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Direttore Luca Beltrami Gadola

Numero 9 anno III


9 marzo 2011 edizione stampabile

L.B.G.- PARTITO DEMOCRATICO & CO. LA CACCIA AI CIRCOLI Edoardo Ugolini NORDAFRICA: LA LOMBARDIA SI FERMA? Walter Marossi CANDIDATI E LISTE. PI RIDICOLO CHE DRAMMATICO Ferruccio Capelli CASA DELLA CULTURA. ANCHE SCUOLA DI POLITICA Giuseppe Ucciero PISAPIA: CASA BATMAN E GLI OBBLIGHI DELLA NOMINATION Ferruccio Capelli CASA DELLA CULTURA. ANCHE SCUOLA DI POLITICA Luigi Corbani DARSENA 1980: ACQUA MUSEI CULTURA DELLA CITT Valentino Ballabio MILANO: LA LOCOMOTIVA FERMA Sandro Antoniazzi PAT E SINDACATO INQUILINI Stefano Ferri PISAPIA AL GRATOSOGLIO Mario Bellini MODA: DI CHI LA CITT
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MARIO BOSELLI. GLI SPAZI DELLA MODA MASSIMO CACCIARI. SCUOLE DI POLITICA PER CHI
MUSICA IL FLAUTO MAGICO - La regina della notte
trascrizione per tromba tromba: Maurice Andr

Il magazine offre come sempre le sue rubriche di attualit MUSICA a cura di Paolo Viola ARTE a cura di Virginia Colombo TEATRO a cura di Guendalina Murroni CINEMA Paolo Schipani e Marco Santarpia

PARTITO DEMOCRATICO & CO. LA CACCIA AI CIRCOLI L.B.G.


Potremmo inanellare un rosario di proverbi popolari: La volpe perde il pelo ma non il vizio, Non vendere la pelle dellorso prima di averlo ucciso, Predicare bene e razzolare male e chi pi ne ha pi ne metta. Soprattutto lultimo il pi attuale. Mentre la scadenza delle elezioni amministrative si avvicina, fissata ormai per il 15 maggio, la sinistra fa come i fiumi del Carso: scompare sotto terra per riemergere (speriamo) altrove. Durante il periodo carsico lattivit la caccia al circolo. Per capirci. Le norme per le elezioni amministrative comunali sono queste: ogni lista si vede attribuiti un numero di consiglieri proporzionali al risultato elettorale e allinterno della lista sono eletti quelli che hanno ottenuto il maggior numero di preferenze e lelettore pu indicare una sola preferenza. Dunque tutto si gioca sul numero di preferenze. Nei partiti che hanno una qualche organizzazione la raccolta delle preferenze una delle attivit tipiche delle strutture organizzative di base: per il Pd i famosi circoli. Anche i sassi sanno che le preferenze in libert, quelle degli elettori non organizzati e non tesserati, sono relativamente poche e comunque non determinano quasi mai il gioco delle preferenze. Conclusione: se non hai con te i circoli puoi essere quasi sicuro di non farcela salvo che la tua personalit sia tale non solo da non aver bisogno dei circoli ma quasi nemmeno di campagna elettorale. Questa la ragione per la quale difficilmente i partiti mettono in lista personalit di grande spicco che non siano gi parte della nomenclatura che si protegge cos dagli intrusi. Fanno eccezione, spesso lodevole, i partiti o i movimenti nascenti che ragionano esattamente allopposto, soprattutto perch non hanno candidati uscenti e caste interne. A questo punto, cos stando le cose, aspettiamo la riemersione del Pd per vedere chi sar stato messo in lista e per gli esperti dietrologi inizia il divertimento: capire come andato il mercato durante la fase carsica. Non solo questo ma vedremo quante deroghe, in nome di non si sa che cosa, saranno fatte alla norma statutaria che limita il numero dei mandati a due. Che ne sar del meccanismo delle pari opportunit? Per noi laici a 360 la cartina di tornasole della coerenza tra dichiarazioni e comportamenti: staremo a vedere. Non dimentichiamo i consigli di zona che sembrano messi l apposta per suggerire alleanze incrociate sotto le insegne della nomenclatura. Intanto non possiamo non notare qualche curiosa anomalia. Stefano Boeri, candidato sindaco del Pd e alla cui collocazione come capolista creder solo quando le liste saranno depositate in tribunale, nei fatti non sembra particolarmente sostenuto dal Pd stesso e non mi stupirei che, visto il carsismo, non fosse il primo degli eletti nella sua lista come a rigore dovrebbe essere. Non voglio nemmeno pensare al peggio. Quello che sta facendo il Pd mi pare che lo facciano anche tutti gli altri partiti della coalizione e non escludo che le nomenclature piccole o grandi, fresche o vecchie non stiano tessendo tutti gli accordi incrociati possibili. I vizi della politica si propagano meglio delle virt. Tutto questo tramestio ha poi una conseguenza pericolosa: i partiti rischiano di non trovare candidati da mettere in lista se non una fila di sconosciuti e questo non tanto perch in lista si debba andare solo con una se pur minima opportunit di essere eletti, ma perch in questa situazione la cosiddetta candidatura di testimonianza finisce con lessere lavallo al perpetuarsi di una situazione di chiusura dei partiti a un loro rinnovamento. Il discorso sulle liste civiche un po diverso ma a patto che non siano il contenitore dei rifiuti delle liste di partito o la scialuppa di salvataggio di chi non pu essere lasciato a piedi in un Paese dove sempre di pi la politica diventata una professione. Quale pu essere per i laici una strategia di contrasto e queste degenerazioni della politica? Una strategia che non possa essere tacciata di qualunquismo antipolitico? Forse pi duna: cercare voti per il proprio candidato sindaco tra quelli che non hanno tessera e convincerli a votare solo per le persone che conoscono direttamente o delle quali hanno, per altri motivi, una buona opinione, sperando di trovarli nelle liste elettorali; negare la propria preferenza a chi in lista per deroga allo statuto del proprio partito e votare per chiunque altro; ricordarsi nel segreto dellurna del problema delle pari opportunit.

NORD AFRICA. LA LOMBARDIA SI FERMA Edoardo Ugolini


In che modo la crisi del Nord Africa potrebbe influire sulleconomia del nostro Paese? E come potrebbe ripartirsi fra le diverse aree geografiche: aumentando o restringendo il divario tra Nord, Centro e Sud? Non argomento di questanalisi indagare su cosa potrebbe avvenire sul flusso dinvestimenti dei fondi sovrani nordafricani (libici prevalentemente) nel nostro paese. Il Nord Africa in questi mesi sta attraversando un grande cambiamento politico sotto la spinta di moti popolari che si ribellano a governi autoritari, spesso corrotti e inefficienti. E interessante notare che un veicolo importante per la nascita di questi sommovimenti stato la rivoluzione tecnologica nelle telecomunicazioni.
Numero di persone on line percentuale della popolazione

Mondo 1.966.515.000 29 % Europa 475.070.000 Italia Africa Egitto 30.026.000 110.932.000 17.060.000 58 % 52 % 11 % 21 % 14 % 34 % 6%

Algeria 4.700.000 Tunisia 3.600.000 Libia 354.000

Al Arabyia e Al Jazeera, in unarea con una notevole uniformit di lingua, hanno portato, tramite satellite, informazioni che le TV di stato, controllate dai regimi, non diffondevano. A oggi, in questi Paesi, le news di Al Jazeera sono considerate dal 53% della popolazione il telegiornale. La penetrazione di Internet, su telefono mobile e non, ha fatto circolare velocemente le informazioni, favorendo la comunicazione tra una popolazione diffusa su un territorio troppo vasto per creare una vera e propria comunit. Ecco i dati, incerti ma di sicuro indicativi al 2010 (e sufficienti al nostro bisogno), di

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Internet World Stats (http:// www.internetworldstats.com/) Queste evoluzioni tecnologiche hanno facilitato la nascita e organizzazione dei movimenti popolari, nati da un disagio economico e da mancanza di democrazia. Queste evidenze mettono in luce come il controllo dei media e delle informazioni sia stato e sia obiettivo primario del potere politic0 ... non solo in Nord Africa Tornando allanalisi economica, linterscambio commerciale tra il nostro paese e il Nord Africa, come rappresentato nella seguente tabella (Istat), in media il 3.9% del totale delle esportazioni, ma con un meridione e isole che esportano tre volte di pi del totale export verso quellarea geografica.(9.2%) rispetto al Nord Italia. Una crisi del Nord Africa dunque graverebbe maggiormente sul Meridione dItalia e solo in misura minore sul resto del paese, aggravando in tal modo il divario gi presente tra le diverse aree geografiche italiane. (vedi tabella 1) A livello nazionale i dati mostrano, invece, che il peso del Nord Africa come partner commerciale dellexport assai maggiore per il Nord Italia in termini nominali. Fatto 100 il totale delle esportazioni italiane (espresse in valore) verso il Nord Africa quasi il 59% viene dal Nord Italia (est e ovest) mentre il 25%dal Sud Italia e Isole e solo il 15.6% dal Centro Italia. A livello di sistema Italia dunque un Nord Africa fermo peserebbe pi sul Nord Italia in termini assoluti, tabella 1

negando la suggestione di un Nord che si possa disinteressare della faccenda nord africana maggiormenete del SUD che geograficamente limitrofo. (vedi tabella 2) Questi dati mostrano che una eventuale, ma non improbabile, contrazione degli scambi commerciali verso il Nord Africa colpirebbe in maniera pi sensibile il Sud Italia e le Isole che hanno una percentuale maggiore dei loro scambi verso i paesi della costa Sud del Mediterraneo, ma in termini nominali il Nord Italia verrebbe invece maggiormente colpito, e che comunque il sistema Italia sarebbe sotto pressione. Diversa infine anche la scomposizione per prodotti merceologici tra Nord e Sud Italia. Le esportazioni del Nord Ovest sono per la quasi totalit (99.6%) prodotti trasformati e manufatti e le importazioni sono principalmente minerali energetici e non (70% circa del totale), mentre per il Sud e Isole questo dato rappresenta l80% circa (79.8%), export, e 14% (Import). Il Sud Italia ha dunque una maggiore diversificazione degli scambi commerciali, come mostra la tabella, essendo cos pi estesamente vulnerabile a un collasso della regione al sud del mediterraneo e soggetto a una pi diffcile sostituibilit del partner commerciale. (vedi tabella 3) Il ruolo della Provincia di Milano e della Lombradia nellexport primario in Italia: (vedi tabella 4). Dunque un intervento preventivo da parte delle nostre amministrazioni centrali, ma anche locali, regione,

provincia e comune sarebbe auspicabile, al fine di sensibilizzare il ministero competente e organizzare una rete di protezione alle aziende che sono maggiormanet esposte verso quei paesi al fine di evitare soccorsi in extremis e garantire la stabilit e la crescita economica del territorio. E auspicabile avere una amministrazione che intervenga coinvolgendo lAccademia, e le tante risorse del territorio per espletare il suo ruolo dindirizzo e supporto alla economia locale di fronte a situazioni politiche e sociali che potrebbero avere una cos forte incidenza sul nostro territorio e sul tenore di vita dei cittadini, individuando il partner commerciale sostitutivo sia nella stessa area geografica sia in unaltra, avviando e favorendo accordi commerciali con le nuove amministrazioni di quei paesi, associando imprenditori esposti allarea al fine di creare ununit di crisi che fornisca soluzioni operative. Gli anglosassoni chiamo preemeptive un intervento che appuntopreventivo ed questo che ci si deve augurare, poich gli interventi reattivi (in contrapposizione a quelli preventivi) che purtroppo hanno spesso contraddistinto alla nostra storia e azione economica (e non solo), non hanno quasi mai lefficacia e lincidenza che gli altri producono. Uomo avvisato, mezzo salvato, si usava dire, e si dovrebbe ancora oggi.

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tabella 2

tabella 4

tabella 4

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tabella 3
In t e rsc a mb io c o mme rc ia le in va lo re It a lia N o rd - o c c id e n t a le - [ A f ric a se t t e n t rio n a le ] p e r S e z io n i ' C P A t e c o 2 0 0 2 ' - I- IV t rime st re 2 0 0 8 (Valori in Euro, dati c umulati) S e z io n i A- PRODOTTI DELL'AGRICOLTURA, DELLA CACCIA E DELLA SILVICOLTURA B- PRODOTTI DELLA PESCA E DELLA PISCICOLTURA C- MINERALI ENERGETICI E NON ENERGETICI D- PRODOTTI TRASFORMATI E MANUFATTI E- ENERGIA ELETTRICA,GAS E ACQUA K- PRODOTTI DELLE ATTIVITA' INFORMATICHE, PROFESSIONALI ED IMPRENDITORIALI O- PRODOTTI DI ALTRI SERVIZI PUBBLICI, SOCIALI E PERSONALI R- MERCI DICHIARATE COME PROVVISTE DI BORDO, MERCI NAZIONALI DI RITORNO E RESPINTE, MERCI VARIE T o t a le EX P 2 0 0 8 IM P 2 0 0 8 EX P 2 0 0 8 IM P 2 0 0 8 In t e rsc a mb io c o mme rc ia le in va lo re It a lia M e rid io n a le - [ A f ric a se t t e n t rio n a le ] p e r S e z io n i ' C P A t e c o 2 0 0 2 ' - I- IV t rime st re 2008

0,16% 0,000% 0,18% 99,66% 0% 0,00% 0,00% 0% 100%

0,37% 0,05% 69,10% 30,47% 0,00% 0,00% 0,00% 0,01% 100,00%

5,62% 0,45% 14,16% 79,76% 0,00% 0,00% 0,00%

2,73% 0,53% 1,56% 95,16% 0,00% 0,00% 0,01%

10 0 %

1 00%

D a i d a t i se le z io n a t i so n o e me rse le se g u e n t i a n n o t a z io n i 1. Dal 2007 - I dati relativi al c odic e Atec o2007 D potrebbero subire una revisione a seguito degli effetti 2 . Dal 1 991 - Per il c odic e Atec o2007 D non possibile rilevare la quantit in kg dei flussi 3 . Dal 2007 - I dati relativi al c odic e CPAtec o2002 E potrebbero subire una revisione a seguito degli effetti 4 . Dal 1 991 - Per il c odic e CPAtec o2002 E non possibile rilevare la quantit in kg dei flussi

- Elaborazione del 02/03/201 - 1 1 5.55.1 4

LISTE E CANDIDATI. PI RIDICOLO CHE DRAMMATICO Walter Marossi


Dalle ore 8 del 15 aprile e fino alle ore 12 di sabato 16 si possono presentare le candidature a sindaco e le liste per le prossime elezioni. Ogni lista dovr essere composta da un minimo di 32 candidati, la presentazione dovr essere fatta da un numero di elettori tra i 1000 e i 1500, le firme dei presentatori vanno apposte su un modulo che contiene tutti i candidati secondo un ordine stabilito. Le firme dei sottoscrittori, elettori del comune, devono essere autenticate e corredate dal certificato elettorale. Ogni lista dovr presentare tra gli altri documenti quelli dei candidati, laccettazione di apparentamento da parte del candidato sindaco (che peraltro pu anche ritirarla) i budget di previsione di spesa. 25 sono le liste al momento presentande, quindi avremo circa 25.000 / 37.000 sottoscrittori e un migliaio di candidati, considerato che nel 2006 gli elettori furono 609.000 abbiamo all'incirca un sottoscrittore ogni 20 elettori. Nelle nove zone considerando 30 candidati e 10 liste per zona (sono ottimista) abbiamo altri 3.000 candidati e servono da 200 a 800 firme per lista. Per la raccolta delle sottoscrizioni e la presentazione delle liste si applicano le stesse disposizioni per lelezione del Consiglio Comunale. 12 liste presentatesi alle ultime comunali ottennero meno di 1.000 voti cio a dire non furono sicuramente votate nemmeno dai sottoscrittori (nelle elezioni precedenti nessuna, solo 3 liste nel 1997); un numero congruo di candidati non prese nemmeno un voto di preferenza e considerando la somma delle preferenze espresse per lista in alcuni casi solo un sottoscrittore ogni 40 / 50 ha dato la preferenza, il che per liste che hanno preso poche voti palesemente assurdo. Lo stesso avvenuto per molte liste nelle zone. Nella zona 6 ad esempio su 15 liste presentate per un totale di 550 candidati, uno ogni 140 voti validi, 194 candidati il 35% hanno preso la bellezza di un voto o meno (cio zero); parametrando sulla citt dove i candidati nelle zone erano all'incirca 4.000 (dove solo una decina hanno superato i 500 voti) almeno 1.400 hanno al massimo dello sforzo ottenuto... il loro voto; in molti casi la somma delle preferenze non raggiunge minimamente il numero dei sottoscrittori, come a dire che avevano firmato in zona una lista nella quale non conoscevano nessuno. Alle ultime elezioni tutti i candidati a sindaco eccetto Ferrante e Moratti, hanno preso meno di 1.500 voti e quattro meno di mille. Anche al pi comprensivo dei lettori viene il dubbio che alcune firme siano tarocche. Le denunce di presunti brogli negli anni si contano a centinaia in tutta Italia, abbastanza equamente divise tra centro destra e centro sinistra con una casistica divertente anche senza la Minetti. Basti ricordare a Milano il caso dei dipietristi che autenticavano le firme della Mussolini (ma il fenomeno fu ulivista e nazionale tant' che dovette intervenire Fassino per smentire), o a Bergamo dei radicali finiti sotto inchiesta insieme ai loro pi acerrimi nemici, o a Mantova dove il responsabile dellufficio elettorale del comune trova la propria famiglia tra i sostenitori di un minuscolo gruppo e dove una lista di sinistra avrebbe raccolto firme per un candidato a sindaco ma le avrebbe utilizzate per un altro, o a Como dove oltre a sottoscrittori deceduti una lista present 980 firme autenticate da un cancelliere che non mai esistito, o a Cremona dove un noto partigiano risultava sottoscrittore dell'estrema destra. Vi poi chi ha firmato per pi liste, chi ha usato nomi famosi come quello dellignara Luciana Littizzetto, chi ha arruolato minorenni, chi ha presentato una lista non solo con firme false ma anche candidati falsi (pirandelliano!) e sono innumerevoli le polemiche interne alle liste

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sulla modifica della composizione o dellordine di presentazione. Quasi nessuna di queste denunce ha mai portato a nuove elezioni, semmai alla pratica depenalizzazione del reato tanto pi che il giorno dopo le elezioni sono ben pochi gli eletti anche della pi feroce minoranza che vogliono tornare al voto. Considerando tutti gli adempimenti necessari alla presentazione delle liste possiamo considerare certe fin da ora un certo numero di violazioni;

forse lunico modo per impedire questa ridicola sagra dell'ipocrisia quello usato in alcuni paesi dove si paga una cauzione che viene persa se la lista non raggiunge un risultato minimo. Poich con le vigenti legge questo non possibile meglio rassegnarsi. In fondo il risultato elettorale che conta non viene quasi mai falsato, per nostra fortuna siamo lontani dalla denuncia che fece Matteotti il 30 maggio 1924 (fu rapito dieci giorni

dopo): L'elezione secondo noi essenzialmente non valida, e aggiungiamo che non valida in tutte le circoscrizioni oggi al massimo vi sono migliaia di candidati che fanno una figura ridicola; del resto diceva il poeta Le persone non sono ridicole se non quando vogliono parere o essere ci che non sono. E nelle elezioni il numero di quelli vogliono essere ci che non sono altissimo.

CASA DELLA CULTURA. ANCHE SCUOLA DI POLITICA Ferruccio Capelli*


La Casa della Cultura ha aperto a settembre la sua Scuola di cultura politica. Con un progetto particolarmente impegnativo: nove week end lunghi (da venerd a domenica mattina), ovvero trentasei lezioni e tavole rotonde da ottobre a giugno. Un corso di formazione classico quindi, un corso lungo. La valutazione da cui siamo partiti assai precisa: c oggi a Milano, in Lombardia, in Italia un bisogno profondo di cultura e di formazione politica che non trova soddisfazione. Pesano la crisi dei partiti e la chiusura di tanti luoghi dove si faceva cultura e politica. Pesa anche un orientamento culturale che mette laccento su eventi spettacolarizzati, che si accontenta di semplificazioni, che confonde la ricerca e lo studio con banalit e superficialit. Per fare formazione politica si detto in Casa della Cultura bisogna spezzare questo circolo vizioso, recuperare il gusto del tempo, della lunga durata, rimettere laccento sullimpegno. Una scelta controcorrente, quindi, tipica della Casa della Cultura: in tempi di crisi della politica e di spettacolarizzazione della cultura si pu fare cultura politica solo ponendosi in una posizione di relativo distanziamento dagli umori e dalle tendenze prevalenti. I risultati sono stati corrispondenti alle attese: 250 iscritti, di cui il 60% di et inferiore ai trentacinque anni, provenienti da Milano, ma anche dalle altre province della Lombardia, perfino da altre regioni. Il programma ora in pieno svolgimento e gli iscritti possono avvalersi anche, collegandosi al sito della scuola (www.scuoladiculturapolitica.it), della registrazione di tutte le lezioni, della bibliografia consigliata e della documentazione aggiuntiva. La partecipazione alle lezioni mediamente sempre assai alta, superiore a ogni aspettativa, ed rinforzata dalla richiesta di sempre nuovi gruppi di lavoro. Limpegno prolungato degli iscritti rivela in modo indiscutibile che scattata una motivazione forte: essi si riconoscono nei programmi e nelle modalit di svolgimento delle lezioni. Decisivi, con ogni probabilit, sono due aspetti che caratterizzano la scuola. Primo: lattenzione alla qualit. Cultura politica non significa orecchiamento: non bastano suggestioni alla moda. Cultura politica implica studio e analisi rigorose: serve una selezione degli interlocutori che non lasci adito a dubbi. Nessun cedimento alle mode e alla notoriet mediatica: garanzia invece della qualit scientifica e del prestigio culturale dei docenti. In secondo luogo la scuola stata pensata con un preciso asse culturale e si attiene rigorosamente a esso. Qui sta con ogni probabilit il punto che distingue pi profondamente la scuola organizzata in Casa della Cultura da altre operazioni con intenti di formazione politica. In tempi di omologazione culturale, anzi di egemonia politica e ideale della destra, la formazione politica a sinistra deve essere sorretta innanzitutto da sguardo e da spirito critico. Essa deve staccarsi dal pensiero dominante, svincolarsi dai luoghi comuni che affollano il discorso pubblico e lagenda mediatica, proporsi esplicitamente di ricostruire il linguaggio e tracciare unaltra possibile narrazione. E il compito pi difficile in una situazione in cui si persa traccia delle radici e tutto un patrimonio culturale si disperso. Ma un passaggio ineludibile per fare oggi formazione politica in modo efficace. * direttore Casa della Cultura

PISAPIA: CASA BATMAN E GLI OBBLIGHI DELLA NOMINATION Giuseppe Ucciero


Il meccanismo delle primarie per alcuni come lOlio Santo di Nostro Signore: chi ne viene unto, intoccabile. A dispetto di tutto, e anche dei Santi. Ma le Primarie non sono n lOlio Santo, e nemmeno lordalia barbarica. Sono piuttosto un meccanismo di selezione del gruppo dirigente, alquanto confuso nella sua attuale versione italiana. Un meccanismo che, per essere sufficientemente utile ed efficace nel suo scopo essenziale, ossia consentire alla maggioranza di individuare il candidato pi adeguato, deve necessariamente presupporre una condizione di completezza informativa. In condizione di scarsit informativa, bont della decisione e legittimit del processo di valutazione si riducono, in misura pari alla gravit della mancanza dinformazione determinatasi. Da tutto questo consegue rigorosamente che la completezza della informazione sul candidato delle primarie dovrebbe essere specificamente perseguita, nei tre modi in cui questo pu avvenire nelle relazioni tra gli umani. In primo luogo, sul candidato incombono in proprio la responsabilit e lobbligo della tra-

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sparenza sulla propria identit, le intenzioni e le referenze: la Candidatura Obbliga. Il Buon Candidato dovrebbe raccontare percorso personale e proposte, senza nascondere nulla di utile a formare lorienamento dellelettore delle primarie. E ancor prima dovrebbe presentarsi davanti al suo tribunale interiore e, senza sconti e senza indulgere a malizie davvocato, farsi una bella istruttoria che lo consegni sereno al giudizio dei concittadini. Ma le umane debolezze sono sempre presenti e risulta piuttosto arduo ipotizzare che un candidato informi i suoi potenziali elettori dei punti deboli della sua vita e della sua proposta, che li dichiari tutti e nella loro effettiva entit. Di qui la necessit strutturale del contraddittorio pubblico con lavversario, il quale, avendone linteresse, sottopone il candidato avverso a una rigorosa verifica dei suoi punti deboli. In effetti, nelle primarie americane, che sono loriginale bisecolare dellistituzione, questa la regola, esattamente per la sua specifica funzionalit a garantire, sotto la spinta dellinteresse parziale del singolo, il perseguimento dellobiettivo generale della massima trasparenza: il confronto tra candidati per ottenere la nomination di una asprezza perfino spaventosa. Ovviamente, lesame, pelo e contropelo, reciproco e porta davanti allelettore la pi ampia gamma di informazioni utili al giudizio. I media giocano necessariamente un ruolo essenziale nel procedimento, facendo a loro volta le pulci senza sconti alle tare dei candidati in gioco. Il fatto che possano essere orientati essi stessi da pregiudizi o endorsement politico culturali non toglie nulla allutilit della loro funzione. Di questo ruvido ed essenziale impianto dialettico, nulla si visto nelle nostre primarie milanesi. E passato il concetto di unelegante e reciproca correttezza formale basata anchessa sulla reciprocit: io non dico nulla dei tuoi scheletri e tu non dici nulla dei miei (ma prego prima lei, non sia mai, ma quanto democratico il suo bucato, s, ma il suo davvero candido). Peccato che, cos facendo, si siano determinati due effetti negativi importanti e limitativi potenzialmente del procedimento delle primarie. Il primo consiste nella carenza di informazioni chiave fornita allelettorato. Il secondo consiste nella diffusione di un dire senza dire, o di un far dire ad altri, di un diffondersi, senza possi-

bilit di reale contraddittorio, di quei venticelli che possono arrivare alle soglie della calunnia o quantomeno del disinvolto pettegolezzo, ahim presente anche sotto le vesti pi eticamente austere. In questo caso, il candidato colpito non ha la possibilit di reagire, se non contravvenendo al patto non scritto dellelegante bon ton elettorale, salvo alla fine piegarsi egli stesso alle regole del detto per cauta allusione. In entrambi i casi, chi alla fine viene danneggiato nei suoi essenziali interessi in primis lelettore democratico, a cui viene negato laccesso alle informazioni chiave in base a cui valutare le alternative e ponderare adeguatamente le scelte. Cosa tanto pi rilevante, nella misura in cui il meccanismo delle primarie porta strutturalmente con s, piaccia o non piaccia, la radicale personalizzazione del confronto politico: se devo scegliere non solo tra due proposte politiche ma prima di tutto tra due persone, sar interessato certamente ai contenuti delle proposte ma almeno altrettanto alla storia e alla qualit delle persone. La questione del Pio Albergo Trivulzio ha squadernato di fronte a chiunque abbia voglia di vedere la nuova rilevanza della trasparenza personale nel confronto elettorale: le rivelazioni sullappartamento di Cinzia Sasso, le goffe e contraddittorie pezze affannosamente apposte post factum dal candidato Pisapia, hanno determinato il forte indebolimento della capacit diniziativa del centrosinistra sul tema della casa a Milano. Oggi a Giuliano Pisapia qualsiasi avversario pu tappare la bocca e questo svantaggio derivato da una sua vicenda personale, sottovalutata e omessa al pubblico e forse anche a se stesso, concediamolo pure, ma la sostanza non cambia. La debolezza dei toni usati dal nostro candidato Sindaco nella denuncia di Casa Batman, il suo silenzio assordante di fronte al tono complice con cui gli antagonisti (Casero, Lupi, Cicchitto...) gli ricordano lattesa di una dolce reciprocit di trattamento, segnano il contorno di una minoritas politica interamente addebitabile alle sue omissioni prima e agli errori politici poi, nel caso PAT. Eppure bastava poco, bastava fare come la Moratti: alzare le spallucce e dire mio figlio grande e risponde in proprio? Invece no, invece invocazioni di macchine del fango e un opaco teniamo famiglia che avremmo preferito lasciare tutto al campo avverso. Per Pisapia

stata una leggerezza, questione di punti di vista, certo non detto che lelettorato gli avrebbe dato la leadership se fosse stato a conoscenza della questione PAT a tempo debito. Ovviamente non da escludersi rischio analogo per gli altri candidati. Comunque sia, la frittata fatta: lincidente di percorso ormai limita la credibilit del centrosinistra nella polemica elettorale su di una questione di fondo, e la limita proprio ed esattamente in ragione della personalizzazione del confronto. In altre epoche, quando competevano prima di tutto proposte e organizzazioni politiche collettive, una questione di tal genere non avrebbe avuto questa incidenza. Per la cultura politica di sinistra un salto: hic Rhodus, hic salta. Tornando alle premesse, dobbiamo allora tornare a chiederci senza riserve mentali se sia stato funzionale allinteresse generale del centrosinistra il cortese e omissivo silenzio che, nella tornata delle primarie, i candidati si sono reciprocamente riservati o se non sarebbe stato meglio che ciascuno facesse per bene le pulci allaltro, in un pubblico contraddittorio che garanzia dei candidati e soprattutto degli elettori. Certo, si capisce bene, c il rischio che il focoso rinfacciarsi di debolezze o torti personali possa incrinare la credibilit generale dello schieramento, ma forse lenfasi negativa attribuita a questo aspetto eccessiva e comunque lalternativa sembra essere quella di scoprire dopo, sotto il fuoco nemico, quello che si poteva sapere prima, nella relativa calma del proprio accampamento. Rimpiangiamo il tempo in cui i partiti decidevano i candidati, assumendosene la responsabilit? Non necessariamente, ma certo che, nel processo in cui unelite dirigente vaglia le alternative, dispone anche, generalmente, delle informazioni riservate utili allo scopo. Con le primarie ambrosiane, si chiesto al popolo elettore di assumersi le responsabilit della decisione senza metterlo al corrente di un numero notevole di informazioni essenziali per valutare pro e contro delle diverse candidature. Anatra zoppa il nome con cui negli USA si descrive luomo politico che, colpito da un attacco, sopravvive, certo, ma non pi in grado di volare politicamente. Giuliano Pisapia corre il rischio di esserlo, ma soprattutto lo fa correre a tutti noi, sia a chi lo ha votato sia a chi, non votandolo, lo ha comunque accetta-

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to come leader del centrosinistra. La sua ammissione di leggerezza inevitabilmente ammissione di responsabilit politica sulla vicenda: con questa ha consumato il suo credito politico e non potr pi sbagliare unaltra mossa, sia nel contrapporsi al fuoco nemico che nel trattenere presso di s un consenso

che, non dimentichiamolo mai, deve essere sempre e costantemente perseguito e guadagnato con costante chiarezza di comportamenti. Le primarie non sono una assicurazione sul consenso politico: tocca allora a Giuliano Pisapia meritarsi dora in avanti, prima di tutto con il ripristino di una piena fiducia e sin-

tonia con lintero elettorato delle primarie, i voti che lo farebbero Sindaco, nella speranza che la leggerezza dora in avanti sia solo sinonimo di una gradevolezza di tratto personale (la forza gentile) e non una ripetitiva caratteristica delle debolezze delluomo.

DARSENA 1980: ACQUA MUSEI CULTURA DELLA CITT Luigi Corbani


Erano i primi anni 80 e ricoprivo allora la carica di vicesindaco e assessore alla cultura. Il riassetto dellarea dei Navigli era gi uno degli obbiettivi della Giunta di allora. Il progetto di riqualificazione della Darsena voleva realizzare un museo dellacqua, ovvero ricordare che la fortuna di Milano era legata allacqua, come aveva documentato la mostra su Milano capitale dellImpero romano 286 - 402 dC; inoltre tale destinazione era inserita nel contesto di una sistemazione complessiva delle strutture culturali di Milano. In particolare, con una commissione di esperti, avevamo elaborato, la proposta di creare nuove possibilit per il Museo della Scienza e della Tecnica, sistemando la parte navale presso la Darsena e la parte ferroviaria e dei trasporti presso la stazione di Porta Genova, che doveva essere sostituita da San Cristoforo. Per inciso, una linea di metropolitana leggera doveva collegare appunto San Cristoforo, San Siro, Lampugnano e Milano Certosa, futura stazione dellalta velocit, in modo di creare un collegamento di trasporto pubblico esterno al centro. Con lacquisizione dellAnsaldo si realizzava un forte centro culturale, dove concentrare le scuole civiche di cinema, televisione e di arte applicata (liberando spazi al Castello per le civiche raccolte darte e per nuove strutture espositive per il Castello) e creare laboratori disponibili per i giovani per fare teatro, musica, ed esposizioni legate alla multimedialit. Ci consentiva di fare due altre operazioni: da una parte aprire la parte destra del Naviglio, riunificando la citt, interrotta dalla linea ferroviaria, e dallaltra creare un grande polo culturale Darsena - Navigli. Dopo la dismissione dellarea di San Vittore. Il progetto da noi elaborato prevedeva di destinare la struttura carceraria a una citt della memoria, ovvero di concentrare l istituti, enti e archivi, che, mantenendo la propria autonomia, potevano usufruire cos di servizi comuni, abbattendo i costi di gestione; inoltre vi era la possibilit di accrescere gli spazi per tutti gli istituti e di raccogliere gli archivi dei privati e delle aziende, di disegni industriali, di progetti di prodotto e di produzione, che altrimenti andavano dispersi o fuori Milano. Per il Museo della Scienza e della Tecnica, si trattava di conservare nellattuale sede la parte storica e di creare un parco della scienza e della tecnica sullarea di propriet del Comune di Milano, davanti alla stazione di Gorgonzola della linea MM2, ovvero sullo stesso asse di trasporto pubblico. Il polo San Vittore diventava cos un luogo dove concentrare la storia di Milano, in particolare del suo sviluppo industriale, tecnologico e scientifico. Inoltre, utilizzando meglio il Castello, si poteva pensare di creare un altro polo con la Triennale, lArco della Pace e lArena, uno spazio unico nel suo genere; per questo si era pensato di chiudere e pedonalizzare Foro Bonaparte, via Legnano e via Alemagna, in modo che ci fosse una grande area culturale e di verde dal Duomo allArco della Pace. In tal senso, si erano avviati degli studi per progettare sottopassi e strade sotterranee, che consentissero di liberare dal traffico privato larea interessata. Nel contempo, nello spazio di via Messina - via Procaccini (ndr attuale Fabbrica del Vapore) si pensava di realizzare laboratori per larte contemporanea, con spazi adeguati anche per ospitare cantieri di artisti, italiani e stranieri che lavorassero insieme con i giovani, e nel contempo arricchire, con le opere prodotte, le collezioni del Comune. Questa area era strettamente collegata con Farini Garibaldi - Varesine, cio la zona con la pi grande concentrazione di trasporto pubblico della Lombardia, dove con gli oneri di urbanizzazione era possibile realizzare la nuova biblioteca centrale e il museo di arte moderna, insieme con la nuova Accademia di Brera. Il disegno era quello di conservare nellattuale sede i corsi storici, mentre in una nuova sede creare nuovi spazi per la didattica e per la creazione, pensando anche allo sviluppo futuro. Per questo, si pensava anche alla Bovisa come centro di formazione, documentazione e informazione per il design, insieme a una destinazione appropriata per Palazzo Reale, Arengario, Palazzo Dugnani, Villa Belgiojoso, e la Villa Reale di Monza. In questo senso, in una prospettiva di dieci anni, si pensava non solo di riqualificare il patrimonio esistente, ma anche di creare nuove possibilit di sviluppo, con spazi, archivi informatici, biblioteche, centri di documentazione, di formazione e di informazione. In definitiva, si cercava di valorizzare, anche dal punto di vista urbanistico, la citt di Leonardo. Allora forse si pens troppo in grande, ma certo cera un progetto di citt che oggi non c.

MILANO: LA LOCOMOTIVA FERMA Valentino Ballabio


Se la locomotiva Milano sbuffa e arranca, facendo registrare un calo relativo del Pil nellarco dellultimo quindicennio - sia rispetto al resto del Paese sia soprattutto rispetto alla media delle metropoli europee

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confrontabili, quali Amsterdam Barcellona Monaco e Lione, bisogna chiedersi se il pur necessario e auspicabile cambio del macchinista sia sufficiente a dare vapore a una motrice logora e forse obsoleta. Da precisare subito, oltre alle doverose cautele sulla natura del Pil quale indicatore discutibile, che i dati pubblicati (fonte Bankitalia e istituto Bak Basel, da La Repubblica del 24/2) si riferiscono a Milano - provincia (quella vecchia, ante scissione monzese) altrimenti non sarebbe possibile alcun raffronto con le citt sopra citate, che godono da tempo di consolidate strutture amministrative e appropriati strumenti urbanistici di carattere metropolitano. Certamente la competizione globale, in un contesto complicato e scosso da inediti eventi geopolitici, si gioca principalmente sul terreno della formazione, della ricerca e dellinnovazione. La sfida riguarda in primo luogo il capitale umano, la capacit di utilizzare le conoscenze, linformazione e la comunicazione ai fini della produzione e dello sviluppo. Per qui francamente listituzione locale, pur trattandosi di un grande Comune, pu fare poco. Men che meno la Provincia dotata di scarse competenze e peso politico pressoch nullo. Per far girare il software del sistema economico occorrono politiche di vasto raggio e poteri normativi che non sono, se non indirettamente e marginalmente, nelle disponibilit di un Sindaco per quanto rappresentativo e prestigioso. Tuttavia la capacit di attrarre investimenti dipende in buona parte anche dal quello che potremmo definire lhardware del sistema ovvero le condizioni territoriali, ambientali e logistiche che fanno valutare e decidere rispetto ad alternative concorrenti. La qualit urbana diventa allora un fattore determinante del capitale fisso comune, che va oltre i cancelli della singola impresa ma concorre in buona sostanza allefficienza e competitivit dellinsieme. Su questo versante il ruolo dellistituzione locale determinan-

te. Occorre allora chiedersi se lindebolimento di Milano sia dovuto solo alle indubbie inadeguatezze del centro - destra responsabile delle trascorse tre legislature, e dellultima in particolare, o se la causa sia pi profonda e strutturale. Allorquando se non piove per trenta giorni linquinamento atmosferico va alle stelle ma se piove per tre giorni consecutivi straripano Seveso e Lambro; laddove allassedio quotidiano dei pendolari corrispondono trasporti extra-urbani costosi e inefficienti e la congestione del traffico abbassa la velocit commerciale a livelli da trazione animale, ecc. viene da chiedersi cosa possa fare un Sindaco, per quanto probo e santo, se non si adeguano le condizioni strutturali e gli strumenti istituzionali per governare la citt reale che, a differenza della citt legale, ha dimensioni e caratteristiche assolutamente metropolitane. Non sappiamo come sarebbe oggi Milano se la relativa legge istitutiva, vigente invano da oltre un ventennio, fosse stata attuata. Sappiamo per che il Pil pro - capite delle citt metropolitane europee assimilabili aumentato dal 1994 al 2009 del 28% contro l1% della provincia di Milano, per altro di seguito azzoppata nella gamba dellindustriosa Brianza. Infatti non solo Londra e Parigi bens anche Lione dal 1969 e Francoforte dal 1974, ad esempio, sono dotate di organi sovracomunali unitari e di piani urbanistici cogenti che coprono vaste aree metropolitane. Guarda caso negli stessi anni anche da noi si era avviato limportante esperimento del PIM Piano Intercomunale Milanese (e in parallelo del CIMEP - Consorzio) quale embrione di governo del territorio metropolitano, purtroppo abortito prima con la strisciante deregulation degli anni ottanta e poi con lavvento del particolarismo leghista. Importanti leggi in controtendenza, quali la L.142 del 1990 e le Bassanini del 1997 - 98, tese a razionalizzare linterno degli enti pubblici e di conseguenza i rapporti tra di essi, sono state applicate solo

parzialmente, per gli aspetti tecnici e burocratici, ma non hanno lasciato traccia nella cultura della classe politica, che infatti nellultimo decennio ha dato il peggio di s portando alle infelici conseguenze attuali. Le stesse parentesi di governo di centro - sinistra alla Provincia (Giunte Tamberi '95 - 99 e Penati 04 09) non hanno lasciato segno, rinunciando ad adempiere ai piani territoriali di coordinamento ai quali erano pure tenute e arrendendosi allanarchia di 189 piani comunali elaborati autonomamente e separatamente gli uni dagli altri (per inciso: non solo il famigerato PGT milanese, ma la loro sommatoria che produrr effetti imprevedibili, forse prorompenti forse deprimenti, sicuramente incontrollabili). Il trentennio craxian - berlusconiano (la vicenda PAT, Pio Albergo Trivulzio, ne rappresenta la continuit e lemblema) si chiude pertanto, anche nella realt milanese e lombarda, con una seria crisi economica e occupazionale che accompagna la bolla immobiliare e una situazione di diffuso degrado territoriale e ambientale. E le prospettive? Purtroppo, al momento, solo deregulation galoppante e un improbabile federalismo che affronta il problema dalla coda, dal lato delle entrate fiscali, invece che dalla testa: la razionalizzazione dei centri di spesa e di decisione! Non sarebbe dunque giunta lora di contrapporre una fase costituente che impegni il prossimo Consiglio Comunale, meglio se con Pisapia Sindaco ma, anche nella malaugurata ipotesi contraria, con una opposizione non estemporanea bens consapevole di un progetto ambizioso e tuttavia coerente e concreto, moderno ed europeo. Per mettere finalmente in discussione la mitica cinta daziaria, geniale intuizione della borghesia imprenditoriale e commerciale a cavallo tra i due trascorsi secoli (la citt metropolitana dellepoca, destinata a formare la capitale economica e morale dellItalia da poco unita) ma risalente appunto al tempo in cui i treni andavano a vapore.

PAT E SINDACATO INQUILINI Sandro Antoniazzi*


La questione degli alloggi del Pio Albergo Trivulzio sollecita qualche considerazione di merito, al di l delle polemiche e degli accenti scandalistici del momento. Il Pio Albergo Trivulzio, il Redaelli e l Ospedale Maggiore (Policlinico) sono eredi di una storia secolare di donazioni e nel tempo hanno assunto una configurazione pubblica a carattere sanitario o sociosanitario. Poich il loro patrimonio deriva da donazioni e la loro funzione assistenziale o sanitaria, non esiste una disciplina specifica che riguardi luso di questo patrimonio, se non un vincolo, a carattere eminentemente morale, che richiederebbe la realiz-

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zazione di un reddito da impiegare nelle attivit istituzionali (come accadeva alle origini). E da tempo che dal patrimonio di questi enti non proviene nessun reddito o un reddito insignificante rispetto alle esigenze assistenziali, le quali sono finanziate prevalentemente dalla Regione e poi dalle rette delle famiglie o dalla rette dei Comuni. In mancanza di leggi specifiche e vincolanti le scelte di questi enti si presentano del tutto libere e discrezionali. Per questo il problema che si pone al Pat, ma ancor prima al Comune e alla Regione (e alla stessa Commissione Comunale che ha sollevato il problema) consiste nello stabilire quali siano i giusti canoni da applicare e a chi e come devono essere assegnati gli alloggi. La legge sugli affitti attualmente in vigore la n.431 del 1998 che prevede due possibilit: o il libero mercato o il canone concordato con le organizzazioni sindacali degli inquilini. Si possono sostenere legittimamente entrambe le tesi, fra loro contrapposte: o applicare gli affitti di mercato a tutti gli stabili per ricavarne il maggior vantaggio possibile a favore degli scopi assistenziali; oppure al contrario, invocando il carattere pubblico dell ente, si potrebbe chiedere di estendere il canone concordato, in questo caso a favore degli inquilini. Oggi, bene sapersi, gli affitti del Pat rientrano nella maggioranza in questa seconda categoria, grazie a un accordo firmato di recente dai sindacati inquilini, i quali naturalmente difendono i risultati raggiunti. Trascurando per un momento questo dato di fatto, non irrilevante, si potrebbe ipotizzare una soluzione equa del problema in una duplice

direzione: da una parte definire una area centrale della citt (la cerchia della mura spagnole?, la circonvallazione?) in cui applicare i canoni di mercato e una seconda area pi esterna in cui realizzare il canone concordato (tenendo conto che la maggioranza degli affittuari sono tuttaltro che abbienti e che le case sono in uno stato di grave deterioramento). Su questa seconda area il Comune potrebbe proporre un uso convenzionato in modo da rispondere alla imponente domanda di case popolari che oggi non trova risposta. Vi poi il problema della scelta degli inquilini, al fine di evitare favoritismi soprattutto politici. Il meccanismo dei canoni sopra proposto in grado di evitare la maggior parte delle scelte discrezionali; a questo possono essere aggiunte due condizioni ulteriori, la prima consistente in un atteggiamento intransigente di diniego da parte del Consiglio di Amministrazione, il secondo relativo allassegnazione degli alloggi nella zona centrale (comunque, a mercato libero) dove la scelta potrebbe avvenire per sorteggio tra pi richieste, evitando oggettivamente favoritismi. Una piccola nota storica merita di essere aggiunta. Alcuni anni fa una legge regionale ha abolito le IPAB Istituzioni di Pubblica Assistenza e Beneficienza (fra cui si annoverava il Pat, allora Copat, Consiglio Orfanotrofi e Pio Albergo Trivulzio) consentendo due alternative: o la formazione di enti a carattere regionale oppure la formazione di Fondazioni autonome, in presenza di soggetti di riferimento. Con questa legge al Pat avvenuto un fatto grave e innaturale: si sono unite in unico ente due realt che andavano tenu-

te ben distinte, da una parte il Trivulzio rivolto agli anziani e dallaltra i Martinitt e le Stelline rivolte ai ragazzi. Il patrimonio del Trivulzio era fortemente ridotto perch venduto per realizzare nuove costruzioni, del tutto legittimamente, mentre il patrimonio dei Martinitt e delle Stelline era sostanzialmente intatto. Il Comune avrebbe potuto tenere distinte le due strutture e ora avremmo una struttura a carattere regionale per gli anziani e una Fondazione sociale a carattere comunale per i ragazzi (Martinitt e Stelline) con un ingente patrimonio, per operare attivamente a favore di tanti giovani delle periferie, dei senza lavoro, di quelli che non studiano n lavorano, di tanti giovani che oggi hanno bisogno di orientarsi. Ne parlai con il sindaco di allora, Albertini, ma non successe nulla; altri erano gli interessi e le preoccupazioni. Molti, come si vede, sono i problemi da affrontare e a cui dare risposte. E un motivo di rammarico che prevalgano le polemiche e che ben poco emerga invece di che cosa sia giusto fare, quali orientamenti e regole proporre, quale proposta avanzare per il miglior uso del patrimonio, al contempo equa ed economicamente soddisfacente. Si trovato un capro espiatorio, ma il Comune e la Regione non sono egualmente responsabili? E non tocca anche alla Commissione Comunale studiare il problema, indicare le linee di soluzione, sovrintendere alla loro attuazione? I cittadini a chi dovrebbero rivolgersi se tutti sollevano i problemi e nessuno responsabilmente li affronta? *presidente Pat 1992-94

PISAPIA AL GRATOSOGLIO Stefano Ferri


Bilanci partecipati in ogni zona, con risorse da destinare su obiettivi stabiliti dai cittadini. questa una delle idee forti che il candidato sindaco Giuliano Pisapia ha illustrato il 3 marzo scorso, in un incontro pubblico al Cam di via Saponaro 30 al Gratosoglio, a cui hanno partecipato circa 150 persone. Il tema della serata stato ledilizia pubblica, in particolare il Contratto di Quartiere, che qui, territorio di case Aler, si trascina da anni nella parte a nord. Mentre in quella a sud, verso i confini con Rozzano, non mai partito, nonostante il comitato di quartiere labbia pi volte chiesto, viste le condizioni di estremo degrado. I problemi di Gratosoglio ha spiegato Pisapia, dopo aver ascoltato le numerose lamentele dei cittadini - sono molto simili a quelli delle altre periferie milanesi. Per affrontarli bisogna cambiare il modo di governare la citt. La ricetta del candidato sindaco si basa soprattutto sulla trasformazione dei consigli di zona in municipalit. Soggetti con un proprio bilancio e autonomia di spesa, in grado di intervenire velocemente e con cognizione sui tanti problemi delle periferie: dalle buche nelle strade, alla sicurezza, dagli edifici pubblici alle attivit sportive e culturali. Esattamente il contrario di quello che succede oggi, che le decisioni sono prese tutte a Palazzo Marino e i Consigli di Zona hanno poco pi che una funzione di rappresentanza. Accanto al nuovo modello di decentramento Pisapia ha parlato di edilizia pubblica, lavoro e cultura, considerati veri e propri volani per un rilancio delle periferie. Secondo il candidato gentile bisogna rivoluzionare il modo di gestire il patrimonio immobiliare pubblico, attualmen-

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te una immensa risorsa abbandonata a se stessa, con migliaia di case sfitte e di inquilini abusivi. Cos come non tollerabile che non si trovino le risorse necessarie per le manutenzioni ordinarie e straordinarie dei palazzi. Affermazione questa che ha suscitato lapprovazione convinta degli abitanti della case Aler del Gratosoglio presenti il quartiere conta circa 4.500 appartamenti al netto delle vendite effettuate negli anni scorsi - che il degrado lo vivono sulla propria pelle, visto che, come hanno sottolineato i cittadini, quando piove in decine di appartamenti lacqua fuoriesce dai soffitti e dai muri. Anche per il lavoro, fatta la premessa che si tratta di un tema che va oltre la nostra citt Milano pu dare il suo contributo. I numerosi negozi sfitti delle periferie devono essere dati ad affitto zero ai giovani e

donne che hanno idee imprenditoriali, chiedendo in cambio che vengano sistemati, ed erogando, se necessario, anche del microcredito ha spiegato Pisapia In questo modo potremmo raggiungere il doppio obiettivo di rivitalizzare le periferie e creare lavoro. Da qui al tema della sicurezza il passo stato breve, perch la sicurezza, ha spiegato Pisapia, non si raggiunge con il coprifuoco, ma aumentando realmente vigili e forze dellordine nelle strade, con maggiore illuminazione e mezzi pubblici che viaggiano fino tardi, iniziative culturali e sportive, creando centri di incontro e case delle associazioni, in cui i cittadini possono incontrarsi. E i soldi per fare tutto questo? Ci venuto da chiedere. Le risorse ci sono, Milano ha un patrimonio di tre miliardi di euro e ogni anno le partecipate riversano nelle casse del co-

mune di decine di milioni di euro. Certo che se si spendono 50 milioni in consulenze ha concluso Pisapia, alludendo alla Moratti. Allincontro del 3 marzo era presente anche il consigliere comunale Aldo Ugliano (Pd), probabile candidato per il centrosinistra al consiglio di zona 5, che ha rivendicato le battaglie condotte in questi anni per rendere pi vivibile la zona e ha annunciato una prossima raccolta firme per chiedere la prima variante al Pgt, che cancelli Quanto scritto a pagina 303 della relazione generale al Pgt, che prevede, nero su bianco, la trasformazione del capolinea di piazza Abbiategrasso della Mm2 in fermata di una linea di metrotranvia che andr dalla stazione di San Cristoforo a Rogoredo, con conseguente colate di cemento sulle aree del Parco Sud attraversate dalla nuova linea.

MODA: DI CHI E LA CITTA? Mario Bellini


Con gli occhi e la mente ancora turbati dal ricordo della strabordante occupazione natalizia di piazza del Duomo, ai cittadini milanesi toccato ancora di godersi altre inquietanti apparizioni. Apparizioni legate, questa volta, alla settimana della moda: una ennesima installazione mercantile sotto il povero Ottagono della Galleria che ne ha gi viste di tutti i colori e unenigmatica lunghissima baracca in telone biancastro a tagliare in due lintera piazza del Duomo (siamo sempre l!) e a precludere il sacrosanto godimento della vista prospettica pi cara ai milanesi e ai turisti (dalla stessa settimana della moda richiamati in gran numero da ogni dove), proprio la cartolina della piazza pi famosa della nostra citt. Si potrebbe obbiettare che si sempre trattato di installazioni temporanee di pochi giorni (anche se da noi il Natale durato molto pi a lungo di quanto si potesse giustificare!). Installazioni che in fondo avevano anche lo scopo di significare festivit ed eventi speciali, che consentono alla citt di raccogliere sponsorizzazioni (speriamo) o comunque di dare un segno di partecipazione a fenomeni di eccellenza che ci sono propri e riconosciuti in tutto il mondo come moda e design, e che vedono ciclicamente Milano divenire il centro dellattenzione internazionale. Un bel dilemma! E pur vero infatti che le piazze e gli spazi simbolici pubblici sono, secondo la consuetudine storica, destinati allespressione di istanze, manifestazioni e attivit di interesse generale, a condizione che la loro occupazione / trasformazione risulti temporanea e reversibile. Ora questo tipo di ricorrenti occupazioni / manomissioni di luoghi pubblici sono in effetti sempre state temporanee e reversibili. Perch allora esse sollevano sempre le polemiche e feroci critiche che anche io ho spesso condiviso? Evidentemente perch questi stessi luoghi pubblici, anche se non inviolabili, hanno un livello di civica sacralit che vuole se ne possa temporaneamente disporre solo quando ricorrano eventi e necessit veramente condivisibili e condivisi da un pi ampio settore di opinione pubblica. Pi ampio e pi con essa in sintonia di quanto non sia una sfilata di moda o uno showroom promozionale, inevitabilmente percepiti come fenomeni elitari, che per quanto socio - economicamente rilevanti non possono arrivare a giustificare uno sfregio, che si percepisce come arbitrario e troppo mercantile, a luoghi simbolo per lintera citt, come appunto piazza del Duomo o il centro della Galleria.

Replica Marco Romano in risposta a Umberto Vallara:


Credo di dover dire due parole, vista la vivace contestazione che mi qui stata fatta la settimana scorsa sulla faccenda della Darsena. La prima concerne il dato di fatto: le piante di Milano per comodit di tutti reperibili sul mio sito, www.esteticadellacitta.it registrano lesistenza della darsena a partire dal 1820; ventanni prima, ai tempi del Pinchetti, la darsena non cera. Non cera, per la verit, neppure il naviglio pavese, fatto scavare da Napoleone: fino ad allora lacqua del naviglio defluiva dal Ticinello, che attraversava il mercato dei cavalli e che ora passa sotto allarco di Marengo, nel quale con-

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fluiva anche lacqua dei navigli interni, regolata fin dal Trecento dalla conca di Viarenna. La seconda riguarda il mio atteggiamento di supponenza. Vero, ho studiato per trentanni il senso estetico della citt europea, ho scritto libri su questo aspetto della critica darte fondati sullesame di centinaia di citt europee: legger volentieri

libri - altrettanto argomentati - editi da Italia nostra e ascolter volentieri le critiche ai miei. Infine: chi scrive su questo giornale debbo supporre creda nella democrazia e nella partecipazione. Le consuetudini della disciplina urbanistica suggeriscono che sarebbe meglio disporre di un giardino pubblico alla distanza di quattrocento

metri dalla propria casa: venga dunque chiesto a chi abita entro i quattrocento metri dalla darsena se preferiscano per i loro bambini un giardino o uno specchio dacqua. Un giardino, ho amabilmente suggerito, allietato dal corso dacqua gi dalla conca di Viarenna e decorato dal ponte delle sorelle Ghisini.

Scrive Luca Carra sulla Darsena


Ha ragione Umberto Vallara. Piet per la Darsena. Piet per Sant'Ambrogio, piet per piazza Bernini, per piazza Novelli, per Largo Rio de Janeiro. Per tutte le piazze distrutte in nome degli incomprimibili diritti degli automobilisti. Piet per gli intellettuali che esercitano la loro intelligenza contro il buon senso. Piet per mio figlio e mia figlia e per tutti i figli di Milano, quando a Vienna, a Berlino, a Zurigo, ad Amsterdam, a New York ci chiedono "ma dove sono qui le macchine?". Che siano tutte sottoterra, come crede Marco Romano? In realt l le macchine non ci sono, sono 3, 4 ogni 10 abitanti, mentre i milanesi ne hanno 6, 7: il doppio. Le automobili ci fanno male quando si muovono e inquinano, ma anche quando stanno ferme, con i loro malfermi approdi sui marciapiedi e le aiuole spartitraffico. I parcheggi sotterranei non basteranno mai per saziare questa orribile bulimia motoristica, per la quale servono cure sistemiche. Si citano i parcheggi dell'altro ieri di Barcellona, Parigi e Lione. Ma perch non si ricordano anche i nuovi quartieri completamente car - free di Vienna, Amsterdam, Tubingen e Friburgo? Dove si pu acquistare casa solo se si pu dimostrare di non possedere l'auto, o al massimo una per famiglia? L'urbanistica oggi questa, non i silos sotto le basiliche e le piazze storiche. La Darsena di Milano non sar pi quella leonardesca, come sostiene Marco Romano nel suo articolo, anche se include resti di mura spagnole e la conca di Viarenna. Ma in nome di quale feticismo storico si dovrebbe negare la tutela a un manufatto in cui - come naturale - i segni della storia si sono depositati come tanti strati geologici, da Leonardo agli ingegneri idraulici dell'Ottocento? Non vale forse rispetto il Duomo a causa della sua "medioevale" facciata costruita nell'Ottocento? E la Scala ricostruita dopo i bombardamenti della guerra, cos come la Basilica di sant'Ambrogio, che ne vogliamo fare di questi "falsi d'autore"? La storia un tutto, cambiamento, distruzione e ricostruzione. Lasciateci la Darsena, con la sua malcerta filologia urbana. Noi milanesi ci accontentiamo di quell'ottocentesco specchio d'acqua, cos raro e cos bello. Diceva Don Angelo, il parroco della Chiesa di piazza Bernini, durante l'omelia di tre anni fa, subito dopo la distruzione del giardino per farne un parcheggio che ancora non c': "Prendere possesso, appropriarsi, violentare sono i verbi che fanno lo scempio dellumanit e della terra. E cos ai miei occhi la mia piazza diventa un simbolo: era di tutti, quelle piante erano di tutti, quellerba di tutti, su quella panchina andava a sedere chiunque, senza chiedere permesso a nessuno. Un segno di vita per chi beve cemento a ogni ora del giorno, unarea in cui pulsava ancora il colore delle stagioni. Sulla piazza scorreva il ritmo delle stagioni. Cambia qualcosa sullasfalto? Ha delle stagioni? Ti perdi ad ammirarne i colori? Ma eri - qui forse il problema - troppo piccola, piazza che ospiti la mia chiesa. E, con te, piccoli, senza raccomandazioni e protezione, i vecchi che ne godevano o i bimbi che lattraversavano o gli uomini e le donne ancora in cerca di bellezza".

Scrive Gianni Braghieri su Darsena e Santa Maria delle Grazie:


Ho letto con grande stupore i due articoli di Romano e Gardella. Il primo sulla sistemazione della Darsena ha avuto, grazie alla intraprendenza dellautore, il favore del Corriere che come altri giornali periodicamente affronta il problema del verde nella citt di Milano. Mi stupisce che persone che hanno insegnato per anni nellUniversit e si piccano di essere persone di cultura abbiano dimenticato alcun riferimento con la storia e levoluzione della citt. Concordo pienamente con ci che Gianni Beltrame e Vallara hanno scritto a proposito della Darsena replicando alle provocazioni di Romano. Penso che siano solo provocazioni quelle espresse da Marco Romano poich si riflettono solo e comunque come linverso di ci che ha sempre sostenuto e scritto. Il valore della storia e della costruzione della citt e delle piazze dItalia sono un patrimonio inscindibile dalla costruzione della nostra identit. Tutto il mondo imita e cita le piazze dItalia per la proporzione della bellezza e dellarchitettura che trova la sua perfezione nel materiale della sua costruzione che annulla il verde esaltando lo spazio che per questo diventa il riflesso della civitas. Ricordo con orrore il progetto di distruzione dellidentit di Milano con la proposta di Abbado e Piano di piantar qualche migliaio di alberi negli spazi pubblici della citt. Leggo con disprezzo e con orrore quando, in periodo natalizio, risorge ogni anno la questione di piantumare piazza del Duomo. Ha ragione Gardella quando afferma che ci dovrebbe essere sempre una professionalit negli interventi di sistemazione urbana ma forse, prima di tutto ci vorrebbe maggiore sensibilit e conoscenza della storia della citt e della nostra storia personale. Mancando sempre di pi una decente professionalit mi auguro che lAmministrazione non consideri i consigli di Jacopo Gardella per il suo progetto di completamento che mi sembra al limite del demenziale.

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Scrive Laura Peroni a Jacopo Gardella


Da molti anni chiara la volont del Comune di costringere i cittadini a sedersi al bar. Cos i marciapiedi sono ingombri di strutture accoglienti ma per accedervi bisogna pagare le consumazioni. Milano brilla per l'attenzione ad anziani e turisti affaticati. Sedersi senza pagare im. possibile. Soluzioni per progettare panchine inadatte a diventare giacigli (pare sia la scusa accampata dal Comune) ce ne sarebbero molte, ma siccome fan comodo i soldi dei bar per l'occupazione dei marciapiedi, chi affaticato si arrangi, compri un bel macchinone e parcheggi dove gli pare, comunque rischier raramente una multa perch i vigili sono negli uffici e non certo per strada. Dicono che la Moratti vada spesso a Londra, forse con gli occhi bendati.

Scrive Vito Antonio Ayroldi a Marco Ponti


Viene da chiedersi quando si citano le tariffe europee (sempre e solo quando fa comodo, of course) se si considerano alte o basse in termini assoluti o ponderando il loro livello in funzione dei redditi. In Svezia, Germania, Danimarca i salari medi sono significativamente pi elevati, incidendo anche sul costo di produzione dei servizi stessi. Allora decliniamo la proposta in modo economicamente pi equo: "tariffe e salari europei per tutti" voglio proprio vedere allora, ma davvero, quante di queste fantomatiche aziende private super efficienti parteciperebbero alle gare vincendole. In Italia a oggi se ne "apprezza" spesso e volentieri il peggioramento delle condizioni contrattuali dei lavoratori e lo scadimento dei livelli di servizio. Per tacere dell'ultima sensazione del professor Ponti: la categoria sociologica dei "ricchi che non vanno in macchina".

Replica Marco Ponti


Anche analizzando le tariffe in termini di PPP (Parity of Purchasing Power), le differenze rimangono rilevanti. Poi, neppure io so se le imprese private siano pi efficienti di quelle pubbliche. Ma perch allora non farle provare con gare vere, e non ridicole come le attuali? Il sospetto ovviamente diviene molto forte Concordo sullo scadimento possibile delle condizioni di lavoro, ma vorrei confrontarle con quelle dei lavoratori per i quali non funziona il voto di scambio: diciamo quelli che raccolgono i pomodori in Puglia? La protezione verticale del lavoro si chiama corporazione. Infine, i molti ricchi non vanno in macchina nelle aree metropolitane congestionate. Infatti i ricchi valutano moltissimo il loro tempo, molto di pi dei costi monetari, di cui gli frega poco (son ricchi). Per cui se possono metterci meno andando in metropolitana o in treno regionale lo fanno eccome. Anche perch si son potuti comprare la casa in posti ben serviti (io tra loro).

RUBRICHE MUSICA questa rubrica curata da Palo Viola rubriche@arcipelagomilano.org Povero Brahms!
Le Serate Musicali (tutti i luned sera alle 21 al Conservatorio e molte altre sere, anche altrove) offrono ai milanesi uno dei migliori programmi di stagione, un ciclo ricco di iniziative e di novit, soprattutto con una qualit media molto elevata. Ma siccome nessuno perfetto, capita anche a loro di prendere qualche scivolone; e laltra sera il capitombolo stato spettacolare. Programma: Johannes Brahms, Concerto per violino in re maggiore opera 77 e Quarta Sinfonia in mi minore opera 98, due fra le pi belle opere della seconda met dellottocento, due capolavori grandiosi ed amati come pochi altri. Suonava lOrchestra di Padova e del Veneto (plasmata in quarantacinque anni di vita da grandi musicisti e direttori come Peter Maag, Bruno Giuranna, Claudio Scimone, recentemente da Mario Brunello, ma soprattutto da Piero Toso che ne stato il primo violino, e vero direttore stabile, fino a un anno fa) diretta dal cinquantenne violinista salisburghese Thomas Zehetmair, noto soprattutto come specialista di musica contemporanea. Da anni ormai andiamo ripetendo una cosa che Zehetmair evidentemente non condivide: che non si pu e non si deve suonare e dirigere insieme (figurarsi poi un grande concerto, come quello di Brahms, che prevede un impegno assoluto, di quelli che stremano le migliori energie) e che ci si deve specializzare in una sola delle due discipline, perch non basta una vita per arrivare ad eccellere nelluna o nellaltra. Zehtmair devessere un buon violinista e un bravo musicista, a giudicare dal bel suono del suo strumento, dalla morbidezza con cui lo fa cantare, dalla lucidit delle cadenze (a proposito, perch i programmi di sala non indicano mai gli autori delle cadenze? di chi erano quelle eseguite laltra sera?) ed anche dalle molteplici attivit che lo vedono impegnato in tutto il mondo. Ma evidentemente un artista dotato di un ego strabordante e di una autoreferenzialit che lo privano di spirito autocritico.

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Le continue piroette per fronteggiare di volta in volta il pubblico e lorchestra, insieme alle sgraziate movenze necessarie per dare il tempo (ma solo quello!) allorchestra mentre suona il suo violino, finiscono non solo per annullare o quanto meno ridurre la concentrazione e il piacere dellascolto, ma soprattutto sbiadiscono lesecuzione al punto tale che laltra sera il Concerto brahmsiano a dispetto della abilit del solista diventato una vera e propria melassa. Complice anche lorchestra che sembrava patire molto lassenza di Toso e mostrava palesi segni di distrazione (che pena, ad esempio, quelle maldestre entrate dei corni!). Dopo un bis (di Honegger?) che nulla aveva a che spartire con il programma della serata, nel secondo tempo arrivato il peggio, Brahms addirittura scomparso, sembrava di ascoltare Nono o Dalla Piccola: lattenzione del direttore era totalmente puntata sulla costruzione formale e sul linguaggio, come molto spesso si costretti a fare con la musica contemporanea, mentre veniva clamorosamente ignorata la dimensione poetica, spirituale, emozionale, sentimentale del capolavoro brahmsiano. Tutta la Quarta Sinfonia basata sullantico ritmo della Ciaccona, una danza un tempo popolare poi diventata di corte, interamente fondata su un basso ostinato; ma solo nellultimo tempo, lAllegro energico e passionato, che quella danza trova una delle sue rare espressioni formalmente compiute come in quel celebre brano conclusivo della Seconda Partita per violino solo di Bach, magistralmente trascritto per pianoforte da Ferruccio Busoni e reso ancor pi celebre dalla commovente esecuzione che ne ha lasciato Arturo Benedetti Michelangeli. La Ciaccona di Brahms costituita da un tema di sole otto note, una per battuta, sulle quali sono costruite trentacinque variazioni che ne sfruttano ogni potenziale ritmico, melodico, armonico. Con un senso di unit che non si trova neppure nelle sinfonie beethoveniane, Brahms ci prepara a questa immensa costruzione musicale attraverso

tutti e tre i tempi precedenti (allegro non troppo, andante moderato, allegro giocoso) facendo convergere tutta lopera verso quelle otto note che, quando finalmente vengono esposte nella loro essenzialit, sembrano rivelare una sorta di clamorosa verit, provocare una esplosione luminosa. A tutto ci il violinista-direttore non ha attribuito alcuna importanza; ha trattato lintera sinfonia come fosse costruita su una serie, un puro meccanicismo tecnico, senzanima n passione, senza il tormento e la tensione delle parti iniziali (quel tema dolente, ansimante del primo tempo ) e senza la conseguente emozione della risoluzione nel finale. Massimo Mila ha scritto: Nellanima di chi ha scritto la Quarta Sinfonia sono passate le forze che hanno sconvolto il mondo negli ultimi centanni e le esperienze di vita su cui sorgono Proust e Kafka, Freud e Joyce, Musil e Thomas Mann; solo che Brahms il pi grande di tutti, e la storia della cultura non riuscir mai a farsi un quadro completo ed esauriente del decadentismo europeo, finch trascurer dannettersi quei valori musicali Lavr letto Zehetmair? Avr letto Proust e Kafka, Freud e Joyce, Musil e Thomas Mann? Musica per una settimana *gioved 10 e sabato 12 marzo al Teatro Dal Verme lorchestra dei Pomeriggi Musicali ci propone il Concerto per violino e orchestra opera 35 di Tchaikowskij, con Yossif Ivanov, preceduto da un Song di Arvo Prt e seguito dalla suite di Pulcinella di Strawinskj * gioved 10, venerd 11 e domenica 13 marzo allAuditorium, lOrchestra Verdi con la sua direttrice Xian Zhang esegue la Quinta Sinfonia di Mahler in do diesis minore, preceduta da Rendering di Luciano Berio, composizione del 1989 costruita su musiche e frammenti di Schubert. * gioved 10, sabato 12, marted 15 e sabato 19 alla Scala, lopera Death in Venice di Benjamin Britten, diretta da Edward Gardner per la regia di Deborah Warner ed un

cast rigorosamente e giustamente inglese. * gioved 10 marzo, al Conservatorio, per le Serate Musicali, come avevamo gi annunciato, un programma dedicato alla viola di Yuri Bashmet che suona e dirige (siamo sempre l!) i Solisti di Mosca con musiche di Paganini, Alessandro Rolla (Pavia 1757-1841) e una novit del giovane violoncellista piacentino Lamberto Curtoni, Concerto per due viole ed archi scritto appositamente per questa occasione. * luned 14 marzo la Filarmonica della Scala, con Barenboim al pianoforte, esegue i due Concerti di Liszt, in mi bemolle e la maggiore, facendoli precedere da unOttava Sinfonia di Beethoven e in mezzo una prima assoluta, le Variazioni per orchestra commissionate dalla stessa Filarmonica a Carlo Boccadoro, il tutto sotto la bacchetta di Omer Meir Wellber che ha appena terminato le repliche della tanto discussa Tosca. * luned 14 marzo al Conservatorio, per le Serate Musicali, i Zukerman Chamber Players (violinista Pinchas Zukerman) eseguono il Trio in si bemolle maggiore D 471 di Schubert, il Quintetto in do maggiore op. 29 di Beethoven (chiamato del tutto impropriamente La Tempesta) ed il Quintetto in si bemolle maggiore op. 87 di Mendelssohn. * mercoled 16 marzo, ancora al Conservatorio ma per la Societ dei Concerti, il pianista Igor Levit eseguir i Momenti Musicali opera 94 di Schubert e gli Studi Trascendentali di Liszt. * da segnalare infine che domenica 20 marzo alla Scala avremo la prima del nuovo Flauto Magico diretto da Roland Ber per la regia di William Kentridge, con Saimir Pirgu e Steve Davislim nella parte di Pamino, Genia Khmeier in quella di Pamina e Albina Shagimuratova che sar la Regina della notte. * fino al giorno prima, e cio fino a sabato 19 marzo, proseguiranno invece al Piccolo Teatro le recite di un Flauto Magico tutto diverso, quello di Peter Brook, che sta riscuotendo un grandissimo successo.

ARTE questa rubrica a cura di Virginia Colombo rubriche@arcipelagomilano.org

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Il lascito dei Clark: gli impressionisti e un museo raro


Milano torna ad ospitare, a dieci anni di distanza dallultima volta, una vecchia passione, gli Impressionisti. E Palazzo Reale a presentare la prima tappa di un tour mondiale, che, partito da Williamstown, Massachusset, arriver a toccare tante citt importanti. 73 capolavori della collezione americana dello Sterling and Francine Clark Art Institute saranno esposti da qui a giugno per permettere anche al pubblico milanese di osservare opere importanti di maestri dellImpressionismo come Monet, Manet, Sisley, Pissarro, Renoir, Degas, Caillebotte, Berthe Morisot e Mary Cassat (uniche due donne del movimento), e altri ancora. Impressionisti ma non solo. Lesposizione comprende anche opere di artisti accademici dell800, quali William-Adolphe Bouguereau, Jean-Lon Grme e Alfred Stevens, ma anche i pittori della cosiddetta Scuola di Barbizon, diretta precedente dellImpressionismo, con nomi quali Corot, Rousseau e Millet. Una carrellata che ci porta per a conoscere anche alcune importanti opere di maestri del postimpressionismo, come Gauguin, con le contadine bretoni, Bonnard, con le sue ragazze colorate a campiture piatte, Daumier e, infine, il genio di Toulouse-Lautrec con i suoi ritratti pensosi e assorti. Una mostra varia e variegata, divisa in 10 sezioni tematiche che analizzano i principali temi trattati dagli Impressionisti: la luce, limpressione, la natura, il mare, il corpo, la citt e la campagna, i viaggi, i volti, i piaceri e la societ. Il percorso espositivo riunisce dunque i capolavori dei pi grandi artisti francesi che, nelle loro varie evoluzioni e declinazioni, dal realismo, allimpressionismo al postimpressionismo, si sono confrontati con queste tematiche rivoluzionando il concetto di pittura e il ruolo dellarte nella societ borghese dellepoca. Societ con cui tutti gli artisti esposti si sono dovuti scontrare, spesso nel vero senso del termine. La mostra propone quindi un percorso gradevole, una piacevole passeggiata da fare attraverso le sale, rimirando opere che ottennero successi strepitosi al Salon francese, luogo deputato per esporre opere di pittura accademica; ma anche opere, alcune davvero notevoli, che non furono nemmeno prese in considerazione ai tempi, e anzi furono assolutamente incomprese e schernite. Opere che, in realt, portarono ad una rivoluzione totale dellarte e del modo di dipingere, per tecnica e soggetti. Certo la mostra non brilla per avere capolavori a livello assoluto, ma questo facilmente spiegabile raccontando la storia e il carattere di chi questa collezione mise insieme. Robert Sterling Clark fu uno di quei personaggi fuori dalla norma, allora come oggi. Nato nel 1877 da una famiglia americana ricchissima (il nonno fu socio in affari di quel Singer delle macchine per cucire), eredit una fortuna da parte di padre e di madre, e questo gli permise di vivere una vita agiata e lontana dalle preoccupazioni pi banali. Spirito indomito, allergico alle formalit della sua famiglia, organizz una spedizione di studio a cavallo nella Cina e ne scrisse un libro. Visti i rapporti tesi con uno dei fratelli, decise di sfuggire allambiente borghese di New York trasferendosi a Parigi. Tappa fondamentale questa, che gli permise, oltre che di iniziare a collezionare arte, anche di conoscere una graziosa attrice della Comdie-Franaise, Francine Clary, con la quale inizi uno straordinario percorso di vita, e che spos nel 1919. Gi dagli anni 10 Clark inizi a interessarsi e a comprare opere darte, per lo pi dipinti, dei grandi maestri del Rinascimento italiano come Piero della Francesca e Ghirlandaio. Poi la sua passione sindirizz, quasi per caso, verso gli Impressionisti, conosciuti attraverso mercanti darte suoi amici. Uomo che non amava le luci della ribalta, Sterling inizi la sua attivit di collezionista quasi nellombra, scegliendo opere s di grandi autori, ma che soprattutto colpivano e affascinavano lui e la moglie. Una scelta istintuale, lontana dalle logiche di mercato o dalle mode. E fu cos che nel 1913 arriv a comprare il suo primo Renoir, primo appunto, di oltre 30 quadri del maestro francese, che divenne il suo preferito in assoluto e di cui am circondarsi esponendo queste opere nelle sue varie case. Se gi dal 1913 aveva pensato ad organizzare un suo museo privato, solo a 70 anni Sterling arriv a decidere di crearne uno suo per davvero. Dopo una vita trascorsa tra New York, Parigi e la casa di famiglia dei Clark a Cooperstown, la coppia decise di creare un nuovo edificio in stile classico a Williamstown, Massachusset. Unala di questo palazzo, inaugurato nel 1955, divenne la loro casa, finch la morte non colse Sterling a poco pi di un anno dalla creazione di questo museo. Un lascito importante, quello di Robert e Francine, fatto da unincredibile collezione di dipinti ma anche di oggetti dargento, porcellane, libri antichi, stampe e disegni. Listituto fu corredato anche da una generosa donazione e da unintelligente e liberale statuto che ha permesso allistituzione di non essere solo un museo, ma anche un centro di ricerche di fama mondiale, promotore di attivit e stanziamenti a favore dellarte e delle persone che di arte si occupano. Quello stesso statuto permette che, anche oggi, la collezione venga accresciuta e integrata da nuovi acquisti, fatti sempre pensando a quei criteri di scelta che usavano Sterling e Francine e che hanno permesso lacquisto di nove nuove opere presenti in questa mostra.

Gli impressionisti. I capolavori della Clark Collection. Palazzo Reale 2 marzo 19 giugno 2011 Orari: lun. 14.30 - 19.30. Mar, mer, ven e dom 9.30 -19.30. Giov e sab 9.30 - 22.30 Biglietti: Intero 9,00. Ridotto 7,50

La commedia delle arti di Savinio


Prima settimana di apertura per una mostra affascinante quanto complessa. Protagonista il grande dilettante, come amava definirsi lui, Alberto Savinio, al secolo Andrea De Chirico. Fratello proprio di quel De Chirico, Giorgio, che fu per certi versi pi famoso di lui ma anche diversissimo, e proprio questo gli fece decidere di assumere il nome darte di Savinio. La mostra vuol essere unantologica a tutto campo sullarte

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saviniana, la pi grande mai fatta da trentanni a questa parte. Cento e pi opere esposte, dipinti ma non solo, divise in cinque sezioni tematiche: mito, letteratura, architettura, oggetti e scenografie. S, perch Savinio fu un artista a tutto tondo, di quelli eclettici che forse al giorno doggi non esistono pi. Scrittore, pittore, compositore, drammaturgo, scenografo e regista teatrale. Scopo della mostra proprio il ripercorrere tutte le attivit a cui si interess nel corso della vita, analizzando temi e modi del suo linguaggio. La mostra, curata da Vincenzo Trione (lo stesso curatore dellepica mostra di Dal chiusa un mese fa), propone un incipit e una fine di percorso molto particolari. La voce di Toni Servillo, infatti, accoglie il visitatore nella prima e nellultima sala, declamando a gran voce testi e pensieri di Savinio. Perch solo con le parole di Savinio si pu capire larte e il Savinio-pensiero. Non sproloqui di critici, esperti ecc., ma parole vere, autentiche del maestro, che tanto lasci scritto e che tanto si prodig affinch la sua arte fosse spiegata per ci che era veramente.

Difficile inquadrare Savinio a priori, in qualche corrente artistica predefinita. Certo, conobbe i Surrealisti, certo suo fratello fu esponente di spicco della Metafisica. Ma Savinio elabor una poetica tutta sua, non convenzionale neanche per queste correnti di rottura. Apollinaire, amico dei De Chirico ed estimatore dellopera di Savinio, disse di lui che era grande come i geni del Rinascimento toscano. Nato in Grecia, rimase profondamente influenzato dalla cultura classica di quella terra, tanto che dipinse a pi riprese miti classici ed eroi, fino a identificarsi con Hermes, il pi misterioso e ambiguo dio dellOlimpo. Per Savinio la pittura deve essere antinaturalistica, non deve mai assomigliare alla realt, deve essere un mezzo per guardare oltre. E operazione mentale, concettuale, esercizio della mente. Limportante lidea, ed per questo che ogni medium pu essere valido: pittura, disegni, teatro, parole. I riferimenti culturali sono tanti, dalla monumentalit della pittura italiana degli anni 20 e 30, alla rivista Valori Plastici, allarchitettura razionalista, ma presente anche il mondo dellinfanzia, con le famose

Isole dei giocattoli, mausolei riferiti a un tempo e a un periodo scomparsi per sempre; i miti greci, la letteratura, con omaggi allamico Apollinaire; lossessione per le aperture, finestre che mettono in scena, teatralmente, potremmo dire, i soggetti dipinti; e ancora donne e uomini in abiti e interni borghesi, omaggio ai suoi familiari, ma con la faccia di galli, pellicani, struzzi e anatre, creature mutanti di un altro mondo. Concludono questo surreale percorso oggetti, abiti, mosaici e decorazioni create da Savinio nelle sue sperimentazioni, per terminare con la bellissima sezione teatrale in cui sono esposti disegni, bozzetti e maquette dei suoi spettacoli, di cui fu spesso regista e drammaturgo. Io sono un pittore oltre la pittura, disse. Oggi non possiamo che dargli ragione.

Alberto Savinio. La commedia dellarte Palazzo Reale. Fino al 12 giugno. Orari: 9.30-19.30; lun. 14.30-19.30; giov. e sab. 9.3022.30. Biglietti: intero 9 euro, ridotto 7,5 euro.

Teste composite, ridicole e reversibili. Tra Leonardo e Caravaggio, lArcimboldo riscoperto


Dopo la grande mostra di Parigi del 2007, finalmente anche Milano celebra un suo grande artista con unesposizione importante e densa di contenuti e nuove scoperte. Lartista in questione ovviamente Giuseppe Arcimboldi, meglio conosciuto come lArcimboldo, genio venerato dai contemporanei, dimenticato dalla critica dei secoli scorsi, riscoperto e osannato solo dai Surrealisti in poi. Una mostra, quella allestita a Palazzo Reale, che ha come scopo quello di reinserire nel contesto milanese dorigine lArcimboldo e la sua cultura figurativa, che proprio qui si form, e soprattutto cercare di capire il motivo che spinse Massimiliano II dAsburgo a volerlo alla sua corte. Ecco perch le undici sezioni della mostra tracciano un excursus lungo ed esaustivo, da Leonardo al giovane Caravaggio, sul clima artistico che caratterizz gli anni giovanili dellArcimboldo. Si parte allora con i magnifici disegni di Leonardo e dei suoi seguaci, fondamentali per capire il punto di partenza per la creazione delle famose teste arcimboldiane. Fu Leonardo, infatti, studiando e disegnando volti di vecchi, personaggi tipizzati e infine volti apertamente caricaturali, che diede il via a quel genere di disegni, declinati sotto varie forme e aspetti dai suoi allievi. Melzi, Figino, Luini, Della Porta, De Predis, Lomazzo e altri ancora sono solo alcuni dei nomi presentati in mostra, con disegni che ci mostrano non solo lo studio attento dei volti ma anche la rivoluzionaria apertura alla natura e alla sua descrizione analitica iniziata sempre dal maestro fiorentino e trasmessa ai suoi allievi, come Cesare da Sesto. Per capire il clima della Milano del 500, la seconda sezione introduce a quello che era il fiore allocchiello della citt in quel secolo, le arti suntuarie. Botteghe di armaioli, cristallai, ricamatori, orafi, intagliatori di gemme e tessitori, i cui prodotti erano richiestissimi dalle corti di tutta Europa. Milano capitale del lusso e delle nuove tendenze non solo ora, ma anche cinque secoli fa. Si prosegue con i primi lavori giovanili di Arcimboldo, le vetrate del Duomo realizzate sui suoi disegni, a confronto con quelle del padre Biagio, artista di una generazione precedente, ancora estraneo ai tormenti manieristici; e il grande arazzo del duomo di Como realizzato sempre su un suo cartone. La sezione successiva dedicata agli studi naturalistici, illustrazioni di piante e animali, con disegni autografi dellArcimboldo stesso, attraverso i quali si potr capire il lato scientifico del Rinascimento e la smania di collezionismo dei signori di tutta Europa attraverso la creazioni di Wunderkammer, camere delle meraviglie, in cui racchiudere tutte le rarit, le stranezze e anche le mostruosit della natura. Lallestimento, curatissimo in ogni dettaglio, aiuter il visitatore a entrare nello spirito dellepoca, con la ricostruzione di parte di un vero studiolo cinquecentesco. Si arriva infine a quelli che sono i dipinti pi famosi e ammirati dellArcimboldo, le Quattro Stagioni, qui presenti nelle tre versioni esistenti, quelle di Monaco, di Vienna e del Louvre. Unoccasione unica per confrontarle e vederne gli sviluppi stilistici, con anche una nuova scoperta. Si ritiene infatti che la prima versione, quella di Monaco (1563), sia stata fatta dal giovane Arcimboldi a Milano e portata come dono di presentazione agli Asburgo nel 1562. Non pi dunque unorigine

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doltralpe, ma unulteriore conferma che le Stagioni si situano nella tradizione milanese delle teste iniziata da Leonardo e analizzata nella prima sezione. Oltre alle Teste, si potranno ammirare anche i Quattro Elementi, mezzi busti umani ma costruiti con oggetti e animali relativi ai diversi elementi naturali: pesci e animali marini per lAcqua, armi da fuoco, candele e acciarini per il Fuoco, una incredibile variet di volatili per lAria, elefanti, alci e cinghiali per la Terra. Animali studiati nel dettaglio di cui si possono riconoscere fino a cinquanta specie diverse per opera. Arcimboldo come straordinario pittore naturalista in linea con gli interessi del secolo. Passando attraverso i disegni degli accademici della Val di Blenio, che aprirono la tradizione della poesia dialettale milanese e ripresero le teste di Leonardo in senso fortemente caricaturale, si arriva alla sala delle feste, dove sono stati ricostruiti anche due esempi di apparati effimeri. Laustera Milano di san Carlo Borromeo era per anche la Milano degli sfrenati festeggiamenti del Carnevale, delle mille occasioni per inscenare balli, feste pubbliche, tornei e sfilate in costume. Arcimboldo fu un grande ideatore di eventi e costumi speciali, tanto che si

pensa sia stata la sua abilit in questo campo a farlo conoscere allimperatore; in questa sezione sono presentati alcuni disegni originali (in ogni senso) di vestiti e modelli per apparati trionfali dedicati a Massimilano II. LArcimboldo ebbe un gran successo presso la corte asburgica, tanto che lo volle presso di s anche il successore di Massimiliano, Rodolfo II, che decise di lasciarlo tornare in patria solo a 61 anni, come ci dice in modo camuffato lArcimboldo stesso in un suo bellissimo autoritratto, con la promessa per di continuare a mandargli dipinti e disegni. Eccolo dunque creare le sue opere pi ammirate dai contemporanei, la Flora (ora dispersa), e il Vertunno, straordinario ritratto dellimperatore in veste del dio, creato attraverso frutti composti insieme e osannato dagli umanisti del tempo attraverso rime, madrigali e panegirici. Oltre che alle teste ridicole, il Bibliotecario e il Giurista, mezzi busti creati con gli elementi tipici del proprio mestiere, Arcimboldo dipinse anche due bellissimi esempi di teste reversibili, lOrtolano e la Canestra di frutta. Se guardati a prima vista, le composizioni sembrano rappresentare solo una banale natura morta. Se rovesciati, appunto, questi due dipinti ci mostrano nuo-

vamente due ritratti, due volti, creati con un perfetto assemblaggio di ortaggi e frutta. Un divertissement pregiato e ricercato per lepoca. Si arriva infine allultima opera di Arcimboldo, tra laltro di recente scoperta e attribuzione: la Testa delle quattro stagioni dellanno, un mix di tutti gli elementi naturali gi usati in precedenza, per andare a creare forse la sua opera somma. Chiss che il giovane Caravaggio, che abitava a poca distanza dal grande artista, non abbia visto le sue nature morte assolutamente innovative e moderne, e sia partito proprio da l per ripensare, a suo modo, questo tema. Insomma una mostra ben curata, scientificamente innovativa, che anche grazie allallestimento assolutamente suggestivo, permetter di comprendere appieno e sotto nuova luce unartista per molti secoli ingiustamente dimenticato.

Arcimboldo. Artista milanese tra Leonardo e Caravaggio. Palazzo Reale, 10 febbraio 22 maggio 2011 Orari: tutti i giorni 9.30-19.30, Luned 14.30-19.30, Gioved e Sabato 9.30-22.30. Costi: Intero 9,00. Ridotto 7,50

Terre vulnerabili atto secondo. Interrogare ci che ha smesso per sempre di stupirci
AllHangar Bicocca iniziata la seconda fase di Terre vulnerabili. Un progetto site specific che prevede lallestimento di quattro mostre diverse nellarco di sette mesi, legate tra loro dal tema specifico della vulnerabilit. Unidea innovativa e interessante per un progetto mai stabile ma in continuo divenire e cambiamento, curato da Chiara Bertola con la collaborazione di Andrea Lissoni. Un progetto sperimentale in quattro fasi, come quelle lunari, che arriver ad esporre i lavori di trenta artisti internazionali, aggiunti gradualmente di mostra in mostra. Iniziato il 21 ottobre con la mostra Le soluzioni vere arrivano dal basso; continua con questa esposizione, inaugurata il 2 febbraio, dal titolo Interrogare ci che ha smesso per sempre di stupirci; per poi arrivare a quelle dei prossimi mesi, con Alcuni camminano nella pioggia altri semplicemente si bagnano, marzo 2011, e Lanello pi debole della catena anche il pi forte perch pu romperla, aprile 2011. Un lavoro sperimentale anche per il modo in cui stato ideato il progetto. Dal settembre 2009 infatti, la curatrice e i vari artisti interpellati si sono pi volte incontrati per discutere, riflettere, condividere idee e progetti per creare delle opere adatte al tema e in dialogo tra loro. Ecco perch il risultato non mai definitivo. Gli artisti infatti si riservano di modificare, trasformare, spostare, aggiungere e correggere il proprio lavoro, per accordarlo agli altri e al pubblico. Il progetto in evoluzione continua, germinativo e organico, secondo le parole dei curatori, per permettere al pubblico e agli artisti di continuare a prendersene cura, crescerlo e nutrirlo. Otto gli artisti presenti in questa seconda esposizione, che vanno ad aggiungersi ai quindici della prima esposizione: Bruna Esposito, Yona Friedman, Carlos Garaicoa, Invernomuto, Kimsooja, Margherita Morgantin, Adele Prosdocimi, Remo Salvadori, Nico Vascellari. Otto lavori diversissimi per forma, materiali, dimensioni, in cui viene declinato e sviluppato in modo personale il concetto di vulnerabilit. Perch stato deciso di riflettere proprio su questo tema? La vulnerabilit non una caratteristica solo dei materiali con cui sono state fatte le opere (fogli di carta, candele, cartone, cera, suoni, luci, fili, immagini proiettate), ma anche una capacit empatica di riconoscersi come parte di un insieme, di una comunit in cui bisogna aver rispetto per gli uomini e lambiente. Vulnerabilit come presa di coscienza del nostro essere fragili, vulnerabili appunto, e della necessit di una comprensione pi profonda degli altri e di s. Ma anche vulnerabilit della terra, del nostro mondo, visto come risorsa limitata che in breve tempo si esaurir. Infine la vulnerabilit intesa anche come dissolvenza dei corpi e dei limiti. In un mondo ormai caratterizzato dal mescolarsi di uomini, frontiere, culture e lingue, la vulnerabilit diventa non pi una debolezza, qualcosa di negativo, ma unarma per assorbire e far

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entrare in noi laltro, la diversit. E disposizione mentale ad arricchirci. Ed ecco allora aggiungersi alle opere gi presenti per la prima mostra, per esempio, la grotta del trio di Invernomuto, una copia della grotta di Lourdes ma fatta di cera, destinata a dissolversi nel tempo della mostra sotto le lampade alogene. Si incontra poi il poetico lavoro di Adele Prosdocimi, tappeti di feltro con ricamate le riflessioni scaturite dai vari incontri tra gli artisti e i curatori; un video, ma non un documentario,

sulle emissioni di radiazioni solari di Margherita Morgantin, per studiare e curare lo stato di salute del nostro pianeta; per arrivare poi allomaggio ai morti di Bruna Esposito, un angolo votivo con tanto di ceri accesi e malinconica musica in sottofondo, opera piccola e solitaria, dedicata alla paura di morire. Insomma un coagulo di esperienze e punti di vista diversi che vanno a riflettere su un argomento spinoso e forse un po tab. E sempre difficile parlare delle nostre debolezze e

ammettere di essere, nel nostr intimo, vulnerabili. Terre vulnerabili. 2/4 Interrogare ci che ha smesso per sempre di stupirci. Dal 3 febbraio, gli altri quarti il 10 marzo e il 13 aprile HangarBicocca, Via Chiese 2 (traversa V.le Sarca) Orario: tutti i giorni dalle 11.00 alle 19.00, gioved dalle 14.30 fino alle 22.00, luned chiuso Ingresso: intero 8 euro, ridotto 6 euro

CINEMA questa rubrica a cura di M. Santarpia e P. Schipani rubriche@arcipelagomilano.org THE FIGHTER


di David O. Russell [USA, 2010, 115] con: Mark Wahlberg, Christian Bale, Amy Adams, Melissa Leo, Robert Wahlberg, Dendrie Taylor, Jack McGee, Jenna Lamia, Bianca Hunter
Micky Ward (Mark Wahlberg) sempre alle corde. Soffre nel suo angolo incassando i pugni dellavversario per poi tornare a casa pieno di cicatrici. The Fighter [USA, 2010, 115] di David O. Russell basato sulla storia vera di Ward pugile peso leggero di Lowell (Massachusetts) e della sua famiglia. Quelle cicatrici Micky se le porta fuori dal ring ma, allo stesso modo, porta sul ring gli sfregi che la vita gli fa sul corpo e nella testa. un continuo lottare, non soltanto cercando di schivare i dritti dellavversario, ma anche sopportando i montanti di una famiglia ai margini della societ. Il fratello, Dicky Eklund (Christian Bale, ottimo), ex pugile ora tramontato nella debolezza del crack, e la madre, Alice Ward (Melissa Leo), manager snervante e arrivista, non fanno altro che tartassare di colpi Micky. Lui incassa. Resta alle corde aspettando il momento propizio per reagire. Charlene Fleming (Amy Adams), fidanzata di Micky, spesso tampona le ferite del ragazzo, ma anche lei contribuisce a quel vortice di confusione dei rapporti familiari che sconvolge le scelte del pugile. Il pugilato una partita a scacchi, dice Micky. In questa frase c il sapore del film di Russell: per vincere bisogna studiare con intelligenza le proprie mosse. Nella boxe come nella vita. E per imparare a giocare a scacchi serve un duro allenamento, tanta resistenza, imperturbabilit. Nella boxe come nella vita. Dicky e Micky sono uno per laltro salvezza e disgrazia. Dicky ha trasmesso al fratello pi piccolo alcune tecniche fondamentali per un buon pugile, ma poi lha ostacolato rischiando di compromettere la sua carriera. Micky solleva la testa soltanto quando riesce a liberarsi dellombra del fratello maggiore, ma nella sfida per il titolo mondiale la vicinanza di Dicky sar indispensabile (sei il mio eroe, confider Micky a Dicky). Testa-corpotesta, suggerisce sempre Eklund al fratello; testa e corpo sono due immagini efficaci per descrivere i ragazzi: la volubilit fisica di Dicky che cede miseramente alla droga, e la stanchezza spirituale di Micky che si sente eterno perdente. In The Fighter lantagonista non lavversario sul ring, ma queste debolezze insite nei due fratelli. Sono entrambi sempre alle corde, ma il risultato sar una predisposizione a lottare, a sopportare la pioggia di colpi che il ring e la vita riservano, riuscendo poi a sferrare il testacorpo-testa per mandare lavversario al tappeto. Paolo Schipani In sala: The Space Milano, Apollo SpazioCinema, Anteo SpazioCinema, UCI Cinemas Bicocca, The Space Cinema Rozzano, Arcobaleno Filmcenter, UCI Cinemas MilanoFiori, UCI Cinemas Certosa, Ducale Multisala, Skyline Multiplex, Le Giraffe Multisala, UCI Cinemas Pioltello, The Space Cinema Le Torri Bianche, UCI Cinemas Lissone, The Space Cinema Cerro Maggiore, Arcadia Bellinzago Lombardo, UCI CInemas Como, Arcadia Multiplex, Multisala Metropol SpazioCinema, Cinelandia Multiplex Gallarate, Multisala Starplex, Cinelandia Multiplex, Multisala Movie Planet, Multisala Saronnese, Multisala Porta Nuova, Cinelandia Lux;

LADRI DI CADAVERI - BURKE & HARE


di John Landis [Gran Bretagna, 2010, 91] con Simon Pegg, Andy Serkis, Isla Fisher, Jessica Hynes e Tom Wilkinson
A Edimburgo, all'inizio dell'ottocento, due truffatori improvvisati e sfortunati cercano disperatamente il loro giro d'affari. La citt ha fama internazionale grazie alle rinomate facolt di medicina e chirurgia e agli eccentrici professori, impegnati in una feroce competizione alla conquista del sigillo reale, premio del re per la scoperta medica pi stupefacente. La domanda di cadaveri aumenta vertiginosamente, l'offerta scarseg-

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gia. Niente di pi incoraggiante per Burke & Hare. Ecco materializzarsi il macabro e funereo campo d'azione. L'uomo destinato a morire dal momento in cui lascia il grembo materno, il destino gi determinato. Tutto quello che faremo aiutarlo giusto un po'. Questo il manifesto proclamato dai due acceleratori del destino umano. Niente ladri di cadaveri, come erroneamente lascia presagire il titolo italiano, ma due impacciati e imbranati killer pronti a tutto per sbarcare il lunario. Provano a convincerci Burke & Hare che i mezzi sono giustificati se il fine rappresentato dalla fame atavica che ti porti dietro dalla nascita o dall'amore cieco per un'intrapren-

dente e prominente ragazza. Non , ovviamente, dello stesso avviso il capitano della milizia reale data la moralit imposta dalla corona. Il desiderio di giustizia di un riadattato sergente Garcia dar quindi il via a un turbolento e rocambolesco finale. Era attesissimo il ritorno alla regia di John Landis, il padre di commedie culto come Animal House, The Blues Brothers e Un lupo mannaro americano a Londra. In questa pellicola si percepisce subito l'assenza di quella coinvolgente energia che fuoriusciva dalle opere precedenti del regista. Il pubblico in sala aspetta invano le inconfondibili scene culto che Landis in grado di imprimere nella memoria dello spettatore. La commistione di generi tra la

commedia grottesca e lo splatter una delusione. Gli sceneggiatori non sono stati in grado di intessere un tessuto dialettico che potesse smuovere lo spettatore attraverso risate incontrollate. Il film si appoggia sull'affiatamento tra i due protagonisti, interpretati da Simon Pegg e Andy Serkis, che innalzano sicuramente il valore della pellicola. La loro capacit di trasmetterci improvvisazione e goffaggine merita l'unico plauso alla pellicola. Marco Santarpia In sala a Milano: Cinema Centrale.

TEATRO questa rubrica a cura di Guendalina Murroni rubriche@arcipelagomilano.org In scena


Tanti incontri al Piccolo Teatro di Milano, dall'8 al 12 marzo la Grecia porta in scena M.A.R.I.L.U., monologo scritto dall'autrice emergente da Lena Kitsopoulou, Eremos, tratto da La Persuasione e la Rettorica di Carlo Michelstaedter, Sek Sek e La Sagra della Primavera, due spettacoli di danza contemporanea. Continua Un Flauto Magico fino al 19 marzo con la regia di Peter Brook. Al Teatro della Cooperativa, la compagnia A.T.I.R. presenta Trilogia Incontri con Epoche Straordinarie. Questa rassegna include tre spettacoli Come un Cammello in una grondaia, 1968 e 1989 Crolli, tre appuntamenti nati dall'urgenza di conoscere il proprio passato per capire il presente. Dal 9 al 20 marzo. Continua la commedia Lucido al Teatro i fino al 13 marzo.

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MARIO BOSELLI. GLI SPAZI DELLA MODA


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MASSIMO CACCIARI. SCUOLE DI POLITICA PER CHI


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n. 9 III 9 marzo 2011

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