarizzazione della carica di Direttore Generale, se non collegando le esigenze amministrative a considerazioni squisitamente politiche. Infine, i risultati proclamati sulla presunta efficacia delloperato dei Direttori Generali italiani sono derivati da studi dalla metodologia quantomeno discutibile e presentano notevoli carenze informative. Non viene, ad esempio, fornita alcuna comparazione intertemporale per le classifiche utilizzate, rendendo impossibile determinare se la buona performance dei comuni possa derivare da precedenti tradizioni di efficienza amministrativa piuttosto che dallintroduzione della figura del Direttore Generale.

Il management cittadino ed il Centro Commerciale Naturale


La forma di management cittadino sicuramente un elemento determinante per la valorizzazione del potenziale di un comune, a prescindere dalle sue dimensioni. Risulta evidente come il modello gestionale statunitense presenti in generale alcuni vantaggi rispetto a quello italiano, come descritto nel paragrafo precedente. In particolare, andando ad analizzare le dinamiche di gestione integrata del centro cittadino che danno origine ad un Centro Commerciale Naturale (CCN), vedremo come queste differenze si ripercuotono pesantemente sullefficienza e lefficacia delle iniziative intraprese. Innanzitutto, ricordiamo che il CCN viene definito come:

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il complesso di interazioni che si formano e si sviluppano tra i pubblici esercizi, lambiente urbano, storico e paesaggistico e gli utenti dello stesso, siano essi turisti o consumatori14 La sovrapponibilit di tale ambiente con quello del Centro Storico risulta evidente, anzi, ne rappresenta la naturale evoluzione. Il CCN viene indicato come il nuovo soggetto-oggetto di valorizzazione sociale, economica e ambientale del centro cittadino. Inoltre, si pone laccento sulla necessit di una programmazione condivisa degli interventi tra la molteplicit di attori interessati, vale a dire la Pubblica Amministrazione, i cittadini e gli esercenti. Lobiettivo di questa collaborazione soprattutto quello di non depauperare il valore sistemico del centro cittadino allo scopo di restituire ed accrescere la dignit di connettore di esperienze da sempre sottostante ai centri urbani sin dallantichit15. Gi da questa definizione, risulta evidente come il City Manager si trovi in una posizione privilegiata per porre in essere quella funzione di coordinamento necessaria alla programmazione ed alla realizzazione degli interventi legati al CCN. I limiti legati al modello italiano del Direttore Generale evidenziati nella sezione precedente, per, si ripropongono con forza. Lo stretto legame con il potere politico e la precariet della carica forzano il Direttore Generale a perseguire obiettivi di breve termine e a ricercare il consenso in chiave elettorale. In questa ottica, le basi per la costituzione e la gestione del CCN sono molto labili e possono soffrire del turnover degli attori istituzionali. Un modello come quello statunitense pu assicurare maggiore stabilit nel tempo al coordinamento ed allindirizzo delle iniziative. Questo sicuramente contribuisce alla costruzione di un modello di sviluppo sostenibile nel lungo periodo, che possa portare benefici a cittadini, commercianti, turisti ed anche alla stessa Pubblica Amministrazione. In attesa che il legislatore provveda a riformare la figura del Direttore Generale, in maniera da correggere i punti critici sopra descritti, risulta necessario ricorrere ad un modello alternativo, come quello inglese, di gestione che non risulti incompatibile con la normativa vigente. Un punto da non trascurare proprio del modello italiano, inoltre, il potenziale di sviluppo legato alla possibilit di collaborazione tra comuni di piccole dimensioni. Se diventasse possibile rendere stabile la figura di (Multi)City Manager con unauspicata riforma o lutilizzo del modello inglese allargato a pi comuni si potrebbe realizzare una efficace politica
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ROSSI Iginio Il commercio e lartigianato dentro le citt. SANSONE Marcello Confronti metodologici, riflessioni critiche e proposte operative sul Marketing Urbano in ambito internazionale: focus sullorganizzazione e gestione dei Centri Commerciali Naturali in Italia

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di valorizzazione territoriale integrando questo strumento con quello del CCN a rete16. In questo modo player di piccole dimensioni, che non avrebbero la possibilit e la capacit di operare efficacemente disgiunti, riuscirebbero a raggiungere una massa critica sufficiente a realizzare interventi di valorizzazione importanti.

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Vedi lesperienza della Val di Cornia: http://ccnvaldicornia.com

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Il Centro Commerciale Naturale San Martino al Cimino


Folco Cimagalli 1. Premessa
Estate del 2005. Nella sede dellVIII Circoscrizione del Comune di Viterbo si riuniscono una ventina di operatori commerciali del territorio. Non si tratta della prima riunione. Nelloccasione si definiscono i termini di una nascente associazione e vengono ricordati gli obiettivi e le procedure necessarie alla sua costituzione. Dopo un vivace dibattito, nasce lAssociazione Centro Commerciale Naturale (CCN) San Martino al Cimino. In tale momento viene sottoscritto latto costitutivo, adottato lo statuto e viene eletto il Consiglio direttivo, formato da nove soci, tra cui un Presidente, un Segretario e un Tesoriere. Lassemblea decide inoltre di avvalersi di un Direttore tecnico, che svolger attivit di consulenza e di coordinamento. La riunione termina con piena soddisfazione dei partecipanti. Qualche mese pi tardi, alla presenza della stampa, dellAssessore allo sviluppo economico del Comune, dellAssessore al commercio della Provincia, di numerosi esponenti del locale Consiglio circoscrizionale, nonch del Presidente della Confesercenti di Viterbo, avverr la presentazione ufficiale dellassociazione. E nato qualcosa di nuovo a San Martino al Cimino. Ovviamente, non stato (e non ) tutto cos semplice. La nascita di un CCN in un piccolo centro come quello considerato un processo lento, ricco di mediazioni, di azioni di sensibilizzazione e di molto lavoro. Si tratta di unopera portata avanti da alcuni pionieri locali che, con entusiasmo e fatica, hanno creduto sin dallinizio nelle potenzialit del progetto e, nonostante le molte difficolt che il cammino riservava loro, hanno tenuto proseguito nel loro impegno. In queste pagine si cercher di descrivere tale esperienza con lapproccio del case study, ripercorrendo le fasi salienti non soltanto nellottica del progetto di marketing territoriale che lesperienza configura, ma ci si soffermer anche sulle dinamiche microlocali innescate, sui processi di adesione e consenso e su quelli di avversione o indifferenza, sulla rete degli attori che in modo non sempre lineare sono stati coinvolti.

2. Lo scenario
Nonostante gli elementi di evidente valore artistico e architettonico che caratterizzano il borgo, da diversi anni il circuito turistico e commerciale di San Martino al Cimino manifesta evidenti segni di declino.

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Larea locale che negli anni 60 e 70 era intensamente frequentata come sede di soggiorno estivo e come meta di gite domenicali, e che dunque conosceva una indubbia vitalit turistica, sembra attraversata da una trasformazione profonda nel suo assetto economico e nella sua fisionomia. Il processo di trasformazione in corso pare chiaramente delineato nei suoi tratti salienti e configura uno scenario fortemente critico per le imprese locali. Dal punto di vista demografico e urbanistico, connesso cio alle trasformazioni dello spazio urbano e degli utenti di tale spazio, si osservano alcuni mutamenti di rilievo. Il paese negli ultimi anni ha assistito al sorgere di nuovi quartieri e di molte nuove case isolate: pare cio sempre pi evidente la tendenza del borgo a trasformarsi in un quartiere residenziale ottimale per la sua posizione rispetto al nucleo urbano viterbese, la posizione orografica e la qualit dellambiente, privo tuttavia di una vitalit commerciale e culturale propria. Gli abitanti sono sempre pi frequentemente non originari del luogo e la maggior parte di essi lavora altrove. Per molte di queste persone, le vie del paese non costituiscono un percorso quotidiano obbligato: il tratto di strada provinciale che collega direttamente a Viterbo breve e non intensamente trafficato. Da borgo con un forte profilo proprio, con autonomia istituzionale e una radicata identit culturale, San Martino al Cimino si avvia a divenire un luogo accogliente, ordinato e grazioso, ma irriducibilmente sconnesso dal territorio, inteso come storia, identit e cultura. Contemporaneamente, dal punto di vista turistico si osserva una significativa flessione nella capacit di attrazione del borgo. Il movimento estivo di tipo tradizionale (famiglie con figli che si trattengono per periodi di media-lunga permanenza) ha subito un secco ridimensionamento. Seppure appaia evidente nei mesi estivi un aumento della popolazione residente, connesso alla presenza di molte seconde case nel territorio, non sembra che tale tipologia tradizionale di turismo comporti rilevanti ricadute sul complesso delleconomia locale. Tale forma di turismo appare in flessione sia nei numeri complessivi delle persone in entrata, sia nella durata della permanenza. Segnali di tipo diverso provengono dalle forme nuove di consumo turistico, differenti da quella ora citata nella tempistica (brevi periodi, spesso concentrati nelle stagioni intermedie, primavera e autunno), nella provenienza (il web e i voli low cost avvicinano persone da tutta Europa) e nelle aspettative (si richiedono attivit per il tempo libero, servizi, informazioni, proposte gastronomiche e di artigianato). Dinanzi a tale bacino di utenza potenziale, il sistema turistico locale non pare adeguatamente

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attrezzato. Per quanto concerne il commercio, lapertura di grandi ipermercati nella vicina citt capoluogo ha spostato il baricentro del consumo allesterno del borgo. Come frequentemente avviene, laumento degli abitanti della cittadina non pare correlarsi a un aumento del consumo locale: la rete commerciale interna riesce a stento a trattenere parte dellutenza potenziale locale, probabilmente non sempre la pi pregiata. Infine, dal punto di vista delle dinamiche connesse al capitale sociale locale ossia alla capacit del territorio di creare una rete di attori che, pur nelle specificit di finalit, attribuzioni e competenze, agiscano in sinergia moltiplicando la propria capacit di azione e interlocuzione si osserva una diffusa frammentazione dei soggetti e degli interventi e una manifesta incapacit di aggregare idee e proposte per il territorio. Le organizzazioni presenti nel territorio (associazioni sportive, giovanili, di organizzazione di eventi) agiscono tradizionalmente in modo particolaristico e scoordinato. Lunico soggetto che avrebbe potuto svolgere una funzione di coordinamento delle attivit, il Consiglio circoscrizionale, non parso adeguatamente attrezzato a tale scopo: anche in ragione delle limitate risorse economiche a disposizione e dellesiguit delle deleghe attribuitegli, il Consiglio non ha esercitato, se non per alcuni eventi, una funzione di coordinamento e guida delle attivit. In ogni caso, la riorganizzazione del governo locale e la soppressione ex lege delle Circoscrizioni, ha sgomberato il campo da un attore locale significativo. Cos, n gli organi del decentramento amministrativo, n altri soggetti associativi sembrano in grado di svolgere un ruolo di leadership locale, autorevole e capace di esprimere una sintesi progettuale e una visione per il territorio.

3. Il progetto
Consapevoli delle difficolt della situazione alcuni cittadini del territorio tra cui alcuni operatori commerciali locali hanno individuato nella forma del CCN una possibile risposta. Nellidea che uno dei tratti caratteristici del territorio sia non tanto lassenza delle risorse quanto la mancata sinergia, programmazione e valorizzazione delle stesse, i fondatori hanno immaginato che lo strumento associativo con uno spiccato orientamento al marketing territoriale fosse il metodo migliore per imprimere una realistica accelerazione al percorso locale di sviluppo. Lipotesi di fondo che unazione concertata di marketing territoriale possa produrre un rilancio della vitalit economica interna e, con essa, possa rappresentare un elemento di traino per la vitalit culturale del borgo: gli imprenditori, in altre

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parole, mossi dal proprio costitutivo interesse, possono rappresentare la punta di lancia per unazione di fattiva ripresa del territorio. In primo luogo, il CCN, sin dal momento della sua costituzione, ha individuato come propria mission il favorire lo sviluppo socioeconomico del territorio. Un obiettivo ambizioso, non ancorato meramente alle dinamiche commerciali, ma che individua nella ripresa di vitalit del tessuto economico locale la precondizione per uno sviluppo pieno del territorio. Cos, se rappresentano evidentemente due obiettivi espliciti dellassociazione il fatto di poter migliorare la redditivit delle imprese locali e di intensificare il flusso turistico legato al borgo, si assume anche in ipotesi che tali obiettivi possano rappresentare un fattore antecedente di una pi ampia ripresa di vitalit del territorio. In secondo luogo, si considerato, sulla scorta di una ormai ampia letteratura in materia, nonch delle peculiari esperienze sul campo, che il marketing territoriale non pu prescindere da azioni di background che possano sostenere le pi esplicite attivit di promozione, comunicazione e fidelizzazione. Poich il prodotto un territorio e poich il territorio in questione si trova nella situazione di solitudine e frammentazione sopra descritta, le azioni di marketing diretto non possono non essere supportate da pi ampie azioni di promozione e di attivazione del territorio nel suo complesso, stimolando la vita culturale e il senso di identit locale. In altri termini, parso sin dallinizio evidente che nel territorio in questione le iniziative di marketing (le core activities del centro) non esauriscono la funzione sociale dellorganizzazione: lipotesi che soltanto unazione multidimensionale possa efficacemente perseguire gli obiettivi di rilancio globale del territorio. Com noto, il marketing territoriale implica azioni non meramente incentrate nella comunicazione commerciale: a differenza di un centro commerciale tradizionale, di un singolo esercizio o di un prodotto, la promozione di un territorio necessita di un approccio globale e complesso, che sappia coniugare informazione al consumatore e azione culturale, valorizzazione della rete commerciale e lavoro sullidentit del territorio. Ci moltiplica le variabili in gioco e alimenta la complessit dellazione, ma produce atti di maggiore portata e rilevanza sociale. Si dunque individuato un percorso operativo cos sintetizzabile: identificare con chiarezza una identit strategica del territorio, ossia posizionarlo nel confronto competitivo con altre aree o tipologie di aree; sviluppare unofferta locale in linea con tale identit, in termini di qualit

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e in termini di articolazione quantitativa; promuovere lo sviluppo di una rete di sostegno a tale offerta, che includa attivit ludiche e culturali e che si innesti su una rete sociale fluida e sedimentata; favorire un consenso sociale alliniziativa, sviluppare sinergie, promuovere le reti; comunicare attraverso una eterogeneit di media e di linguaggi lofferta del territorio allesterno e allinterno; svolgere iniziative di promozione, informazione e fidelizzazione della clientela.

4. Posizionamento, comunicazione e logo

Identit e logo
Sin dallinizio si mostrata in tutta la sua rilevanza la centralit della comunicazione nel complesso delle attivit dellassociazione. Gli elementi comunicativi si sono mostrati da subito cruciali per ancorare con chiarezza il profilo dellassociazione e per collocarsi con la necessaria visibilit nelle dinamiche locali. Non si tratta, evidente, soltanto di un problema grafico ed estetico: il simbolo sostanzia e trasmette lidentit dellorganizzazione e il complesso di significati che essa intende evocare. Nello specifico del CCN, in ragione della sua vocazione corale, il logo diviene segno grafico del territorio in s e della propria proposta commerciale e turistica. Il logo trasmette lesistenza di un nucleo commerciale a San Martino e contemporaneamente rilancia lidentit stessa del borgo, la presenza stessa del paese nel confronto competitivo con altre aree pi o meno distanti. Sulla base di tale ragionamento, sono stati individuati due elementi strategici prioritari: il CCN ha un radicamento con il territorio, la sua storia, le sue risorse; il CCN opera in un borgo, e cio un centro cittadino, un nucleo abitato. Non un caso che entrambi gli elementi non rappresentino soltanto un tratto distintivo dellassociazione in s, ma consentano al tessuto commerciale di San Martino di differenziarsi rispetto ai competitor locali (in primis la grande distribuzione). Tali evidenze qualificano un soggetto profondamente ancorato al territorio: un territorio geografico (qui e non altrove), storico (il luogo che accoglie e sedimenta esperienze e testimonianze di eventi) e sociale (un centro

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cittadino, abitato, pulsante, denso di vita). Graficamente, tali aspetti sono stati ricondotti nella presenza di un particolare della locale abbazia cistercense il rosone la cui immagine non soltanto testimonia il valore storico e culturale del luogo, ma rimanda anche ad altro: la forma circolare evoca lidea del centro, dei raggi che promanano da un nucleo, delle tante finestre che si affacciano in una piazza. Proprio al centro del rosone collocato un cerchio rosso e le lettere CCN: il centro commerciale naturale al centro e, soprattutto, il centro; dunque incarna e riproduce la stessa storicit dellambiente. Ambito commerciale e ambito culturale si intrecciano in modo inestricabile. Gli stessi colori utilizzati rimandano al territorio: il grigio leggero quello della pietra locale, il peperino, che caratterizza il complesso abbaziale, le porte del paese e i portali delle abitazioni; il rosso quello dei mattoni, delle tegole della caratteristica strada dai tetti degradanti. Il nome dellassociazione riportato con grafica semplice, quasi ad esaltarne la naturalit. La parola centro evidenziata per dimensioni e la lettera C lega anche simbolicamente il centro al commerciale. Non c centro senza il pulsare delle botteghe locali, a San Martino.

5. Le attivit
Nei primi due anni di vita, il Centro Commerciale Naturale San Martino ha concentrato ovviamente le proprie attivit sullorganizzazione interna, sul posizionamento nella rete degli attori locali e sulla realizzazione degli strumenti di comunicazione. In relazione ai progetti concretamente svolti si possono in sintesi ricordare

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alcune attivit significative per la portata degli obiettivi e i risultati raggiunti. Nellambito delle attivit di promozione commerciale, un progetto esemplare rappresentato dalla realizzazione di una campagna di fidelizzazione della clientela, svolta attraverso lerogazione di bollini che gli esercenti hanno distribuito ai clienti al raggiungimento di un determinato quantitativo di spesa. Tali contrassegni adesivi, riportanti il logo dellassociazione, sono poi incollati dal cliente in una tessera, al completamento della quale egli consegue il diritto a riscuotere un buonospesa presso un qualsiasi esercizio associato. Liniziativa ha riscosso un visibile successo presso la popolazione locale ed durata, in forma sperimentale, circa quattro mesi. Sono attualmente allo studio nuove forme di fidelizzazione che possano coinvolgere un numero ancora maggiore di esercizi locali. Per quanto concerne le azioni di promozione e di attivazione del territorio, si pu ricordare il sostegno offerto dallassociazione alla riscoperta delle antiche contrade: a tal fine, il CCN ha provveduto alla stampa e alla diffusione di un libro che ne ripropone la storia e alla realizzazione dei caratteristici stendardi colorati, esposti nelle vie del borgo nei giorni di festa. Sempre in tale ambito di attivit, si pu inoltre ricordare il progetto Una banca della memoria a San Martino, in corso di svolgimento. Il progetto, finanziato dalla Provincia di Viterbo, ha previsto la realizzazione di interviste videoriprese ad anziani del luogo e la composizione di un prodotto filmico in grado di testimoniare esperienze del passato, al fine di depositarle nel patrimonio della collettivit locale e di riproporle in svariati contesti sociali e comunicativi. Particolare cura stata posta allattivazione di una rete locale comprendente non soltanto gli imprenditori, ma anche gli attori organizzativi a diverso titolo presenti nel luogo. A tal riguardo, diverse attivit sono state svolte in partenariato con associazioni locali (organizzazioni operanti nellambito degli eventi e delle feste cittadine; la Confraternita del Ss. Sacramento, attiva anche nella valorizzazione delle risorse culturali; gli Istituti di credito presenti nel territorio, che hanno contribuito alla realizzazione di diversi progetti). Ovviamente il supporto delle istituzioni pubbliche apparso da subito ineludibile: feconde relazioni sono state intrecciate con lVIII Circoscrizione, con il Comune di Viterbo e con lAmministrazione provinciale. Oltre che con tali soggetti, il CCN ha intrecciato rapporti significativi con il locale Circolo didattico (insieme al quale ha svolto, in tre diverse edizioni, una mostra di disegni dei bambini su temi riguardanti il borgo di San Martino) e con lassociazione di consumatori ADOC, con la quale sono in programma azioni di monitoraggio dei bisogni dellutenza.

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6. Un primo bilancio
Un elemento marcatamente peculiare del CCN qui considerato la totale autonomia dellassociazione rispetto alle istituzioni di governo locale. Liniziativa si sviluppata esclusivamente attraverso un processo buttom-up, senza alcuna attivit di coordinamento e facilitazione istituzionale. Tale aspetto rappresenta insieme un elemento di forza e di debolezza dellassociazione: di forza, perch slega totalmente lorganizzazione da dinamiche di tipo politico e conferisce unampia autonomia e libert di azione; di debolezza, perch tutte le operazioni non hanno ricevuto accelerazioni di tipo amministrativo e hanno potuto contare unicamente sulle risorse degli associati. Lesperienza descritta presenta, come immaginabile, punti di luce e elementi di ombra. Considerando come punto di forza la tenacia del gruppo degli operatori pi attivi e, complessivamente, la seriet e ladeguatezza del progetto, sono stati notati alcuni elementi frenanti, fisiologici nelle organizzazioni allo statu nascenti, ma con i quali parso utile da subito confrontarsi. Due in particolare gli elementi di debolezza strutturale. Primo: la risorsa-tempo. Una dinamica evidente sin dai momenti iniziali stata la partecipazione non corale da parte degli operatori del territorio; a fronte di una minoranza attiva e vivace, si da subito registrata una maggioranza attendista e non particolarmente partecipe. Del resto, lassenza di professionalit interamente dedicate alle attivit del CCN e la comprensibile mancanza di tempo degli operatori locali caratterizza costitutivamente lesperienza dellassociazione e rappresenta, in taluni casi, un ostacolo insormontabile per un pieno dispiegamento delle attivit. Secondo: le risorse economiche. Un CCN come quello descritto conta principalmente su due tipologie di entrate: le quote associative e i contributi specifici versati dai membri in occasione di iniziative; le sponsorizzazioni. Date le dimensioni del territorio e il numero degli operatori, non si tratta dunque di un flusso particolarmente significativo, sufficiente a coprire i molti progetti in cantiere. Nella consapevolezza di tali peculiarit, il gruppo dirigente ha operato e sta operando lungo tre linee strategiche convergenti: la riorganizzazione funzionale; la messa in rete; lo svolgimento di azioni di comunicazione redditizie. Quanto alla prima delle azioni citate, il CCN si dotato di un Consiglio direttivo agile nei numeri, motivato e con sufficienti deleghe di azione e, da subito, ha incluso nel proprio gruppo dirigente un Direttore tecnico che ha svolto per lassociazione attivit di consulenza e facilitazione. La consapevolezza che il pieno coinvolgimento degli associati , al momento,

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un obiettivo irrealizzabile e fuorviante: nella fase di lancio dellorganizzazione appare necessario consolidare invece il gruppo dirigente che, con sforzo e pazienza, riesca a svolgere iniziative fattive capaci di sedimentare una sufficiente massa critica. E necessaria ladesione di quanti operatori possibile al progetto (cosa che nel CCN considerato puntualmente avvenuta), ma non prevedibile una reale partecipazione alle attivit di progettazione. Con i risultati, la cerchia degli attivi si amplier. La seconda delle azioni, la messa in rete, appare necessaria alla vita del CCN cos come a quella di tutte le piccole organizzazioni di sviluppo locale. Nello specifico, il CCN si appoggiato allesperienza di altre associazioni equivalenti, osservandone best practicies e modalit operative. Irrinunciabile in questo senso stato il supporto tecnico e organizzativo offerto dal C.A.T. di Confesercenti Viterbo, socio dellorganizzazione. La terza linea strategica al momento ancora in fase di studio. Lobiettivo implementare azioni di comunicazione e marketing che possano attirare linteresse e linvestimento di operatori commerciali locali e non solo. Sono allo studio al momento la predisposizione di un foglio informativo (con diffusione non soltanto locale) e lallestimento di spazi di comunicazione (bacheche anche elettroniche) e di commercializzazione (punti di informazione e vendita, aperti anche in occasioni festive). Ladozione di tali azioni sembrano confermare le aspettative e avvicinare nuovamente associati e cittadini. Anche grazie a tali attivit, il CCN, a oltre due anni dalla propria costituzione nonostante le quotidiane difficolt di gestione pare sedimentare la propria credibilit e il proprio ruolo nel contesto delle organizzazioni locali del territorio: pare porsi sempre pi come riferimento irrinunciabile per ogni fattiva azione di rilancio del territorio e di ricostruzione di una identit.

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conclusioni
La riscoperta del cuore urbano della citt come ambiente di pregio per la socialit collettiva ha, in questultimo periodo, ovviamente rilanciato il tema della valorizzazione di quelle attivit che allinterno dei centri storici da sempre detengono funzioni strettamente correlate con il suo uso sociale e il rafforzamento di unidentit non solo economica ma anche socioculturale della citt. Commercio ed artigianato, in questo senso, sono da sempre stati settori caratterizzanti lidentit di una citt ben oltre la loro portata economica. Lofferta di servizio ai residenti, cos come di immagine e accoglienza della citt nei confronti dei fruitori provenienti dallesterno per motivi di studio, lavoro o turismo hanno storicamente attribuito a queste attivit collocate allinterno dei centri storici un valore aggiunto che supera la soglia della loro stretta incidenza a livello economico allinterno della citt. Unitamente ai servizi culturali, pubblici e direzionali queste attivit hanno sempre alimentato dinamiche di attrazione sociale che hanno fortemente inciso sulla strutturazione urbana e sulla stessa percezione sociale dellambiente urbano e dei luoghi della citt. Come bene hanno evidenziato le trasformazioni urbane registratesi nel corso degli anni del dopoguerra, fase in cui allespansione residenziale al di fuori dei centri storici ha fatto riscontro un progressivo depauperamento delle funzioni commerciali ed artigianali allinterno delle citt, tra queste attivit produttive e il cuore urbano della citt sempre esistito un reciproco rapporto di correlazione, giocato su piani diversi: dalla soddisfazione dei bisogni primari per la sussistenza fino allo svago, in cui qualit e contenuti dellhabitat urbano sono determinanti decisive. La letteratura delleconomia urbana e territoriale presenta ormai una ricchissima dotazione di studi circa gli effetti positivi e negativi prodotti su questi comparti produttivi inseriti nel cuore della citt: dallevasione residenziale piuttosto che dalle modiche al traffico e alla sosta, dallo spostamento di funzioni di servizio verso altre zone urbane piuttosto che dallapertura di nuovi insediamenti commerciali nelle zone periferiche o extraurbane, dagli effetti prodotti sullanimazione e la sicurezza sociale dallabbandono di queste attivit nelle diverse zone della citt, ed in particolare dei centri storici, piuttosto che sugli effetti attrattivi esercitati nei confronti del segmento emergente del turismo urbano a matrice prevalentemente culturale. Tutto questo, unitamente ai maggiori vincoli, in particolare di tipo urbanistico ed

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edilizio, che la localizzazione dellattivit in centro storico comporta circa le possibilit di modificare, trasformare od innovare le modalit di offerta della singola impresa, definiscono il quadro simbiotico in cui queste attivit sono inserite allinterno del contesto urbano. Appare pertanto paradigmatico che se la questione del mantenimento e della riqualificazione del commercio e dellartigianato nei centri storici per la sua valenza sociale ed economica assume caratteristiche di interesse pubblico, si tratta indubbiamente di un tema affrontabile attraverso politiche di marketing urbano. In primo luogo perch vi una forte pressione delle componenti economiche e sociali (non solo locali: basti pensare al movimento turistico) in questo senso, in secondo luogo perch il tema coinvolge unitariamente interessi e ambiti di intervento pubblici e privati, in un insieme di azioni che coinvolgono diversi aspetti del contesto urbano, che necessitano tanto in fase di progettazione che di realizzazione, di un coordinamento complessivo e di una forte integrazione con tutte le altre funzioni e servizi della citt, anche per diffondere nel modo pi ampio possibile i positivi risultati attesi da una simile operazione.

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BIBLIOGRAFIA

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IL CITY MANAGER E IL CENTRO COMMERCIALE NATURALE


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Realizzazione grafica e stampa AEMME Grafica - Viterbo

Settembre 2010

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