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RegioneLombardia

Qualit dellAmbiente

LE ZONE UMIDE Colonie di aironi e biodiversit


della pianura lombarda
LE ZONE UMIDE

RegioneLombardia
Qualit dellAmbiente
PROVINCIA DI PAVIA www.regione.lombardia.it
Assessorato Politiche Agricole Faunistiche Naturalistiche

RegioneLombardia
Qualit dellAmbiente
Assessore alla Qualit dellAmbiente Franco Nicoli Cristiani Direttore Generale Antonella Manno Dirigente di Unit Organizzativa Pianificazione Ambientale e Gestione Parchi Franco Grassi Dirigente di Struttura Azioni per la Gestione delle Aree Protette e Difesa della Biodiversit Pietro Lenna

LE ZONE UMIDE
Colonie di aironi e biodiversit della pianura lombarda

PROVINCIA DI PAVIA
Assessorato Politiche Agricole Faunistiche Naturalistiche

LE ZONE UMIDE
Colonie di aironi e biodiversit della pianura lombarda Mauro Fasola, Michela Villa e Luca Canova

Capitolo Aspetti normativi:

Umberto Bressan e Gianni Ferrario, Regione Lombardia, Direzione Generale Qualit dellAmbiente Laura Romagnoli Archivio Provincia di Cremona (7, 10, 11, 13, 14, 16, 19), Enzo Vigo (9, 27, 28, 31, 34), Gianni Conca (29, 30, 33), Mauro Fasola (4, 8, 36, 43), Paola Trovo (26, 32), Umberto Bressan (44) Nuova Tipografia Popolare - Pavia
Fasola M., Villa M. e Canova, L. 2003. Le zone umide. Colonie di aironi e biodiversit nella pianura lombarda. Regione Lombardia e Provincia di Pavia. Pp. 142.

Disegni: Foto di:

Impaginazione e stampa:
Citazione:

Prefazione
Lassessorato Regionale alla Qualit dellAmbiente da anni fortemente impegnato negli interventi di salvaguardia della fauna lombarda di interesse comunitario. Tra le specie protette di maggior interesse conservazionistico vi sono senzaltro gli Ardeidi. stato proprio con lo scopo di tutelare queste specie ornitiche che sono state istituite ben 17 Riserve Naturali e 7 Monumenti Naturali nelle garzaie ove esse nidificano. In questottica la Regione Lombardia, al fine di valutare landamento delle popolazioni di Ardeidi nidificanti, ha voluto avviare il Progetto Regionale di Monitoraggio delle Garzaie di Lombardia svolto in collaborazione con il Dipartimento di Biologia Animale dellUniversit degli Studi di Pavia. La concretezza della politica regionale di tutela di queste specie di avifauna altres dimostrata dall approvazione nellaprile 2001 del Programma Regionale per gli Interventi di Conservazione e Gestione della Fauna Selvatica nelle Aree Protette della Lombardia la cui applicazione sta portando alla realizzazione di importanti progetti a favore degli Ardeidi inseriti nellAccordo di Programma Quadro con il Ministero dellAmbiente. Questi progetti voluti dallAssessorato alla Qualit dellAmbiente prevedono la creazione di svariate nuove aree a canneto a favore degli Ardeidi nel Parco Regionale della Valle del Ticino e nel Parco Agricolo Sud Milano nonch la riqualificazione naturalistica degli habitat in prossimit di garzaia nel Parco Adda Sud. Con la partecipazione e pubblicazione di questo testo scientifico riteniamo di contribuire ulteriormente alla tutela di queste specie di avifauna protetta nonch di favorirne la conoscenza da parte di un pubblico costituito non solo da studiosi ed esperti ma anche dai molti cittadini appassionati che si avvicinano alla realt delle Aree Protette Regionali in modo tale da favorirne una fruizione sempre pi attenta e consapevole, coniugando quindi la doverosa tutela con forme di sviluppo eco-compatibile quale appunto il turismo sostenibile. FRANCO NICOLI CRISTIANI Assessore Regionale alla Qualit dellAmbiente

Sono ormai diversi anni che lAssessorato alle Politiche Agricole, Faunistiche e Naturalistiche della Provincia di Pavia si occupa della divulgazione e promozione del patrimonio naturalistico che caratterizza la nostra pianura. La presenza di diffusi specchi dacqua quali stagni, lanche e paludi arricchisce il territorio provinciale di specie arboree e faunistiche di importanza comunitaria. Le numerose specie di uccelli la cui vita strettamente legata alla presenza di acqua trovano, in questa zona, lhabitat ideale per la nidificazione e la riproduzione. In particolare per gli Aironi, che nidificano nel periodo primaverile e sono presenti anche durante tutto larco dellanno in numerose coppie, necessario un programma di tutela e valorizzazione degli ambienti umidi. Una corretta gestione delle garzaie, numerose in tutta la provincia e la realizzazione di progetti di salvaguardia e miglioramento ambientale, sono da sempre impegno costante e duraturo da parte nostra. E con grande piacere, pertanto, che questo Assessorato ha collaborato con la Regione Lombardia nella realizzazione di un nuovo libro che sottolinea limportanza delle Aree Protette presenti sul territorio regionale. In questottica, la pubblicazione Le zone umide - Colonie di aironi e biodiversit della pianura lombarda diventa un ulteriore strumento di informazione finalizzato ad accrescere nel pubblico il rispetto per lambiente e la conoscenza degli affascinanti ecosistemi naturali che ci circondano. DOTT. RUGGERO INVERNIZZI Assessore alle Politiche Agricole, Faunistiche e Naturalistiche della Provincia di Pavia PROF. SILVIO BERETTA Presidente della Provincia di Pavia

INDICE
Limportanza delle zone umide minori della Lombardia ........................................................................................ 9
Premessa ............................................................................................................. 11 Le colonie di Aironi ............................................................................................. 14

Le zone umide planiziali ...................................................................... 19


Le lanche ............................................................................................................. I laghi di rotta fluviale o bodri ........................................................................ I fontanili ............................................................................................................ Le cave ................................................................................................................. Il recupero naturalistico: un esempio di intervento compatibile con lambiente .................................................................................................. Il bosco igrofilo .................................................................................................... Un esempio di zone umide di origine industriale: gli zuccherifici ................... 21 33 41 54 59 60 63

Il modello di gestione delle garzaie della Lombardia ......... 65


Gli Ardeidi nidificanti in Italia .......................................................................... Rilevanza conservazionistica degli Aironi in Lombardia ................................. Colonie presenti in Lombardia ed andamento delle popolazioni ..................... Fattori limitanti la distribuzione delle garzaie ................................................. Preferenze di habitat per i nidi .......................................................................... Dinamica delle garzaie ....................................................................................... Obiettivi ed azioni di conservazione: il modello di gestione delle garzaie lombarde ....................................................................................... 67 74 75 80 87 89 91

Le tecniche di gestione ......................................................................... 99


Obiettivi e priorit .............................................................................................. 101 Gli interventi forestali ........................................................................................ 102 Aspetti idrici ....................................................................................................... 117 La creazione di un nuovo sito ............................................................................. 120

Aspetti normativi nella conservazione degli Ardeidi in Regione Lombardia ........................................................................... 125
Riferimenti bibliografici ............................................................................... 138

Limportanza delle zone umide minori della Lombardia


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LIMPORTANZA DELLE ZONE UMIDE MINORI DELLA LOMBARDIA


Premessa
Negli ampi spazi della pianura lombarda, la presenza umana si diffusa capillarmente in forme molteplici. Gli ambienti naturali di questa pianura, pochi secoli fa ancora coperta da boschi e paludi, sono stati progressivamente erosi. La vegetazione spontanea stata convertita a colture e le acque sono state domate, fino a far assumere a gran parte del territorio lattuale aspetto, che il risultato di bonifiche, coltivazioni intensive, costruzione di insediamenti e infrastrutture. Il segno delluomo sul territorio si fatto sempre pi marcato e del manto di foreste e paludi che un tempo ricopriva lintera pianura non restano che rare testimonianze. Le ridotte dimensioni e lisolamento di queste aree residue ne minacciano la sopravvivenza e la stabilit; nondimeno, il ruolo di serbatoi di biodiversit assunto da questi spazi naturali fondamentale ed pertanto necessario non solo fermarne la scomparsa, ma anche favorirne, ove possibile, il ripristino. Lobiettivo ideale di tali azioni consiste in una gestione del territorio che stabilisca un dialogo pi equilibrato tra presenza umana e spazi naturali. Tra le aree naturali residue pi rappresentative della pianura padana vi sono le zone umide, descritte in dettaglio nel successivo capitolo. Si tratta di ambienti estremamente vulnerabili che, se lasciati alla loro naturale evoluzione, sono destinati ad interrarsi ed a scomparire. Nelle primitive condizioni naturali, il lento processo di interramento era compensato dalla continua formazione di nuovi ambienti dalle caratteristiche simili. Il risultato era la coesistenza di pi ambienti collocati lungo un gradiente evolutivo che andava dagli specchi dacqua aperta di una lanca appena formata fino allo stadio finale della foresta planiziale. Nella situazione attuale, questo equilibrio si spezzato a causa delle continue azioni di bonifica dei suoli e di regimazione delle acque; ne risulta che la maggior parte delle paludi esistenti stata prosciugata e che i fiumi non possono pi divagare liberamente nel piano di campagna formando nuove zone umide. Le Fig. 1, 2 e 3 mostrano un esempio dei cambiamenti che, negli ultimi secoli, hanno interessato il paesaggio della pianura. Le tre mappe raffigurano la stessa zona, attorno allattuale riserva Naturale Garzaia della Verminesca, in provincia di Pavia, e testimoniano i mutamenti delle

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Figura 1. Alla fine del 1700, le aree limitrofe alla Riserva naturale Garzaia delle Verminesca erano gi estesamente coltivate. Le risaie (raffigurate dalle campiture azzurre) erano meno diffuse rispetto ad ora, mentre i boschi (raffigurati dalle fasce con piccole macchie che rappresentano gli alberi) erano molto pi estesi (riproduzione dalla carta catastale sabauda del 1775, scala originale 1: 9630) .

Figura 2. Alla fine del 1800, il paesaggio era intensamente coltivato, con grande prevalenza delle risaie (raffigurate dalle campiture con tratteggio orizzontale). I boschi erano molto meno estesi rispetto al 1700 (stralcio della carta 1:25.000 dellIstituto geografico Militare, Foglio 58 IV SE, rilievo del 1883).

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Figura 3. Attualmente, il paesaggio ha conservato le sue secolari caratteristiche di rada urbanizzazione agricola. Le risaie (le campiture a tratteggio orizzontale) coprono la maggior parte dei terreni. Le zone boscate o con vegetazione palustre (le principali sono evidenziate con un tratteggio sovrapposto alla mappa) sono ridotte. Dal confronto con le mappe del 1700 e del 1800, si nota che le zone a vegetazione spontanea sono ora localizzate in posizioni differenti, per effetto del continuo intervento di bonifica, e del rinnovo spontaneo della vegetazione. Tali ambienti semi-naturali risultano comunque localizzati nelle fasce al centro della mappa, corrispondenti ad antichi corsi dacqua. La colonia di aironi attualmente situata nella zona in nero al centro della mappa (stralcio della Carta Tecnica della Regione Lombardia, scala 1:10.000, rilievi del 1994).

colture, la riduzione della vegetazione naturale, ma anche il sostanziale mantenimento del paesaggio agricolo della bassa pianura padana. Le zone umide residue possiedono molteplici valenze: nella monotonia delle coltivazioni intensive costituiscono infatti elementi di variet di grande valore scientifico, paesaggistico e ricreativo e contribuiscono al mantenimento degli equilibri naturali e idrologici. La loro scomparsa rappresenterebbe la perdita degli ultimi esempi di ambienti tipici e precluderebbe le possibilit di sopravvivenza per molti esseri viventi. Limportanza delle zone umide e la necessit di garantire la loro protezione ribadita in molte convenzioni internazionali cui lItalia ha aderito.

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Attualmente le Amministrazioni Pubbliche possono fare riferimento a numerose disposizioni normative, quali la LR 86/83, che regolano gli interventi di protezione e gestione di riserve e altre aree protette. Altre importanti disposizioni normative, statali e regionali, nonch le misure di adesione ai programmi agro-ambientali recentemente varati dalla Regione Lombardia, costituiscono un corpus normativo di fondamentale importanza per favorire la tutela dellambiente naturale in un contesto che promuova la competitivit dellimpresa agricola e delle attivit tradizionali. Nel caso specifico delle zone umide planiziali, i naturali processi di evoluzione cui si ora accennato rendono del tutto inadeguata una politica di sola protezione passiva. Sono invece necessari interventi di gestione attiva che, periodicamente, ostacolino il processo di interramento delle paludi mantenendole ad uno stadio intermedio della loro evoluzione. Lo specifico contesto di elevata antropizzazione in cui questi ambienti sopravvivono, giustifica da un lato la costante attivit di gestione delle zone esistenti e dallaltro la progettazione ed il ripristino di nuove zone umide, l dove queste siano rimaste vittima delle attivit umane.

Le colonie di aironi
Tra gli elementi faunistici di maggior rilievo delle zone umide lombarde vi sono gli aironi. La conservazione di questi uccelli, che nidificano in colonie chiamate anche garzaie, richiede il mantenimento e la protezione degli ambienti ad essi necessari per la nidificazione. Le azioni di protezione delle garzaie si basano su un approccio ecosistemico, cio coinvolgono lambiente nel suo complesso, sia esso riproduttivo o di foraggiamento, ed hanno pertanto un effetto positivo su tutte le componenti delle zone umide planiziali garantendo la sopravvivenza di molte altre specie legate a questi ambienti. Interventi di protezione degli aironi coloniali in Lombardia sono stati intrapresi gi da diversi anni, e attualmente la maggior parte dei siti che ospitano colonie di aironi sono protetti. Tutto ci stato possibile grazie anche alla solida base di dati sulla biologia degli aironi, raccolti negli ultimi 30 anni dal Dipartimento di Biologia Animale dellUniversit di Pavia. Le ricerche sulle esigenze ambientali di queste specie, hanno contribuito a sensibilizzare lopinione pubblica sugli interventi di conservazione e inoltre hanno fornito lindispensabile punto di partenza per la definizione degli indirizzi di gestione. Un ruolo fondamentale nella creazione di zone protette svolto dalla volont di azione degli amministratori regionali e locali ai quali competono, rispettivamente, sia listituzione delle riserve sia la concreta realizza-

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zione degli interventi proposti. Un buon esempio di intervento integrato offerto dallesperienza maturata nel corso degli anni in Provincia di Pavia, ove sono concentrate numerose colonie. Allinizio degli anni 80 divenne nota limportanza europea delle popolazioni di aironi nidificanti sul territorio provinciale. A seguito delle ricerche e delle campagne di sensibilizzazione, la Regione Lombardia ha protetto come Riserve Naturali tutte le colonie di aironi non ancora incluse in Parchi regionali. La maggior parte di queste riserve era in Provincia di Pavia, e la loro gestione fu affidata allAmministrazione Provinciale. Nel corso degli anni la gestione di queste aree di valenza strategica ha compreso il riassestamento naturalistico e forestale di alcune zone, la nuova perimetrazione delle stesse, la costruzione di infrastrutture per la fruizione pubblica e la stesura di convenzioni con associazioni protezionistiche. Inoltre, in taluni casi, uno stretto rapporto di collaborazione con associazioni venatorie e agricole ha favorito la modulazione del divieto di caccia, lacquisto di alcuni terreni o il ricorso a forme di comodato. Lefficacia degli interventi di conservazione e la piena realizzazione degli obiettivi si raggiungono anche attraverso il diretto coinvolgimento della popolazione locale, in modo che listituzione delle riserve e le restrizioni naturalmente connesse alla loro esistenza non vengano percepite come ostacoli allo sviluppo di unarea. Su questo coinvolgimento si gioca una delle maggiori sfide connesse alle politiche di conservazione della natura. Per quanto riguarda i rapporti con la popolazione locale, la creazione di riserve per gli aironi pone problemi di ordine diverso rispetto a quelli che normalmente vanno affrontati in occasione della creazione di parchi di grande estensione. Le riserve per la protezione delle colonie di aironi hanno superfici di pochi ettari ed il nucleo centrale che ospita la colonia sorge di solito su terreni di scarso valore agricolo. Nonostante ci, non sono mancati casi di grave manomissione motivati dalla volont di ricavare ulteriori spazi da destinare alle pratiche agricole. Emblematici sono i casi di Villa Biscossi e di Cascina Isola dove la vegetazione naturale stata eliminata e si cercato di drenare lacqua dal terreno per impiantare pioppeti coltivati. Prima dellistituzione delle riserve alcune colonie sono scomparse proprio a causa di azioni di questo genere (Fig. 4). In un territorio intensivamente sfruttato, dove ogni metro quadro di suolo fertile gi da tempo destinato alle coltivazioni, si cercano di frequente ulteriori spazi produttivi a scapito delle ultime aree naturali. In questo senso listituzione delle riserve pu essere mal vista da chi prospetta un possibile destino differente da quello della conservazione per questi piccoli fazzoletti di terra. Ma lenorme valore complessivo di queste zone umide, tanto maggiore in quanto immerse nella regione dItalia con maggiore impatto antropico, ripaga ampiamente la societ, nel suo complesso, del mancato

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Figura 4. Disboscamento e distruzione del sito di una garzaia. Sugli alberi si vedono alcuni nidi.

sfruttamento a fini agricoli. Inoltre, la presenza della riserva naturale pu facilmente accompagnarsi a risvolti economici positivi per i proprietari dei terreni in particolare per quanto riguarda laccesso a contributi europei o regionali che incentivano forme di agricoltura eco-compatibile. Nel caso specifico delle colonie di aironi sarebbe comunque errato considerare la realt agricola in contrapposizione con la vita delle colonie. Per la vita degli aironi infatti necessaria la presenza di ampi spazi di foraggiamento che, nella parte occidentale della pianura lombarda, sono garantiti dallenorme estensione delle risaie, la cui coltivazione viene incentivata in modo particolare nella fascia di rispetto che circonda le garzaie. Il bosco igrofilo che ospita la colonia quindi non un elemento estraneo alla pianura antropizzata, ma piuttosto un tassello fondamentale di un unico agroecosistema. Allo scopo di promuovere la collaborazione tra i soggetti coinvolti (amministrazioni pubbliche, cittadini, piccoli imprenditori locali) alcuni Enti gestori delle Riserve naturali, come la Provincia di Pavia, hanno tentato di instaurare varie forme di collaborazione, sia con i proprietari dei fondi per laffitto o lacquisto delle aree, sia con le Aziende faunistico-venatorie per la gestione dellambiente, sia con le associazioni ambientaliste per le

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attivit di educazione ambientale. Lutilizzo di alcune zone protette a scopi turistici e didattici promossa dalla Provincia di Pavia in collaborazione con le locali sedi della Lega Italiana Protezione Uccelli (LIPU) e del World Wildlife Fund (WWF). La coesistenza di zone protette e di Aziende faunistico-venatorie pu sorprendere, ma bisogna ricordare che varie zone umide sedi di garzaie si sono mantenute negli scorsi decenni proprio grazie alla gestione ambientale operata dalle Aziende faunistico-venatorie. Inoltre lo svolgimento delle normali attivit venatorie avviene esclusivamente nei mesi in cui la colonia disabitata. E stato perci possibile raggiungere accordi che permettono la coesistenza delle esigenze di conservazione e di utilizzo venatorio. Sono state anzi realizzate proficue collaborazioni tra le amministrazioni e le aziende per quanto concerne la gestione e la conservazione degli ambienti umidi naturali che ospitano sia le specie cacciabili, sia quelle protette. Il caso delle colonie lombarde di aironi rappresenta uno dei pochi esempi di fattiva cooperazione attuata in Italia tra istanze conservazionistiche e venatorie. Ci dimostra che una delle principali cause di rarefazione delle specie animali, la distruzione dellhabitat elettivo, pu essere contrastata anche dalla collaborazione tra ambientalisti e fruitori (cacciatori e pescatori) i quali invece sono soliti esaurire le loro energie in contrapposizioni che si prolungano mentre gli ambienti naturali vengono progressivamente distrutti da pressioni economiche diverse. Resta tuttavia da ricordare che il reale impatto dellattivit venatoria sulle comunit animali in molti casi deve essere ancora studiato in dettaglio. Le esigenze di conservazione dellambiente naturale negli ultimi decenni si sono scontrate con richieste contrapposte che provenivano dal mondo agricolo e venatorio. E indubbio che lazione incisiva di questi anni ha portato a un radicale mutamento culturale; ne sono buona testimonianza lattuale rete delle aree protette in Lombardia ed un quadro di riferimento normativo pi raffinato e rassicurante. Daltro canto, anche nel mondo venatorio ed agricolo vanno affermandosi i principi di un uso sostenibile delle risorse, di pianificazione degli interventi e, pi in generale, una visione che favorisce la qualit delle attivit e delle produzioni rispetto allapproccio quantitativo tipico del passato. La strada per integrare esigenze di tutela ambientale e di attivit agricola e venatoria ancora lunga, ma forse non pi cos tortuosa come alcuni anni fa. Le esperienze di gestione integrata delle garzaie pavesi, come i tentativi di accordo fra alcuni parchi regionali e aziende faunistiche, rappresentano i primi passi di un proficuo cammino.

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Le zone umide planiziali


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LE ZONE UMIDE PLANIZIALI


Le lanche
Genesi della lanca. Quando un fiume, nel tratto inferiore del suo corso, si trova a solcare terre caratterizzate da pendenze ridottissime, tende a rallentare e divagare serpeggiando nella pianura. Tipica di questa fase la creazione dei meandri, anse profonde che interessano il corso principale del fiume. I meandri sono formazioni in continua evoluzione, in quanto la corrente agisce in modo differenziato sulle due sponde. Sulla sponda esterna lacqua scorre rapida generando processi erosivi compensati dallazione di deposito che prevale invece sulla sponda pi interna dove la corrente molto debole. Come risultato di questo duplice processo, il meandro si incurva sempre di pi e i due estremi si trovano sempre pi vicini. La nascita della lanca si verifica quando, spesso in occasione di una piena, avviene il salto di meandro ed il fiume, rettificando localmente il proprio corso, taglia la lingua di terra che costituisce il lato interno dellansa. Il braccio di fiume rimasto cos separato, detto lanca, non pi interessato dalla corrente principale, ma mantiene un duplice legame con il fiume attraverso la falda e attraverso lestremit pi a valle che, almeno nelle prime fasi di vita della lanca, rimane aperta (Fig. 5). Grazie a ci garantito il lento ma costante ricambio dellacqua che ora quasi ferma, specialmente nella parte pi a monte.

Figura 5. La genesi della lanca. La lanca prende origine da un meandro fluviale quando, in occasione di una piena il fiume rettifica il suo corso (salto di meandro). La lanca neoformata ha tipicamente la forma a mezzaluna e, nellestremit pi a valle, mantiene i contatti con il fiume.

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Struttura tipica. Le lanche presentano una tipica forma a mezza luna che permette di identificarne le tracce morfologiche (i cosiddetti paleomeandri) anche dopo centinaia di anni quando il fiume, in seguito a piene e divagazioni di vario genere, pu scorrere anche ad alcuni chilometri di distanza. Lassenza di correnti influisce sulle caratteristiche di ossigenazione delle acque e permette linsediamento di una ricca comunit sia vegetale che animale; inoltre le sponde, non pi soggette a fenomeni erosivi, si immergono dolcemente nellacqua favorendo, grazie alla pendenza ridotta, lattecchimento delle piante. Il fondo di aspetto limoso come del resto ci si aspetta in corpi idrici in cui lo scorrimento delle acque quasi impercettibile. Questa caratteristica si accentua nel tempo in seguito ai depositi di materiale organico in decomposizione che, se particolarmente abbondante, pu generare processi di eutrofizzazione e di anossia specialmente nei mesi estivi. Levoluzione da lanca a morta. Dal momento della sua formazione la lanca segue un processo di continua lenta evoluzione durante il quale lisolamento dal corpo idrico principale si fa sempre pi marcato. Il collegamento tra il fiume e lestremit a valle della lanca destinato a chiudersi ed il fondo ad innalzarsi progressivamente per i depositi di materiale vegetale in decomposizione. Questi stessi depositi contribuiscono a formare uno strato impermeabilizzante che, a lungo andare, interrompe i contatti con la falda. A questo punto della sua esistenza la lanca si trasformata in morta ed ormai avviata in modo irreversibile verso linterramento. Contemporaneamente allinnalzamento del fondo si assiste alla progressiva chiusura delle rive e la vegetazione, che dapprima interessa solo le sponde, si estende a coprire tutto lo specchio dacqua. Il processo culmina con la completa scomparsa della lanca destinata a diventare terreno ospitale per il bosco igrofilo caratterizzato da salici ed ontani (Fig. 6). Problemi di conservazione. Questa in breve la storia della vita di una lanca secondo la seriazione naturale che va dal fiume al bosco. Questo cammino, tuttavia, non riesce quasi mai a svolgersi per intero, in genere a causa di interventi umani i cui effetti si ripercuotono a vari livelli. La regimazione degli alvei, infatti, impedisce la naturale divagazione del corso dacqua che sta alla base della formazione dei meandri prima e delle lanche in seguito. Non meno gravi sono gli effetti degli interventi di bonifica che hanno prematuramente soppresso questi ambienti per guadagnare gli ultimi lembi di campagna allagricoltura. Infine questi ambienti, anzich essere circondati da estese superfici boscate, sono inseriti in un

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Figura 6. Fasi evolutive di una lanca che ne illustrano il processo di interramento.

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contesto di sfruttamento intensivo del territorio e vedono spesso arrivare i campi quasi fin sulle sponde; pertanto manca un bosco che si estenda ad occupare lo spazio della lanca giunta al termine della sua evoluzione. Anche gli interventi di gestione attiva, necessari affinch le poche lanche superstiti non muoiano, rappresentano altrettante interruzioni dellevoluzione naturale. Lattuale stravolgimento dei cicli di formazione e scomparsa delle lanche le rende sempre pi rare e preziose. Esse, insieme alle altre zone umide minori, svolgono linsostituibile funzione di serbatoi di vita per lintera pianura ed il loro valore in termini di biodiversit giustifica interventi di gestione attiva volti a scongiurarne la definitiva scomparsa. Altri aspetti preoccupanti riguardano la qualit delle acque, spesso alterata dai residui di fertilizzanti e fitofarmaci provenienti dai coltivi circostanti o dalla presenza di scarichi che stravolgono lecosistema con un carico organico troppo grande per le capacit autodepurative della lanca. A questi problemi si aggiunge il prelievo per scopi irrigui che impone variazioni nel livello dellacqua contrarie alle esigenze della vita in questi ambienti. La salvaguardia delle lanche infine non pu prescindere da quella della vegetazione circostante. Pi esteso il bosco intorno ad esse maggiori sono le potenzialit espresse da questi ambienti; la continuit tra zone umide e foresta planiziale infatti, oltre a rappresentare la naturale successione vegetazionale, crea le condizioni adatte alla vita di una gran quantit di specie. Purtroppo questa situazione riguarda ben pochi luoghi in Lombardia dal momento che, nella maggioranza dei casi, questi territori sono stati quasi interamente occupati dai campi e, intorno allinvaso, non sono rimasti che boschetti di pochi ettari. Flora delle lanche. La variet della componente vegetale nella lanca sorprendente ed possibile grazie allesistenza, entro pochi metri, di situazioni ambientali differenti. Andando dal centro della lanca verso la riva, il popolamento vegetale muta secondo un modello di zonazione, illustrato brevemente di seguito. La descrizione dedicata alle fitocenosi della lanca non vuole essere esaustiva del numero di specie presenti, ma piuttosto, attraverso la presentazione di alcune tra le specie pi tipiche, dare unidea della ricchezza dei microhabitat che caratterizzano questi luoghi. Nella parte centrale, dove lo specchio dacqua libero e la lanca pi profonda, si possono trovare una zona a vegetazione interamente sommersa, che forma il potameto, solitamente seguita da piante che, pur ancorate al fondo, espongono le foglie ed i fiori sulla superficie dellacqua; queste ultime costituiscono il lamineto (Fig. 7). Tra la vegetazione som-

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mersa, le specie pi comuni sono i miriofilli (Myriophyllum spicatum e Myriophyllum verticillatum), il ceratofillo (Ceratophyllum demersum), lerba tinca (Potamogeton lucens), la peste dacqua (con questo nome si indicano comunemente due specie Lagarosiphon major ed Elodea densa) e la ranocchia minore (Najas minor). Queste piante sono caratterizzate da fusti lunghi completamente sommersi che, per abbondanza, formano spesso lussureggianti praterie subacquee. La vita sottacqua resa possibile da spiccati adattamenti per captare luce ed ossigeno come lassenza di spesse cuticole o la suddivisione delle fronde in filamenti sottili che massimizzano la superficie assorbente. Lunica parte di queste piante che si eleva in modo effimero al di sopra della superficie dellacqua sono i fiori, solitamente poco vistosi, che diffondono, attraverso lacqua o il vento, prima il polline e successivamente i frutti. Le specie che caratterizzano il potameto non si trovano mescolate tra loro ma generalmente si assiste, a seconda dei casi, alla dominanza di una singola specie, quella che, trovate le condizioni ad essa pi favorevoli, riesce ad imporsi sulle altre. Fanno eccezione il ceratofillo e lerba tinca che spesso si trovano in associazione. Gli esponenti pi diffusi del lamineto sono luniversalmente nota ninfea bianca (Nymphaea alba), il nannufero (Nuphar luteum) ed il limnantemio (Nymphoides peltata), questi ultimi caratterizzati da fiori di discrete dimensioni dalle corolle giallo vivo. La struttura di queste piante molto simile, ed insieme ai fiori vengono esposte sulla superficie dellacqua le foglie, ampie lamine tondeggianti e cuoriformi collegate al fusto da lunghi piccioli. In inverno sopravvivono solo i fusti adagiati sul fondo e parzialmente sommersi dai sedimenti; qui la temperatura non scende mai sotto lo zero e, non appena le condizioni ambientali lo consentono, spuntano le nuove foglie che, a poco a poco, guadagnano la superficie. Esistono poi altre specie natanti che costituiscono il lemneto e che, a differenza delle precedenti, galleggiano liberamente senza alcun vincolo con il fondo. La pi diffusa sicuramente la lenticchia dacqua, nome sotto il quale ricadono una piccola felce (Spirodela polyrrhiza) e diverse specie appartenenti al genere Lemna; queste ultime sono piante dalla struttura assai semplificata costituite da una sola fogliolina tondeggiante da cui si diparte una piccola radichetta; le fronde si riproducono per gemmazione dando origine a piccoli aggregati di foglioline unite tra loro. Abbastanza diffuso anche il morso di rana (Hydrocaris morsus-ranae) pianta dalla struttura pi complessa e di dimensioni sicuramente maggiori che, al momento della fioritura, mostra fiori bianchi a tre petali. La strategia utilizzata da queste specie per affrontare i rigori dellinverno molto simile; esse infatti entrano in una fase di quiescenza e si lasciano cadere sul

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Figura 7. Una lanca in una fase precoce della sua evoluzione. Il canneto limitato alle sponde e gran parte della superficie occupata da vegetazione appartenente al lamineto.

fondo dove la temperatura pi alta rispetto alla superficie che presto si ricopre di una crosta di ghiaccio. Una specie dalle caratteristiche intermedie tra quelle appartenenti al lamineto e al lemneto la castagna dacqua (Trapa natans); essa si sviluppa come pianta sommersa ma, al momento della fioritura, invia verso la superficie dellacqua rosette di foglie che galleggiano liberamente e por-

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tano i fiori. Sia la lenticchia dacqua che il morso di rana sono generalmente assenti nelle prime fasi di vita del lago di meandro; essi compaiono nella parte che per prima interrompe i rapporti con il fiume, dove lacqua quasi stagnante, e si diffondono ovunque inserendosi anche tra gli spazi lasciati liberi dalla folta vegetazione che colonizza le sponde. Qui tipicamente si trovano le tife o mazzesorde (Typha latifolia e Typha angustifolia) e la cannuccia di palude (Phragmites australis) che formano popolamenti puri o, pi raramente, associati tra loro; in questo secondo caso la cannuccia tende ad occupare la fascia pi a riva data la sua capacit di colonizzare terreni che, in seguito alle oscillazioni del livello dellacqua, possono saltuariamente rimanere emersi. Tifeto e canneto producono grandi quantit di materiale organico e sono pertanto tra i maggiori responsabili dellinnalzamento del fondo. Crescono fitti in acque ricche di nutrienti, basse e che si scaldano rapidamente. Queste condizioni inizialmente si riscontrano solo lungo le rive della lanca ed in particolare nel braccio a monte, quello che per primo ha interrotto i rapporti con il fiume e dove lacqua e pi ferma. Man mano che aumenta il processo dinterramento le condizioni favorevoli a queste forme vegetali aumentano ed esse finiscono per ricoprire lintera superficie della morta (Fig. 8).

Figura 8. Stadio evolutivo avanzato di una lanca. Il canneto ne invade quasi completamente il bacino.

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Sul suolo intriso di acqua che si trova alle spalle del canneto si estende una fascia dominata dai grandi carici. Le essenze appartenenti al genere Carex sono pi basse rispetto al canneto e fungono da legame tra la zona pi strettamente legata allacqua e quella pi arretrata. Inframmezzate a canneto e cariceto compaiono specie quali liris giallo (Iris pseudacorus), alcuni poligoni (Polygonum spp), la salcerella (Lythrum salicaria) ed il campanellino estivo (Leucojum aestivum). Anche in questo caso lampiezza della bordura esterna varia a seconda dellet della lanca e si fa sempre pi consistente in proporzione al grado di interramento. Il suolo che si viene via via formando si presenta marcatamente nitrofilo in accordo con le preferenze di queste specie cui spesso si aggiunge anche lortica (Urtica dioica). A questo livello del percorso di affrancamento dallacqua, ove sussistono sufficienti condizioni di naturalit, si incontrano le prime piante a fusto legnoso, tipicamente saliconi (Salix purpurea, S. fragilis, S.cinerea), e, procedendo a ritroso, salici bianchi (Salix alba) ed ontani (Alnus glutinosa) essenze tipiche di terreni molto umidi che possono tollerare periodi di allagamento. Fauna delle lanche. La lanca pullula di specie animali, dagli uccelli agli invertebrati, legati alle acque ferme ed alle piante che in esse si trovano. Il risultato dellintreccio di rapporti tra queste componenti uno degli ecosistemi pi ricchi e complessi che la pianura sappia produrre, il cui valore aumenta a dismisura se si considera il contesto di banalizzazione del territorio in cui queste vere e proprie oasi sono inserite. Tra i pesci, sono presenti specie tipiche degli ambienti a fondo limoso ed acque lente, che trovano rifugio e nutrimento tra le folte fronde della vegetazione sommersa. Tra le pi comuni vi sono carpe (Cyprinus carpio), tinche (Tinca tinca), carassi (Carassius carassius), scardole (Scardinius erythrophtalmus) e lucci (Esox lucius). Le comunit ittiche maggiormente diversificate si trovano specialmente nelle lanche relativamente giovani, dove ancora aperto il collegamento con il fiume o che sono comunque caratterizzate da profondit ed estensione adeguate. Questi ambienti non sono immuni alla contaminazione delle specie alloctone, immesse in passato per la pesca e che in alcuni casi per voracit e capacit di adattamento si sono diffuse a macchia dolio rompendo i delicati equilibri autoctoni. Esempi assai noti sono la carpa erbivora (Ctenopharingodon idellus), il pesce gatto (Ictalurus melas), il siluro (Silurus glanis), il lucioperca (Sander lucioperca). Lornitofauna di particolare rilevanza in questi ambienti; i laghi di meandro rappresentano infatti lhabitat riproduttivo ottimale di molte spe-

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cie e si rivelano un punto di sosta indispensabile a molti uccelli durante la migrazione. Alcune specie sfruttano questi ambienti anche nei mesi freddi come luoghi di svernamento. Qui essi trovano abbondanza di cibo e una vegetazione sufficientemente fitta che garantisca adeguata protezione. Le fasce del canneto e del cariceto sono popolatissime; nellimpenetrabile barriera formata da tifa e cannuccia di palude si ritirano la cannaiola (Acrocephalus scirpaceus), la cannaiola verdognola (Acrocephalus palustris) ed il cannareccione (Acrocephalus arundinaceus) tutti uccelli dalle dimensioni ridotte, abbastanza simili tra loro, la cui presenza rilevabile delle potenti e vivaci emissioni canore. Nei canneti delle zone palustri ben conservate possibile udire il caratteristico ronzio della salciaiola (Locustella luscinioides); proprio il canto infatti che in campagna permette di distinguerla da cannaiola e cannareccione. Tra le canne nidificano anche il tarabusino (Ixobrychus minutus) (Fig. 9) ed a volte il raro tarabuso (Botaurus stellaris), gli unici due ardeidi italiani che non hanno abitudini coloniali. Sempre a proposito di ardeidi bene sottolineare che spesso le lanche in buone condizioni di naturalit e con una fascia di vegetazione sufficientemente ampia a saliconi ed ontano presentano caratteristiche idonee allinsediamento delle garzaie; tali argomenti saranno diffusamente trattati nel capitolo ad esse dedicato. Il canneto e il cariceto sono eletti a dimora anche dal timido porciglione (Rallus aquaticus), un rallide cos chiamato per il verso sgraziato che ricorda il grugnito di un maiale. Tra la fitta vegetazione alle spalle del canneto sono relativamente comuni i pendolini (Remiz pendulinus) anchessi piuttosto elusivi, ma di cui non infrequente scorgere i nidi: curiosi sacchetti di filamenti vegetali intrecciati che vengono appesi ai rami degli arbusti. Tra la vegetazione delle rive risuona con insistenza il canto dellusignolo di palude (Cettia cetti) e si pu intravedere il capo nero del migliarino di palude (Emberiza schoeniclus) mentre sosta aggrappato al fusto di una tifa. Pi legate allo specchio dacqua sono folaga (Fulica atra) e gallinella dacqua (Gallinula chloropus) specie molto comuni che facile veder nuotare o camminare agilmente sulle foglie di ninfee e nannuferi. Tra gli abitanti della lanca possibile annoverare anche il tuffetto (Podiceps ruficollis), pi raro delle due specie precedenti che, come queste, costruisce il nido ammassando sullacqua detriti vegetali fino a costituire una sorta di piattaforma parzialmente ancorata al bordo del canneto o alla vegetazione galleggiante (Fig. 10). Anche le anatre sono frequenti ospiti delle lanche e degli ambienti agricoli limitrofi; alcune specie come alzavola (Anas crecca) e moriglione (Aythya ferina) utilizzano questi ambienti non solo come punto di sosta durante le migrazioni, ma come luogo in cui nidificare o tra-

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Figura 9. Tarabusino Ixobrychus minutus.

Figura 10. Tuffetto Podiceps ruficollis.

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scorrere linverno. Le sponde dolcemente digradanti unite alla profondit delle acque (nei punti centrali di lanche ancora lontane dallinterramento) consentono la presenza di specie tuffatrici come il moriglione (Aythya ferina) e la moretta (Aythya fuligula) insieme a specie di superficie, che si alimentano sulle sponde dove allungano il collo sottacqua per raggiungere le erbe disponibili. Di queste ultime fanno parte lalzavola (Anas crecca) e il piu comune germano reale (Anas platyrhynchos). Infine in questi ambienti, specialmente se di una certa estensione, non difficile avvistare lelegante sagoma del falco di palude (Circus aeruginosus) in caccia. Quando si trovano in buono stato di conservazione, le lanche e la fascia di vegetazione circostante si prestano ad ospitare diverse specie di anfibi e rettili. La presenza di acque ferme o debolmente correnti indispensabile al completamento del ciclo vitale degli anfibi che vivono nelle zone planiziali; anche quelli meno legati allacqua infatti ne hanno bisogno al momento della deposizione delle uova che, se esposte allaria, si disidratano. Oltre alle cosmopolite rane verdi (Rana lessonae e Rana esculenta) si possono incontrare il tritone crestato (Triturus crestatus carnifex), che in acqua passa la maggior parte della vita ed il pi raro tritone punteggiato (Triturus vulgaris meridionalis). Il numero di uova e larve degli anfibi pu risentire pesantemente della predazione dei pesci, pertanto gli adulti ricercano ambienti ricchi di vegetazione sommersa cui ancorare le uova, ma non eccessivamente ampi e profondi. Queste caratteristiche si riscontrano nelle lanche di dimensioni minori ed in cui il processo di interramento gi in stato avanzato. Spesso le femmine scelgono per la deposizione fossi di scolo inseriti nella rete idrica rurale dove per le ampie oscillazioni del livello dellacqua rischiano di lasciare le uova scoperte. E nelle acque tranquille di paludi ben conservate che si collocano gli ultimi siti riproduttivi del pelobate fosco (Pelobates fuscus), un piccolo rospo endemico della pianura padana a rischio di estinzione proprio a causa della scomparsa e della compromissione delle zone umide minori. Per quanto riguarda i rettili, questi ambienti sono frequentati sia dalla biscia dacqua (Natrix natrix), che dalla ben pi rara biscia tassellata (Natrix tassellata), entrambe abili nuotatrici che si muovono anche sottacqua alla ricerca di prede, in particolare larve e adulti di anfibi la prima e pesci la seconda. Tali distinte preferenze alimentari permettono loro di coesistere negli stessi ambienti senza interferenze competitive. Le lanche costituiscono gli ultimi rifugi per un altro rettile divenuto un simbolo della compromissione degli ambienti naturali, la testuggine palustre (Emys orbicularis), fino ad alcune decine di anni fa assai comune in tutta

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la pianura padana. Purtroppo oggi assai pi frequente lincontro con unaltra tartaruga dacqua la Trachemys scripta, originaria dellAmerica settentrionale e predatore assai vorace. Si tratta della tartaruga in assoluto pi venduta dai negozi di animali facilmente riconoscibile per il corpo striato di giallo e le orecchie rosse. I piccoli di questa specie vengono acquistati quando sono lunghi 5 o 6 centimetri, ma, se riescono sopravvivere agli spazi angusti in cui vengono allevati, crescono rapidamente fino a trasformarsi in ospiti scomodi e ingombranti di cui i padroni si disfano liberandoli in natura. Limmissione di questa specie alloctona rappresenta un errore in quanto, per le caratteristiche di voracit e resistenza, ha costituito un ulteriore elemento di squilibrio a carico dellambiente ed ha peggiorato la gi precaria situazione della specie locale. Difficilmente si riuscirebbe ad avere unidea della reale ricchezza delle forme di vita di una lanca se non si dedicasse almeno un cenno alle migliaia di invertebrati che ne popolano le acque e le sponde. In acqua trascorrono tutta la vita piccoli crostacei, molluschi e anellidi; molti insetti inoltre durante la vita larvale sono legati allacqua da cui escono in seguito alla metamorfosi che ne cambia radicalmente laspetto, le abitudini alimentari e gli ambienti frequentati. Molti ditteri hanno un ciclo vitale parzialmente acquatico; tra i pi noti vi sono i simulidi ed i culicidi, questi ultimi da adulti non sono altro che le tanto odiate zanzare, spesso cos abbondanti da rendere le lanche praticamente inavvicinabili da chi non adeguatamente protetto. Ma forse lesempio pi noto costituito dalle libellule (odonati) di cui le acque ferme della lanca costituiscono il regno. Comuni sono i coleotteri acquatici (ditiscidi, aliplidi e girinidi) in cui anche gli adulti presentano spiccati adattamenti al nuoto ed alla vita subacquea, rinvenibili nella forma idrodinamica del corpo e nelle zampe posteriori trasformate in potenti pagaie. Lassunzione dellossigeno avviene dallaria, trattenuta in bolle che rimangono attaccate al corpo durante il nuoto. Anche i gerridi (emitteri) sono abitanti tipici delle lanche e, scivolando sospesi sulle lunghe zampe, utilizzano la superficie dellacqua come un enorme pista di pattinaggio. Le modalit di alimentazione di questo microcosmo sono le pi svariate e si incontrano organismi fitofagi (i molluschi gasteropodi appartenenti alla famiglia dei Neritidae o i coleotteri aliplidi), detritivori (efemerotteri del genere Caenis), filtratori (come i molluschi bivalvi appartenenti al genere Unio o i ditteri simulidi), ma anche voraci predatori (quali adulti e larve di libellule, ed i coleotteri ditiscidi). Pu capitare inoltre che nelle lanche si verifichino periodiche fioriture di una piccola medusa dulciacquicola la Craspedacusta sowerbyi la cui

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presenza documentata in una lanca nei pressi di Pavia. Le popolazioni di invertebrati costituiscono la fonte di cibo per anfibi e pesci svolgendo un ruolo fondamentale per il sostentamento dei consumatori primari e secondari che popolano lintero ecosistema della lanca.

Laghi di rotta fluviale o bodri


Genesi e struttura dei laghi di rotta fluviale. Si tratta di raccolte di acqua ferma pi o meno estese (dai 20 ai 100 m di diametro) di forma approssimativamente circolare che, lungo la bassa pianura padana, costellano larea golenale del Po e dei suoi affluenti pi a valle. I laghi di rotta fluviale sono elementi che storicamente caratterizzano il paesaggio planiziale lombardo (province di Lodi, Cremona e Mantova), emiliano e veneto. Essi costituiscono una delle pi forti testimonianze del dialogo tra fiumi e pianura e segnalano larea di influenza del fiume nel corso delle mille divagazioni cui soggetto nel tempo. In ciascuna provincia stato loro attribuito un nome dialettale e, per quanto riguarda il territorio lombardo, sono noti come bodri o foponi nella zona del lodigiano e del cremonese e come bugni nel mantovano. Lorigine di questi piccoli laghi si pone in corrispondenza di piene eccezionali, quando lenorme carico di acqua portato dal fiume supera o sfonda gli argini. In queste occasioni subito oltre largine o, pi raramente, a cavallo di esso si creano dei moti vorticosi, il cui asse perpendicolare al piano di campagna, che letteralmente trapanano per svariati metri il suolo creando fosse di sezione subconica (Fig. 11 a). Quando le acque si ritirano, a testimonianza della piena, restano queste enormi pozze di acqua ferma profonde in alcuni casi fino a 15 metri, isolate dal fiume, ma in comunicazione con la falda sottostante che stata intercettata durante lazione erosiva esercitata dal vortice (Fig. 11 b); un lento, ma continuo, ricambio di acqua quindi assicurato dagli apporti della falda. La formazione dei laghi di rotta fluviale possibile anche grazie alla scarsa resistenza opposta dal suolo costituito in prevalenza da sedimenti sabbiosi. Evoluzione. Come gli altri ambienti caratterizzati da acque ferme il destino ultimo dei bodri linterramento. Il processo assai lento e, almeno inizialmente, ostacolato dalla pendenza delle rive che si mantengono relativamente libere dal canneto, il principale responsabile della produzione dei detriti vegetali che si depositano sul fondo del bacino e ne determinano la progressiva chiusura. A poco a poco i bodri si trasformano; come

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avviene anche per le lanche, il fondo si innalza fino ad interrompere i rapporti con la falda e la vegetazione di ripa si chiude fino a coprire lintera superficie del laghetto. A seguito delle massicce opere di regimazione delle acque, gli eventi di formazione di nuovi laghi di rotta fluviale sono sempre pi rari. Gli ultimi si sono formati con le alluvioni del 1994 e del 2000, ma la maggior parte di essi stata subito richiusa con mezzi meccanici senza che i processi evolutivi sopra descritti potessero avviarsi. Appare quindi chiaro che il naturale ricambio di questi laghetti attualmente non si verifica e che i pochi rimasti sono per ci ancora pi fragili e preziosi.

Figura 11 a). Fasi della nascita di un lago di rotta fluviale.

Figura 11 b). Il bodri di Torricella del Pizzo (CR) cos come appariva poco dopo la sua formazione, in seguito alla piena del 1994.

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Struttura tipica. I laghi di rotta fluviale sono in genere abbastanza profondi, di aspetto tondeggiante ed hanno rive molto ripide; queste caratteristiche sono direttamente riconducibili alla loro origine e permettono di distinguerli con facilit dalle lanche. Queste ultime infatti si caratterizzano per forma arcuata, profondit minore e sponde dolcemente digradanti. In stretta connessione con gli eventi che li hanno originati, molti bodri si trovano a ridosso degli argini, che a volte sono stati rimodellati in modo da comprenderli al proprio interno. Il collegamento con la falda assicura che il livello piezometrico, a parte le oscillazioni stagionali, sia relativamente stabile; in tal modo lacqua presente costantemente ed in quantit compatibili con le esigenze vitali degli organismi ospitati. La pendenza delle rive mal si concilia con lattecchimento delle macrofite emergenti e di conseguenza la bordura interna assai ridotta. Incastonati in una campagna intensamente coltivata, i bodri possono contare su una esilissima corona di alberi e arbusti oltre la quale hanno subito inizio i campi (Fig. 12). Osservando il panorama della pianura, questi piccoli elementi di discontinuit risaltano subito per le condizioni di isolamento in cui si trovano; la maggior parte di essi infatti irraggiungibile da parte della fauna che ha difficolt di spostamento e, di conseguenza, le potenzialit di arricchimento della biodiversit si realizzano solo in parte.

Figura 12. Forma dei bodri e distribuzione della vegetazione.

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Problemi di conservazione. Pochissimi bodri si conservano ancora allo stato naturale. La maggior parte tradizionalmente utilizzata come bacino idrico cui attingere per lirrigazione dei campi circostanti. Il regolare emungimento facilita il ricambio idrico al loro interno poich la quantit di acqua sottratta crea una depressione che ne richiama una ugual quantit dalla falda. Talvolta questi laghetti vengono impiegati per la pesca sportiva. Se da un lato questutilizzo ne ha salvati molti dalla bonifica, una gestione finalizzata alla pesca sportiva ha dato spazio esclusivamente alle esigenze connesse a questutilizzo, che purtroppo raramente coincidono con quelle di una gestione orientata in senso naturalistico. Lintroduzione di elevate quantit di pesci appartenenti a specie esotiche si spesso rivelata incompatibile con linstaurarsi di equilibri articolati, basati sulla presenza di una molteplicit di organismi legati da rapporti trofici su pi livelli. Grandi quantit di pesci, tra cui figurano molti voraci predatori, incidono negativamente sulle popolazioni dei pochi anfibi che scelgono questi specchi dacqua per la deposizione. Inoltre, il taglio regolare della vegetazione sulle sponde per facilitare laccesso allacqua pu danneggiare gli organismi che vi trovano un ambiente adatto per ripararsi o deporre le uova. E pertanto auspicabile che in futuro si cerchi quantomeno di conciliare le esigenze di utilizzo con quelle di una gestione che ne valorizzi gli aspetti naturalistici, in modo da creare le condizioni adatte allinsediamento del maggior numero possibile di specie, preferibilmente autoctone. Nei casi peggiori queste preziose raccolte dacqua sono state trasformate in discariche dei materiali pi svariati oppure cancellate da interventi di bonifica attuati prescindendo dalla valutazione dellimportanza naturalistica di questi ecosistemi. A questi problemi si aggiungano quelli comuni anche alle lanche quali il peggioramento della qualit delle acque a causa della presenza di quantit crescenti di concimi e fitofarmaci dilavati dalla campagna circostante nella falda o direttamente nellacqua. Infine la generalizzata tendenza allabbassamento delle falde, che da qualche anno a questa parte si registra in pianura, ha interessato anche i bodri. La diminuzione delle acque al loro interno al di sotto della quantit minima necessaria a mantenere integro lecosistema, ha messo a rischio lesistenza di alcuni di essi. Flora dei bodri. Vi sono somiglianze fortissime tra la flora tipica dei laghi di rotta fluviale e quella delle lanche. Le differenze sono ascrivibili alla diversa sezione del bacino che nei bodri presenta pareti ripide e pu essere anche molto profondo. Tali differenze tendono in ogni caso ad atte-

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nuarsi nelle fasi pi avanzate del processo di interramento, quando il lago di rotta fluviale mantiene la forma tipicamente circolare, ma la sezione si avvicina sempre pi a quella tipica della lanca. In genere larea in cui il fondo raggiunge le profondit maggiori resta libera dalla vegetazione in quanto le piante sommerse non avrebbero luce a sufficienza e quelle che espongono le foglie sulla superficie dellacqua avrebbero bisogno di strutture troppo lunghe per collegarsi con il fusto radicato sul fondo. Le piante appartenenti al potameto, cio le piante sommerse, possono essere anche molto abbondanti; le pi comuni sono il miriofillo (Myriophyllum spicatum) e la lingua dacqua (Potamogeton natans) cui si possono aggiungere la peste dacqua armata (Lagarosiphon major) e, pi raramente, lerba vescicaria (Utricularia vulgaris). Nel lamineto spiccano i grandi fiori bianchi della Ninfea alba e quelli pi piccoli, giallo intenso del nannufero (Nuphar luteum) e del limnantemio (Nimphoides peltata). Le piante liberamente natanti appartenenti al lemneto sono rappresentate da Lemna minor e Spirodela polyrrhiza e possono diffondersi su gran parte delle superficie fino a trasformarla in un tappeto verde brillante. Altre essenze adattate alla vita sullacqua, gi citate nella parte dedicata alle lanche, sono il morso di rana (Hydrocharis morsus ranae) e la castagna dacqua (Trapa natans). Le piante acquatiche emergenti (Typha latifolia e Phragmites australis), che costituiscono la bordura interna sono assai scarse, se non del tutto assenti, a causa della gi citata ripidezza delle sponde che ne ostacola linsediamento. Tra tife e cannucce di palude trovano spesso spazio altre essenze quali la piantaggine dacqua (Alisma plantago aquatica), il giunco fiorito (Butomus umbellatus), la veronica dacqua (Veronica anagallis aquatica), il coltellaccio (Sparganium erectum), ecc. Lungo i margini, affacciata allo specchio dacqua, vi una ricca bordura esterna in cui spiccano la canapa dacqua (Eupatorium cannabinum), la salcerella (Lythrum salicaria), liris giallo (Iris pseudacorus), il pepe dacqua (Polygonum hydropiper), il campanellino estivo (Leucojum aestivum). Sul perimetro dei bodri, spesso si trova una corona di alberi ed arbusti profonda solo pochi metri, a sviluppo discontinuo, composta nella maggior parte dei casi da specie alloctone pi o meno acclimatate quali robinie (Robinia pseudacacia), ailanto (Ailanthus altissima), pioppo euroamericano (Populus canadensis) che riflettono lo stato di compromissione della vegetazione nella campagna circostante. In questa fascia tuttavia pu esserci ancora spazio per i rappresentanti pi tipici della vegetazione planiziale come farnia (Quercus robur), acero campestre (Acer campestris), ontano

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nero (Alnus glutinosa), pioppo bianco (Populus alba). Qui trova condizioni favorevoli il rovo (Rubus ulmifolius) che si diffonde rapidamente anche grazie alla conformazione di questi anelli di vegetazione il cui aspetto nastriforme privilegia lo sviluppo di specie associate a condizioni di margine. Intorno ai bodri meglio conservati si trovano anche arbusti quali sanguinello (Cornus sanguinea), biancospino (Crataegus monogyna), prugnolo (Prunus spinosa), pallon di neve (Viburnum opulus). La vegetazione perimetrale, incalzata dai campi, non riesce a svilupparsi in bosco e non offre in genere spunti di particolare interesse. La sua funzione tuttavia assai importante in quanto in una campagna dove la vegetazione spontanea quasi inesistente, queste ridotte presenze contribuiscono comunque alla valorizzazione dello specchio dacqua, che potr cos ospitare una fauna pi ricca (Fig. 13).

Figura 13. Un lago di rotta fluviale nel suo tipico aspetto; la parte centrale, a causa della profondit dellacqua resta libera dalla vegetazione. Si notino i campi che arrivano fin quasi sulle sponde.

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Fauna dei bodri. I bodri sono piccole zone umide naturali immerse tra la monotonia dei coltivi. Il limite maggiore di queste piccole oasi il gi citato isolamento che si ripercuote sia sui popolamenti faunistici, sia, pi in generale, sulla valenza naturalistica delle aree stesse. La mancanza di collegamenti con altri siti ad elevata naturalit fa s che i laghi di rotta fluviale, di per s adatti allinsediamento di specie anche molto esigenti dal punto di vista ecologico, rimangano di fatto fruibili soltanto da parte di specie che non hanno problemi di spostamento o che non necessitano di superfici estese. Tra i vertebrati i pi avvantaggiati vi sono sicuramente gli uccelli che risultano tra gli ospiti di spicco. Sulla vegetazione arborea ed arbustiva dei i bordi possono trovare un ambiente adatto alla nidificazione il pendolino (Remiz pendulinus) e, a patto che ci siano alberi maturi e ricchi di cavit, la cinciarella (Parus caeruleus) e la cinciallegra (Parus major). Labbondanza di arbusti, favorita dalleffetto margine tipico dellesile anello di vegetazione che circonda lacqua apprezzata da specie che solitamente frequentano le zone di ecotono tra bosco e campagna o le siepi di confine tra i campi. Tra queste possibile citare la capinera (Sylvia atricapilla), lusignolo di fiume (Cettia cetti) o il comunissimo merlo (Turdus merula). Lo specchio dacqua frequentato invece da gallinella dacqua (Gallinula chloropus), folaga (Fulica atra) e germano reale (Anas platyrhynchos), che non di rado vi trovano tranquillit sufficiente per nidificare. Molti altri uccelli frequentano questi ambienti come luoghi di alimentazione, di sosta, o di svernamento. E abbastanza comune che gli Aironi cenerini (Ardea cinerea) si appostino pazienti sulle sponde in attesa di catturare qualche preda; mentre, nel periodo delle migrazioni, vi si possono incontrare svariate specie di passo, per lo pi anatidi. Dove il canneto riuscito a svilupparsi si insediano piccoli silvidi di palude, come la cannaiola verdognola (Acrocephalus palustris) e, pi raramente, il cannareccione (Acrocephalus arundinaceus) che si rendono manifesti attraverso unintensa e potente attivit canora. Si tratta di uccelli comuni anche nei vasti canneti sulle rive delle lanche che tuttavia sanno accontentarsi anche delle minori dimensioni raggiunte da questi ambienti nei bodri. Anfibi e rettili, che notoriamente si spostano con meno facilit rispetto agli uccelli, soffrono maggiormente gli effetti dellisolamento di queste aree. Inoltre le sponde ripide e le acque profonde, spesso ricche di pesci, sono poco adatte alla deposizione delle uova di anfibi; di conseguenza, tali stagni risultano abitati quasi esclusivamente dalle specie pi comuni (Rana esculenta e Rana lessonae). Un importante azione di collegamento viene svolta dalle piene fluviali che periodicamente raggiungono queste raccol-

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te dacqua portando con s, oltre ai pesci, anche altri animali come la sempre pi rara tartaruga palustre (Emys orbicularis) (Fig. 14). Littiofauna molto simile a quella descritta per le lanche e caratterizzata da specie tipiche delle acque ferme e scarsamente ossigenate, molte delle quali non appartengono alla fauna locale, ma sono state introdotte per la pesca. La ricchezza degli invertebrati acquatici ricorda quella descritta a proposito delle lanche, e conta numerosi insetti, alcuni legati allacqua per tutta la vita ed altri durante la sola fase larvale, cui si aggiunge una nutrita comunit di anellidi e molluschi. Anche in questi ambienti, come gi evidenziato per le lanche, stato segnalato linteressante ritrovamento, di una colonia di meduse dulciacquicole (Craspedacusta sowerbyi) probabilmente insediatasi in seguito ad una piena fluviale.

Figura 14. Testuggine palustre Emys orbicularis.

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I fontanili
Ambienti naturali o artificiali ? I fontanili o risorgive, caratterizzano ampi settori della pianura padana e offrono loccasione per linstaurarsi di nuclei di naturalit che accolgono particolari forme biologiche ed hanno grande pregio paesaggistico come elementi di rottura della monotonia agricola della pianura. Eppure, quelli che oggi si distinguono come monumenti naturali, originariamente nacquero dallazione delluomo sullambiente e possono pertanto essere visti come punto dincontro tra uomo e natura. Le particolari condizioni idrogeologiche della pianura padana, che stanno alla base della straordinaria abbondanza di acqua in queste terre, sono lindispensabile presupposto alla nascita dei fontanili, che possono essere considerati il mezzo con cui luomo ha assecondato la naturale tendenza dellacqua ad affiorare in superficie, specialmente in corrispondenza dei piccoli avvallamenti del terreno. A Nord del Po la pianura attraversata, dal Piemonte al Veneto, da una zona di ampiezza variabile tra i 2 ed i 25 chilometri detta fascia delle risorgive in cui la falda freatica decorre in prossimit del piano della campagna e tende naturalmente ad emergere. Tale fascia si colloca al passaggio tra alta e bassa pianura, che sono caratterizzate da differente struttura litostratigrafica e differente permeabilit allacqua. Infatti, i depositi alluvionali dellalta pianura sono formati da elementi grossolani sciolti, che facilitano il passaggio dellacqua; parallelamente a questi, ma pi in basso, si collocano i depositi della bassa pianura costituiti invece da materiali pi fini, prevalentemente sabbiosi e argillosi che tendono invece a rallentare fortemente, se non a fermare del tutto, lo scorrere dellacqua. Spostandosi da Nord a Sud la permeabilit del suolo si riduce e le acque della falda, arricchitesi grazie agli apporti ricevuti in corrispondenza della permeabile alta pianura, sono ostacolate dalla mutata struttura dei sedimenti e tendono a salire verso la superficie topografica, fino ad affiorare (Fig. 15). Non si sa con precisione quando luomo diede vita ai primi fontanili, ma gi nel Medioevo gli abitanti della fascia delle risorgive avevano labitudine di sfruttare il particolare comportamento della falda captando ed incanalando lacqua che spontaneamente si offriva sulla superficie del suolo. Da uno scavo poco profondo, ma spesso ampio anche diversi metri, e dal successivo convogliamento dellacqua in un complesso sistema di canali nacquero i fontanili propriamente detti. Dal punto di vista strutturale un fontanile composto dalla testa, larea

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pi o meno ampia scavata dalluomo in cui si raccoglie lacqua sorgiva, e dallasta, il piccolo canale in cui vengono indirizzate le acque. La forma e le dimensioni della testa sono molto variabili. In genere si tratta di un area ora tondeggiante, ora pi allungata, ma sempre sensibilmente pi ampia dellasta. Allinterno della testa lo scavo stato condotto in modo da intercettare la falda semiaffiorante fino a scendere poco sotto il livello piezometrico. Sul fondo, per captare le vene di acqua sorgiva, anticamente venivano piantati tini di quercia cui veniva tolto il fondo. In virt della differenza di pressione che si crea, lacqua sgorga ribollendo e d origine alle polle o occhi del fontanile (Fig. 16). Oggi i tini sono stati interamente sostituiti da cilindri di cemento dal diametro variabile e, in alcuni casi, da lunghi tubi di ferro che consentono di raggiungere le vene di acqua pi profonde. Le pareti di tutte queste strutture di captazione presentano file di fori che favoriscono il passaggio dellacqua (Fig. 17). I fontanili hanno svolto un ruolo centrale nel modellare il volto della campagna che li ospita; da un lato hanno drenato il suolo circostante che, impregnato di acqua, presentava in ampie aree i connotati di una palude; dallaltro hanno permesso lo sfruttamento ai fini agricoli di unacqua dalle caratteristiche particolari grazie alla quale si sono diffuse le marcite, particolari forme di produzione di foraggio che per secoli hanno caratterizzato il paesaggio di queste terre.

Figura 15. Lestensione della fascia dei fontanili e delle risorgive nella pianura padana. E la differente composizione litostratigrafica tra alta e bassa pianura a determinare il fenomeno delle risorgive.

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Figura 16. Polle di fontanile. In questo caso sono stati impiegati tubi metallici con estremit a pipa.

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Figura 17. Sezione trasversale di un fontanile. La spontanea tendenza dellacqua ad affiorare viene assecondata piantando nel terreno tubi di cemento o di ferro che danno origine alle polle.

Le acque di risorgiva. Lacqua che sgorga dagli occhi del fontanile proviene direttamente dalla falda e pertanto si presenta straordinariamente limpida e con una temperatura relativamente costante durante tutto lanno. La provenienza ipogea ha per lungo tempo assicurato lassenza di inquinanti, ora peraltro non sempre garantita a causa della compromissione di molte falde superficiali. La temperatura media di questacqua varia tra i 10 ed i 16 C e subisce oscillazioni assai limitate in quanto il suolo svolge una funzione protettiva rispetto alle variazioni superficiali. Lescursione

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termica ha un andamento ciclico ritardato di due o tre mesi rispetto a quello stagionale cui invece sono soggette le acque di superficie. Il calore accumulato nel suolo durante lestate si irradia lentamente allacqua di falda la cui temperatura registra i valori massimi in autunno; viceversa i processi di raffreddamento sono successivi allinverno e le temperature minime sono tipiche del periodo primaverile. Le oscillazioni stagionali delle portate riflettono landamento di fattori locali e climatici che generalmente determinano valori minimi in primavera e che successivamente si elevano in tarda estate e nel corso dellautunno. Le marcite. Nei mesi freddi lacqua dei fontanili si presenta tiepida indipendentemente dalle temperature raggiunte dallambiente esterno; questa caratteristica ha consentito in passato lallestimento delle marcite, prati stabili irrigui il cui ciclo produttivo prolungato fino a consentire lesecuzione di 7, 8 sfalci in un anno. Non si hanno documenti circa i primi esperimenti di adozione di questa particolare tipologia colturale probabilmente suggerita dallosservazione del fatto che la vegetazione intorno alle risorgive si manteneva verde durante lintero corso dellanno. Le prime notizie certe sullallestimento sistematico di marcite riguardano i monaci cistercensi delle abbazie di Chiaravalle e Morimondo. Tale pratica tuttavia non rimase confinata allinterno dei monasteri e, tra le fredde nebbie degli inverni padani, iniziarono a comparire sempre pi spesso questi prati verdi il cui suolo non ghiaccia mai. Lutilizzo delle marcite si estese pi o meno in tutta la fascia delle risorgive, ove cio sussistevano le condizioni idonee, e raggiunse la massima diffusione nel 1700 grazie alle riforme promosse in campo agrario da Maria Teresa dAustria. La disponibilit di foraggio fresco durante tutto lanno diede grande impulso allallevamento del bestiame la cui tradizione, se pur su basi completamente differenti, si conserva ancor oggi. La marcita si mantiene grazie ad un complesso sistema idraulico il cui schema classico prevede che lacqua giunga attraverso il canale irrigatore; questo scorre lungo il margine del prato e cede le acque ad una serie di canaletti ciechi, ad esso perpendicolari, che si insinuano nella marcita. Il campo che ospita questa straordinaria forma di coltivazione organizzato in una successione di piani inclinati posti a coppie, come gli spioventi di un tetto. Sulla linea di incontro verso cui convergono, in alto, due piani, corrono dei canaletti detti adaquatori; da essi lacqua tracima e, seguendo linclinazione del terreno, defluisce lateralmente fino a raggiungere i cavi di raccolta, detti coli. Questi ultimi confluiscono nel canale

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emissario ad essi perpendicolare e parallelo invece al canale irrigatore (Fig. 18). Quando pi prati marcitori si trovano vicini possono essere irrigati in serie ed in questo caso il canale emissario di una marcita funge da irrigatore per la successiva. Grazie a questo sistema il suolo viene ricoperto da un velo di acqua tiepida che fluisce lentamente cedendo il proprio calore al terreno e consentendo lo sviluppo del prato anche quando le temperature oscillano intorno allo zero (Fig. 19). Solitamente lirrigazione viene fatta in modo intermittente con una pausa che coincide con le ore di luce; nelle giornate particolarmente fredde per, lacqua scorre ininterrottamente in modo da assicurare il mantenimento del suolo a temperature miti. In estate generalmente la marcita viene condotta come un qualsiasi prato stabile. La rete di canali che supporta la marcita richiede frequenti interventi di manutenzione lunghi e dispendiosi al cui costo si somma anche quello dellacqua. Sono proprio questi i principali motivi che hanno determinato il declino delle marcite, non pi redditizie in confronto alle moderne tecniche di alimentazione del bestiame.

Figura 18. Schema di una marcita.

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Figura 19. Una delle poche marcite rimaste. Si notino il complesso sistema di canaletti ed il terreno modellato in modo da formare una serie di piani inclinati.

Lenorme valore culturale e paesaggistico di queste pietre miliari della storia dellagricoltura in pianura padana indubbio; esse tuttavia rivestono un importante ruolo anche dal punto di vista naturalistico in quanto ospitano una ricca comunit di invertebrati (crostacei, insetti, anellidi ecc.) che costituiscono il nutrimento per molti altri animali. La presenza delle marcite allevia i rigori invernali ad una grande quantit di uccelli che le perlustrano in cerca di cibo. Pavoncelle, Aironi cenerini, Garzette, Beccaccini ed altri ancora si osservano facilmente tra il verde delle poche marcite superstiti, mentre cercano di placare la fame in uno dei periodi in assoluto pi avari di cibo. Anche gli uccelli migratori trovano spesso nel suolo umido delle marcite lambiente accogliente per una sosta. Flora dei fontanili. Le particolari condizioni che si stabiliscono nel fontanile determinano un ambiente favorevole allinstaurarsi di condizioni vegetazionali e floristiche peculiari; qui la flora, stimolata dal perdurare di temperature miti anche nei mesi freddi, presenta un periodo vegetativo esteso a tutto lanno. Lacqua che sgorga limpida dalle polle in continuo movimento ed il fondo, almeno inizialmente, rimane libero da

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sedimenti fini; di conseguenza favorito linsediamento di una comunit differente da quella che si incontra invece lungo lasta, dove le condizioni mutano rapidamente. Il fontanile un ambiente in rapida evoluzione; per mantenerlo attivo sono necessarie azioni di manutenzione e spurgo relativamente frequenti, diversamente tender spontaneamente ad interrarsi. Il fondo, inizialmente ghiaioso, si copre di detriti fini ed assume un aspetto fangoso; le polle si intasano ed emettono quantit decrescenti di acqua che defluisce sempre pi lentamente nella testa, ora caratterizzata da un aspetto meno limpido e globalmente stagnante. Periodiche azioni di spurgo compiute al massimo ogni tre o quattro anni, interrompono questo processo e riportano il fontanile allo stadio iniziale. Il vivace movimento dellacqua che si crea intorno alle polle risorgive ne favorisce lossigenazione; qui si trovano il crescione (Nasturtium officinale) e il falso crescione (Apium nodiflorum), cos chiamato per la facilit con cui un occhio inesperto lo pu confondere con la specie precedente. Del crescione sono noti luso alimentare e le propriet terapeutiche dovute alla ricchezza di vitamina A e soprattutto C. Le due piante si distinguono per la forma dei fiori, a cinque petali e raccolti in piccole infiorescenze ad ombrello nel falso crescione, a quattro petali e organizzati in cime nel crescione vero e proprio. I frutti sono assai differenti, nel primo sono piccoli, ovali e raccolti in ombrelli; nel secondo invece compaiono silique allungate in cui si intuiscono i semi disposti in fila. Queste specie crescono assai rapidamente fino a diffondersi in tutta la testa del fontanile e caratterizzano con la propria presenza lintero popolamento vegetale fino a costituire, in certi casi, le uniche essenze presenti. Sovente, ad essi si accompagnano la menta dacqua (Mentha aquatica), che in primavera si ricopre di delicate infiorescenze rosate, e la Veronica anagallisaquatica, dalle tipiche spighe di piccoli fiori azzurro-biancastri. Queste piante formano lassociazione dellHelosciadetum, che viene presentata come tipica dei fontanili, sebbene in provincia di Cremona sia stata segnalata la presenza della sedanina dacqua (Berula erecta), che tende a sostituire Apium nodiflorum. Tipiche delle sponde sono invece essenze appartenenti al genere Poligonum, ed altre tra cui il non ti scordar di me (Myosotis scorpyoides), la cardamine amara (Cardamine amara) e lorchidea selvatica Listera ovata. Se le operazioni di spurgo sono rare, dopo circa tre o quattro anni dallultimo intervento, sul fondo iniziano ad accumularsi limi e detriti organici favorevoli allinsediamento di altre tipologie vegetazionali. Si assiste cos alla comparsa della peste dacqua (Elodea canadensis), del

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ceratofillo (Ceratophyllum demersum), del miriofillo (Myriophyllum spicatum) intervallati da qualche ranuncolo acquatico (Ranunculus trichophyllus) oltre che da specie dei generi Potamogeton e Callitriche; i popolamenti di Lemna la cui estensione nella fase precedente era assai contenuta, tendono ora a diffondersi con gran rapidit. La maggior parte di queste specie sono gi state trattate a proposito della flora di altri ambienti umidi quali lanche e paludi. La loro presenza segna la progressiva transizione dallassociazione dellHelosciadetum a quella del MyriophylloNupharetum tipica di questi ultimi ambienti. Sulle sponde dei fontanili abbandonati iniziano a farsi largo le mazzesorde (Typha latifolia) e le cannucce di palude (Phragmites australis) a volte accompagnate dal coltellaccio (Sparganium erectum e S. emersum) e dalla piantaggine dacqua (Alisma plantago-aquatica). Se non subentra alcun intervento umano le rive del fontanile sono destinate a chiudersi sempre di pi ed il processo di interramento a concludersi nel giro di qualche decennio (Fig. 20).

Figura 20. Progressivo interramento della testa del fontanile e conseguente modificazione della vegetazione.

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Procedendo invece lungo lasta divengono tipici i potamogeti (Potamogeton sp.), le cui fronde sommerse si piegano al flusso della corrente, associati alla lima (Valnisseria spiralis). Queste specie sono distintive dellassociazione Potameto-Valnisserietum cui sovente fanno da contorno lerba gamberaia (Callitriche sp.), il miriofillo, il ceratofillo ed i ranuncoli (Ranunculus trichophyllus e R. fluitans). Bench lelemento caratteristico di questi ambienti sia lacqua di grande importanza anche la cortina di vegetazione che si sviluppa ai margini della testa o lungo le sponde dellasta; in alcuni casi, purtroppo sempre pi rari, questa vegetazione trova ancora lo spazio sufficiente per svilupparsi fino a costituire piccoli boschetti che, nelle situazioni meglio conservate, presentano molti dei tratti del bosco igrofilo planiziale. Purtroppo le essenze dominanti sono spesso rappresentate dalla robinia (Robinia pseudacacia) e dal pioppo ibrido (Populus x euroamericana), entrambe di origine alloctona. Fauna dei fontanili. Le limpide acque dei fontanili accolgono un campionario faunistico di rara ricchezza dove, per le particolari qualit di ossigenazione e purezza, possibile rinvenire anche specie tipicamente appartenenti alla fauna pedemontana. Tra i rappresentanti pi significativi che fungono da indicatori delle condizioni peculiari di questi microambienti, vi sono senza dubbio i macroinvertebrati (molluschi, piccoli crostacei, larve di insetti) di cui si gi parlato a proposito delle lanche e dei bodri (Fig. 21). Qui, tuttavia, in condizioni ottimali, il popolamento si arricchisce e si caratterizza per la presenza di specie tipiche degli ambienti di risorgiva che vivono solo nelle acque particolarmente pure e ricche di ossigeno. Non mancano naturalmente rappresentanti dei coleotteri, degli emitteri e degli odonati; le larve di questi ultimi sono tra i pi voraci ed abbondanti predatori di questi ambienti, temibili anche da parte di piccoli pesci e girini. Nei fontanili hanno trovato rifugio gli ormai rarissimi gamberi di fiume (Austropotamobius pallipes), vistosi crostacei un tempo assai diffusi in tutti i corsi dacqua della pianura e molto apprezzati sulle mense locali. Naturalmente la rapida tendenza allinterramento del fontanile si fa sentire, oltre che sulla comunit vegetale, anche sui macroinvertebrati i cui popolamenti variano in composizione al mutare delle condizioni del fondo, della flora e dei microambienti a disposizione. Anche littiofauna presente degna di nota; spesso infatti vi si trovano in abbondanza specie che, a causa della particolare sensibilit allinquinamento e dellesigenza di condizioni ambientali particolari, stanno suben-

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do un calo progressivo e generalizzato. Non da ultimo bene ricordare che lo status di specie un tempo comuni ora minacciato dallimmissione di specie esotiche competitrici o di specie predatrici. Le presenze pi caratteristiche riguardano lo spinarello (Gasterosteus aculeatus), il vairone (Leuciscus suffia), la sanguinerola (Phoxinus phoxinus) ed il ghiozzo padano (Padogobius martensi) endemico della pianura padana e, dove le dimensioni della testa del fontanile sono adeguate, tra gli ospiti pu comparire anche il luccio (Esox lucius). In quei fontanili dove il fondale caratterizzato da sedimenti fini sono stati segnalati il cobite (Cobitis taenia) e la lampreda padana (Lethenteron zanandreai) (Fig. 22), specie di grande importanza in quanto endemica e molto rara. Lo stadio larvale, che si protrae dai 3 ai 5 anni, viene trascorso sul fondo; qui le larve si infossano lasciando sporgere solo la testa. Questi organismi sono dei filtratori e sono particolarmente sensibili alla qualit delle acque; infatti sufficiente un solo episodio di inquinamento acuto per sterminarne una popolazione. Tra i rettili pi legati alle acque di risorgiva si segnalano la biscia dacqua (Natrix natrix) e soprattutto la biscia tassellata (Natrix tassellata) che vincola la sua presenza ad ambienti ben conservati. Per quanto riguarda gli anfibi invece, vale la pena citare la possibile presenza dei tritoni

Figura 21. Alcuni macroinvertebrati che possono popolare le acque di un fontanile.

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(Triturus carnifex e Triturus vulgaris) che qui trovano un ambiente adatto alla vita delle larve e degli adulti. Intorno al fontanile, quando questo circondato da una cintura di vegetazione ben conservata, possono trovare spazio molti altri animali la cui vita meno strettamente intrecciata allacqua, ma che non riescono a vivere nella campagna circostante, stravolta dalle esigenze della produzione agricola intensiva. Lestensione limitata che, nella maggior parte dei casi, caratterizza queste cortine di vegetazione, esalta leffetto margine, sia perch lestensione della fascia perimetrale prevale su quella delle zone interne, sia perch in un raggio limitato si assiste alla transizione tra ambienti differenti: agricolo, forestale e umido. Di questa specifica situazione si avvantaggiano le specie tipiche delle zone di margine. Tra gli uccelli i pi frequenti sono la capinera (Sylvia atricapilla), lusignolo (Luscinia megarhynchos), lusignolo di fiume (Cettia cetti) e lubiquitario merlo (Turdus merula). I mammiferi sono invece rappresentati ad esempio dal riccio (Erinaceus europaeus) e dalla donnola (Mustela nivalis). Dove invece lo spazio per la foresta pi ampio si incontrano alcune delle specie che popolano i boschi igrofili come picchio rosso maggiore (Picoides major) e rigogolo (Oriolus oriolus) tra gli uccelli, o moscardino (Muscardinus avellanarius) e arvicola rossastra (Clethrionomys glareolus) tra i piccoli mammiferi. Per quanto riguarda lerpetofauna, invece, una copertura vegetale estesa risulta particolarmente adatta per ospitare lorbettino (Anguis fragilis), il saettone (Elaphe longissima) o lendemica rana di Lataste (Rana latastei) che trascorre la vita nellumida lettiera del bosco igrofilo e ricerca pozze di acqua piccole e tranquille solo al momento della riproduzione e della deposizione delle uova.

Figura 22. Lampreda padana (Lethenteron zanandreai).

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Problemi di conservazione. Il potenziale contributo dei fontanili alla biodiversit della pianura lombarda enorme ed anche il loro valore come testimonianza storico-culturale inestimabile. Nondimeno la sopravvivenza di questi ambienti fortemente minacciata da un insieme di fattori che spesso concorrono a determinarne la definitiva compromissione. Nati per sfruttare a fini agricoli lacqua delle risorgive, oggi, anche in seguito allabbandono delle marcite, vengono completamente trascurati. I periodici interventi di spurgo, sono infatti troppo dispendiosi e non hanno alcun riscontro economico diretto per lagricoltore che se ne voglia fare carico; lassenza di manutenzione ha come conseguenza il progressivo interramento. A ci si aggiunga che lacqua di fontanile, tradizionalmente caratterizzata da alti livelli di qualit, spesso contaminata da varie tipologie di inquinanti veicolati dallacqua che percola dai campi circostanti, o da quella dei canali, spesso ricettori di scarichi, collegati ai fontanili attraverso la rete irrigua. In occasione di episodi di piena le acque inquinate risalgono lasta e raggiungono facilmente anche i fontanili. Molti fontanili inoltre hanno risentito del fenomeno dellabbassamento della falda, che ha interessato ed interessa tuttora ampi settori della pianura. Spesso infatti essi attingono dalla falda pi superficiale il cui impoverimento ha determinato il drastico calo della portata delle polle con effetti negativi sulla vitalit dellintero ecosistema. Labbassamento del livello di falda il risultato della mutata destinazione duso di molte campagne, ove si assistito allampliamento delle aree urbane industriali. Questi fattori hanno determinato laumento dellemunzione e contemporaneamente hanno diminuito le occasioni di ricarica della falda generate dalla rete di irrigazione capillare che insisteva sui coltivi preesistenti. La crescente consapevolezza nei confronti del valore di questi piccoli ambienti li ha resi oggetto di specifici programmi di censimento, riqualificazione e tutela spesso promossi dai parchi regionali o dalle amministrazioni locali. In alcuni casi i fontanili sono soggetti a specifica tutela come ad esempio il fontanile Nuovo e le Sorgenti della Muzzetta in provincia di Milano, oppure il fontanile Brancaleone in provincia di Bergamo. Il quadro generale resta per preoccupante, sia per le condizioni di degrado in cui la maggior parte di essi tuttora versa, sia per il definitivo interramento di molti fontanili che ha determinato la completa scomparsa di questi ambienti in molte aree che un tempo li ospitavano.

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Le cave
Cosa sono le cave. Grazie alle cave luomo estrae dal suolo torba, ghiaia, sabbia, argilla ed altri materiali da impiegare nelle attivit edilizie. La coltivazione di una cava determina sempre rimaneggiamenti assai pesanti del territorio in quanto muta radicalmente le linee fondamentali del paesaggio ed elimina completamente le componenti ambientali preesistenti. A seconda della localizzazione e delle caratteristiche del terreno sul quale sorgono, le cave hanno differente conformazione e generano differenti impatti sul territorio. Per quanto riguarda lattivit estrattiva nelle zone di pianura la maggiore distinzione determinata dai rapporti con la falda sottostante. Se durante gli scavi si raggiunge la falda le cave si dicono in acqua o sottofalda e, al termine dei lavori, il risultato la formazione di un lago di cava. Questa tipologia di cava assai rischiosa in quanto, portando la falda allo scoperto, moltiplica i rischi di un suo inquinamento. Quando invece lo scavo non interessa direttamente la falda si parla di cava in asciutta o soprafalda; queste ultime possono sorgere sia su piane alluvionali, sia lungo terrazzi morfologici di origine fluviale o fluvioglaciale. Nel primo caso la coltivazione prevede lapertura di bacini pi o meno ampi e profondi il cui fondo si mantiene asciutto, nel secondo invece la coltivazione prevede larretramento progressivo del terrazzo. Lavvicinamento del livello di falda alla superficie topografica comporta in ogni caso una maggiore vulnerabilit dei complessi acquiferi sottostanti, di cui occorre tener conto al momento della localizzazione della cava, dei successivi interventi e delle destinazioni previste a fine coltivazione. Se gestite unicamente secondo una logica di tipo economico commerciale, che valuta esclusivamente il ricavato dei materiali estratti, le cave si risolvono in interventi che stravolgono e degradano il territorio con un prezzo assai alto per la collettivit. Le cave abbandonate senza alcun intervento di ripristino offrono uno spettacolo desolante che i timidi tentativi di ricolonizzazione da parte della vegetazione pioniera non riescono ad alleviare. Tra gli uccelli che, in mancanza di alternative migliori, si adattano a queste acque si annoverano i cormorani (Phalacrocorax carbo) e gli svassi maggiori (Podiceps cristatus). Non mancano purtroppo casi in cui questi buchi nel suolo sono stati utilizzati come discariche abusive con ulteriori gravi impatti negativi ed enormi rischi per la falda. A volte i laghi di cava sono utilizzati per lallevamento e la pesca sportiva, ma questutilizzo, a parte gli aspetti ricreati-

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vi, non comporta una riqualificazione significativa, almeno sotto il profilo naturalistico, dellambiente. Il ripristino e la creazione di zone umide. Fortunatamente da alcuni anni la legge vincola le autorizzazioni di apertura delle cave alla presentazione di progetti di ripristino, volti a mitigare gli impatti negativi legati a questa attivit. Qualora il ripristino non si riduca ad interventi sui soli aspetti paesaggistici, ma si basi su principi di ricostruzione che tengano conto del tipo di ambiente e di suolo, pu rappresentare una reale e preziosa occasione di riqualificazione ambientale. In questo paragrafo si accenner brevemente ad un particolare aspetto dei ripristini, quelli che prevedono la ricostruzione di zone umide al posto dei bacini di cava. La creazione di nuove zone umide si pu affiancare a programmi di tutela e gestione di quelle esistenti, al fine di far fronte alla progressiva scomparsa delle zone umide naturali dovuta agli interventi di bonifica e di regimazione dei corsi dacqua superficiali. Gli ambienti che ne derivano sono assimilabili alle lanche ed alle morte e possono parzialmente sopperire alla loro assenza lungo ampi tratti dei fiumi. La creazione di nuove zone umide rientra negli obiettivi a lungo termine della conservazione degli aironi, le cui popolazioni sono attualmente limitate dalla scarsit di siti idonei alla nidificazione. Leccezionale ricchezza e la complessit di questi ambienti li rendono terreno ottimale per operazioni di salvaguardia e reintroduzione anche di specie minacciate o le cui popolazioni stanno subendo cali preoccupanti. Per ottenere i migliori risultati e per contenere i costi dei lavori necessario che il progetto di ripristino non prenda avvio a conclusione delle attivit di coltivazione della cava, ma proceda in parallelo ad esse. In tal modo gli scavi, compatibilmente con le esigenze economiche del cavatore, vengono indirizzati in modo da favorire la sistemazione successiva. Lattenzione alla destinazione finale dellarea di cava pu interessare tutte le fasi del progetto a partire dalla scelta del luogo pi adatto in cui aprire la cava. A questo proposito sono particolarmente consigliati gli scavi condotti in corrispondenza degli antichi meandri fluviali, che corrispondono al luogo pi adatto dove ricreare, o meglio, riaprire una lanca; naturalmente a patto che questi spazi non siano gi occupati da vegetazione naturale. Dove le cave sono sottofalda la presenza di acqua garantita, il suo livello segue le oscillazioni stagionali della falda e la profondit del lago dipende da quanto il fondo della cava scende sotto il livello dellacquifero. Nelle cave di ghiaia per, la separazione ed il successivo scarto dei mate-

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riali pi fini, presenti come impurezze, possono determinare laccumulo sul fondo di limi ed argille e la successiva impermeabilizzazione di questultimo. Quando invece le cave sono soprafalda il fondo si mantiene asciutto, salvo raccolte pi o meno persistenti di acqua piovana. La presenza di acqua pu essere garantita solo mediante apporti esterni derivati dalla rete idrica superficiale o comunque da altre raccolte di acqua persistenti. Il ripristino deve essere finalizzato a potenziare la ricettivit sia vegetazionale, sia faunistica di un determinato sito in linea con le caratteristiche reali e potenziali dellarea in cui si colloca. A tal fine, compatibilmente con le dimensioni della cava da ripristinare, si cerca di prevedere il maggior numero possibile di microambienti diversi al fine di favorire linsediamento del maggior numero di specie. E importante sottolineare che la conoscenza della biologia e delle preferenze ambientali delle specie che abitano le zone umide fa parte del bagaglio imprescindibile delle conoscenze su cui basare lintervento. Le linee generali su cui impostare un ripristino mirano alla realizzazione di un bacino di forma irregolare, che eviti cio rive dritte ed angoli retti (Fig.23). In particolar modo se la cava sorge in un paleomeandro sar importante che la forma del bacino ne segua landamento a mezza luna (Fig. 24). E bene quindi che le rive presentino anfratti ed insenature e che si immergano dolcemente nellacqua in modo da favorire lattecchimento della vegetazione che offrir rifugio a molti animali. La presenza di un punto in cui la riva alta e si immerge bruscamente nellacqua rimanendo libera dalla vegetazione crea lambiente adatto alla nidificazione di specie quali topino (Riparia riparia), gruccione (Merops apiaster) e martin pescatore (Alcedo atthis). Inoltre la creazione di isolotti centrali difficilmente raggiungibili dai predatori terrestri importante per fornire agli anatidi un luogo sicuro per la costruzione del nido. La presenza di batimetrie differenziate, oppure la compresenza di pi bacini con acqua a vari livelli contribuisce a soddisfare le esigenze di un maggior numero di specie. In particolare aree coperte da poco pi di un velo dacqua, eventualmente sottoposte a periodiche asciutte, sono particolarmente adatte alla sosta dei limicoli. Profondit considerevoli invece offrono ambienti di alimentazione apprezzati in modo particolare da anatidi dalle abitudini tuffatrici, dalle folaghe (Fulica atra) e anche dalle sterne (Sterna hirundo). La presenza dellacqua, unitamente allattenzione riposta nel modellare le sponde, favorisce linsediamento spontaneo della vegetazione che, in breve tempo, ricolonizza lintera area. Negli spazi che non sono a costante e diretto contatto con lacqua, il processo di colonizzazione pi lento; qui tendono ad avere il sopravvento specie esotiche di scarso inte-

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Figura 23. Recupero naturalistico di un lago di cava.

Figura 24. Recupero naturalistico di una lanca interrata.

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resse naturalistico. In generale la scelta delle piante da introdurre deve rispettare lassetto vegetazionale e floristico circostante, eventualmente migliorato in modo da riproporre un ambiente il pi possibile vicino a quello naturalmente presente sul territorio in condizioni indisturbate. Qualora la rinaturalizzazione spontanea fosse ben avviata si rendono necessari interventi leggeri, mirati alla rimozione selettiva delle specie esotiche. Spesso per necessario predisporre programmi di piantumazione in cui la scelta delle essenze segue il criterio generale sopra illustrato. Per consentire lo sviluppo della componente vegetale importante che il suolo venga ricoperto dal primo strato di terreno che, al momento dellinizio dei lavori di scavo, viene rimosso e conservato per questa fase del ripristino. Il successo di tali interventi sancito dalla formazione di un ecosistema complesso, molto ricco sia nella componente vegetale, sia in quella animale, le cui specie fondamentali corrispondono a quelle gi descritte nei paragrafi dedicati alle zone umide naturali. Studi specifici, censimenti e monitoraggi hanno evidenziato il valore di queste aree e ne hanno sottolineato il contributo in termini di incremento della biodiversit della pianura padana. Gli esempi di interventi di ripristino conclusisi positivamente non mancano, tuttavia sono ancora pochi rispetto allincidenza delle attivit estrattive. Tra i primi a muoversi nel senso di unoculata gestione delle cave si colloca sicuramente il parco del Ticino che, a partire dai primi anni 80, ha pesantemente ridotto lentit delle attivit estrattive ed ha subordinato le autorizzazioni alla presentazione di progetti di ripristino attentamente vagliati se non addirittura redatti dai tecnici del Parco. Grazie a tutto ci oggi sono molte le cave in fase di ripristino e la conferma della validit della strada intrapresa data, ad esempio, dal successo delle rinaturalizzazioni della cava Torretta a Morimondo. Altri casi degni di nota sono il parco Palustre di Lungavilla, nellOltrepo pavese, nato circa 15 anni fa dall intervento di rinaturalizzazione di un gruppo di cave di argilla; la cava Boscaccio di Gaggiano, nel Parco Agricolo Sud Milano, ed un altro caso poco oltre il confine regionale, a Valenza Po (AL), nel territorio del Parco Fluviale del Po e dellOrba (vedi box).

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Il recupero naturalistico: un esempio di intervento compatibile con lambiente Il progetto di rinaturazione di cava realizzato nel territorio del Parco Fluviale del Po e dellOrba un esempio particolarmente interessante nellambito di queste tipologie di interventi e pertanto, sebbene non ricada allinterno dei confini del territorio lombardo, si scelto di dedicargli un breve approfondimento. Si tratta in ogni caso di un ambiente che giace a ridosso dei confini regionali e che si presenta assai simile a quelli tipici della bassa Lombardia. Grazie a questo intervento di rinaturazione stato costruito un sistema di lanche fluviali compreso tra una lanca naturale e lalveo attivo del fiume Po. La realizzazione del progetto stata possibile grazie alla collaborazione tra una ditta di estrazione di inerti e lEnte Parco. Lonere di acquisto del terreno (circa 17 ha) stato sostenuto dalla ditta che ha eseguito le operazioni di estrazione, modellazione sponde e recupero vegetazionale seguendo le linee di un progetto di valorizzazione naturalistico-ambientale che prendeva a modello le lanche naturali. Terminate le operazioni, nella primavera del 1996, la propriet del fondo stata ceduta allEnte Parco. Lapproccio utilizzato si differenzia nettamente rispetto a quello del recupero di un lago di cava gi esistente in quanto, fin dallinizio, i lavori di coltivazione si sono svolti con lobiettivo finale di realizzare un ambiente la cui morfologia ricalcasse quella delle lanche naturali e fosse in grado di favorire linsediamento di una ricca biocenosi attraverso la creazione di un alto grado di diversit ambientale (sponde a pendenza lieve creazione di insenature, penisole, isolotti, ecc.). Dei 17 ha iniziali, solo 9,5 sono occupati dallo specchio dacqua, mentre, nella restante parte, sono stati realizzati altri ambienti quali prato arido, prato umido e bosco. Per il recupero vegetazionale si proceduto alla piantumazione di essenze tipiche della lanca reperite parte in vivaio e parte in loco. Il successo dellintervento testimoniato dal fatto che oggi, a pochi anni dal temine dei lavori, la vegetazione appare ben affermata e anche lo specchio dacqua stato riccamente colonizzato fin nella porzione centrale. Dal punto di vista faunistico le ripetute esondazioni del Po hanno consentito la colonizzazione spontanea delle acque in cui si rinvengono specie quali cavedano, triotto, scardola, carpa, anguilla, luccio... Lavifauna che utilizza larea per svernare, nidificare o come prezioso punto di sosta durante gli spostamenti migratori particolarmente consistente; si segnalano, tra gli altri, alzavola, moriglione, moretta tabaccata, falco di palude, falco pescatore, cavaliere dItalia, piro piro piccolo, pantana... Allinterno del Parco, in prossimit dellarea interessata dalla rinaturazione, si trova una garzaia mista che conta centinaia di nidi i cui abitanti utilizzano i nuovi specchi dacqua come ambienti di alimentazione. Tra i mammiferi di particolare rilievo la presenza del tasso e della puzzola che, in area planiziale, risulta rara e localizzata. Visto il successo dellintervento attualmente in fase di realizzazione un progetto integrativo che interessa una superficie di altri 5 ha.

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Il bosco igrofilo Intorno alle zone umide planiziali tratteggiate in questo capitolo si trova una fascia di vegetazione meno strettamente legata allacqua rispetto a quella gi descritta come caratteristica di questi ambienti. Purtroppo, come si pi volte avuto modo di ricordare, tali spazi risultano compressi dallincalzare dei campi coltivati e spesso ridotti a esili sipari dove le essenze pi diffuse sono rappresentate dalla robinia (Robinia pseudacacia), dallailanto (Ailanthus altissima) e dal pioppo ibrido (Populus x euroamericana). Nei rari casi in cui la vegetazione libera di espandersi e di colonizzare un tratto sufficientemente ampio di territorio si sviluppano formazioni boschive che rappresentano, se pur in modo parziale e frammentario, quello che un tempo era il manto forestale che si estendeva sullintera pianura. Man mano che cresce la distanza dallacqua ed i suoli vengono interessati in misura sempre pi marginale dagli eventi di piena, la struttura e la composizione della vegetazione mutano gradualmente (Fig.25). In prossimit dellacqua dominano le specie a portamento cespuglioso costituite quasi esclusivamente da salici arbustivi (Salix purpurea, S. fragilis, S. viminalis, S. cinerea, ecc. ). Si tratta di essenze resistenti, che si sviluppano su suoli caratterizzati da periodi di sommersione pi o meno lunghi. In posizione lievemente pi arretrata, si trova il salice bianco (Salix alba) a portamento arboreo, di cui i primi esemplari si possono gi trovare inframmezzati alle specie precedenti, in particolare sui margini di lanche e paludi. Nelle aree ancora parzialmente soggette a sommersione il salice bianco tende a dominare, non di rado organizzato in popolamenti puri, generalmente coetanei e abbastanza fitti. Sui suoli umidi, in cui la falda pi superficiale si trova vicina al piano di campagna, ma non affiorante, accanto al salice bianco si sviluppano varie specie di pioppo (Populus nigra, P. alba, P. canescens); questo tipo di bosco si presenta pi complesso, con piante di et differenti e di altezze diverse che, negli esemplari pi maturi, possono raggiungere i 30 metri di altezza. Anche lo strato arbustivo si presenta ben sviluppato e, dove si aprono piccole radure, rappresenta lelemento dominante; alcuni degli arbusti pi tipici sono il sambuco nero (Sambucus nigra), il sanguinello (Cornus sanguinea), il pallon di neve (Viburnum opulus), lamorfa (Amorpha fruticosa), la frangola (Frangula alnus). Man mano che si avanza nel processo di affrancamento dallacqua, nelle aree pi elevate, la vegetazione evolve gradualmente verso forme pi complesse caratterizzate da maggior ricchezza di specie e da una stratificazione verticale pi fitta (Fig. 26). Compaiono in questa fase lolmo (Ulmus minor), lacero campestre (Acer campestre), il frassino maggiore (Fraxinus excelsior), il tiglio (Tilia platyphyllos); ma sicuramente la farnia (Quercus robur) a caratterizzare lo stadio climacico della foresta planiziale. Lo strato arbustivo rappresentato da esemplari giovani delle essenze sopra elencate cui si aggiungono nocciolo (Corylus avellana), biancospino (Crataegus oxyacantha e C. monogyna), cappel di prete (Euonymus europaeus), corniolo (Cornus mas), lantana (Viburnum lantana) oltre a varie specie di rovo ed ai gi citati sambuco nero, sanguinello, ecc.

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Tipico di questi boschi anche lo sviluppo di una fitta rete di lianose che ne rendono laspetto particolarmente intricato; tra le pi diffuse si possono citare edera (Hedera elix), vitalba (Clematis vitalba), brionia (Brionia dioica) e lesotica Lonicera japonica. Nelle aree pi depresse, sovente coincidenti con i paleomeandri dei fiumi, o in quelle dove la falda freatica tende ad affiorare, il suolo costantemente intriso di acqua e spesso presenta caratteristiche di debole acidit. Qui si trovano le condizioni ottimali per lo sviluppo di popolamenti puri di ontano nero (Alnus glutinosa), detti alneti. In genere si tratta di boschi a copertura abbastanza fitta caratterizzati da alberi la cui altezza varia a seconda dellet e della forma di governo cui sono sottoposti. Qui il sole non riesce a penetrare facilmente e, di conseguenza, lo strato arbustivo assente e tende a concentrarsi ai margini. Gli alneti sono abbastanza rari, specialmente nella parte orientale della pianura lombarda; essi rivestono un ruolo fondamentale nella biologia degli ardeidae in quanto sono tra i siti preferiti per linsediamento delle colonie. Lintera successione, cos come stata schematicamente illustrata, in tempi remoti caratterizzava tutta la pianura; oggi per non dispone pi delle condizioni e degli spazi sufficienti per svilupparsi in maniera completa. E tuttavia possibile rinvenirne frammenti che, a seconda dellumidit del suolo e dei rapporti con i corpi idrici superficiali, assumono le caratteristiche delluna o dellaltra tipologia descritta. Questi brandelli di bosco molto spesso sono di dimensioni troppo ridotte per raggiungere la maturit e la complessit cui sono potenzialmente portati. E inoltre da non sottovalutare la diffusione di specie alloctone di scarso valore naturalistico, ma di grande capacit colonizzatrice. Quando i boschi planiziali si trovano in continuit con le zone umide minori, ne risulta un ambiente assai complesso, di grande pregio per la variet delle specie animali e vegetali che lo compongono. Per la fauna che abita queste formazioni, un elenco se pur incompleto sarebbe comunque assai esteso e forse di scarso significato in questa sede. Basti ricordare che, nelle situazioni meglio conservate, sono rappresentati tutti i livelli della catena alimentare inclusi i predatori di una certa dimensione quali volpi (Vulpes vulpes), puzzole (Mustela putorius) e tassi (Meles meles). Tra i predatori non vanno dimenticati i rapaci diurni tra i quali spicca la presenza del lodolaio (Falco subbuteo) e quelli notturni, in particolar modo lallocco (Strix aluco). Alcuni organismi inoltre necessitano per sopravvivere della contemporanea presenza del bosco igrofilo e di raccolte di acqua; si tratta di specie che, proprio per la scomparsa degli ambienti idonei, si trovano in condizioni di grande vulnerabilit; tra i casi pi noti, vi quello della rana di Lataste (Rana latastei) (vedi paragrafo sui fontanili). Per i problemi di frammentazione cui si accennato continuano tuttavia a rimanere svantaggiate le specie che necessitano di grandi estensioni di bosco in buone condizioni, quali ad esempio il ghiro (Glis glis) e lo scoiattolo (Sciurus vulgaris).

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Figura 25. In questo schema vengono proposti in maniera semplificata i cambiamenti cui va incontro la vegetazione planiziale nel progressivo affrancamento dallacqua.

Figura 26. Foresta planiziale.

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Un esempio di zone umide di origine industriale: le vasche di decantazione degli zuccherifici In aree, come la pianura padana, in cui il suolo stato via via occupato dai campi e dagli insediamenti urbani ed industriali, si assistito alla progressiva rarefazione degli ambienti naturali ed al radicale cambiamento del paesaggio e dellambiente originari. Gli spazi che un tempo ospitavano ecosistemi complessi non sono pi disponibili e ci si tradotto nella progressiva erosione della biodiversit esistente fino al raggiungimento degli attuali livelli di monotonia e banalizzazione. Le specie pi esigenti sono spesso scomparse, mentre chi ha saputo adattarsi ai cambiamenti (purtroppo assai pochi organismi rispetto alla ricchezza iniziale), stato avvantaggiato in termini di espansione della popolazione. Nellambito di questo quadro generale capita di assistere alla nascita casuale quanto insperata di situazioni, generate dallazione umana, che si pongono come surrogato di angoli di naturalit ormai perduti. Avviene cos che lunica, forse lultima, possibilit di sopravvivenza giunga proprio da dove meno ci si potrebbe aspettare. Queste situazioni, che rappresentano indubbiamente delle anomalie rispetto allandamento generale, sono ben illustrate dallesempio degli zuccherifici. Gli impianti di lavorazione della barbabietola hanno un sistema di vasche in cui vengono raccolte le acque di lavaggio e lavorazione del vegetale. In questi bacini le acque vengono lasciate decantare e successivamente scaricate nei corsi dacqua in corrispondenza delle piene primaverili, in modo da diluire il pi possibile il carico inquinante. Le attivit degli zuccherifici iniziano ad agosto, momento di raccolta delle barbabietole, e si protraggono per alcuni mesi. Esiste pertanto un periodo che va da aprile ad agosto in cui le vasche rimangono vuote ed affiorano i fanghi che si sono depositati sul fondo. Si creano cos distese limose estremamente tranquille dove lacqua non soggetta a sbalzi di livello. I tempi di questa pausa nelle attivit dello zuccherificio coincidono con quelli della riproduzione per molti limicoli quali il cavaliere ditalia (Himantopus himantopus), piro piro piccolo (Actitis hypoleucos) e molti altri. Il fango delle vasche si popola ben presto di piccoli invertebrati garantendo agli uccelli una riserva di cibo abbondante. Sulle rive e sugli isolotti di fango che si formano nei punti pi elevati compare una folta vegetazione erbacea per lo pi caratterizzata da specie pioniere in cui dominano le graminacee, lortica (Urtica dioica), varie specie appartenenti ai generi Poligonum e Brassica e la tifa (Typha latifolia).

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Il Modello di Gestione delle garzaie della Lombardia


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IL MODELLO DI GESTIONE DELLE GARZAIE DELLA LOMBARDIA


Gli Ardeidi nidificanti in Italia
Gli aironi sono uccelli di dimensioni medio-grandi, appartengono alla famiglia Ardeidi e presentano una struttura uniforme con becco appuntito, zampe lunghe e sottili, ali ampie, il collo lungo e serpentino che viene mosso con molta agilit. Daspetto generalmente slanciato ed elegante, sono facilmente individuabili per le colorazioni del piumaggio in cui dominano il bianco, il grigio ed il nero. I maschi e le femmine non sono distinguibili, mentre i giovani di alcune specie hanno piumaggio che pu differire anche marcatamente da quello degli adulti. Le differenze maggiori si riscontrano nella Nitticora i cui giovani si riconoscono subito per il piumaggio marrone punteggiato di bianco. In Italia nidificano 7 specie di Ardeidi con labitudine di riunirsi in colonie (Figure da 27 a 33): Nitticora (Nycticorax nycticorax), Garzetta (Egretta garzetta), Sgarza ciuffetto (Ardeola ralloides), Airone cenerino (Ardea cinerea), Airone rosso (Ardea purpurea), Airone guardbuoi (Bubulcus ibis) e Airone bianco maggiore (Egretta alba). Alla stessa famiglia appartengono altre due specie presenti in Lombardia, il Tarabusino Ixobrychus minutus (Fig. 9) e il Tarabuso Botaurus stellaris (Fig. 34), che, pur vivendo negli stessi ambienti, sono solitari, cio nidificano distanziati in territori individuali. Le colonie di nidificazione degli aironi possono ospitare una o pi specie, e vengono dette garzaie dal nome dialettale degli abitanti, garze o sgarze. In una garzaia si possono trovare da poche decine fino ad alcune migliaia di nidi. Anche le colonie pi popolose per possono insediarsi in boschetti di ridotte dimensioni, bastano pochi ettari, purch collocati in aree ricche dambienti acquatici naturali o artificiali nei quali gli aironi trovano i piccoli animali necessari al nutrimento loro e della prole. Le garzaie lombarde sono tipicamente insediate in ambienti coltivati e possono coesistere bene con la presenza umana e con le attivit agricole (Fig. 35). Da soli o in piccoli gruppi, gli aironi cacciano guadando acque basse e catturano essenzialmente rane, girini, crostacei e larve di insetti, pi raramente pesci e rettili, con preferenze differenti da specie a specie. Dopo la stagione riproduttiva conservano abitudini gregarie e si riuniscono in dormitori comuni. In inverno migrano nelle regioni a sud del

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Sahara in Africa occidentale, ad eccezione dellAirone cenerino e dellAirone guardabuoi, che invece restano in Italia per tutto lanno. Anche una piccola parte di Nitticore e Garzette si trattiene a svernare nellarea mediterranea. Lo studio di questi uccelli, che in Italia iniziato negli anni 70, ha portato a chiarire importanti aspetti della loro ecologia, che si sono rivelati utili per indirizzare le scelte di conservazione. Le linee guida per la conservazione degli Ardeidi nidificanti sono state raccolte in un modello di gestione unitario per gli ambienti umidi planiziali della Lombardia, che viene descritto in questo capitolo. Gli aironi nidificano in ambienti umidi naturali, delta, golene fluviali, zone palustri che garantiscono sia risorse alimentari in abbondanza, sia una vegetazione idonea ad ospitarne le colonie. In Italia la maggioranza delle garzaie si concentra nella pianura padana, ove possibile individuare le seguenti cinque unit ambientali di nidificazione: zona a risaia prevalente, corsi dei grandi fiumi, corsi dei fiumi minori appenninici, zona delle valli dellEmilia Romagna, delta del Po e lagune dellalto Adriatico. Larea ove gli Ardeidi nidificanti sono pi abbondanti quella a risaia. Nonostante siano ambienti coltivati, le risaie offrono agli Ardeidi un valido surrogato agli ambienti umidi naturali, poich contengono prede in quantit e poich offrono ampie superfici di acque basse ove gli Ardeidi possono cacciare con la loro tipica tecnica di lento guado. Nella pianura padana occidentale, in particolare nelle province di Pavia, Novara, Vercelli, Lodi e Milano, vi la pi estesa zona coltivata intensivamente a riso (Fig. 36). Qui le risaie, allagate ogni primavera, offrono ambienti di alimentazione che si estendono per circa 200.000 ha. La specificit della pratica colturale del riso, che trasforma questarea in unenorme palude temporanea, funge da polo di attrazione per migliaia di aironi. In questarea le risaie occupano la superficie pi estesa dEuropa, e sostentano il 70% delle popolazioni di Ardeidi coloniali italiani.

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Figura 27. Nitticora Nictycorax nictycorax, intenta alla caccia in risaia.

Figura 28. Garzetta Egretta garzetta, le penne ornamentali sul dorso si sviluppano nel periodo riproduttivo.

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Figura 29. Sgarza ciuffetto Ardeola ralloides, coppia sul nido.

Figura 30. Airone cenerino Ardea cinerea.

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Figura 31. Airone rosso Ardea purpurea, adulto al nido per limbeccata ai pulcini.

Figura 32. Airone guardbuoi Bubulcus ibis.

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Figura 33. Airone bianco maggiore Ardea alba.

Figura 34. Tarabuso Botaurus stellaris.

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Figura 35. Nella pianura lombarda, le garzaie si insediano di solito in boschi umidi di ridotte dimensioni, circondati da risaie. Le attivit agricole sono compatibili con la loro presenza, anzi le risaie la favoriscono in quanto rappresentano una fondamentale fonte di cibo.

Figura 36. In primavera, le risaie allagate trasformano la pianura in un immenso acquitrino ove gli aironi trovano ampi ambienti di foraggiamento.

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Rilevanza conservazionistica degli Aironi in Lombardia


La particolare abbondanza di Ardeidi nidificanti nella pianura padana, rappresenta un elemento di grande pregio naturalistico e paesaggistico, in questarea fortemente antropizzata e vittima di un processo di banalizzazione sempre pi marcato. In particolare le popolazioni di Nitticora e Garzetta, rispettivamente con 10.000 e 2.000 nidi rilevati in Lombardia nel primo censimento completo, compiuto nel 1981, rappresentano una frazione rilevante delle popolazioni censite nellintera Europa. Pertanto, secondo i criteri stabiliti dalla convenzione internazionale di conservazione delle zone umide (convenzione di Ramsar), gli Ardeidi nidificanti in Lombardia rendono i siti delle colonie di rilevanza conservazionistica internazionale, in quanto essi ospitano oltre l1% della popolazione biogeografica. Sgarza ciuffetto (60 nidi nel 1981) ed Airone rosso (180 nidi nel 1981) sono una presenza meno imponente, tuttavia, data la generale scarsit di queste specie a livello europeo, sono da considerarsi comunque discretamente rilevanti. Le popolazioni italiane di Airone cenerino costituiscono uneccezione in quanto, pur con 2.300 nidi nel 1999, sulla base di questi criteri hanno minor rilevanza in quanto questa specie la pi diffusa ed abbondante in tutto il resto dEuropa. LAirone guardabuoi ha colonizzato solo dal 1989 la Lombardia, e nel 1999 erano presenti 70 nidi. Gli interventi di conservazione a favore di specie localmente abbondanti, ma scarse su scala europea sono raccomandabili in considerazione delle elevate possibilit di successo. E provato infatti che, qualora gli interventi di conservazione siano orientati nel centro biogeografico di abbondanza, il rapporto tra mantenimento di elevate popolazioni e investimento necessario raggiunge valori ottimali. Le popolazioni di aironi che nidificano nella pianura padana centrooccidentale sono studiate e monitorate da quasi 30 anni. Gli studi hanno riguardato molteplici aspetti della loro biologia riproduttiva, dalle variazioni nella distribuzione delle colonie ai fattori che influenzano la scelta dei siti di nidificazione. Il bagaglio di conoscenze raccolte stato lindispensabile punto di partenza per la progettazione e la realizzazione di una serie di interventi di gestione volti alla conservazione di queste specie e degli ambienti necessari alla loro riproduzione. Queste pagine riassumono le conoscenze generali di interesse conservazionistico. Si tentato di delineare una strategia di conservazione di ampio respiro, che preveda la definizione di priorit dintervento

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associate ad oneri economici e temporali differenziati. Il risultato degli studi condotti un modello di gestione specifico per la protezione delle garzaie, ma sufficientemente flessibile per essere adattato alle esigenze territoriali che di volta in volta si incontrano. Tale modello di gestione gi stato applicato, con risultati incoraggianti, nella progettazione della gestione di alcune garzaie; pertanto si pu contare su una prima base di dati risultanti dalla sua diretta sperimentazione.

Colonie presenti in Lombardia ed andamento delle popolazioni


Dal 1972, il Dipartimento di Biologia Animale dellUniversit di Pavia ha intrapreso operazioni sistematiche di censimento delle popolazioni di Ardeidi nidificanti in Italia, e nel 1981 stato compiuto il primo censimento nazionale. Dal 1988 i censimenti sono divenuti regolari, almeno per le garzaie di Lombardia e di alcune zone limitrofe, grazie alla formazione di un gruppo di lavoro per il monitoraggio promosso dal Sevizio Riserve Naturali della Regione con la collaborazione di volontari e del personale dei parchi e delle riserve regionali. I dati raccolti in questo ampio periodo di tempo consentono di valutare la dinamica complessiva della popolazione, le variazioni nel numero di nidi in ciascuna garzaia, il tasso di scomparsa di colonie esistenti e quello di formazione di nuove colonie. Le localit che hanno ospitato colonie di Ardeidi dal 1972 al 1999 sono mappate in Fig. 37, e sono elencate in Tab. 1 con alcuni dettagli su anni di presenza e numero di nidi. Delle 63 localit elencate, in anni recenti ne sono state occupate circa 45. Nella lista sono state incluse, oltre a quelle lombarde, altre garzaie situate in aree limitrofe ma che appartengono alla stessa popolazione complessiva: quelle ricadenti amministrativamente in Piemonte nella Prov. di Alessandria, ma situate sulla sponda lombarda a sinistra del Sesia o del Po e altre, lungo il Po in Prov. di Parma e Reggio, che gravitano troficamente sul territorio lombardo. Con le informazioni a disposizione possibile delineare landamento generale della popolazione di ciascuna specie. Dal momento che non tutte le garzaie sono state censite in ciascun anno, per il calcolo dellandamento di popolazione si fatto ricorso ad un indice ricavato dal rapporto tra il totale dei nidi presenti nel campione di garzaie censite in un dato anno ed il totale dei nidi censiti in quelle stesse garzaie nel 1981, anno del censimento completo. Di conseguenza il valore assunto dallindice nel 1981

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pari a 1. Il calcolo dellindice stato eseguito solo negli anni in cui i censimenti hanno riguardato almeno il 75% delle colonie. Landamento generale delle popolazioni lombarde di aironi dal 1976 al 1999, riportato in Fig. 38. LAirone cenerino andato incontro ad una forte e continua espansione numerica, con un incremento di ben 12 volte nel 1999 rispetto al 1981. Anche la Garzetta in aumento, se pur con un andamento lievemente fluttuante, e la popolazione, dal 1981 ad oggi, quasi quadruplicata. Purtroppo altrettanto non si pu dire della Nitticora che, dopo un moderato aumento negli anni 80, per tutti gli anni 90 stata in lento ma costante calo con una popolazione attualmente dimezzata rispetto al 1981. Sgarza ciuffetto e Airone rosso mostrano ampie fluttuazioni numeriche, ma occorre tener conto del fatto che, in Italia, entrambe queste specie sono ai margini del loro areale di distribuzione e che la loro consistenza numerica assai inferiore rispetto a quella degli altri Ardeidi coloniali. Sono infatti presenti con un basso numero di nidi e solo in poche colonie; a ci sono verosimilmente imputabili lassenza di una tendenza definita e le ampie fluttuazioni che caratterizzano le loro popolazioni. Per lAirone rosso tuttavia si pu intravedere una lieve tendenza allaumento in particolare a partire dal 1990. LAirone guardabuoi comparso come nidificante alla fine degli anni 80, e il numero di coppie ha iniziato ad aumentare decisamente solo dal 1999. E comunque probabile che la popolazione di Aironi guardabuoi aumenti nei prossimi anni, soprattutto se vi saranno inverni miti che favoriranno la sopravvivenza di questa specie stanziale. Per le specie che migrano in Africa, cio Nitticora, Sgarza ciuffetto e Airone rosso, una parte delle fluttuazioni numeriche delle popolazioni causata probabilmente anche a fattori climatici ad ampia scala. In particolare, unabbondante piovosit nei quartieri di svernamento sembra favorire la sopravvivenza degli Ardeidae durante linverno, e quindi potrebbe aumentare la loro abbondanza durante la primavera successiva nelle aree di nidificazione in Europa. Dallanno distituzione delle Riserve Naturali sedi di garzaie (1984) le popolazioni di Ardeidi coloniali della Lombardia sono complessivamente molto aumentate, e ci conforta lopportunit di proteggere i siti ove si insediano le colonie.

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Figura 37. Localizzazione di tutti i siti di colonie rilevati dal 1972 al 1999. I nomi delle colonie sono gli stessi usati nella Tab. 1. In ascissa e ordinata: coordinate chilometriche del sistema Gauss-Boaga

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Tabella 1. Localit di nidificazione degli Ardeidi coloniali in Lombardia e nelle zone limitrofe a risaia o lungo i fiumi di confine. Nella colonna Presenza segnato lultimo anno di occupazione per le garzaie ora scomparse, o presente se occupata attualmente (al 1999).
Prov. Localit, Comune (Eventuale protezione Presenza
Nitticora

No. medio nidi dal 1972 al 1999


Garzetta Sgarza ciuffetto Airone Airone guardabuoi cenerino Airone rosso

PV PV PV AL PV PV AL PV PV VA VA PV VA PV MI PV PV PV MI PV PV PV PV PV PV PV MI PV PV PV PV PV PV PV PV PV PV PV PV PV MI MI PV MI MI MI PC CR PR BS CR CR MN MN MN MN RE MN MN MN MN MN MN

Isola, Langosco (RN Garz. C.na Isola) presente Rinalda, Candia (RN Garz. Rinalda) 91 Celpenchio, Cozzo (RN Garz. Celpenchio) presente Valmacca, Valmacca (Parco Fluviale Po) presente Verminesca, Castelnovetto (RN Garz. Verminesca) presente Basso, Sartirana (RN Garz. Bosco Basso) presente Valenza, Valenza (Parco Fluviale Po) presente Sartirana, Sartirana (RN Garz. Lago Sartirana) presente Alessandro, Zeme (RN Garz. S. Alessandro) presente Biandronno, Bardello ecc. (RN Lago Biadronno) 94 Brabbia, Casale Litta ecc. (RN Palude Brabbia) presente Acqualunga, Frascarolo (RN Abbazia Acqualunga) presente Maddalena, Somma L. presente Notizia, Mede (RN Garz. C.na Notizia) presente Robecchetto, Robecchetto (Parco Ticino) presente Biscossi, VillaBiscossi (RN Garz. Villa Biscossi) 78 Tortorolo, Tortorolo presente Portalupa, Vigevano (Parco Ticino) presente Fagiana, Pontevecchio (Parco Ticino presente Pia, Tromello 76 Giacomo, Cassolnovo (Parco Ticino) presente Reale, Cassolnovo (Parco Ticino 92 Gallia, Galliavola (RN Garz. Gallia) presente Casei, Casei Gerola presente Massimo, Gropello (Parco Ticino) presente Mare, PieveAlb. presente Cusago, Cusago 85 Corte, Gropello 84 Zelata, Bereguardo (Parco Ticino) presente Zinasco, Zinasco 77 Lupo, Zerbolo 81 Binasco, Binasco presente Cava, Casatisma presente Villarasca, Rognano (RN Garz. C.na Villarasca) presente Torbida, Bressana (RN Garz. R. Torbida) 95 Carola, S.Genesio (RN Garz. Carola) presente Chiossa, Lardirago (RN Garz. P. Chiossa) presente Alessio, S. Alessio (Oasi privata) presente Vaccarizza, Linarolo (Parco Ticino) 85 Corteolona, Costa Nobili presente Mortone, Zelo B.P. (Parco Adda Sud) presente Pioppo, Zelo B.P. (Parco Adda Sud) presente Badia, Badia 76 Comazzo, Comazzo (Parco Adda Sud) 92 Zerbaglia, Turano L. (Parco Adda Sud) presente Monticchie, Somaglia (RN Monticchie) presente Pinedo, Caorso presente Pozzaglio, Pozzaglio presente Taro, Gramignazzo (Parco Taro) 93 Brescia, Brescia presente Lancone, Gussola presente Villa Medici, S.G. in croce presente Bine, Acquanegra (RN Le Bine) presente Marcaria, Marcaria (Parco Oglio S.) presente Bellaguarda, Viadana presente Pomponesco, Pomponesco (RN Garz. Pomponesco) Gualtieri, Gualtieri presente Superiore, Mantova (Parco Mincio) presente Vallazza, Mantova (Parco Mincio) presente Garolda, Ronco Ferraro (Parco Mincio) presente Paiolo, Quingentole 80 Revere, Revere presente Carbonara, Carbonara Po (RN Garz. Carbonara) presente

625 95 622 80 611 178 135 328 667 92 209 294 400 103 277 2 3 66 108 945 41 277 58 675 105 3 90 13 811 2 257 316 191 543 100 175 100 3 260 371 148 310 18 36 184 86 747 265 489 600 561

113 33 587 20 295 185 26 135 491 160 163 37 131 165 30 146 57 264 97 36 225 25 60 558 98 156 153 67 100 60 4 113 117 14 15

80 10 21 6 3 10 22 2 4 1 1 1 9 8 5 10 229 76 1 1 21 1 43 226 11 14 162 43 32 113 202 25 43 2 9 13 394 2 5 14 3 2 4 5 1 8 10 44 11 5 2 6 75 3 124 106 1 7 75 5 27 6 5 19 11 11 18 33 19 12 8

10

1 2

5 5

4 9 5 3 15 5

2 3 76 414 106 63 143 20 108 2 76

2 11 79 204 2

3 10 9

174 78 36

58 26

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Figura 38. Andamento delle popolazioni nidificanti di aironi in Lombardia dal 1976 al 1999. Il numero totale di nidi espresso da un indice, che ha valore convenzionale uguale a 1 per il 1981, lanno del primo censimento completo, quando vi erano in Lombardia (nelle colonie incluse in Fig. 37) un totale di 10.300 nidi di Nitticora, 2.050 di Garzetta, 60 di Sgarza ciuffetto, 180 di Airone rosso, e 190 di Airone cenerino. Per lAirone guardabuoi, che non era presente nel 1981, lanno di riferimento per lindice (uguale a 1) il 1994, quando vi erano in totale 10 nidi.

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Fattori limitanti la distribuzione delle garzaie


La distribuzione geografica delle garzaie determinata dalla disponibilit di ampie superfici coperte dacqua raggiungibili durante i voli di foraggiamento dalla colonia ove gli uccelli nidificanti possono trovare abbondanti prede. Entro unarea favorevole poi, la localizzazione precisa della garzaia dovuta alla disponibilit di un sito idoneo, protetto dai predatori e dal disturbo umano, e dotato di substrati arborei per i nidi. Linsufficiente disponibilit di anche uno solo di questi elementi costituisce un fattore limitante la possibilit di nidificazione degli Ardeidi. La pianura lombarda, solcata da grandi fiumi e in buona parte coltivata a riso, se pur densamente antropizzata, offre ampie superfici ricoperte da ambienti acquatici per lo pi artificiali, le risaie, che rappresentano un serbatoio alimentare particolarmente ricco. Per, in questa situazione di sfruttamento agricolo intensivo e forte impatto antropico, gli ambienti a vegetazione naturale palustre o a bosco planiziale, necessari come siti per le colonie, sono ormai ridotti a piccole isole spesso relegate nei pochi lembi di pianura difficilmente sfruttabili a fini agricoli. Nella maggioranza dei casi essi coincidono con paleoalvei o con zone mantenute in condizioni di seminaturalit a fini venatori. Questi ambienti isolati rappresentano gli unici siti sfruttabili dagli aironi per linsediamento delle garzaie e la sempre maggior rarit di questi luoghi costituisce il principale fattore limitante la nidificazione. Gli studi indirizzati alla conservazione e gli interventi che ne conseguono dovrebbero essere volti a quantificare, mantenere ed eventualmente ricreare le condizioni favorevoli alle popolazioni di Ardeidi, indagando sia le esigenze che riguardano lareale trofico, sia quelle legate ai siti di nidificazione. Questo principio rappresenta la traccia entro cui si sono mossi gli studi qui illustrati. La distribuzione delle garzaie in Lombardia (Fig. 37) in stretta relazione con la disponibilit di ambienti acquatici, come si vede dalla Fig. 39 che illustra la differente copertura dacqua nella pianura. Nella parte occidentale della pianura, a causa delle estese coltivazioni a risaia, lacqua arriva a coprire oltre met della superficie; altrove, ampi ambienti acquatici si trovano solo lungo le aste del Po e degli altri fiumi maggiori. Si nota chiaramente che la presenza di un elevato numero di garzaie di grandi dimensioni connessa alla disponibilit di ampie superfici ad acqua. La vasta estensione delle risaie nella zona occidentale della pianura padana, rende questo territorio potenzialmente adatto agli insediamenti. La situazione cambia radicalmente con il passaggio alle zone centro orientali,

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dove gli unici ambienti acquatici di sufficiente estensione per sostenere la presenza di una colonia coincidono con il corso del Po e dei maggiori affluenti, con lunica eccezione di piccole zone palustri perifluviali e modeste superfici a risaia situate a NE di Mantova. Le garzaie pi grandi si trovano nella parte orientale della pianura ove sono disponibili maggiori estensioni di ambienti acquatici, quelle di medie dimensioni lungo il corso del Po, mentre le garzaie pi piccole sono ai margini nord e sud, lungo i corsi dacqua della pianura pi alta. La quantit di superfici coperte dacqua che devono circondare una colonia varia a seconda delle dimensioni della stessa e della produttivit degli ambienti circostanti e deve essere inclusa entro il raggio trofico della garzaia, cio entro la distanza massima percorribile dagli aironi per procurarsi il cibo. Tale distanza di circa 5 km per gli Ardedi pi piccoli, ed arriva a circa 15 km per lAirone cenerino. Considerando un raggio di raccolta del cibo di 5 km, stato calcolato che una garzaia pu insediarsi in una zona solo se la superficie dambiente acquatico entro il raggio trofico maggiore del 10% per le garzaie di oltre 400 nidi, come quelle presenti nella zona a risaia, maggiore del 6% per garzaie di circa 100 nidi, ed almeno del 3% per le garzaie pi piccole (meno di 100 nidi). Nelle aree con superfici dacqua meno estese, in pratica in tutte le zone in bianco nella

Figura 39. Distribuzione degli ambienti di foraggiamento (risaie, fiumi, canali, zone umide). Larea studiata comprende tutta la bassa pianura lombarda, come indicato nel riquadro. La scala indica la percentuale di territorio coperto dagli ambienti acquatici.

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Fig. 39, non possono insediarsi garzaie per carenza di zone di alimentazione. Proprio grazie alla disponibilit di aree di alimentazione, nella zona delle risaie le colonie si disperdono in tutta la pianura, mentre nella zona dei grandi fiumi esse dipendono dalle risorse trofiche offerte dai soli ambienti fluviali e scompaiono non appena le golene fluviali si fanno strette e la superficie totale degli ambienti acquatici scende sotto i requisiti minimi. Riassumendo possibile distinguere due aree con caratteri differenti nel territorio lombardo: la zona intensamente coltivata a riso, che ha il suo nucleo in Lomellina, nel Pavese e nelle campagne a ovest di Milano (dora in poi chiamata per semplicit zona riso), e larea centro orientale dove il riso lascia il posto ad altre coltivazioni che non richiedono lallagamento periodico del suolo e dove le garzaie seguono il corso dei fiumi maggiori (chiamata zona fiumi). Nella zona riso si trovano colonie che in vari casi superano i 1000 nidi mentre, lungo i fiumi, le colonie non superano mai gli 800 nidi e sono globalmente pi distanziate le une dalle altre. Si visto come, nella pianura lombarda, la scarsit di vegetazione naturale palustre necessaria per linsediamento delle colonie lelemento che sembra limitare maggiormente la nidificazione degli Ardeidi. Si pertanto ritenuto necessario condurre specifici studi per evidenziare quali siano i requisiti che rendono unarea a vegetazione naturale idonea ad ospitare una colonia. A questo scopo, sono state individuate su foto aeree tutte le zone a vegetazione seminaturale arbustiva o arborea, di superficie maggiore di 1 ha. Tutte queste zone sono poi state visitate e valutate in merito alla loro idoneit ad ospitare una garzaia, sulla base delle caratteristiche interne allarea stessa, elencate nella colonna a sinistra della Tab. 2. Al termine di questi rilevamenti, lidoneit stata definita tramite il confronto tra le caratteristiche rilevate nei siti occupati dalle garzaie e nei siti non occupati. Sulla base di questo confronto sono emerse tre variabili in grado di discriminare tra siti occupati e non: 1. lestensione dellarea occupabile dai nidi, che nelle garzaie in genere superiore a 4 ha. Le colonie che si sono insediate su superfici inferiori sono caratterizzate da maggior instabilit come nel caso di Chiossa (PV) e Carola (PV); 2. la percentuale di perimetro protetto da acqua o altre barriere, che difendono dai predatori e dal disturbo antropico. Nelle garzaie infatti la presenza di protezioni perimetrali pi elevata e spesso raggiunge valori superiori all80%;

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3. il grado di disturbo antropico allinterno dellarea, che, nelle garzaie, risulta minore; sembra invece scarsamente influente leventuale disturbo antropico nelle immediate vicinanze. La presenza di strade, edifici, o il disturbo associato alle pratiche agricole, ecc., non influenzano negativamente lidoneit di un sito per una garzaia a patto che si collochino fuori dal suo perimetro. Sulla base di queste caratteristiche, solo 34 dei 219 siti non occupati inizialmente individuati si sono rivelati idonei (Fig. 40). Inoltre, il numero di siti effettivamente disponibili per nuove colonie si riduce ulteriormente, quando si considera che molti di essi sono localizzati presso garzaie gi esistenti e quindi non sono occupabili; altri invece, specialmente lungo il corso dei fiumi minori, non possono ospitare colonie data la scarsit degli ambienti di alimentazione. Gli interventi di gestione dovrebbero pertanto mirare a garantire una rete di siti idonei opportunamente distanziati e distribuiti entro le zone in grado di fornire cibo sufficiente alla vita delle colonie. Questanalisi, condotta sulla totalit della pianura lombarda, ha permesso di individuare alcuni requisiti comuni importanti nel determinare lidoneit di un sito, ma contemporaneamente ha evidenziato profonde differenze nel territorio della zona riso e della zona fiumi, alle quali corrispondono differenze nel tipo di ambienti occupati dalle colonie.

Tabella 2. Caratteristiche dei siti delle garzaie e dei siti non occupati.
Caratteristiche garzaie Vegetazione prevalente Estensione Forma Presenza di acqua Perimetro protetto da corpi dacqua Presenza di strade o sentieri ontaneti saliceti arbustivi maggiore di 4 ha diametro non inferiore a 200m maggiore in media 90% nulla o scarsa Lombardia occidentale (prov. PV, LO) siti non occupati boschi misti saliceti arborei sovente inferiore a 4 ha diametro sovente inferiore a 200m minore in media 50%, sovente 0 sovente numerosi Lombardia orientale (prov. CR, MN) garzaie siti non occupati

boschi misti, saliceto arboreo canneto, saliceto arbustivo in media 20 ha diametro 250 m in media maggiore 30-80 % minore in media 10 ha diametro inferiore minore 0-30% maggiore

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Figura 40. Localizzazione delle colonie e dei siti non occupati, suddivisi tra siti apparentemente idonei per linsediamento di una colonia di aironi e siti non idonei.

Nella zona riso sono presenti molti ontaneti, e alcuni saliceti arbustivi, ambienti che sono largamente occupati dalle garzaie in questarea, dove gli aironi sembrano preferire i lembi residui di foreste planiziali a vegetazione igrofila possibilmente con il perimetro protetto da canali e il suolo in buona parte allagato. La zona fiumi invece appare nettamente pi sguarnita di biotopi a vegetazione palustre rispetto alla zona riso (Fig. 41): sono assenti gli ontaneti, e sono scarsi anche i saliceti arbustivi e gli altri boschi naturali ad alto fusto. Nella zona fiumi gli aironi apprezzano particolarmente il saliceto arbustivo ed il canneto (gli unici ambienti utilizzati dallAirone rosso) che si trovano relegati nei pochi lembi di zone umide naturali. I tipi di vegetazione pi frequenti sono per altri, e sono sfruttati in modo differenziato dalle varie specie. Garzetta e Nitticora infatti utilizzano anche i saliceti arborei, disponibili in grande abbondanza e concentrati lungo le golene. Lestensione dei saliceti arborei nei siti occupati da colonie in media pi ampia rispetto ai siti non occupati. Unulteriore particolarit della zona fiumi rispetto alla zona riso consiste nellutilizzo dei pioppeti coltivati quale ambiente di insediamento da parte di Airone cenerino e anche di Nitticora e Garzetta. Sia i saliceti arborei, sia i pioppeti garantiscono per condizioni di idoneit a carattere effimero e, pertanto, sono utilizzati solo temporanea-

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mente. Nei saliceti arborei, anche se di dimensioni sufficienti, linsediamento riguarda solo gli stadi intermedi dellaccrescimento superati i quali gli alberi perdono le caratteristiche strutturali favorevoli al sostegno dei nidi. Infatti il numero di pulcini allevati con successo in nidi localizzati su salici arborei molto basso. Da questo punto di vista invece sembra che i pioppi siano particolarmente adatti, sebbene scarsamente protetti e potenzialmente pi soggetti ad episodi di disturbo; ci contribuisce a spiegare perch essi siano sovente preferiti ai saliceti arborei, anche in considerazione del fatto che mancano altre forme vegetazionali idonee come ontaneto o bosco misto. Anche i pioppeti per sono destinati ad un utilizzo temporaneo da parte degli Ardeidi in quanto, dopo alcuni anni, o cadono per deperimento, oppure vengono tagliati al termine del ciclo di coltivazione. Unaltra caratteristica della distribuzione delle colonie che esse si insediano ad una certa distanza luna dallaltra, allo scopo di evitare la sovrapposizione e laffollamento degli areali di alimentazione tra colonie contigue. Misurando le distanze tra una colonia e laltra, e tra colonie e siti idonei non occupati, si notato che le colonie sono spaziate in modo abbastanza regolare, mentre i siti non occupati sono distribuiti a gruppi o si collocano nelle strette vicinanze di una colonia gi esistente. In prossimit di garzaie gi esistenti infatti, la probabilit che un sito idoneo sia occupato molto bassa, anche quando dispone di ambienti di alimentazione circostanti. E possibile individuare delle fasce non occupabili intorno a ciascuna colonia, indipendentemente dalla presenza di siti idonei, la cui ampiezza varia tra i 4 ed i 10 km a seconda del numero di nidi della colonia e dellestensione degli ambienti di alimentazione; ovviamente colonie pi grandi e con meno ambienti acquatici a disposizione necessiteranno di una pi ampia fascia non occupabile da altre garzaie. Inoltre sono state evidenziate ampie aree prive di colonie, nonostante la disponibilit di sufficienti ambienti di alimentazione, dove lassenza di Ardeidi nidificanti verosimilmente dovuta alla carenza di siti idonei. In ampi settori dellarea esaminata quindi sarebbe probabile linsediamento di nuove colonie qualora sussistessero le condizioni di idoneit dei siti. In alcune aree della zona riso, ad esempio ad ovest di Pavia, queste aree corrispondono a settori dove in passato esistevano garzaie, oggi scomparse in seguito alla distruzione dellambiente. Alla luce di queste osservazioni gli sforzi di gestione dovrebbero essere indirizzati alla salvaguardia o al ripristino di siti idonei in aree con sufficienti disponibilit alimentari, ma opportunamente distanziate dalle colonie vicine. Interventi su aree prossime a siti gi occupati sono invece

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inutili, a meno che larea occupata rischi di essere compromessa. In tal caso, data la fedelt degli Ardeidi alle aree di riproduzione, opportuno creare le condizioni per un nuovo insediamento vicino a quello non pi utilizzabile.

Figura 41. Tipi dambiente relativamente ai siti delle colonie, ai siti idonei non occupati ed ai siti non idonei. I saliceti sono a portamento prevalentemente arbustivo nella zona occidentale a risaia, mentre lungo i fiumi della zona orientale prevale il portamento arboreo. I siti con altro sono per la maggior parte costituiti da bosco vegetante su substrato asciutto.

Preferenze di habitat per i nidi


La conoscenza delle preferenze nella scelta dellhabitat in cui costruire il nido allinterno della colonia permette di impostare le scelte di gestione in modo da favorire linsediamento o la permanenza del maggior numero possibile di specie. Allinterno di una garzaia le diverse specie di Ardeidi selezionano differenti posizioni dei nidi, generalmente disponendosi su pi livelli, secondo un ordinamento verticale sulla vegetazione che rispecchia le dimensioni corporee e le interazioni di dominanza che intercorrono tra specie. La Fig. 42 illustra le preferenze tipiche di ciascuna specie. Le pi piccole, in ordine crescente Sgarza ciuffetto, Garzetta e Nitticora, occupano le posizioni medio basse, sovente tra 5 e 15 m daltezza, entro ontaneti, saliceti ed eccezionalmente pioppeti coltivati. I canneti

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Figura 42. Preferenze per lhabitat dei nidi da parte delle cinque specie di Ardeidi pi abbondanti. Le popolazioni di Airone guardabuoi e Airone bianco sono troppo esigue perch sia possibile evidenziare preferenze; apparentemente lAirone guardabuoi nidifica in posizioni simili a quelle della Garzetta.

non vengono occupati. La Sgarza ciuffetto inoltre evita i boschi maturi. LAirone cenerino, che il nidificante di maggiori dimensioni, si colloca negli strati pi alti della vegetazione, in genere dai 15 ai 25 m, ed inoltre lunica specie che nidifica anche in boschi pi maturi e, nella zona fiumi, sovente nei pioppeti coltivati. LAirone rosso invece rappresenta uneccezione alla regola dellordinamento verticale in relazione alle dimensioni corporee, in quanto, pur essendo per grandezza la seconda specie dopo lAirone cenerino, tende ad occupare strati pi bassi rispetto agli altri abitanti della colonia. Inoltre lunica specie ad usare abitualmente i canneti. Questa preferenza pu essere vista come il risultato di fenomeni di segregazione dovuta alla competizione tra specie: la scelta di ambienti differenti, pur nellambito della stessa colonia, riduce le interazioni competitive tra le due specie di maggiori dimensioni, Airone rosso e cenerino, che, diversamente, entrerebbero in conflitto. Tuttavia la distribuzione verticale non segue altezze determinate in termini assoluti, ma la scala di localizzazione verticale tra le specie tende a ripetersi in relazione allaltezza raggiunta di volta in volta dalla vegetazione. La progettazione

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Figura 43. Un vasto ambiente umido nella pianura coltivata a riso offre diversi tipi di vegetazione idonei per la nidificazione degli aironi, quali boschi di ontano e macchie di saliconi allagati.

di lotti di vegetazione con struttura diversificata allinterno dei biotopi che ospitano garzaie consigliabile per favorire la presenza di tutte le specie di Ardeidi, in quanto attenua le possibili interazioni aggressive e fornisce una scelta di strati vegetazionali tale da soddisfare le preferenze di ciascuna specie (Fig. 43).

Dinamica delle garzaie


Osservando le Figure 37 e 39, risulta evidente che il maggior numero di garzaie si concentra nella zona intensamente coltivata a riso in provincia di Pavia. Nella rimanente parte dellarea in esame le colonie si allineano lungo lasta del fiume Po ed il basso corso dei suoi maggiori affluenti (Ticino, Adda, Taro, Oglio, Mincio). Costituiscono uneccezione alcune garzaie di nuovo impianto che si estendono a nord lungo il corso del Ticino (Biandronno, Brabbia, Maddalena, Robecchetto) e una colonia insediatasi a Brescia presso lo svincolo autostradale. Si tratta per lo pi di nuclei di Airone cenerino.

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La Fig. 44 mostra quali colonie siano stabili, oppure di recente formazione e quali siano scomparse. Non sono qui raffigurate alcune nuove colonie, situate soprattutto lungo Ticino, Po e Taro, che corrispondono a insediamenti di Airone cenerino e che sono il risultato della grande espansione numerica di questa specie. Un sintetico bilancio per il territorio lombardo dal 1972 al 1999, mostra che 22 garzaie sono state occupate stabilmente, 5 sono scomparse e 3 nuove garzaie si sono insediate. Inoltre, 7 garzaie sono state classificate come vaganti in quanto, a distanza di pochi anni, si sono spostate in siti vicini, pur gravitando sulla stessa area. Nella zona riso le colonie tendono a mantenere una collocazione molto stabile, eventualmente con spostamenti dellordine di poche decine o centinaia di metri allinterno di una stessa parcella di vegetazione naturale. Dove le garzaie si trovavano in appezzamenti di estensione troppo limitata (colonie di Cascina Isola, Carola e Porta Chiossa) gli spostamenti si sono indirizzati verso biotopi simili situati nelle immediate vicinanze. La perdita netta di 5 garzaie nella zona riso imputabile a fenomeni di distruzione o manomissione degli ambienti, oppure ad una loro evoluzione verso forme non pi idonee a causa di interramento, di prosciugamento, o di cambiamento della vegetazione. Alcune fasce di territorio, dove si assistito alla scomparsa di colonie, sono rimaste prive di nuovi insediamenti a causa della mancanza degli ambienti adatti. La scarsit degli ambienti umidi seminaturali necessari per linsediamento delle garzaie e il recente incremento delle popolazioni di Ardeidi rendono la mancanza di siti idonei alla nidificazione un fattore che limita la formazione di nuove colonie. Nella zona fiumi invece, le garzaie vanno soggette a frequenti spostamenti di corto raggio, in genere alcuni chilometri, come nel caso delle garzaie di Carbonara, Garolda, Gualtieri, Taro. La maggiore mobilit delle garzaie nella zona fiumi dovuta ai differenti ambienti occupati: ai saliceti arbustivi ed agli ontaneti della zona riso si sostituiscono, nella zona fiumi, i saliceti arborei ed i pioppeti coltivati, ambienti di idoneit effimera che sono abbandonati dopo pochi anni. Di solito un nuovo sito, anchesso di effimera idoneit, trovato nelle immediate vicinanze. Questi ambienti possono ospitare una colonia solo per pochi anni, in quanto i saliceti arborei golenali evolvono rapidamente verso forme poco adatte al sostegno dei nidi, mentre i pioppeti vengono abbattuti per esigenze colturali. Perci le garzaie non mantengono una singola localizzazione, ma si spostano intorno a baricentri con un rapido susseguirsi di scomparse e comparse in aree distanti tra loro pochi chilometri. I baricentri di presenza delle garzaie appaiono allineati lungo il Po e gli altri maggiori

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Figura 44. Colonie suddivise per grado di stabilit, dal 1972 al 1999.

fiumi, e sono distanziati con una certa regolarit tra i 15 ed i 25 km. Tale fenomeno dovuto al fatto che le garzaie tendono a discostarsi luna dallaltra per evitare il sovrapporsi delle aree trofiche ed il conseguente sovraffollamento. Le indicazioni di interesse conservazionistico che si possono trarre dallanalisi della localizzazione delle garzaie sono le seguenti: si evidenzia, in tutto il territorio lombardo, la scarsit di ambienti idonei alla nidificazione che, considerato il forte incremento delle popolazioni di Airone cenerino e Garzetta , a livello locale, il principale fattore limitante linsediamento di nuove colonie; nella zona a riso, dove le colonie sono stabili in quanto localizzate in biotopi la cui idoneit costante nel tempo, esistono le condizioni per la creazione di apposite Riserve Naturali, per altro in parte gi istituite; nella zona fiumi la localizzazione delle colonie lungo il Po ed il basso corso dei principali affluenti suggerisce di concentrare gli sforzi per leventuale creazione di nuovi biotopi con caratteristiche che ne rendano stabile loccupazione, situati lungo la fascia fluviale ed allinterno dei baricentri individuati come aree tradizionali di insediamento.

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Obiettivi ed azioni di conservazione: il modello di gestione delle garzaie lombarde


Gli interventi di conservazione dovrebbero garantire il mantenimento di condizioni favorevoli per tutti i fattori riconosciuti potenzialmente limitanti, che sono principalmente la disponibilit di siti per le colonie e la disponibilit di ambienti per lalimentazione. Attualmente questo secondo aspetto non sembra costituire una reale limitazione; inoltre il miglioramento degli ambienti di alimentazione comporterebbe interventi sulla qualit delle acque e sulle pratiche agricole, peraltro onerosi e che trascendono la mera conservazione degli Ardeidi. Tale obiettivo quindi, pur non abbandonato, scivola in secondo piano rispetto alla ben pi urgente conservazione degli ambienti idonei alla nidificazione. Le azioni in questo senso sono infatti operativamente pi attuabili e costituiscono un obiettivo immediato dato che la scarsit di tali ambienti sembra gi costituire un fattore limitante. Inoltre, la salvaguardia e la gestione delle zone umide planiziali consente di raggiungere risultati di portata pi ampia rispetto alla sola protezione delle garzaie. Le zone umide residue sono presenze sporadiche e frammentarie che hanno un grande valore storicopaesaggistico in quanto costituiscono lultima testimonianza del manto naturale che un tempo ricopriva la pianura padana; contemporaneamente hanno un elevato pregio naturalistico-scientifico in quanto contribuiscono ad elevare la biodiversit in un area quasi completamente trasfigurata dallazione umana. La protezione e la gestione di questi ambienti, caratterizzati da estensioni limitate (pochi ettari) e dislocati su appezzamenti di basso valore agricolo ed economico, risulta facilmente compatibile con lutilizzo agricolo intensivo cui soggetta la pianura lombarda. La scarsit di ambienti umidi naturali idonei allinsediamento degli aironi rende necessaria una serie di interventi differenziati nelle modalit e nei tempi di realizzazione, nonch negli oneri economici, che vanno dalla protezione delle aree occupate, alla gestione attiva volta al mantenimento delle condizioni di idoneit, al ripristino di biotopi in cui favorire linsediamento di nuove colonie. Alcune garzaie sono vulnerabili perch sorgono in condizioni non ottimali (pioppeti e saliceti arborei), altre perch vicine al limite minimo dei requisiti ambientali necessari per la nidificazione; queste situazioni necessitano di interventi differenziati tarati sulle condizioni ambientali generali dellarea interessata. Occorre innanzi tutto definire delle priorit dintervento che rispondano nel modo migliore possibile ad esigenze territoriali distinte. Zona

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riso e zona fiumi si differenziano per lurgenza degli interventi di conservazione. Tali priorit, in ordine decrescente, potrebbero essere delineate nei punti che seguono: Proteggere tutte le garzaie esistenti in ambienti naturali o seminaturali e ancora prive di tutela, mediante listituzione di zone protette ad adeguato titolo. Nei casi di nidificazione in pioppeto coltivato, listituzione di una zona protetta inopportuna, dal momento che i pioppeti sono ambienti a basso valore naturalistico e scarsamente idonei alla nidificazione degli aironi, probabilmente scelti come unica alternativa possibile di fronte alla scarsit di ambienti ottimali. Sono comunque opportune misure di salvaguardia minima che, a seguito dellindividuazione tempestiva dei pioppeti occupati, ne evitino il taglio durante il periodo riproduttivo. Inoltre, quando il pioppeto rappresenta lunica possibilit di nidificazione per un ampio raggio, sono da prevedere misure quali la sensibilizzazione dei conduttori, laffitto o lindennizzo per il ridotto reddito, in modo da assicurare la disponibilit pluriennale del sito per gli Ardeidi nidificanti. Ove invece fossero presenti pi appezzamenti contigui a pioppeto, non sono necessarie misure di salvaguardia, poich altamente probabile che, se in inverno vengono abbattuti gli alberi occupati, lanno successivo gli aironi si insedieranno su quelli vicini. Non sono infatti emersi particolari requisiti tali da discriminare pioppeti occupati e non. Nella zona riso, la scomparsa netta di varie colonie richiede una certa tempestivit di interventi specialmente a carico di quei biotopi che, seguendo i processi di seriazione naturale, stanno evolvendo verso forme che presto diventeranno inospitali per gli aironi. Come conseguenza della crescente occupazione del territorio realizzata dalluomo nel corso dei secoli, il processo di ricambio spontaneo delle zone umide stato interrotto poich manca lo spazio per la formazione di nuove zone umide che sostituiscano quelle in cui i processi di interramento attuano una bonifica naturale. Si rendono quindi necessari interventi di gestione attiva delle ultime aree palustri affinch sia garantito il mantenimento di condizioni idonee allinsediamento delle garzaie. Nella zona fiumi invece le garzaie scomparse nel corso degli ultimi 20 anni sono state rimpiazzate da nuove colonie, per lo pi sorte nellambito dei baricentri di presenza tradizionale. Come gi detto, in questarea della pianura lombarda gli ambienti umidi naturali idonei per la nidificazione degli aironi sono quasi assenti e lunica alternativa possibile rappresentata dalle nidificazioni in pioppeti coltivati o, pi raramente, su saliceti arborei. Pertanto, oltre allimmediata protezione di qualsiasi insediamento, gli interventi di conservazione nella zona fiumi passano

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attraverso riqualificazioni ambientali di ampio respiro e di lunga attuazione i cui risultati saranno apprezzabili solo nel lungo periodo. In conclusione, lobiettivo pi impegnativo ed ambizioso, anche se di urgenza non immediata, la costruzione di una rete di biotopi naturali. Questo fine andrebbe perseguito tramite la gestione attiva dei biotopi gi presenti e la creazione di nuovi siti di elevato pregio naturalistico idonei allinsediamento delle garzaie. La creazione di nuovi siti dovrebbe interessare tutte le zone della pianura lombarda che offrono aree di alimentazione sufficientemente estese, con particolare riguardo alla zona fiumi che attualmente la pi sguarnita di ambienti adatti alle colonie. Anche in questo caso sar necessaria una gestione attiva dei siti per far fronte alla naturale tendenza della vegetazione ad evolvere in forme non idonee. Le osservazioni di interesse conservazionistico che nascono dallo studio accurato della biologia riproduttiva degli Ardeidi portano a indirizzi gestionali comuni per tutto il territorio lombardo, che, inevitabilmente, devono tenere conto delle peculiarit e delle differenze evidenziate tra la zona riso e la zona fiumi. Le esigenze di questi due distretti territoriali richiedono la formulazione di un modello che, pur nascendo da ununica idea, sia in grado di rispondere in modo flessibile ed esaustivo alle diverse realt territoriali cui viene applicato. I punti fondamentali del modello sono schematicamente riportati di seguito e ripercorrono in gran parte i risultati emersi dallo studio ora illustrato. 1. Gli aironi sono fedeli al sito di nidificazione e le garzaie, salvo eventi che le rendono inutilizzabili, sono rioccupate di anno in anno. Nella zona fiumi, le particolari condizioni di insediamento di alcune colonie attualmente non consentono il mantenimento di una localizzazione fissa per pi anni consecutivi. Gli aironi compiono spostamenti limitati e la localizzazione delle garzaie gravita intorno ad aree tradizionali di insediamento. La fedelt degli aironi al territorio crea le condizioni adatte, da un lato, per listituzione di apposite riserve nelle aree idonee gi occupate e, dallaltro, per la creazione di nuovi biotopi che conservino nel tempo condizioni di idoneit per la nidificazione. Questi nuovi biotopi dovrebbero sorgere allinterno dei baricentri della zona fiumi oppure in aree con sufficienti disponibilit trofiche, ma attualmente sguarnite di habitat adatti. 2. Il modello prevede listituzione di una rete di siti idonei in tutte le aree in cui sono presenti ambienti di alimentazione sufficientemente estesi. Dal momento che le aree di alimentazione per gli Ardeidi coincidono con le zone a copertura acquatica sia naturali, sia artificiali, i siti interes-

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sati dal modello sono esclusivamente quelli circondati da territori in cui per almeno 5 km la copertura di acqua pari al 10 %. In pratica larea coinvolta dagli interventi di gestione corrisponde, nella Lombardia Sud occidentale, alle campagne intensamente coltivate a riso e, nella Lombardia Sud orientale, si snoda lungo il corso del Po e dei suoi maggiori affluenti nel tratto pi vicino alle confluenze. Qui la fascia in grado di ospitare gli insediamenti si estende poco oltre larea golenale (in media non oltre i 2 km). 3. I siti oggetto di interventi dovranno essere opportunamente distanziati al fine di ridurre le interazioni competitive tra colonie. Infatti, ciascuna garzaia circondata da una fascia in cui la probabilit di nuovi insediamenti praticamente nulla. Per i biotopi in risaia lestensione di tale anello varia dai 4 ai 10 km a seconda delle dimensioni della colonia e dellestensione degli ambienti di alimentazione che la circondano. Nella zona fiumi, dove le garzaie sono distribuite lungo i corsi dacqua, la distanza tra le garzaie aumenta fino a 20-30 km. Interventi su aree prossime a siti gi occupati sono giustificabili solo nel caso in cui larea occupata sia a rischio di compromissione; in tal caso, vista la fedelt degli aironi al territorio, la creazione di un nuovo insediamento vicino a quello presto non pi utilizzabile particolarmente indicata. 4. La struttura interna ottimale dei biotopi atti ad ospitare garzaie pu essere desunta dalle caratteristiche in grado di discriminare tra siti occupati e non: estensione, vegetazione arbustiva o arborea, protezione da predatori terrestri e da disturbo antropico. La soglia minima perch un biotopo sia adatto ad ospitare una garzaia di 4 ha; larea interessata deve essere protetta su gran parte del perimetro da canali o altro tipo di barriere fisiche (ad esempio siepi fitte) in grado di rendere laccesso difficile a predatori terrestri o intrusi in genere. Importante, almeno nella zona riso, si dimostrato lallagamento di ampie zone dellarea interessata dalla colonia. Dal punto di vista del tipo e della struttura della vegetazione, opportuno prevedere pi lotti con caratteristiche differenti, ciascuno dellestensione minima richiesta per gli insediamenti. I tipi di vegetazione da favorire cambiano lievemente a seconda della zona in cui si intende realizzare lintervento. La progettazione dei siti volta a garantire le condizioni per la nidificazione di tutte le specie di Ardeidi. Nella zona riso, lo schema ottimale (Fig. 45) costituito da due lotti di vegetazione ad ontaneto (uno giovane e laltro intermedio, adatti per Nitticora, Garzetta e Sgarza ciuffetto), un lotto a saliconi arbustivi (preferito dallAirone rosso, ma utilizzato anche dalle tre specie precedenti) ed

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un ultimo lotto, eventualmente di estensione inferiore, caratterizzato da bosco misto maturo (su cui si insedia di preferenza lAirone cenerino). Ove possibile pu essere aggiunta, a completamento, una zona a canneto e cariceto, che potrebbe essere utilizzata dallAirone rosso. Un intervento ridotto al minimo prevede almeno limpianto di due lotti. Questo schema proponibile anche per la creazione di biotopi fuori golena nella zona fiumi dove i boschi misti, igrofili o mesofili, sono quasi assenti; la loro disponibilit sarebbe presumibilmente apprezzata dagli aironi che avrebbero cos una valida alternativa alla nidificazione in pioppeto coltivato. La percentuale di suolo da destinare ad ontaneto o a bosco misto ad alto fusto andrebbe poi valutata di volta in volta a seconda delle necessit e delle caratteristiche del terreno. Nella zona fiumi vi la possibilit di realizzare nuovi siti anche allinterno dellarea golenale, secondo lo schema illustrato in Fig. 46. Mentre lo schema per la zona a riso (Fig. 45) gi stato applicato con risultati incoraggianti, quello per la zona fiumi ancora in attesa di sperimentazione. Si consiglia limpianto di lotti di saliceto arbustivo ed ontaneto; nelle zone pi elevate le essenze ad alto fusto necessarie allAirone cenerino saranno in prevalenza pioppo bianco e pioppo nero, preferite per la rapidit di crescita. Nelle zone pi vicine al fiume si manterr la vegetazione tipica costituita da fasce a salice arboreo, sebbene di pregio non elevato e scarsamente utilizzato dagli aironi. E necessario allestire almeno due diversi lotti vicini la cui estensione deve essere minimo di 3 ha ciascuno. 5. Un capitolo importante nella gestione delle garzaie riguarda la fruizione da parte del pubblico. Tra la molteplicit di ruoli svolti da queste aree non bisogna tralasciare quello didattico-ricreativo. Le garzaie costituiscono infatti unimportante occasione di incontro diretto con la natura e possono fungere da laboratorio allaria aperta per studenti di tutti i livelli o come momento di svago per birdwatchers, fotografi naturalistici, ecc. Lapertura di questi spazi al pubblico un momento delicato ed i rischi ad esso associati vanno attentamente valutati al fine di contenerli il pi possibile. Una presenza umana troppo insistente durante le fasi di insediamento della colonia infatti potrebbe arrecare agli animali un disturbo intollerabile e determinare labbandono del sito. A questi rischi si pu ovviare con la regolamentazione delle visite e listituzione di unapposita rete di sentieri e capanni che consentano di avvicinarsi ai nidi impedendo contemporaneamente ingressi indesiderati nelle aree pi delicate. 6. Unulteriore garanzia di successo per gli interventi di conservazio-

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Figura 45. Schema ideale di sito idoneo per una garzaia, nella zona riso. Lo schema applicabile anche nelle aree extragolenali della zona fiumi. La superficie totale a vegetazione naturale dovrebbe essere superiore a 4 ha, ed ottimale a 10 ha.

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Figura 46. Schema ideale di sito idoneo per una garzaia, nella zona fiumi. La superficie dovrebbe essere di almeno 4 ha, ottimale 10 ha.

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ne rappresentata dallistituzione di una fascia di rispetto, della larghezza di almeno 200 m attorno al perimetro del sito naturale. Allinterno di questa fascia andrebbero previste poche restrizioni, ma tali da garantire requisiti minimi di tranquillit allarea in cui si trovano i nidi. Nella fascia di rispetto sarebbero quindi vietati gli interventi di bonifica, di taglio delle eventuali aree a vegetazione naturale e la costruzione di edifici. Sarebbero invece perfettamente compatibili le normali pratiche agricole, con preferenza ove possibile per la coltivazione del riso in modo da garantire ambienti di alimentazione ai giovani Ardeidi che hanno da poco lasciato il nido. E invece sconsigliabile limpianto di pioppi in quanto vi nidifica regolarmente la Cornacchia grigia che tra i maggiori predatori delle uova di Ardeidi. Gli accessi potrebbero essere regolati in modo da evitare episodi di disturbo nel periodo di nidificazione e da limitare luso dei fitofarmaci a quelli appartenenti alle classi di tossicit pi basse.

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Le tecniche di gestione
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LE TECNICHE DI GESTIONE
Obiettivi e priorit
A partire dal modello di gestione illustrato nel precedente capitolo e dalla meticolosa opera di acquisizione ed elaborazione dati che lo ha preceduto, sono stati individuati i parametri in grado di rendere un sito potenzialmente idoneo alla nidificazione degli Ardeidae. In questo capitolo verranno brevemente illustrati gli strumenti e le tecniche che consentono il mantenimento e/o il raggiungimento di tali parametri. E bene premettere che gli interventi di gestione, ripristino e rinaturalizzazione vanno indirizzati allambiente nel suo complesso e coinvolgono aspetti di ordine diverso (faunistici, forestali, idraulici e idrologici); non da ultimo bisogna tener conto delle molteplici connessioni con le attivit agricole che si svolgono sui terreni circostanti il bosco, alcuni dei quali sono inclusi nellarea di riserva. Lobiettivo cui tendere il bosco tratteggiato dal modello di gestione. Esso costituito in prima approssimazione da due o pi lotti di 3-4 ha ciascuno al cui interno si trova un bosco coetaneo, tendenzialmente monoplano, con spiccati caratteri di semplicit ecosistemica. La sua composizione poco variata e vede il prevalere di una specie principale (ontano, salicone, ecc.), che copre almeno l80% del suolo, cui si accompagnano alcune essenze di contorno (pioppi, farnie, ...). Attualmente la specie dominante nella zona delle risaie rappresentata dallontano nero, mentre, nella zona fiumi, ad esso si sostituisce il salice bianco di cui per sono stati dimostrati, tranne che nelle fasi iniziali della crescita, la scarsa idoneit al sostegno dei nidi e lo scarso successo riproduttivo a ci conseguente. La protezione perimetrale garantita da canali o fitte siepi, meglio se spinose. Fondamentale per la buona crescita delle piante e la protezione degli aironi la presenza di suolo intriso di acqua e parzialmente sommerso almeno per il periodo che coincide con linsediamento della colonia e lo svolgimento della nidificazione. Quelle illustrate in questo capitolo non vogliono essere regole rigide e immodificabili, quanto piuttosto linee guida risultanti dai dati raccolti sul campo durante la fase di studio e di prima applicazione del modello. La conoscenza degli equilibri che legano gli ardeidae ai siti riproduttivi infatti tuttaltro che esaurita; ciascuna situazione in cui si progetta un intervento unica e spesso solo parzialmente ascrivibile alle categorie descritte. Queste linee guida vanno pertanto interpretate come suggerimen-

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ti da applicare con elasticit nella definizione delle scelte finali, frutto dellanalisi in dettaglio di ciascuna situazione, condotta con il supporto di esperti nei settori interessati. Nel momento in cui si progetta un intervento e vengono quantificate le risorse economiche necessarie alla sua realizzazione necessario definire una scala di priorit riguardanti sia la scelta del sito su cui intervenire per primo, sia la definizione, nelambito dello stesso sito, degli interventi pi urgenti. Per quanto riguarda questo secondo punto difficile definire a priori la sequenza delle azioni in quanto gli interventi pi urgenti dipendono strettamente dalle condizioni del sito in questione; per quanto riguarda la scelta del sito invece utile tener presente che le maggiori possibilit di successo si accompagnano a situazioni ambientali gi favorevoli in partenza. In questottica alcuni elementi che concorrono a definire la massima priorit per un intervento sono i seguenti: lesistenza di un regime di gestione o propriet dellarea che consenta lesecuzione di interventi con forme di finanziamento facilmente accessibili e con limitate difficolt per la disponibilit delle aree; lesistenza di colonie nidificanti o la loro presenza in epoche recenti, indice che il sito potenzialmente idoneo; lesistenza di condizioni alimentari ottimali in termini di distanza dalla fonte di approvvigionamento e di estensione della stessa; la presenza di lembi gi esistenti di bosco misto o di altre formazioni vegetali naturali, con la possibilit di un loro miglioramento o ampliamento, al fine di ottenere superfici coperte almeno pari a 3 ha; lesistenza di superfici con disponibilit di acqua libera e la possibilit di ottenere un buon isolamento dellarea; la possibilit di creare seriazioni vegetazionali mediante la realizzazione di collegamenti tra boscaglie ripariali e boschi planiziali, con unazione di riqualificazione ambientale generale, che si esplica tramite interventi selvicolturali su formazioni esistenti e nuovi impianti a colmare le lacune.

Gli interventi forestali


Le tipologie vegetazionali che in Lombardia sono potenzialmente interessate dalla presenza di garzaie sono le seguenti: - Alneto - Saliceto arbustivo - Saliceto arboreo

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- Boscaglia ripariale - Pioppeto coltivato - Bosco misto Non tutte sono caratterizzate dal medesimo livello di idoneit, successo riproduttivo, valenza naturalistica. Esse verranno di seguito singolarmente descritte e saranno tratteggiati gli interventi volti ad avvicinare ciascuna situazione alle condizioni che, sulla base dellattuale stato delle conoscenze, vengono definite potenzialmente idonee. A seconda delle necessit, gli interventi possono mirare al ringiovanimento, alla semplice manutenzione, alla ripiantumazione e si differenziano nelle modalit esecutive in base alla presenza o meno dei nidi. Gli interventi indirizzati a ciascuna delle seguenti categorie, a seconda delle necessit, vanno combinati tra loro per la realizzazione di un ambiente composto da pi lotti diversificati. Alneto. Gli alneti sono boschi dove la specie dominante, non di rado lunica, rappresentata dallOntano nero (Alnus glutinosa) che per svilupparsi richiede suoli intrisi di acqua (falda molto superficiale, a tratti affiorante). Queste formazioni si caratterizzano per la presenza di uno strato fitto ed uniforme di piante per lo pi coetanee, risultato di un governo a ceduo in cui non sono state lasciate matricine. La luce del sole, indispensabile per lo sviluppo dei giovani ontani, non riesce a raggiungere il suolo ed il rinnovamento spontaneo del bosco perci impedito. A seconda dellet e delle conseguenti dimensioni delle piante, lalneto si distingue in: -giovane: et inferiore ai 20 anni, diametro medio delle piante inferiore ai 12,5 cm ed altezza media dei fusti intorno ai 10 m; -a regime o intermedio: et compresa tra i 20 ed i 30 anni, diametro medio delle piante compreso tra i 12,5 cm ed i 15,5 cm, altezza media intorno ai 15 m; -vecchio o maturo: et superiore ai 30 anni, diametro medio delle piante maggiore di 17,5 cm ed altezza media dei fusti 20 m. Lalneto giovane quello che presenta la maggiore densit di nidi, specialmente di Nitticora e Garzetta; anche lalneto a regime, se pur con una densit di nidi lievemente inferiore, idoneo per la nidificazione; entrambe si presentano come ceduo semplice in quanto i turni di taglio si avvicendano di consuetudine ogni 30 anni. Lalneto vecchio si distingue dalle forme precedenti in quanto gli alberi sono maggiormente differenziati per dimensioni ed altezza; inoltre presenta un pi alto numero di piante da seme o di polloni affrancati. Anche la massa secca superiore rispetto agli stadi pi giovani e si nota la presenza, se pur limitata, delle

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pi comuni specie accessorie quali farnia, pioppo nero, pioppo bianco e acero campestre. Tutto ci denota levoluzione verso un bosco caratterizzato da un pi alto livello di complessit che tuttavia ha progressivamente perso le caratteristiche di idoneit allinsediamento degli ardeidi ad eccezione dellAirone cenerino, di cui sono note le preferenze per gli alberi di grandi dimensioni. La presenza delle garzaie e listituzione delle riserve ha svincolato queste aree dai ritmi selvicolturali tradizionali che per altro non avrebbero tenuto conto della presenza della colonia. Pertanto, in assenza di interventi opportuni, gli alneti stanno evolvendo verso forme sempre meno idonee. Il modello ottimale verso cui tendere rappresentato da un alneto giovane o al massimo a regime in cui i tagli per il rinnovo avvengano ogni 20, massimo 25 anni. In occasione dei tagli si prevede il rilascio di circa 200 matricine per ha, scelte tra le piante nelle migliori condizioni e, nel caso di assenza di piante da seme, tra i polloni ben conformati ed affrancati. In tal modo si garantisce la presenza di alberi di maggiori dimensioni, eventualmente sfruttabili dallAirone cenerino, che offrono protezione laterale ai nidi circostanti. I maggiori problemi legati a questa tipologia vegetazionale sono quelli relativi allinvecchiamento; per i motivi sopra illustrati infatti il rinnovamento del bosco pu avvenire solo artificialmente. Negli ontaneti che non ospitano nidi e di superficie superiore ai 3 ha il taglio potr interessare superfici estese fino ad un massimo di 5000 mq (Fig. 47). Nelle tagliate dovr essere garantita la presenza di 200 matricine per ha eventualmente anche tramite nuove piantumazioni, che hanno il pregio di incrementare la variabilit genetica, a patto che si tratti di esemplari provenienti dalla pianura padana. Dagli esemplari tagliati invece si svilupperanno nuovi polloni. Il taglio delle piante deve essere condotto risparmiando le specie accessorie (pioppo bianco, pioppo nero, farnia, acero campestre, olmo campestre, ecc.), salvo quelle in cattivo stato fitosanitario. La presenza di specie accessorie pu eventualmente essere incrementata mediante nuove piantumazioni, programmate in modo che non venga superata la soglia del 20%. La scelta delle specie accessorie vincolata al tipo di suolo ed al regime idrologico del sito oggetto dellintervento. Eventuali esemplari di pioppo ibrido euroamericano e robinia vanno rimossi. Si consiglia la rimozione progressiva del salice bianco, almeno per quanto riguarda la zona riso, in quanto scarsamente idoneo; questo, naturalmente, nel caso in cui la formazione boschiva non possegga uno specifico valore naturalistico indipendente dalla presenza di garzaie.

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Figura 47.- Schema ed esempio di intervento per il rinnovamento di un alneto di superficie superiore a 3 ha, in assenza di nidi

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Nel caso in cui il bosco da rinnovare ospiti dei nidi, gli interventi assumono un carattere meno radicale in quanto la priorit assegnata al mantenimento della colonia. Lo stesso vale per alneti senza nidi ma di dimensioni inferiori ai 3 ha (soglia di idoneit) sui quali interventi estesi potrebbero determinare ripercussioni sfavorevoli, specialmente in assenza di alternative per gli aironi (Fig. 48a). Le limitazioni circa lestensione dellarea di intervento si riferiscono alla superficie totale e si fanno meno restrittive se nellarea occupata dalla colonia sono presenti zone adiacenti ai nidi, che possiedono i requisiti di idoneit segnalati. Particolarmente adatte a svolgere il ruolo di zone rifugio sono le estensioni di salicone la cui presenza in questi siti va il pi possibile incoraggiata. Gli aironi (ad eccezione del cenerino) in questo caso hanno la possibilit di spostare il punto in cui costruire i nidi, senza per questo abbandonare il sito. Si tenga presente che, in linea di massima, bene iniziare gli interventi dal lotto non occupato che richiede lo sforzo minore per raggiungere lidoneit. In questi casi si consiglia di operare per fasi successive attraverso lapertura di radure che non interessino le zone occupate dai nidi. Esse dovranno essere ben distanziate tra loro, ampie al massimo 1000mq e con un diametro minimo almeno pari al doppio dellaltezza degli alberi tagliati in modo da garantire che la luce del sole giunga al suolo. Il taglio pu essere effettuato anche per strisce estese al massimo 2000mq e posizionate perpendicolarmente alla fonte di maggior disturbo antropico (una strada, un agglomerato di case) (Fig. 48b); il lato corto dovr essere di dimensioni paragonabili al doppio dellaltezza degli alberi. Lapertura di questi spazi, almeno inizialmente, non deve interessare la fascia esterna dellarea che bene invece rinfoltire con arbusti dalle caratteristiche compatibili con quelle stazionali. Nel caso in cui siano presenti porzioni di alneto vecchio colonizzate da Airone cenerino, esse vanno preservate per costituire un nucleo di vegetazione pi alta adatto a questa specie, come previsto dallo schema generale del modello. Lesecuzione dei tagli non deve portare la superficie boscata totale disponibile per i nidi sotto il limite dei 3 ha, pena il rischio di abbandono della colonia. Inoltre, a seconda della forma, le aree boscate non dovrebbero scendere al di sotto dei seguenti limiti: 100x300 m se allungate 200x150 m se compatte. Nelle aree di suolo scoperto si verificher un rapido e rigoglioso sviluppo di specie nitrofile ed infestanti che competono con la crescita della vegetazione che si intende favorire. E pertanto necessario provvedere alla rimozione di queste essenze per i primi anni successivi allintervento, fino a quando le nuove piante non hanno raggiunto una dimensione tale da non essere pi sopraffatte da questo sottobosco infestante.

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Figura 48 a. Schema ed esempio di intervento per il rinnovameno di un alneto di superficie superiore ai 3 ha in presenza di nidi, o di un alneto senza nidi di estensione inferiore ai 3 ha. a) senza fonti di disturbo (es. strada)

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Figura 48 b. Schema ed esempio di intervento per il rinnovameno di un alneto di superficie superiore ai 3 ha in presenza di nidi, o di un alneto senza nidi di estensione inferiore ai 3 ha. b) in presenza di fonti di disturbo

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In alcune situazioni si rendono particolarmente indicati interventi di piantumazione che mirino a ricreare, nel lungo periodo, lalneto. Ad esempio in garzaie dove questo tipo di vegetazione mostra estensioni assai limitate o si verifica lopportunit di legare due lotti (non necessariamente occupati da alneto) con una formazione boschiva di nuovo impianto. Un caso particolare in cui va senza dubbio attribuita la priorit allampliamento dellalneto si verifica quando questo, pur di estensione inferiore ai 3ha, ospita i nidi. Tale situazione estremamente delicata ed pertanto sconsigliabile intraprendere azioni di rinnovamento prima di aver ampliato la superficie idonea per i nidi. Lalneto particolarmente indicato in quanto assai gradito agli ardeidi e testimonianza sempre pi rara dei boschi che in passato ricoprivano le zone di bassa pianura. In particolare la sua assenza dalla zona fiumi figurerebbe tra i fattori che hanno indirizzato la scelta degli ardeidi verso situazioni non ottimali; sarebbe pertanto opportuno inserirne il ripristino in un programma di riqualificazione di ampio respiro (cfr. Capitolo 3). Per gli interventi che prevedono nuovi impianti bisogna innanzi tutto assicurarsi che le condizioni di umidit del suolo siano tali da consentire la crescita dellontano nero, specie assai sensibile alla mancanza di acqua in particolar modo durante i primi anni di sviluppo. Per le proposte di risoluzione di problemi legati alla disponibilit di acqua, si rimanda al paragrafo successivo. Una volta appurata lidoneit del suolo che ospiter le piantine, il progetto di piantumazione prevede lutilizzo di ontano nero per circa l80% e per il rimanente 20% di specie accessorie scelte tra le seguenti a seconda delle caratteristiche della stazione.
SPECIE ARBOREE SPECIE ARBUSTIVE

Farnia, Pioppo bianco, Pioppo nero, Olmo Sanguinello, Biancospino, Frangola, Ligustro campestre, Acero campestre, Ciliegio selva- volgare, Corniolo. tico, Tiglio europeo, Frassino ossifillo, Carpino bianco, Sorbo torminale

E importante lutilizzo di piante provenienti da aree il pi possibile prossime a quella di intervento in modo da inserire utili elementi di variabilit genetica senza che tuttavia questi siano eccessivamente marcati e tali da ledere gli equilibri delle popolazioni autoctone residue. Il sesto dimpianto deve essere fitto e varia da 2.5x2.5 a 3x3 m. Se il reimpianto avviene su unarea dove gi sono presenti alcune essenze adatte (per esempio frutto di un precedente programma di ripiantumazione solo parzialmente

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riuscito) occorrer tenerne conto nel definire il numero di piantine necessarie. La distanza tra le piante e la loro disposizione deve essere tale da consentire il passaggio dei mezzi meccanici che svolgono la manutenzione nei primi anni; questo accorgimento tecnico pu essere trascurato qualora si preveda, in applicazione delle disposizioni del Piano di Gestione, di intervenire manualmente nelle cure dimpianto. Le prime fasi successive al reimpianto sono molto delicate e necessitano di monitoraggi periodici volti a definire le condizioni delle piantine, mantenere pulita la fascia di suolo che le circonda, colmare le eventuali fallanze, impedire lo sviluppo di specie eliofile infestanti, definire eventuali interventi accessori che, caso per caso, si rivelano utili per correggere limpostazione iniziale. Saliceto arbustivo. Questa formazione composta per lo pi da saliconi, nome volgare sotto il quale si riunisce pi di una specie, in particolare Salix fragilis e Salix cinerea, che presentano portamento arbustivo. Ad esse possono associarsi anche esemplari di salice bianco di ridotte dimensioni o perch giovani o perch, per le particolari condizioni del terreno, non sono in grado di raggiungere la forma arborea. Il saliceto arbustivo pu occupare diversi ambienti sia in golena, a ridosso dei corsi dacqua, sia fuori, per lo pi in aree depresse corrispondenti agli antichi paleomeandri, occupati o meno da lanche. Per svilupparsi necessita di un suolo molto umido, soggetto a periodiche sommersioni. Il saliceto arbustivo molto pi diffuso nella zona riso che nella zona fiumi e rientra nelle tipologie vegetazionali di molte garzaie. Laltezza di questi arbusteti varia tra i 3 ed i 5 m e, dove dispongono delle condizioni adatte, essi si sviluppano in fitte fasce o macchie di vegetazione con un grado di copertura molto elevato. Negli spazi lasciati liberi si trovano in abbondanza la canna di palude, e, in minor misura, altri arbusti quali sambuco nero e sanguinello. Non di rado dallo strato arbustivo svettano isolati esemplari di salice bianco o di pioppo; di solito per si tratta di pioppo euroamericano frutto della piantumazione di filari esterni. I saliceti arbustivi rientrano tra le categorie vegetazionali preferite da tutte le specie di ardeidi coloniali, escluso lAirone cenerino. A questo elevato indice di preferenza corrisponde un altrettanto alto successo riproduttivo; pertanto, dal punto di vista faunistico, essi rivestono una posizione di grande rilievo. Per quanto riguarda la gestione, i saliceti arbustivi non richiedono specifici interventi e, in linea generale, si consiglia di lasciarli allevoluzione naturale con lunico accorgimento di garantire condizioni di abbon-

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dante e periodica sommersione. Nelle situazioni in cui essi presentano una buona estensione accompagnata da un andamento frammentario, lambiente potrebbe essere migliorato attraverso limpianto di alcuni nuclei di alneto o altre essenze igrofile, che assolverebbero un importante ruolo di diversificazione ambientale e costituirebbero un sito alternativo per la nidificazione degli ardeidi. Si ricorda infatti che il modello di gestione prevede lesistenza di pi lotti adiacenti caratterizzati da tipologie vegetazionali diversificate. Data la notevole valenza faunistica di questi ambienti ed i relativamente bassi oneri gestionali se ne raccomanda non solo la salvaguardia, ma anche lampliamento attraverso nuove piantumazioni accanto ad altre formazioni boschive, dove potrebbero rivestire anche un ruolo di protezione della vegetazione pi interna. Qualora si preveda il nuovo impianto, le salicacee presentano il grande vantaggio di propagarsi velocemente per talea; il semplice impianto di astoni di dimensioni non inferiori a 70-100 cm, piantate a 30-50 cm di profondit nel terreno d, solitamente, ottimi risultati. Saliceto arboreo. Questa tipologia vegetazionale diffusa soprattutto nella zona fiumi, allinterno della golena, dove occupa la fascia pi arretrata rispetto a quella che si pu definire boscaglia di ripa (v. paragrafo successivo) e risulta di conseguenza interessata solo saltuariamente dai fenomeni di esondazione. Si tratta di un bosco scarsamente evoluto dal punto di vista fisiognomico che spesso assume caratteri pionieristici; lessenza dominante, spesso lunica, il salice bianco (Salix alba) che caratterizzato da crescita molto rapida. Molte garzaie della zona fiumi sono attualmente localizzate, o lo sono state, sui saliceti arborei. Tuttavia alla potenziale idoneit della localizzazione delle garzaie in ambito golenale si oppone il problema dellabbandono dei saliceti che, nel volgere di pochi anni, raggiungono notevoli dimensioni e, a causa del legno troppo tenero e flessibile, non sono pi adatti a sostenere i nidi. Si ricorda infatti che il successo riproduttivo degli Ardeidi che hanno costruito il nido su salice bianco basso. Lattuale forma di governo di queste aree per lo pi ad alto fusto; in passato per sono stati operati tagli sporadici di varia entit che non hanno seguito una linea gestionale ben definita. Molte di queste formazioni presentano ampie aree con individui senescenti e/o in cattivo stato fitosanitario, condizioni probabilmente aggravate dalleccessiva densit di piante. Pertanto gli interventi selvicolturali proposti mirano a ricostruire con-

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dizioni di maggiore idoneit mediante linserimento, ove le condizioni ambientali lo permettono, di macchie di vegetazione igrofila costituite da specie diverse dal salice bianco. Le operazioni di taglio vanno programmate proprio a partire dai lembi pi vecchi e pi lontani dalle condizioni di idoneit. Per quanto riguarda lestensione delle superfici da sottoporre a taglio vale quanto detto a proposito dellalneto; da un lato si sottolinea limportanza di non portare la superficie boscata totale al di sotto della soglia dei 3 ha, dallaltro si raccomanda ladozione delle precauzioni indicate nel caso di presenza di nidi (interventi su aree ridotte, distanti dai nidi, ecc.). Per quanto riguarda i nuovi impianti, la scelta delle essenze dovr essere compatibile con le caratteristiche della stazione in modo da orientare il nuovo impianto verso il bosco igrofilo o quello mesoigrofilo. Si possono ipotizzare diverse tipologie compositive che mirano alla creazione di boschi uniformi in cui a una, massimo due, specie dominanti, presenti in percentuale all80%, si affianca un corteggio di specie accessorie la cui presenza inferiore al 20%. Ad esempio: ontano nero e pioppo nero (insieme a costituire l80-90% del popolamento) affiancate da salice bianco, pioppo bianco, tiglio, frassino ossifillo (le ultime due specie nei punti pi elevati) pioppo bianco (80%) e ontano nero (10%) con corteggio di tiglio, farnia, acero campestre ed altre specie accessorie del bosco mesofilo pioppo nero e pioppo bianco (insieme a costituire l80% del popolamento) pi altro. La superficie dei nuovi impianti sar pari almeno a 3000 mq eventualmente ampliabili in caso di successo del rimboschimento a scapito del saliceto arboreo per il quale si potrebbe anche prevedere, nel lungo periodo, la completa sostituzione. La densit dellimpianto deve essere tale da consentite il passaggio dei mezzi meccanici che svolgono la manutenzione (2,5 x 2,5 a 3 x 3 m). I sesti di impianto possono essere regolari o, per dare un maggior effetto di naturalit, a spirale o disposti su parallele ondulate (Fig. 49). Gli interventi di manutenzione necessari per i primi 4 o 5 anni prevedono leliminazione meccanica delle infestanti, in primo luogo Sycios angulatus specie esotica ad andamento rampicante, ma ormai naturalizzata e molto diffusa in Lombardia. Successivamente gli interventi di gestione si fanno pi rari (ogni 15-20 anni) e prevedono tagli che favoriscano il rinnovo del bosco, da eseguirsi con modalit simili a quelle tratteggiate per lontaneto. Si vuole in questo modo mantenere un bosco abbastanza giovane, governato a ceduo, con densit e struttura mediamente uniformi ad eccezio-

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Figura 49. Schema per sesti di impianto a) regolare b) a spirale c) a parallele ondulate

ne di alcuni soggetti superdominanti che svolgono un importante funzione di protezione laterale per i nidi e costituiscono il supporto adatto per i nidi di Airone cenerino. Infine si segnala unalternativa pi estensiva rispetto al taglio e successivo reimpianto con modifica della composizione applicabile a quelle aree a minore priorit di intervento. Per tali saliceti si potrebbe prevedere un semplice taglio di ceduazione con rilascio di 150-200 matricine per ettaro. Il fine di tale azione quello di eliminare i soggetti vecchi e /o in cattive condizioni, con scopi principalmente conservazionistici. Boscaglia ripariale. Dal punto di vista compositivo questa formazione assimilabile alla precedente in quanto costituita quasi esclusivamente da salice bianco, e potrebbe essere inserita nella pi ampia categoria di bosco igrofilo, di cui rappresenta una delle prime manifestazioni, a pi diretto contatto con lacqua. La boscaglia di ripa si sviluppa principalmente in strette fasce lungo le rive dei fiumi o ne colonizza le isole ed dotata di quei caratteri pionieristici di spiccato dinamismo e rapida crescita che le consentono di svilupparsi con successo nelle aree che pi risentono dei rapidi mutamenti dovuti allandamento delle piene. A differenza dei salici bianchi che sorgono in posizione pi arretrata e che assumono portamento arboreo, questi salici non riescono a superare lo stadio arbustivo, pro-

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prio a causa delle condizioni di estrema instabilit degli spazi che colonizzano. Oltre agli aspetti faunistici legati alla presenza di garzaie, bisogna ricordare il fondamentale ruolo svolto dalle boscaglie ripariali nella protezione delle sponde dallerosione del fiume e nellattenuazione degli effetti delle piene sulla vegetazione delle fasce pi interne. Le indicazioni gestionali riguardo a queste aree sono di tipo conservativo, in quanto qualsiasi intervento verrebbe vanificato in breve tempo dallazione del fiume; lindicazione fornita in questo caso quella di preservare queste aree lasciandole alla naturale evoluzione ed intervenendo solo nella rimozione periodica dei rifiuti non biodegradabili portati dal fiume. Pioppeto coltivato. La coltivazione del pioppo tipica degli ambienti di golena dove, a scapito della vegetazione naturale, occupa quasi tutti gli appezzamenti coltivabili, ma la si pu trovare di frequente anche fuori da questambito inframmezzata ad altre coltivazioni. Nella zona fiumi, probabilmente per carenza di alternative, gli aironi sovente si insediano in questi ambienti artificiali. Nonostante la bassissima valenza naturalistica, il successo riproduttivo degli aironi nei pioppeti abbastanza alto; ci verosimilmente dovuto ad una serie di analogie con le garzaie naturali quali lisolamento di questi appezzamenti dal resto della campagna (effetto isola), lelevata densit, la struttura semplificata (qui fino alleccesso) e monoplana. Inoltre il pioppo un albero che ben si presta a reggere i nidi degli aironi, specialmente in confronto alla pi volte sottolineata inadeguatezza del salice bianco. I problemi legati al pioppeto sono facilmente intuibili ed in parte gi trattati nella parte relativa al modello di gestione. Prima di tutto la presenza dei nidi mal si concilia con le esigenze colturali che prevedono il taglio delle piante a fine ciclo di coltivazione. Daltro canto, una volta superato il ciclo colturale, lo stato fitosanitario dei pioppi peggiora rapidamente e sono frequenti gli individui che si schiantano. Da quanto sottolineato emerge la necessit, pressante specialmente nella zona fiumi, di creare ambienti idonei alla nidificazione che rappresentino unalternativa meno effimera del pioppeto. In ogni caso bisogna riconoscere la funzione che i pioppeti stanno attualmente svolgendo e che, con ogni probabilit, continueranno a svolgere nel breve e medio periodo. Pertanto, qualora queste coltivazioni siano occupate da una colonia, necessitano di particolari misure di salvaguardia. Nellimmediato indispensabile il divieto di abbattimento degli alberi nel periodo della nidificazione; occorreranno inoltre forme pi stabili di tutela, nel caso non esistessero nelle vicinanze altri pioppeti colonizzabili. Data

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la provata potenzialit dei pioppi ad ospitare con successo gli aironi, si potrebbe operare in modo da costituire dei popolamenti a struttura pi complessa e pi stabile. E possibile raggiungere gradualmente tale risultato orientando la composizione del pioppeto verso quella del bosco igrofilo o di quello misto planiziale a seconda del tipo di suolo su cui sorge. Nel caso di coltivazioni in corso, il ciclo colturale verr comunque portato a termine non senza prevedere particolari accorgimenti atti a favorire lo sviluppo del rinnovo naturalmente in atto. Andranno pertanto sospese le fresature sugli interfilari ed adottate ripuliture localizzate e periodiche che favoriscano lo sviluppo delle giovani piante. Labbattimento di fine ciclo avr piuttosto i connotati di un diradamento che coinvolge massimo il 20% delle piante. Gli obiettivi di variabilit saranno a questo punto conseguiti tramite lintroduzione di alcune specie scelte in base alle caratteristiche della stazione e secondo le indicazioni gi riportate a proposito dei saliceti arborei. Se invece il fine quello di recuperare in senso forestale un pioppeto dismesso importante, come prima cosa, non eseguire il diccioccamento di tutte le ceppaie di pioppo in quanto i polloni di ricaccio garantiscono una certa copertura durante le fasi iniziali del reimpianto. Il progetto di reimpianto dovr accordarsi alle caratteristiche stazionali ed essere orientato verso le forme pi complesse del bosco misto planiziale o quelle pi semplificate del bosco igrofilo; questa seconda possibilit va privilegiata in particolare in golena e dove le condizioni edafiche sono meno evolute. Le indicazioni per le modalit del reimpianto sono quelle riportate negli specifici paragrafi. Si tenga in ogni caso presente che le azioni di trasformazione dei pioppeti coltivati in forme vegetazionali pi complesse manterranno sempre una percentuale, in alcuni casi anche molto elevata, di pioppi ibridi, specie introdotta nel nostro territorio per scopi economici e che, in un ottica di riqualificazione ambientale, riveste un ruolo assolutamente secondario. Pertanto, ove possibile, auspicabile privilegiare le altre forme di intervento illustrate che lasciano maggior spazio alle forme vegetazionali tipiche delle campagne della bassa pianura lombarda. Bosco misto. Questa formazione si distingue dalle precedenti per la spiccata eterogeneit sia delle essenze presenti, che della struttura della vegetazione. La copertura vegetale in genere abbastanza elevata e la distribuzione spaziale delle chiome di tipo biplano. Sotto questo nome si raccolgono formazioni boschive che sorgono su terreno asciutto; nella maggior parte dei casi si tratta di lembi di foresta planiziale mesofila, ma non

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mancano esempi di vecchi parchi storici in cui la presenza di specie esotiche abbastanza marcata. Se ne deduce pertanto che le differenze nellambito di questa tipologia vegetazionale sono spesso assai profonde. Il bosco misto non si presenta come una tipologia ottimale per la nidificazione degli ardeidi, sebbene ci siano eccezioni di colonie che vi si insediano da molti anni. Questi ambienti infatti per loro stessa natura non possiedono le caratteristiche fino ad ora individuate come ottimali (bosco a struttura semplice, possibilmente monoplano, con una specie dominante), inoltre si trovano spesso in condizioni di elevata alterazione dei parametri selvicolturali ed ambientali, nonch in mediocre stato fitosanitario. Le essenze pi rappresentate dello strato arboreo sono farnia, pioppo bianco, pioppo nero, tiglio, acero campestre cui per si accompagnano esemplari di specie alloctone quali ad esempio Lyriodendron tulipifera, Aesculus hippocastanum, Platanus acerifoliae, Liquidambar styraciflua, Cedrus deodara ecc. Nello strato arbustivo predominano invece euonimo, biancospino, pallone di neve, pado, ... Gli interventi sui boschi misti vanno principalmente orientati verso il miglioramento degli esistenti. Un simile indirizzo ha il pregio di generare effetti positivi di generica riqualificazione dellambiente e permetterebbe inoltre di verificare se a tale miglioramento non corrisponda un aumento delle preferenze degli ardeidi. Non si dimentichi infatti che, sebbene dai dati a disposizione gli aironi mostrano chiare preferenze verso habitat meno complessi, questo potrebbe eventualmente risultare dal fatto che le condizioni generali dellambiente indagato (pianura fortemente antropizzata) sono assai scadenti ed alterate. Per quanto riguarda gli interventi di creazione di un nuovo bosco misto planiziale, si ritiene che, sebbene questa formazione sia di grande importanza naturalistica, in unottica di conservazione degli ardeidi essa rivesta un ruolo secondario. Pertanto, allattuale stato delle conoscenze, sembra pi opportuno concentrare le energie e le risorse sulle altre tipologie vegetazionali potenzialmente pi idonee ad ospitare le garzaie e sul miglioramento dei boschi misti esistenti. Dal punto di vista operativo gli interventi mirano a riequilibrare la composizione di questi boschi ed ad agire sulle condizioni fitosanitarie soprattutto mediante operazioni mirate di taglio programmate con il supporto di professionisti. Quando possibile, bene favorire ampliamenti ed accorpamenti mediante opere di piantumazione condotte su aree di modesta estensione. Il prelievo di soggetti morti o deperienti consentir di agire sulla densit di copertura in modo ora lieve, ora marcato, secondo un

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gradiente che va dal diradamento fino allapertura di vere e proprie radure. Queste ultime andranno ad incidere anche sulla composizione del bosco in quanto rappresentano passaggi fondamentali del processo di rinnovamento. A seconda delle situazioni e delle necessit possibile aprire nuove radure o ampliare quelle che si sono naturalmente create. Il rinnovo del soprassuolo arboreo pu essere interamente spontaneo, ma pi spesso si rendono necessari interventi di piantumazione delle specie che si vogliono favorire e di rimozione delle altre. In ogni caso occorre seguire lo sviluppo vegetazionale e ripulire questi spazi dalla fitta vegetazione infestante che tende a ricoprirli rapidamente ritardando, se non impedendo, la crescita delle altre essenze. In linea di massima si prevede la sostituzione delle essenze alloctone con quelle tipiche della foresta planiziale. Nei parchi storici per, consigliabile una differenziazione degli interventi in modo da salvaguardare limpianto storico del giardino in prossimit degli edifici ed orientare invece lintervento verso il recupero a fini naturalistici nelle altre aree. Si ricorda che il prelievo di alberi morti va di volta in volta valutato ed eseguito solo quando effettivamente necessario per il miglioramento della struttura del bosco. Esemplari morti o deperienti infatti sono un elemento prezioso dellecosistema bosco e la loro rimozione da boschi in buone condizioni, va a scapito della complessit e della ricchezza faunistica di questi ambienti.

Aspetti idrici
La presenza dellacqua fondamentale non solo nelle immediate vicinanze delle garzaie, dove svolge il ruolo di ambiente di alimentazione, ma anche allinterno della colonia stessa. Qui assolve una duplice funzione: da un lato canali perimetrali e terreno allagato rappresentano una barriera fisica e garantiscono la protezione del sito, dallaltro il suolo intriso di acqua e soggetto a periodi di sommersione, condizione necessaria allo sviluppo della rigogliosa vegetazione igrofila tipica di questi ambienti. Generalmente le garzaie sono collocate in posizione ribassata rispetto alle aree circostanti, (ad esempio in corrispondenza degli antichi paleomeandri) e questo fa s che le acque superficiali e sotterranee siano naturalmente richiamate in queste zone. La falda infatti prossima alla superficie ed il terreno molto umido. Purtroppo per questi siti, come tutti gli ambienti umidi planiziali, sono stati interessati dallabbassamento del livello della falda che ne ha conseguentemente mutato le caratteristi-

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che ambientali. La scarsit di acqua infatti porta al fallimento degli interventi di gestione che implicano azioni di rinnovamento del bosco, ripristino di aree compromesse o ampliamento di quelle esistenti. Gli interventi di piantumazione di essenze igrofile sono destinati al fallimento se non viene garantito un apporto idrico costante ed adeguato. I problemi legati alla presenza dellacqua ed alla sua gestione sono strettamente connessi alluso che viene fatto di questa risorsa in tutto il territorio circostante e pertanto non presentano semplice soluzione. La disponibilit di acqua allinterno delle garzaie risente delle azioni di bonifica e drenaggio messe in atto nei campi intorno, dove un terreno eccessivamente umido rappresentata uno svantaggio, se non un danno. Anche il prelievo di acqua per esigenze colturali interferisce, in particolar modo nella zona riso, con la disponibilit idrica generale. Gli aspetti idrici insomma, rappresentano un caso emblematico di come la gestione delle garzaie non possa prescindere dal contesto agricolo circostante. Il ripristino di condizioni idriche ottimali, laddove la falda pi profonda e la disponibilit di acqua inferiore alle necessit, pu essere complesso ed oneroso. Verranno di seguito illustrati alcuni suggerimenti di ordine generale desunti dalle modeste esperienze maturate in questo specifico settore. 1. Per quanto riguarda la funzione protettiva svolta dallacqua importante la manutenzione dei canali perimetrali che dovranno essere sottoposti a periodico sfalcio della vegetazione sulle sponde e, quando necessario, ad interventi di spurgo che ne impediscano linterramento. Nelle colonie in cui si prevedono allagamenti artificiali, lacqua deve essere immessa precedentemente allinsediamento della colonia e permanere per la durata delle attivit di nidificazione. 2. La presenza di canali allinterno dellarea o lungo i suoi confini facilita il drenaggio contrastando cos con lobiettivo di mantenere il suolo molto umido e potrebbe aggravare i citati problemi di scarsit idrica. Si possono suggerire in questo caso svariate soluzioni da attuare singolarmente o in associazione secondo decisioni che vanno prese solo dopo un accurato studio degli aspetti idraulici e idrologici condotto con laiuto di un esperto: Per preservare il livello idrico ottimale ed impedire il deflusso dellacqua si possono realizzare in pi punti piccole chiuse regolabili (Fig. 50) in modo che lacqua trattenuta tracimi ed allaghi il terreno circostante. Lapporto idrico pu anche essere garantito mediante derivazione dalla rete superficiale. Una soluzione di questo tipo comporta tuttavia lonere aggiuntivo dellacquisizione dei diritti duso delle acque. Inoltre

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necessario un controllo preventivo della qualit delle acque che si intendono derivare. In alcuni casi, in corrispondenza delle macchie di vegetazione igrofila che ospitano le garzaie, possono essere presenti teste di vecchi fontanili, solitamente in stato di avanzato interramento. Questi, opportunamente riaperti e gestiti, potrebbero garantire un apporto idrico di buona qualit alternativo alla semplice derivazione da rogge e canali. Inoltre la presenza di un fontanile in una garzaia contribuirebbe ad arricchire la biodiversit di questambiente e costituirebbe una preziosa testimonianza anche dal punto di vista culturale. Dove invece la falda quasi affiorante e non esiste la necessit di richiamare o trattenere lacqua, un livello di allagamento soddisfacente dovrebbe essere favorito dallapertura di chiari dacqua, per esempio nelle aree occupate da saliceto arbustivo.

Figura 50. Schema di una piccola chiusa regolabile

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La creazione di un nuovo sito


Quando creare un nuovo sito. La creazione di un nuovo sito idoneo per la nidificazione degli aironi un intervento molto impegnativo sia dal punto di vista operativo, che da quello finanziario. Ci non significa che tali azioni debbano essere escluse a priori, ma, piuttosto, inserite in un pi ampio progetto di riqualificazione in senso naturalistico del territorio lombardo, i cui effetti saranno apprezzabili nel lungo periodo. La priorit di intervento va pertanto assegnata alla gestione delle colonie attualmente occupate per cui valgono le indicazioni fin qui illustrate. Dove allabbondanza di fonti alimentari non corrisponde lesistenza di siti idonei, la creazione di un ambiente adatto ad ospitare una colonia si rende effettivamente necessaria per garantire i migliori risultati nella conservazione degli aironi. Un altro caso in cui si pu prevedere la creazione di un nuovo sito lo spostamento di una colonia da un luogo a rischio ad un altro vicino appositamente allestito. Questo intervento per nella maggioranza dei casi sconsigliabile in quanto assai rischioso; non si possiede infatti alcuna certezza sul fatto che gli aironi scelgano il nuovo sito, in quanto tali comportamenti rispondono a criteri solo parzialmente chiariti. Al momento della progettazione occorre verificare lesistenza di una serie di condizioni fondamentali, per massimizzare le probabilit di successo. 1. In accordo con il modello di gestione bisogna: - controllare che lestensione degli ambienti acquatici utilizzabili a scopo alimentare sia maggiore o uguale al minimo, - assicurarsi dellassenza di eventuali altre colonie nelle vicinanze (ad eccezione dei casi di spostamento di una colonia). 2. Inoltre, nota la fedelt degli aironi al sito riproduttivo, le probabilit di successo aumentano se si interviene in corrispondenza di una colonia abbandonata o nelle sue immediate vicinanze. 3. Occorre infine tenere presente che limpegno sar tanto minore quanto pi si interverr su un sito gi parzialmente idoneo. Pertanto, dal punto di vista forestale, piuttosto che interventi radicali ex novo meglio prevedere piantumazioni di ampliamento a vantaggio di macchie di vegetazione che gi presentano alcune caratteristiche favorevoli allinsediamento degli aironi. Dal punto di vista della protezione garantita dallacqua, si consiglia di scegliere una localizzazione gi parzialmente lambita da ca-

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nali, rogge, fossi, ecc. da cui eventualmente derivare lacqua per ampliare e, se possibile, completare il perimetro dellarea. Luoghi particolarmente indicati sono quelli posti a ridosso di lanche, fontanili, laghi di cava opportunamente ripristinati, ecc. Le indicazioni forestali non si discostano da quelle fornite nella specifica sezione che andranno combinate per generare un ambiente opportunamente diversificato come illustrato nel modello di gestione. Lo stesso vale per le indicazioni relative agli aspetti idrici. Come attirare gli aironi. Il definitivo successo dellintervento sar decretato esclusivamente dalla preferenza dimostrata dagli aironi e dal ripetersi della loro presenza per pi stagioni riproduttive. Per facilitare linsediamento della colonia, esistono vari meccanismi che si basano tutti sullimportanza della stimolazione sociale nei processi che indirizzano le scelte degli uccelli coloniali. Gli aironi, in ultima analisi, si sentiranno maggiormente attratti da un sito che presenta tracce di una colonia, o che gi ospita altri aironi nidificanti. Per questo possibile usare dei richiami che simulino queste situazioni e attirino gli adulti nel nuovo sito. La stimolazione pu essere di tipo visivo, acustico o entrambe combinate insieme. Lutilizzo in contemporanea di richiami di diverso tipo importante per incrementare le possibilit di una risposta positiva da parte degli aironi. Segue una sintetica rassegna dei richiami per i quali si sono maturate alcune esperienze e delle indicazioni per la loro realizzazione. Nidi artificiali. La presenza di nidi finti posizionati sulla vegetazione rappresenta per gli aironi, un segno inequivocabile della presenza di una colonia e, presumibilmente, della idoneit di un sito ad accoglierla. Si tratta di uno dei richiami di pi semplice ed economica realizzazione, tuttavia consigliabile utilizzarlo in associazione almeno ad un altro. Occorre collocare i nidi in modo che abbiano una certa visibilit e nelle posizioni generalmente utilizzate da questi uccelli (sugli alberi pi alti, a 4-8 m dal suolo, per lAirone cenerino; sulla vegetazione arbustiva pi in basso, a 2-3m dal suolo per le altre specie). Per la realizzazione sono necessari rametti secchi, della rete metallica e del fil di ferro (o della schiuma poliuretanica). La rete serve da base per disporre i rami in modo da simulare la forma del nido. In alternativa possono essere impiegati vecchi nidi di aironi caduti a terra. Essi vanno in ogni caso fissati al supporto di rete.

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Come costruire un nido artificiale 1) Tagliare la rete metallica (maglie da 3 o 4cm) in quadrati di 40 cm di lato. 2) Piegare gli angoli verso linterno e schiacciarli in modo da evitare la presenza di spuntoni. 3) Fissare alla rete rami di varie dimensioni (da 0,5 a 2cm di diametro) modellandoli a forma di nido. 4) Utilizzare schiuma poliuretanica o fil di ferro. In alternativa possono essere impiegati vecchi nidi di aironi caduti a terra. Essi vanno in ogni caso fissati al supporto di rete. E importante che la rete ed il fil di ferro siano trattati in modo da non riflettere la luce in quanto leventuale luccichio potrebbe allontanare gli animali (ad esempio rivestiti in plastica verde scuro). 5) Ancorare il nido finto cos ottenuto ad un ramo allaltezza desiderata.

Sagome artificiali. La presenza di ardeidi un importante richiamo e pu essere simulata con sagome finte di Airone inserite nella vegetazione, che, per la colorazione in cui domina il bianco, sono ben visibili da lontano. Purtroppo simili richiami sono difficilmente reperibili in commercio e sono abbastanza costosi. E tuttavia possibile fabbricarli con relativa facilit. La tecnica si basa sullutilizzo di uno stampo in gesso della forma e dimensioni pari a quelle della specie che si vuole imitare nel quale verr iniettata schiuma poliuretanica, lasciata indurire e successivamente dipinta con i colori della specie in questione. Maggiori dettagli vengono forniti in Figura 51. Richiami vivi. Lazione di richiamo pu eventualmente essere svolta anche da esemplari vivi tenuti in voliere nel luogo in cui si intende favorire la nidificazione. Tale metodo pone tuttavia vari problemi, ed bene utilizzarlo solo in caso di grande necessit e quando gli altri mezzi qui illustrati non hanno dato frutti. Mantenere uccelli vivi in voliera molto impegnativo, inoltre fondamentale assicurarsi che il loro reperimento, spesso difficoltoso, non produca un danno maggiore del vantaggio che si pensa di ricavare. Gli esemplari infatti possono venire prelevati direttamente in natura e liberati successivamente, solo nel caso in cui non si tratti di specie presente in poche coppie o in pericolo. E sempre meglio impiegare esemplari infortunati soccorsi presso qualche centro specializzato che, per il tipo di lesione subita, non possono pi essere rilasciati in

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Figura 51. Sequenza per la costruzione di sagome artificiali Costruire un contenitore con 5 pezzi di legno e versare sul fondo un primo strato di circa 2 cm di pasta di gesso. Adagiare al suo interno il modello, in questo caso un airone senza le zampe (pu essere di vario materiale, plastica, legno pietra ecc.). E importante procurarsi un modello delle dimensioni corrette e che non sia in atteggiamento di allarme. Stendere un sottile strato di sapone o cera sul gesso e sul modello e procedere a versare il secondo strato di pasta di gesso fino alla met della sagoma. Attendere che il gesso si rapprenda, poi intagliare due coni ai lati del modello. Questi serviranno da incastri per unire con precisione le due met dello stampo. Incollare sul lato del modello rimasto libero un cilindretto di plastica. Stendere un sottile strato di sapone o cera sul gesso e sul modello e procedere a versare lultimo strato di pasta di gesso fino a coprire completamente il modello. Lo spessore deve essere tale da non nascondere il cilindretto di plastica. Lasciare indurire il gesso poi estrarre dalla scatola le parti dello stampo e legarle insieme. Attraverso il foro prodotto dal cilindretto di plastica, iniettare la schiuma poliuretanica. Terminare dipingendo la sagoma ed inserendo le zampe (sono sufficienti due stecche di plastica o legno)

natura, oppure esemplari provenienti da qualche zoo. In ogni caso occorrono voliere che consentano ampia libert di movimento agli uccelli. Per gli aironi di taglia minore occorre un minimo di 10 individui che devono essere tenuti in una voliera ampia 10 m x 12 m ed alta 2 (dimensioni minime per 10 individui). La rete utilizzata deve essere robusta e a maglie di dimensioni tali da non consentire il passaggio di eventuali predatori (circa 2 cm). Qualora gli esemplari in cattivit nidifichino, questo rappresenta un ulteriore incentivo per gli aironi liberi. Inoltre vi sono buone probabilit che se i piccoli di tali nidiate, una volta cresciuti, vengono liberati, lanno successivo tornino a nidificare nello stesso posto. Si infatti visto che molto spesso gli aironi tendono a nidificare nella colonia in cui sono nati.

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Registrazioni dei canti. Si tratta di una tecnica poco sperimentata e di utilizzo non semplice. Essa infatti implica la conoscenza dei richiami delle specie che si vogliono attirare, in modo da utilizzare solo quelli in grado di stimolare comportamenti associativi. Una volta registrati, questi richiami vengono riprodotti da un registratore associato ad un timer. La riproduzione continuata del richiamo infatti produrrebbe leffetto opposto a quello desiderato. Generalmente si ritiene sia sufficiente una stimolazione di circa 10 minuti ogni ora.

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Aspetti normativi nella conservazione degli Ardeidi in Regione Lombardia


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ASPETTI NORMATIVI NELLA CONSERVAZIONE DEGLI ARDEIDI IN REGIONE LOMBARDIA


Umberto Bressan* Gianni Ferrario*

Nella normativa ambientale si possono individuare svariate leggi di supporto per gli interventi finalizzati alla conservazione degli Ardeidi. Da un lato si trovano norme esplicite riguardo la necessit di tutelare le singole specie costituenti la famiglia degli Ardeidi e dallaltro disposizioni che intervengono indirettamente alla loro conservazione mediante la programmazione di azioni volte al mantenimento o al miglioramento della biodiversit ed al ripristino delle originarie condizioni di naturalit degli ecosistemi. Ai fini della conservazione degli Ardeidi si possono considerare le normative che, riprendendo quanto desunto dalle liste rosse stabiliscono la tutela delle specie in qualche misura minacciate di estinzione, in stato di conservazione critico o rare. Ai medesimi fini sono presenti svariate normative e regolamenti riguardanti sia la tutela degli habitat delezione per queste specie che gli incentivi per la loro riqualificazione naturalistica. Si espone una breve nota sulla normativa a favore della conservazione degli Ardeidi che vuole porre qualche esempio sugli strumenti da analizzare ai fini della loro conservazione utilizzabili dal progettista e pianificatore cui spetta il compito di integrare i vari aspetti della normativa ove da un lato potr rinvenire gli elementi di diritto per la conservazione di dette specie (allegati alle normative U.E., nazionali e regionali) e daltro canto sia gli strumenti pianificatori (piani dei parchi e delle riserve, delle ZPS o dei SIC) che quelli tecnico operativi (piano di sviluppo rurale ad esempio). Particolare importanza rivestono strumenti tecnici e finanziari dati dalla stessa U.E. per conservare o ripristinare gli elementi di elevata naturalit ove risiedono le specie prioritarie (LIFE Natura). Per sviluppare un modello di cooperazione internazionale ai fini di monitoraggio e conservazione delle specie di interesse conservazionistico inoltre possibile utilizzare lo strumento operativo comunitario INTERREG.

* Regione Lombardia, Direzione Generale Qualit dellAmbiente

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Direttiva Consiglio CE del 2 aprile 1979, n 409 concernente la conservazione degli uccelli selvatici
Conosciuta come direttiva Uccelli la normativa comunitaria quadro di riferimento per ogni livello legislativo finalizzato specificamente alla salvaguardia dellavifauna. E in questa normativa comunitaria, ormai recepita a tutti i livelli amministrativi, che definita la necessit di creare le zone a protezione speciale (ZPS) deputate alla tutela delle specie ornitiche previste nei propri elenchi. Essa prevede misure speciali di conservazione per le specie minacciate, danneggiate dalla modificazione degli habitat o rare di cui allallegato I. Tra queste inclusa la maggior parte delle specie costituenti la famiglia degli ardeidi, con leccezione dellAirone cenerino non considerato in pericolo e dellAirone guardabuoi allepoca della direttiva non ancora presente con popolazioni stabili in territorio comunitario. Per la tutela delle ZPS stabilita inoltre la procedura di Valutazione dIncidenza da attuarsi preventivamente la realizzazione di qualsiasi piano o progetto che possa avere incidenza significativa sul sito o che possa perturbarne le specie presenti. Detta procedura, in caso di incidenza negativa, pu, in casi estremi, giungere alla conclusione di negare lautorizzazione dellopera.

Direttiva Consiglio CE del 21 maggio 1992, n 43 relativa alla conservazione egli habitat naturali e seminaturali e della flora e fauna selvatiche
Meglio nota come direttiva Habitat, essa si prefigge la conservazione ed il ripristino degli habitat naturali e la salvaguardia della biodiversit con particolare riferimento agli habitat e alle specie di fauna e flora ritenuti prioritari per la comunit europea, inseriti rispettivamente negli allegati I e II. Da questi esclusa la classe uccelli in quanto gi oggetto di specifica normativa (la sopracitata 409/79). Per la realizzazione di detti obiettivi costituita la rete ecologica europea denominata Natura 2000 costituita dalle zone speciali di conservazione per il cui mantenimento gli Stati Membri adottano ogni misura compensativa necessaria. Strumento attuativo per la conservazione degli habitat e delle specie prioritarie il LIFE natura.

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Legge 11 febbraio 1992, n 157 Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio.
Ai sensi della normativa menzionata talvolta in modo riduttivo come legge sulla caccia - mentre in realt essa prevede disposizioni per la tutela di tutte le specie di fauna selvatica oltre a regolamentare appunto il prelievo venatorio per alcune di esse - tutte le specie di Ardeidi sono protette e quindi non cacciabili. Il Tarabuso (Botaurus stellaris) trovandosi in stato di conservazione pi critico, inserito tra le specie particolarmente protette anche dal punto di vista sanzionatorio, labbattimento di questa specie infatti sanzionato penalmente. La legge prevede inoltre - in conformit con la direttiva Uccelli listituzione da parte delle regioni di zone di protezione lungo le rotte migratorie dellavifauna (ZPS). Questi istituti sono finalizzati al mantenimento ed alla sistemazione ecologica degli habitat ed al ripristino od alla creazione di biotopi ai fini di conservarne lavifauna presente.

D.P.R. 8 settembre 1997, n 357 Regolamento recante attuazione della Direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonch della flora e della fauna selvatiche.
Con questa legge lo stato italiano recepisce quanto emanato dalla Comunit Europea con la summenzionata direttiva Habitat.

L.R. 27 luglio 1977, n 33 Provvedimenti in materia di tutela ambientale ed ecologica e successive modificazioni
Questa normativa prevede una serie di tutele ambientali favorevoli alla conservazione degli habitat delezione della famiglia degli Ardeidi (Tarabusino e Tarabuso in particolar modo). Viene infatti stabilito che la vegetazione spontanea dei corpi dacqua e delle ripe fluviali non pu essere danneggiata o distrutta salvo prevederne lo sfalcio quando le macrofite siano talmente sviluppate da causare uneccessiva eutrofizzazione delle acque. La legge prevede inoltre la tutela della flora spontanea delle rive dei corsi dacqua inserita in apposito elenco regionale (Iris pseudacoorus, Tipha latifolia ad es.). Inoltre a seguito del recepimento della normativa

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comunitaria sulla conservazione degli habitat (D.P.R. 357/97, direttiva Habitat) stato aggiunto al testo originario un apposito titolo riguardante la conservazione della biodiversit ove si enuncia la politica regionale in materia di conservazione del patrimonio naturale nonch lavvio della costituzione della carta della natura, un sistema georeferenziato dei dati naturalistici al fine della pianificazione e della gestione integrata del territorio. Per favorire la tutela degli habitat e delle specie animali e vegetali di interesse comunitario quindi definita la rete ecologica Natura 2000 che prevede interventi di monitoraggio della biodiversit, di conservazione e di ripristino degli ambienti naturali, nonch la summenzionata Valutazione dIncidenza per progetti previsti nelle Zone Speciali di Conservazione (ZPS e SIC) previste rispettivamente dalla direttiva Uccelli e dalla direttiva Habitat dellU.E.

Legge Regionale 30 novembre 1983, n 86 Piano generale delle aree regionali protette. Norme per listituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonch delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale.
La normativa regionale sulle aree protette istituisce - tra gli altri enti previsti - le Riserve Naturali, quali zone destinate specificamente alla conservazione della natura e degli ecosistemi. Le Riserve Naturali insieme ai previsti Parchi Naturali, sono infatti le porzioni di territorio lombardo a maggiore valenza naturalistica. Esse si suddividono in integrali ossia istituite allo scopo di proteggere totalmente la natura, parziali create allo scopo di tutela un aspetto naturale specifico (ad es. zoologico, botanico ecc.) o infine orientate nelle quali luomo interviene per orientare scientificamente levoluzione dellambiente naturale. Molte Riserve Naturali sono state istituite specificatamente per tutelare le garzaie presenti in Lombardia, altre volte si preferito utilizzare listituto del Monumento Naturale con la medesima finalit. Per la gestione di Parchi, Riserve e Monumenti Naturali vi un apposito Ente gestore. Talvolta la gestione di una Riserva Naturale stata affidata ad unassociazione di tutela ambientale quali ad esempio LIPU o WWF. Sia i Parchi Regionali che le Riserve Naturali approvano un apposito piano (Piano Territoriale di Coordinamento per i primi e Piano della Riserva Naturale per le seconde). Con detti piani si stabiliscono le destinazioni duso e le

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attivit consentite o meno in relazione al diverso azzonamento territoriale. Piani delle riserve naturali (art. 14). Lo strumento pianificatore permette di modulare il regime di tutela ed eventuale fruizione a seconda delle reali esigenze di conservazione. Nelle riserve naturali integrali non consentita lattivit venatoria, mentre in quelle parziali detta attivit consentita al di fuori della stagione riproduttiva degli Ardeidi coloniali. Le riserve naturali integrali proibiscono quasi ogni attivit, essendo istituite allo scopo di tutela integrale della natura; lunica attivit consentita la ricerca scientifica da svolgersi sotto le direttive dellEnte gestore. Quelle orientate permettono il proseguimento delle attivit antropiche tradizionali purch compatibili con la conservazione dellambiente naturale: qui laccesso consentito per i soli fini culturali. Infine nelle riserve orientate sono consentite le attivit compatibili con la specifica finalit di conservazione prevista (zoologica, botanica ecc.). Le Riserve Naturali sono istituite con deliberazione di Consiglio Regionale. Di particolare interesse sono i Piani delle Riserve Naturali sedi di garzaie elaborati secondo le linee guida denominate Modello di gestione delle Riserve Naturali della Lombardia sedi di garzaie. Contenuto di un piano di gestione di una Riserva Naturale. Partendo dalla descrizione della situazione ambientale esistente si individuano gli obiettivi del piano stesso e le conseguenti proposte di gestione, inclusa leventuale partecipazione di enti terzi - quali ad esempio le associazioni ambientaliste. Vengono individuate le scelte strategiche ai fini della conservazione dellambiente naturale; gli interventi forestali da effettuarsi; si definiscono le attivit interdette e quelle compatibili per le quali definita lopportuna regolamentazione (definendo ad esempio le modalit di fruizione, il ruolo delle attivit agricola o venatoria eventualmente previste). Infine sono stabiliti gli impegni finanziari conseguenti agli interventi previsti. Da ultimo si indica leventuale ipotesi di piano e quantaltro connesso con la programmazione e la gestione della riserva stessa nel tempo a venire. Esempio di un piano di gestione di Riserva Naturale. - Dal Piano di Gestione della Riserva Naturale Garzaia della Carola. Obiettivi del piano: salvaguardare gli ambienti naturali e in particolare, le popolazioni di Ardeidi nidificanti ed il loro habitat di nidificazione, orientare levoluzione naturale dellambiente verso caratteristiche ottimali per la conservazione degli Ardeidi nidificanti, attuare tecniche di gestione forestale del bosco igrofilo, basate su criteri naturalistici e sulle esigenze ornitologiche, al fine di mantenere o ricostituire tali caratteristiche ottimali, definire e regolamentare lattivit di manutenzione e gli interventi di ge-

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stione per il mantenimento di un regime idrico idoneo alla conservazione della vegetazione naturale palustre tipica, disciplinare e controllare la fruizione dellarea a fini scientifici e didattico ricreativi, regolamentare le attivit produttive in forme compatibili con le finalit della Riserva Naturale.

Legge Regionale 16 agosto 1993, n 26, Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dellequilibrio ambientale e disciplina dellattivit venatoria e successive modificazioni.
La Legge Regionale della Lombardia riprendendo la normativa nazionale (157/92) inserisce gli Ardeidi tra le specie protette ed il Tarabuso tra quelle particolarmente protette (all. A) rimandando alla Legge Nazionale per quanto concerne il regime sanzionatorio.

L.R. 7 febbraio 2000 Disposizioni attuative per la concessione di contributi finalizzati alla valorizzazione delle risorse faunistiche ed ambientali.
Le disposizioni attuative del piano di sviluppo rurale, allo scopo di favorire la rinaturalizzazione degli habitat e laumento della diversit biologica, prevedono contributi ai proprietari di terreni, singoli o associati in consorzi o cooperative, al fine di realizzare interventi ambientali migliorativi per la vita della fauna selvatica, quali ad esempio: la gestione dei boschi finalizzata alla prevenzione degli incendi, il recupero di pascoli abbandonati a favore della fauna alpina, la realizzazione di colture a perdere per sopperire alla carenza di sostanze trofiche per gli animali selvatici, la salvaguardia della fauna durante le operazioni colturali nei pioppeti, il ripristino ed il mantenimento di zone umide naturali (fontanili, invasi, stagni, lanche ecc), la differenziazione delle colture, la piantumazione e conservazione di siepi boschetti e filari ed altre misure di minor interesse naturalistico.

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Delibera di Giunta Regionale della Lombardia n 4345 del 20.04.2001 Approvazione del Programma Regionale per gli Interventi di Conservazione e Gestione della Fauna Selvatica e del Protocollo di Attivit per gli Interventi di Reintroduzione di Specie Faunistiche nelle Aree Protette della Regione Lombardia.
Detti documenti hanno lo scopo di dotare gli Enti gestori delle Aree Protette della Lombardia di protocolli tecnico operativi ispirati a seri criteri di scientificit per gli interventi di conservazione ed, eventualmente, di reintroduzione di specie animali autoctone, sia vertebrate che invertebrate, considerate prioritarie a causa del proprio critico stato di conservazione, della propria vulnerabilit, per essere minacciate su vasta scala o localmente estinte. Il Programma Regionale per gli Interventi di Conservazione e Gestione della Fauna Selvatica nelle Aree Protette della Lombardia un documento programmatico che individua le specie prioritarie desunte dalle direttive comunitarie in materia (Direttiva Habitat e Direttiva Uccelli) e dalla letteratura esistente, riferito allattuale consistenza faunistica nel territorio regionale lombardo con particolare riferimento alle aree protette ed alla rete Natura 2000. Con questo documento oltre agli elenchi di specie prioritarie si individuano da un lato gli interventi pi opportuni e dallaltro quelli da ritenersi incompatibili per la conservazione delle specie in declino. Questo documento tecnico fornisce le linee guida in materia di conservazione faunistica vincolanti per gli Enti gestori delle aree protette lombarde, ed individua a livello regionale uno strumento di indirizzo e coordinamento per la programmazione e progettazione di azioni a favore della fauna, inclusi eventuali interventi di reintroduzione faunistica compresi anche gli interventi da finanziare con i fondi di cui agli artt. 40 e 41 della gi citata L.R. 86/83 nonch con eventuali ulteriori strumenti finanziari (progetti LIFE Natura, Accordi di Programma, ecc.). Per i contenuti tecnico-scientifici ed operativi esso rappresenta unutile strumento per valutare la ricaduta - e quindi per orientare le varie opzioni e mitigazioni - di qualsiasi opera, programma od intervento che si attui in aree a significativa presenza o vocazione faunistica al fine di non alterare gli habitat delezione per le specie prioritarie presenti in Lombardia.

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Nome Comune Tarabuso

Nome Scientifico Botaurus stellaris

Fenologia MS - nid. POS

Priorit 13

Normative internazionali

Normative nazionali e regionali

Habitat

Strategie di Conserva- Tipologia zione dintervento B, C, D Ba8, Bc2, Bd4; C1, C4, C6, C7, C11; D2, D4

Dir CEE 79/409 - All.1 LN 157/92 - P.P. R 1,1 - S 1,1

Tarabusino

Ixobrychus minutus

MN - nid. REG

Dir CEE 79/409 - All.1

LN 157/92 - P.

R 1,1

B, C

Ba8, Ba9, Ba10, Bc2; C2, C4, C6

Nitticora

Nycticorax nycticorax

MP - nid. REG

12

Dir CEE 79/409 - All.1

LN 157/92 - P.

R 1,1-1,2-3-10 B, C, D S 1,1-1,2-3-10

Ba7, Bb1, Bb5, Bc2, Bc13; C2, C4, C6, C9; D3, D4

Sgarza ciuffetto

Ardeola ralloides

MN - nid. REG

13

Dir CEE 79/409 - All.1

LN 157/92 - P.

R 1,1

B, C, D

Bb1, Bb5, Bc13, Bc2; C1, C2, C6, C9; D4

Airone guardabuoi

Bubulcus ibis

ML - nid. EST

LN 157/92 - P.

R 10

B, C, D

Ba7, Bc2, Bc13, Bd4; C1; D4

Airone bianco maggiore Garzetta

Egretta alba

MS

12

Dir CEE 79/409 - All.1

LN 157/92 - P.

S 1,1

B, C, D

Ba8, Bc2; C1; D3, D4

Egretta garzetta

MP - nid. REG

11

Dir CEE 79/409 - All.1

LN 157/92 - P.

R 1,1-1,2-3-10 B, C, D S 1,1-1,2-3-10

Ba7, Bb1, Bb5, Bc2, Bc13; C2, C6, C9; D3, D4

Airone cenerino

Ardea cinerea

MP - nid. REG

10

LN 157/92 - P.

R 1,1-1,2-3-10 B, C, D S 1,1-1,2-3-10

Ba7, Bb1, Bb5, Bc2, Bc13; C2, C6, C9; D3, D4

Airone rosso

Ardea purpurea

MP - nid. REG

13

Dir CEE 79/409 - All.1

LN 157/92 - P.

R 1,1-1,2-3-10 B, C, D S 1,1-1,2-3-10

Ba7, Ba8, Bc2, Bd4; C2, C4, C6, C9; D2, D4

Tratto dal Programma Regionale per gli Interventi di Conservazione e Gestione della Fauna Selvatica nelle Aree Protette della Regione Lombardia Fenologia MS Migratrice Svernante (presente soltanto nel corso della migrazione e in inverno) MP Migratrice Parziale (presente in tutto il corso dellanno, in parte con popolazioni migratrici; si intende anche nidificante) ML Migratrice su Lunga distanza (presente esclusivamente nei periodi di migrazione) MN Migratrice Nidificante (presente soltanto nel corso della migrazione e in periodo di nidificazione) NR Nidificante Residente (presente in tutto il corso dellanno, con popolazioni non soggette a migrazioni) EO Estivante Occasionale (migratrice occasionalmente presente nel periodo riproduttivo, ma non nidificante) Nid nidificante : Reg qualora presente con popolazioni che si riproducono regolarmente Pos qualora presente nel periodo propizio alla riproduzione e negli habitat adeguati, ma senza che si siano finora raccolte prove certe di nidificazione Est qualora osservata nel periodo riproduttivo, ma senza alcun indizio di nidificazione.

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Priorit La Priorit derivante da un livello di priorit generale e da un livello di priorit regionale. A tal fine, stato elaborato un indice sintetico utilizzando come elementi di base i principali attributi ecologici o attributi biologici, cos come definiti dalla letteratura scientifica (Usher, 1986). Tali attributi tengono conto di diversi fattori, dalla rarit allestensione dellhabitat, dal valore scientifico alla fragilit ecologica, dalla consistenza delle popolazioni alle tendenze numeriche. Per ulteriori dettagli si rimanda al documento originale. Habitat R habitat riproduttivo S habitat di svernamento 1.1 ambienti dacqua lentici 2 cespuglieti e praterie 3 boschi e foreste decidue 10 urbanizzato. Strategie di conservazione: B Intervento diretto sullhabitat C Attivit di monitoraggio D Azione sulla componente sociale Ba7 Mantenimento di zone umide, praterie igrofile e marcite Ba8 Creazione e/o mantenimento del canneto Ba9 Rinaturazione delle depressioni di cava Ba10 Controllo delle variazioni di livello di bacini e corsi dacqua regolati da sbarramenti artificiali Bb1 Rimboschimenti in relazione alla tipologia del bosco originario Bb5 Interventi selvicolturali volti al ripristino ed al mantenimento di boschi autoctoni (incluse tipologie specifiche, es. boschi ripariali) ed alla conversione dei boschi cedui in alto fusto Bc2 Ripristino e ricostituzione di zone umide (estese anche per alcuni ettari), anche allinterno di aree agricole produttive Bc13 Incentivazione allallagamento precoce delle risaie (met marzo) e limitazione dellimpiego di cultivar di riso coltivati a secco Bd4 Protezione dei siti riproduttivi C1 Monitoraggio dello status delle popolazioni (consistenza, struttura, patologia) C2 Monitoraggio dello status delle popolazioni per specie con ciclo biologico complesso caratterizzate da cambiamenti di habitat o movimenti (consistenza delle popolazioni svernanti e/o nidificanti C4 Definizione qualitativa delle potenzialit faunistiche del territorio; verifica della presenza di specie invertebrate C6 Verifica della disponibilit di adeguate risorse trofiche C7 Monitoraggio dei predatori C9 Monitoraggio dellhabitat (alterazioni fisiche e/o inquinamento; modifiche della struttura degli habitat terrestri, con particolare riferimento alla ricettivit per gli invertebrati) C11 Studi particolareggiati finalizzati ad individuare potenziali interventi futuri D2 Educazione ambientale e divulgazione in ambito locale D3 Educazione ambientale e divulgazione a largo raggio D4 Controllo dei disturbi diretti arrecati alle colonie o ai dormitori (es. navigazione a motore, canottaggio, rafting, ecc)

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Deliberazioni di Giunta Regionale Istituzioni di Zone a Protezione Speciale sulle rotte di migrazione dellavifauna
In conformit alla sopraccitata direttiva CE 79/409 Uccelli sono istituite dalla Direzione Generale Agricoltura in concerto con la Direzione Generale Qualit dellAmbiente le Zone a Protezione Speciale (ZPS) individuate lungo le rotte di migrazione dellavifauna al fine di favorirne la conservazione. In queste zone sono previste speciali misure di tutela ed inoltre prevista la sopramenzionata valutazione dincidenza delle opere che possano comportare modificazioni alla naturalit dei luoghi o perturbazioni sulle specie ivi residenti per la tutela delle quali la zona stata istituita. Spesso tali aree coincidono con Riserve Naturali, ma in altri casi costituiscono nuove vere e proprie aree di salvaguardia per le specie migratrici.

Piano di Sviluppo Rurale 2000-2006


Si tratta di un programma tecnico operativo approvato dalla D. G. Agricoltura e Foreste sulla base delle disposizioni comunitarie (regolamento C.E. 1257/99). Esso prevede, nellambito di azioni volte a favorire lo sviluppo del comparto agroalimentare, interventi volti alla conservazione dellambiente naturale. Tra questi ultimi si segnalano le misure agroambientali che prevedono interventi finalizzati al miglioramento ambientale del territorio rurale quali ad esempio la costituzione o il mantenimento di siepi e filari, macchie e fasce alberate, fontanili, il rimodellamento delle rive e dei corsi dacqua artificiali, il ritiro dei seminativi per scopi naturalistici, la conservazione di ambienti agricoli ad alto valore naturale a rischio di scomparsa, in particolare nelle aree protette regionali. Unaltra misura del piano riguarda limboschimento delle superfici agricole ed ha come obiettivo da un lato la realizzazione di miglioramenti ambientali quali l incremento della superficie alberata e dallaltro la creazione di opportunit alternative di reddito per gli imprenditori agricoli. Alcuni di questi interventi, se progettati con particolare attenzione agli habitat delezione degli Ardeidi, possono risultare strategici per la conservazione di queste specie. Il piano prevede infine la realizzazione di altre misure forestali con varie finalit tra le quali quella conservazionistiche come la rinnovazione dei boschi di interesse faunistico e naturalistico.

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Il Piano di Sviluppo Rurale prevede infine interventi di tutela dellambiente in relazione allagricoltura, alla silvicoltura, alla conservazione delle risorse naturali, nonch al benessere degli animali. Il programma del settore Agricoltura e Foreste prevede quindi finanziamenti finalizzati allesecuzione di progetti integrati di conservazione, recupero e valorizzazione di ambiti rilevanti dal punto di vista paesaggistico e ambientale (quali corsi dacqua, zone umide ecc.), situati nelle zone marginali, individuate dalle aree Obiettivo 2 del Regolamento CE n. 1260/1999. Si segnala infine come queste misure possano aderire non solo i soggetti privati ma gli stessi Enti pubblici quali consorzi di gestione di Parchi e Riserve Naturali.

Finanziamenti comunitari
Alcuni programmi comunitari, in particolare i LIFE Natura, permettono di accedere ai fondi dellU.E finalizzati ad interventi specifici di grande portata per il miglioramento e la rinaturazione di siti di importanza comunitaria di cui alla direttiva Habitat o di sostegno alle specie di fauna di interesse comunitario. Il LIFE natura infatti lo strumento finanziario della Comunit Europea che permette di conservare gli habitat e le specie relative alla direttiva Habitat (92/43/CEE) e le specie relative alla direttiva Uccelli (79/ 409/CEE) nonch deputato alla creazione della rete di aree protette denominata Natura 2000 finalizzata, appunto, alla conservazione e gestione delle specie di fauna, flora e di habitat ritenuti prioritari per lUnione Europea. Ogni LIFE deve quindi prevedere una serie di azioni finalizzate a mantenere o ripristinare gli habitat naturali ed a conservare le popolazioni di fauna e flora selvatiche. Per laccoglimento della domanda di ammissione al finanziamento comunitario necessario presentare un progetto dettagliato indicante le tipologie di habitat e di specie che si intendono favorire, debbono essere dichiarate tutte le criticit presenti allo stato di fatto nonch elencate tutte le azioni volte al superamento di tali criticit e al miglioramento delle condizioni naturali. La comunit europea finanzia generalmente il 50% dei progetti LIFE Natura, talvolta pu arrivare sino al 75% il restante dellimporto sostenuto a livello locale. La Regione Lombardia, Direzione Generale Qualit dellAmbiente, ente cofinanziatore di molti progetti LIFE Natura.

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Tra questi si segnala a titolo esemplificativo per lattinenza con il presente testo, la possibilit di finanziamento di progetti volti al miglioramento di habitat di bosco igrofilo (foreste alluvionali residue di Alnion glutinoso incanae) ove siano presenti garzaie di ardeidi gregari (Nycticorax nycticorax, Egretta garzetta ecc.). Le azioni previste saranno volte al miglioramento della biodiversit di questi habitat e quindi al sostegno delle popolazioni di ardeidi ivi nidificanti nellottica di una maggiore conservazione delle specie a livello del paleartico occidentale. Gli strumenti normativi e finanziari di supporto per la realizzazione di interventi di conservazione della biodiversit, della fauna selvatica ed in particolare degli Ardeidi e dei loro habitat delezione sono quindi molteplici e diversificati, i quali, pur in un contesto ridondante e spesso non del tutto coerente, forniscono comunque un valido supporto per la conservazione delle specie ritenute di interesse prioritario ormai dallintera comunit umana. Sta allattento pianificatore scegliere lo strumento pi idoneo al caso specifico anche in relazione al contesto sociale ed alle attivit umane compresenti sul territorio, al fine di addivenire ad una forma di tutela il pi possibile condivisa e, quindi, pi efficace.
In corso di stampa sono state approvate importanti normative in materia. Si segnala per completezza di documentazione: Delibera di Giunta Regionale della Lombardia n 7/14106 del 8.08.2003 Elenco dei proposti siti di importanza comunitaria ai sensi della direttiva 92/43/CEE per la Lombardia, individuazione dei soggetti gestori e modalit procedurali per lapplicazione della valutazione dincidenza. Decisione della Commissione CE del 22.12.2003 Elenco dei siti di importanza comunitaria per la regione biogeografica alpina.

La normativa e gli strumenti finanziari integrati permettono di realizzare interventi di riqualificazione a favore dellavifauna quali la creazione di nuove aree a canneto.

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