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Adam Kie tyk Lectio coram La verit di Dio e delluomo realizzatasi nella vicenda singolare di Ges deve essere

raccontata. Argomenta potenzialit e limiti, risorse e ambiguit della teologia narrativa nellambito dellindagine cristologica, tenendo conto delle recenti sfide teologiche e culturali (fine di una certa metafisica, pluralismo religioso). La recente teologia pone al centro della propria riflessione la questione della rivelazione storica di Ges quale luogo in cui si realizza la venuta escatologica di Dio alluomo. La storia del Nazareno non viene intesa semplicemente come dimostrativa ma piuttosto come costitutiva della verit di Dio. La singolarit della fede cristologica infatti riposa nella reciprocit grazie alla quale levento che rivela la storia di Ges come identica con la verit di Dio (momento pasquale) non annulla la sua storicit (momento prepasquale), ma la ricomprende come un momento costitutivo della sua verit. La storia di Ges non una semplice occasione per laccesso alla verit di Dio, ma la condizione della sua realt, perci il Vangelo, il quale annuncia Ges raccontando la sua storia, costituisce la forma propria di accesso alla verit cristologica di Dio. Peraltro, la storia non solo qualifica il modo con cui Dio viene al mondo ma anche la recezione di questa venuta da parte del discepolo. Infatti la contemporanea ermeneutica esige di riconoscere lo status storico della ragione umana che non pu prescindere dal proprio orizzonte culturale. Di conseguenza la ragione teologica deve riconoscersi come intrinsecamente storico-ermeneutica. Quindi riconoscendo che la rivelazione accade nella storia e la ragione costitutivamente ermeneutica si deduce che la forma del racconto sia costitutiva per la teologia cristiana. Infatti, la stessa formazione del canone neotestamentario pone come criterio dellautenticit della rivelazione la storia di Ges raccontata dai testimoni oculari. In questo modo lidentit di Cristo non pu essere colta al di fuori dun racconto che restituisce la vita del Galileo. A partire da qui ogni discorso cristologico trova la sua norma e il suo limite nellesposizione dei fatti e dei gesti di Ges. Questo significa che la conoscenza del Signore vivente deve misurarsi su di un racconto della sua storia passata. Per questo motivo la questione della narrativit interessa la teologia e non sola lermeneutica biblica in senso regionale. La nostra esposizione vorr quindi presentare i motivi per cui la teologia narrativa costituisce un approccio privilegiato sia per accedere alla verit di Ges che per mostrare, che tale riconoscimento 1

cristologico, implica il coinvolgimento della libert umana. Lapplicazione del principio narrativo nella teologia permette non solo di evidenziare la struttura narrativa della registrazione dellevento rivelativo ma anche, nello stesso tempo, vedere nel racconto la forma originaria di trasmissione di questo evento. Da tutto ci nasce lesigenza di elaborare una teologia narrativa che rifletta sulla rivelazione storica di Dio e sulla sua possibile accoglienza nella comunit credente di ogni epoca1. 1. Il racconto come forma originaria della rivelazione La struttura letteraria della Bibbia rivela il ruolo particolare del racconto nel complesso dei generi letterari che costituiscono il suo tessuto. Si pu infatti osservare che il racconto forma la matrice globale del Pentateuco in quanto la Legge e lAlleanza vengono presentati nella trama narrativa. Per di pi, levento fondatore del popolo dIsraele viene mediato attraverso il racconto che attualizza la presenza salvifica di Dio e fonda lunit del popolo. Israele ha costruito la propria identit raccontando la propria storia. Ora, in questo senso si pu dire che una tradizione religiosa si caratterizza anzitutto grazie alle storie che essa racconta e certo grazie alle interpretazioni simboliche che innesta su queste storie. Ma il primo nucleo il nucleo narrativo.
Lvnement fondateur, en effet, ne vit que par et dans le rcit qui en est fait et ce rcit est son tour un acte ou un vnement. Cest ce rcit qui est porteur de la rvlation de Dieu: cest dire quil est plein de thologie au sens premier de ce mot. Il est un discours sur Dieu. Ne parlet-on pas aussi de credo historiques, propos des anciens formulairs de foi qui retracent les hauts faits de Dieu en faveur de son peuple (cf. Dt 6, 4-9; 6, 21-24; 26, 5-10)?2

La struttura narrativa si rivela adeguata per corrispondere alla funzione teologica, cio la narrativit rende possibile il confronto dellinevitabile disegno divino con la variet delle azioni umane3. La matrice narrativa intralciando insieme le imperscrutabili vie del Signore e i recalcitranti atteggiamenti umani rivela la storia della salvezza nel suo carattere drammatico. Cos il racconto biblico cerca di presentare nellopaca storia umana la raggiante presenza di Dio. La Bibbia non nasconde tutto il peso del male esistente nel seno dellumanit bens mostra che qualsiasi storia umana pu sempre riconfigurarsi secondo il disegno divino.

Il lemma teologia narrativa, per noi, non viene inteso come la forma alternativa alle teologie precedenti (speculativa, kerygmatica, ermeneutica, etc.) poich esso disegna il linguaggio in cui inizialmente e in modo insostituibile si esprime la fede. La problematica evocata dalla formula teologia narrativa non quindi una risposta alla sclerosi della teologia manuale ma concerne la questione fondamentale della teologia, cio la storicit singolare della fede. Tale problema pu essere elaborato soltanto se non si rinunci allinterrogazione ontologica dellevento cristologico. 2 B. SESBO, De la narrativit en thologie, in Gregorianum 75/3 (1994), 414. 3 Tale la tesi di Robert Alter che cerca di mettere in rilievo larte della narrativit biblica che presiede alla redazione del testo. Secondo lui la composizione narrativa, la strutturazione dei fatti nellintrigo, che veicola linterpretazione teologica. Cfr. R. ADLER, Larte della narrativa Biblica, Queriniana, Brescia 1990.

Ces histoires ne sont pas des histoires pieuses: ce sont des histoires de ruse, de meurtre, des histoires o le droit de primogniture est bafou, o llection du hros passe par les man uvres obliques dun jeune homme ambitieux tel que David. Prenant le problme par lautre bout, on pourrait dire quune thologie qui affronte linvitabilit du dessein divin avec la rcalcitrance des actions et des passions humaines, est une thologie qui engendre du narratif, mieux: une thologie qui appelle le mode narratif comme son mode hermneutique majeur, et cela en vertu du caractre paradoxal et, pourquoi ne pas le dire , aportique dune telle thologie qui ignore la dialectique spculative4.

proprio in questa capacit di raccontare le storie umane segnate dal peccato, che non sfuggono al divino progetto, che si mostra il grande valore del narrativo per il teologico. La liberazione dal male non avviene in un istante ma prende la forma di un processo storico che svela, da una parte, il crescente impegno di Dio nei confronti della sua creatura e, dallaltra parte, la progredente infedelt del popolo. La libera decisione salvifica di Dio, il peccato e la conversione delluomo costellano tutta la storia biblica. Insomma, il dialogo tra Dio e gli uomini, cio le peripezie dellalleanza, formano la trama duna moltitudine di racconti spesso drammatici, la cui sequenza costituisce il racconto della salvezza. In questa ottica risulta chiaro che la scelta del racconto per dire il complesso rapporto fra Dio e luomo di tipo teologico in quanto la struttura narrativa costituisce il luogo privilegiato in cui si articola la teo-logia. Tale osservazione si distacca radicalmente dalla tesi secondo la quale si consideri la categoria del narrare come forma precritica di espressione rispetto al logos argomentativo della teologia. Il logos biblico assume la forma narrativa poich essa permette di portare al livello linguistico ci che non pu essere dedotto da nessuna argomentazione: la novit assoluta dellagire divino a favore delluomo.
Ma soprattutto il nuovo, il non ancora accaduto, pu essere introdotto e identificato soltanto in termini narrativi. Una ragione, la quale si chiuda allo scambio narrativo di tali esperienze del nuovo o che lo escluda totalmente in nome della sua natura critica e della sua autonomia, si esaurisce nella ri-costruzione e, in ultima analisi, si condanna a rimanere un frammento della tecnica5 .
P. RIC UR, Le rcit interprtatif, RSR 73/1 (1985) 18-19. J. B. METZ, Breve apologia del narrare, Concilium 5 (1973), 83. Per la teologia narrativa di Metz il ricorso al narrativo ovviamente motivato in nome di una radicalizzazione del carattere pratico della fede che alla fine assume la forma della teologia politica. Lapologia del racconto viene quindi suscitata dalla riflessione sulla redenzione del mondo che sviluppa il teologo tedesco. In questo orizzonte del pensiero il racconto acquisisce un grande valore perch viene riconosciuto come il mezzo veicolante la memoria della sofferenza, che la forza di suscitare i cambiamenti nelle strutture sociali. Invece la motivazione opposta a quella di Metz possiamo trovare in E. Jngel che assegna alla narrativit il posto primario nella sua prospettiva teologica poich vuole sviluppare una ontologia dellevento che esclude ogni fondazione antropologica del discorso su Dio. Cos umanit di Dio, che significa la sua venuta al mondo, rappresenta per il mondo e per tutta lumanit una novit assoluta, che non meno che un cambiamento del tempo, una svolta radicale della storia. Di questa novit si pu parlare solo nel linguaggio che riconosce il valore del tempo e della storia. Per questo motivo il racconto, che garantisce il legame fra la parola e il tempo, diventa il luogo in cui si annuncia lumanit di Dio. Peraltro, nota Jngel, una vera novit non si lascia pensare se non nellattualit di un racconto sempre nuovo. I racconti attraverso quali noi perveniamo alla conoscenza della venuta di Dio al mondo
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Il racconto biblico non pu essere quindi considerato come una forma immatura del discorso su Dio ma neanche come un mezzo ausiliare alla teologia applicata poich il linguaggio narrativo essenziale per la fede in quanto capace di descrivere lesperienza salvifica di Dio nella storia umana. Quindi il linguaggio narrativo fondamentale per la fede nella misura in cui la fede si costituisce come paradosis che chiama tutti a partecipare allesperienza dellevento salvifico. Ne risulta che la teologia deve porre attenzione al genere letterario del racconto e interpretarne teologicamente il suo significato. 2. La forza riconfigurante del racconto. Ovviamente suddette affermazioni pongono la questione generale che concerne la mediazione linguistica della fede la quale cerca di portare a parola levento in cui Dio si rende presente alluomo. A questo punto Jngel e Ric ur6 ricordano che Dio pu venire al discorso solo metaforicamente.
La dottrina teologica del linguaggio, inoltre, sulla base della necessit che le espressioni della nostra lingua, per denotare stati di cose teologici, assumano abbastanza spesso un nuovo significato, deve riconoscere al discorso metaforico una funzione dogmaticamente fondamentale e, quindi, ermeneuticamente decisiva, che non concorda con la concezione della metafora quale figura puramente retorica. Per Lutero era cosa necessaria e certa omnia vocabula in Christo novam significationem accipere in eadem re significata. In questo principio teologico si enuncia la generale esperienza ermeneutica secondo cui le parole traggono il loro significato dal contesto in cui vengono usate. Ma con ci per la teologia sorge un problema particolare, In Christo, infatti, rispetto a tutte le connessioni in cui le parole vengono usate, dato un contesto escatologicamente nuovo, il quale conferisce necessariamente un nuovo significato a tutte le parole che vengono usate in esso. Ma il contesto, evocato dal nome di Ges Cristo, non comportando alcuna parola propria quale designazione dello stato di cose che gli proprio, rinviato alle parole di altri contesti ontologici, che poi devono fungere da metafore nel contesto in Christo, escatologicamente nuovo rispetto a tutti gli altri contesti mondani. Il linguaggio della fede costruito dalla metaphora7.

Con Paul Ric ur invece il passaggio dalla nozione di verit metaforica al narrativo e alle sue possibilit evocative riceve una fondazione filosofica8. Tale passaggio trova la sua giustificazione
chiedono quindi di non essere semplicemente ripetuti, ma ripresi, ri-raccontati (nacherzhlen) nelle nuove narrazioni (Cfr. E. JNGEL, Dio mistero del mondo. Per una fondazione della teologia del Crocifisso nella disputa fra teismo e ateismo, Queriniana, Brescia 2004). 6 Cfr. P. RIC UR , E. JNGEL, Dire Dio. Per unermeneutica del linguaggio religioso, Queriniana, Brescia 1978. 7 E. JNGEL, Verit metaforica, in P. RICOEUR, E. JNGEL, Dire Dio. Per unermeneutica del linguaggio religioso, Queriniana, Brescia 1978, 120. 8 Lanalisi linguistica del linguaggio biblico condotta da Ricoeur fa vedere come la metafora dimostra la sua capacit di agire nel discorso come creatrice di senso, di esprimere ambiti di esperienza e di realt che ambiscono di venire detti in questo modo (P. RICOEUR, Dire Dio , 76). In questa linea lindagine filosofica si concentra sulla parabola per verificare il rapporto che esiste fra la forma narrativa e il processo metaforico: possiamo, provvisoriamente, definire la parabola come quel modo del discorso che applica ad una forma narrativa un processo metaforico. Questa definizione esprime, con un linguaggio pi tecnico, la convinzione spontanea nel lettore d'aver a che fare, al tempo stesso, con una

nel fatto che sia la poetica che la narrativit rendono il mondo possibile da abitare, cio il mondo del testo, il mondo che viene dispiegato dal testo (metafora, racconto) porta il soggetto ad attualizzare i suoi possibili pi propri, in vista di una trasformazione del mondo. Se sul piano dellanalisi strutturale la narrazione viene intesa come forma di linguaggio in cui si produce un effetto di comunicazione, sul piano veritativo si pone in evidenza come essa produca una realt di significato, con una diversa percezione del mondo e dischiudente al vero. Si propone quindi unermeneutica preoccupata di rendere giustizia alloggettivit del senso (il momento semantico) ed alla storicit della decisione personale (il momento esistenziale). Cos si cerca di restituire la centralit della natura linguistica dellesperienza umana, entro la quale si pone la reciprocit fra loggettivit del testo e la risposta esistenziale ad esso. La convinzione centrale di Ricoeur quella che riconosce la potenza ontologica del linguaggio. Contrariamente al strutturalismo, che tende a ridurre il linguaggio al funzionamento interno di un sistema dei codici semiotici, il filosofo francese ha sempre ritenuto che il linguaggio ha un referente, che parla di qualche cosa. Tale presupposto sta alla base dello sviluppo ermeneutico del suo pensiero. Le espressioni linguistiche sono le mediazioni dellessere, e nel caso del linguaggio religioso, le mediazioni dellAssoluto che si rivela. Per non cadere per nel puro fideismo, che misconosce listanza obbiettiva del testo, bisogna ricorrere ad una ontologia del linguaggio9 che permetta di articolare la fede in un linguaggio che mantiene il valore di verit10. Lanalisi filosofica di Ricoeur,
vicenda che frutto di libera creazione e con un transfer di significato che non riguarda questa o quella parte della vicenda, ma la narrazione nel suo insieme, e che diventa, cos, una finzione capace di ridescrivere la vita (P. RICOEUR, Dire Dio , 87). Una presentazione sintetica delle similitudini esistenti fra la metafora e il racconto, che derivano dallermeneutica ricoeuriana, viene proposta da K. Vanhoozer: Both metaphor and narrative manifest the same phenomenon of semantic innovation. While metaphor creates new resemblances between things not ordinarily linked, narrative creates a temporal unity out of a diversity of characters, events, goals and causes: ,It is this synthesis of the heterogeneous that brings narrative close to metaphor. In both metaphor and narrative, then, there is a production of meaning that is the work of the creative imagination. Narratives create sense and order where previously there was only nonsense and chaos. The parallel between metaphor and narrative extends even further. Beyond the level of sense or meaning, there is a connection between metaphor and narrative with regard to reference and truth. Like metaphor, narrative redescribes the world - in this case the temporal world of human action. Here we are challenged and invited to consider and adopt not simply different ways of seeing but of doing (K. J. VANHOOZER, Biblical narrative in the philosophy of Paul Ricoeur. A study in hermeneutics and theology, Cambridge University Press, Cambridge 1990, 8990). 9 I limiti propri a questa lectio coram non permettono di descrivere il lungo percorso filosofico ricoeuriano che sviluppa una teoria del linguaggio riferendosi a due interlocutori principali: la fenomenologia e lo strutturalismo. Ricoeur intraprende quindi lo sforzo di ricomprendere lermeneutica entro lapproccio strutturalista, ovvero attuare la dialettica di momento delloggettivit e momento della soggettivit. Questo compito affidato ad una rinnovata fenomenologia del linguaggio capace di riconquistare al di l della semiologia: il senso di una relazione di trascendenza immanente al segno, ovvero la referenza; il senso del rapporto ad un soggetto parlante; lorigine della funzione simbolica, nella misura in cui luomo un essere-per-il-senso (G. GRAMPA, Editoriale in P. RICOEUR, E. JNGEL, Dire Dio. Per unermeneutica del linguaggio religioso, Queriniana, Brescia 2005, 20). 10 Il concetto di verit, qui sottointeso, non quello che la intende come adaequatio rei et intellectus, ma quello che la pensa come svelamento e manifestazione. Dopo Heidegger, un nuovo approccio al problema della verit esige infatti di riconoscere lessere cos come si d a vedere e si manifesta. In questo orizzonte del pensiero la parola ci che precede

come nota Grampa, rivendica il valore ontologico del mythos poich alla referenza metaforica si riconosce la portata veritativa. Il filosofo francese afferma che il mythos non affatto inferiore rispetto alla verit dordine concettuale, ancorch ne differisca profondamente.
Siamo cos condotti attraverso la linguistica strutturale e la fenomenologia del linguaggio fino ad una ontologia del linguaggio. In altri termini, nel linguaggio poetico, metaforico noi non facciamo soltanto lesperienza di una'metamorfosi del linguaggio - e tanto meno dei segni lessicali - ma della stessa realt. Scoprire che il linguaggio ri-descrive la realt, vuol dire scoprire una efficacia della parola, dell'atto di dire. Una tale efficacia non riducibile n al gioco intra-linguistico delle strutture, ma nemmeno alla potenza di colui che parla. Se levento di parola una creazione di esistenza, di una nuova modalit di esistenza, la apertura e la rivelazione attraverso la parola di una Umwelt, allora latto del dire una modalit dell'essere che esige una costituzione dell'essere tale che possa esser significato. Parlare di verit metaforica vuol dire, allora, mettere in questione un ordine di verit secondo il modulo scientifico della verificazione e della falsificazione; vuol dire, altres, disvelare nuove dimensioni della verit e della realt11 .

Per Paul Ricoeur linnovazione semantica un fenomeno comune alla metafora e al racconto poich tutte e due possiedono una capacit di generare nuovo senso, di scoprire i tratti inediti della realt. La narrativit, come nota K. Vanhoozer, assume un posto privilegiato nella riflessione di Ricoeur perch costituisce il luogo in cui convergono i tre fondamentali temi che animano la sua ricerca: la possibilit, la storicit e la creativa immaginazione. Quindi il narrativo realizza il compito di mostrare un possibile mondo o un modo dessere nel tempo e contemporaneamente sollecita il lettore ad appropriarsene. Il linguaggio narrativo pu dischiudere nuovi orizzonti dellesperienza grazie ai due modi dellimmaginazione, che sono la storia e la finzione12. Queste due forme
e domina luomo, non lui a disporne bens essa a disporne. Di seguito si afferma che il linguaggio poetico ricava la sua forza dalla capacit di portare a parola degli aspetti di Lebenswelt. Cos, nel caso concreto del narrativo, la finzione cerca di portare al linguaggio una esperienza, una maniera di abitare il mondo e di essere-nel-mondo che precede il linguaggio e che domanda di essere detta. In questo senso il linguaggio poetico/narrativo preservano una idea di verit secondo la quale ci che manifestato non a nostra disposizione. Resta una sorpresa e un dono. 11 G. GRAMPA, Editoriale, in P. RIC UR , E. JNGEL, Dire Dio. Per unermeneutica del linguaggio religioso, Queriniana, Brescia 1978, 37. 12 History and fiction, the two modes of the narrative imagination, are ways in which human historicity is redescribed. History and fiction together thus constitute a narrative schematism for what is humanly possible. Narratives create and display the myriad ways that we can live (K. J. VANHOOZER , Biblical narrative in the philosophy of Paul Ricoeur. A study in hermeneutics and theology, Cambridge University Press, Cambridge 1990, 86). Lermeneutica ricoeuriana infatti permette di riconoscere il nesso tra storiografia e narrativit. Riconoscere tale nesso non vuole dire soltanto rompere lisolamento fra loro due ma anche ammettere che il narrativo non del tutto estraneo allorizzonte della verit. Di conseguenza la finzione narrativa pu essere intesa come un vero e proprio laboratorio di forme nel quale noi tentiamo delle possibili configurazioni dellazione per verificarne la consistenza e la plausibilit. Dire che la finzione non manca di referenza, vuol dire scartare una concezione angusta della referenza che rigetterebbe la finzione fuori dellorizzonte della verit. Occorre riconoscere che tutti i sistemi simbolici contribuiscono a configurare la realt. In particolare, gli intrighi che inventiamo ci aiutano a configurare la nostra esperienza temporale confusa e informe. nella capacit propria della finzione di configurare questa esperienza temporale quasi muta che sta la funzione referenziale dellintrigo. Certo, la finzione non ha una referenza riproduttiva nei confronti della realt, bens una funzione produttiva. Si pu quindi dire che la finzione ridescrive quello che il linguaggio convenzionale ha descritto. La ridescrizione della realt avviene solo se la descrizione viene sospesa. Infatti, il linguaggio investe una funzione produttiva tutte le volte che sposta lattenzione dalla referenza al messaggio stesso. Nel caso del linguaggio poetico si

narrative, assicurando la storicit della vicenda umana (poich collocano lagente nel riferimento al passato e al futuro oppure rendono possibile la dialettica fra il tempo cosmico e il tempo dellanima), costituiscono insieme una possibilit di ridescrivere la realt13. 3. Dire Dio nel racconto. La capacit del testo di nominare Dio rappresenta un valore inestimabile per la teologia. Il mondo della Bibbia disteso dai testi rimanda ad un referente ultimo, Dio. Questo referente implicato ogni volta, in maniera originale, nei diversi stili della confessione di fede, legati alle diverse forme del discorso. Poich le forme del discorso sono diverse (narrazione, profezia, legge, proverbio, preghiera, inno etc.) la nominazione di Dio multipla (lattore dei racconti della salvezza, la voce dellAltro dietro la voce del profeta, il donatore della legge, loggetto delle invocazioni negli inni etc.). Ma Dio non soltanto colui che raccoglie tutti i significati dei discorsi parziali, egli anche colui che assicura lapertura del discorso. Dio segno dellincompiutezza di tutte le forme linguistiche14. Nel caso della narrativit la possibilit di nominare Dio avviene nellintreccio della storia e della finzione. Ovviamente occorre ammettere che la finzione non priva di riferimenti al reale (in quanto limmaginazione trasfigura la realt quotidiana e risveglia delle possibilit inedite in rapporto allesperienza umana ordinaria), e la storia da parte sua altra cosa che la pura descrizione (in quanto lo storico per supplire allassenza di un passato raffigura gli eventi del passato). Quello che unisce i racconti di finzione e le narrazioni storiche ci che essi fanno vedere, il tipo di

potrebbe dire che il movimento centripeto del linguaggio verso se stesso si sostituisce a quello centrifugo proprio delle referenze descrittive. Ma la sospensione della funzione referenziale per spostare maggiore attenzione sul significato solo la condizione negativa di una funzione referenziale pi nascosta che in questo modo pu venir fuori. In questo modo si porta a parola degli aspetti della realt che non emergono direttamente nel linguaggio descrittivo ma che si esprimono nel linguaggio poetico, narrativo. 13 Together, history and fiction constitute a schematism of human action by creating figures for human being in time. At the intersection of their respective references, we see what is humanly possible. Both stories and histories uncover buried possibilities of the past: history reminds us of what has happened, and fiction reminds us of what could have happened. In reading histories and fictions, therefore, our own horizons are challenged and broadened. We are able to see the world and ourselves in a different light. History and fiction therefore appear in Ricoeur's thought as two kinds of passions for the possible that together contribute to what we are calling a narrative humanism (K. J. VANHOOZER , Biblical narrative 1990, 102-103). 14 Cette fuite l'infini du rfrent Dieu est suggre et confirme par la structure particulire d'intensifcation de plusieurs des formes du discours biblique, en particulier dans le Nouveau Testament. Pour Ricoeur lexemple paradigmatique de transgression du langage potique ordinaire est constitu par les paraboles de Jsus qui sont des rcits ordinaires o apparat de lextraordinaire: l'vnement du Royaume (j'y reviendrai). Mais d'autres formes du langage biblique qui parlent galement du Royaume montrent une transgression analogue du langage. Si dans la parabole c'est le sens littral de lhistoire ordinaire qui est transgress, les proclamations eschatologiques de Jsus subvertissent le calcul des temps (A. THOMASSET, Paul Ricoeur et la bible: potique et argumentation, in Connatre et croire, 14 (2007) (Bible et philosophie. Les lumires de la raison), 116)

mondo a cui rimandano. E questo mondo del testo chiama il lettore di aprirsi ad una nuova comprensione di s15. Le analisi del linguaggio narrativo, condotte da Ricoeur, costituiscono quindi per la teologia un importante strumento. La sua triade ermeneutica: descrivere, narrare, prescrivere crea le possibilit di accesso alla storia di Ges che non sar ridotta ad un insieme dei bruti fatti ma sar intesa come luogo della rivelazione. Cos descrivere significa determinare la storia di Ges a partire da un certo numero di avvenimenti. Prescrivere il riconoscere carattere performativo di questa storia, sentirsi interpellato da questa storia particolare. Ma questa operazione di applicazione pratica possibile quando descrivere non semplicemente il descrivere del linguaggio convenzionale, bens ci che avviene nel nostro immaginario grazie al narrare. Cos il testo biblico non puramente la descrizione degli eventi, ma una storia raccontata che appella il lettore a prendere posizione rispetto ad essa poich nella tensione dellintrigo narrativo svela una verit sorprendente della storia, la presenza di Dio in mezzo a noi. In questo senso i vangeli quando, attestando ci che li precede (preconfigurazione), costruiscono, nellintreccio delle azioni e dei personaggi, un intrigo (configurazione), che pone al centro del racconto la domanda sullidentit di Ges, esprimono anche la pretesa di trasformare con questo racconto lesperienza del lettore/discepolo (rifigurazione)16. Ne consegue che la verit teologica non si rivela indipendentemente dalla fede del

Lapertura alla nuova esperienza del mondo, la riscoperta dei tratti inediti della realt costituisce in qualche modo il criterio della veracit del racconto. A questo punto possiamo notare che in questa linea di pensiero pu nascere il problema del rapporto fra la verit e la storia. Infatti una maggiore concentrazione sulla capacit del testo di generare le nuove prospettive del senso rischia di privilegiare troppo il valore poetico, (immaginazione/finzione) a detrimento della storia. A tale riguardo rimane pertinente osservazione di C. Geffr: Qual il racconto pi vero? il racconto che favorisce la manifestazione e lattualizzazione di nuove possibilit nell'essere umano. Questa prospettiva non manca di pericoli, e Ricoeur ha incontrato delle resistenze, soprattutto negli Stati Uniti, da parte di esegeti come Hans Frei. Non si vede bene, in effetti, quale sia la prerogativa delle testimonianze storiche rispetto a testi che hanno sufficiente capacit poetica per interpellare qualsiasi essere umano in questo mondo. Ora, quando si tratta di un'ermeneutica credente, bisogna poter salvaguardare la prerogativa insostituibile delle testimonianze storiche rese a quell'evento singolare che Ges di Nazareth, e affermare che la storia di Ges altra cosa che un possibile dell'essere umano. Ges di Nazareth ha la novit di un evento storico, evento di grazia da parte di Dio. Quello che qui in questione sapere se io privileger la narrazione che interpella maggiormente lessere umano in generale, dal punto di vista dell'interpretazione che egli fa di se stesso, o se prender sul serio la storicit di questo o quel racconto (C. GEFFR, Credere e interpretare. La svolta ermeneutica della teologia, Queriniana, Brescia 2002, 40). 16 Questa ermeneutica riconosce che il testo possiede tre referenze: 1. verso il passato, donde proviene; dallaccadimento al testo 2. al suo interno; ogni testo ha una vitalit immanente; 3 verso il lettore, nella lettura che sollecita. La lettura buona deve onorare queste tre referenze. Peraltro, occorre notare che lacquisizione dello statuto ermeneutico del comprendere non significa la possibilit di qualsiasi lettura poich il testo stabilisce gli indizi per una lettura corretta: In primo luogo ci si deve mettere in ascolto della referenza che un testo dichiara di voler dispiegare. Rimandando per ora la giustificazione puntuale, nel caso specifico del NT si rivela una duplice referenza: (a) si tratta di un testo che vuol comunicare la verit di una storia personale dalla quale proviene: il testo stesso che custodisce la sua differenza da quellevento di cui costituisce il medio; (b) un evento il cui significato escatologico pu essere riconosciuto solo se agito (nella rifigurazione dellesperienza nella fede del lettore). Perci si d una circolarit che destinata a rimanere. Il carattere normativo della Scrittura nellaccesso alla verit di Ges Cristo non pu essere rintracciato al di fuori del circolo della/e lettura/e corrispondente/i alla singolarit della fede di ogni credente ,

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discepolo poich per dire chi Ges occorre accogliere liberamente la sua parola. Il vangelo, la testimonianza scritta di fede apostolica, costituisce la condizione sine qua non per giungere personalmente a quel riconoscimento, che coglie nella manifestazione di Ges lautocomunicazione di Dio. A questo punto diventa chiaro che il dispositivo narrativo grazie alla sua funzione di prefigurazione, configurazione e rifigurazione della storia umana serve sia per afferrare la verit di Ges che per coinvolgere in questo processo la libert del lettore. Ma possiamo chiederci perch il narrativo concerne la questione dellidentit personale. Il modello ternario cerca di articolare la dialettica tra la precedenza del senso offerta alluomo (prefigurazione) ed il movimento dellaccrescimento della storia umana (rifigurazione), attraverso il momento dellattivit narrativa (configurazione). In questo modo il racconto produce linnovazione semantica che si svolge nello sviluppo temporale (mediante una successione di eventi). Da qui Ricoeur trae una conclusione secondo la quale esiste una correlazione tra lattivit del raccontare una storia ed il carattere temporale dellesistenza umana. Lipotesi di Ricoeur seguente:
Esiste tra lattivit di raccontare una storia e il carattere temporale dellesperienza umana una correlazione che non puramente accidentale, ma presenta una forma di necessit transculturale. O, in altri termini, che il tempo diviene tempo umano nella misura in cui viene espresso secondo un modulo narrativo, e che il racconto raggiunge la sua piena significazione quando diventa una condizione dellesistenza temporale. [ ] Per risolvere il problema del rapporto tra tempo e racconto, devo fissare il ruolo mediatore che la costruzione dellintrigo svolge tra uno stadio dellesperienza pratica che la precede e uno stadio che le succede. [ ] Seguiamo quindi il percorso da un tempo prefigurato ad un tempo rifigurato, attraverso la mediazione di un tempo configurato17 .

In questa luce diventa chiaro che la teoria della narrativit non risponde ad un interesse puramente metodologico ma mira a descrivere la struttura stessa dellesperienza umana. Cos la teoria narrativa viene applicata da Ricoeur alla costituzione dellidentit personale poich questa non pu articolarsi se non nella dimensione temporale dellesistenza. Il narrativo disegna originariamente lessere umano perch soltanto tramite un processo narrativo il soggetto umano pu accedere a s. Lidentit narrativa esprime quindi il fatto che luomo nonostante la sua determinatezza biologicoantropologica (idem) un essere che si costituisce nel tempo quale identit voluta e mantenuta (ipse).

giacch allinterno di essa che si sviluppa la sua funzione del canone (M. EPIS, Teologia fondamentale, Queriniana, Brescia 2009, 365-366). 17 P. RICOEUR, Tempo e racconto, v. I, Jaca Book, Milano 1983, 91,93.

Introdotta la nozione dellidentit narrativa possiamo adesso osservare che il vangelo ci propone la risposta alla domanda chi Ges raccontando la sua storia. Il testo ispirato non propone una risposta immediata (nello stile di Io-cartesiano; peraltro si osserva che tutte le risposte immediate falliscono di fronte alla prova) ma un percorso che mostra come lidentit di Ges viene a galla nel durante della sua missione. Ges non dice da solo chi ma sono gli altri che devono nominarlo (Mt 16,17). Il compito di dare il nome al Nazareno viene affidato ai suoi discepoli sia a quelli di prima ora che a quelli che lo continueranno nelle generazioni successive. Infatti, il rapporto tra identit di Ges e figure di ricerca/conversione non pu essere solo scandito dalle categorie dei discepoli/apostoli/testimoni ma Ges rappresenta un polo di attrazione molteplice per diverse situazioni umane, spirituali e sociali che risultano istruttive sia del cammino della ricerca che di conversione18. Insomma, di fronte ad una mise en intrigue che scandisce nelle tappe la storia di Ges il lettore viene invitato a partecipare nello sviluppo drammatico dellazione per approdare alla confessione dellidentit di Ges. 4. Il senso teologico del racconto: fra il kerygma e il racconto Il percorso svolto finora, che ha seguito la riflessione di Poul Ricouer, permette di affermare che la funzione teologica del testo e la struttura narrativa risultano essere compatibili. La migliore prova di tale compatibilit pu costituire il rapporto reciproco fra il kerygma e il racconto19. Nella Bibbia il racconto d spontaneamente luogo agli annunciati di fede costituendo cos il fondamento originario della confessione apostolica nel Signore risorto. Il kerygma ha preso una forma narrativa poich secondo la fede neotestamentaria latto di Dio non si pu separare dalla storia di Ges. Una volta guadagnata la prospettiva propriamente teologica (levento pasquale) essa integra la storia. Di conseguenza occorre riconoscere che il narrativo non un semplice ornamento, un ampliamento secondario, mitologico del kerygma (come lo vuole Bultamann), ma una dimensione essenziale del

18 F. G. BRAMBILLA, I molti racconti e lunico Ges. La memoria Jesu principio di unit e diversit delle narrazioni evangeliche, in G. ANGELINI (ed.), Fede, ragione, narrazione. La figura di Ges e la forma del racconto, Glossa, Milano 2006, 77. 19 Lo stesso tipo di rapporto compare fra il racconto biblico e il concetto teologico. Ne esempio migliore il primo Credo che, costituito sulla matrice scritturale, racconta la storia delle tre Persone divine dalla creazione del mondo fino alla fine dei tempi. Come osserva Sesbo tutta la teologia patristica dipende originariamente dal racconto biblico in quanto cerca di esprimere/sintetizzarlo con le categorie filosofiche dellepoca: La toute premire thologie, celle dIrne, est une thologie de lhistoire du salut. Elle reste trs proche des rcits bibliques dont elle dgage les structures doctrinales. Tout linvestissement des Pres dans.les commentaires dcriture, de puis Origne, ne constitue-t-il pas une forme privilgie de thologie du rcit? Noublions pas qu lacte de naissance du discours dogmatique, les additions au Symbole, lors du concile de Nice, se greffent sur le rcit du Credo. Le cest--dire conciliaire juxtapose la formulation en catgories lexpos narratif. Cet acte originaire nous dit la relation qui existe entre rcit et catgories. La formule de Chalcdoine se prsente encore sous une forme dabord narrative, au terme de laquelle elle propose les catgories-cls de nature et de personne ou hypostase. B. SESBO, Gregorianum 75/3 (1994) 416.

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linguaggio della fede. Il rapporto fra kerygma e narrazione originario. Esso ha in nuce un racconto: Dio ha risuscitato Ges dai morti. Il processo della narrativizzazione del kerygma non mira semplicemente a dilatare la densit teologica dellannuncio pasquale ma conduce alla piena comprensione dellevento cristologico. Il passaggio dal kerygma al racconto avviene poich la pasqua viene riconosciuta come la chiave interpretativa di tutto il mistero del Nazareno.
La contrazione dellevento pasquale nel kerygma come un sasso gettato nello stagno che produce una serie di onde successive: 1) il ricupero della storia di Ges con una prima sequenza narrativa;2) la ripresa interpretativa della vicenda di Ges alla luce dellAntico Testamento; 3) la rilettura dellevento di Ges nelle formule di missione e kenosi; e, infine, 4) lelaborazione di modelli e/o schemi per una configurazione globale dellopera e della persona di Cristo20.

Quindi la chiesa primitiva non si ferma alla sola proclamazione della signoria del Risorto e allattesa della sua venuta gloriosa ma ritorna alla sua vita terrena in un movimento di anamnesi sempre pi ampio. Il centro raggiante del racconto levento pasquale garantisce il carattere teologico della ricostruzione della storia prepasquale di Ges; ci vuol dire che nulla nel vangelo veramente aneddotico ma tutti i riferiti episodi della vita del Nazareno hanno la funzione di indicare ci che la Pasqua svela completamente, lidentit ultima di Ges. La strutturazione del vangelo21 dimostra che laccesso allidentit di Ges prende la forma di un processo di cristologizzazione. Tale processo, creando unit fra i diversi racconti, mostra non solo come Ges sia lattore principale della narrazione (come lintrigo evangelico trovi in lui il suo punto focale), ma altres presenta Ges investito dellautorit sovrana che gli permette di chiedere ai suoi ascoltatori la sequela. In questo modo lo stesso vangelo che rimanda alla memoria Jesu come origine che configura tutto il racconto22. Tutte le referenze di cui il testo capace devono subire questo processo: tutte le istanze intradiegetiche (ci che interno al testo, come i personaggi e i tipi di relazioni che li legano e strutturano lo sviluppo di trama) ed extradiegetiche (ci che esteriore al racconto, come lautore e il lettore) vengono riconfigurate in riferimento a Ges. A questo punto J.
F. G. BRAMBILLA, I molti racconti e lunico Ges, 63. Nella nostra lectio usiamo il termine vangelo al singolare ci non significa una riduzione dei quattro vangeli ad un racconto inglobante come se fosse la diversit delle redazione sarebbe dovuta allintenzione dei successivi autori di completare il racconto precedente. Come nota Brambilla la forma quadriforme del vangelo pu essere spiegata attraverso il processo di deuterosi (la ripresa e la rimeditazione della memoria Jesu per integrare gli aspetti sempre pi ampi e ricchi della tradizione apostolica) e la necessit di un numero limitato delle storie di Ges a causa della fine della generazione apostolica. Cfr. F. G. BRAMBILLA, I molti racconti e lunico Ges,54-57. 22 La nostra presentazione mette in risalto il principio strutturante come il fondamento dellunit dei vangeli. Ma dal punto di visto genetico si pu parlare di memoria Jesu come principio di unit e diversit delle narrazioni evangeliche. Per una elaborazione sistematica di tale principio rimandiamo a F. G. BRAMBILLA, I molti racconti e lunico Ges,4793.
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N. Aletti nota che i racconti evangelici sono strutturati dalla questione gesucristologica23: i diversi episodi hanno praticamente tutti la funzione di indicare i rapporti fondamentali instaurati o trasformati dalla presenza di Ges, trasformazione dovuta alla sua identit di profeta della fine dei tempi, di Figlio e di Messia24. Ne risulta che il testo provoca il fenomeno di cristologizzazione, Cristo infatti che opera in tutti gli attori (il lettore compreso) attraverso il suo Spirito aprendoli alla nuova esperienza di Dio. Nel tessuto letterario del vangelo ci sono quindi i vari tipi dei racconti che rispecchiano le varie cristologie delle comunit credenti. Cos lelaborazione in forma di racconto della passione, multiforme e molto lunga, mostra che i primi cristiani hanno visto in essa levento decisivo per la missione di Ges e al tempo stesso per la loro fede. Ma la vasta produzione narrativa concernente la passione non esaurisce completamente la trama evangelica, Ges che va verso la morte anche colui che compie le Scritture (la legge, i profeti,), che rivela la sua missione nel complesso dei titoli, che insegna la vita secondo lo Spirito, che rivela la benevolenza divina nellattivit taumaturgica, che nelle parabole svela i segreti del Regno di Dio. Insomma, il vangelo costituisce un racconto totale su Ges perch lo presenta come una figura escatologica ed universale. Il vangelo permette infatti di situare Ges non soltanto in rapporto ai suoi contemporanei ma rivela anche che la sua missione si sviluppa in un contesto escatologico e che lorizzonte del suo ministero universale. Cosi la variet di approcci alla persona di Ges non significa una dispersione narrativa, bens la capacit dei racconti di integrare ed assorbire un numero indefinito di forme diverse (preghiere, inni, suppliche, discorsi, dialoghi) in vista di un graduale processo cognitivo che conduce alla risposta della domanda: chi Ges? Tale risposta trova la sua articolazione nellevento pasquale. La struttura narrativa del vangelo rispecchia il rapporto reciproco fra il kerygma e il racconto.
I racconti mettono il lettore davanti a una cristologia in evoluzione, (i) perch essa non costituisce innanzitutto n soltanto il modo di essere dei narratori, che spesso cedono il passo
Questo approccio strutturale, gesucristologico, non solo assicura lunit del Nuovo Testamento ma anche permette di evidenziare un certo deficit di alcune teologie narrative che riflettendo sul contenuto non-cristologico della proclamazione del vangelo (Ges non predicava se stesso ma il Regno) non prestano una giusta attenzione alla persona del Predicatore (Cfr. J. MOINGT, Lhomme qui venait de Dieu, Cerf, Paris 1966). Il vangelo rivela la verit di Dio sul volto di Ges, la questione del contenuto della rivelazione pone la domanda sulla sua forma. Quindi lopposizione tra la proclamazione di Ges, non cristologica, almeno nel suo contenuto esplicito, e quella della chiesa primitiva, principalmente cristologica, appare ancora pi forte. Su questo punto costateremo lo stesso fenomeno di cristologizzazione delle lettere. Pi si va avanti nei racconti evangelici, pi la questione della sua identit interessa gli altri attori, e pi Ges parla di se stesso e del suo destino. La cristologizzazione progredisce con il ministero e in proporzione agli incontri. Poco importa qui che i vangeli, unanimi su questo punto, riflettano o meno gli eventi cos come li ha vissuti il loro eroe, perch questo fenomeno di cristologizzazione verifica ci che sta per dimostrare! (J.-N. ALETTI, Ges Cristo: unit del Nuovo Testamento? Borla, Roma 1995, 126). 24 J.-N. ALETTI, Ges Cristo: unit del Nuovo Testamento? Borla, Roma 1995, 127.
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agli attori, i cui rapporti con Ges conosceranno anch'essi un'evoluzione, (ii) perch sar legata al divenire stesso di Ges: i titoli che gli vengono dati dovranno passare per la prova, con lui, per acquistare tutta la loro verit e l loro forza dopo la Pasqua! Dopo tutto, l'analisi dei titoli non sufficiente, perch gli scritti del Nuovo Testamento non si sono limitati a dare dei titoli a Ges; alla domanda chi Ges? hanno risposto innanzitutto con dei racconti, e solo questi possono dare tutto il loro peso di verit ai titoli. Oltre alla sua evoluzione, la cristologia dei racconti neotestamentari si caratterizza anche per ci che non dice, per la densit e l'ambiguit delle relazioni: lasciando ,fare fino a un certo punto, s'intende - i loro attori, i narratori fanno entrare nello spessore e nell'ambiguit delle relazioni umane, dove il non detto e i silenzi vietano spesso al lettore un'interpretazione immediata e facile. In questo senso, ci che i narratologi dicono dei racconti e della loro dimensione catartica vale a fortiori per quelli del Nuovo Testamento: l pi che altrove il lettore senza dubbio invitato a numerosi spostamenti!25

La pluralit dei racconti non produce la perdita del loro referente (Ges) in quanto tutti loro, in modo proprio ma compatibile, contribuiscono alla conoscenza di Ges (unit non significa uniformit perch lunit del messaggio evangelico si esprime nella molteplicit delle testimonianze) 26. Lunit narrativa del vangelo, abbracciando quindi diversi insegnamenti, avvenimenti, circostanze, ma anche costernazioni, silenzi, fraintendimenti, conduce il lettore allevento in cui emerge la verit ultima di Ges: la pasqua. Il racconto abbozza cos un percorso completo e coerente del discepolo mostrando tutta la gamma delle vicissitudini di coloro che cercano di capire il messaggio del loro Maestro. Ma tutte le domande sulla verit di Dio e la veracit/pretesa/identit dellInviato ricevono nella pasqua la loro risposta poich la resurrezione conferma che la verit di Dio non pu essere colta indipendentemente dalla sorte del suo Inviato.

J.-N. ALETTI, Ges Cristo: unit del Nuovo Testamento? Borla, Roma 1995, 122-123. A questo punto si deve notare che la molteplicit dei racconti rimanda sempre allo stesso referente, Ges di Nazareth, in cui la chiesa primitiva ha riconosciuto nella fede il dono di Dio che suo unico Figlio. La veracit del racconto provata dalla sua origine pasquale, il luogo in cui stata riconosciuta la verit ultima del Rabb di Nazareth. In questo modo il racconto evangelico avanza la sua pretesa singolare rispetto agli altri racconti che cercano di dire la trascendenza divina nello spazio umano. Quindi il racconto come portatore della storicit assoluta di Ges, che testimonia lindissolubilit del Figlio dalla sua umanit (la storia di Ges non lespressione occasionale del Logos divino), non riducibile, in un contesto del pluralismo religioso, ad una delle storie che raccontano le varie mediazioni del divino. Infatti la tentazione in un simile contesto culturale tale: inserire la persona di Ges in un orizzonte culturale diverso da quello tracciato dalla sua storia per poter esprimere la sua verit con il sussidio concettuale fornito dalle altre religioni. Ma in questa operazione di implantazione (il termine che nel linguaggio fisico significa laggiunta di impurit in un materiale cristallino, usata nei semiconduttori per alternarne la conduzione elettrica) si corre il rischio di contaminare la vera rivelazione realizzatasi nella storia con le aggiunte extragesuine: la rivelazione di Ges espressa nei significati extraevangelici avr la stessa qualit di conduzione la verit di Dio?In altri termini ci si chiede se la verit di Ges non possa essere detta diversamente, confessandolo come Cristo nella cultura ebraica o come Logos nella cultura greca o ancora come yogin o buddha in una cultura asiatica. Ma in tal modo si dice la verit di Ges come un significato diversamente inteso nelle varie culture e sovrapposto a un fatto del passato in senso metaforico (cristologia inculturata). Ci si deve chiedere per se la confessione di Ges come Cristo non dica qualcosa di pi, ovvero lesperienza dellincontro col vivente Risorto, che presente tra noi al modo di un nuovo essere insieme di Dio con luomo, che compie lalleanza. In tal senso i titoli Cristo, Signore o Figlio dicono il vivente Glorificato presente tra i suoi al di l della morte di croce. Si tratta di un avvenimento escatologico che svela il vero fondamento della vita di Ges, quel suo riceversi dal padre che non poteva restare prigioniero della morte (At 2,24) (A. COZZI, Cristologia, La Scuola Cattolica 139 (2011) 195).
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Il racconto evangelico permette quindi ai lettori di stabilire con Ges una relazione di discepolato grazie alla quale possano riconfigurare la propria storia diventando cos i testimoni del Signore risorto. Tale sequela, bench facilitata dallaiuto del narratore onnisciente, non cancella lesigenza di portare la propria croce. Il discepolo di oggi, sostenuto dallesperienza apostolica, passa attraverso le presunzioni, le paure, le cadute, il perdono per ricevere con umilt il dono che il Maestro ci offre, laccesso al Padre. Il cammino del discepolo non pu essere diverso da quello del suo Rabbi poich soltanto essendo uniti a lui si diventa figli di Dio. Tutto ci che viene raccontato nel vangelo serve al lettore per suscitare la libera decisione di seguire Ges e in questo modo trovare la risposta alla domanda: chi Ges? La scoperta dellidentit di Ges inseparabile dal discepolato poich la decisione umana costitutiva della verit teologica. Il vangelo veicola quindi il kerygma pasquale nella forma di un racconto della vita di Ges perch la presenza salvifica del Signore risorto possa essere riconosciuta/confessata nellatto di fede: Poich se confesserai con la tua bocca che Ges il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lha risuscitato dai morti, sarai salvo (Rm 10,9). Il racconto evangelico costituisce lelemento insostituibile dellatto di fede in cui, professando lidentit di Ges, si attinge alla salvezza.

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