"L'energia dei combustibili fossili davvero l'unica che pu soddisfare i bisogni della nostra vita moderna e della nostra civilt? No, il problema fondamentale riuscire a fissare l'energia solare attraverso opportuni processi chimici [...] Se la nostra civilt nera e nervosa, basata sul carbone, sar seguita da una civilt pi tranquilla, basata sull'utilizzo dell'energia solare, non ne verr certo un danno al progresso e alla felicit umana."
Giacomo Ciamician,4
"The Photochemistry of th Future", Vili Congresso Internazionale di Chimica Applicata New York, settembre 1912 (Science 1912, 36, 385)
sembrare oltraggiosa, ma certo che la conoscenza del II Principio della Termodinamica potrebbe far ravvedere i sostenitori del grande bluff della crescita infinita e che un corso di termodinamica ben fatto sarebbe di grande beneficio per gli studenti di Economia, particolarmente per quelli che un giorno aspirassero a diventare Ministri. ... Speriamo anche che questo volumetto possa essere utile per i responsabili dei mezzi di comunicazione di massa, che dovrebbero trattare con pi attenzione e pi rigore il delicato problema dell'energia. Eviterebbero, ad esempio, di far credere ai lettori (e a quei politici che si informano solo sfogliando la "mazzetta" dei giornali) che il rilancio dell'energia nucleare sia una strada facilmente percorribile, il carbone sia "pulito", il metano non inquini, l'era dell'idrogeno sia dietro l'angolo e il motore ad acqua sia pronto ad andare in moto. Oggi come non mai nel mondo dei mass media e in quello della politica c' bisogno di persone scientificamente preparate e coraggiose. Nicola Armaroli, Vincenzo Balzani Bologna, novembre 2004
Giacomo Ciamician, professore di Chimica all'Universit di Bologna dal 1889 al 1922, stato un ricercatore di grande talento: le sue scoperte hanno spaziato in numerosi campi della chimica e nel 1914 sfior la conquista del Premio Nobel. Ciamician a tutt'oggi considerato il padre della fotochimica, la scienza che studia i processi chimici indotti dalla luce. Chi, come noi, studia e lavora in questo settore della ricerca scientifica subisce ancora il fascino delle sue intuizioni. Le frasi riportate all'inizio di questa pagina, pronunciate nel 1912 in una famosissima conferenza tenuta negli Stati Uniti, colpiscono profondamente per la lucidit profetica con cui Ciamician intu, oltre 90 anni fa, la necessit impellente, per l'umanit, di cambiare la fonte di approvvigionamento di energia. L'era dei combustibili fossili, che tanto ha migliorato la vita di una parte (piccola) dell'umanit, non pu continuare all'infinito. ... I messaggi che emergono da questo libro potranno a volte apparire poco gradevoli. Non facile ammettere, ed esserne convinti per primi, che in un mondo caratterizzato dalla disuguaglianza noi, cittadini dei Paesi sviluppati, viviamo in una condizione di grande privilegio. Pu disturbare riconoscere che il modello di sviluppo della nostra societ e le nostre comode abitudini comportano lo spreco di energia e di altre risorse non rinnovabili e l'inquinamento dell'ambiente. Ci viene spontaneo cambiare canale quando la televisione mostra per l'ennesima volta il crollo delle Torri Gemelle o le citt irachene distrutte dai bombardamenti, col petrolio che sta, nascosto, sullo sfondo della scena. Ci preoccupa l'aumento continuo del prezzo del petrolio e forse, ancor pi, il propagarsi di malattie asmatiche ed allergiche fra i nostri bambini e le oscure minacce del surriscaldamento del Pianeta. Come si possono risolvere questi problemi? E una grande sfida quella che ci attende: dobbiamo affrontarla al pi presto, prima che siano catene di eventi fisici ingovernabili e/o dinamiche politiche e sociali basate sulla violenza a portare l'umanit verso un futuro tragico. proprio un'analisi seria e consapevole di questi problemi che ci pu permettere di dare, come societ e come singoli, un contributo per far si che il mondo diventi pi vivibile per tutti i suoi abitanti. Siamo in tanti su questo piccolo pianeta che ha solo una risorsa inesauribile: l'energia che ci giunge dal Sole. Al momento, non conosciamo altri luoghi dell'Universo in cui sia possibile vivere. Non possiamo quindi pensare che, in un mondo finito, i nostri consumi possano crescere all'infinito, a meno di non essere "o un pazzo o un economista", come ebbe a dire Kenneth Boulding negli anni Ottanta. La seconda parte della precedente affermazione pu
Acronimi
- EPT: Energy Payback Time (tempo di ammortamento energetico) - EROEI: Energy Return on Energy Invested (energia netta) - EU: European Union (Unione Europea) - IGCC: Integrated Gasifier/Combined Cycle (impianti a ciclo combinato per la produzione di elettricit che utilizzano combustibili liquidi o solidi gasificati) - OPEC: Organization of Petroleum Exporting Countries (organizzazione cui aderiscono alcuni dei maggiori produttori mondiali di petrolio) - PD: Power Density (densit di potenza di una data forma di energia) - SUV: Sport Utility Vehicle (automezzo sportivo pesante)
Abbreviazioni
- cvh: cavallo vapore ora - EU-15: Europa a 15 Stati membri (fino al 1 maggio 2004) - EU-25: Europa a 25 Stati membri (dal 1 maggio 2004) - kcal: chilocaloria - kgoe : kg of oil equivalent (kg di petrolio equivalente) - kWh: chilowattora - J: joule - ppm: parti per milione - tep: tonnellata equivalente di petrolio
campi profughi nel disinteresse di tutto il mondo) la nostra reazione la rappresaglia o, addirittura, la guerra. A peggiorare la situazione contribuisce lo sviluppo di reti terroristiche internazionali estremamente ricche e potenti, pronte a strumentalizzare queste sacche di disperazione e a proclamarsi paladine dei diseredati. Le disuguaglianze fra Paesi sviluppati e
Paesi poveri appaiono chiaramente anche dai dati della Tabella 1 e di quelle che seguiranno. La necessit di colmare le gravissime disuguaglianze esistenti non solo un imperativo morale, ma anche una necessit se si vuole che il mondo viva in pace.
1.2 La popolazione
La popolazione della Terra attualmente di circa 6,2 miliardi di persone, che presumibilmente diventeranno circa 8 miliardi nel giro di 20 anni . Fino a qualche decennio fa la popolazione della Terra cresceva con un ritmo molto alto, che oggi in sostanziale rallentamento (Lutz et al. 2001). Le ragioni sono molteplici. Tra esse vanno menzionate la crescente diffusione della pianificazione familiare e la forte incidenza, specie nei Paesi poveri, di malattie letali che colpiscono soprattutto le persone in et fertile, come la sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS). Si stima che la crescita sar sempre pi lenta e che, fra circa 100 anni, la popolazione mondiale si stabilizzer attorno ai 12 miliardi, il doppio di quello attuale. Come si vede dalla Tabella 1, la nazione pi popolata la Cina, seguita dall'India. Nonostante il drastico calo del tasso di natalit, imposto per legge, la popolazione cinese sta crescendo ancora, per inerzia, con un ritmo molto sostenuto: pi di 1 milione di persone al mese, circa 25 persone al minuto. L'India, dove il tasso di fertilit pi alto, cresce pi velocemente della Cina; verso il 2050 Cina e India avranno ciascuna circa un miliardo e mezzo di persone e, insieme, costituiranno un terzo della popolazione mondiale. Anche in Africa la popolazione in aumento, ma con grandi differenze fra nazione e nazione. Nei Paesi sviluppati il tasso di natalit molto basso e in alcuni di essi, come Russia, Giappone, Germania, Italia e Spagna, ci sar una consistente diminuzione della popolazione nei prossimi anni. In questi stessi Paesi, a causa della contrazione delle nascite e dell'allungamento della vita media, si assiste anche a un forte invecchiamento della popolazione, solo in parte compensato dall'immigrazione (Doyle 2002; Economist 2004a). Attualmente su scala mondiale c' un aumento di circa 80 milioni di persone ogni anno ed il 97% dei nuovi nati appartiene alle regioni meno sviluppate. Bisogna quindi aggiungere 80 milioni di posti a tavola ogni anno. Questo sarebbe niente se non ci fosse il problema che pi di un miliardo di persone gi nate non sono a tavola (Figura 1): sono sotto la tavola, ad aspettare le nostre briciole. Questa, evidentemente, non una situazione di pace. Noi, cittadini dei Paesi sviluppati, siamo tutti a tavola e ogni volta che quelli sotto la tavola tentano di arrampicarsi (si pensi allo sbarco degli immigrati o agli esodi biblici dalle regioni martoriate dalle guerre e dalle carestie) li respingiamo o li ignoriamo (Doyle 2002). Quando poi quelli che stanno sotto la tavola, presi dalla disperazione, diventano terroristi (ad esempio, i palestinesi che vivono da decenni in
1.4 L'ambiente
L'uso su larga scala dei combustibili fossili sta causando danni all'uomo e all'ambiente. La combustione di carbone, petrolio e gas naturale, infatti, oltre a sostanze inquinanti alle quali si accenner in seguito, genera CO. Questo gas gi presente nell'atmosfera ed indispensabile per la crescita delle piante e la mitigazione naturale del clima. Tuttavia l'aumento della sua concentrazione molto dannoso poich ha l'effetto di diminuire la dispersione del calore irraggiato dal globo terrestre, con conseguente aumento della temperatura ("effetto serra", da cui anche il nome di "gas serra", spesso usato per indicare il biossido di carbonio e altri gas che provocano lo stesso fenomeno) (Hansen J. 2004). Un quintale di carbone, di benzina e di gas naturale bruciando con l'ossigeno producono, rispettivamente 3,66, 3,08 e 2,74 quintali di CO2. Poich le quantit di combustibili fossili attualmente usate sono enormi (Tabella 2), enormi sono anche le quantit di CO2 immesse nell'atmosfera (Tabella .5). Oggi nella comunit scientifica pi accreditata (Kerr 2004a) c' un diffuso consenso riguardo al fatto che l'aumento di temperatura causato da questo apporto di gas serra in atmosfera potr avere serie conseguenze, come lo scioglimento di una parte dei ghiacci polari (Miller L. e Douglas 2004; Schiermeier 2004b), con aumento del livello dei mari e la conseguente inondazione di citt costiere, nonch variazioni climatiche consistenti, pi o meno marcate a seconda delle regioni del globo. Per quanto riguarda l'inquinamento dell'aria ed i suoi effetti sulla salute si veda il cap.2.
cresceva di continuo e questo obblig ad estrazioni sempre pi in profondit; agli inizi dell'Ottocento erano gi state realizzate miniere a 300 metri di profondit. Inutile ricordare che le condizioni di vita dei minatori, spesso donne e bambini, erano in molti casi insopportabili ed il costo umano di questa attivit estrattiva fu enorme. da allora che l'umanit ha cominciato a fare esperienza dei danni e non solo dei benefici portati dai combustibili fossili. Con una crescente disponibilit di carbone, cominci anche ad aumentare la disponibilit di metalli lavorati, ricavati da processi di fusione in forni ad alta temperatura 1. Dall'inizio dell'Ottocento, cominciarono a comparire le prime lampade per l'illuminazione delle citt, alimentate dal cosiddetto "gas di citt", pure ottenuto dal carbone. La pi importante innovazione resa possibile dall'abbondante disponibilit di carbone fu la caldaia a vapore, brevettata in Inghilterra da James Watt nel 1769. Essa convettiva l'energia chimica del carbone in energia termica e poi In energia meccanica. La forza muscolare umana ed animale e l'energia dei mulini a vento o ad acqua, dopo millenni, potevano essere comodamente sostituite da potenti macchine: era l'inizio della rivoluzione Industriale. La macchina a vapore di Watt, rudimentale ed inefficiente, fu progressivamente perfezionata: alla fine dell'Ottocento le caldaie a vapore erano trenta volte pi potenti e dieci volte pi efficienti dei modelli di inizio secolo. Lo sviluppo di queste macchine, alimentate a carbone, diede un'enorme spinta ai trasporti (Smil 2000b). . Nonostante questi progressi enormi, la caldaia a vapore non divenne il motore "primo" dominante nella civilt delle macchine perch, a met dell'Ottocento, cominci a diffondersi l'uso di un formidabile concorrente del carbone, un combustibile molto pi flessibile, facile da trasportare, meno inquinante e pi potente: il petrolio. A differenza della "civilt della legna", che fin per carenza di materia prima, la "civilt del carbone" non fin per mancanza di carbone, ma perch si rese disponibile un'alternativa pi valida, peraltro molto meno abbondante del carbone stesso. I primi ad estrarre petrolio dalle viscere della Terra, da tempi immemorabili, furono probabilmente i cinesi. Tuttavia l'estrazione industriale del cosiddetto "oro nero" ebbe inizio negli Stati Uniti nel 1859 (Oil Creek, Pennsylvania). Nella seconda met dell'Ottocento l'estrazione petrolifera si svilupp in altre zone degli Stati Uniti (Texas, California), in Romania, sul Mar Caspio e in Indonesia. Nel primo decennio del Novecento cominciarono le trivellazioni in Messico, Iran, Venezuela, mentre il primo pozzo petrolifero in Arabia Saudita inizi la produzione solo nel 1938. Nel secondo dopoguerra cominci a svilupparsi in modo consistente la ricerca di giacimenti di un altro combustibile, il gas naturale, le cui propriet, prime fra tutte un minore impatto ambientale, lo rendevano un valido sostituto di carbone e petrolio in molte applicazioni. Oggi in Italia il consumo di gas naturale (generalmente indicato col nome di "metano") ha superato quello dei derivati del petrolio nella produzione di energia elettrica e calore per usi civili ed industriali (ENEA 2003). La disponibilit di petrolio diede impulso allo sviluppo dei motori a combustione interna (Smil 2000b). Con questa tecnologia non era necessario produrre vapore da usare come generatore di forza meccanica, come nel caso del carbone; il combustibile liquido o gassoso pu, infatti, bruciare direttamente nella camera di combustione, senza l'intervento del vapore come "intermediario": i motori a combustione interna sono quindi intrinsecamente pi efficienti. I brevetti in questo campo furono molteplici: motore a 4 tempi (Otto, 1876), motore a cilindro verticale (Daimler, 1885), motore diesel (Diesel, 1892). Tuttavia la produzione industriale di automobili su larga scala ebbe inizio negli Stati Uniti per iniziativa di un giovane imprenditore del Michigan, Henry Ford. Egli mise sul mercato la prima autovettura di serie a
prezzi contenuti, la Ford T. Da quel momento l'industria automobilistica ha iniziato uno sviluppo che, pur tra alti e bassi, continua tutt'oggi. . Attualmente possibile raggiungere in aereo qualsiasi luogo della Terra meno di 24 ore, i treni possono viaggiare a 300 km/h, mentre l'automobile un mezzo di trasporto privato accessibile alla quasi totalit delle persone che vivono nei Paesi ricchi. Si stima che, per sostenere questo viluppo, nel corso del Ventesimo secolo siano stati estratti 250 miliardi tonnellate di carbone, 125 miliardi di tonnellate di petrolio e pi di 5.000 miliardi di metri cubi di gas (Smil 2003).
una potenza di fuoco tre volte superiore a quella delle potenze dell'Asse (disperatamente a corto di risorse energetiche per alimentare la macchina bellica) rovesciando cos le sorti del conflitto. Per stroncare il regime nazista essi scaricarono complessivamente sulla Germania circa un milione di tonnellate di bombe (Friedrich 2004). I costi economici del dispiegamento di questa potenza furono altissimi: nel 1944 gli Stati Uniti e l'Unione Sovietica usarono per le spese militari, rispettivamente, il 54% ed il 75% del loro prodotto interno lordo. .
Lenergia elettrica 17 ottobre del 1831 lo scienziato scozzese Michael Faraday dimostr che era possibile trasformare l'energia meccanica in energia elettrica, e viceversa (induzione elettromagnetica). La possibilit di generare forza meccanica dalla combustione di carbone, petrolio e gas, unita alla scoperta di Faraday, resero possibile la produzione su vasta scala dell'energia elettrica, .. L'energia e l'agricoltura I combustibili fossili e l'elettricit sono la linfa vitale per l'agricoltura meccanizzata moderna (Heinberg 2004; Smil 2000b). Essi vengono usati per fabbricare ed azionare macchine agricole, per irrigare i terreni coltivati, per produrre ed utilizzare fertilizzanti e pesticidi, per conservare i raccolti, per lavorarli, per trasportarli al consumatore finale. All'inizio del Novecento ogni agricoltore americano produceva cibo sufficiente per nutrire altre sette persone; oggi lo stesso agricoltore pu sfamarne un centinaio. Nel corso del XX secolo l'estensione della terre coltivate aumentata di circa il 30%, a fronte di un aumento dei raccolti del 600%; questo stato possibile grazie ad un aumento dell'8000% degli input energetici impiegati in agricoltura (Smil 2000b). Questa impetuosa crescita del settore avvenuta di pari passo con un'impressionante diminuzione degli addetti. Nel 1860 gli agricoltori rappresentavano il 60% della forza lavoro degli Stati Uniti. Oggi il numero degli addetti all'agricoltura cos irrilevante che il mestiere di "agricoltore" non era pi indicato nei moduli per il censimento dell'anno 2000. Nonostante questo, gli Stati Uniti restano la prima potenza agricola mondiale. L'energia e l'informazione .. L'energia e la guerra . Non possiamo per concludere questa sezione senza ricordare che la disponibilit diffusa di energia a basso costo anche servita per aumentare in maniera impressionante il potenziale distruttivo degli arsenali mondiali, portando l'umanit sul baratro dell'autoannientamento (Smil 2000b). . Si stima che dal 1940 in poi circa il 10% dell'energia prodotta nel mondo sia stato impiegato per lo sviluppo e la costruzione di armamenti (Smil 2000b). Nel 1944 gli Alleati furono in grado di mettere in campo
La carneficina non terminata con la resa incondizionata di Germania e Giappone nel 1945. In questi ultimi 60 anni c' stato un continuo stillicidio di grandi e piccoli conflitti che ha causato altri milioni di morti (800.000 solo in Ruanda nel 1994) (BBC 2004; Bellesi e Moiola 2004). Per dare un'idea delle risorse impiegate oggi nello sviluppo di armi e guerra (eufemisticamente definite "spesa per la difesa"), si pensi che per il quinquennio 2004-2008 il budget della maggiore potenza militare mondiale, gli Stati Uniti, ammonta a 2,1 trilioni di dollari2. Una cifra che si fatica persino ad inquadrare: circa 4 milioni di miliardi
delle vecchie lire, ovvero 650 mila lire per ogni abitante della Terra.
L'energia il vero potere che governa il mondo; pi della politica, dell'economia, della finanza, dell'industria e della guerra. Senza energia non si pu vivere. L'energia il fattore chiave per lo sviluppo economico e sociale dell'umanit. Gi alla fine dell'Ottocento, quando il petrolio non er ancora stato sfruttato, il grande fisico Ludwig Boltzmann scriveva che la gara per la vita principalmente una competizione per l'energia disponibile. L'importanza dell'energia anche dimostrata dal fatto che tra ascesa e la caduta delle civilt possono essere correlate all'abbondanza o alla scarsit di risorse energetiche (Tainter 1988). La disperata ricerca di nuove fonti petrolifere ha spinto Giappone e Germania, nella Seconda guerra Mondiale, ad avventure militari che le hanno indebolite su altri fronti, portandole alla disfatta (battaglie del Pacifico, invasione dell'Unione Sovietica per la conquista del bacino del Mar Caspio) (Smil 2000b). Passando poi alle vicende attuali, francamente difficile pensare che alcune delle guerre recenti, e segnatamente quelle che ci toccano pi da vicino
"(Iraq I e II, Afghanistan, Cecenia, Serbia), non siano legate alla necessit di un controllo "ravvicinato" dei pozzi di petrolio e gas del Golfo Persico e del Caspio e dei relativi oleodotti e gasdotti che ne permettono lo smistamento. Tale necessit si fatta pi incalzante nell'ultimo decennio a causa dei profondi travagli interni che percorrono l'Arabia Saudita, maggiore produttore mondiale di petrolio e fedele alleato degli Stati Uniti. L'energia un qualcosa che tutti conoscono, ma che non semplice da definire. Le forme principali in cui l'energia si pu manifestare e le trasformazioni di una forma di energia in un'altra possono essere descritte schematicamente nel modo seguente.
Energia chimica: l'energia che viene sviluppata da una reazione chimica (tipico esempio: il gas che brucia nel fornello); generalmente l'energia chimica si sviluppa sotto forma di calore (energia termica) e attraverso il calore pu essere convertita in energia meccanica (motore a scoppio); pu anche essere convertita direttamente in energia elettrica per mezzo di vari dispositivi quali batterie e celle a combustibile. Energia meccanica: quella sviluppata da un corpo in movimento (energia cinetica: ad esempio, una ruota che gira) o quella che un corpo pu sviluppare in base alla posizione in cui si trova (energia potenziale: ad esempio, l'acqua bloccata dalla diga di un bacino idroelettrico); l'energia meccanica si pu convertire facilmente in energia elettrica (turbine, alternatori) e termica (attrito). Energia elettrica: l'energia collegata alla presenza di cariche elettriche, che possono essere in movimento (la corrente che passa lungo un filo) o ferme (campo elettrostatico). L'energia elettrica sotto forma di corrente elettrica molto versatile. Pu essere facilmente trasportata e distribuita in modo "pulito" (rete elettrica) e pu essere convertita in energia chimica (ad esempio, elettrolisi dell'acqua con formazione di idrogeno), meccanica (motori elettrici), termica (stufe elettriche), luminosa (lampade al neon). L'energia elettrica non si pu accumulare come tale, ma solo dopo trasformazione, ad esempio in energia chimica (accumulatori). Energia nucleare: l'energia liberata nelle reazioni nucleari (fissione o fusione nucleare) nelle quali piccolissime quantit di materia vengono trasformate in enormi quantit di energia; l'energia nucleare si sviluppa sotto forma di energia termica che, attraverso la trasformazione in energia meccanica, viene generalmente convertita in energia elettrica. Energia radiante (es. luminosa): l'energia emessa da corpi che si trovano in particolari condizioni; tipici esempi sono l'energia che ci viene dal Sole (in parte sotto forma di luce visibile) e la luce emessa da una lampada. L'energia radiante pu essere trasformata in energia chimica (ad esempio, nel processo di fotosintesi che avviene nelle piante), elettrica (processo fotovoltaico) e termica (assorbimento delle radiazioni da parte dei corpi irradiati). Energia termica: quella dei corpi caldi ed misurata dalla quantit di calore che il corpo pu cedere. Una forma primaria dell'energia termica l'energia geotermica disponibile nel sottosuolo. L'energia termica pu essere ottenuta direttamente bruciando combustibili o dall'energia nucleare. Essa la forma finale delle varie trasformazioni e degradazioni dell'energia. Riguardo \e fonti di energia, molto importante la distinzione fra fonti primarie e fonti secondarie. Le. fonti primarie includono sia le materie prime energetiche (carbone, petrolio, gas naturale, legno, materiale radioattivo, ecc.), sia quei fenomeni naturali che possono essere sfruttati per ottenere energia utilizzabile dall'uomo (luce solare, vento, maree, energia idraulica, geotermica, ecc.). Un'importante distinzione che si deve fare quella fra fonti primarie rinnovabili che traggono origine da fenomeni naturali che avvengono con continuit (tipico esempio: l'energia che ci viene dal Sole) e. fonti primarie non rinnovabili che si sono originate da fenomeni naturali avvenuti in epoche remote e che non sono ripetibili nella nostra scala dei tempi (tipico esempio: il petrolio). Le fonti secondarie sono forme di energia generalmente di comodo uso, ottenute dalla trasformazione delle fonti primarie; sono quindi fonti secondarie (a volte dette anche vettori energetici) l'energia elettrica, l'idrogeno, ecc. ............................... L'energia obbedisce a regole ben precise, dedotte dall'esperienza (Atkins 1988, 1990; Degli
Espinosa e Tiezzi 1987). L'energia si pu convertire da una forma ad un'altra, ma non pu essere n creata n distrutta (I principio della Termodinamica). Inoltre, esiste una gerarchia fra le varie forme di energia: mentre possibile convertire completamente le altre forme di energia (ad esempio, l'energia meccanica o elettrica) in energia termica (calore), non possibile l'opposto, per cui l'energia, pur non potendo essere distrutta, ogni qual volta viene trasformata in calore si degrada (II Principio della Termodinamica). La percentuale dell'energia termica convertibile in lavoro tanto pi alta quanto maggiore la differenza di temperatura fra la sorgente di calore ed il mezzo in cui si opera. Per questo motivo le macchine termiche, come le centrali termoelettriche o i motori di automobile, operano alle temperature pi alte possibili, compatibilmente con la resistenza dei materiali. Il II Principio della Termodinamica legato anche al concetto di entropia, una quantit che misura il grado di disordine di un sistema; esso afferma che la quantit totale di entropia in natura sempre in aumento. Esempi di entropia crescente sono il raffreddarsi di un corpo caldo con dispersione del calore nell'ambiente e lo zucchero che si scioglie nell'acqua. In conseguenza del I e del II Principio della Termodinamica non possibile costruire una "macchina" capace di compiere un moto perpetuo perch l'energia non si pu creare e neppure riciclare completamente. Questi concetti sono fondamentali per una corretta interpretazione dei problemi collegati all'uso dell'energia. Una cosa molto importante da considerare che ogni volta che si trasforma l'energia da una sua forma ad un'altra ci sono perdite dovute alla parziale trasformazione in calore a bassa temperatura. Ad esempio, l'efficienza di conversione da energia elettrica ad energia luminosa, che nella prima lampada ad incandescenza fabbricata da Edison era solo del 0,2%, oggi attorno al 5% nelle lampade ad incandescenza. Utilizzando al posto di queste ultime moderne lampade a fluorescenza, si consuma l'80% in meno di energia elettrica a parit di luce prodotta. L'efficienza di conversione dell'energia solare in energia chimica nel processo fotosintetico naturale varia dall'1 al 5% e l'efficienza di conversione dell'energia solare in energia elettrica nelle celle fotovoltaiche di circa il 10%. L'efficienza dei motori elettrici pu raggiungere il 90%. L'efficienza di conversione da energia chimica in energia elettrica in una turbina a gas a ciclo semplice del 35%. Notevoli perdite di energia si hanno anche nel trasporto. Ad esempio si stima che nella rete elettrica americana 10% dell'energia vada perduta in questa fase (Smil 2003).
Un uomo in buona salute pu generare una potenza di circa 800 W per un tempo breve, ad esempio salendo di corsa una rampa di scale, ma in una attivit continuativa non riesce a sviluppare una potenza superiore a circa 50 W. Per tenere acceso un televisore, che richiede una potenza di circa 80 W, sarebbe quindi necessario il lavoro continuativo di 1 persona e mezzo. Per far funzionare una lavatrice di classe A (cio delle pi efficienti, che consuma circa 0,8
kWh per un lavaggio a 60) ci vorrebbe il lavoro di una quindicina persone per un ora. Il
motore di un automobile di media cilindrata, che eroga una potenza di circa 80 kW, viaggiando a velocit di crociera, compie un lavoro pari a quello di 1600 persone. Anche la produzione di cibo richiede molta energia (Appenzeller 2004a; Smil 2003). Per far crescere una mucca (5 quintali) necessario utilizzare 3.500 litri di petrolio se si considera tutto l'investimento energetico messo in opera in una fattoria, dai fertilizzanti alle macchine, il che significa che per produrre 1 kg di carne di vitello (che da a chi lo mangia circa 1000 kcal, cio circa 1,2 kWh, di energia) occorrono 7 litri di petrolio. Quindi, tenuto conto che un litro di petrolio corrisponde a circa 1 kWh, mangiando 1 kg di carne come che se mangiassimo 7 kWh di energia, ovvero l'equivalente di circa 20 giornate lavorative di 8 ore di una persona. Per altri prodotti dell'agricoltura il rapporto fra energia contenuta e energia consumata per produrli ancor pi sfavorevole. Ci possiamo permettere questo deficit energetico solo perch il prezzo dell'energia oggi basso. In base a questi calcoli si pu stimare che in media ogni cittadino americano, per l'energia che consuma, come se avesse a disposizione 24 ore su 24 un centinaio di "schiavi energetici". Per un cittadino italiano, che in media usa un terzo dell'energia usata da un americano, il numero degli schiavi energetici" perennemente a disposizione di circa 30, un lusso che non si poteva permettere neppure un principe del Rinascimento. Di questi 30 nostri schiavi 12 hanno il compito di far funzionare la lavatrice, la TV, lo stereo, l'aspirapolvere e la lampada abbronzante. Ai prezzi attuali dell'energia elettrica (circa 6 centesimi di euro al kWh ), la massacrante giornata lavorativa (10 ore) di questi 12 "schiavi elettrici" costa 0,86 euro, pari ad un salario giornaliero, per ogni schiavo, di 0,07 euro, desolatamente pi basso di qualsiasi minimo sindacale. Riflettiamo su queste cifre prima di lamentarci dei prezzi "troppo alti" dell'energia. Tutto questo, piuttosto, ci pu dare una misura di quanta energia consumiamo noi cittadini dei Paesi sviluppati e ci fa capire che, a causa del suo bassissimo costo, l'energia viene usata anche quando non ce ne sarebbe bisogno: viene, cio, sprecata.
meno del 5% di quella mondiale: ogni americano, in media, consuma energia come due 2 europei, una decina di cinesi, una quindicina di indiani o una trentina di africani . La disparit nei consumi energetici fra Paesi ricchi e Paesi poveri giunge fino ad un rapporto 60 ad 1 se si considerano il 10% delle nazioni pi ricche e il 10% delle pi povere (Hall et al. 2003). . La domanda "Who Will Fuel China?" (Chi fornir il carburante alla Cina?) che gi da anni aleggiava negli ambienti economici e politici, ormai un incubo che incomincia a prender corpo nei forti aumenti nel prezzo del petrolio di questi ultimi tempi (Drennen e Erickson 1998). La Cina aumenta le sue importazioni petrolifere del 30% all'anno e, pur avendo solo 16 automobili ogni mille abitanti, contro le 776 ogni mille abitanti degli Stati Uniti, ha gi superato il Giappone diventando il secondo Paese nella lista dei maggiori consumatori mondiali di petrolio (Appenzeller 2004a). . Un discorso molto simile si potr fare a breve termine anche per l'India.
Detto saudita
2.1 Consumi
La quantit di energia consumata su scala mondiale ogni anno (dati per l'anno 2000) . equivalente a 170 milioni di barili (27 miliardi di litri) di petrolio al giorno. Le sei principali fonti di energia sono: petrolio, 44%; gas naturale, 26%; carbone, 25%; energia nucleare, 2,4%; fonti rinnovabili, 2,7% (principalmente energia idroelettrica, 2,5%) (Chow et al. 2003)'. Quindi circa il 95% dell'energia proviene attualmente dai combustibili fossili. Il problema di conciliare la crescente richiesta di energia del mondo moderno con la necessit di preservare l'integrit della biosfera aggravato dall'attuale disuguaglianza nell'uso delle risorse, in particolare di quelle energetiche, fra le varie popolazioni del mondo (Tabella 4). Gli Stati Uniti, ad esempio, consumano circa il 25% di tutta l'energia, anche se la loro popolazione
generazioni di un futuro non ben definito, ma l'umanit che gi oggi popola la Terra (Appenzeller 2004a).
gas agli Stati Uniti ha fatto scoppiare di recente tumulti popolari in Bolivia con numerosi morti, cosa di cui in Italia non si praticamente parlato. L'Europa comunque, dal punto di vista degli approvvigionamenti di gas, si trova in una condizione molto pi favorevole rispetto agli USA. Essa praticamente circondata dai principali bacini mondiali di produzione (Russia, Medio Oriente, Nord Africa, Mare del Nord), cui collegata da una fitta rete di gasdotti, l'ultimo dei quali tra Libia e Italia stato inaugurato nell'ottobre 2004. Questa una delle ragioni per cui l'industria del carbone in Europa conosce da decenni un impressionante declino (Smil 2003). Nel 2020, in base agli attuali andamenti, il gas dovrebbe fornire il 35% del fabbisogno europeo di energia primaria. Il gas naturale un combustibile che aiuter la transizione energetica con impatti ambientali pi contenuti del petrolio, ma escluso che possa rimpiazzare completamente "l'oro nero" o che possa essere usato per tempi molto lunghi. Inoltre, la transizione al gas naturale sar costosa, poich l'infrastruttura di distribuzione molto meno sviluppata di quella del petrolio (Doyle 2004). Studi degli anni Settanta e Ottanta prevedevano che nel 2000 il gas avrebbe fornito il 50% dell'energia primaria totale, mentre ora siamo appena al 25% (Smil 2003). Infine non va trascurato che il gas naturale, costituito principalmente da metano, uno strumento a doppio taglio in termini di immissione di gas serra in atmosfera. Da una lato una buona opzione per il processo di "decarbonizzazione" poich in fase di combustione produce meno biossido di carbonio rispetto a carbone e petrolio. Dall'altro lato per il metano (principale componente del gas naturale) esso stesso un gas serra 21 volte pi potente del biossido di carbonio e l'uso massiccio di gas naturale comporta perdite consistenti in atmosfera nella fase di trasporto, che pu protrarsi anche per migliaia di chilometri.
2.7 Carbone
In vista di una diminuzione della disponibilit di petrolio e gas per i prossimi decenni, l'attenzione generale sta tornando sul carbone, le cui riserve stimate sono molto maggiori di quelle di petrolio e gas. In particolare, il carbone abbonda nei due Paesi pi energivori del mondo, Stati Uniti e Cina, che quindi hanno un forte interesse al suo rilancio. Le stime sulle riserve di carbone negli Stati Uniti indicano che sarebbe sufficiente per 250 anni al ritmo degli attuali consumi (EIA 2002), anche se probabile che il carbone di buona qualit recuperabile a costi economici ed energetici convenienti sia sensibilmente inferiore (Heinberg 2004). La buona notizia delle cospicue riserve di carbone si accoppia, tuttavia, con due cattive notizie: il carbone il combustibile fossile pi inquinante e genera una maggior quantit di gas serra per unit di energia prodotta. Inoltre, bisogna tenere presente che: 1) I combustibili fossili contengono sempre quantit pi o meno rilevanti di sostanze di ogni tipo, quali composti solforati, metalli, idrocarburi pesanti, composti aromatici, ecc. La presenza di questi composti l'origine dei problemi di inquinamento atmosferico connessi all'uso dei combustibili fossili che, in un "mondo ideale", produrrebbero solo acqua e gas serra (CO2), ma nessun inquinante. 2) Nei processi di combustione reali non si utilizza ossigeno puro ma aria, una miscela composta al 78% di azoto; di conseguenza si producono ossidi di azoto (NOx) che sono gas inquinanti e, a loro volta, precursori di altri inquinanti quali ozono e particolato atmosferico.
I danni che l'uso dei combustibili fossili causa alla salute dell'uomo o all'ambiente vengono chiamati "esternalit" e il loro costo economico generalmente non preso in considerazione dai produttori e consumatori di energia. Inoltre, non va dimenticato che danni alla salute e all'ambiente oltre che dalla combustione sono causati anche da ogni altro stadio del complesso processo che porta alla disponibilit dei combustibili (esplorazione, trivellazione, estrazione, trasporto, raffinamento, distribuzione) (Epstein e Selber 2002).
(OMS 2003b). I metalli pesanti possono avere effetti cancerogeni, mutageni e teratogeni. Il biossido di carbonio (CO2) non causa danni diretti alla salute anche se, contribuendo ai cambiamenti climatici, pu favorirli per via indiretta. Ad esempio all'aumentare della temperatura aumenta la rapidit di diffusione di parassiti e virus il cui ciclo di sviluppo coinvolge insetti a sangue freddo (Epstein e Selber 2002). Per avere un'idea dell'entit di questi problemi, si consideri che 1 kg di polveri sottili stimato causare un danno "esterno" indiretto (non conteggiato in nessuna tariffa energetica, ma pagato dalla collettivit) di circa 15 euro (Rabl e Spadaro 2000). La nuova centrale "pulita" a carbone di Civitavecchia dovrebbe emettere circa 1.000 tonnellate all'anno di polveri (MiniAmbiente 2004). Ammettendo che siano tutte di tipo PM10, il danno esterno stimabile quindi pari a 15,4 milioni di euro. Questo stesso impianto (preso come esempio, ma se ne potrebbero fare tanti altri) dovrebbe produrre 13.000 tonnellate complessive di NOx ed SO2 (MiniAmbiente 2004). Considerando una conversione minima (20%) di questi gas in particolato, le polveri secondarie che si formano da NOx ed SO2 saranno presumibilmente ben superiori alle 1.000 tonnellate previste per il contributo primario (de Leeuw 2002). Di conseguenza i costi esterni per un impianto di questo tipo, per il solo particolato atmosferico (primario + secondario), sarebbero ben pi alti di quanto indicato prima. . Studi come quelli che abbiamo menzionato stimano che mediamente, posto a 100 il carico dei costi socio-ambientali degli impianti di produzione elettrica a carbone, 50 e 30 sono, rispettivamente, i costi per gli impianti ad olio combustibile e gas naturale (Rabl e Spadaro 2000). ............................................... E bene infine ricordare che l'inquinamento atmosferico colpisce duramente nelle megalopoli congestionate dei Paesi poveri, ove si rifugiano milioni di persone in cerca di un'improbabile fortuna (Zwingle 2002). Non meno preoccupante la situazione nelle zone rurali pi remote ove, in ambienti non sufficientemente ventilati, si utilizzano biomasse e forni rudimentali per la cottura dei cibi che producono elevate concentrazioni di polveri fini e sostanze cancerogene. Si stima che nei Paesi poveri muoiano ogni anno dai 2 ai 4 milioni di bambini a causa dell'inquinamento dell'aria tra le mura domestiche (Smil 2003). Questo problema oggetto di crescente attenzione anche nei Paesi pi sviluppati, ma per motivi diversi. Da noi l'inquinamento causato principalmente da sostanze che si liberano nell'aria dai materiali pi svariati, non sempre strettamente necessari, di cui le nostre case sono ormai piene.
ambientali rilevanti sono gi stati prodotti anche dalla guerra attualmente in corso in Iraq. Altri problemi riguardano gli oleodotti, dove il petrolio viene pompato ad alte pressioni. Molti degli oleodotti oggi in uso hanno pi di 15 anni, intervallo di tempo dopo il quale non possono considerarsi completamente sicuri. Particolarmente pericolosa poi la situazione in Alaska dove il riscaldamento del globo (l'uso stesso del petrolio ne una concausa) sta sciogliendo lo strato di terreno gelato (permafrost) in cui passa l'oleodotto (Stokstad 2004), Un'altra parte non trascurabile del petrolio e dei suoi derivati viene perso durante la raffinazione. Forti danni all'ambiente vengono causati anche dai gas serra e dalle piogge acide.
Cambiamenti climatici Circa il 25% della radiazione solare che colpisce la Terra viene riflesso nello spazio dall'atmosfera e un'uguale percentuale assorbita dall'atmosfera stessa. Il rimanente 50% dell'energia giunge sulla superficie terrestre; di questa, l'85% assorbita, riscaldando la Terra, e il 15% viene riflessa (ad esempio, dalle calotte polari). Certi gas presenti nell'atmosfera, in particolare il vapor d'acqua e il biossido di carbonio, assorbono parte dell'energia riflessa, si riscaldano e rimandano radiazioni infrarosse (cio calore) verso la Terra. In pratica, svolgono una funzione analoga a quella di una serra: ........................................, agli attuali ritmi produttivi, l'uomo trasferisce ogni anno dal sottosuolo all'atmosfera circa 3 miliardi di tonnellate di carbonio. .............................. Attualmente la maggior parte del biossido di carbonio prodotto negli Stati Uniti, Europa, Giappone e Cina (Tabelle 3 e 4). Un cittadino americano produce in un anno 19,9 tonnellate di CO2, quasi il doppio , quantit prodotta da un cittadino italiano, che a sua volta ne produce tredici volte di pi di un cittadino indiano. La quantit di biossido immessa nell'atmosfera dall'Italia 200 volte maggiore di quella immessa dall'Etiopia, ............................... ................................La ragione addotta dal governo degli Stati Uniti per non ratificare l'accordo tanto semplice quanto egoistica: il protocollo di Kyoto non compatibile con gli interessi economici degli Stati Uniti (Chiantaretto 2001). Questa giustificazione non affatto soddisfacente per gli scienziati americani e persino per gli amministratori locali: in circa la met degli Stati degli USA, infatti, sono state prese iniziative "dal basso" per limitare l'uso dei combustibili fossili e l'emissione di gas serra (Appell 2003; Nature 2004a; Watson 2003). Addirittura, una quarantina di compagnie multinazionali hanno volontariamente aderito ad iniziative di questo genere, dimostrando che le tecnologie necessarie per raggiungere gli obiettivi proposti dal Protocollo di Kyoto esistono e, in certi casi, addirittura conveniente adottarle anche dal punto di vista strettamente economico (De Leo et al. 2001). La recente ratifica (30 settembre 2004) del Protocollo da parte della Russia permette ora all'accordo di entrare in vigore (era infatti necessaria l'adesione di Stati che rendono conto di almeno il 55% delle emissioni) e pu essere gravida di conseguenze, isolando l'attuale politica americana e avvicinando la Russia alla Unione Europea. Purtroppo il Protocollo di Kyoto, anche nel caso in cui venga realmente applicato, non avr grande impatto sia per la mancata adesione degli USA, che sono i maggiori produttori di CO 2 (Tabelle 3 e 4) e, ancor pi, per le piccole diminuzioni previste rispetto ai continui aumenti delle immissioni, cui contribuiscono in maniera sostanziale anche gli incendi appiccati dall'uomo su vasti territori dell'America Latina e dell'Asia per fare spazio alle coltivazioni (Aldhous 2004; Nature 2004e).
Le piogge acide L'acqua ha pH=7, cio non n acida n basica. La pioggia esente dagli effetti delle attivit umane leggermente acida (pH=5,6) a causa del biossido di carbonio dell'atmosfera in essa disciolto, che da origine ad acido carbonico, un acido molto debole. A partire dalla fine degli anni Sessanta, si not che in certe regioni del globo, particolarmente in zone sottovento ad aree altamente industrializzate, le precipitazioni atmosferiche e le nebbie avevano un pH decisamente pi basso di 5,6 (Smil 2003). Ad esempio, nella costa nord orientale degli USA si riscontravano piogge con pH=4,3. Si capito da lungo tempo che questo fenomeno da mettere in relazione con la presenza in atmosfera di acidi forti, quali acido solforico e acido nitrico. .................... L'acido solforico si genera a partire dallo zolfo, contenuto come impurezza in tutti i combustibili fossili. Reagendo con l'ossigeno dell'aria, lo zolfo da origine a biossido di zolfo (SO2) e successivamente a triossido di zolfo (SO3) che infine si combina con l'acqua originando acido solforico. Questo acido particolarmente dannoso in quanto sottrae ai terreni ioni Ca2+, indispensabili per la crescita degli alberi, formando solfato di calcio insolubile. I meccanismi di deposizione acida appena descritti, dal momento che coinvolgono piogge e nebbie, vengono detti "umidi". Esistono anche meccanismi "secchi" in cui gli inquinanti precursori degli acidi (SO2, NO, NO2 ) si depositano come tali, dando origine a processi chimici (Smil 2003). Pi in generale, le ricadute acide causano profonde modifiche nelle propriet chimiche del suolo e delle acque dolci, che possono causare danni pi o meno gravi. In alcuni casi si pu arrivare sino alla deforestazione di intere aree e alla scomparsa della vita nei laghi. ....................... le precipitazioni acide sono in aumento nei Paesi in via di sviluppo ed in Cina (Streets et al. 1999). Va poi ricordato che l'abbattimento di composti solforati e polveri nei processi di combustione del carbone comporta la produzione di enormi quantit di rifiuti solidi (es. solfato di calcio) che debbono comunque essere smaltiti. Ogni anno milioni di tonnellate di questi materiali debbono trovare una non sempre facile collocazione a riposo (Smil 2003). Una fonte di preoccupazione pi recente l'aumentata acidit degli oceani legata all'aumento della concentrazione di biossido di carbonio in atmosfera (Feely et al. 2004; Schiermeier 2004a): esso, infatti, non solo un gas serra, ma anche il precursore dell'acido carbonico. Questo fenomeno potrebbe dimezzare il tasso col quale creature marine come coralli e plancton costruiscono i loro scheletri calcarei, con effetti a catena sugli altri organismi viventi che popolano gli oceani (Feely et al. 2004).
numero enorme di piccole dighe), il contributo fornito dall'energia idroelettrica costituisce circa il 3% del consumo mondiale totale e non si prevede che possa aumentare in modo consistente. Oggi i bacini con una caduta di oltre 30 metri occupano, a livello mondiale, un'area vasta 2 volte l'Italia e quasi tutti i siti adatti alla costruzione di grandi dighe sono stati ormai utilizzati. Dopo un autentico boom registrato negli anni Sessanta e Settanta ci sono stati forti ripensamenti, perch l'impatto e i problemi creati con questi impianti sono risultati maggiori di quanto allora preventivato. La costruzione di dighe non senza conseguenze per la popolazione e per il territorio: esodi forzati di popolazioni dalle vaste zone che devono essere allagate e loro ricollocamento altrove, sbancamento di enormi quantit di materiale, cambiamenti nel microclima della regione, pericoli per le popolazioni a valle della diga (ricordiamo il Vajont), impoverimento delle biodiversit, stravolgimento della fauna fluviale, diffusione di malattie (es. malaria) da parte di parassiti che prosperano nelle riserve di acqua, drastica riduzione della velocit media di scorrimento dei fiumi con aumento dell'inquinamento, sedimentazione di materiali nel fondo dei bacini con progressiva diminuzione della potenza elettrica erogabile ed elevati costi di manutenzione, diminuzione della fertilit dei terreni a valle. E bizzarro poi il fatto che nelle zone tropicali, i grandi bacini idroelettrici possono trasformarsi in notevoli produttori di gas serra (biossido di carbonio, metano) a causa della decomposizione di materiale organico nelle acque calde e stagnanti. A fronte di tutti questi problemi bisogna per evidenziare che, a livello globale, la diffusione dell'energia idroelettrica ha contribuito in maniera rilevante ad evitare immissioni in atmosfera di inquinanti e gas serra. Se l'energia attualmente ottenuta da cadute di acqua fosse prodotta da centrali termoelettriche, avremmo ogni anno un incremento delle immissioni di carbonio e zolfo in atmosfera del 15 e 35% circa, rispettivamente (Smil 2003). I bacini idroelettrici forniscono in alcuni Paesi fino al 90% dell'energia necessaria e sono di vitale importanza. Essi poi sono il modo ideale per immagazzinare energia da utilizzare nei momenti di punta nei consumi. In molti Paesi, tra cui l'Italia, avviene comunemente che i bacini vengano "caricati" di notte utilizzando energia termoelettrica, cos da disporre di una riserva per il giorno successivo che pu entrare in funzione in pochi secondi, al momento del bisogno. Va poi sottolineato che i bacini idroelettrici spesso non servono solo a produrre elettricit, ma anche a fornire acqua potabile e per irrigazione e, pi in generale, a controllare i regimi delle acque, evitando disastrose alluvioni. Il bilancio globale tra benefici e danni dell'energia idroelettrica naturalmente complesso. Al momento comunque la costruzione di nuovi impianti in una fase di sviluppo consistente solo in Asia. In Occidente sostanzialmente bloccata per i grandi impianti, mentre buone prospettive si presentano per le centrali di piccola o piccolissima taglia (<10 MW) (DOE 2004a). Oggi, negli Stati Uniti, vi una percentuale di dismissione degli impianti superiore a quella di costruzione, anche a seguito di esperienze piuttosto negative. Il fiume Colorado, il cui regime stato fortemente sfruttato per scopi energetici, in pratica non arriva pi al mare, perdendosi nel deserto che prima attraversava (Dalton 2003; Powell 2002). Fra numerosi effetti negativi "minori" si pu ricordare che i salmoni che popolavano le acque del bacino del fiume Columbia sono stati decimati dalla difficolt di risalire la corrente e depositare le uova, in corsi d'acqua continuamente interrotti (Kareiva et al. 2000; Montaigne 2001). La Cina, che ha un forte bisogno di energia, ha costruito un numero enorme di dighe e attualmente ne ha in costruzione una, nelle gole dello Yangtze, che diventer la diga pi grande del mondo: sar alta ben 175 metri e il riempimento dell'enorme bacino, che dovrebbe essere completato per il 2009, richiede la demolizione di 23 citt e lo spostamento di 1.300.000
persone (Lamb 1997). La potenza elettrica sar di 18.200 MW, ovvero paragonabile alla potenza complessiva installata in Austria. Le fonti rinnovabili tradizionali, come il legno, giocano un ruolo importante nei Paesi meno sviluppati (ad esempio: India, Brasile, Nigeria, Etiopia, Tanzania, vedi Tabella 2), ma anche in alcuni Paesi ricchi. La Svezia, ad esempio, ricava circa il 15% del proprio fabbisogno primario dal legname. Non su tutta la Terra, peraltro, la biomassa da considerare una fonte rinnovabile. Nelle zone povere del mondo il disboscamento o il pascolo indiscriminati portano talvolta a processi di impoverimento del terreno e di erosione del suolo che rendono sterili in modo repentino terreni un tempo ricchi di vegetazione7. In generale le biomasse hanno una bassissima densit di potenza: occorre coltivare aree molto vaste per avere un ritorno energetico modesto (Tabella 9). .................. A volte si sente parlare dell'uso dell'etanolo come fonte energetica, da utilizzare direttamente come combustibile o come materia prima per produrre idrogeno (Deluga et al. 2004). Questo avviene in Brasile, dove l'etanolo viene prodotto con discreta efficienza dalla canna da zucchero. Negli Stati Uniti l'etanolo si produce dal granoturco, ma con un'efficienza molto bassa. Per dare un'idea, si pensi che per far funzionare tutti i veicoli circolanti negli Stati Uniti con etanolo ottenuto dal mais occorrerebbe coltivare granoturco su un'area superiore del 20% di quella oggi destinata a tutta l'agricoltura statunitense (Smil 2003). ................... Le fonti di energia rinnovabile moderne danno attualmente uno scarso contributo ma, come vedremo in seguito, proprio su queste fonti che sono basate le maggiori speranze per la soluzione dei problemi legati al sottosviluppo e alla necessit di abbandonare gradualmente l'uso dei combustibili fossili. Una trattazione a parte merita l'energia nucleare, sia per le speranze che aveva suscitato qualche decennio fa, che per le difficolt che oggi incontra il suo ulteriore sviluppo.
7 Una serie di interessanti articoli sul problema dell'erosione del suolo stata pubblicata dalla rivista Science nel n. 5677 dell'I 1 giugno 2004.
Uno dei fattori limitanti per l'utilizzo dell'energia nucleare la disponibilit di uranio, i cui minerali sono presenti in poche zone della Terra. Per ovviare a questa limitazione si potrebbe in teoria ricorrere ai reattori detti "autofertilizzanti", dove l'uranio 238 (fertile) viene convertito in plutonio 239 (fissile). C' per un serio inconveniente: il plutonio 239 molto adatto alla costruzione di bombe e, indipendentemente dalla sua radioattivit, estremamente tossico. Per questo motivo, ma anche per ragioni economiche legate alla complessa tecnologia ed al costo elevato degli impianti, i reattori autofertilizzanti non hanno avuto successo, n si prevede possano averlo nei prossimi decenni. Uno dei maggiori problemi dell'energia nucleare nasce dal fatto che alcuni elementi radioattivi contenuti nelle scorie sono pericolosi per mesi o anni, altri per decine, centinaia, migliaia o addirittura decine di migliaia di anni: ad esempio, il tempo di dimezzamento dell'emissione radioattiva di 8 giorni per l'isotopo 131 dello iodio e ben 24.000 anni per l'isotopo 239 del plutonio. Pertanto le scorie vanno conservate in luoghi sicuri, a prova di terremoti, inondazioni e furti, per moltissimi anni. Per quante precauzioni si possano prendere, le scorie radioattive costituiscono una fonte di preoccupazione e pongono una domanda che non si pu eludere: giusto lasciare in eredit a chi non ancora nato, e non ha dato alcun assenso, queste sostanze altamente pericolose? La discussione estenuante che avviene negli Stati Uniti da oltre due decenni in merito al deposito nazionale di scorie radioattive nelle viscere della Yucca Mountain in Nevada pu dare un'idea del fatto che i problemi posti dall'uso dell'energia nucleare possono essere pi gravosi di quelli che dovrebbe risolvere (Brumfiel 2004; Johnson 2002). Tale impianto, che gi costato 60 miliardi di dollari e coster ancora molti soldi ai contribuenti americani (880 milioni di dollari per l'anno finanziario 2005), resta a tutt'oggi inutilizzato (Johnson 2002, 2003d). ............................. Oggi un ulteriore sviluppo dell'energia nucleare anche fortemente frenato, se non precluso, per ragioni puramente economiche. L'esperienza degli ultimi decenni ha mostrato infatti che l'energia elettrica prodotta dagli impianti nucleari ha un prezzo molto elevato qualora si considerino tutti i costi indiretti pubblici e privati, inclusi quelli che le scorie nucleari faranno ricadere sulle prossime generazioni. Inoltre, la liberalizzazione dei mercati dell'energia scarsamente compatibile, per motivi strettamente economici, con la costruzione di nuovi impianti nucleari (MIT 2003). Questo dimostrato dal fatto che oggi non vi nessuna centrale in costruzione in Paesi dell'Europa occidentale mentre negli Stati Uniti non si progettano nuove centrali nucleari dalla fine degli anni Settanta (Edwards 2004; Smil 2003). .....................
3.1 Le risorse
L'Italia un Paese tradizionalmente povero di risorse energetiche. ............ Attualmente l'Italia ha un'autosufficienza energetica complessiva molto modesta (15%) ed in lento ma costante declino (AEEG 2003; EC e Eurostat 2004). Il totale dell'energia importata (84,7% del fabbisogno) suddiviso come segue: petrolio, 54%, gas naturale, 30%, carbone, 8%, energia elettrica, 7%. Le "fonti" privilegiate sono Medio Oriente e Nord Africa per il
petrolio, Algeria e Russia per il gas. Per la produzione di energia elettrica abbiamo in Italia 2005 impianti idroelettrici e 975 centrali termoelettriche, di cui 34 geotermiche (GRTN 2003). L'Italia, fra le nazioni industrializzate, quella con i minori consumi energetici pr-capite (EC e Eurostat 2004). Negli ultimi 10 anni, per, i consumi sono saliti di circa il 15%, contro una media europea di circa il 12% (ENEA 2003). Nel quadro dell'attuale sistema energetico la scelta strategica per il nostro Paese decidere come modulare una dipendenza incomprimibile, oppure cominciare a modificare la situazione attuale investendo con convinzione ed efficienza nel campo delle energie rinnovabili. Un quadro chiaro della condizione italiana stato fornito di recente dall'Autorit per l'Energia ed il Gas: "In prospettiva, senza un sensibile aumento delle nuove fonti rinnovabili, capace di compensare il calo della produzione di gas e la sostanziale stabilit della produzione petrolifera e dell'energia idroelettrica, il grado di dipendenza dall'esterno dell'Italia destinato ad aumentare ulteriormente" (AEEG 2003). C' poi tutto il problema dei danni alla salute e all'ambiente provocati dall'uso dei combustibili fossili. Come vedremo, dunque, nell'esaminare la situazione italiana sorgono spontanee due domande: chi si incarica di fornire agli italiani un'informazione completa ed aggiornata sui temi dell'energia? Chi fa veramente la politica energetica nel nostro Paese?
La quantit di energia fossile consumata attualmente nelle centrali termoelettriche italiane (combustibili gassosi, liquidi e solidi) praticamente identica a quella utilizzata nei trasporti, tenendo conto di tutti i mezzi di trasporto via terra, acqua ed aria; essa ammonta a circa 43 milioni di tep per ognuna di queste due voci (EEA 2003c; ENEA 2003). Le proiezioni Eurostat prevedono che la quota di combustibili fossili per il termoelettrico tender ad assumere un'incidenza sempre maggiore rispetto a quella dei trasporti (EEA 2003c). Questo fatto di fondamentale importanza, ma sembra che non sia chiaro a molti in Italia. Infatti, quando si parla di inquinamento atmosferico si tende ad attribuire la colpa unicamente al traffico, ignorando in maniera totale e del tutto ingiustificata, il contributo delle centrali termoelettriche e dei grandi impianti industriali. E probabile che se venissero adeguatamente considerati questi fattori, certi "inspiegabili" picchi di inquinamento in aree urbane densamente popolate, che tanto fanno dannare i sindaci di numerose citt,
Daniel Quinn
II discorso fatto per l'energia si pu estendere a tutte le risorse. I processi di produzione di manufatti e di attuazione di servizi sono soggetti a limiti in quanto utilizzano risorse non rinnovabili e non riciclabili (o non completamente riciclabili). Per esempio, per costruire un'automobile si usano vari tipi di metalli, petrolio per fabbricare le parti in plastica, ancora petrolio per ottenere energia, acqua per raffreddare gli impianti, ecc. come se si facesse un "buco" nella crosta terrestre per prendere le risorse necessarie alla produzione (Figura 7). L'uso delle risorse per produrre un manufatto o un servizio, comporta poi, inevitabilmente, la produzione di scorie e di rifiuti. Ad esempio, nel costruire un'automobile si producono pezzi di metallo e di plastica come scarti di lavorazione, si sporca molta acqua, si immette nell'atmosfera biossido di carbonio ecc.; alla fine, poi, anche l'automobile diventa un rifiuto. I rifiuti e gli scarti di lavorazione ritornano alla Terra, spesso in altri luoghi e generalmente occupano un volume maggiore rispetto a quello delle risorse utilizzate (Figura 7). Scarti e rifiuti sono materiali degradati che, a seconda del loro stato di aggregazione, si accumulano come escrescenze sulla superficie della Terra, si uniscono alle acque superficiali e/o profonde, percorrendo anche molta strada dai punti di scarico, oppure, come nel caso dei gas, vagano nell'atmosfera. A tutto questo va aggiunto il fatto che il traffico dei rifiuti costituisce, assieme a quello della droga e delle armi, un colossale affare per la criminalit organizzata locale ed internazionale, come le cronache ci ricordano sempre pi spesso. ................................ Si fatta strada allora l'idea di limitare lo sviluppo, o meglio di perseguire uno "sviluppo sostenibile", definito in prima approssimazione come "uno sviluppo che soddisfa le necessit del presente senza compromettere la possibilit che le generazioni future possano soddisfare le loro necessit" (Brundtland 1988). ...................................... Al fine di raggiungere questo necessario obiettivo, i vari processi messi in atto dall'uomo vanno valutati non solo in base al costo energetico ed al costo in materie prime, ma anche in base al loro impatto ambientale. Devono essere preferiti, a parit di utilit economica, le merci ed i servizi che richiedono meno materie prime, meno energia, durano pi a lungo, producono meno scorie, comportano minore inquinamento e minore usura delle risorse naturali (Tiezzi e Marchettini 1999). ............................... Si stima che ogni cittadino americano che nasce oggi vivr in media 82 anni consumando circa 4 milioni di kwh di energia elettrica, circa 200 milioni di litri di acqua e circa 300.000 litri di carburante, producendo 1.600 tonnellate di biossido di carbonio. Attualmente nel mondo nascono circa 80 milioni di persone ogni anno ed il 97% dei nuovi nati appartiene alle regioni meno sviluppate. Le risorse della Terra non sono certo sufficienti per dare a ciascuno dei nuovi nati le stesse prospettive che ha un nuovo nato in America o in Europa. Questi dati dimostrano ancora una volta che il livello dei consumi e dei rifiuti degli abitanti dei Paesi ricchi non potr mai essere esteso a tutti gli abitanti della Terra e che bisogner trovare un accordo su quali siano i limiti che non bisogna superare. Questo contrasta con la famosa dichiarazione del Presidente George Bush senior sul fatto che "il livello di vita degli americani non negoziabile". Purtroppo ogni richiamo a minori consumi contrasta con l'idea oggi dominante, comica se non fosse al tempo stesso tragica, portata avanti da alcuni economisti e fatta propria da molti politici, secondo la quale sarebbe possibile uno sviluppo sostenibile con un incremento del prodotto interno lordo del 2-3% all'anno. Prima o poi anche gli economisti dovranno rassegnarsi all'idea che non possibile uno sviluppo infinito (ovvero un aumento continuo del
l'indice di sviluppo umano, che ovviamente alto in America del nord, Europa, Australia e Giappone, e bassissimo nelle zone dell'Africa centrale.
................................ ovvio che una situazione del genere non potr durare, pena la rottura della coesione sociale, sia su scala nazionale che internazionale. E una situazione non giustificabile, non accettabile da un punto di vista etico. Dobbiamo chiederci se lecito condividere "valori" come, ad esempio, lusso, consumismo, competizione economica e guerra che inevitabilmente contribuiscono ad aumentare le disuguaglianze e ad alimentare l'odio ed il terrorismo. ............................
4.5 Le disuguaglianze
La necessit di cambiare l'attuale modello di sviluppo chiara negli ambienti scientifici. Ad esempio in un editoriale della prestigiosa rivista scientifica americana Science, subito dopo l'attentato alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001, si riconosceva che il problema fondamentale, da cui derivano tutti gli altri problemi (incluso il terrorismo internazionale), la grande disuguaglianza fra il Nord e il Sud del mondo nel consumo delle risorse della Terra e nella produzione di rifiuti e di inquinamento (Kennedy2001). Ci si pu chiedere come mai i governanti dei Paesi sviluppati non si preoccupino e non tentino di porre rimedio alle assurde e inaccettabili disuguaglianze fra le nazioni del mondo. Apparentemente ci sono due possibili risposte a questa domanda: 1) i Paesi ricchi pensano che lo sviluppo di cui godono, incrementando ulteriormente i ritmi della produzione, possa coinvolgere anche i Paesi poveri e portarli al benessere; 2) i Paesi ricchi confidano che le conseguenze catastrofiche dell'aumento della popolazione nei Paesi poveri (come abbiamo visto, il 97% dei nuovi nati nasce in questi Paesi) e del progressivo impoverimento del pianeta causeranno tragedie solo nei Paesi poveri. In effetti, nessuna delle due ipotesi sopra riportate appare fondata. La forbice che separa le economie dei Paesi arricchiti da quelle dei Paesi impoveriti si allarga sempre pi; non solo, ma anche nel caso in cui lo sviluppo economico potesse estendersi ai Paesi pi poveri, chiaro che le risorse della Terra non sarebbero sufficienti a sostenere i 12 miliardi di persone previste per il 2100 (Cohen J. E. 1998) ad un livello di vita paragonabile a quello di cui oggi godono i cittadini dei Paesi occidentali. Anche l'altra, inconfessabile, ipotesi di poter mantenere i propri privilegi (risorse e consumi) in un mondo afflitto da una crescente povert della grande maggioranza della popolazione appare altrettanto irreale. La messa in pratica di questa ipotesi, gi prefigurata in un libro di fantascienza (Lehman 2000), giungerebbe a creare una fascia della Terra comprendente le zone pi ricche di risorse e abitata da una minoranza privilegiata che si difende con ogni tipo di arma dai disperati assalti dei poveri che premono alle sue frontiere. Si tratterebbe di erigere una nuova Cortina di Ferro non pi per separare due ideologie, ma per difendere i privilegi dei ricchi ormai inconciliabili con la disperazione dei poveri. Naturalmente si tratterebbe di un muro molto pi tecnologicamente attrezzato di quello di Berlino, che forse gi in fase di rodaggio in Israele per proteggere gli insediamenti dei coloni o chiudere i palestinesi in certe zone del territorio. Questo sostanzialmente il macabro schema che sta alla base della "guerra infinita" dichiarata dal presidente George W. Bush (La Valle 2003): se il mondo non pu essere tenuto in piedi tutto, allora se ne garantisce solo una parte, la propria, con uno scettro di
Quindi il divario fra il Nord e il Sud del mondo non solo questione di denaro, ma riguarda tutti gli aspetti del vivere: la sanit, la cultura, l'ambiente, le relazioni sociali, la politica, le opportunit, ecc. Tutti questi fattori vengono tenuti in considerazione quando gli esperti calcolano quello che chiamano
ferro. Ma l'attentato dell' 11 settembre, l'immotivata ed inutile (anzi, controproducente) guerra in Iraq e il moltiplicarsi degli episodi di terrorismo dimostrano che la tecnologia e le armi dei Paesi avanzati non possono garantire la loro sicurezza. Questi semplici ragionamenti dovrebbero far comprendere la necessit di cambiare il tipo di approccio politico ed economico alla soluzione dei problemi della Terra. Ma, come abbiamo visto, anche all'interno dei Paesi ricchi le cose non vanno per il meglio in quanto c' una forte tendenza alla concen-trazione della ricchezza. Nel Medio Evo, quando l'accumulo della ricchezza da parte dei ceti sociali superiori incominci a provocare spreco ed ostentazione, alcune citt, come Bologna e Firenze, furono cos sagge da emanare leggi contro il lusso. Oggi, invece, in Italia c' un esplicito incitamento al consumismo e al lusso e c' la tendenza a diminuire le tasse, particolarmente per le categorie pi abbienti, cosa che comporter un abbassamento nel livello del servizio sanitario e scolastico. E necessario ed urgente mettere in atto, sia su scala mondiale che nell'ambito di ciascuna nazione, una politica di pace, di condivisione delle risorse e di assunzione di responsabilit verso le future generazioni. In un tale ambito, le ingentissime risorse oggi dedicate al settore militare (vedi sez. 1.6) potrebbero essere dirottate sullo sviluppo di nuove tecnologie per risolvere gli intricati problemi dell'energia e dell'ambiente.
Un importante parametro di valutazione di un sistema per la produzione di energia il tempo che esso impiega per restituire l'energia che stata spesa per fabbricarlo, questo rapporto viene comunemente indicato come "energy payback time" (EPT). L'analisi dell'energia netta non sempre tenuta in debita considerazione nel dibattito corrente. Ad esempio, il nucleare una forma energetica ad altissima intensit, ma esso risulta molto meno potente se si calcolano le ingenti risorse energetiche (e ambientali) necessarie per fabbricare i suoi complicatissimi impianti di sicurezza, le barre di uranio arricchito da inserire nel reattore, lo smaltimento delle scorie, ecc. Il discorso vale anche, ovviamente, per i pannelli solari fotovoltaici: la loro costruzione richiede notevoli quantit di energia ed il loro payback time di qualche anno (si veda sezione 7.6). La situazione invece nettamente pi favorevole per l'eolico (EPT minore di un anno, vedi sez. 7.2), che usa una tecnologia relativamente semplice e a basso costo e che basato sullo sfruttamento di una fonte abbondante e diffusa. .......................................
La necessit di intensificare le ricerche su nuove tecnologie per produrre, trasportare ed immagazzinare energia senza compromettere l'ambiente non molto compresa dall'opinione pubblica e, forse, ancor meno dalla classe politica. ........................
delle utenze servite dal teleriscaldamento. Le centrali turbogas cogenerative di piccola e media taglia, inoltre, possono essere dotate di tecnologie di abbattimento degli inquinanti (catalizzatori) in grado di limitare notevolmente l'inquinamento atmosferico (Kato et al. 2004). Soluzioni di questo tipo richiedono investimenti in infrastrutture per la distribuzione del calore e non possono essere applicate in tutte le realt industriali ed urbane. Tuttavia in Italia, pur trovandoci in preda ad una specie di delirio energetico con decine di progetti per nuove centrali elettriche di grande potenza in tutto il Paese, non stata avviata un'analisi accurata delle potenzialit di sviluppo della cogenerazione diffusa. Eppure questo possibile: nella citt di Reggio Emilia stata recentemente inaugurata una centrale elettrica cogenerativa da circa 50 MW con le caratteristiche appena descritte. Esistono poi molti altri settori in cui lecito attendersi, in un futuro non lontano, un miglioramento notevole dell'efficienza; ................................................ .......................
termine si riferisce ad esempio alla possibilit di modificare il bilancio della radiazione terrestre in modo da compensare l'effetto serra provocato dal biossido di carbonio prodotto dall'uso dei combustibili fossili ...........................
Richard Heinberg
Stando a quanto riportano i giornali, l'idrogeno potr risolvere tutti i problemi energetici in quanto una forma di energia abbondante, pulita e persino "democratica" (Parlangeli 2002; Piervincenzi 2002). Anche in ambienti scientifici poco informati e in quelli politici che si informano solo attraverso i giornali si sentono discorsi di questo genere (Kennedy 2004a): oggi siamo costretti ad usare i combustibili fossili che sono in via di esaurimento e che producono il biossido di carbonio, responsabile dell'effetto serra, ma fra pochi anni potremo finalmente usare l'idrogeno che non inquina perch quando lo si usa produce solo acqua. Sfortunatamente, le cose sono ben pi complicate. La cosiddetta "economia ali'idrogeno"(Rifkin 2002; Wald 2004) in realt un problema molto complesso che difficilmente trover una soluzione in tempi rapidi (Bossel 2004; Coontz e Hanson 2004; Service 2004a). Vediamo brevemente quali sono i termini di questo problema.
6.1 Produzione
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Ma fra idrogeno e combustibili fossili c' anche un'altra fondamentale differenza che, stranamente, viene spesso dimenticata. Il gas naturale, il petrolio e il carbone sono risorse energetiche primarie che si trovano in giacimenti naturali dai quali vengono estratte per poi essere usate, mentre, sfortunatamente, non ci sono giacimenti di idrogeno molecolare. Anzi, l'idrogeno molecolare non esiste sulla Terra, anche se sui giornali si pu trovare scritto che abbondante1. Quello che abbondante in natura l'idrogeno
combinato con altri elementi, per esempio con l'ossigeno nell'acqua, la cui molecola costituita da due atomi di idrogeno e un atomo di ossigeno,............................... se si vuole estrarre idrogeno dall'acqua si spende energia, esattamente la stessa quantit di energia che l'idrogeno produce bruciando con l'ossigeno per ridare acqua: ...............
In conclusione, l'idrogeno molecolare non una fonte primaria di energia, per il semplice fatto che sulla Terra non c'. Essendo il prodotto di processi che richiedono il consumo di energia, non si pu neppure dire che l'idrogeno sia un "combustibile". Questi concetti, evidentemente, non sono chiari a molte persone. ..............................
................. La prospettiva cambia completamente se si trova un modo economico per produrre idrogeno dall'acqua usando una fonte di energia non costosa e non inquinante. In tal caso l'idrogeno potrebbe essere utilizzato come vettore energetico, non senza aver prima risolto altri problemi legati al fatto che un gas difficile da trasportare, immagazzinare ed
5.6 Geoingegneria
Si definisce geoingegneria una manipolazione intenzionale dell'ambiente da parte dell'uomo (Keith 2001). Nel contesto dei cambiamenti climatici causati dai combustibili fossili, questo
usare. Un grande vantaggio dell'idrogeno come vettore energetico sta nel fatto che esso si pu interscambiare direttamente con un altro importante vettore energetico gi estensivamente usato: l'energia elettrica. L'idrogeno viene prodotto (assieme all'ossigeno) quando, usando energia elettrica, si fa l'elettrolisi dell'acqua; viceversa, viene generata energia elettrica (e prodotta acqua) quando l'idrogeno usato (assieme all'ossigeno) nelle celle a combustibile.
utilizzano metalli preziosi come catalizzatori del processo (Ormerod 2003). molto pi semplice, invece, utilizzare l'idrogeno per alimentare motori a combustione interna. In effetti, tutti gli attuali prototipi di auto ad idrogeno hanno motori di questo tipo (Cho 2004). Rimangono, ovviamente i problemi legati alla necessit di avere una rete di distribuzione e, soprattutto, quelli connessi alla produzione di idrogeno.
6.5 Sicurezza
L'idrogeno pericoloso da maneggiare (Wald 2004). Mentre il gas naturale brucia nell'intervallo di concentrazione tra il 5 e il 15%, per l'idrogeno questo intervallo molto pi ampio: tra il 2 e il 75%. In altre parole molto pi facile produrre una miscela infiammabile con l'idrogeno che col gas naturale. Inoltre l'energia necessaria per avviare la combustione dell'idrogeno molto inferiore a quella del gas naturale e quando l'idrogeno brucia non si vede alcuna fiamma. L'idrogeno un gas molto volatile e si calcola che perdite di idrogeno, inevitabili nei processi di trasporto e stoccaggio, sarebbero difficilmente riducibili sotto ali'13% del totale. In un'economia globale basata sull'idrogeno enormi quantit di questo gas molto reattivo sarebbero inevitabilmente riversate in atmosfera con la possibilit di innescare processi complessi e non sempre prevedibili (Schultz et al. 2003; Tromp et al. 2003; Warwick et al. 2004).
6.3 Immagazzinamento
Tutte le difficolt sopra menzionate si ritrovano se si vuole alimentare con l'idrogeno un veicolo, particolarmente un aereo. Per disporre della stessa quantit di energia, un serbatoio contenente idrogeno compresso deve essere otto volte pi grande di un serbatoio di benzina (Service 2004a). Con la liquefazione si pu ridurre il volume necessario per l'idrogeno ma, a parte il costo, occorre aumentare lo spessore delle pareti del serbatoio affinch ci sia isolamento termico. La soluzione usualmente adottata nei prototipi delle auto ad idrogeno quella del gas compresso, con un'autonomia molto limitata. Da tempo sono allo studio diversi materiali metallici o carboniosi capaci di immagazzinare idrogeno a basse pressioni e anche sistemi basati su reazioni chimiche reversibili, ma in tutti i casi sono emersi problemi difficili da risolvere (Service 2004a).
6.4 Uso
II principale uso dell'idrogeno dovrebbe essere quello di combinarlo con ossigeno nelle celle a combustibile per generare direttamente energia elettrica (Ormerod 2003): H + 1/2O HO + energia elettrica 2
Anche se il principio delle celle a combustibile noto dall'Ottocento, il loro uso stato finora limitato a fornire energia all'interno dei veicoli spaziali, con l'eccezione dell'Islanda dove sono in funzione tre autobus alimentati da celle a combustibile (Vogel 2004). Il principale problema delle celle a combustibile il loro costo, dovuto al fatto che
reazioni termonucleari che avvengono a temperature di milioni di gradi, alla provvidenziale distanza di circa 150 milioni di km dalla Terra. L'energia geotermica ha teoricamente un potenziale enorme legato al fatto che la temperatura della crosta terrestre aumenta in media di 3 C ogni cento metri di profondit. Tuttavia il calore del sottosuolo terrestre sfruttabile in superficie in modo sostanziale limitato a pochissime aree geografiche come l'Islanda (Smil 2003). Lo sfruttamento dell'energia degli oceani (gradienti termici e onde), nonostante gli entusiasmi di 30 anni fa, resta poco pi di una curiosit scientifica (Smil 2003). Pi promettente l'energia delle maree, campo in cui negli ultimi anni si sono sviluppati progetti innovativi (Johnson 2004c). Ad esempio, in Nord Europa sono state installate "pale marine", analoghe a quelle coliche, che si muovono sotto l'azione delle maree producendo energia elettrica (Stone R. 2003). L'impatto visivo nullo perch si tratta di impianti sottomarini, tuttavia i costi di manutenzione per dispositivi perennemente immersi in mare non saranno trascurabili. L'energia idroelettrica, eolica e quella derivata dai gradienti di temperatura dei mari sono generate da flussi di acqua o aria provocati dal riscaldamento solare; sono quindi fonti energetiche rinovabili di natura solare indiretta. Come gi accennato, il non trascurabile contributo dell'energia idroelettrica (2,5% del fabbisogno mondiale attuale) potr difficilmente aumentare in modo sostanziale. La biomassa (legname, sterpaglia) energia solare trasformata in energia chimica. L'uso delle biomasse per ottenere energia in concorrenza con la produzione di cibo: la coltivazione di piantagioni per la produzione di combustibili sottrae terreno fertile all'agricoltura. stato anche stimato che l'efficienza di conversione energetica attraverso le biomasse 100 volte minore di quella del processo fotovoltaico (Weisz 2004) e che il trasporto di biomasse a distanze superiori a 60 km dal luogo di produzione non renderebbe utile il loro impiego (Trifir 2004). Una particolare attenzione deve invece essere riservata all'energia eolica.
competitivi, vicini a quelli delle centrali turbogas (EWEA 2003; Smil 2003). La tecnologia eolica presenta numerosi pregi a fronte di un numero oggettivamente minore, ma non irrilevante, di svantaggi. Pregi e difetti
Una centrale eolica di 10 MW, sufficiente per i fabbisogni elettrici di 4.000 famiglie europee medie, pu essere costruita in 2 mesi (EWEA 2003). In tempi altrettanto brevi una "windfarm" pu essere trasferita in altro sito, con una semplicit del tutto impensabile per qualsiasi altro impianto di produzione elettrica. ............................. In linea di principio l'Europa potrebbe soddisfare tutto il proprio fabbisogno elettrico: il potenziale eolico sfruttabile di Terra e di
mare dell'Europa a 25 Stati membri conservativamente stimato in 3.600 TWh (EWEA 2003). Questo dato va confrontato con la produzione elettrica totale dei Paesi EU-25 che nel 2002 stata di 3.000 TWh (EC e Eurostat 2004). Il potenziale eolico del solo stato del Nord Dakota potrebbe fornire l'elettricit necessaria a tutti gli Stati Uniti d'America (Johnson 2003b). ..............................In Germania il costo delle esternalit sanitarie associate alla produzione di energia eolica stimato in 0,05 centesimi di euro per kWh, mentre per la produzione di elettricit da carbone e da gas questo costo sale, rispettivamente, di 100 e di 40 volte (EC 2003a). Si stima che nel solo anno 2020, l'Europa risparmier 25 miliardi di euro di costi esterni grazie alla diffusione dell'energia eolica (EWEA 2003). Nel solo anno 2000 sono state evitate immissioni in atmosfera di 15 milioni di tonnellate di CO2 grazie all'uso dell'energia eolica in Europa (EWEA 2003). ........................... Veniamo ora agli aspetti negativi. L'energia primaria da sfruttare, il vento, risulta intermittente su base giornaliera, stagionale e annuale. Le reti di trasmissione e distribuzione cui sono collegati gli impianti eolici debbono quindi essere preparate ad un input intermittente, tipicamente di media e non alta tensione. Le reti di distribuzione dei Paesi sviluppati sono attualmente concepite in maniera del tutto opposta: .............................. Il problema dell'intermittenza della produzione eolica pu essere meglio gestito con la crescente affidabilit delle previsioni meteo e con l'ampliamento dei siti di produzione. Maggiore sar il numero e pi estesa la distribuzione delle centrali coliche collegate alla rete, maggiore sar la stabilit media del sistema, poich la distribuzione media dei venti tender ad essere pi omogenea, moderando l'impatto delle variazioni locali. Quanto allo sfasamento tra produzione e richiesta, numerose opzioni sono possibili per immagazzinare il surplus ed utilizzarlo quando necessario, prima fra tutte la produzione di idrogeno come riserva e vettore di energia. evidente per che queste opzioni non potranno essere disponibili in tempi brevi. .................. 7.3 Energia solare diretta e sue potenzialit L'energia solare diretta
.............................. L'energia solare ha molti pregi. Anzitutto molto abbondante; il flusso di potenza solare che raggiunge la superficie terrestre, al netto della radiazione riflessa o assorbita in vari modi (dall'atmosfera, dalle nubi, dai ghiacci delle calotte polari, ecc,) ammonta a 85 mila miliardi di kW, pari a 168 W per metro quadro (Halacyjr. 1973; Smil 2003). ................
La densit di potenza dell'energia solare ................................... Queste considerazioni sulla densit energetica sono molto importanti per capire le cruciali differenze tra l'attuale sistema energetico e quello cui dovremmo tendere. Il passaggio da una societ che si regge (provvisoriamente) sullo sfruttamento dei combustibili fossili ad una societ basata sull'uso delle energie rinnovabili richieder un profondo cambiamento nell'infrastruttura di produzione ma, forse ancor pi, un radicale ripensamento del modo in cui l'energia dovr essere distribuita e consumata. Per prima cosa, passando da una forma di energia "densa" ad una "diluita" dovremo diminuire al massimo i consumi per unit di superficie, ma anche questo non baster. Poich presumibile che anche in futuro non potremo fare a meno di infrastrutture ad altissima richiesta locale di energia come ospedali ed acciaierie, dovremo trovare il modo di convertire l'energia primaria a bassa densit ottenuta dalle fonti rinnovabili, che sono abbondanti ma molto diffuse sulla superficie terrestre, in forme di energia secondaria a pi alta densit. Bisogna considerare che la bassa densit delle energie rinnovabili non ha soltanto aspetti negativi. Si pu pensare, infatti, che il passaggio da fonti energetiche non rinnovabili, localizzate in piccole aree del pianeta e quindi possedute da pochi individui, a fonti rinnovabili gratuite e distribuite sul pianeta in maniera abbastanza omogenea potr comportare un miglioramento della condizione sociale e delle relazioni internazionali.
Gli impianti fotovoltaici sono posti usualmente sui tetti delle abitazioni, isolati o collegati alla rete di distribuzione. Nel primo caso hanno batterie per l'accumulo del surplus di energia prodotto durante il giorno, per gli usi notturni. Nel secondo caso scambiano energia con la rete, vendendo di giorno il surplus e comprando il fabbisogno per le ore di buio. A fine mese si incassa la differenza: una bolletta "al contrario" ove l'azienda elettrica paga al consumatore/produttore e non viceversa. In circa 10 anni si recuperano gli investimenti di installazione. Nei Paesi del Terzo Mondo, dove manca un'infrastruttura di trasmissione e distribuzione dell'elettricit, i pannelli fotovoltaici potrebbero costituire una pratica soluzione, almeno parziale, al fabbisogno di energia elettrica di due miliardi di persone. ...........................
di particolare interesse, per la tecnologia fotovoltaica, valutare il parametro EPT ("energy payback time", sezione 5.1), tenendo comunque ben presente che non possibile calcolare un valore assoluto ed universale, valido per tutto il mondo. EPT infatti un parametro "site specific", ovvero dipende dal luogo che si prende in esame. E intuitivo capire che esso sar pi conveniente per siti
localizzati in zone altamente soleggiate e distanti da reti di distribuzione dell'energia elettrica. Studi recenti in Olanda ed in California, indicano payback times dell'ordine di 3-5 anni per moduli convenzionali al silicio (Knapp e Jester 2001; Meijer et al. 2003). Quindi mediamente un pannello fotovoltaico da abitazione, per il quale si attende una vita operativa di 30 anni, produrr circa 10 volte l'energia impiegata per fabbricarlo. Questo surplus energetico di provenienza extraterrestre (solare) e non impoverisce le risorse del pianeta. Sono anche stati fatti calcoli per stimare la produzione di gas serra dell'energia prodotta per via fotovoltaica. Essa, per unit di energia prodotta, solo un decimo rispetto a quella generata da impianti a gas a ciclo combinato, considerando l'intero ciclo di vita (Dones e Frischknecht 1998). Analoghi studi in Giappone indicano incoraggianti bilanci sui cicli di vita per le emissioni di NO e SO per unit di energia prodotta anche se, sotto questo aspetto, l'energia idroelettrica ed x eolica sono decisamente superiori (Nomura et al. 2001). Sono ora in fase iniziale studi per valutare il potenziale di centrali fotovoltaiche localizzabili in vaste aree desertiche. Un 2 impianto da 100 MW installarle nel deserto di Gobi occuperebbe un'area di circa 2 km e avrebbe un "energy payback time" di solo 1,7 anni (Ito et al. 2003).
Vaclav Smil
8.1 Prospettive
Dai combustbili fossili all'energia solare ........................ Bisogna rendersi conto che i combustibili fossili sono un regalo irripetibile che la natura, nel corso delle ere geologiche, ha reso disponibile all'umanit. Utilizzando termini economici, potremmo dire che si tratta di una risorsa "una tantum". Oggi sappiamo anche che questo regalo, che abbiamo gi in parte utilizzato, comporta danni all'ambiente. ..................... L'umanit, quindi, dovr gradualmente abbandonare l'uso dell'energia "densa" dei combustibili fossili ed abituarsi a quello dell'energia "diluita" che ci arriva dal Sole. Questo comporter presumibilmente un mutamento sostanziale nello stile di vita. ................ Nel frattempo, per uscire gradualmente e senza grandi traumi dalla crisi energetica ed ecologica che si affaccia al nostro orizzonte, il fattore pi importante il risparmio energetico, un concetto che deve essere ben spiegato a tutti i cittadini dei Paesi sviluppati e deve diventare il primo impegno di coloro che hanno responsabilit amministrative. .......................... Lo sviluppo delle nuove tecnologie Molte tecnologie per l'utilizzazione delle energie rinnovabili, in particolare dell'energia solare eolica e fotovoltaica, si stanno sviluppando in diversi Paesi del mondo, mentre in Italia, che pure avvantaggiata geograficamente, si fa di tutto per ignorarne l'esistenza e pochissimo per stimolarne la crescita. C' il fondato sospetto che tutto questo succeda non per ignoranza, ma per l'azione dei forti poteri economici e politici legati all'uso dei combustibili fossili. ....................................... Un esame accurato mostra che l'economia all'idrogeno un problema molto complesso. Tale economia, se accoppiata con la produzione di idrogeno mediante energia solare, potr offrire fra alcuni decenni la soluzione ideale ai problemi dell'energia e dell'ambiente, ma non ha concrete prospettive a breve termine. Questa conclusione contrasta con quanto la gente indotta a pensare da analisi superficiali del problema propagate dai mezzi di informazione. Lo slogan "economia all'idrogeno" serve anche a creare o a difendere scelte politiche discutibili, come quella di puntare sullo sviluppo delle celle a combustibile ignorando il problema ben pi urgente della riduzione dei gas serra (Kennedy 2004a). Se poi l'idrogeno verr prodotto dal carbone o dall'energia nucleare, esso pu diventare un alibi ambientale per spingere l'acceleratore verso due tecnologie che presentano ancora molti problemi irrisolti in termini di salvaguardia climatica e sicurezza, come gi discusso. ......................................
subordinate: 1) l'integrit della biosfera per garantire la continuazione della vita sulla Terra; 2) la dignit della vita umana di tutti gli abitanti del pianeta, e non solo di una parte. ................................................ In altre parole oggi consumiamo globalmente una quantit di energia che permetterebbe a tutti gli abitanti del pianeta di godere uno standard di vita di buon livello; analoghe stime portano a conclusioni del tutto simili per quanto riguarda la distribuzione delle risorse alimentari (Smil 2003). Ma non tutto. Grazie ai continui progressi nell'efficienza energetica, nel 2025 saremo capaci di "spremere" 75 GJ di energia utile dalla stessa quantit di energia primaria che oggi impieghiamo per ottenere la nostra "quota personale media" di 58 GJ. Ovvero, da qui a vent'anni, senza aumentare il tasso di sfruttamento delle risorse naturali, potremmo anche aumentare la nostra dote energetica pr capite del 30% (Smil 2003). Purtroppo la realt attuale ben diversa. Giapponesi e francesi consumano oggi il triplo di quanto consumavano negli anni Sessanta (170 GJ/anno), mentre canadesi a statunitensi dovrebbero tagliare i loro consumi dell'80% per arrivare alla soglia di equit di 70 GJ a testa. Nel contempo, miliardi di persone non intravedono neppure lontanamente alcuna prospettiva di raggiungere il livello di vita che si godeva a Parigi o a Tokyo 40 anni fa.
evidente che non possibile imporre con la forza ai Paesi ricchi un ritorno ai consumi degli anni Sessanta o Settanta. Tuttavia i numeri indicati sopra debbono suscitare alcune salutari domande. Ad esempio: la vita dei Paesi ricchi negli anni Sessanta o Settanta era davvero cos dura da costringerci a triplicare i consumi energetici per uscire da quell'inferno?
Le responsabilit degli scienziati A questo punto, evidentemente, la questione esce da un piano tecnico e scientifico per entrare in quello della politica e della responsabilit individuale. A noi, professionalmente, compete il primo. Tuttavia riteniamo che sia preciso dovere degli scienziati dire con forza la propria opinione a chi chiamato a fare le scelte a nome di tutti. In un recente saggio Richard Ernst, Premio Nobel per la Chimica, affronta questo tema con decisione: "Noi scienziati amiamo spesso sottolineare la nostra indipendenza accademica, che ci da la libert di fare quello che vogliamo [...] Come possibile attendersi che i manager industriali o i politici, nella loro posizione cos traballante, possano esprimere opinioni impopolari ma oneste, oppure intraprendere azioni coraggiose che possano mettere in pericolo la loro posizione personale? In questo gli scienziati e gli insegnanti universitari non sono solo predestinati, ma anche obbligati ad esprimere con onest le loro opinioni e le loro convinzioni per il bene della societ [...] Chi altro, se non gli scienziati, ha la responsabilit di indicare le linee guida per definire il progresso e salvaguardare gli interessi delle future generazioni? " (Ernst 2003).
Ci sarebbe energia per tutti Prima di addentrarsi in qualsiasi considerazione, comunque, bene premettere che esistono due priorit assolute, dettate dal semplice buonsenso, alle quali tutte le altre debbono essere
giunto il momento di dire con franchezza, pubblicamente, ai cittadini ed ai politici che l'aumento esponenziale dei consumi energetici una spirale che deve essere fermata, perch insostenibile dal punto di vista fisico ed inaccettabile sotto l'aspetto morale. Non possibile rispondere all'aumento continuo della domanda energetica con nuova offerta di energia, ma occorre intervenire per moderare la domanda.
Le responsabilit dei politici
La classe politica deve capire che quello dell'energia il grande problema del XXI secolo: necessario garantire l'approvvigionamento energetico ad oltre 6 miliardi di persone (che diventeranno circa 8 miliardi tra 20 anni), permettendo una convivenza accettabilmente pacifica senza compromettere in modo irreversibile l'equilibrio della biosfera. Potrebbe sembrare un obiettivo troppo ambizioso; in realt possibile cominciare a perseguirlo fin da oggi, con tecnologie gi disponibili sul mercato e scelte politiche neppure eccessivamente coraggiose e, tanto meno, rivoluzionarie. In Italia, dopo il black-out del 28 settembre 2003, causato da incapacit professionale di alcuni individui e non da scarsit energetica (alle 3 di notte di un fine settimana di settembre si toccano i minimi consumi elettrici annuali) molti politici e persino il Presidente della Repubblica, persona autorevole, equilibrata e preparata, hanno rivolto un appello per la costruzione di nuove centrali elettriche. Deve essere invece chiaro che la cosa pi urgente da fare ridurre i consumi.
Al fine di favorire questi e molti altri possibili interventi per limitare la domanda energetica e promuovere un uso pi razionale delle risorse necessario ricorrere alla leva fiscale. ...............................................In generale: poich l'immissione di CO2 ed inquinanti in atmosfera causa un danno a tutti, senza alcuna distinzione geografica, chi pi ne produce pi dovrebbe pagare (Nature 2004d). Naturalmente sarebbe essenziale die queste risorse finanziarie, ottenute attraverso la leva fiscale, fossero destinate a facilitare un'uscita non traumatica dall'era dei combustibili fossili (incentivazione dell'efficienza energetica, promozione delle fonti rinnovabili, incremento dei finanziamenti della ricerca scientifica in campo energetico, ecc.). Se qualcuno si scandalizza per queste proposte e le ritiene non praticabili, vale la pena ricordare che da sempre il vigente sistema energetico gode di enormi iniezioni di denaro pubblico. Nel dopoguerra, ogni famiglia americana ha sborsato in media 1.400 dollari per sussidi al nucleare e solo 11 dollari per incentivare le centrali coliche (Smil 2003). Oggi, una larghissima parte dei crediti fiscali americani sono destinati all'incentivazione dell'uso dei combustibili fossili non convenzionali e solo l'l% delle risorse va alle energie rinnovabili (Smil 2003). Attualmente in discussione presso il Congresso americano una legge che darebbe incentivi ancora maggiori all'industria del petrolio, del gas e del carbone, con grande disappunto della comunit scientifica (SCIAM 2004). Per quanto riguarda l'Italia, abbiamo gi ricordato l'imbarazzante vicenda delle fonti "assimilate" alle rinnovabili (sezione 3.3). L'educazione e le responsabilit individuale .................................................... Passando all'aspetto della responsabilizzazione individuale, la strada [da percorrere molto pi lunga. Innanzitutto necessaria un'educazione all'uso razionale dell'energia in tutte le scuole di ogni ordine e grado. Sarebbe molto pi utile per l'interesse nazionale di quanto non lo siano ! Improbabili slogan elettorali tradotti in politiche scolastiche di scarsa fortuna e ancor minore contenuto educativo. ..................................
La sfida
Dovrebbe essere superfluo ricordare la necessit di potenziare le reti di trasporto pubblico e disincentivare l'uso dell'auto. La potenza energetica dispiegata per la motorizzazione automobilistica impressionante. La potenza della flotta automobilistica mondiale di gran lunga superiore alla potenza di tutte le centrali elettriche del mondo messe insieme. ..................................Senza addentrarsi in tali visioni futuristiche, forse basta ricordare che gi oggi sono disponibili sul mercato modelli di auto "ibride" a benzina, che nelle frenate recuperano parte dell'energia cinetica sotto forma di energia elettrica. L'efficienza energetica di queste auto fino al 50% superiore a quella di auto con motore tradizionale (Demirdoven e Deutch 2004). Purtroppo non esiste ancora in Italia alcun incentivo fiscale per l'acquisto di queste autovetture, che diverranno sempre pi diffuse nel prossimo futuro, in attesa delle automobili a celle a combustibile il cui ingresso sul mercato ancora lontano. Risparmio di energia elettrica Passando all'altro grande settore dei consumi, quello elettrico, le opzioni per un uso pi efficiente delle risorse disponibili sono innumerevoli. Prima fra tutte la sostituzione di impianti obsoleti ad olio e carbone con impianti a gas a ciclo combinato (Armaroli e Po 2003a; Pacala e Socolow 2004). Questo pu portare ad aumenti di efficienza del 70-80% assieme ad un minore impatto ambientale. I camini delle centrali a gas possono essere poi muniti di abbattitori catalitici che riducono ulteriormente l'inquinamento atmosferico. Questo standard, accettato da anni negli Stati Uniti (Kato et al. 2004), quando stato suggerito in Italia (Armaroli e Po 2003b, 2003a) ha suscitato un dibattito ai limiti del surreale: alcuni sono arrivati ad argomentare che le centrali col catalizzatore sono "di vecchia concezione" (Matteoli 2004), mentre naturalmente non cos (Guazzo 2004). Come gi ricordato, la cogenerazione diffusa mediante piccoli e medi impianti a gas (Johnson 2003e), laddove possibile, ha un'efficienza ben maggiore dei grandi impianti produttivi. Numerosi altri accorgimenti potrebbero portare ad una riduzione dei consumi energetici italiani, primo fra tutti la diffusione dei pannelli solari per la produzione di acqua calda sanitaria che, a tutt'oggi, registra in Italia una diffusione inspiegabilmente irrisoria (Tabella 10) (EC e Eurostat 2004). La leva fiscale
............................................... L'era dei combustibili fossili, che tante opportunit ha offerto a noi abitanti dei Paesi ricchi, finir per essere una breve parentesi della Storia umana. Oggi abbiamo ancora sufficienti scorte di queste risorse "una tantum" per progettare un'uscita non troppo traumatica da quest'era per tanti versi entusiasmante. ............................... Ma non dobbiamo nasconderei che c' una questione pi importante, di cui la crisi energetica solo una parte, che bisogna affrontare e risolvere con estrema urgenza: quella delle disuguaglianze.
8.3 II consumismo e la civilt malata dell"'usa e getta" Come gi stato sottolineato, la produzione di merci e di servizi inevitabilmente accompagnata dall'impoverimento delle risorse della Terra, dall'accumulo di scorie e rifiuti. Questo fatto, che a tutti gli effetti una verit scientifica che deriva dal II Principio della Termodinamica, non viene tenuto in nessun conto dall'attuale modello unico di sviluppo economico: il capitalismo
(Georgescu-Roegen 1971 ; Tiezzi e Marchettini 1999; Weisz 2004).
Il consiglio che ci viene da governanti poco saggi ed ancor meno lungimiranti quello di "consumare di pi". Alla radio e alla televisione i vengono trasmessi non solo spot pubblicitari che ci invitano a comprare certi prodotti dei quali viene esaltata l'utilit, ma anche spot che ci chiedono esplicitamente di comprare qualunque cosa, perch cercano di convincerci che qualunque acquisto, anche inutile, utile per rilanciare l'economia. Questa istigazione al consumismo, che avviene in tutti i Paesi sviluppati, rivela appieno la miopia dei governanti e di molti industriali. Ai primi interessa solo che ci sia una ripresa dell'economia nel loro Paese, condizione necessaria per essere rieletti, mentre ai secondi interessa esclusivamente il profitto. Il fatto poi che una ripresa economica nel mondo ricco continui ad aver luogo con l'impoverimento dei Paesi meno sviluppati, la diminuzione delle risorse non rinnovabili e l'aggravamento dei problemi ambientali sembra interessare pochi. Un'economia chiusa in se stessa, che ignora i limiti fisici delle risorse, i problemi ecologici e l'etica sociale non ha alcun senso. Un spia della tragica comicit di questa situazione la troviamo nei notiziari televisivi. Ogni giorno, immancabilmente, il conduttore del telegiornale ci annunzia l'andamento di indici di borsa dal nome oscuro (NASDAQ, NUMTEL, S&P MIE) assumendo un cipiglio euforico o cupo a seconda che ci siano stati guadagni o perdite. La stragrande maggioranza dei telespettatori non ha alcun interesse in tale notizia per il semplice fatto che ignora totalmente il significato di questi indici o non ha capitali investiti in borsa. D'altro canto quelli che sono professionalmente interessati a conoscere questi numeri non attendono certo il telegiornale delle venti per sapere come andata la giornata. Questa ovviet non ha nessuna importanza per i guru degli indici di ascolto, in questo caso stranamente distratti. Magari il telespettatore sarebbe pi interessato ad apprendere con regolarit notizie che lo riguardano decisamente pi da vicino: l'andamento dei consumi delle risorse naturali (acqua, foreste, combustibili, metalli, ecc.), del deperimento della biosfera (qualit dell'aria, deforestazione, clima, ecc.), della diffusione di malattie infettive (AIDS, morbillo, poliomielite, influenza) (Altomare 2004; Cohen J. 2004; Enserink 2004; Mahmoud 2004; Norman 2004; Roberts 2004). Su tutti questi "indici", invece, incombe un'inquietante cappa di silenzio. ................................... La nostra, in effetti, non neppure una civilt dei consumi; , ancor peggio, una civilt dello spreco e del cosiddetto "usa e getta". stato calcolato che in un anno potrebbero essere recuperate, dietro le quinte dei 500 ipermercati italiani, 55.000 tonnellate di cibo per qualche motivo invenduto e, quindi, destinato a finire nei rifiuti. Un recupero di questo genere, il cui valore finanziario sarebbe da 7 a 27 milioni di euro, eviterebbe fra l'altro di immettere nell'amosfera 212.000 kg di biossido di carbonio (Segr 2004). Consumiamo le risorse della Terra con arroganza pensando solo al nostro presente e in modo altrettanto arrogante ammassiamo sulla Terra rifiuti e sostanze inquinanti. Lo smaltimento dei rifiuti, infatti, oggi un problema enorme non solo per le industrie ma anche per gli amministratori pubblici locali e persino per i governi, particolarmente per le nazioni che hanno scorie nucleari. Consumiamo un capitale enorme di risorse naturali, tenendo scarsamente conto dei servizi vitali che ci vengono forniti dagli ecosistemi, ad esempio la depurazione delle acque (Smil 2003; Tiezzi e Marchettini 1999). Si deve inoltre notare che nei Paesi ricchi la crescita dei consumi e dei redditi non affatto accompagnata da una parallela crescita del "benessere" e della "soddisfazione" della gente. E stato riscontrato che un bene di consumo fonte di soddisfazione finch rappresenta una novit e una modalit di distinzione, un'indicazione, cio, del particolare status dei
consumatore all'interno della societ. noto anche che l'abbondanza ! dei beni superflui elimina il piacere dato dalla soddisfazione dei bisogni primari (cibo, vestiti, riparo) e che il 1 meccanismo del consumo dei beni, Indotto dalla pubblicit, pu essere assimilato al meccanismo della dipendenza dall'alcool o dalle droghe. Il consumismo, facendo fulcro sul principio di scadenza e autodistruzione delle cose, anche causa di crisi profonde di identit nelle persone, perch in un mondo dove gli oggetti appaiono e si dissolvono con grande rapidit, diventa sempre pi difficile distinguere tra sogno e realt, tra immaginazione e dati di fatto. Tutto questo poi induce ad applicare la consuetudine di "usare e gettare" anche nei rapporti fra persone. Alcuni filosofi arrivano ad affermare che la vera ricchezza di un uomo espressa dalle cose che pu concedersi di non avere. Queste considerazioni richiamano le parole del Salmo 48 che recita: "L'uomo nella prosperit non comprende, come gli animali che periscono".
"inconfessabile": prendere il controllo militare del mondo e, in particolare, delle regioni ricche di risorse, per attuare la cosiddetta "politica dei 2/3": Poich non si possono portare tutte le persone del mondo ad un alto livello di vita, si garantisce solo quel "terzo" che rappresentato dalla propria parte: "Se tutto il mondo non si pu sviluppare, che cresca e si arricchisca almeno una parte: gli appagati e gli esclusi. Se non c' cibo sufficiente per quelli che vivono nella povert, almeno che siano abbondanti le mense degli altri: i sazi e gli affamati. Se il lavoro umano deve essere distrutto, perch il fattore pi caro fra i costi di produzione, lo si conservi solo per coloro che non possono essere sostituiti dalle macchine: i necessari e gli esuberi. Se tutta la Terra non si pu salvare perch i mari si innalzeranno, si cinga di mura e si riempia di armi quella parte che non deve naufragare: i sommersi e i salvati.". C' quindi una drammatica rottura dell'unit del mondo, della famiglia umana: gli eletti ed i respinti. C' una antropologia della divisione, della esclusione, della diversit di destino. L'umanit non pi una: uomini e no" (La Valle 2002, 2003). Molti autori notano che la crisi che stiamo vivendo non iniziata 1' 11 settembre 2001: l'attentato di quel giorno l'ha soltanto portata agli occhi di tutti. Massimo Fini si spinge a dire: 'Se gli americani non fossero stati vittime dell'agghiacciante attacco dell'11 settembre, avrebbero dovuto inventarselo. Perch permette loro, in virt della guerra al terrorismo globale, di teorizzare apertamente ci che non era nemmeno pensabile: la guerra preventiva all'Iraq, all'Iran,... per estirpare il Male" (Fini 2002), in realt, per estendere il dominio militare su tutto il mondo al fine controllare le risorse naturali e conservare la propria (e nostra) condizione di privilegio. Bisogna meditare sulle situazioni di disuguaglianza, bisogna farle conoscere; bisogna avere il coraggio di uscire dal coro di chi considera "civile" e "progredito" il nostro mondo occidentale (Morrone 2002a). iBisogna fare obiezione di coscienza contro tutto quello che divide, che f discrimina, che rompe l'unit della societ umana. Come ha sottolinea-fto Tiziano Terzani, "Dobbiamo onestamente renderci conto che noi ; non abbiamo il monopolio della civilt, della cultura e della saggezza" (Morrone 2002b). Lo squilibrio di potere, di forza militare, di opportunit, di benessere, di consumi e di risorse a livello internazionale tale da rappresentare di per s una violenza. Attorno a questo "ordine" c' una stretta solidariet fra i Paesi pi progrediti, che vogliono assicurare continuit al loro sviluppo e mantenere l'egemonia sul resto del mondo. Secondo questi Paesi la "pace" il mantenimento di questo ordine mondiale, cio dei loro privilegi. Chi si rifiuta di sottostare ad esso semplicemente dichiarato nemico della pace. E l'unica superpotenza si arroga anche il diritto di fare guerre dove e quando vuole (guerre preventive) per il fatto che, dopo 1' 11 settembre, si considera vittima. ................................... In un mondo basato solo sui diritti e doveri, quindi, finiscono per regnare disuguaglianza ed ingiustizia: in esso non pu sorgere la vera pace, ma si potr avere solo la pace imposta dal pi forte. Come uscire da questa situazione? Con un'etica basata sulla relazione e sulla solidariet, fra i popoli e fra le persone, perch gli uomini sono tutti figli di Dio e quindi fratelli tra di loro. Ogni popolo e ogni persona portatore di valori con i quali pu arricchire l'altro. Solo l'approfondimento paziente e perseverante delle relazioni, la condivisione delle risorse intellettuali ed economiche, il rispetto per il prossimo e l'assunzione di responsabilit verso le future generazioni potranno rendere l'umanit meno inquieta, pi consapevole del suo ruolo nella creazione e pi capace di progettare il proprio futuro.