Sei sulla pagina 1di 18

numero 38 anno III - 2 novembre 2011

edizione stampabile

L.B.G. EXPO 2015. NUTRIRE CdO. ENERGIE PER CL Guido Martinotti SALVATE LA STORIA E IL SOLDATO CADORNA Marco Ponti LA MOBILIT A MILANO: NON SI VOLTA A SINISTRA Stefania Boleso 2 EURO X 10 LEGGI: UN ESEMPIO DI WE-DEMOCRACY Massimo Gargiulo ANCORA A PROPOSITO DELLA CITT METROPOLITANA P.V. Antoniazzi e G. Ucciero GIUNTA PISAPIA: GOVERNARE AI TEMPI DELLA CRISI Gregorio Praderio PGT: UN IMPREVISTO INCIDENTE DI PERCORSO Federica Ionta LA ROMA CRIMINALE CHE FA GOLA ALLA MALA Paolo Favole DECENTRARE I MINISTERI: PERCH NO? Carlo Bertelli PALAZZO REALE. MEMORIA E FUTURO VIDEO COLOMBO CLERICI: PER LEDILIZIA CHE FACCIAMO?

COLONNA SONORA Piero Ciampi IO E TE MARIA eseguono Bobo Rondelli e Stefano Bollani

Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo TEATRO a cura di Emanuele Aldrovandi CINEMA a cura di Paolo Schipani e Marco Santarpia

www.arcipelagomilano.org

www.arcipelagomilano.org

EXPO 2015. NUTRIRE CdO. ENERGIE PER CL Luca Beltrami Gadola


Chi nutrisse ancora dei dubbi dopo la kermesse di Villa Erba pu tornare a casa sereno. In fondo i dubbi, salvo che per i seguaci di polverose dottrine filosofiche spazzate via dai signori delle certezze, fanno male, rendono insicuri, deboli e sottomessi. Oggi invece una certezza labbiamo: Expo2015 una faccenda di Comunione e Liberazione ma soprattutto del suo braccio secolare, la Compagnia delle Opere. A Cernobbio si capito chi conta e perch. Che il Celeste sia arrivato in elicottero fa parte della passione per il volo dei potenti: non tutti possono permettersi il jet, come Don Verz, e poi diciamocelo, lelicottero pi maneggevole, una sorta di Smart del cielo, lo parcheggi ovunque. Un elicottero Agusta 109 da 5 Passeggeri + Pilota costa solo 38 il minuto e per il volo, compresi gli avvicinamenti immagino un 100 minuti tra andata e ritorno da Cernobbio, insomma solo 3.800 euri. Che sar mai! Ma non fa sorridere. Non fa sorridere perch chiarisce una volta per tutte di che pasta son fatti i nostri governanti e in che considerazione tengono la forma che per loro non mai sostanza. A Cernobbio si parlava, per, di fame nel mondo e forse non era il caso di rintanarsi addirittura nel Monastero di Bose da padre Enzo Bianchi, ma di vie di mezzo ne avrei un pacco da suggerire. Insomma, cominciamo a far festa poi si vedr. Daltro canto Villa Erba una sorta di dependance di Fiera Milano Congressi dove Maurizio Lupi amministratore delegato e vi fa svolgere tutte le manifestazioni che in un modo o nellaltro riesce a dirottare. Va da s che nel board di Fiera Milano Congressi si entra dalla porta di CL. Se non ci fosse da piangere credo nei prossimi tempi potremo dedicarci a capire chi nellaffair Expo targato CL e CdO. Ma detto questo, che non una novit per la Lombardia, anche se qualche bello spirito nega che vi siano rapporti organici da CdO e CL noi siamo un movimento ecclesiale e spirituale- e tuttavia qualche libro a soggetto c nelle librerie. Molti studi di architettura milanesi stanno facendo domanda per diventare anche loro movimento ecclesiale: chi sa mai che basti per essere invitati a progettare qualcosa per Expo, le piccole imprese, quelle non associate alla Compagnia delle Opere, sono ormai centri di meditazione. Laspetto che mi preoccupa anche un altro: ma che diavolo di Expo faranno lorsignori? Per il momento si capito che ci saranno 400 milioni dinvestimenti tecnologici per fare di Expo2015 la prima Ciber-Expo. Per il film Avatar si speso meno. Avremo robot, realt virtuali e muri elettronici. Expo potr essere visitata in remoto da tutte le parti del mondo, sar unorgia di cuffiette, visori, tavolette. un gigantesco videogame che altri non ce n, una piattaforma informatica innovativa, avveniristica. Insomma unexpo virtuale prima di tutto. Perch allora comprare tanti terreni? Me la vedo da casa. E la fame nel mondo? Beh agli affamati offriremo del cibo virtuale, unagricoltura virtuale, potranno nutrirsi via internet senza muoversi dal loro Paese. Cos va il mondo. Formigoni si anche accreditato dei rapporti con i Paesi espositori con i quali, giustamente fedele alle sue abitudini, cercher di intessere affari, speriamo pi decifrabili di quelli petroliferi dantan. E la fame nel mondo? Beh era la ciliegina sulla torta anche se un po piccola per il miliardo di affamati nel mondo. Il Comune che fa? Giuliano Pisapia ci ha ripetuto qualche giorno fa: Non lasciatemi solo!. Siamo tutti qui, basta un fischio.

SALVATE LA STORIA E IL SOLDATO CADORNA Guido Martinotti


Forse largomento sembrer frivolo, ma resta pur sempre il problema di stabilire se frivolo lautore o il commentatore. E poi non si tratta per nulla di un argomento frivolo, ma di un tema serissimo che riguarda i nomi della citt, che sono propriet di tutti. Mi riferisco alla proposta di un consigliere comunale di Milano, Luca Gibillini di Sinistra Ecologia e Libert che suggerisce di cambiare il nome di Piazza Cadorna in Arrigoni. E probabile che la proposta cada nel nulla, al pari del nome di chi lha fatta, dopo aver attirato per non poco sarcasmo (facile, ma purtroppo giustificato) sul consigliere, il suo partito e la maggioranza di cui fa parte. E anche di questo, un militante politico responsabile dovrebbe tenere conto. Ma al di l del singolo caso, il problema resta. Mi capita di essere stato oggetto, se non proprio vittima, di un duplice cambio di nome di piazza e strada. La mia famiglia viveva in piazzale Fiume, dove io sono nato, ma subito dopo la guerra lindirizzo diventato piazza della Repubblica 28; contemporaneamente i miei nonni vivevano in via Carlo Alberto 10, indirizzo molto noto ai vecchi milanesi perch cera la Galleria Motta. Con un gesto che ho sempre trovato dispettoso al di l del lecito, dopo la guerra diventato via Mazzini 20. Ma la fine di un evento come la II guerra mondiale e la sanguinosa guerra di Liberazione giustifica qualche eccesso. Particolare curioso durante la Repubblica Sociale Italiana piazzale Fiume era diventato, per ragioni che oggi sfuggono totalmente, ma che probabilmente erano sembrate particolarmente significative a qualche burocratello fascista, piazzale Carnaro. Credo che tre cambi di indirizzo per una famiglia siano un record. E particolare ancora pi curioso, nei documenti di famiglia ho trovato che lappartamento dei miei, danneggiato parzialmente durante i bombardamenti, era stato requisito a favore di un tedesco verso la fine della guerra, ma che questa requisizione era ancora in atto nel 1947. Mistero, ma veniamo alloggi. Piazza Cadorna una delle piazze pi incasinate, urbanisticamente deplorevoli, a cominciare dal traffico, ma vitali di Milano. Lintervento di Gae Aulenti non ha molto migliorato le cose; secondo me ha fatto bene alla prospettiva (e anche alla circolazione) per chi va verso il centro, ma le ha complicate per chi va in senso opposto. Ma a me piace

n.38 III 2 novembre 2011

www.arcipelagomilano.org

comunque e non posso dimenticare che il capolinea delle Ferrovie Nord, stazione che ricordo ancora piena di fumo e di famiglie vocianti qualche giorno dopo il primo grande bombardamento di Milano, quando come tutti coloro che lo potevano fare sfollarono e per me come per centinaia di altri bambini che quel giorno affollavano il quai signific linizio di una vita diversa, almeno per un periodo abbastanza lungo. Il grande Arnaldo Momigliano disprezzava gli storici di professione che usavano i loro strumenti per scavare nei lati oscuri della vita personale, definendoli poliziotti (o spie) della storia, nel caso articolare riferendosi a chi aveva partecipato al linciaggio di Bobbio per la famosa lettera scritta da Bobbio a Mussolini per questioni accademiche. Tra laltro secondo me, proprio gli storici dovrebbero essere particolarmente attenti a queste cose, perch il giudizio che noi diamo ora dellatto compiuto in tempi diversi, soprattutto sotto una dittatura, sempre e in ogni caso poco equanime. Mio suocero, grandissimo liberale e neppur lontanamente sospettabile di filo fascismo mi ha raccontato che il famoso giuramento fu vissuto dalla stragrande maggioranza dei docenti di allora come un mero atto burocratico (anche io quando ho vinto il concorso ho giurato, non so se si faccia ancora). Certo ci sono poi gli undici eroi che non firmarono, ma il giudizio su unepoca non pu essere portato dal punto di vista di eroi o santi. Anche mia nonna paterna si

fece ricevere da Mussolini, in una di quelle udienze in cui il Capo esercitava la clemenza, per far ritornare mio padre che era andato volontario in Africa Settentrionale. Mi ricordo ancora perfettamente linquietudine angosciosa del parlottare di mia madre e di mia nonna, arrivata da Torino, proprio nei corridoi oscurati dalla notte di guerra della casa di piazzale Fiume, mentre si aspettava il treno con cui proseguire il viaggio per Roma. Mia nonna era una donna bellissima e nel non detto della famiglia si attribu poi in seguito anche a questa dote naturale il rapido rientro di mio padre pochi giorni prima del definitivo crollo del fronte. Condivido questa scarsa antipatia per i giustizieri della storia, che pensano di attribuire a gesti emblematici di questo genere una qualche forma di affermazione di principio che pu essere basata sulle ragioni pi nobili, ma anche su quelle pi ignobili, come lo spostamento del monumento a Tot, Principe de Curtis, dal comune di Alassio, voluto dal sindaco di quella citt perch Tot non era di Alassio, ma napoletano. Una volta aperta quella strada non c limite, come non c limite allimbecillit umana. In questo caso se il criterio localistico venisse applicato, avremmo alla fine citt come Napoli pullulanti di monumenti alle celebrit, e scarse probabilit di monumenti ad Alassio. Ammenocch il sindaco non pensasse a se stesso.

Piazza Cadorna un nome che appartiene a milioni di milanesi e pendolari pochissimi dei quali penseranno al Generale Luigi Cadorna quando sentono questo nome. E ancora meno avranno la pi pallida idea di chi fosse. Tra laltro togliendo il nome Cadorna, si finisce per fare offesa alla famiglia Cadorna in generale che qualche merito ce lha: Raffaele Cadorna figlio di Luigi il Generale Raffaele Cadorna, che fu un eroe della resistenza e membro autorevole del CLNAI, e dobbiamo ringraziare i molti militari come lui che si unirono alle formazioni partigiane perch portarono una esperienza cruciale. Si rischia di fare grande confusione, come quando Luigi Gigi Cadorna, figlio di Raffaele e nipote di Luigi, al tradizionale tema scolastico parlate di Luigi Cadorna chiedeva sempre di me o di mio nonno? Lasciamo i nomi delle loro strade e delle loro piazze ai milanesi distinguendo il giudizio storico, che va comunque dato nelle sedi opportune e con gli strumenti appropriati, dalla memoria collettiva che solo proprietaria dei luoghi e dei loro nomi, che vanno rispettati. Ogni generazione ha aggiunto i propri eroi e santi, continuiamolo a farlo senza meschinerie, altrimenti si rischia di fare la fine di quel ignoto burocrate della Repubblica Sociale Italiana che per pochi mesi contribu allincomprensibile cambiamento da piazzale Fiume in piazza Carnaro, nome caduto poi nelloblio.

LA MOBILIT A MILANO: NON SI VOLTA A SINISTRA Marco Ponti


Il dibattito sullecopass / congestion charge sembra aver ignorato completamente una alternativa tecnica pi equa, accettabile e civile, ignorata a suo tempo anche dalla giunta Moratti, e per ben solidi motivi. Cera ragione di sperare che questi motivi fossero venuti meno, con la nuova giunta. Lalternativa far rispettare le regole sulla sosta allamericana, invece di inasprire lecopass. Vediamo i difetti dellecopass, che non sono pochi. Innanzitutto tutela da congestione e inquinamento soprattutto larea centrale, e assai meno le aree periferiche. Cittadini di serie A e di serie B? In secondo luogo crea una barriera un po medioevale. E una tassa di luogo, mentre congestione e inquinamento colpiscono tutti; se la pratica si estendesse, avremmo una Lombardia a pelle di leopardo, mentre le congestionatissime strade extraurbane e autostrade ne sarebbero esenti, con un effetto complessivo assai discutibile sul piano della efficienza e dellequit (e dellassetto del territorio, nel medio periodo, ma qui non possiamo dilungarci). Se poi diventa una congestion charge, vuol dire che per gli aspetti ambientali ci si affida giustamente alle tasse sui carburanti, come raccomanda la Commissione Europea. Benissimo, ma allora sorge un problema di equit ben noto a chi si occupa di queste cose: i congestionatori sono i primi danneggiati dalla congestione ( una esternalit di club, per il qual concetto stato dato anche un premio Nobel), al contrario di quanto avviene per linquinamento, che danneggia tutti. E certo efficiente diminuire la congestione con una tassa, ma ingiusto non restituirne i benefici a chi ha pagato (in Svezia han fatto cos, in molti casi), migliorando le strade. Lalternativa, abbiamo detto, banale: invece di inasprire la tassa per il centro, meglio far rispettare (e pagare) la sosta, senza deroghe e senza piet. Molti sarebbero scoraggiati a usare la macchina, se non trovassero posto o lo dovessero pagare caro. Tutta la citt ne beneficerebbe, non solo il centro. Sarebbe un messaggio di civilt, cio che le regole non valgono solo per i fessi. E anche tecnicamente semplice da realizzare, ma forse meno in Italia, dove il consenso si costruisce facendo le norme e non facendole rispettare. Non piace ai commercian-

n.38 III 2 novembre 2011

www.arcipelagomilano.org

ti, n ai vigili (ne soffrirebbe la loro popolarit, e speriamo solo quella .qualcuno si ricorda forse linizio del film Serpico?). Non piaceva ovviamente alla giunta Moratti (c stato un goffo tentativo senza seguito del vicesindaco De Corato). Non abbiamo una destra che ama la legalit. Allinterno di questa banale politica pu anche trovare soluzione il problema, rilevantissimo, dello spazio occupato dai veicoli in sosta: perch una Smart deve pagare come un SUV di 5 metri? Lo strumento poi facilmente modulabile con lo strumento del prezzo per la sosta a pagamento, ma anche con la disponibilit assoluta di spazi di parcheggio, che sono riducibili o aumentabili

in funzione degli obiettivi e dei risultati raggiunti. Laccettabilit sociale sarebbe comunque pi alta della congestion charge: siamo abituati a pagare per sostare (anche se forse non i 10 dollari alla mezzora come a Manhattan). Ora, i 100 giorni della luna di miele della nuova giunta sono passati, e basta andare in giro (non in centro, certo) per verificare unindisciplina perdurante della sosta (e del resto), con conseguenze micidiali anche per la fluidit del traffico. Lasciare la macchina in sosta vietata continua a convenire, come aveva molti anni fa dimostrato una ricerca dellACI: il costo statistico (valore della multa diviso il rischio percentuale di prenderla) minore del prezzo di un caf-

f. Speriamo di non rivedere Milano citata dallEconomist come la capitale mondiale della sosta in doppia fila. Non ritorno invece sulla penosa iniziativa delle domeniche senzauto a prescindere dallinquinamento (e dai costi sociali agli automobilisti, mai misurati). Che siano inutili per lambiente mi sembra provato dai numeri dellARPA (non quelli di un solo anno); forse ci potrebbero essere diffidenze politiche, data la fonte. Ma se anche il professor Veronesi dice che i danni alla salute dellinquinamento atmosferico sono ridicoli rispetto a quelli legati allalimentazione o al fumo, forse c davvero da avere atteggiamenti meno illiberali e ideologici.

2 EURO X 10 LEGGI: UN ESEMPIO DI WE-DEMOCRACY Stefania Boleso


La primavera milanese continua a dare i suoi frutti. La voglia di wedemocracy, di democrazia partecipata che ha caratterizzato la primavera 2011 a Milano e che ha visto molti cittadini per la prima volta dopo anni uscire dal torpore, risvegliarsi dal letargo e supportare la sfida elettorale, sembra non essere ancora terminata. E in questa precisa volont di esserci, di partecipare alla gestione della cosa pubblica, che le donne hanno giocato, e tuttora giocano, un ruolo fondamentale: le milanesi vogliono sempre pi far sentire la loro voce, far vedere che ci sono, vogliono contribuire a creare una societ migliore. Per le donne E per gli uomini. Anche in questo Milano ha mostrato di essere unavanguardia in Italia. E da una donna milanese, la giornalista Manuela Mimosa Ravasio, partita liniziativa #2eurox10leggi, che nelle ultime settimane sta facendo parlare (e partecipare) il web 2.0 Tutto nasce da una discussione su twitter, commenti allacquisto da parte di Diego Della Valle di intere pagine dei principali quotidiani per gridare allItalia la sua indignazione. Poich lindignazione non qualcosa che appartiene solo al signor Della Valle, ma coinvolge moltissimi cittadini che per non dispongono di risorse economiche sufficienti, lidea stata quella di invitare tutti ad una sottoscrizione popolare. Lobiettivo? Con un contributo individuale di 2 euro comprarsi una pagina di un quotidiano, dove pubblicare dieci leggi inderogabili che le donne chiedono per le donne alla politica. 10 temi concreti per iniziare a risolvere, e portare in un ambito di normalit, unanomalia tutta italiana: la questione femminile. Se la politica non in grado di cogliere i bisogni dei cittadini, saranno i cittadini stessi a segnalare cosa necessario per migliorare la loro vita. E purtroppo per segnalarlo bisogna comprare pagine di giornali. Le dieci richieste di legge sono uscite da un primo confronto sul web e parlano di sussidio di maternit universale e di paternit obbligatoria; di educazione sessuale e di genere fin dalla prima infanzia e di leggi contro la violenza sessuale su modelli europei. Affrontano il tema della democrazia paritaria, con liste al 50 per cento e degli incentivi alle famiglie e ai giovani (la lista completa sul sito www.2eurox10leggi.blogspot.com). La raccolta e la prenotazione delle quote iniziata il 12 ottobre sulla piattaforma libera e indipendente di Produzioni dal Basso (www.produzionidalbasso.com). Si tratta di una sottoscrizione popolare senza alcuna intermediazione: chi vuole va sul sito, prenota le sue quote e assicura che onorer il pagamento al raggiungimento della cifra richiesta, 25.000 euro (questo il costo medio per lacquisto di una pagina su un quotidiano nazionale). Seguo da vicino e partecipo attivamente alla promozione delliniziativa #2eurox10leggi. Condivido il pensiero di Manuela Ravasio quando afferma che da questo progetto emergono due ottimistiche considerazioni: la prima che il grado di maturit civica e di consapevolezza politica delle donne molto alto: c la volont di costruire una nuova idea di societ attraverso il confronto, lo scambio, la ricerca reciproca. La seconda che il punto di vista ed il contributo delle donne sono fondamentali per il nostro Paese e sarebbe da stupidi continuare a rinunciarvi. Al di l dellobiettivo che potremmo definire formale (lacquisto di una pagina su un quotidiano nazionale) c poi un obiettivo pi ambizioso: quello di mettere in atto una vera partecipazione dal basso su vari temi politici, esigenza questa sentita da un numero sempre pi crescente di cittadini. #2eurox10leggi uniniziativa che nasce in maniera spontanea e senza alcun cappello di associazioni o partiti politici. E forse proprio per questo che sta riscuotendo un buon successo a livello nazionale: perch pura prassi, nessuna ideologia, ma solo temi concreti attorno ai quali si creata una vera trasversalit. Che sia davvero linizio di una nuova era, in cui la we-democracy riporta una partecipazione attiva e concreta nei processi democratici? Siamo in tanti a volerlo.

ANCORA A PROPOSITO DELLA CITT METROPOLITANA Massimo Gargiulo

n.38 III 2 novembre 2011

www.arcipelagomilano.org

Nel dibattito in corso sul tema della Citt Metropolitana, i temi della forma dellente di governo e dei suoi confini costituiscono alcune delle questioni di fondo sulle quali si polarizza la discussione e alle quali necessario dare risposta. Nellintervento Area Metropolitana. Scienza e Politica, pubblicato sul numero 37 di ArcipelagoMilano, Guido Martinotti dichiara, non soltanto provocatoriamente e non senza ragioni, che adotterebbe volentieri il termine Provincia metropolitana (che tuttavia richiederebbe una revisione dellarticolo 114 della Costituzione italiana) al posto di Citt Metropolitana. Al di l del nome, ma senza farne una questione nominalistica, Martinotti propenderebbe per un governo dellarea metropolitana non ingabbiato in rigidi e univoci confini amministrativi, ma disegnato su confini amministrativi che risultino di volta in volta opportuni per svolgere determinate funzioni o anche solo per dare riconoscimento a legittime identit locali. Su questa tesi Martinotti non certamente solo. Anche Piero Bassetti, in un nostro recente colloquio, propendeva per una soluzione di questo tipo. Per parte mia osservo che un progetto su Milano Citt (Provincia) Metropolitana deve essere in grado di coniugare tra di loro pi elementi: visione strategica, efficienza, rappresentativit e partecipazione. Tuttavia ritengo che la messa in discussione su quali debbano essere i confini della Citt Metropolitana di Milano non ci porterebbe da nessuna parte. Lunica cosa che si pu

realisticamente fare, per dare soluzione in tempi ragionevoli a un problema dibattuto ormai da troppo tempo, assumere come territorio dellente di governo dellarea metropolitana quello dellattuale Provincia di Milano: possibilit di future modificazioni (in ampliamento o riduzione) saranno sempre possibili. Ricordo, a proposito della necessit di provvedere in tempi ragionevolmente rapidi, che lesigenza di realizzare un livello di governo per larea metropolitana Milanese stata avvertita prima ancora della nascita della Regione Lombardia. (Il 5 novembre 1961 si riunisce la prima Assemblea dei Sindaci, comprendente i 35 Comuni individuati dal decreto ministeriale 28 febbraio 1959, che delibera la nascita ufficiale del PIM. Il PIM era retto da unAssemblea dei Sindaci e da una Giunta esecutiva, avvalendosi, sotto il profilo tecnico, di un Comitato Tecnico Urbanistico e di un Ufficio Tecnico). Io ritengo che ci sia una strada che consentirebbe di superare la questione dei confini territoriali: la individuo nellavvio, fin da subito, di forme di governance volontarie su tutti i temi che abbiano carattere sovra comunale. Tali forme di governance potrebbero al tempo stesso dare risposta a problemi specifici e fornire utili indicazioni per dare forma allente di governo della citt metropolitana. Una volta sperimentate, nulla vieterebbe di estendere le governance volontarie al di fuori dei confini della Citt Metropolitana realizzandone di fatto (e in futuro eventualmente anche di

diritto) levoluzione in Ente per cos dire senza-confini. Colgo questa occasione per aggiungere alcune altre riflessioni, che ritengo utili per la discussione. a) Un approccio al tema Citt Metropolitana fondato principalmente sullequazione abolizione della Provincia uguale risparmio risulta fuorviante rispetto agli obiettivi che stanno alla base della sua realizzazione. Ci non toglie che il riordino delle competenze e delle funzioni tra i diversi soggetti presenti nellarea metropolitana milanese deve avere come orizzonte la riduzione della spesa pubblica unitamente al miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, della efficienza e della qualit dei servizi. b) Rappresentativit e partecipazione devono trovare risposte analoghe (se non uguali) per le comunit dellattuale Milano e per quelle dei comuni della provincia milanese. c) Lente di governo dellarea metropolitana milanese dovr essere dotato di poteri e strutture adeguate al ruolo e ai compiti che gli verranno affidati e andr fissato un termine perentorio entro il quale dovr essere istituito, prevedendo, se del caso, delle fasi transitorie. d) Da ultimo, posto che la proposta per la Citt Metropolitana di Milano deve partire dalle realt della nostra provincia e rispondere alle sue reali esigenze, potrebbe essere utile, se del caso, un provvedimento legislativo ad hoc, come stato per Roma Capitale.

GIUNTA PISAPIA: GOVERNARE AI TEMPI DELLA CRISI Pier Vito Antoniazzi e Giuseppe Ucciero
La sinistra condannata a governare con la crisi, il suo karma: la crisi rende manifeste le sue ragioni e sfida la sua capacit di governo. 1) In tempi ordinari, il ciclo economico macina sviluppo e profitti, alimentando un parallelo processo di redistribuzione diffuso. Lassetto sociale appare soddisfacente, e la sinistra non raccoglie sufficiente consenso. Quando irrompe la crisi, si apre la finestra del cambiamento politico: verso sinistra salgono crescenti aspettative insoddisfatte e la necessit dellinnovazione politica, culturale e sociale. Dal 45 ad oggi, la strategia riformatrice si fondata sulla spesa pubblica: il deficit spending amplia la domanda aggregata, rid fiato alleconomia e promuove la coesione sociale. Il patto socialdemocratico, in tutte le sue varianti, si fonda, si fondava, su questo paradigma, non importa se declinato come restituzione del maltolto o gesto caritatevole. 2) Quel Paradigma si rotto: qui stanno la particolare gravit e la gravit particolare della crisi odierna che, iniziata nel 2008, transita ora dalla finanza privata ai bilanci pubblici, minandone la solidit e inibendo la strategia storicamente elaborata dalla sinistra. Bambole non c una lira, lo dice Tremonti, ma anche Tabacci e con lui Pisapia. La sinistra allora sotto scacco? Resta paralizzata tra bisogni in cerca di rappresentanza e scarsit delle risorse? 3) Il prossimo mese, la Giunta Pisapia varer la spending review: quali logiche, quali effetti e quale il nostro contributo? Certo, ci sar lotta allo spreco e ottimizzazione della finanza: il bilancio comunale si rivolter le tasche come fanno imprese e famiglie. Tutto giusto, ma la diligenza del buon padre di famiglia non baster: si chiede una diversa visione dei bisogni, delle strategie e della societ. Non una soluzione, ma solo parte di essa, un atto dovuto. 4) Alla fine, la domanda vera come sostenere con risorse scarse i molteplici bisogni che si affacciano alluscio di Giuliano Pisapia? Quanti no dolorosi dovranno essere pronunciati ad anziani e poveri, a per-

n.38 III 2 novembre 2011

www.arcipelagomilano.org

sone con disabilit e donne in difficolt, alle associazioni e agli operatori economici? Con quali effetti sul consenso? Rimandare, ridurre, tagliare, sarebbe il riflesso condizionato di una visione ragionieristica e Pisapia non vorr essere ricordato come lesecutore testamentario del lascito morattiano. Ma come? 5) Questo il punto. Per pensare a un nuovo paradigma dobbiamo riconoscere la crisi del vecchio e individuare le risorse del nuovo. E capire che la crisi non solo vincolo, ma sfida, opportunit, stimolo a rivedere i punti di vista, cambiare angolazione, ridefinire prospettiva: in una parola fare innovazione. Se al taglio dei budget pubblici la sinistra risponder solo come un severo amministratore, deluder le attese che lhanno portata a palazzo Marino. Si affaccia inquietante uno scenario in cui la differenza tra destra e sinistra al governo sar solo il differente grado di onest (speriamo) e di vicinanza emotiva alle vittime della macelleria sociale? 6) Occorre un Nuovo Paradigma. Se le politiche di lotta allevasione e riequilibrio dei redditi potranno ricostituire a lungo termine le basi per lequilibrio di bilancio, le risposte ai bisogni vanno date adesso: non si pu attendere passivi mentre sale la domanda insoddisfatta. E vi di pi: la crisi odierna offre paradossalmente lo scenario obbligato in cui collocare una desiderabile revisione del paradigma interpretativo e dazione della sinistra. Il Welfare State come gigantesca macchina burocratica di servizi era gi in crisi alla fine degli anni 80 e, se la risposta liberista era tanto radicale quanto errata, alcune ragioni erano fondate: il modello fordista applicato al benessere sociale mostrava le sue crepe, tra sprechi e difficolt di centrare i suoi processi sulla persona. 7) Lo sviluppo tumultuoso del terzo settore ha sperimentato modelli, coniugando centralit della persona sulla domanda e un nuovo protagonismo sociale sullofferta, intrecciando, molto meneghinamente, logica del Dono e imprenditorialit. La Sussidiariet stata variamente declinata: e se quella verticale, che finanzia e mercatizza lofferta, essa stessa in crisi fondata com sul-

lo Stato Pantalone, nel tempo della crisi resta sul campo quella orizzontale: la Rete. 8.) A Milano il tessuto di associazioni, volontariato, disponibilit collettive e individuali, estesissimo e pervasivo: un enorme giacimento di risorse per lo sviluppo delle politiche sociali. Usiamolo, fondiamo su di esso il Nuovo Paradigma dei Servizi. Stride il contrasto tra una amministrazione priva di risorse e una citt piena di beni sterminati, finanziari, culturali e sociali. Pensiamo alla cultura, dobbiamo davvero credere che questa citt, che con i soldi propri ha fatto il Duomo, la citt delle tante universit, delle decine di Teatri e di enti Musicali, di gallerie e professioni creative, chieda i soldi al pubblico per fare cultura? E questa davvero lattesa, o sono presenti anche altre aspettative, altre disponibilit, altre risorse? 9) Quale Visione della relazione pubblico - privato pu sciogliere allora lincantesimo dei bilanci blindati, mobilitando le risorse imponenti che la citt genera ma che giacciono spesso passive, sconnesse, improduttive, nella loro solitudine autoreferenziale? Si pone il tema della valorizzazione del protagonismo sociale come risorsa chiave nel nuovo contesto della Crisi, per leggere e selezionare i bisogni, riorientare i servizi, aggregare le risorse materiali e immateriali delle Fondazioni, del Pubblico, del capitale umano diffuso Quanti saperi ed energie, collettive e individuali, restano ai margini? Quanti spazi pubblici giacciono negletti? Quanti contributi vengono allocati senza strategie? Quante iniziative soggiacciono allautoreferenzialit, sovrapponendosi luna allaltra? Possiamo immaginare un quadro innovativo fondato sulla valorizzazione di una Participation Community, che ponga al centro del sistema non la macchina pubblica ma il suo intreccio dinamico con il protagonismo sociale? Un protagonismo che cerca strade per manifestarsi, senza chiedere necessariamente soldi ma piuttosto quadri di riferimento, attivazioni di reti, concorso di risorse preziose ancorch gratuite, in cui potersi valorizzare.

10) Il tema vero appare lattivazione di circuiti relazionali, reti di risorse, condi-visione di prospettive, in cui non solo chiedere ma anche dare e soprattutto condividere, ricostruendo luoghi centripeti didentit a cui ancorare i flussi del cambiamento. Cambiare prospettiva, innovare il senso dellazione pubblica, pensare a nuovi modelli di governance, trasformare le aspettative degli attori del territorio, economici, sociali, culturali, individuali e collettivi, mobilitare le energie del capitale umano cittadino. 11) Scola e Tettamanzi ci ricordano la gratuit del Dono come dimensione essenziale dellidentit culturale, come nuovo ma antico fondamento etico di un rinnovamento profondo delle logiche sociali. Si chiede alle imprese una visione pi matura della relazione che le connette al territorio: la loro pratica produttiva non solo consuma beni comuni, ma li rielabora come valori distintivi nella produzione di senso e di identit dei luoghi. Si chiede alle persone, allintelligenza collettiva diffusa, di rendere disponibili le risorse tempo, conoscenza e amore, declinando la partecipazione politica nella partecipazione alla produzione e diffusione dei beni comuni. Si chiede alle mille e una aggregazioni sociali che animano il tessuto associativo di allargare la visione, di fare rete, di condividere risorse, lasciando alle spalle gelosie e solipsismi. 12) Si chiede soprattutto alla pubblica amministrazione di reimmaginare il proprio ruolo, di oltrepassare le funzioni tradizionali di distributore di contributi e/o di erogatore in prima persona di servizi, su cui finora ha fondato materialmente la sua primaza, per proiettarsi verso il profilo alto di regista di politiche costruite connettendo risorse, aprendo spazi fisici e dazione al protagonismo sociale, indicando temi e creando opportunit di cooperazione. una riforma a costo zero, generosa e ambiziosa: un Nuovo Paradigma che potrebbe riconnettere, nella logica del Dono, della Partecipazione e della Responsabilit, i bisogni sociali con le enormi risorse della citt.

PGT: UN IMPREVISTO INCIDENTE DI PERCORSO Gregorio Praderio


Per uno strano incidente di percorso (ingenuit? atto di deliberato boicottaggio?) una bozza delle linee guida per il riesame delle osservazioni al PGT stato prima commentata sui giornali, poi addirittura diffusa sul web (per chi non lavesse vista, su http://affaritaliani.libero.it/static/uplo ad/pian/pianosegretopgt.pdf).

n.38 III 2 novembre 2011

www.arcipelagomilano.org

Si tratta evidentemente ancora di una bozza, visto che alcune parti sono ancora incomplete o necessarie di affinamento o a volte in contraddizione fra loro. Pu per essere vista anche come occasione per commentare un work in progress e se possibile fornire qualche contributo. I punti che potrebbero essere affinati sono in realt tanti, si segnalano quelli pi rilevanti: - portata della revisione: si insiste molto che si tratti solo di un adeguamento e una parziale riformulazione, di essere costretti a orientare lattenzione su un campo ristretto di questioni e a introdurre un numero limitato di modifiche: e perch mai? Daccordo che non bisogna perdere tempo, ma oramai si capito (si rassegnato anche De Albertis nellintervista di venerd al Corriere) che si va a una nuova pubblicazione, e quindi si pu anche essere coraggiosi. Dopotutto si tratta del PGT di Milano, forse il pi importante di Italia, e per un po di anni ce lo dovremo tenere: interesse di tutti che venga riformulato al meglio; - insistenza sullo slogan dellindice unico: se giustamente da pi parti negli anni si richiesto un uso pi equo della discrezionalit pubblica nell'assegnazione dei diritti edificatori (le differenze di valore fra le aree edificabili e non rappresentavano a volte delle vere e proprie ingiustizie, se non metodi per creare clientele per non dire di peggio), si arrivati nel PGT all'eccesso oppo-

sto, alla disciplina "unica" che accomuna centri storici, aree dismesse, zone residenziali, aree agricole e inedificate. Si tratta di un nonsenso culturale, perch la finalit dell'urbanistica resta pur sempre quella di realizzare citt belle ed efficienti tenendo conto delle differenze fra ci che gi esiste e ci che si va a costruire, e non solo quella di livellare le potenzialit edificatorie ad un unico parametro. In questo senso la distinzione fra aree gi edificate allo stato di fatto e aree libere inedificate mi sembra ragionevole da un punto di vista tecnico, corrispondendo a modalit di intervento differenti, a differenti modifiche dei carichi insediativi, ecc. Pi che indice unico dello 0,35 mq/mq (troppo basso per le aree edificate dismesse, troppo alto per quelle inedificate), sarebbe meglio avere due indici (uno pi alto e laltro pi basso) nelle diverse situazioni; - c poi una certa confusione nelle proposte che riguardano il TUC (tessuto urbano consolidato) sia per quanto riguarda i cambi di destinazione duso, che le modalit di intervento al variare delle soglie dimensionali (calcolate solo in base alla propriet e non anche alla continuit delle condizioni territoriali), o le difficilmente comprensibili premialit sui trasferimenti dei diritti volumetrici, o il mancato richiamo a una maggiore tutela paesistica dei nuclei storici periferici: i punti sarebbero tanti e meriterebbero un intero articolo ad

hoc, per ora sufficiente segnalare il problema; - per i servizi si conferma la scelta dellaffinamento mediante lo studio dei NIL, che per anche nella pi benevola delle interpretazioni saranno relativi ai servizi di scala minuta, e non ai grandi servizi di scala comunale e sovracomunale (quelli pi strategici) che chiedono logiche dimensionali e localizzative precise - sul tema della mobilit manca qualunque accenno al tema del completamento della cerchia ferroviaria o del secondo passante, mentre sul tema della sosta sono presenti indicazioni abbastanza opinabili; sul tema del risparmio energetico, se chiaro che sar il Regolamento Edilizio a stabilire il livello minimo di ecosostenibilit, gli incentivi volumetrici massimi relativi sarebbe bene che restassero di competenza del PGT - mancano poi alcuni temi importanti come quello della VAS nei Piani Attuativi (alla luce del Decreto Sviluppo di luglio e del progetto di legge regionale in materia), dei piani e programmi in istruttoria e, come si diceva, della verifica di fattibilit economica delle trasformazioni previste. Insomma, il lavoro da fare sembra ancora molto, si spera che prima della versione definitiva ci siano occasioni di confronto e dibattito tecnico-culturale per arrivare al risultato migliore.

LA ROMA CRIMINALE CHE FA GOLA ALLA MALA Federica Ionta


Criminale o no, la questione delle infiltrazioni malavitose nel tessuto sociale ed economico di Roma sembra davvero un romanzo. Da un lato le rassicurazioni del sindaco Alemanno e del sottosegretario agli Interni Mantovano, che non vogliono parlare di emergenza criminalit. Dallaltro gli omicidi irrisolti degli ultimi mesi e lappello dello stesso primo cittadino al ministro Maroni: Nella Capitale servono pi poliziotti e carabinieri. Nel mezzo, la realt di 26 morti da gennaio a oggi, le sparatorie in strada, le migliaia di imprenditori strozzati dallusura o dal racket. E soprattutto la consapevolezza che la criminalit a Roma non pi un fenomeno delle periferie ma ha invaso anche i quartieri centrali, quelli tradizionalmente pi tranquilli. Uno su tutti, Prati: a meno di due mesi dalluccisione in strada di Flavio Simmi, una giovane donna viene scippata in pieno giorno e finisce in coma. La Roma criminale uninvenzione letteraria, levocazione di un passato diventato storia. Ma non si pu negare sottolinea Claudio Giardullo, segretario generale della Silp Cgil che la citt eterna anche un mercato da spartire, una torta che pu far gola a molti. E infatti oggi il sindaco incontrer il ministro Maroni, grande assente alla riunione del comitato provinciale del 31 agosto, nellennesimo vertice sul tema sicurezza. Gli affari, a Roma, si fanno con la droga o con infiltrazioni nel tessuto imprenditoriale usando denaro illecito. Due fenomeni separati spiega il presidente dellassociazione antiracket e antiusura di Confesercenti, Lino Bus che si muovono seguendo logiche ben distinte: gli episodi di violenza sono legati a regolamenti di conti tra spacciatori, mentre chi vuole riciclare soldi sporchi attraverso attivit commerciali ha interesse a una citt non militarizzata e dunque meno pericolosa. Le estorsioni? A Roma e in generale nel Lazio sono poco frequenti. C bisogno di un controllo del territorio e di una capacit di intimidazione che i clan attivi nella Capitale non hanno, aggiunge Bus. Lusura, invece, viaggia alla grande, gestita da cravattari classici, da professionisti in giacca e cravatta, da ci che rimane della banda della Magliana e da alcune famiglie di nomadi. Un giro daffari che in tutto in Lazio, tra capitali prestati e interessi restituiti, viaggia sui tre miliardi di euro.

n.38 III 2 novembre 2011

www.arcipelagomilano.org

Secondo Alemanno e Mantovano Roma non nel mezzo di una guerra tra bande criminali. I 26 omicidi, cifra record con cui la Capitale supera citt notoriamente pi violente come Napoli e Palermo? Un dato in linea con quello degli anni precedenti. E la facilit con cui i giovani prendono in mano pistole e coltelli? Una degenerazione dei fenomeni di bullismo, da tenere sottocchio ma non ascrivibile alla mala organizzata. La vera emergenza di Roma sarebbero le manifestazioni in programma per il prossimo autunno. Una visione paradossale perch,

come sottolinea Giardullo, minimizzare i fatti di cronaca non serve, anzi pericoloso. La presenza mafiosa a Roma in aumento, mentre i tagli del governo hanno ridotto sia il personale che gli strumenti di lavoro. Per ripulire la Capitale, insomma, bisogna rivedere le priorit. Cominciare a capire se dalle ceneri dell operazione Colosseo, che nel 1993 tagli la testa alla banda della Magliana, sta rinascendo come una fenice unaltra holding criminale, e se le gambizzazioni e gli omicidi degli ultimi mesi sono sintomi di una

nuova guerra tra bande per la spartizione del territorio. In una parola conclude Giardullo si deve cambiare lobiettivo strategico e unire alla lotta allimmigrazione clandestina e alla prostituzione quella alla criminalit. Sminuire la recrudescenza degli episodi delittuosi rischia invece di tenere nascosta una realt che proprio sul sommerso fonda le proprie basi. E che di romanzesco ha assai poco.

da Roma CAPITALE del 2 settembre 2011

DECENTRARE I MINISTERI: PERCH NO? Paolo Favole


Il decentramento dei ministeri proposto dalla Lega per Milano - Monza, non una novit; stata unidea a scala nazionale di urbanisti ed economisti degli anni 60 - 70 quando si facevano i primi studi sulle aree metropolitane: Milano, Busto Gallarate - Legnano, Torino, Napoli, larea veneta e la bassa - emiliana, persino il Valdarno e Brindisi. Ricordo la stessa motivata proposta in una conferenza di Fiorentino Sullo nel 72 quando era nominato ministro per lattuazione delle regioni, con un duplice obiettivo: evitare la concentrazione a Roma di funzioni statali e laccumulo di subordinate, e portare sul territorio un terziario pubblico da affiancare al boom dello sviluppo industriale di quegli anni. andata come sappiamo: concentrazione a Roma dei ministeri sempre pi numerosi e moltiplicazione abnorme dellindotto, fatto di enti, lobbies, segreterie, autorities, canali RAI, uffici e societ pi o meno trasparenti. Un reticolo multidimensionale, labirintico e (essendo a Roma) catacombale, in cui per orientarsi e muoversi ci vogliono ciceroni esperti tipo il Bisignami (che abbiamo scoperto di recente). Con altri sottolivelli di uffici stampa, manutentori, imprese di pulizia, agenzie di pubbliche relazioni, e tutto quanto si pu immaginare, dai taxisti alle escort, agli affittacamere, . per arrivare allimmigrazione abusiva con le sue conseguenze. Una ragnatela che avviluppa Roma, sociologicamente e funzionalmente, condizionandone con la sua ingombrante vischiosit altre vocazioni come quella industriale e soprattutto turistica. Le intercettazioni dei vari casi che leggiamo non saranno (per ora) penalmente rilevanti come ci hanno spiegato Alfano e DAlema, ma sono la rappresentazione repulsiva e vergognosa, normalmente inaccettabile e indegna, di quel cosiddetto sottobosco, col sospetto, credo di tutti noi, che si sia aperto solo un tombino della fogna che sta sotto la citt. Ma oltre i problemi per Roma questa ragnatela lontana dai cittadini, che ne sono sempre pi disgustati e che non garantisce alcuna funzionalit come lesperienza di ognuno conferma. Quindi provo a riflettere sul decentramento a scala nazionale dei ministeri e delle sottosegreterie e che vantaggi potrebbero avere. Un ragionamento, perdonatemi, senza certezze, solo per suscitare un dibattito allargato. Ministeri a kilometro zero, sul territorio cui sono funzionali. Azzardo: agricoltura in Emilia, Pari opportunit e Immigrazione in Sicilia, Marina militare a Taranto, Turismo o Beni Culturali a Firenze o Venezia, Ambiente a Napoli (in senso propositivo), e non cito Milano e Monza, dove bisogna andare oltre qualche ufficetto di rappresentanza, e mi piacerebbe ancora pensare al lavoro e alla sanit al sud, ai Trasporti a Torino, Disegno strutturale che non contro la coesione della nazione e Roma capitale, perch vi rimarrebbero i ministeri non territoriali e pi istituzionali, come Interni, Esteri, Difesa, Rapporti col parlamento, Istruzione, Giustizia. Decentramento che comporta due condizioni eticamente necessarie prima che funzionali: la riorganizzazione dellorganico di ogni ministero sulla cui attuale funzionalit chiunque abbia avuto modo di conoscerli pu dubitare, e la contemporanea immediata chiusura delle Provincie divenute ancora pi inutili. Ipotesi che per converso pare piaccia poco alla Lega. Il primo vantaggio decongestionare Roma dagli impiegati di stato. Se i dati che trovo sono esatti i ministeriali (mal contati) sono 240.000, due terzi a Roma. Decine di migliaia di dipendenti statali che lavorano poco pi di mezzo tempo, cosa fanno nel tempo libero? (volontariato, un secondo lavoro, sport o che?) c unindagine in proposito? Ma mi chiedo con tutta la massima prudenza se non sono un fattore di destabilizzazione sociale, un confronto negativo con le altre categorie di lavoratori, un motore del sommerso. Una quantit di tempo libero improduttivo (1 milione di ore/giorno) che dovrebbero preoccupare Brunetta ben oltre lassenteismo. E si decongestionerebbe il traffico dalle migliaia di auto blu a percorrenza privilegiata con cui tutti i giorni i romani devono fare i conti, che andrebbe perfettamente in parallelo con la diminuzione dei parlamentari. La raccolta di firme in piazza per trattenerli a Roma che senso ha? La paura di perdere abitanti o clienti? questa la difesa del miglioramento dalla qualit? Roma ha altre vocazioni: come si sa un polo industriale, ha fiera e congressi, e un turismo culturale e religioso inarrestabile tutto lanno. Non ci raccontino che a spostare un po di Ministeri si rompe lunit nazionale. Alcuni stati Australia, Argentina, Brasile temendo il sovrapporsi della burocrazia alle citt con altre attivit hanno creato citt capitali dedicate. Il secondo vantaggio del decentramento dei ministeri per gli abitanti delle nuove sedi e il recupero di edifici da restaurare: quali benefici por-

n.38 III 2 novembre 2011

www.arcipelagomilano.org

terebbe un ministero a citt come Taranto, Caserta o LAquila, . Sullo temeva che per sostenere citt marginali vi si localizzassero solo alcuni tipi di funzioni pubbliche, come le caserme a Cuneo e ad Ascoli Piceno: loccasione ben diversa. Oggi la tecnologia permette di lavorare benissimo in sedi distaccate: prassi aziendale consolidata fare pi teleconferenze e meno trasferimenti.

Mi attendo che si ripulirebbe un po anche il sottobosco, e che i Bisignami o i Milanese e simili, vecchi e nuovi, avrebbero un humus meno favorevole o almeno territori operativi pi ristretti. Non so valutare per converso i costi delloperazione che alcuni accampano come ostacolo, tra ristrutturazioni, prepensionamenti, traslochi, ma vorrei si facesse un bilancio che comprende anche i benefici nel tempo, per minor personale e pi efficienza.

scontato che ci vorr tempo, ma come togliere la spazzatura da Napoli, con laiuto di tutti un po al giorno si risolve la crisi e la citt comincer a respirare (forse anche noi); un programma da inserire nella riduzione dei costi della politica e degli investimenti pubblici. Purtroppo la riforma, se si far, la faranno ancora a Roma e chiss se dovremo credere che attendibile.

Scrive Gregorio Praderio a Pietro Cafiero


Volevo fare alcuni piccoli commenti all'intervento di Pietro Cafiero sull'ultimo numero di "ArcipelagoMilano": non capisco perch scrive che "in teoria possono essere ammesse solo quelle osservazioni che non stravolgano il piano". In realt tutte le osservazioni possono essere accolte, con l'avvertenza che se l'accoglimento va a toccare diritti di terzi, meglio ripubblicare (scelta che personalmente mi sembra inevitabile, soprattutto se si parla di eliminare alcune ATU, come emerge dal documento); - gli indici edificatori nel tessuto consolidato possono sembrare bassi di per s, ma sono alti se si va a vedere la capacit insediativa complessiva che generano (assieme al Piano dei Servizi e agli interventi in corso, il 60% del totale). Non dimentichiamoci che come "tessuto urbano consolidato" sono state azzonate anche aree attualmente agricole (controllare per credere) e tutto lo standard inedificato non attuato (circa 10 milioni di mq). In altri Piani regolatori gli indici perequativi per situazioni di questo tipo non hanno superato lo 0,2 mq/mq, e hanno funzionato benissimo (a maggior ragione a Milano, citt gi densa e comunque - nonostante l'attuale momento - con una domanda immobiliare pi vivace) - la questione dell'indifferenza funzionale si porta dietro in alcuni casi questioni complesse, come quelle delle aree industriali (che fare dei loft abusivi? e delle bonifiche non fatte?) e delle funzioni incompatibili (ad es per emissioni rumorose o inquinanti in prossimit di attivit che richiedono protezione - lo so che c' una normativa di settore, purtroppo non funziona come sa bene chi abita in prossimit di discoteche, bar, autoriparazioni ecc.). Fermo restando che il principio della mixit funzionale condivisibile, penso sia giusto migliorare le attuali disposizioni, come il documento prevede; - il Decreto Sviluppo citato poi evidentemente quello di luglio, che contiene norme ad esempio sulla VAS o le incentivazioni che portano a riesaminare alcune previsioni; se poi adesso c' bisogno di farne un'altro non mi sembra una "capacit predittiva" della Giunta Pisapia.

Scrive Marco Romano a Guido Martinotti


Caro Guido, una volta ho cercato di capire come fanno a Bruxelles, dove la citt vera e propria coincide grosso modo con qualche vistosa propaggine verso lesterno con quella che sarebbe da noi la cerchia dei bastioni, e dove i comuni contermini hanno una dignit e una tradizione accentuata dallintrico della Vallonia e sottolineata da palazzi municipali clamorosi come quello di St. Gilles. Mi sembrato di capire che procedono in sostanza per progetti, quelli che per loro natura esigono un coordinamento, affidati ad agenzie ad hoc esenti da qualsiasi sospetto di filiazione politica, sicch poi i loro suggerimenti risultano ben accetti. I progetti in questione non intaccano la sfera delle autonomie comunali, che restano quelle consolidate dalla tradizione e dalla consuetudine, e neppure hanno la pretesa di prefigurare surrettiziamente un organo di governo sovracomunale che in futuro le possa intaccare. Chiss se questa non sia una strada percorribile in concreto; forse una base statistica servirebbe soprattutto per individuare volta per volta gli ambiti di interesse di ogni progetto. Ma forse Bruxelles in se stessa lontana dalla smania di creare nuove istituzioni che ci contraddistingue in effetti hanno dimostrato persino di poter fare a meno, per due anni cruciali, di un governo o forse me lhanno raccontata con qualche ottimismo e sotto il tappeto, a guardare bene, c anche l un poco di polvere.

Scrive Valentino Ballabio a Guido Martinotti


Mi spiace che anche lautorevole professor Martinotti guardi al futuro delle istituzioni intermedie con una prospettiva scientificamente ineccepibile ma impraticabile sotto il profilo politico - amministrativo (lo Scienziato propone ma poi il Burocrata che dispone). Con quali poteri cogenti una ipotetica Provincia metropolitana () diventerebbe lo strumento reale per la programmazione a scala metropolitana, che quello che manca davvero qualora al di sotto (o al di sopra?) si ritrova un Comune di Milano avente peso

n.38 III 2 novembre 2011

www.arcipelagomilano.org politico ed economico esponenzialmente superiore? La Provincia tout court ci ha gi provato, con maggioranze di alterno colore ma con esito pressoch nullo. Ed era la Provincia di Milano ante scissione brianzola (a proposito: i confini dei due capoluoghi distano non una giornata a cavallo ma un quarto dora di jogging!). Allora o la citt di Milano, i cui confini si sono opportunamente ampliati almeno tre o quattro volte nella storia, si estende sino a unapprossimativa area metropolitana, o non se ne fa nulla. Temo infatti che le geometrie variabili generino soltanto inutili tavoli tra istituzioni invariate mentre la rinuncia a ridefinire i confini (sempre arbitrari ma indispensabili per contenere programmi, bilanci e diritti di cittadinanza) e a distinguere compiti e funzioni (evitando doppioni, sovrapposizioni e rimpalli) trovino purtroppo riscontro nella pigrizia di una classe politica, sinora, riformista a vuoto.

Replica Guido Martinotti a Valentino Ballabio


una opinione di tutto rispetto, che conosco bene e di cui prendo atto. Pu darsi che la mia proposta (definire SCIENTIFICAMENTE cio senza dirette conseguenze amministrative, la nuova unit funzionale sul territorio e INDIPENDENTEMENTE stabilire unit di governo di sue porzioni senza necessariamente usare come mattone le entit esistenti - ricordo che una almeno, la provincia in via di eliminazione) sia impraticabile. Non mi nascondo le difficolt. Mi domando per come si possono risolvere le difficolt di un ulteriore ampliamento dei confini milanesi. Se la posizione "Allora o la citt di Milano, i cui confini si sono opportunamente ampliati almeno tre o quattro volte nella storia, si estende sino a un'approssimativa area metropolitana, o non se ne fa nulla". La mia previsione : non se ne far nulla. Se mi sbaglio correggetemi. Vorrei per ricordare cosa diceva Von Humboldt delle innovazioni, che prima ti dicono che risibile, poi dicono che non si pu fare e poi dicono l'avevamo sempre saputo.

Replica Anna Gerometta a Marco Ponti


Non credo che dalla lettura della mia nota possa desumersi semplicisticamente che le domeniche a piedi giovino allambiente. Anzi chiaro dal testo che esse, in termini ambientali, non sono una misura che pu scaricare la coscienza di quegli amministratori che si astengano, viceversa, dalladottare misure realmente efficaci. Ci nonostante lesposizione individuale allinquinamento cambia in modo rilevante a seconda della prossimit al traffico e quindi le domeniche senzauto hanno un loro significato anche ambientale e sanitario. Un recentissimo studio ha verificato che a Milano, rispetto alle aree a circolazione libera, in zona Ecopass e pedonale, i livelli del cosidetto. micidiale black carbon, si riducono rispettivamente del 47 e 62% rispettivamente (Invernizzi, G., et al., Measurement of black carbon concentration as an indicator of air quality benefits of traffic restriction policies within the ecopass zone in Milan, Italy, Atmospheric Environment - 2011). Se fossimo in una situazione normale, forse, concorderei con il professor Ponti sullattenta valutazione di costi e benefici, la cui analisi lascio ai suoi studi. Ma non siamo in una situazione normale: abbiamo un tasso di motorizzazione unico in Europa e livelli di inquinamento che competono purtroppo solo con i centri industriali dei paesi dellex Europa orientale. Occorre dunque iniziare a vedere la citt in modo diverso e le domeniche possono essere uno strumento a quel fine. E mi scuser il professore se, viceversa, credo davvero sprezzante il pensiero di quei milanesi dabbene che, preoccupandosi di fuggire fuori porta a tutti i costi nei week end, ignorano totalmente la quota di milanesi, non irrilevante in termini numerici a) che non pu permettersi lauto e non ha che da godersi i week end in citt, b) pur avendola, non pu permettersi spese di divertissement, e pu solo sperare di poter, talvolta, godere di una citt pi vivibile e, se possibile, respirabile. Ci detto le domeniche a piedi devono certamente comportare, come gi rilevato nellarticolo, sistemi di mobilit alternativa efficace che consentano per esempio di non rinunciare alle visite domenicali ai nonni! Quanto alla citazione del dibattito con Boitani e Ramella mi astengo dallaccennarvi e al replicare, come gi ritenni allora, non reputando interesse dei lettori le repliche sulle repliche delle repliche su dati, in conclusione, poco intelleggibili ai pi.

Scrive Annaluisa de' Sanna Crippa a Jacopo Gardella


Ho letto l'articolo dell'architetto Gardella sulla brughiera sopra il Ticino, che vogliono di nuovo aggredire e deturpare, che condivido in toto. Chiedo: non si potrebbe costituire una associazione o qualcosa di simile per impedire un ennesimo scempio al nostro patrimonio di cos rara bellezza naturale solo per arricchire una banda di ladri e malfattori che vivono lucrando su lavori inutili e dannosi, ammantandosi dietro l'etichetta di un partito o di incremento di lavori pubblici che potrebbe moltiplicare la manodopera e apportare benefici al paese? La mia famiglia ed io siamo tutti disposti a sottoscrivere un appello nazionale per contrastare questo indegno attacco a un bene da difendere.

Risponde Jacopo Gardella


Gentile signora de Sanna Crippa, La ringrazio per le sue parole di sostegno. la informo che esiste al Centro Parco Ticino (Lonate Pozzolo, Varese) un comitato di persone riunite in difesa della Malpensa, le quali, dirette dall'architetto Dell'Orto, si stanno muovendo con energia per contrastare la costruzione della terza pista. Purtroppo il Comune di Milano non intende appoggiare i nemici della terza, inutile, assurda, nociva pista.

n.38 III 2 novembre 2011

10

www.arcipelagomilano.org

RUBRICHE MUSICA questa rubrica curata da Palo Viola rubriche@arcipelagomilano.org Dalla Russia con competenza
Dopo lottima prova di Bushkov e Petrushansky allAuditorium con la Verdi, nel programma di musiche russe di cui abbiamo detto la scorsa settimana, ecco arrivare un altro segnale positivo da un paese che sta dimostrando una vivacit intellettuale ma soprattutto musicale di grande rilevanza, a dispetto della situazione sociale ed economica in cui versano la gente comune e si dice le istituzioni culturali. Da una bella citt che si trova nella Russia pi profonda, in prossimit della riva sinistra del maestoso Don, 500 km a sud di Mosca e altrettanti a est di Kiev, arriva lorchestra Citt di Voronezh, con novanta anni di storia alle spalle e il titolo nobiliare di orchestra accademica, diretta fin dal 1972 dal pietroburghese Vladimir Verbitsky; e insieme a lei arrivano due soliste eccezionali, ben note al pubblico italiano, la pianista georgiana Elisso Virsaladze e la violoncellista moscovita Natalia Gutman. Basterebbero queste due presenze a darci la migliore garanzia di qualit dellorchestra e del suo direttore. La tourne che ci porta questa compagine partita da Taiwan, ha toccato Bari e Orvieto, si offre ora per due concerti a Milano, ospiti delle Serate Musicali, e si concluder a Perth in quella Australia in cui Verbitsky ha consumato gran parte della carriera e dove stato colmato di onorificenze. Il motivo per cui vi parliamo di questi due concerti, che si terranno il 3 e il 4 novembre al Conservatorio, risiede non solo nella straordinaria presenza delle due concertiste, che tante volte abbiamo ascoltato e ammirato, sia come soliste che in duo, ma soprattutto nel programma che ci viene proposto: in due serate successive, introdotte dalle belle entrate di Glinka (una Ouverture e una Fantasia), saranno eseguiti i due Concerti per pianoforte e orchestra (opera 54) e per violoncello e orchestra (opera 129) di Schumann e le due Sinfonie, numero 4 (opera 36) e numero 5 (opera 64), di ajkowskij. Difficile immaginare un programma di maggior fascino, distribuito in due serate una a ridosso dellaltra. Ascolteremo musiche scritte tutte fra gli anni 40 e 80, legate dal filo sottile ma percepibile della instabilit psichica che ha tormentato le esistenze sia di Robert che di Ptr Ili, dai rapporti che hanno sempre intessuto la Turingia e la Sassonia di Schumann con la San Pietroburgo di ajkowskij e di Glinka, dai viaggi che hanno portato tutti e tre questi musicisti nelle terre luno dellaltro; un insieme di relazioni e di intersezioni che ci restituiscono unEuropa culturalmente molto legata e solida. Lesatto contrario ci addolora dirlo del concerto che abbiamo ascoltato luned 24, sempre al Conservatorio, della Orchestra Camerata Ducale di Torino, fondata e diretta dal violinista Guido Rimonda, nata con il curioso programma di ridare lustro allottimo compositore vercellese Gianbattista Viotti (1755-1824) che ha avuto il torto di nascere negli stessi anni di Mozart (mor per ben trentatre anni dopo di lui!) e che da questi fu totalmente oscurato. Il programma conteneva ben sette pezzi per violino e orchestra di ben cinque diversi compositori (uno di Haydn e uno di Mozart, due soli del suddetto Viotti, due di Paganini e uno che non centrava nulla con i precedenti - di Wienawski!) scelti senza un minimo senso logico, o meglio con lunico scopo immaginabile, quello di soddisfare lego e lautostima del Rimonda che si permesso anche di commentare ognuno dei sette brani con aneddoti e notiziole varie (evidentemente non era daccordo sul programma di sala predisposto dallorganizzazione ed ha ritenuto che il pubblico avesse bisogno di ulteriori spiegazioni mah!). Infine ci pervenuta una garbata obiezione alla critica da noi mossa la scorsa settimana al concerto di Lonquich, a proposito del quale avevamo scritto che il repertorio per pianoforte a quattro mani , con poche straordinarie eccezioni, molto modesto e frequentato soprattutto per motivi didattici, per far suonare lallievo insieme al maestro s da trasmettergli simbioticamente i fondamenti della tecnica e dellinterpretazione. Ci scrive Enrico Glauber colto musicologo e profondo conoscitore della musica mitteleuropea che quando non esistevano ancora i grandi mezzi di diffusione, molte sinfonie (quasi tutte quelle di Beethoven), furono trascritte per pianoforte a quattro mani per poter essere ascoltate e giudicate da una piccola cerchia di amici. C un bellissimo CD con la Sinfonia n. 1 di Mahler trascritta da Bruno Walter e verosimilmente autorizzata dallo stesso Mahler. Tutto vero, ma vorrei chiedergli: musica per le sale dei concerti pubblici o piuttosto musica da studio, da prove, o per quel personale diletto che si possono permettere solo le poche (pochissime, soprattutto in Italia) persone che sanno mettere le mani sullo strumento e soprattutto che conoscono oltre al piacere dellascolto la gioia e lemozione di suonare insieme? Musica per una settimana *Gioved 3, venerd 4 e domenica 6 allAuditorium, lOrchestra Verdi diretta da Aldo Ceccato, e il Coro Sinfonico della Verdi diretto da Erina Gambarini, eseguono la Messa da Requiem di Verdi *Gioved 3 e venerd 4 al Conservatorio per le Serate Musicali i concerti di cui si detto sopra, con la pianista Elisso Virsaladze (gioved) e la violoncellista Natalia Gutman (venerd) *Sabato 5 allAuditorium San Fedele concerto di musiche contemporanee (Di Scipio, Sani, Berio, Traversa e Nono) con il mezzosoprano Silvana Torto, la flautista Annamaria Morini, strumenti elettronici curati da Alvise Vidolin e con i video di Roberto Doati *Luned 7 alla Scala concerto del pianista Jeffrey Swann che eseguir musiche di Liszt, Donatoni e Chopin *Al Conservatorio avremo: Luned 7, per le Serate Musicali, Salvatore Accardo con Rocco Filippini, Laura Gorna e Francesco Fiore, nel Quartetto n. 5 opera 33di Cherubini, quello n. 3 opera 1 di Paganini e lunico, meraviglioso, di Verdi; Marted 8, per la Societ del Quartetto, Yefim Bronfman al pianoforte con Brahms (Sonata in fa minore), Liszt (gli Studi trascendentali) e Prokofiev (Sonata n. 8 in si bemolle maggiore opera 84); Mercoled 9, per la Societ dei Concerti, la Luzerner Sinfonieorchester diretta da J. Gaffigan e la violinista Simone Lamsma eseguiranno la Sinfonia in

n.38 III 2 novembre 2011

11

www.arcipelagomilano.org sol maggiore (da Lisola disabitata) di Haydn, il Concerto per violino e orchestra di Khaaturjan e la Sinfonia n. 39 in mi bemolle maggiore K. 543 di Mozart *Mercoled 9, ancora allAuditorium, la Verdi Barocca diretta da Ruben Jais eseguir Le Quattro Stagioni di Vivaldi e i Concerti Brandeburghesi n. 1 e 3 di Johann Sebastian Bach *Al teatro Dal Verme gioved 10 e domenica 13 lOrchestra dei Pomeriggi Musicali, diretta da Carlo De Martini con le trombe Gabriele Cassone e Luciano Marconcini, eseguir musiche di Vivaldi (Concerto per due trombe e archi), di Haydn (Concerto per tromba e archi e una Marcia) e di Mozart (Sinfonia n. 20 in re maggiore K. 133) *Ricordiamo infine che alla Scala vi sono ancora quattro repliche - il 5, 8, 15 e 18 novembre - de La donna del Lago di Rossini, diretta da Roberto Abbado, e che iniziato il ciclo dedicato a Beethoven e Schnberg diretto da Barenboim.

ARTE questa rubrica a cura di Virginia Colombo rubriche@arcipelagomilano.org


LArte Povera invade lItalia Sono numeri da capogiro quelli legati alla mostra Arte Povera, esposizione organizzata da Triennale Milano e dal Castello di Rivoli, a cura di Germano Celant, che vuole celebrare coralmente questo movimento italiano con una serie di iniziative sparse per il Bel Paese. Sette le citt coinvolte, otto i musei ospitanti, 250 le opere esposte, 15 mila i metri quadrati, tra architetture museali e contesti urbani, usati per contenere ed esporre le spesso monumentali opere darte. Loperazione ha delleccezionale, mettendo insieme direttori, esperti, studiosi e musei, che si sono trovati daccordo nel creare e ospitare una rassegna che testimoni la storia del movimento nato nel 1967 grazie agli artisti Alighiero Boetti, Mario e Marisa Merz, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Jannis Kounellis, Giulio Paolini e tanti altri. Un movimento che deve la sua definizione proprio al curatore e al creatore di questa impresa, Germano Celant, che us il termine per la prima volta in occasione di una mostra genovese di quel anno, volendo definire una tendenza molto libera, in cui gli artisti lasciavano esprimere i materiali e le materie (acqua, fuoco, tele, pietre ecc.), non controllati esteticamente o plasticamente, ma anzi usati per esprimere energie e mutamenti interni ad essi. Cos ecco lanciata la sfida, raccontare la storia di questo movimento, prontamente raccolta da alcune delle istituzioni museali pi importanti dItalia: Triennale Milano e il Castelli di Rivoli Museo dArte Contemporanea, veri promotori, la Galleria Nazionale dArte Moderna di Roma, la GAMeC di Bergamo, il MADRE di Napoli, il MAMbo di Bologna, il MAXXI di Roma e il Teatro Margherita di Bari. Ogni sede ospita un pezzo di storia del movimento, che in una visione dinsieme, permetteranno al visitatore-pellegrino di ricomporre e afferrare ogni aspetto dellarte dagli anni 60 ad oggi. In particolare presso la Triennale, sede cardine dellevento, si potr avere una bella visione dinsieme grazie ad Arte Povera 2011, rassegna antologica sul movimento, che in uno spazio di circa 3000 metri quadrati, raccoglie oltre 60 opere, per testimoniare levoluzione del percorso artistico fino al 2011, grazie alla collaborazione di musei, artisti, archivi privati e fondazioni. La prima parte si sviluppa al piano terra, ed dedicata alle opere storiche degli artisti, realizzate tra 1967 e 1975, e che ne segnano in qualche modo il loro esordio nel mondo dellarte: i cumuli di pietra e tele di Kounellis; gli intrecci al neon di Mario Mez; gli immancabili specchi di Pistoletto; i fragili fili di nylon e le foglie secche nelle opere di Marisa Merz; le scritte in piombo e ghiaccio di Pier Paolo Calzolari; e tanti altri. Al secondo piano, nei grandi spazi aperti, in un percorso fluido e spazioso, sono documentate le opere realizzate dagli artisti tra 1975 e 2011, in un continuo e contemporaneo dialogo tra loro. Nei 150 anni dellUnit dItalia, una grande operazione museale ed espositiva che riunisce artisti, musei e grandi nomi, in unoperazione nazionale che rende giustizia, e ne tira idealmente le somme, di un movimento, italianissimo, e tuttora vivente.
Mario Merz Le case girano intorno a noi o noi giriamo intorno alle case?, 1994

Arte Povera 1967 2011-fino al 29 gennaio - Triennale di Milano - Ingresso 8,00/6,50/5,50 - Orari:marted-domenica 10.30-20.30, gioved e venerd 10.30-23.00 Le altre sedi: *24 settembre 26 dicembre 2011, MAMbo Museo dArte Moderna di Bologna, Bologna Arte Povera 1968 *7 ottobre 2011 8 gennaio 2012, MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo, Roma Omaggio allArte Povera *9 ottobre 2011 19 febbraio 2012 Castello di Rivoli Museo dArte Contemporanea, Rivoli Arte Povera International *25 ottobre 2011 29 gennaio 2012, Triennale di Milano, Milano Arte Povera 1967-2011 *novembre 2011 - aprile 2012, GAMeC Galleria dArte Moderna e Contemporanea di Bergamo Arte Povera in citt *11 novembre 2011 - aprile 2012, MADRE - Museo dArte contemporanea Donnaregina, Napoli Arte Povera pi Azioni Povere 1968 *7 dicembre 2011 4 marzo 2012, Galleria nazionale darte moderna, Roma Arte Povera alla GNAM *15 dicembre 2011 11 marzo 2012, Teatro Margherita, Bari Arte Povera in teatro

Cezanne e les ateliers du midi


Palazzo Reale presenta, per la prima volta a Milano, un protagonista indiscusso dellarte pittorica, colui che traghetter simbolicamente la pittura dallImpressionismo al Cubismo; colui che fu maestro e ispiratore per generazioni di artisti: va in scena Paul Cezanne. Sono una quarantina i dipinti esposti, con un taglio inedito e particolare, dovuto a vicende alterne che hanno accompagnato fin dallorigine la nascita di

n.38 III 2 novembre 2011

12

www.arcipelagomilano.org questa grande esposizione, intitolata Czanne e les atliers du midi. E appunto da questo titolo che tutto prende forma. Lespressione ateliers du midi fu coniata da Vincent Van Gogh, il cui progetto ero quello di creare una comunit di artisti riuniti in Provenza, una sorta di novella bottega, in cui tutti avrebbero lavorato in armonia. Un progetto che, come noto, non port mai a termine, ma dal quale Rudy Chiappini e Denis Coutagne, curatori della mostra, hanno preso spunto per delineare il percorso artistico di Cezanne. La mostra un omaggio al grande e tenace pittore solitario, nato ad Aixen-Provence, luogo al quale fu sempre attaccato, e che nei suoi continui spostamenti tra il paese natio, Parigi e lEstaque, cre quella che da sempre stata considerata la base dellarte moderna. Il tema portante dellesibizione riguarda lattivit di Cezanne in Provenza, legata indissolubilmente ai suoi ateliers: prima di tutti il Jas de Bouffan, la casa di famiglia in cui Cezanne compie le sue prime opere e prove giovanili; la soffitta dell'appartamento di Rue Boulegon; il capanno vicino alle cave di Bibmus; i locali affittati a Chteau Noir; la piccola casa a l'Estaque, e infine il suo ultimo atelier, il pi perfetto forse, costruito secondo le indicazioni del pittore stesso, latelier delle Lauves. Luoghi carichi di significato e memoria, in cui il maestro si divise, nelle fasi della sua vita, tra attivit en plein air, seguendo i consigli degli amici Impressionisti, e opere sur le motiv, una modalit cara a Cezanne, che della ripetizione ossessiva di certi soggetti ne ha fatto un marchio di fabbrica. Opere realizzate e rielaborate allinterno dello studio, luogo di creazione per ritratti, nature morte, composizioni e paesaggi. Ma latelier anche il luogo della riflessione per Cezanne, artista tormentato e quasi ossessivo nel suo desiderio di dare ordine al caos, cercando equilibrio e rigore, usando soprattutto, secondo una sua celebre frase, il cilindro, la sfera e il cono. In natura tutto modellato secondo tre modalit fondamentali: la sfera, il cono e il cilindro. Bisogna imparare a dipingere queste semplicissime figure, poi si potr fare tutto ci che si vuole. Una mostra che vanta prestiti importanti (quale un dipinto dallHermitage); che coinvolge una istituzione importante come il Museo dOrsay, e che ha nel suo comitato scientifico proprio il direttore del museo e il pronipote dellartista, Philippe Cezanne. Con un allestimento semplice ma accattivante, merito anche dei grandi spazi, il visitatore potr scoprire i primi e poco noti lavori del maestro francese, le opere murali realizzate per la casa paterna e i primi dipinti e disegni ispirati agli artisti amati, come Roubens, Delacroix e Courbet. Dal 1870 Cezanne trascorrer sempre pi tempo tra Parigi, in compagnia dellamico di scuola Emile Zola, e la Provenza. Nascono quindi inediti soggetti narrativi, usando lo stile en plein air suggeritogli da Pissarro. Si schiariscono i colori e le forme sono pi morbide: ecco le Bagnanti, ritratte davanti allamata montagnafeticcio Sainte Victorie. Stabilitosi quasi definitivamente in Provenza, eccolo licenziare alcuni dei suoi paesaggi pi straordinari, con pini, boschi e angoli nascosti, tra cui spiccano quelli riguardanti le cave di marmo di Bibemus, luogo amato e allo stesso tempo temuto da Cezanne, che vedeva nella natura il soggetto supremo, il principio dellordine, ma che al tempo stesso poteva essere anche nemica e minaccia. Capolavori della sua arte sono anche i ritratti, dipinti in maniera particolare e insolita. Sono ritratti di amici e paesani, di gente comune che Cezanne fissa su tela senza giudicare n esprimere pareri, figure immobili ed eterne, come le sue nature morte. E sono proprio queste le composizioni pi mature, tra cui spicca per bellezza Il tavolo di cucina - Natura morta con cesta, (1888-1890), dalle prospettive e dai piani impossibili, con una visione lontanissima dalla realt e dal realismo imitativo, con oggetti ispirati s da oggetti reali, tra cui le famosissime mele, ma reinventati in chiave personale. Una mostra dunque densa di spunti per comprendere lopera del pittore di Aix, complementare alla mostra del Muse du Luxembourg di Parigi, intitolata Cezanne et Paris, che indagher invece gli anni parigini e approfondir il rapporto tra Cezanne, gli Impressionisti e i post Impressionisti. Czanne e les atliers du midi. Fino al 26 febbraio, Palazzo Reale. Orari: 9.30-19.30; lun. 14.30-19.30; gio. sab. 9.30-22.30. Costi: intero euro 9, ridotto euro 7,50.

Roberto Ciaccio. Revenance tra specchi e cariatidi


Il luogo di per s uno tra i pi incantevoli di Milano, la sala delle Cariatidi, cuore di Palazzo Reale. Un ambiente carico di storia e suggestioni, che con la sua atemporalit sospesa e silenziosa ben adatto a ospitare i lavori di Roberto Ciaccio, artista che tende a creare lopera darte totale, unione di pittura, scultura, architettura e musica. Sono lavori site specific, pensati in stretta identit con la sala ospitante, e che diventano il terzo momento di un percorso espositivo che porta lopera di Ciaccio a confrontarsi con la filosofia, la poesia e la musica, cos come era gi avvenuto a Berlino e Roma. Inter/vallum il titolo della mostra, curata niente meno che da Remo Bodei, Kurt W. Forster e Arturo Schwarz (tre giganti della filosofia, dellarchitettura e della critica darte); grandi lastre incolori fatte di metalli diversi ferro, rame, ottone, zinco , realizzate con un procedimento tecnico a rulli di stampa, con tonalit dal blu al viola; ma ci sono anche grandi opere su carta, la serie dei piccoli fogli di papier japon, che aprono illusori spazi tridimensionali al proprio interno attraverso molteplici stratificazioni di piani e valori cromatici. Sono appunto intervalli, come spiega il titolo, che scandiscono in modo seriale spazi reali e illusori, che diventano soglie, aperture e specchi che interagiscono e si completano in un percorso illusionistico, onirico e musicale. E la musica ha una grossa rilevanza nei lavori di Ciaccio, tanto che nel centro della sala troneggia un grande pianoforte a coda, usato il giorno dellinaugurazione per una straordinaria performance: lesecuzione di Mantra per due pianoforti, radio a onde corte, modulatori ad anello, woodblocks e cembali antichi di Karlheinz Stockhausen, eseguito dal duo pianistico Antonio Ballista e Bruno Canino, con Walter Prati e Massimiliano Mariani agli strumenti elettronici, che ripeteranno il concerto gi eseguito a Milano con la regia dello stesso Stockhausen oltre trentacinque anni fa. Uno spazio scelto, la Sala delle Cariatidi, perch carico di energia, spiega Ciaccio, che ben si sposa con le opere dal carattere misterioso ed esoterico delle lastre metalliche, veri revenance (spettri) dai colori immateriali ma energici, fatti di bagliori metallici e vibrazioni di luce, che sembrano riflettere allinfinito le note suonate dal pianoforte.

n.38 III 2 novembre 2011

13

www.arcipelagomilano.org Artista da sempre concettuale e astratto, in continuo dialogo con la filosofia, Ciaccio accarezza temi come la luce, lassenza, le tracce, la temporalit e il tempo, concentrandosi proprio su questultimo, per creare i suoi revenance - il ritorno fantasmatico dellimmagine -, opere concrete ma allo stesso tempo evanescenti, possibili vie per indicare nuovi percorsi e modi di indagine per larte e le infinite varianti di unimmagine. Sicuramente di grande suggestione e impatto visivo, unoccasione per vivere un luogo storico che mischia passato, presente ed eterno ritorno. Roberto Ciaccio- Inter/vallum Sala delle Cariatidi, Palazzo Reale, fino al 20 novembre Orari: Luned 14.30 19.30. Marted, mercoled, venerd, domenica 9.30 19.30. Gioved e sabato 9.30 22.30 Ingresso gratuito

I Visconti e gli Sforza raccontati attraverso i loro tesori


In occasione del suo primo decennale, il Museo Diocesano ospita, fino al 29 gennaio, una mostra di capolavori preziosi e di inestimabile valore, intitolata Loro dai visconti agli Sforza. Una mostra creata per esplorare, per la prima volta in Italia, levoluzione dellarte orafa a Milano tra il XIV e il XV secolo, attraverso sessanta preziose opere tra smalti, miniature, arti suntuarie, oggetti di soggetto sacro e profano, provenienti da alcuni tra i musei pi prestigiosi del mondo. I Visconti e gli Sforza sono state due tra le famiglie pi potenti e significative per la storia di Milano. Con la loro committenza hanno reso la citt una tra le pi attive dEuropa artisticamente e culturalmente. Una citt che ha ospitato maestranze e botteghe provenienti da tutta Europa, che qui si sono trasferite per soddisfare le esigenze di una corte sempre pi ricca e lussuosa, che chiedeva costantemente oggetti preziosi e raffinati per auto celebrarsi e rappresentarsi. Oltretutto non va dimenticato che a Milano e dintorni due erano i cantieri principali che attiravano artisti di vario tipo: il Duomo, iniziato nel 1386 su commissione viscontea, e il castello di Pavia, iniziato nel 1360 per volere di Galeazzo Visconti. Due in particolare sono le figure a cui ruotano intorno le vicende milanesi del periodo, uomini forti che costruirono le fortune delle loro famiglie e che furono anche committenti straordinari: Gian Galeazzo Visconti e Ludovico il Moro. Gian Galeazzo fu il primo dei Visconti a essere investito del titolo ducale, comprato dallimperatore di Boemia nel 1395, titolo che legittim una signoria di fatto che risaliva al 1200. Laltra figura di rilievo fu Ludovico il Moro, figlio del capitano di ventura Francesco Sforza, che sposa la figlia dellultimo Visconti, dando inizio cos alla dinastia sforzesca. Ludovico il Moro, marito di Beatrice dEste, fu uomo politico intraprendente ma soprattutto committente colto e attivo, che chiam presso la sua corte uomini dingegno come Leonardo Da Vinci, Bramante e molti altri tra gli artisti pi aggiornati del panorama europeo. La mostra prende inizio da due inventari, quello dei gioielli portati in dote da Valentina Visconti, figlia di Gian Galeazzo, andata in sposa a Luigi di Turenna, fratello del re di Francia; e quello dei preziosi di Bianca Maria Sforza, figlia di Ludovico il Moro, andata in sposa allimperatore Massimiliano I. Proprio questi elenchi hanno permesso di ricostruire lentit del tesoro visconteo-sforzesco, e di ricostruire e di riunire insieme i principali oggetti per questa mostra. Il percorso si snoda tra pezzi di pregiata fattura, come gli scudetti di Bernab Visconti, zio di Gian Galeazzo, che ci mostrano una delicata tecnica a smalto traslucido; oppure la preziosa minitura con una dama, opera di Michelino da Besozzo, forse il pi importante miniatore del secolo, che con tratti fini e delicati ci mostra una dama vestita alla moda dellepoca, con maniche lunghe e frappate e il tipico copricapo a balzo, espressione modaiola delle corti lombarde. Lavoro da mettere a confronto con il fermaglio di Essen (opera in dirittura di arrivo), pezzo doreficeria finissima, una micro scultura rappresentante la stessa enigmatica dama. Altro pregevole pezzo sicuramente il medaglione con la Trinit, recante il nuvoloso visconteo, emblema della famiglia, dipinto in smalto ronde bosse, tecnica tra le pi raffinate e costose. Proprio gli smalti sono una delle tecniche pi rappresentative delloreficeria visconteosforzesca, con un ventaglio di tipologie vario e virtuosistico, attraverso cui le botteghe milanesi erano conosciute in tutta Europa. Ma daltra parte Milano aveva una lunga tradizione smaltista alle spalle, basti pensare allaltare di Vuolvino, nella basilica di santAmbrogio. Uno dei passatempi preferiti della corte erano le carte: ecco dunque sei bellissimi esemplari di Tarocchi, provenienti da Brera, interamente coperti di foglia doro, punzonati e dipinti, testimonianza unica e ben conservata della moda, dei costumi e delle tecniche dellepoca. Dalla dinastia viscontea si passa poi a quella sforzesca, con reliquari e tabernacoli che si ispirano al duomo di Milano per struttura e composizione, opere di micro architettura in argento e dipinte in smalto a pittura, come il Tabernacolo di Voghera o quello Pallavicino di Lodi. Ma la miniatura a farla da padrone, con il messale Arcimboldi, che mostra Ludovico il Moro, novello duca di Milano circondato dal suo tesoro; il Libro dOre Borromeo, famiglia legata a doppio filo a quella dei duchi di Milano; e il Canzoniere per Beatrice dEste, opera del poeta Gasparo Visconti, con legatura smaltata che ripropone fiammelle ardenti e un groppo amoroso, il nodo che tiene uniti i due amanti, raffigurazione illustrata di un sonetto del canzoniere. Anche Leonardo gioca la sua parte, indirettamente, in questa mostra. Il maestro si occup infatti anche di smalti, perle, borsette e cinture, che alcuni suoi allievi seguirono nelle indicazioni, come ci mostrano lanconetta con la Vergine delle rocce del museo Correr o la Pace proveniente da Lodi. Insomma un panorama vario e ricco che mostra tutto il lusso e la raffinatezza di una delle corti pi potenti dEuropa. Oro dai Visconti agli Sforza. Fino al 29 gennaio - Museo Diocesano. Corso di Porta Ticinese 95. Orari: tutti i giorni ore 10-18, chiuso luned. Costo: 8 intero, 5 ridotto, marted 4 .

Artemisia Gentileschi. Vita, amori e opere di una primadonna del 600


Artemisia Lomi Gentileschi stata una delle numerose donne pittrici dellarte moderna, ma la sola, forse, ad aver ricevuto successo, notoriet, fama e commissioni importanti in quantit. Ecco perch la mostra Ar-

n.38 III 2 novembre 2011

14

www.arcipelagomilano.org temisia Gentileschi -Storia di una passione, ospitata a Palazzo Reale e da poco aperta, si propone di ristudiare, approfondire e far conoscere al grande pubblico la pittora e le sue opere, per cercare di slegarla allepisodio celeberrimo di violenza di cui fu vittima. S perch il nome di Artemisia spesso associato a quello stupro da lei subito, appena diciottenne, da parte del collega e amico del padre, Agostino Tassi, che la violent per nove mesi, promettendole in cambio un matrimonio riparatore. Donna coraggiosa, che ebbe il coraggio di ribellarsi e denunciare il Tassi, subendone in cambio un lungo e umiliante processo pubblico, il primo di tal genere di cui ci siano rimasti gli atti scritti. La mostra, quasi una monografica, si propone anche di dare una individualit tutta sua alla giovane pittrice, senza trascurare per gli esordi con il padre, lingombrante e severo Orazio Gentileschi, amico di Caravaggio e iniziatore della figlia verso quel gusto caravaggesco che tanto fu di moda; o senza tralasciare lo zio, fratello di Orazio, Aurelio Lomi, pittore manierista che tanto fece per la nipote. Il percorso si snoda dunque dalla giovanile formazione nella bottega paterna, per una donna pittrice ai tempi non poteva essere altrimenti, per arrivare alle prime opere totalmente autonome e magnifiche, dipinte per il signore di Firenze Cosimo II de Medici. La vita di Artemisia fu rocambolesca e passionale. Dopo il processo a Roma si spost a Firenze con il neo marito Pietro Stiattesi, e fu l che conobbe i primi successi fu la prima donna a essere ammessa allAccademia del Disegno di Firenze- e un grande, vero amore, Francesco Maria Maringhi, nobile fiorentino con cui avr una relazione che durer per tutta la loro vita. Dati, questi, che si sono recuperati solo in tempi recentissimi grazie a uno straordinario carteggio autografo di Artemisia, del marito e dellamante. E proprio le lettere sono state un punto di partenza importante per nuove attribuzioni, scoperte e ipotesi su dipinti prima nel limbo delle incertezze. In mostra ci sono quasi tutte le opere pi famose di Artemisia (peccato per un paio di prestiti importanti che non sono arrivati): le due cruente e violentissime Giuditte che decapitano Oloferne, da Napoli e dagli Uffizi, lette cos spesso in chiave autobiografica (Artemisia-Giuditta che decapita in un tripudio di sangue Oloferne/Agostino Tassi); le sensuali Maddalene penitenti; eroine bibliche come Ester, Giaele, Betsabea e Susanna; miti senza tempo come Cleopatra e Danae, varie Allegorie e Vergini con Bambino. Ma Artemisia fu famosa anche per i suoi ritratti, di cui pochi esempi ci sono rimasti, come il Ritratto di gonfaloniere o il Ritratto di Antoine de Ville, cos come per i suoi autoritratti. Le fonti ce la raccontano come donna bellissima e sensuale, pienamente consapevole del suo fascino e del suo ruolo, che amava dipingersi allo specchio e regalare queste opere ai suoi ammiratori. Cos la mostra si snoda tra Firenze, da cui i coniugi Stiattesi scappano coperti dai debiti, per arrivare a Roma, Venezia, Napoli e perfino in Inghilterra, dove la volle il re Carlo I. Una vita ricca di passioni, appunto, come lamore per la figlia Palmira, che diverr anchessa pittrice e valido aiuto nella bottega materna che Artemisia aprir a Napoli fin dagli anni Trenta del Seicento, ricca di giovani promettenti pittori come Bernardo Cavallino. Una vita ricca anche di conoscenze e amicizie importanti: ventennale il rapporto epistolare con Galileo Galilei, conosciuto a Firenze, con Michelangelo il Giovane, pronipote del genio fiorentino, e anche con una serie di nobili e committenti per cui dipinse le sue opere pi celebri: Antonio Ruffo, Cassiano dal Pozzo, i cardinali Barberini e larcivescovo di Pozzuoli, per il quale fece tre enormi tele per adornare la nuova cattedrale nel 1637, la sua prima vera commissione pubblica. Insomma una donna, una madre e unartista straordinaria, finalmente messa in luce in tutta la sua grandezza, inquadrata certo nellalveo del padre Orazio e di quel caravaggismo che la resa tanto famosa, ma vista anche come pittrice camaleontica e dallinventiva straordinaria, capace di riproporre uno stesso soggetto con mille varianti, secondo quella varietas e originalit per cui fu, giustamente, cos ricercata. Artemisia Gentileschi. Storia di una passione - Fino al 29 gennaio Palazzo Reale. Orari: 9.30-19.30; lun. 14.30-19.30; gio. e sab. 9.3022.30. Intero: 9,00. Ridotto: 7,50

START. Al via la stagione artistica milanese


Agitazione da primo giorno di scuola per il mondo dellarte milanese. Il week end appena concluso stato infatti dedicato alla presentazione e allinaugurazione di mostre, artisti e gallerie. Gara tra gli irriducibili per accaparrarsi inviti e anteprime, dopo di che tutto stato un gran via vaicorri in giro-entra ed esci dai luoghi pi interessanti della citt. Anche questanno levento stato organizzato da START MILANO, associazione no profit che riunisce trentasette gallerie tra le pi dinamiche e attive nellambito dellarte contemporanea. Gallerie che durante lo scorso week end hanno tenuto orari speciali, serali e prolungati, per permettere al pubblico, sempre numeroso, di visitare e vedere che cosa c di nuovo in galleria. Molte le proposte, che rimarranno visitabili per lo pi fino a novembre, sparse per tutta la citt, rintracciabili sul sito dellassociazione, www.startmilano.com Vorrei dare per unattenzione particolare alla zona di Lambrate, nuovo centro pulsante del design e dellarte contemporanea. Un po scomodo forse, ma adatto per ospitare le grandi gallerie che di negozio hanno ormai ben poco, e che assomigliano sempre pi a garage e hangar per ospitare opere di inusitate proporzioni. Dopo anni di gloriosa attivit in corso di Porta Nuova, ha fatto capolino qui anche la galleria Mimmo Scognamiglio Artecontemporanea, proprio in un ex complesso industriale Hyundai. La mostra inaugurale si intitola What?, una collettiva di ventisei artisti, nomi nuovi e vecchi, che vuole interrogarsi e interrogare sul percorso artistico della galleria, le tendenze emerse e quello che invece potrebbe nascere da progetti e collaborazioni future. Paladino, Neumann, il Batman gigante di Adrian Tranquilli e lAndy Warhol di Gavin Turk sono solo alcuni degli interessanti lavori esposti, completati dalle installazioni sulla terrazza di Lucio Perone, Philippe Perrin, Peppe Perone e Alex Pinna. Accanto un altro spazio interessante, non legato al circuito START: la Galleria Alessandro De March, con una mostra, che prende il nome dal suo autore, sul giovane artista di Pordenone Mauro Vignando. Un artista che lavora con i materiali pi diversi, pittura, scultura, fotografia e video arte. Sono opere concettuali, che prevedono il lavoro dello spettatore nella costruzione di un senso tutto personale. Specchi, legno, alluminio e marmo di Carrara sono alcuni dei materiali usati per creare

n.38 III 2 novembre 2011

15

www.arcipelagomilano.org moduli geometrici, blocchi e serrande da indagare. Non si pu dimenticare poi la Massimo De Carlo, caposaldo tra le gallerie milanesi, che ospita la mostra personale Basements di Massimo Bartolini. Una grande scultura in bronzo, che d il titolo allesposizione, ha per protagonista la terra, vista come madre e connessa alla necessit di mettere radici. C anche La strada di sotto, installazione fatta da centinaia di lampadine colorate e luminarie, che si accendono a intermittenza seguendo i suoni e le parole del protagonista di un video, esposto in una seconda sala, don Valentino, il parroco che davvero monta quelle luminarie nella festa del suo paese, in Sicilia. Ultima galleria da menzionare la Francesca Minini Gallery, con la mostra di Simon Dybbroe Moller, intitolata O, che si interroga sulle valenze del segno O: unapertura, un cerchio, un volume, attraverso video, segni e sculture dellartista danese. Ma non c stato solo START a movimentare questo week end milanese. Ha finalmente aperto, tra stupore e incredulit, anche la prima sede italiana di una delle gallerie pi importanti della scena mondiale: la Lisson Gallery. Perch in tempi di crisi una galleria come la Lisson apre in Italia? Intanto non dimentichiamo che, a diversificare ulteriormente la scena milanese, a breve ripartiranno le grandi retrospettive di Palazzo Reale, dedicate a due protagonisti della storia dellarte: Artemisia Gentileschi e Paul Cezanne. Galleria Francesca Minini - Simon Dybbroe Mller - "O". Fino al 5 novembre 2011 via Massimiano, 25 . Marted>sabato 11>19.30; - Galleria Alessandro De March, Mauro Vignando. 15 : 09 : 112, fino al 5 novembre. via Massimiano 25. Marted>venerd 12>19. Sabato 14>19. .

Doppio Kapoor a Milano


Sono tre gli appuntamenti che lItalia dedica questanno ad Anish Kapoor, artista concettuale anglo-indiano. Due di questi sono a Milano, e si preannunciano gi essere le mostre pi visitate dellestate. Il primo alla Rotonda della Besana, dove sono esposte sette opere a creare una mini antologica; il secondo "Dirty Corner", installazione site-specific creata apposta per la Fabbrica del Vapore di via Procaccini. Entrambe curate da Demetrio Paparoni e Gianni Mercurio, con la collaborazione di MADEINART, gli stessi nomi che hanno curato anche la retrospettiva di Oursler al Pac. Una mostra di grande impatto visivo, quella della Besana, con opere fatte di metallo e cera, realizzate negli ultimi dieci anni e che sono presentate in Italia per la prima volta. Opere di grande impatto s, ma dal significato non subito comprensibile. Kapoor un artista che si muove attraverso lo spazio e la materia, in una continua sperimentazione e compenetrazione tra i due, interagendo con lambiente circostante per cercare di generare sensazioni, spaesamenti percettivi, che porteranno a ognuno, diversi, magari insospettabili significati, come spiega lartista stesso. Ecco perch non tutto lineare, come si pu capire guardando le sculture in acciaio C-Curve (2007), Non Object (Door) 2008, Non Object (Plane) del 2010, ed altre che provocano nello spettatore una percezione alterata dello spazio. Figure capovolte, deformate, modificate a seconda della prospettiva da cui si guarda, un forte senso di straniamento che porta quasi a perdere l'equilibrio. Queste solo alcune delle sensazioni che lo spettatore, a seconda dellet e della sensibilit, potrebbe provare davanti a questi enormi specchi metallici. Ma non c solo il metallo tra i materiali di Kapoor. Al centro della Rotonda troneggia lenorme My Red Homeland, 2003, monumentale installazione formata da cera rossa (il famoso rosso Kapoor), disposta in un immenso contenitore circolare e composta da un braccio metallico connesso a un motore idraulico che gira sopra un asse centrale, spingendo e schiacciando la cera, in un lentissimo e silenzioso scambio tra creazione e distruzione. Unopera, come spiegano i curatori, che non potrebbe esistere senza la presenza indissolubile della cera e del braccio metallico, in una sorta di positivo e negativo (il braccio che buca la cera), e di cui la mente dello spettatore comunque in grado di ricostruirne la totalit originaria. Il lavoro di Kapoor parte sempre da una spiritualit tutta indiana che si caratterizza per una tensione mistica verso la leggerezza e il vuoto, verso limmaterialit, intesi come luoghi primari della creazione. Ecco perch gli altri due interessanti appuntamenti hanno sempre a che fare con queste tematiche: Dirty Corner, presso la Fabbrica del Vapore, un immenso tunnel in acciaio di 60 metri e alto 8, allinterno dei quali i visitatori potranno entrare, e Ascension, esposta nella Basilica di San Giorgio Maggiore a Venezia, in occasione della 54 Biennale di Venezia. Opera gi proposta in Brasile e a Pechino ma che per loccasione prende nuovo significato. Uninstallazione site-specific che materializza una colonna di fumo da una base circolare posta in corrispondenza dellincrocio fra transetto e navata della maestosa Basilica e che sale fino alla cupola. Anish Kapoor - Fabbrica del Vapore, via Procaccini 4 fino all12 gennaio 2012 Orari: lun 14.30 19.30. Mar-dom 9.30-19.30. Giov e sab 9.30-22.30. Costi: 6 per ciascuna sede, 10 per entrambe le sedi.

CINEMA questa rubrica a cura di M. Santarpia e P. Schipani rubriche@arcipelagomilano.org

n.38 III 2 novembre 2011

16

www.arcipelagomilano.org

Il gioiellino
di Andrea Molaioli [Italia/Francia, 2011, 110] con Toni Servillo, Remo Girone, Sarah Felberbaum, Fausto Maria Sciarappa
Il ragionier Botta (Toni Servillo) non si scompone mai. La sua aria ferma e determinata mentre si avvicina alla scrivania del Dott. Rastelli (Remo Girone), proprietario della Leda. Il direttore finanziario ha di fronte a s un uomo distrutto, distinto e reattivo fino a quel giorno, ormai con la camicia sbottonata e la cravatta slegata come a rivelarci la resa. Ernestino, come ama chiamarlo il suo titolare, quando porta un problema porta anche la soluzione. La Leda, l'azienda di cui anima, cervello e braccio tutta la sua vita. Non pu tentennare o fallire in un'occasione come questa. La sua soddisfazione riportare luce e speranza negli occhi spenti di Rastelli. La risolutezza che lo contraddistingue la sua arma per riesumare continuamente la Leda dal baratro. Se i soldi non ci sono, inventiamoceli. Scandisce con continue pause che enfatizzano la sua immorale e diabolica genialit ormai al servizio della finanza creativa e non pi utile a vendere e distribuire latte o prodotti alimentari. Questo incontro drammatico e cruciale si svolge tra le mura della stanza di un presidente sull'orlo del fallimento ma potrebbe aver luogo nell'ultimo dei gironi infernali. Tutti i peccati sono gi stati commessi, ogni valore professato e sbandierato come etica e innocenza stato cancellato come la pi inutile tra le spese di bilancio. Il latte, prodotto cardine di questa societ, ha un ruolo volutamente irrilevante all'interno della pellicola. D'altronde con il latte non si guadagna. Il latte non d marginalit ripete ossessivamente la sorella al Dott. Rastelli. Il prodotto finito in secondo piano. L'economia reale viene irrimediabilmente surclassata dalla finanza. Il Gioiellino un film di impegno civile e il suo pregio quello di portare una denuncia ad ampio raggio. Andrea Molaioli, il regista, ha scelto di portare sullo schermo una storia indipendente dal caso Parmalat. Non si limitato a condannare un'azienda o un'esperienza determinata, la sua critica indirizzata a un intero sistema in cui economisti, banchieri e politici risultano tutti colpevoli, tutti conniventi. Non c', per nessuna comunit, investimento migliore del metter latte dentro ai bambini ha detto Winston Churchill. Gli amministratori della Leda, come quelli di Parmalat, non conoscevano o hanno dimenticato le sue parole. Loro finiscono in manette, i loro beni vengono sequestrati dalla guardia di finanza. Nonostante questo, le bottiglie di latte continuano a uscire dagli stabilimenti e a trovare spazio nei supermercati. Il film auspica perci un arduo ma indispensabile cambiamento grazie al quale l'economia reale possa finalmente riappropriarsi di ci che la finanza creativa stava distruggendo. Marco Santarpia In sala a Milano: mercoled 2 novembre cinema Apollo per la rassegna riVediamoli.

TEATRO questa rubrica a cura di Emanuele Aldrovandi rubriche@arcipelagomilano.org Piccolo mondo alpino
di e con Marta Dalla Via, Diego Dalla Via - regia Marta Dalla Via Spettacolo vincitore nel 2010 del Premio Kantor dal 18 al 30 ottobre Crt Teatro
Elsa, Ennio, Alberto e Bertilla sono i superstiti di una catastrofe che si ripete ogni giorno, quella di quattro fratelli che gestiscono un albergo sulle alpi e aspettano larrivo dei turisti. Ennio vive nel suo regno dei funghi e passa le giornate nel bosco, mentre Elsa alle prese con una caldaia da riparare e un telefono senza fili che, naturalmente, non squilla mai. I contraltari di questa coppia un po spiantata sono gli altri due fratelli, Alberto e Bertilla, che passano il tempo fra le piste da sci e lattesa domandandosi il senso delle loro giornate e la natura del loro rapporto: perch non se ne sono andati dalla montagna? Cosa provano per gli altri fratelli? Di chi il figlio che aspetta Bertilla? Che idee hanno? Nevicher?

n.38 III 2 novembre 2011

17

www.arcipelagomilano.org

Solo nel finale si scopre che forse i fratelli non sono quattro, ma soltanto due. Che Elsa ed Ennio hanno giocato a interpretare Alberto e Bertilla. O forse sono stati Alberto e Bertilla a creare Elsa ed Ennio? In ogni caso, la realt dei personaggi oscilla fra quella dei due doppi, esprimendo il bisogno, per continuare ad andare avanti, di creare o isolare parti di s. Come se Vladimiro ed Estragone si fossero inventati Pozzo e Lucky per ingannare lattesa di Godot. Ma il Godot di Piccolo mondo alpino sono i turisti. I turisti sono gli unici in grado di portare senso a una localit di villeggiatura modificata e plasmata apposta per loro. Ma, cos come secondo alcune interpretazioni lunico senso che sarebbe in grado di portare Godot potrebbe essere non la salvezza dellumanit ma la sua definitiva estinzione, allo stesso modo i turisti fornirebbero s uno

scopo e unattivit ai fratelli albergatori, ma solo snaturando e rompendo il fragile equilibrio dellattesa; senza soddisfarla. Marta e Diego Dalla Via sono davvero bravissimi nellinterpretare due ruoli ciascuno, due facce della stessa condizione, due declinazioni delle stesse esistenze; riescono a creare quel difficile equilibrio che permette di trasmettere la sofferenza facendo ridere; con gusto, profondit e stile. Uno spettacolo breve, preciso e brillante: un esempio di come non sia necessario trattare temi apparentemente urgenti o ricercare originalit e sperimentazione a tutti i costi, per coinvolgere ed emozionare il pubblico, ma basti aver qualcosa da trasmettere, e saperlo fare con maestria.

In scena

*Al Teatro Grassi fino al 6 novembre lo storico spettacolo del Piccolo con la regia di Giorgio Strehler, Arlecchino servitore di due padroni. *Al Piccolo Teatro Studio dal 1 al 6 novembre Muri, testo e regia di Renato Sarti; uno spettacolo su Franco Basaglia e la sua lotta per abolire i manicomi. *Continuano allElfo Puccini Racconto dinverno, fino al 13 novembre, e The History Boys, fino al 20 novembre. *Al Franco Parenti fino al 6 novembre 456 di Mattia Torre e Il piccolo principe, con Sonia Bergamasco e Fabrizio Gifuni. *Dall1 al 6 novembre al Crt Teatro Homo ridens. *Dal 1 al 13 novembre al Teatro Arsenale Un ora con Dante: in paradiso, a cura di Marina Spreafico. *Dal 3 al 27 novembre al Teatro Litta Non si sa come di Luigi Pirandello, regia di Pasquale Marrazzo.

GALLERY

VIDEO COLOMBO CLERICI: PER LEDILIZIA CHE FACCIAM0?


http://www.youtube.com/watch?v=_qv-_hZ3a08

n.38 III 2 novembre 2011

18

Potrebbero piacerti anche