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(1) Possono vedersi i11 diverso senso A n g e l o de del/i? e I d e elemcntn juris u n i z i e ~ s png 222 i L e o t a r d o d e u s l t r i x - P e p u e r a decis.31- Cov a r r u v i o li6. 5, resolul.

3 B I* o e d e r s e n d e ersuvis licilis ct illicitis, confutato dal C a n C i n a e dal B o 1l a 1, i n o P r i d. 1%' or 11 e r rliss. dc la'ciln ('t illio cita ztsttrnrici~tesncliarze iqusque poena i- S t r a C c :I TIP ?/tcrcnlttveii,nrs 1 , ?a. 37 P a p o n i o ors.estor. li6. 12, f i t , 7 , art. 27 V s l a d e O r e ii a prnelecfiori. salmali-

ctis crrp. 133

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cbcns. d c Xpiscopo p u r s 1 , 7,. 71, tlc icsiirnrliiil crimine h1 ii r t ii tic jilristtict. purs 2, cnp. 7 Ii o e r t e ti de jtislitin ct itziqitilcftc zlsi&rcircan E i C ii in :i 11 n (le pocnis 1181~1'(17'10)1 B e r g e o. o dissert. 9, Cj. I I , de 16~1iris P r a t o Vmespous. 8 B o r o h o l t e n dc zrstrt.is; i n ejus (lisprtt. pcg. 428 \V i e s C LI 11 i k de tulcvrrnti~erculpliIn qitesl. 21 ad 25 D o h C in e r o ercrcit. 4, prrg. 87 (1. i b ti 1 i n o dc usirris F r i t z C b i u s Comnlentntio d(* itsurciricr prt~citcrte, 1527 Z i e n l e r de Mollritra conttnriclit tdiscept. 35 P ;i n i rn o l l e deca's. 44, 50 et 7 2 ( li o d z k o les pl+iiicipes g i n i r o u x de l a scence jurdi: quc uppliquh ii III qtieslion de l' intre't e t de I' usure h1 ;i s t r o f i n i delle trsurc B e n t h a m difense de I'tisu?*e;tiello sno ocuvres vol. 3, pag. 241 1-1 e s s e strl rlirictir pe~irtde tlell' irxisrri ;negli scrirti ger~nanici del h1 o r i 11ol.3, pag. 382 i? r a n C k Philosophie drr Jroit pOi(1l pnq. l(i9. Rlos proib al popolo di Isdraele di dare :)il iisiirii frii i correligionarii 1nsci;indo ampia balia di sonunRere gli str;rriirri. Sulle r'igioni di lale ordinamento disputb l*n s t o r 1%t Ifstoir(>dc / ( L 1~:gielulionIorn. 3, png. 591 1 i c 11 ri n I s tlr atrtifc Irgis ntosriirscrecirctr u.rurum. Sulle 1 jrgfii iirtli;iric in triiiii (li IohilrP v ~ d i ~ is C t1 b a C h InlroIi: titrtslir~rc g$rrt;rrrla (i I' lrtde dlr droit png. 603. Noi rispetti;iiii 1,i qiicatioiic tcologic;i. Dicinnio soltanto come tatto storico iiicuritiiisliitiilr chn il giure canonico ~ l pdbire inf di?;t.iiit;iiiirnte lo interesse del denaro getrb i b i s ~ n o s i in b:ili,i dei iiicno oriesti, ed osteggi la cipodaaoae del nuriie-

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rario; perch gli onesti non potendo per timore del peccalo trovare un lucro nello imprestito che fosse compenso dei loro pericoli, naturalmente amavano meglio tener morto il denaro: per lo che i meno scrupolosi soltanto esercitando il cambio rimanevano senza freno morale che moderasse la loro avidit. I1 fenomeno che il povero spinto dal bisogno si arrenda e clie.il ricco spinto dall' avidit sprema il povero, si ripeluto e si ripeter io tutti i tempi come conseguenza naturale delle respettive passioni e della reciproca situazione.

S. 2383.
E parimente nota la storia politica della usura (i). Tutti sanno quale influsso esercitasse la medesima sulle sorti della antica Roma spingendo talvolta il popolo a turbolente reazioni ; ma piu spesso dando ai patrizi il mezzo di tenersi schiava la plebe e la occasione di salire a pubbliche cariche : al che per singolare fenomeno furono talvolta (come mostra la vita di Ginlio Cesare) potente scala anche i debiti, poichh il patrizio ruinato non offrendo mezzo di pagamento ai suoi creditori questi usavano talvolta della potenza loro per brogliare onde spingerlo ad un proconsolato*od altra missione che desse a lui una ricca provincia da saccheggiare, e cos fornirgli modo di satollare le avide canne degli usurai che lo avevano soccorso di denaro nelle sue prodigdit. E quante fossero le ricchezze che fruttava in Roma un proconsolato, e quante le vessazioizi a cui sottostavano le provincie per opera delli ufficiali della Republica, ce lo mostr in pallida miniatura la eloquente bile di Cicerone contro Verre. E pure Verre fu un pigmeo appo altri proconsoli in quei tempi, clie attraverso il prisma dei secoli

ci si dipingono come liberi, perchb la fantasmagoria delIe passioni politiclie fa che chiamisi stato di liberta la oniliyotenza di mille e la schiavit di milioni ! E noto parimente qual fosse la inff uenza palitica della usura nel medio evo quando lo scrupolo dai cristiani respingendoli dal dare a cambio fecero di ci fortunato monopolio d' Isdraeliti, i quali come prischi inventori della moneta coniata ebbero sempre abilita speciale nel governarne. il maneggio. E noto in fine anzi notissimo, perch ne sentiamo gli effetti, quanto sia 1' influsso della usura nei tempi nostri nei quali la signoria degli stati & in mano alle banche per guisa che un bello spirito ebbe occasione di dire che le banche sostenevano i governi come. la corda sostiene gli appiccati. Ma anche qriesto fuori del nostro tema.
(1) Di questo influsso delle usure sulle condizioni politiche deil' antica Rorna leccarono in vari punti dei loro scritti M a cc h i a v o l l i Discorsi szllle Deche di Tilo Livio M o n t e sq u i e u Grnndeur ct ddcndcnce des romains Gibbon History of thc decline and fa11 of Roman empire. E quali ne fossero le speciali forme in Roma lo spiega S a l m a s i O d e modo usurarum cap. 6, d e usuris Rornanorum. Sulla etimologia della parola uscrra si veda R o i t z decis. Lituanicrlses decis. 6 , n. 12.

Questi antefatti peraltro ci preparano alla storia giebridica della usura, la quale trovasi consequenzialniente oscil1anl.e. Ora infatti i legislatori non credettero opportuno dettare provvedimenti repressivi contro la usura: ed ora per obbedienza al principio

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ascetico e per politiche convinzioni lri stigrnatizzarono e la perseguitarono con severissinie pene (I); lo che il pii1 di sorento fu originato da uno slanciir {li sentin~ontoo da calcoli d' interesse anziclik da ragionate deduzioni giuridiche. L3 moderna scuola penale ha ormai posto a base della legislazione rel~ressivail solenne principio che non possa punirsi verun fatto umano conie reato se oltre ad essere imnlorale e lesivo del diritto non e ancora aggressivo della opinione della sicurezza dei cittadini, sicchb per la sua perpetrazione si commuova a timorti l animo delle moltitudini. Richiamata la usura sotto ' questo criterio'parve a taluno non si dovesse mai elevare a delitto, perchb il pagamento degli esorbitanti interessi essendo liberamente consentito dal mutuatario nessuno aveva ragione di turbarsi e di temere per un danno al quale egli era libero padrone di non esporsi, Laonde prevalse il i~ensioro che a reprimere il mal uso fossero sufficienti i provvediriienti civili pei qriali si negasse all'risuraio 1' aiuto della giustizia contro il debitore renitente : e a questo si desse invece soccorrcvole mano (2).
(1) Senza risalire agli alitichi ierupi C ricor.dare le veccliie leggi di Spagna ( C a l d e r o decis. C(rthn1onOac decis. 54) n le ordinanze di Francia, che a partire da quella del 1211 lino ;i quella del 1673* contiriuarono senza interruzione un sislema di severa repressione penale contro le usure; e seriz:i ricordare che I' odio contro questi illeciti Fuarlaini giunse lino :il pui110 di negare egli usurai ecclesiastica sepollura e proc1:tmarli peggiori dei niicidiali ( Frl o n g e o r g i i Tractalus strpel. paclis frnncandi cnp. 3, n. 31 ) rni lirniterb ad accennare, ferinandonii ai lernpi a tioi pi vicirii, fra i moderni Icgislatori clie credettero meritevole indistinlarneiite di re-

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pressione penale qualunque contralto usurario, lo Estmse d i e COI codice del 1771 riprodotto nel 1814 minocciava (iih. 5, tit. 1 4 ) la multa di cento scudi e la pena amittiva ad arbztrio; e col codice del 1855 (art. 513) cornmin?va la multa del triplo e in caso di recidiva la carcere fino a due anni: e il pariiiense che nel Eodico del 1820 (art. 494) dichiari) punibile la usura solo quando fossa ripetuta per tre volte P inflisse in fa1 caso multa e carcere fino a sei mesi. Vec1,isi L i e g e o i s Iighlution dc I'zlsurc, Prrris., Durond 1865 C a i l I e m e r des itzt4riu A l a foro crinrinmle vol. 4 , pny. 211 e seyy. i singolare che in alcuni stati di Europii 3 si dettarono leggi speciali che puniv;ino la usura negli isdraelili con pib ricercatii cura o severil: vedasi T h i e I Principict ju~~isprz~rleizticre juduicae S. 260, pag. 162. (2) Cos in Austria la usura fu considerala come delitto fino al 14 giugno 1868. In queslo giorno fu proiiiiilgata un;# legge che aboi i l 5. 436 del codice perinle e proclam la libert gegl' interessi contrattuali.

hlalgrado ci perseverarono anche i criminalisti della scuola moderna a riconoscere8delle condizioni nelle qriali 1s usura quantunque non procacciata per frode ma liberainente consentita rneritasse di essere elevata a delitto (1) ed incontrare punizione : ma in ci si proceclette su clue distintissime linee.
(3) Generiilmento coloro che descrissero la usura come delitlo la collocarono fra i reali contro la propriet privata: ed a nie parve senipre e pare tuttavia che sia questo il S u 0 giuslo e vero obieltivo. Altri invece opin che la usura dovesse nover~rsi fra i delitli contro il corraonercio; altri fra i delitti contro la pubblica fede: condotti a cib da conside-

razioni puraniente economiche in quanto le arti usurarie dificultando il capitale alla industria la impoveriscono, la snervano, e spesso la uccidono. Questa pu essere una verita economica e, pu tenersi come ragione per punire la usura. Ma le considerazioni di economia sociale difficilniente si prestano ad indicare al giure punitivo la nozione giuridica e la classe di un malefizio. Il furto di prodotti campestri i! micidiale ( a modo di esempio) alla industria agricola per lo SCOraggiamento ed impoverimento dei coltivatori: ma non per questo venne in mente ad alcuno d'insegnare che il furlo di uva fosse un reato contro il commercio. I noslri maggiori pei quali la lavorazione delle sete era fonte di tanta ricchezza, fulminarono con severissime pene gli operai che rubavano 1;i sela consegnata loro per lavorarla: ma non per qiieslo iinmaginarono d' insegnare che quella truffa fosse un reato contro la pubblica fede. Tranne eccezionali casi di prevalenza costante e perpetua, i reati si definiscono dal diritto aggredito immediatamente. La usura ferisce il patrimonio privato per sua costante e diretta azione: lo influsso dei contratti usurarii sul commercio eventuale e meraniente4possibil. D' altronde data a quel reato cotesla sede dovrebbe punirsi la usura soltanto fra i commercianti; ed invece le pratiche universali procedono in senso opposto.

Una fu la idea del legislatore francese (legge del l 9 decembre 1550) che procedendo sul concetto della legge del 3 settembre 1807 trov la criminalit della usura nella abitudine. Tolleranti le leggi pendi francesi del contratto usurario in colui che lo abbia urla sola volta stipulato, lo colpirono come delitto i11 coloro clie stipulandolo pi di una volta mostrarono una prava abitudine (1) ed il divisamento di farne mestiero. Certamente sotto il punto di vista politico

non saprebbe vedersi molto netto lo incremento d ~ 1 danno mediato per cagione dell'abitudine: che anzi se alcuno & notorio neila citta come usuraio egli e forse meno pericoloso, perchk tutti gli uomini prudenti si asterranno dal contrattare secolui onde non essere illayueati dalla sua aviditi. Che se la ragione del punire vuolsi trovare nella pressura del bisogno, che stringe chi accatta denaro e che rende in lui meno libera la volont e pi vituperevole in chi gIielo impresta lo abuso di quei bisogni, questa sit.uazione miserevole da un lato e abominevole dal1' altro lato & identica cosi rispetto a chi una sola volta come rispetto a chi parecchie volte impresto con usura. Io compresi sempre benissimo la ragione di trovare ~iell' afiitudi~ie elemento della punibilo lita del lenocinio; ma non potei farmi una idea altrettanto lscida del consiinile effetto in tema di usure.
(1) Lo eslremo dell' abitudino per la punibiliti della usura ha dato occasione in Francia a dispute per definire quando tale abitudine debba dirsi o no concorrente: possono vedersi C; h a r d o n d u dol et de la frctude col. 3, 71. 499 Peti t de l' usure pay. 145. In generale si pu dire prevalsa la regola che l' abitudine si desunia dal numero dci conlralli fatti anche cou la stessa persona e noli d:iI ?lzmero delle peiVsoqecbe ne furono vittima: Cassazione 24 decenibre 1825; e 4 marzo 1826..Corte di Parigi 21 luglio 1826; Pontpellier 1 3 agosto 1853; Cassaaione 25 decembre 1853; e lo scritto di O r t o l a n nella Rcvuc CTilique vol. 4, pag. 366. La giurisprudenza francese aderisce tenace al principio che nella usura la criminalil nasca dalla soli1 iibitiidine, in guisa (3a rispetharne tutte le logiche conseguenze. Deduzione di tale priricipio b clie i singoli fatti di usura fiiicb si guardano iuolalutncnle iion siano mai delilto. L)a ci8 disceride che il

- 560 privato rimasto passivo di un contratto usurario non piiti desumere alcuna azione dalla abitudine di colui: e coiicludesi che nei giudizi criminali per iisura abituale nessun danneggiato possa t r s i querelante n intervenire come parte civile. In questo senso ha niiovarnente giudicato la (:nrie di 1 Parigi i1 6 marzo 1868 in a[ri~reCnlliera: 1 o r i n u r t . 8604. Del pari la giurisprudenza friinccse ha adottato il principio cile a consumare questo reato rion occorra la effettiva esazione dello interesse eccessivo ma basti la sola stipulaziorie del contratto (Cassazione 8 niaggio 1829) ed ancorch la convenzione usurarid fosse stala puramente verbule: Cassazione 14 luglio 1827. I1 Tribunale superiore dl Assia-Cassel, con Decisione 29 decembre 1854, stabil non essere necessario al reato di usura abileralc che il giuclicobile faccia del muluare denaro il suo unico mezzo di sostentamento.

Un' altra idea totalmente difforrne fu quella del legislatore toscano. Renduta inerte la giustizia penalc sulle usure in~zom.irza6qquelle ciob che consistono nel dare apertamente il denaro ad un saggio d'interesse superiore alla tassa legale, perchi: a qiresti illeciti guadagni bastanternente riparano i provve(linienti civili; serbb il rigore della repressione contro le usure nominate; che altri cliiama vestite, altri qualificate. Fino dagli antichi tempi le leggi nostre e le nostre pratiche giudiciali avevano c1esigi:nato ceonparticolari nomi certe forriic3 (li iisura la cui spccialit5 consisteva nel palliare lo indebito guadtigiic) con artificiosi velami. Di qui nacquero ncjlln pratica nostra i nonii di scrocchio, civan,co, baroccl~io,)*e-t)*cnnyolo, e leccofe~~~no, ilesigilativi ciascun di loro tli un artifizio particolare adoperato ilagli usurai onde

- 562 celare la nsura e porsi al coperto dai provvedimenti civili. Per la quale ragione appunto nasceva Ia necessit che contro siffatte male arti si difendessero i bisognosi, nlerct! sanzioni penali; e nel tempo stesso nasceva daia frode zuaa qualifica della usura. Cosicch lo elemento morale e lo elemento politico convergevano nel condurre alla incriminazione della usura qualificata anche quei legislatori che pi volevano essere tolleranti della nsura semplice.

Il Zeccofer9no interviene nel contratto di carnbio, quando si pattuisce il frutto lecito e legale sul capitale che dichiarasi ricevuto: ma nel numerare il denaro che deve costituire questo capitale, 1' usuraio incomincia a contare dal dieci, o dal cinquanta come ineglio a lui pare, e cos ottiene una usura rrioltiplicata. Tutti gl' imprestiti che oggid si fanno ai governi e nei quali per la cedola di cento che si emette si riceve l' ottanta o il sessanta ; hanno tutti in sostanza il leccofermo.

Si ha lo scrocchio nel cambio ove si dichiarato di avere ricevuto denaro, mentre invece non si & iicevrito in denaro che piccola parte del capitale, e il rimanente si 6 dato in roba d7ordinario di valore meschinissimo, e stimata a prezzi favolosi.

VOI,, IV.

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Nasce il ~ ~ e t ~ * c ~ ~ g o l olo stesso usuraio clie quando ha dato la roba in luogo di denaro valutandola al prezzo di cento, 1s ricompra egli medesimo, o apertamente o col mezzo d'interposta persona, ad un. prezzo inferiore a cluello per cui l'ha data.

I1 nome cli 8a'1'occ/zio d al rovescio dello scrocsi chio : iiunndo cio siasi prcstato de?zuro fingendo di avere prestato roha per il fine di ricevere rohs con osorhitante guadagno. Cosi coloro che imprestando poche lire ad un colono ne ottengano confessione (li aver ricevrito.un sacco di grano e promessa di restituire il sacco del grano al tempo del raccolto, quando ci6 facciano per celare la usura commettono il 6cwocclz.io. Questo moilo di usura ebbe nelle pratichc deila Italia centrale il norne d'hcelto.

Dicosi ci?~uiazo quel contratto usurario col quale si da roba in prestito per riavere roba, ma con enorme differenza fra il dato e il da rendersi sia riel rapporto della qualilci come nel rapporto della qiztn~atitb. Cosi chi desse nel verno al colono 'bisognoso Tino staio di grano con promessa di renderne rin sacco a1 racc~lto;O (lesse un genere di gran lringa inkriorc ; insoinma celasse sotto riuesto velame un guadagno inviso alla legge; commettereb1)e

il civanzo, che 1' antica giurisprudenza toscana noverava tra le usure nominate prese di mira dalla legge del 1786. Evvi ancora un'altra forma di usura alla quale in pratica si dette il nome di fitto frcuzco. Iii questa (che cornunissiiila nelle nostre campagne) si finge dall' usuraio di coinprare un fondo da colui che ha bisogno cli denaro, stipulando il pat,to di ricupero. Lo coizipra per cento, poscia lo d in affitto dlo stesso venditore per 1' annua merA cede di venti; e cosi il suo capitale (d'altronle guarentito sul terreno) gli rende un frutto esorbitante.

Lo sc~*occhioche O la figura pii1 prominente di queste frodi usurarie, quella che pir specialmente si i! conteiziplata clal codice Toscano all' art. 408; ove lo Iia descritto per guisa da condurri>nella opinione che il civa~zxo, bu~~occJzio, il Ieccofer*i~~o il ed siansi voluti sottrarre alla penalitit clie il codice riserva al solo scrocc?zio e ~ e l ~ ~ - u ? zletternlinente ~olo nominati e clescritti. Perci i coinmentatori del nostro codice si occuptlno cli definire soltanto gli estrenii dello sc~*oScJzio, li riducono a quattro. Essi sono: e 1.0 I1 bisog?zo di dena9-o nel richicclente. 130ichk se questi aveva realmente bisogiio di clucgli oggetti, ancorcl~Bgli siano stati venduti ai1 ria prezzo sriperiore al giusto sii ancorch+poscia per sopraggiunti I~isognili nbl~ilzriveniluti ad un prezzo inferiore, non si 1ia lo scrocchio. 2.0 I,&scieqazcb nel sovventore che clii prende la roba lia bisogno cli denaro. Poicli se uno scioperato noil avendo credito per trovar. denaro compra

- 564 un oggetto a fido avendo in animo di rivenderlo, e lo rivenda poscia, sia pure a perdita, non scrocc chio n&. delitto : non lo quando anche il mercante per ragione della credenza abbia esagerato il valore; perch non delitto il vendere a caro prezzo. 3.0 Che siasi consegnata roba per riavere denar.0. Se si diede una quantit di merce per riavere dopo un dato tempo la istessa quantit anche con un qualche aumento in ragione del frutto, non vi e scrocchio, non vi delitto; perch non vi simulazione od inganno. Cosi chi d grano nel verno ai coloni per riavere altrettanto grano a raccolto non reo di scrocchio ancorch la eventualit del com.mercio abbia portato che il grano valesse poco di verno e sia valso molto di raccolto, perch poteva anche avvenire il contrario. N sorge lo scrocchio quando ancora siasi pattuita la restituzione in una quantit maggiore. Cosi vedo praticare da molte amministrazi6ni che dando il grano nel verno ai coloni lo misurano a raso, e riprendenclolo a raccolto 10 misurano a colmo. Non vi delitto perch non vi B simulazione: e se la differenza delle due quantit soverchia ed eccedente il corso del cambio, il debitore ha facile e pronto il riparo per le vie civili. 4." Richiedesi infine che la roba data per denaro si sia valutata ad un prezzo superiore al gimto. Io qui non concordo col chiarissimo P u C c i o n i nella formula con la quale indicando questo quarto estremo egli lo esprime col dire che la roba siasi venduta ad un prezzo inferiore. Non pu essere ascritto a colpa di chi diede la roba a giusto prezzo la scioperataggine di chi la ricevette, se per la sua

inesperienza o pressura la rivendette a vilissimo prezzo. Costui non fu ingannato da chi gli diede la roba al prezzo corrente; ma fu ingannato da chi la compro a prezzo inferiore. Se richiesto da rin amico di denaro, io non avendone in pronto gli do del grano, e glielo valuto a prezzo corrente, perch ei mi renda poscia denaro, si avranno i tre primi estremi dello scrocchio: in lui i1 bisogno di denaro;! in me la scienza di codesto bisogno; per parte mia la consegna di roba in cambio della promessa di render denaro. Ma pure io non creder che ricorrano i termini dello scrocchio, perch la giustizia del prezzo da me assegnato alla merce ne fa mancare la quarta condizione. Ne se avviene che costui venda quel grano al disotto anche della meth della somma "ce si obbligato a restituirmi, pu dirsi da tale eventualitii a me estranea essersi costituito il delitto mio, perch non fatto mio a vendita a basso prezzo e la perdita patrimonide del bisognoso di denaro. Tale scapito nasce per la imprevidenza di lui, e per la malizia del terzo che lo trappol nell' acquisto.

I1 codice penale Toscano punisce lo scrocchio con g n a pecuniaria (art. 408) che eleva giustamente a grandi proporzioni ; ed alla pena pecuniaria aggiunge la carcere quando lo scrocchio Q susseguito da retrangolo. Ma .la pena pecuniaria dovrebbe essere dalla legge tassativamente stabilita in una quota proporzionale alla somma rappresentante lo scrocchio, che Q il precipuo criterio misuratore di questo reato. Dovrebbe dirsi, per esempio, il triplo od il qua-

- 566 druplo, anziclik da lire ccnto a lire (luemila. Comprendo benissimo che la prudenza dei magistrati terra codesta proporzione Alichi- potrii. Ma la determinazione del massiino glie ne toglier. il potere. Egli a ~ r balia a di applicare la pena del tadatumdem ad uno scrocchio di 2000 lire, o la pena del duplo ad uno scrocchio di 1000. ?da non potrj appIicare n la pena del duplo n&la pena del tontzcmdenz ad uno scrocchio di 3000, o 5000 lire. Cosicchb gli amatori di queste turpi speculazioni troveranno il loro tornaconto a lavorare in grande, e ripeterassi anche qui quel doloroso fatto che i pib grandi delinquenti siano meno puniti.

dppropriazione.di cosa s m a r r i t a .

Evidente la impropriazione (1) del furto nel caso che configurasi a questo titolo, perch lo smarrimento della cosa naturalmente avvenuto per una incuria pel proprietario, mentre da un lato fa cessare nel fatto la violazione del possesso altrui, diminuisce dall' altro lato la. forza morale oggettiva del malefizio; perch tutte Z volte che il cittadino e stato primaria cagione del proprio danno gli altri che avgarzmo a sb medesirni una cura e prudenza migliore se ne allarmano meno. Vi dunque in questa figura un meno cos nel rapporto giwidico come nel rapporto politico (2).
(l) meritevole di osservazione che la distinzione tra furlo h ed appropriazione di cosa altrui risale all' E ~ 8 o d 0 ~ si dove

menziona come speciali18 distinta dal furto anche 1' npproprlaclone (licosn s?narritu: sul che B da vedersi T li o n i ss e n Etudes sztr le droit pknal des anciens, Appendice A, cui). 6, jS. 2, vol. 2, pag. 215. (2) BIBLIOGRAPIA D a m h o u d e r praxis revurn crir~linalium cap. 120 cle rcpertis T r i l l e r dc fibrto inuentionis B r e n n i n g de Jiirto rei casti outissrte H uB e r o Dissertntiontlin pag. 389, lib. 5 C a rpzov i o prnct. pars 2, qunsst. 86 W e r n h e r obseruut, selecl. tom. 5 , pars 5, observ. 76 - B e r g e r o oeconona.jur. lib. 2, tit. 2, S. 1 2 S t r y l r i u s zcsusnzot.l. lib. 4 1 , tit.1,$17; ot lib. 4 7 , tit. 2,s. 17 S c h e n clc Bissertnaione dell~c idea c della essenza del fil1.10 delln cosn trovalrc; nc,yl.i scritti ye?.mcinici del n1 o r i vol. 3, pny. 299 h1 u l l e r o Promptlbarizcm verbo furtztnt n. 8 , pa y.203 -Tr o i g t diss. de furto inventionis S c h u t z e dell' nppropriaaionc d i cose smarrite. Una dissertazione speciale sul furto di cose perdute scrisse G r i m m, e fu riprodotta nell' Eco d(1i Tribunali al n. 878.

notevole nel furto di cosa snzns-ita che il rnedesimo non si consuma col prcinde~e la cosa, iiia con lo approprliarsela. Finchb alcuno raccoglie un ogt,Mto che trova per via pu farlo con 1' nnitno di restituirlo al proprietario, c cosi intendere atl opera utile e buona. Forse egli avr subito concepito la idea di arricchirsi merch quello incontro; ma tale idea non & ancora dctewi~i?zntn nell' anirno suo : e quando anche fosse determinata non ancora costante agli occhi del giudice; lo che equivale allo stesso. Allora soltanto il raccoglitore consuma un'azione criminosa e manifesta 1' animo di violare i dirit,t,i altrui quando passa ai1 esercitare atto di propriefa-

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rio sulla cosa trovata. Fino a questo istante non invasa la propriet,, e non k accertato l'animo di lucro. Ma anche allora si tiene conto della occasioni: tentatrice sotto il punto di vista morale: si tiene conto del non violato possesso sotto il punto di vista giuridico : si tiene conto del minore allarme sotto il punto di vista politico, e lo abuso della cosa trovata si colpisce con pena pi mite di quella destinata al furto semplice. Percid &versi codici moderni ttnzichk dare a questo reato il nome di furto lo dissero appropriazione indebita di cosa altrui (t).
1 l) Codice Toscano art. 402 ; codice di Sassonia art. 291 ; codice Austriaco 5. 200, let. C. Per le leggi romane chi non restituiva al proprietario la cosa trovata dichiaravasi responsabile di-vero furto, perch in faccia alla mitezza di quelle pene la teorica del Furto improprio non poteva avere agio di germogliare: l . fnlszts creditor, S. qui alienuna f . de furlis. E s u questa doltrina si procedette lungamente in molti paesi: C h a s s a n i n consuetudinem Burgttndiae tit. des justicea' S. 3. Anche la Carolina non distinse dal furto semplice 1' appropriazione di cosa smarrita: I o n a s de interversa'onis natura et consuzmalione pag. 42. Vuole notarsi che la iuipropriazione di questo caso non ha nessuna relazione con iin diritto dell'inveniore sulla cosa trovata poich le nostre leggi non gliene accordano. B singolare che in alcune antiche legislazi~ni (per esempio nelle leggi di Carlo IX di Svezia) vedesi accordato il terzo jure in,ventionis a chi avesse trovato una cosa smarrita dal proprietario; mentre accordasi la met a chi abbia ricuperato un oggelto sommerso; purch per s 1' uno che I' altro ne facciano leale manifestazione: L o C C e n i o Sueciae R e g n i leges prooinciales pag. 346 ct seqq. Sa ognuno che per giure comune lo jtcs inuentionis applicavasi alle cose derelitte non alle cose perdute: D o v e r i Istituzioni di diritto romano ediz. 2, vol. 1, pug. 606.

Tutta la difficolt in questo caso consiste nel determinare i criterii e le condizioni della appropiaziolze; e nel ben definire quando si abbia la cosa a?~ar3~ita. ordine alla prima ricerca quando colui In clie trovh la cosa smarrita ne usb a suo profitto, la don, la vendette, o fece altri simili atti, 1' appropriazione non B pii1 dubbia; non preszozta: O vera e non presenta difficolt. Ma quando nessuno di codesti atti espliciti di proprieta si pose in essere dallo inventore; e soltanto gli si rinfaccia l'accidentalilic di avere trovato un oggetto; P atlo onesto di averlo raccolto, e la successiva ritenzione di quell' oggetto senza farne denunzia o restituzione; da un lato prih rimanere dubbioso 1' animo di appropriarselo ;dal1' altro lato e evidente che si denaturano i caratteri del delitto; poichb un delitto che dovrebbe consistere in un atto positivo o di azione si converte in [in delitto ~zegakioo, di inazione: il non disporre ciella o cosa si equipara al disporne. Malgrado ci la pratica Toscana (Annali Toscani IIA i, 450) aveva deciso (1) che anche la semplice ritenaione dell'oggetto trovato poteva benissimo costituirc la prova della appropriazione, ed equivalere alla medesima; lo che poteva sembrare assai problematico nella mancanza di qualunque precetto positivo di legge che della restituzione dentro rin dato termine facesse un dovere speciale, la cui omissione costituisse per sua conseguenza il delitto. Ma l'art. 402 S. 2 del codice penale Toscano ha dato una solida base a questa doltrinn, disponendo che 1' inventore si pre-

suiiin essersi :qyr?tpriato I:I cosa tra\-:tt;t, '1":111'1(~liori 1 abbia c?eru'rv frt, g i o r ~ iI(*l)osit:i:ti:i1 ti.il~uii;iIi:. ' i
( I j In Tosc,ina unsi costdiitc giuris~iriiclrnz~ ~ v f scritprcS ~ ~ v ~ i feriii~toclie a ccistitiiire 11 furto di cosa sniarrita fosse necessdria la provd dell' appropriazirinc c non b a ~ t a s c eiu seinpiice onliusioize di tleminzin. I1 L a rn i, nel siio B ~ ~ I L ~ inedito, aveva detto clie 1'3 coiitr-lria opinione e r a sovverttLrice della dottrina della iniputabilitk; aveva criticato il decreto dellii Corte di Cassazione del 15 giugno 1811 che serribrava insegnare il contrario; ed aveva elogi,ito Ici c;cntenz,i della camera delle acciise di Firenze dell' 8 novembre 1839: Alrnnli Toscani I, 2,604. Cib nonostante nel codice Toscano prevalse la regola pi rigorosa, c le difficolt prtitiche fecero passar sopnt (almeiio apparentciriente) alle r e ~ o l cdi giiistizia. In Toscana eravi una lesse del 5 giiigno 18.30 clrc altposittinienle contari~plavail [urto di cosa siiiiirrita

I ~ L .

Questa presunzione il assili f'ort?: ne vorrei gii che si accettasse come una prcsunzionc jzovis et ($P jur-e, rna soltanto corno efficace a sattol~orrtl1 in' ventore al debito cli giristificare Ic cause della non fatta denunzia. Una malattia oil un viaggio sopraggiunto alla invenzione, una dimenticanza scusnhile per circostanze particolari, possono essere stat,txla causa di questa omissione : e sarcl~beesorbitantt* che rina xnera omissione si colpisse di pena afflittiva che nei congrui casi potrebbe ascendere al carcere da uno a due anni. Certamente se la ritenzione sar accompagnata da occultamento, o maliziose cautele che dimostrino volont di tener celato il ritrovamento e 1' animo malvagio di appropriarsi 1' og-

- 571

getto, potrcmo essere tranquilli nello accettare la regola che la ?aitensionc equival&%alla appropriacio~ze. io non potrei esserlo altrettanto quando bIa veilessi un inventore, (l' altronde cli onesta fama di agiati mezzi, che avesse fatto pul~blicamostra ai vicini clell' oggetto trovato, che ne avesse (a iriodo di eserupio) avvertito il suo parroco, ed avesse per0 tralasciato o per infii~gnrdngginc?, per ignoranza, o o per risyiai.miare uii incoi~lodoviaggio, di recarsi al Tribunale a farile doizunzia. Quniiclo costui fosse di prohi costumi, parre1)bcilii iluro che la sua buon3 fede dovesse puizirsi col carcere, ed affibl~iarsi un ad galantuomo il titolo di ladro. Io pcnso clunclrie che: i t'ribnnali non tcrranno la regola dell' art. 402 ~ 1 1 6 ) come una prasunzione jzlris tantzcwx (I).
(1) Non 111anc) chi assottigliandosi iiisinu che ;iitclie I;i semplice aplircnsiotie della coo.;i ~ i n ~ i r r i lfosse tiri alto pa nihilt. corno co?anto del fili-to c l i ~poi si cc>ncun~ coi1 lo appropriarscia, (jucsta tcsi perallro noti sosleriibile. Nb cio viiolsi arguire da1 solo difrlto tlello elcniento intenzionale ; in qrianto fii~chkio uon fiiccio clie raccogliere la cosa sniarrit;i riii-ianga d i ~ b b i o e Iia irilcnzione di piglicirla per nie O di rens derl:i al proprielario: pcrciib questa soiii ragione non haslereebbe, potendo arvcnirc clie Iii intenzione di prender per s si:i fritta cliiaru dalle spontiiiiec dichiar;izioni che emetla clii (;i i~iodo eseinpio) veduto un og;etto per via esclaiiii, oli, apdi punto io ne aveva hisogrio, r per le suo successive coufessioni giudici:ili. Non h qiii dunqiie propriamcntc difetto nello elenicnto i~~tcnzioncilc bcns riello eleniento mctle~~iule inii del contilo; al qi~ale esige chc 1' ;illo abbia in s slesso per iizilusi ra sila i car;ilteri u~zivocidi essere esecutivo di uri dato ni;ilefizio. Se fosse altrinicnti non vi s:irebbero pi alli prepnrntorii distiriti dagli atli esecutivi. Anche chi compra veleno pub dichiarare di coiriprarlo per uccidere un nemico, e piib con-

572

fessare in giustizia di avere acquistato il veleno a tal fine: rri:r ci noli ostante l'atto rneramente preparatorio e non c0stituisce siuridicamente tentativo di veneficio. La vera rtigiont* perlanto di-negare nell'apprensione di cosa trovata il tentativo, sta in questo: ciie la esecuzione del furtitnb rti iiiue?itne iiiconiincia ,soltanto quando si incomincia ad invertire in proprio uso la cosa trovata. Il solo raccoglierla atto lecito: il delitto coinincia quando comincia 1:i inversione. Lo J O n a s f'de inlervorsiunia naticra et consi~~tirnulione 44 ) mette al pag. nudo la veriti di questa dottrina, con un esempio. Chi vetlendo una fanciulla presso a perire perchb caduta in un fiume, si getti a nuoto (egli dice) e la salvi, ove dichiari di aver cib fatto col fine di stuprarla dopo averla condotta alla riva, lo direte voi colpevole di tentativo di stupro per l'atto di salvamento che egli oper? La negativa B incontrastabile. Piottosto potrebbe arrisicarsi una opinione: fermo stante clie nellii apprensione della cosa trovala non pu riconoscersi tentativo punibile, e fermo stante che il delitto si consunia con I;i appropriazione, potrebbe forse sostenersi clie la ritenzionc della cosa trovata stesse in certa guisa in mezzo fra 1'apprensione (atto innocente) e la inversione a proprio uso (atto consurriativo del reato) e costituisse un tentnfivo di npprupriazione. Con tale sistema parrebbe superarsi I' ostacolo della difformit antologica che passa fra ritenere (alto negativo) e lo appropriarsi, per li1 quale sembra repugnante trovare la consumazione nella sola ritenzione. 1IIa genera nel1' animo mio grave difficolt lo avvertire che con quesla dottrina costituendosi lo elemerito fisico del tentativo nella sola intenzione s' incontrerebbe sempre lo scoglio di attribuire ad una omissione i caratteri di atto esecutivo. La figura del tentativo di appropriaziono potrebbe trovarsi piuttosto ~ielle arti usate da chi avendo veduto lo srnarrirnento cercasse sviare le ricerche del proprietario che ne va in traccia, senza per giungere ad ingannarlo. Fingasi un bracciante che lavora alla via, e veduto Io smarrimento dell' oggetto 10 ha coperto con erba O terra affinch il proprietario

retrocedendone in cerca non lo rinvenga. Insomma pare a me che per parlare di tentativo punibile occorra un atto positivo diverso dalla mera apprensione. Se si prescinde dal bisogno di ci la ritenzione consumazione: se non B consumazione non pu essere neppure tentativo.

Non minori perplessit s'incontrano nel definire quando un oggetto si debba ai fini presenti dire s m ~ ? ~ r i omoderni alemanni andarono in sottilisI . sime investigazioni, sul proposito di tale definizione che noi italiani non avevamo mai pensato a cercare rimettendocene al volgare senso della parola. Fu osservato che cosa trovata e cosaperduta non suona lo stesso : la osservazione B giustissima. Ma quandu k che la cosa e smarrita? P f e i f f e r (dissertazione intitolata che d e che importa il possesso nel diritto romano pag. 10,e 6 7 ) aderi alla materiaZii4 del possesso: laonde se il padrone di un vastissimo parco passeggiando in quello avesse colA perduto un anello, dovette dirsi che chi si appropriava quell' anello non rubava cosa smarrita perchb il proprietario come possessore del parco possedeva anche I' anello. Applicazione che mostra la insufficienza della definizione. B l o o d e (nuovi Annali pel diritto penale sassone tom. 1, fasc. 2,pag. 3) aderi al concetto ideologico, e disse che la cosa era smarrita quando il proprietario non sapeva pib dove era. Male anche cio. Andando a caccia per un bosco ho posato sopra un poggio la mia tabacchiera e sono partito senza riprenderla: me ne ricordo tornato a casa : ma essendo stanco dico a me stesso torner a prenderla poi: intanto essa B rubata. Si dir egli

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riie il sottrnttorc trovandola i11 rlriel boscn non ha :tvuto la credcnza clie lbsse smarrita, r: cos l'aniino (li rrppropr.isrsi cosa smltrritn : P cib pcr la sola riiginne che il padrone si ricrclavn (lo\-c aveva 1:iscintu la tnbaccliitlrt~ Altri guarclb ttl1:i ilt~st ? innzioiic 11til liiogo, c disse che era smarrita la COS;L q r i ~ ? ~ l ( f ~ i3rn tlirncl~iticatain rin Iur~po clcrtinnto a cusfonon ciirla. JIaIissirno a~lchc:ci(',. Sc io mentre leggo un lihro scendo in cuciiia per 11;tre ordini alla f'antesc:r, e stando col dimentico il li1)ro sopra una sedia, quel libro stato da me clinienticato fuori del luogo di sua abituale custodia: ma non percio potr dirsi smarrito; come non i? smarrito un anello che dorrnendo mi esca dal dito 11eI mio letto, e clie si trovi cola da clii viene a11 acconciare la camera. Ma se invece cih mi avviene no1 luf to di una locanda, P ~lutincloio n(? sorio partito altri sr: lo appropria, si ;ipl)rc~prieri~ un anelio smarrito. Altri fece dih4:t~i: pendere la questione dal concorrere o no una trascuy*alaggi?zerimpi.ovcrevole al proprietario. Concetto apparentemente morale, ma giuridicamente falso. Clii B preso da uno svcnirncnto e cade nella strada non un trascurato: rna nel cadere gli usci di tasca i1 portanionete : questo oggetto non fu veduto subito: alcuno lo trov dopo dei giorni e se lo appropri. Si dir che costui non ha la scusa della cosa smarrita pcrch non ptid farsi rimprovero al ~)i'opriotariodi negligenza? Se io devo dire il mio pt:nsiero in tanta divergenza ed ambiguit di opinioni, osserver che la qricstione non si guardata ( a mio credere) ncl punto di .vista sotto il qualo doveva essere contcriil)latn. Io tengo pcr massima che quando t?lattasi d'i~npwtabilitdtutte le questioni

- 575 devotzo gua?*da;.*si soggetlivamente, cio devono studiarsi nel? animo cZcl gizdicabile. Ebbe o non ebbe il giudicabile giusta ragione di c r e d e ~ ~ e smarrita la (*osaclie si approprio? Ecco il criterio a cui io riduco la soluzione del prol~lcma. Chi viene in mia ccdsct e vede in terra c:tcluto un foglio di banca e se1 piglia, noil pu dire credetti fosse sniarrito. Chi va in un cnmllo o in un parco :~lti.ui e vi trova un anello, noli va a cercare se il possesso del campo o del ptxrco dh o no il Ilossesso degli anelli e delle niuiic:tc: che vi cadono; c dico a sb stesso - Deer.r tledit, cluesto anello st:~to perduto. Chi vcdc (1:zl : balcone cadcrc un oggetto dalla tasca dcl passcggiero non va. cercando chi sia colui, ne se sia o no terascurato: egli dice colui lict pcvdzrlo yucll'oggctto ed io ne qyrofittero. O sia la Irascuraggine o il caso fortuito ( i ) C~UCIIO h e1 ~ 1offerto a1 giudi~al~ilt? ~ 1 l' oggetto che si approprib, concorra o no 1' accicl(int;ilif,;'i che il prolwict:trio ~icorcli il Iriogo dovr. l~ercl~tti> i' oggctto, certo cgli k clio si approprio un oggetto pi.esontat,ogli tlallrt fortuna, ed meno colpevole (> meiio 1)cricoloso (le1 vero ladro. Ma se la aos:z iii V ~ ; ' I ~ ~ I I L ' I Ida 111e snGrrita e accortomene ~C iiic:iricai pcrson:~(li mia fitlricia onde visitasse i luoghi (la i i ~ c l~wc'orsie n(: 1:iccssc ricerca, e questi rinvc~liulnla,s t l' appropri6 ingz~nnnndoiilicol negare c il i.cl~wi.iiiicnto,iion potri~ nllegarc la scusa dello 8iiinr~rimcnto~rer(.liiltrovG la cosa cornc mio mant1nt:;lrin t3 pci. conto ~ n i o C snra per lo meno de; 1)ifoi.c~ili tisriil:l.
( l ) Casi aneloglii al vero e proprio smarrimento che abbia sti:i il proprietario possono essere i segueuli

tutto della cosa

ai quali mi sembra applicabile la stessa nozione di furto improprio, i principii identici del furto di cosa smarrita, e conseguentemente i dettati legislativi che lo contemplano 1 La consegna fatta dal padrone per errore di cosa: vedasi sopra a 9. 2028 nota; ivi opinai che qui concorra i1 vero furto. Ma pure non disprezzabile la opinione di coloro che vi scorgono uua impropriazione. h vero che error non faci6 co?isensurn: ma pure l'atto materiale della consegna eseguita dal proprietario per equivoco pu diminuire la forza morale oggettiva del malefizio 2." La consegua fatta per errore di persona porgendo ad uno indebitamente cib che doveva e voleva consegnarsi ad altri. Osservazioni identiche al caso precedente 3.0 La ipolesi di un oggetto che il vento abbia trasportalo dal mio fondo sul fondo del vicino, e da questi si prenda. Qui si hanno i termini veri della cosa smarrita. Tanto che 1'0pgetto sia caduto di mano o di tasca, o dimenticato, o lasciatc~ esposto a delle forze naturali che possano trasportarlo altrove: sempre il proprietario spogliato della materiale detenzione per caso od incuria propria, e non p e r malizia altrui. Diversamente fu giudicato in tema di oggetto dal proprietario lasciato per via, perch avendone intrapreso il trasporto da luogo a luogo il suo soverchio peso lo aveva coslretto a posarlo l; ed ancorch questo oggetto fosse stato casualmente trarnutdto di posto prima clie il proprietario tornasse a riprenderlo, pure fu detlo non assumere il carattere di cosa smarrila, e il soblrattore fu dichiarato autore di vero e proprio furto: d n n a l i Toscani XX, I, 880. Ma quel giudicato non pub prendersi come massima generale. Ragione di decidere fu la naole dell'oggelto la quale repugoava a supporlo smarrito. Guida costante ( p e r ci clie dir Era poco ) deve essere il criterio soggettivo. Quando l' oggetto ha tali condizioni da accennare al deposito precario anzichb allo sniarrimanto, chi lo piglia non pu avere la opinione di prender cosa fuori del possesso altrui: in condizioni diverse tale ragionata opinione deve bastare ad impropriare il furto. Ma I' trgnetlo rapito dal lupo e poscia a lui ritolto dal terzo dovrebbe con-

- ."

siderarsi come cosa smarrita: t. Pomponius 44 f f . de acquir. rerum dominio, e 1. 8, $. 2 fl. familiae erciscundae.

Lo S C h u t z e, che ha test8 discusso questo argomento, distingue fra cosa s m a ~ r i t a cosa riposta, , e cosa dimenticata. E riposta per lui la cosa finch il proprietario rammenta il luogo dove la colloco. Se questo luogo B nel possesso del proprietario concordo io pure la utilit costante della distinzione : ma se la cosa fu riposta incustodita in un luogo pubblico che dovr dirsi? F u ( a modo di esempio) una signorina che per dare ua segnale di convegno amoroso nascose i suoi guanti in un cespuglio di rose nel pubblico giardino : e invece dell' amante che doveva raccoglierlo, il desiderato segnale fu raccolto da un ladro. La infinita variet dei casi non pu risolversi che col fissare un principio cardinale : questo 8 tutto, Il criterio della impropriazione desso oggettivo o soggettivo? Se e soggettivo (come io penso) tutte le volte che lo inventore ebbe ragionevole motivo di credere che l'oggetto fosse smarrito non pu a lui obiettarsi il dolo del furto proprio, la coscienza di violare il possesso altrui; e quando trova la tabacchiera nel prato o i guanti nel cespuglio di rose, egli non sa se il padrone di quella si ricorda o no dove la lasci, o se quei guanti vi furono dalla signorina collocali per un fine determinato; e non pu imputarglisi una volont pi malvagia. D'altronde come far dipendere la qriantit della pene: dalla reminiscenza o no del proprietario ? A due individui cade il fazzoletto nella pubblica via : Tizio VOL.IV. 37

si appropria l' uno, Cajo si appropria I' ali ro. Ch1 non direbbe che entrarilho debbono sottostare alla

identica pena? Eppure ci0 si nega dalla teorica della dimenticanza : e il giudice dice a Tizio n te infliggo un mese di carcere perchi) il proprit2t:trict n ~ j nsapeva dove gli fosse caduto il suo fazzoletto; poi dice a Cajo a te infliggo due mesi di cnrceiu perchi;? il proprietario ha giurato essersi ricordato benissimo che il fazzoletto gli era cola caduto ed avere avuto in animo di tornarlo a riprendere a comodo SUO. l? questo un giusto criterio per misurare la imputazione e la pena (1) ? Riepilogando io concludo che a definire i caratteri dclla cosa srrtarrita per i fin penali non mi sembrano sufficienti nessuna delle sei formule ingegnosamente poste innanzi dai vari scrittori. Tutte vere in qualche caso ma non assolute, perci0 tali da non assumersi come criterii regolaturi costanti della questione. Non la formula del posse.tso del luogo; non la formula della ren~iniscenzu del proprietario; non la formula della destinaz o e del luogo; non la formula della truscuranza in del proprietario; non la formula della ricerca o del1' abbandono che il proprietario faccia della cosa smarrita; non finalmente la formula ultimamente suggerrita da S c h u t z e del non essere la cosa &posta : ma io tengo invece .per buona la settima formula del criterio soggettivo. Ognuno deve impritarsi secondo il grado del suo dolo e della sua malvagit. Quando vi fu giusta credulita di prendere cosa smarrita non potr mai imputarsi un furto proprio. Si adatta qui benissimo la teorica dello errore di fatto caduto sulle circostanze. Chi uctiile il proprio padre credendolo uno estraneo 8' imputa

- 579 per omicidio e non per parricidio. Chi s appropria i una cosa che trova all' aperto credendola marrita non pu imputarsi di furto proprio.
I l ) I caratteri della cosa sniarrita ai fini presenti furono con la sua solila acutezza esaminati e discussi dal l ' o r t i nelle sue conclusioili png. 211. Ma non vuole essere dimenticato che la imporianza della questione non nasce soltanto ilalla differenza della pena fra furlo proprio ed improprio, 10 clie potrebbe sembrare di.minore interesse trattandosi infine dei conti di punire un poco pi un poco meiio un colpevole. La diarenza pu sviluppare I' effetto di punire o non punire un uoriio onesto, e ci sviliippa altissimo interesse nella ricerca. Lo diniostro. Il furto proprio si consiima col prendere ( c o a t r e t ~ a r e )la cosa; lo improprio del caso presen\e non si consunia fino all' app~opriazione.Poniamo rriente a questo. Un citladino illibato vede un oggetto per via e lo riiccoglie pezi.118 lo crede smarrito, con la buona intenzione di denunciarne il reperimerito e conservarlo al proprietario: mia pririi;i che q ~ i e lgalantuonio abbia potuto fare la denuncia il proprietario gli corre iiddosso e, non pago di riavere 1' oggetto ctic gli vien toslo restituito, si querela di furto. Qui non vi modo di transigere: se si nega i1 carattere di cosa sm;irrita a qucll' oggetto o percbb il proprietario dice che si rammentava di averlo perduto col O perch dice cile ve io aveva riposto, il furto consumato col prendere, e bisogna applicarne la pena. Ad evitare questa, unico rnpzzo i quello di giudicare 1' accusato di furto col criterio sog! gettivo; e poich non vi fu appropriazione si potri assolvere, dichiarando che ebbe giusta ragione di credere la cosa smarrita.

Lj. 2402.

Del resto stabiliti cos nettamente i criterii pei quali il frirto di cosa smarrita si distingue essefizial-

mente dal furto proprio, e pei quali VUOI essere per buona giustizia punito meno, vengono a dilegriarsi certe cervellotiche limitazioni ed nbbie cse vidi talvolta cadere in testa ad alcuno. Vidi giudicare doversi infliggere la pena del furto proprio ad un inventore perchb aveva veduto cadere 1' oggetto dalla tasca del proprietario. Costui (fu detto ) sapeva a chi apparteneva l'oggetto che raccolse; ed invece di avvisare il proprietario aspett che si allontanasse per pigliarselo : dunque b reo di furto proprio. Illogico ragionamento ! quasichb la specialit8 del caso dipendesse dal non sapere a chi appartiene l'oggetto ;e non invece dalla mancata violazione del possesso, e dalla protezione minore che devesi al proprietario scioperato. Finch da quella circostanza si fosse argomentato pii velocemente 1' animo di appropriazione per passar sopra al mancato decorrimento dei tre giorni assegnati alla denunzia, ci6 poteva forse star bene : ma denaturare il titolo fu un orrore grossolano che venne giustamente corretto dai tribunali superiori.

Altra volta lessi con sorpresa in un giudicato che siccome il possesso si conserva anche col so20 animo, cos il titolo eccezionale di furto di cosa trovata e applicabile soltanto quando il proprietario non solo abbia per lo smarrimento perduto il possesso coi-poreo, ma abbia di pih abbandonato il pensiero di ricercare la cosa smarrita. E fu questo un altro errore non meno madornale del precedente; s per&& si fece abusiva illazione al ginre pende delle re-

- 581 gole di giure civile ( 2 ) ;s perch non si vide che quando constasse avere il proprietario abbandonato il possesso anche con l'animo, la cosa sarebbe derelitta (2) e non sarebbe piU soggetto passivo neppure di furto improprio. Anche questo errore per fu presto corretto dai tribunali superiori. Gli esempi di tali aberrazioni valgano a far cauti i giovani della importanza di ben discernere i criterii essenziali di ciascuna specie criminosa, e le somme ragioni di ciascuna specializzazione. Qui dove spesso si veggono in pratica confusioni inescusabili. Certamente se il gindicabile che implora la impropriazione del titolo avesse egli medesimo con maliziosi artifizi procurato lo smarrimento, potrel~be allora sorgere il titolo di frode. Suppongasi che un forestiere mentre B per partire dalIa locanda abbia preparato sulla tavola il suo orologio per prenderlo nello andar via; ed alcuno abbia gettato un panno su quell' orologio nella speranza che il forestiero non vedendolo se ne scordi ; e di fatto sia avvenuto cosi. Colui non potr dire che col prender poscia quell'orologio si appropri una cosa smarrita, perchb 1' artifizio doloso plnecede le smarrimento, ed causa di quello; laonde repugna applicarvi un titolo che ha per essenza un dolo sopravvenuto. Ma quando al giudicabile non possa farsi rimprovero di alcun atto causativo dello smarrimento, questo fatto tutto addebitabile al caso fortuito od al proprietario informa tutti i successivi. Abbia pure I' accusato posto in opera artifizi per occultare la cosa; o per disviare le ricerche posteriori del proprietario: tutti gli atti rei hanno per punto di partenza una perdita di possesso che non B r*improverevoleallo accusato, e tutti

subiscono le conseguenze giuridiche (3) di quel primo fatto modificatore del malefizio.
(1) Questo era per soprappi un gravissimo. errore anche in diritto civile per il disposto della leg. possideri 3, S. N e r aa 13; leg. s i rcin rnobilem 47; ley. Polnponius ff. de acqztir. ve1 amitt. possess. E cIie nelLe cose mobili a direrenza delle ijnmobili il possesso civile non si ritenca col solo animo lo diinosti* quel chiarissimo ingegno di P r a n C e s C o F o r t i in una requisitoria che trovasi 3 pag. 212 delle sue concluss'oni pubblicale da Eugenio Cammelli e che sono in ogni lor parte meritevoli di essere studiate. Singolare,era il caso nel quale il F o r t i spiegava quella requisitoria: trattavasi di un cavallo che essendo fuggito andava vagando per le pubbliche strade. Nello interesse di chi lo aveva trovato col; e se lo era appropriato, il difensore sosteneva trattarsi di furto di cosa smarrita. M il F Or t i con sottilissimo ragionamento sostenne trattarsi a di vero furto; e la Rota Fiorentina lo seguit nel suo pensiero. Fra queste ragioni la pi sensibile fu quella che il cavallo avendo l'abitiidine di ritornare alla stalla vi sarebbe tornato se non lo ruhavano, e perci non era cosa smarrita. (2) Che la cosa smarrita quando il proprietario vi 'abbia renuncinto col proposito di non pi averla rientri nella comu?alone negaliua, lo avverte G r i m m al luogo sopra citalo, ma allora non vi pi furto. Cosicchb la circostanza che il proprietario girasse attorno in cerca dell'oggetto smarrito, obiettata inconsultainente da taluno come esclusiva della impropriazione, del tutto inconcludente; ed il valutarla a quel fine un ulteriore abbaglio giuridico. (3) 11 furlo di cosa trovata era perseguitabile ad azione pubblica per l'antica giurisprudenza toscana (Annali Toscana' ZII, 1, 450) e lo B pel codice Toscano, art. 402.

T r

T O L O

VIII.

Appropriazione del tesoro.

I1 tesoi.0 fa definito secondo la dottrina di P a o l o ( lib. 3 1 ad Edictujn) u n eumzrlo di cose p~vziosr

occultuto in lzrogo incognito. Esso differisce dalla e-.i%iegaa la quale i! un deposito .rzatzr~aleecl b soggetto passivo di vero e proprio furto. Differisce pure dal q*&ostig?io; il quale conosciuto dal padrone che ne conserva doeni~zio eposse.sso: questo quantunque corra sotto il nome di tesoro irnprop~~io ha canon ratteri giuridici differenziali da tutti gli altri oggetti che ogni pro1~rief;ario tiene dove meglio gli aggrada; onde non pu mettersi in disputa che il furto del medesimo sia vero e proprio furto : P a o l o , nel Cb. 31 ad Edietuna donde estratta la leg. 31, f : de ucquir. rerum dominio, dice chiaramente che non 2 tesoro la pecunia nascosta dal padrone (terra defossa ve1 metus ve1 custodiae caussa); maIgrado ci8 si ostinarono i pratici a dirlo tesoro i m p v o p ~ o l ) ,ma ( erroneamente : B i t s C h de thesauris pars prior, cap. 2, fj. 29. Lo che si mostra erroneo anche per fl: le parole di S C e v o l a in leg, 67, de rei vindic. ove distingue il tesoro dalla pecz6r.i~perdita, vel per erqnorem fio% ablata.
(1) h comune lo insegnamento che il criterio essenziale del tesoro stia nel non aversi memoria della persona che lo nascose: S a n f e I i o e Becis. 394, lib. 3, pag. 289; il quale

porta questo criterio fino a tal punto che se trovisi nel ripostiglio una carta indicante il nome di chi fece il nascondimento, decide non esser tesoro. Si veda Iiiatit. de r e r . div i ~. tliesaurus . leg. unica C. de thesauris Ca b ed o Becisiones Lusifnnae decis. 56, lib. 2 C o v a r r 11 v i 0 in regulu peccnturn i, p. S. ulr. A r n o n i o prolilemattr n.29-Gomez in lc~esTaziri,1.45,n.51 P e r e g r i n o cie jure fisci lib. 4, tit. 2 h'o v a r i o de qravamine vassallorum toni. 1 , gravant. 393 G i l k e n de ncquirendo rerum dominio pug. 553, n. 49 F o r t i conclusioni pag. 201. Ed B perci che si considera come un' accessione del suolo; dal che nasce vivissima controversia sul punto di determinare a chi spetti quando trovisi sul fondo enfiteulico o feudale: G i l k e n d. l . pag. 543, n. 26, et seqq. S c h On e r dispuiaitones fezidales lib. l , disput. 4, thes. 8 4 ; e f disput. 9 , Ihes. 4 .

In proposito cli questo titolo la dottrina penale si mescola di questioni di diritto civile e di questioni di diritto pubblico (l) ;nelle quali noi non porremo le mani. Diremo soltanto per ci che attiene d diritto penale che il furto del tesoro non presenta violazione del possesso, per la ragione che il proprietario che possiede il fondo non sapendo di avere in quello un tesoro non pu6 dire di possedere i1 tesoro stesso, pereh8 gli manca 1' animo di possederlo. Laonde a ragione si pone tra i furti impropriati; ed a ragione del pari si preferisce dare a questo fatto il nome di apprcpriazione anzich di furto per la mancanza dello estremo a questo occorrente di essere la cosa sottratta invito domino, mentre a rigore il tesoro non ha padrone finche non e

discoperto. Aderiamo pertanto alla osservazione giustissinin fatta dallo illustre G e y e r nelle sue critiche al nuovo Progctto di codice penale Austriaco nel senso che I'appropriazione del tesoro sia una slieciale figura crir~~inosa quale non pu adatalla tarsi n& la nozi;jne della ttacffa (o i?zfedelta o abuso di flchtcicc) n6 quella del vero furto perchb il tesoro non ha padrone. E diremo che questo furto cade sopra tutta quella quantith del tesoro che le leggi civili non attribnirebbcro allo inventore jure imientiu~zis. occupi il civilista di definire codesta Si quantith secondo i diversi casi.
(l)Sono a consullnrsi D e 31 a n dissertati0 de thesaz~ro; O e l r i C h s tlicsa~trus vrlus vol. l,tom. 2, diss. 17, pag. 903 C r e I 1 dissertnfio 69, 70 de ticesauro cc tnerccnariis izvento, et occrcllulo prig. 1356 - Sta r k diasertalio de iure inocnli thrsauri I)e G i o a n n i s d e h leyia.lazio?le s i ~ l lmitzierc png. 40. E inutile avvertire che il ~.
iit

titolo di ztppropriazione di tesoro pu facilmente perdere la sua criminositii per difetto di dolo in tutti quei casi nei quali lo inventore potk avere una giusta e ragionevole opinione che il tesoro appartenesse a lui; come nel caso di un dissidio fra compratore e venditore, appositamente contemplato dal1' t1 u b e r o de casibus cnuclcutis quaest. 15. In simili contingenze dovr naturalmente soprassedersi nel giudizio cririiinale fino allo esaurimento della lite civile, ma dove puro questa riesca sfavorevole a colui che si appropri il tesoro non potrh tosto il giudice criminale concluderne la aoverosith di punirlo s e in lui ravvisa suacienti ragioni di buona fede.

I1 codice penale Toscano ponendo questo furto tra g1' improprii lo colpisce di pena che ragguaglia alla

- 336 met di quella destinata peI furto semplice. 3la io

mi permetto di dissentire dalla opinicwe per i-luanto rispettabile del prof. P u C c i o n i , I& dove conlrnentando quello articolo insegn che per il codice Toscano si considera come furto impropriato (e cosl si punisce con la pena della truffa) anche il furto del tesoro improprio. Non vi ragione per cui si debba ammettere che chi sarebbe punito di dieci se avesse rubato il mio sacco da me lasciato sopra una tavola, debba essere punito soltanto di cinque se io ebbi la cautela di sotterrare il sacco in giardino o in cantina. L'illustre ginreconsulto si persuade di ci per una argomentazione che per quanto sottile dovrebbe accettarsi, se vero fosse il suppo~t~o dal quale procede. Egli trova che il codice punisce come truffa anche il furto del tesoro sul quale 1' inventore non ha per regola civile diritto di partecipazione nessuna a titolo d' invenzione. Quindi soggiunge che ci non puO verificarsi tranne nel tesoro improprio, ossia ripostiglio; poich in tutti i tesori proprii 1' inventore ha sempre ( secondo lui ) una partecipazione. Dunque, ei conclude, bisogna applicare 1' art. 403 anche al tesoro improprio per non cadere nell'assurdo di supporre che il legislatore abbia previsto un caso impossibile. Ma nella considerazione di questo assurdo sta appunto lo equivoco dello illustre scrittore. Egli ha dimenticato che per giure civile 1' operaio chiamato dal proprietario appositamente' N fine di frugare in un suo fondo nel quale ei prevede di trovare un tesoro, non gode benefizio nessuno per gius d' invenzione perch 1' inventore il padrone stesso e l'operaio non B che un suo strumento. Laonde esistendo nel giare civile (i) casi in

cui l'irivetitore del tesoro non ha diritto ad alcuna partecipazione, le previsioni del codice trovano i termini di tntte le loro pratiche applicazioni nel tesoro proprio : e non vi P. Isisogno di snpporre nel codice nostro una benignit verso i ladri dei denari nascosti (2) dal proprietario, la quale non avrebbe in verit fondamento iiessuno.
(1) h indubitato che il ritrovalore del tesoro ha diritto alla met per gius d'invenzione soltanto quando nccidentaG

mente lo abbia trovato. Se egli non casu ma data operrr i?zvcnit, non Iia diritto d' invenzione, n partecipazione al tesoro, il quale per intero spetta al padrone del fondo; salvo il caso (per le leggi romane) che fosse trovato con arti magiche in odio delle quali la parte dello inventore addicevasi al fisco: leq. 65 ff. de ncquir. ver. don2inio Il a r p p r e C h t ia i~zslitrit. thesnu,.us n. 22 S. S lr u v i o sy)alcty,nn juris, ezcrcilatio 43 - si nutem crlius DATA OPERA i n alieno /'undo tlicsnurzcm qunesierif nc invenerit, lotus domini est A m a y n in l. waica C. de thesauris n. 1 ad 11. (3) Che il ripostiglio, qu:intunquc in alcuni frammenti sin impropriarnente cliiamato tesoro, non frualur jure thesauri sed donlini sit, non pu essere controverso per il testo alla gi cilata 1. nitnquam 31 Cj. 1, ff. de ncquir. rerzin, dominio; 1. t ~ l t o ~ e ff. de rei uitidicatonc; e I. pernegre 44 i n (i7 princ. f . ddc ncqicir. oel amill. posses.

I codice Toscano ha riprodotto ancora la sanzione 1 della Novella 5.l di Leone il filosofo. Nella quale mentre riprovavasi 1' avidit improba dei Ascali che pretendevano senza ragione nessuna si dovesse al fisco nna porzione del tesoro rinvenuto in Zzcogo pri-

- 588 vato, ordin si dovesse qualsiasi tesoro dividere a

perfetta met tra l' inventore e il proprietario del fondo, tranne il caso che l' inventore avesse maliziosamente cercato di occultare il tesoro per dispogliare il proprietario del suo diritto: nel qual caso ordin doversi codesto inventore considerare tamquano fur, e privare la sua avidit anche della meta come sopra dovutagli. La sanzione di .Leone puo dirsi riprodotta alla lettera dall' art. 403 del codice penale Toscano. I1 codice Sardo come il Francese niente si occupano di questa specialith.

L'argomento della appropriazione del tesoro e della cosa smarrita richiama per analogia la questione del furto ai morti. Un caso speciale che diede occasione a divergenze fra gli scrittori e nella pratica, e quello della sottrazione di oggetti che si seppelliscono coi defunti. Antica presso molti popoli fu la pratica di ornare i cadaveri delle persone care o di vesti o di gemme, o seppellire con Ioro certi oggetti anche di valore ( S t r a b o n e Zib. I l ) coine emblemi di dignit, o per altro affettuoso o superstizioso pensiero. I monatti sovente spogliano questi defunti, od altri scouerchiano le sepolture per impadronirsi di quei valori. Questo fatto ne porge occasione a differentissime tesi (1).
(1) Circa i furli conimessi nei sepolcri sono u vedersi i Responsa Tutiingensia vol. 4 , 9,espons. 218, et 222.

1.O Pu opinarsi che tali cose siano nullius perchhe dwelz'tte dal proprietario, e cosi esimere la sottrazione delle medesime da ogni penale responsabilit&.Ma questo sarebbe gravissimo errore, perchi. non derelitta una cosa alla quale il proprietario ha dato una destinazione speciale. Quando anche tale destinazione porti la cosa a consumarsi senz' altro servizio, essa l perch il proprietario volle che stesse I,"e nessuno ha diritto di sottrarla a quella destinazione. S. 2409.

Altri trov in queste cose sepolte simiglianza col tesoro. Erroneamente anche questo, perchB il tesoro si sotterra per custodirlo, per ripigliarlo, e non diviene tesoro finche non si smarrita la reminiscenza di chi lo nascose. Gli oggetti sepolti col defunto acquisteranno un giorno il carattere di tesoro quando piil non si sappia rintracciarne la originaria pertinenza, ma nel periodo successivamente inirnediato del loro sotterramento no.
2.O

3." Altri credette trovare in quella sottrazione una analogia col furto di cosa s m a r r i t a : erroneamente anche questo; ed B intuitivo lo equivoco.

4.O Pi veramente si trovano in questa ipotesi i caratteri del vero furto, perchb la contrettazione ,ri

fa incito donaino: il padrone conoscirito : quelle cose non sono l per sua incuria o per caso; vi stanno perch egli vuole che vi stiano e perchk ha diritto di volere cosi. iu'on vale la osserv;tzione clre i rnorti non hanno diritti; percht' non si rut~tx :t1 morto, ma si ruba al vivo il quale volle i i vriolr-? che quella cosa stia li.

Altri pensa che il titolo di furto in questa ipotesi scomparisca assorbito nel titolo di riolato sepolcro. Cio dipende dalle circostanze. I romani che ebbero come sacrilegio nefando la violtzzione del sepolcro trovarono naturalmente nella offesa religiun(: 1' ol~iettivo prevalente di questo reato. E rioi che non potendo ravvisare delitto religioso dove non interviene il fine awerso alla religione facciaiuo clel violato sepolcro in certe condizioni un reato contro la pubblica sanit ( 13. 3180 e segg. ) dobbiamo bene ancor qui rispettare la prevalenza di questo titolo sul furto quando si creda la offesa alla pubblica sanit (come lo & in molti casi) pi importante della offesa alla propriet privata (1). Ma non seniprc il furto B coinmesso nelle sepolturc : si derubano i cadaveri dai becchini nell' atto di sotterrarli: e poich questo fatto non si accompagna con la esumazione del cadavere, nella quale sta la offesa alla pribl~lica sanita, rimane applicabile il mero titolo di furto.
5.O

(1) La qiiestione si prescnlb In termini allo Corte di Cassiizione di Milano, la qiiale fu chi;imiitn a drciderc se a forma del codice Sardo la sottriizionc da un avcllo delle vesti ed

arnauienti sepolli con un cadavere costituisca furto, oppure 1~1 violazione di tombe prevista dall'art. 519. La Corte di Parl i aveva deciso per il furto, e la Cassazione di BIilano col ~ ~ decreto 21 giugno 1 8 6 5 conferm; e declin 1' obietto del l's. 5, S. 7, e l fr. 11, et constit. 4, 5 de scpulchro vioE~to, osservando che la violazione del sepolcro costituiva nel giure romano u u sacrilegio severamente punito, e perci il titolo applicato dai romani era titolo assorbente del furto. Ecco la teorica della prevalenza applicata senza formularla, perchS la verit trionfa per sua nalurale potenza anclie prinia che il filosofo l'abbia dimostrata e convertita in una formula scientifica. I romani che trovavano gravissimo reato nella profunazione del sepolcro e d avevano nei casi ordinari per lievissinio il furto, assorbivano nel primo il secondo tilolo. Chi trov nel furto un reato pel codice Sardo pi grave della violazione di una tomba, assorbi il secondo titolo nel primo. La ragione identica; le conseguenze variano per la direrenza della penalit. Di qui nascono le appiirenti discordie degli scrittori. C a r rn i g n a n i (S.725, et 727) colloc questo ciiso fra le violazioni di sepolcro. Il codice penale Toscano (art. 218) lo punisce come violazioiie di sepolcro. Il codice dustriaccj del 1852 al 5. 500 lo dichiara furto. C 11a u v e a u fi~.30110)contro Ca r n o t disse che era violazione di sepolcro e non furto. iila N y p e 1s (nella nota 8 al n. 3 1 7 4 ) sostie~ieche i! furto; e la Cassazione di Francia con decreto del 37 maggio 1822 decise per il furto cassando nello interesse della legge un giudicato difforme della Corte d' Aix. I t o b e r t i (nel suo co,rso cli dtrilto penale vol. 6, pug. 201) sostiene doversi applicare il titolo di furto, considerandolo cotiie pi grave per la concorrenza del violato sepolcro: vedasi Ba v e r opusc. 16. Per il furto si pronunzi anche la oijstra Corte di Cassazione: An?ziili fisccini XV, 1, 324.

T I T O L O

IX.

E s p i l a t a e r e d i t .

11 titolo di espilata eredit (i) deve la sua specializzazione ai principii del diritto civile piuttostoch a motivi intrinseci al giure punitivo. I romani tennero come principio rigoroso che il patrimonio di nn defnnto non potesse far passaggio nel suo erede qnalunque egli fosse, senza che questi facesse per parte sua un atto di adizione: un atto solenne che dei beni ereditari a lui conferisse il possesso che la semplice volonti. del defunto o della legge non aveva abilita di conferirgli. Nello intervallo pertanto che intercedeva fra la morte di un cittadino e questo atto di solenne adizione, la eredit di quello si considerava come senza padrone, come non posseduta da alcuno : di qui la nozione della persona fittizia della eredit giacente. In quell' intervallo le cose appartenenti al compendio ereditario non erano neclliw :non potevano dunque impunemente occupami da estranei. Ma i romani (2) non vollero applicare il titolo di vero furto al *fatto malvagio di chi avesse da codesto compendio sottratta una qualche cosa, perchb non videro una persona fisica il possesso e dominio della quale potesse dirsi violato. Questo fatto pertanto che pur voleva reprimersi non chiamassi fecrto ma espiiata ereditd. La espilata ereditA B dunque - un furto commesso a d a n w da' u m eredit giacente.

(1) B ~ B L ~ O G ~ A FMA n O c h i O de arbiirarir judic. I e cent. 5 , qunest. 300 C o e p o l l a cons. 71, n. 19 et seqq. F a r IR e y g e r thesaurus juris, verbo expilator n a c c i o v a r i a r . quaest. tib. 5, tit. 17, quaest. 174, n. 122 F u l g o s i o consil. 157, col. 2 D o l f i o allcgaliones v o l . 4 , p a g . 405 C o l e r o decis.190 Cannegieter H e r m a n n u s observntiones lib. 1, cnp. 20, pay. 129. 12) Nel diritto Romano ai figli ed alla moglie mancipia non si applicava neppure il titolo di espilata eredit: D' A r n a ti d variar. coniectur. pg. 343. Gli alemanni disputarono acremente s e 1' art. 165 della Carolina avesse mantenuto il titolo di espilata eredith: sul che a vedersi L e y s e r merlit. in pand. spec. 556.

S. 2414.
Guardato rimpetto ai principii della rpgione penale non ha niente che lo impropri nel senso di doverne modificare la quantit politica. Anzi se si considera la mancanza di ogni protezione per parte del privato, in cui versano le cose ereditarie in codesto periodo, la stregua della repressione dovrebbe forse atteggiarsi a maggiore severit. Ma questa specialiti di titolo l., andata, generalmente in disuso ovunque ha prevalso 1' opposto principio di diritto civile che ammette il passaggio immediato dal defunto nello erede del dominio della universit ereditaria. Questo principio opposto, di derivazione germanica, che i francesi esprimono col noto broccardo - le mort saisit Ze vif, non lascia un istante le cose senza padrone; tranne il caso di defunto intestato senza successori legittimi, o di eredit rinunziata. Laonde i: oggi andata in completa dissuetudine quasi universalmente (2) il titolo speciale di espilata eredita, e sebbene in questi ultimi casi mantenendosi il roiiVOL.IV. 38

cetto di una eredita:jacente potessero forse riprodursi le ragioni per cui sembr ai romani non dovervi ricorrere i termini di vero furto, pure la pratica moderna ha negletto tale sottigliezza, e si applica indistintameryte il titolo di furto (2).
(1) L abbandono delle antiche sottigliezze intorno alla per' sona giuridica della eredit ebbe occasioue di mostrarsi in un caso assai singolare. Zin servo aveva rubato nella casa padronale, ma in un intervallo di tempo in cui essendo morto 11 padrone e gli eredi assenti, questi non ancora avevano conseguito il materiale possesso delle cose rubate. Si sosteneva non ricorrere i termini di famulato perchk i rapporti di fede tra il domestico ed il padrone erano rotti dalla morte di questo, n ancora legati i nuovi rapporti col nuovo pa. drone, che neppure conosceva quel servo, Ma le nostre Corti fAnnali ToscaniXXI, 1, 755 e 756) respinsero tale sistema. (2) Anche a C a r m i g n a n i (Scritti inediti vol. 6, pag. 101, Lacca, Giz6stiJ 1852) parve da abolire il tilolo di espilata eredit dal novero dei delitti, per la sua incompatibilit con I' art. 3 della legge 18 agosto 1814 relativa alle siiccessioni.

S.

2415.

Che se uno di quei compendii che oggidi si dicoiio eredit giacenti, e 1' amministrazione dei quali si affida dal tribunale alla cura di qualche individuo eletto appositamente a tale officio, venga da questo individuo medesimo dilapidato a suo pibo, sebbene alcuni credano di chiamaro simile fatto una espilata c1.editu (.l) pure essa non b in sostanza che una frodata amministrazione :codice Toscano art. 402.
(1) Avvertasi anche a questo luogo che la questione di no-

me non b di puro nome, ma svolgesi in prati~iinelle pi

Seri-

sibili conseguenze. Se un fallo 10 chiamate furbo dove in un caso si accompagni da alcuna di quelle circostanze che qualificano il furto, e conducono a pi grave punizione, questa non potrassi evitare. Se invece lo dite frodata amministrazione o espilata eredit ecco che il titolo di furto con scasso, notlurno, violento e simili non sar pi applicabile. Le dil'erenze consequenziali del nome si sviluppano ancora sotto altre forme. Elegante la questione che si agit fra i dottori sul punto di sapere s e le cose sottratte ad una eredit mentre giaceva debbono guardarsi come furtive, sicch il terzo coniprntore delle medesime non possa opporre la prescrizione contro 1' erede che avendo posteriormente adito la eredit venga a rivendicarle. a vedersi per intero in proposito I' A u r p a C h Epistolurrci~z juridicnr. li6. 2,'episf. 7, pag. ailji 173.

Ove poi la occupazione di cose ereditarie si facesse da chi pretende a dispetto di altri di essere erede senza avere ottenuto giudiciale recognizione del suo vantato diritto, sorgerebbe spontaneo il titolo di ragion fattasi (i). E dove taluno a buona fede e senza criminosa invasione di possesso, credendosi erede, disponesse a suo pro di cose pertinenti ad una successione che in realt non gli spetta, il titolo putativo farebbe sparire ogni delitto. Per lo che in simili casi diviene spesso influente la questione prcgiudiziale : R/l o r i n n. 8133.
(1) nla clie dovrebbe dirsi nel caso rovescio; quando cioh no estraneo s! introducesse nella casa del defunto rubasse col fermo proposito di rubare; ma poi si frovasse che egli era lo erede validamente istituito dal defunto; e che cos aveva contrettatn' unir cosa propria. Fuvvi chi volle sotliliz-

- 596 zare e trovar furto in questa ipotesi, per la ragione che coliri non aveva il possesso delte cose che prendeva: veddsi 1 E c o dei Tribunali n. 14192. Ma B per un fatto che la cosa non era altrut, e dove non si mantiene il titolo di espilata eradtt come figura speciale di reato io non saprei adattarvi i1 titolo di furto.

C.4PITOLO

IX.

Di alcuni delitti che offendono la propriet reale, e m w o n o da animo di lucro, ma cadono sqwa beni immobili.

L' animo di lucro 12 lo elemento morale del furto : il suo elemento materiale t? Ia contrettazione. Potr la contrettazione presentare uno spogio meno completo del possesso, o incontrare una resistenza minore per parte del proprietario; e da ci impropriarsi il furto: ma una contrectatio B indispensabile. Percio i beni immobili i quali non contrectantur sed ifiuad%ntzlr non possono essere soggetto passivo di furto finchb rimangono tali; sebbene sopra una porzione di loro che lal mano avida del colpevole ne abbia avrilsa per contrettarla, il furto ( i ) possa verificarsi. Ma finch lo immobile rimane immobile; se esso diviene oggetto dell' altrui avidit, questa non pu estrinsecarsi che in una invasione. Come 1 contrettazione B lo estremo materiale del s furto, cos la invasione sarA dunque Io estremo comune di tutti i reati coi quali si offende la pro-

priet immo6iZiare.

- 597 l) bnclie questa proposizione non si accettb dagli antichi i quali nella mobilizzazione di una parte d'immobile eseguita :i fine di contrettarlu e cavarne lucro persistettero a non ravvisare furto, ma danno dato con asportazione; titolo che per loro fu assai diverso. La ormai conosciuta sottigliezza dei pratici cbe fu la espressione del primo slancio col quale la umanit e la filosofia reagiva contro 11 sistema di penalit esorbitante ed atroce che le tradizioni orientali, il fanatismo, la ignoranza e la paura dei potenti aveva renduto dominatore nel giure penale, tra i mille ritrovati coi quali trasportando nel foro la casuislica cerc di salvare i ladri dalla forca, fuvvi pure questa distinzione tra furto e danno dato con asportazione. La pena di morte non pu colpire che il caso vero. Il furto deve cadere su cosa mobile. Se distaccaci da un inrtnobile una sua porzione, o dal suolo i frutti pendenti, ci un danno dnto susseguito da asportazione, ma non un furto: e cos non cade sotto la regola del terzo furto, n sotto le sanzioni capitali dettate per questo. Per tali ambagi accortissime si aggirava utilmente lo ingegno dei giuristi in quei tempi nei quali gli uomini di toga non avevano il coraggio di dire ai legislatori della terra come verit giuridica cib che i padri della chiesa avevano detto loro come precetto religioso e morale; e ci che come principio giuridico promulg 1' immortale B e c c a r i a: vale a dire che il giure penale ha dei limiti, e che i sovrani quando vietano e quando. puniscono devono sottostare ai limiti di giustizia e subire i1 sindacato della ragione. La recognizione di questa verit prodotta dai progresso civile e scientifico col moderare le esorbitanze della vecchia penalit ha reso inutili i mezzi termini; e perci oggidi del danno dato con asportazione non pi si fa un tilolo distinto dai furti ma si lascia tra questi; ai quali veramerite appartiene e per la niatrrialit e per il fine dello agente.

3la la invasione pu essere accompagnata dalla intenzione di renderla perpetua; ed a tal fine eseguirsi con atti che valgano appunto a porgere allo invasore il mezzo di perpetuarla con apparenza giuridica di legittimita; e ne sorgono i titoli di amoaione di termine e di turfiatopossesso. O pu essere invasa momentaneamente per animo di trarre dallo immobile un qualche indebito vantaggio eenza dispogliarne completamente il proprietario, come avviene nei titoli di caccia sul fondo altmi, e di deviazione d i acqua. Daremo anche cli questi reati alcuni cenni; ma brevissimi attesa la minore loro importanza.

Amozione di termini

I1 delitto di amozione di termini;, sconosciuto da quei popoli che non ebbero propriet territoriale, si tenne invece come gravissimo appo quelle genti che vissero dell' agricoltura : e alloraquando rimaneva arduo il riconoscimento dei confini tra i respettivi possessi territoriali per le difficolth tra le quali versavano le scienze geometriche (1) un sasso confitto in terra per segnare il limite di due possessi acquistava la pi alta importanza. La remozione maliziosa che 1' avido vicino avesse fatta di uno di quei sassi era una calamith spesso irreparabile pel proprietario.

(1) Chiunque vegga l e mappe che in antico si facevario dei possessi territoriali, e confronti quei segni grossolani ed informi ed appena dimostrativi delle pi pronunziate linee di confine con le minuziose ed esattissime piante dei nostri moderni geometri, comprender: a colpo d) occhio la differenziale fra la importanza di un termine odierno e la importanza dello identico termine nei tempi che furono. Gli avi nostri p e r supplire a questa importanza ebbero persino ricorso al sistema costosissimo e laborioso di descrivere i possessi che pi avevano cari con cerle piante in lesno sulle quali era riprodotta ogni prominenza ogni curva ed ogni angolosit del suolo. Esistono anche nell' Archivio di Lucca monumenti consimili, nei quali mentre ammiraci la pazienza degli antichi nel riprodurre con lo scalpello tutti i meandri e l e tortuosit di terreni montuosi, si scorge pur troppo la insuficienza di quei conati che rimangono sempre fallaci per la mancanza d i orientazione.

g. 2420.
Di qui la iclea di chiamare la religione (1) a soccorso della propriet minacciata, immaginando il Dio Termine, e facendo di quei sassi altrettante Divinita; sicch incorresse lo anatema chiunque vi portava la mano sacrilega. Di qui pure le severissime punizioni delle antiche leggi contro il delitto di amozione di term&iii (2). Sebbene oggidi questo reato abbia perduto le grandi sue proporzioni pure se ne eonserva la nozione nella maggior parte dei codici conteaporanei, ma come di delitto persegnitabile per lo pi ad istanza privata, e punibile con miti repressioni.
(1) La idea tutla religiosa del reato di aniozione di termini presso %li antichi k manifesta. Sembra che per il grande

inkresse di questi segni della proprieh territoriale si credesse insuiliciente a proteggerli il braccio umano e si ponessero sotto la immediata protezione della diviriitii. 3I0sk {Deuteronomio 19, 14, e 27, 17)ordinb che i Leviti in faccia ai popolo pronunciassero solenne maledizione contro chi aveva rimosso i termini della propriet vicina, e che tutto il popolo presente rispoddesse nmen, Laonde sorse disputa ira i rabhini se contro la remozione dei termirii fosse saozionata una pena temporale, prevalendo a quanto sembra la opinione negativa: vedasi T h o n i s s e n Etudes rur le droit pinal des amiens, vol. 2, append. A, cap. 6, S. 3, pug. 216. Bruxelles 1869. (2) B~BL~OGRAFIA T r o l z g'ub agrarium romanorum pag. 441: jus agrarium foederati Belgi vol. 2, pag. 68 H e t n i a n n de delictig agraria'spug.27 Wic21erlink disgert. de lermiiio rtloto U a m h o u d e r prora's crind. cnp. 129 T r o t z dissert. dc t~rminomoto; in O e l r ic h s thescci~r. nov. vol. 2, tom. l,diss. 3 - V a n L e u m e n dissevt. de effcclir juris doniinii agroruln mnyis nzinusve circumscripti in populorum et palriam agricolturam C o I e r o decis. 145-H a 1 c k e n dissertati0 de delicts agrariis L o b e C k de jure lapidum terniinaliuna P a ri c ir o l o variar. lcclion. lib. 2, cap. 121, pag. 299 M ul l e r de crimine termini moti B e j e r de lermino moto E n g a u elemento S. 460 C r u s i o de indiciis pars 5 , cup. 19, png. 113 K o c h institut. $. 549 et seqq. H e n r i o t onoeurs juridiqucs tom. 2, pag. 157. In quanto agli estremi del delitto di amozione di termini secondo i l moderno giure di Francia, vedasi l o r i n art. 7877.

Questo reato si definisce - la remozione di u n termine eseguita dal vicino per fine di estendere s%lZ' altrui la sua propriet. La definizione chiaro

dimostra che gli estremi dei quali oltre la preesistenza materiale e legale del termine ( 1 ) si costituisce il criterio essenziale di questo reato, devono essere tre - 1.O L atto materiale - 2." La per' sona - 3.O 2 fine.
(1) Sulla .etimologia della parola termine e sui vari nomi dati n codesti segnali dissert C r i s t i a n o T r o t z de termino moto: in O e l r i C h s thesaur. nouus vol. 2, tona. 2, pag. 202: dove con molta erudizione si ricordano i diversi morii coi quali si costitaivano quei liniiti alle possessioni, e i. diversi nomi che si dettero a siffatti segnali.

PRIMO ESTREMO - La parola amozione esprime un concetto generale e indefinito. O sia divelto, o sia tramutato, o sia spezzato, o sia distrutto il segno che il proprietario aveva apposto come durevole testimonio della sua propriet, evvi sempre lo elemento materiale del delitto. Sul medesimo niente influiscono le particolari condizioni del termine. Fosse egli sotto la terra, o sopra; fosse di pietra, o di legno; fosse murato o soltanto confitto nel suolo ; purchi? ei fosse posto l (i) come testimonio di dominio, e ne sia stato ritolto, sempre esiste la materialita del delitto.
(1) Corne antichissimo 1' uso della apposizione di ter9tiiiti per indicare la linea che delimita due propriet attigue, cos O anticbissirrio il costume di dare con una materialila il carattere di tcrnzine al sasso contitto in terra per tale destiuazione. Non ogni sasso confitlo nel suolo Pi un termine, ma vi occorrono a farlo tale i testimoni; che cosl si dissero fino dagli antichi due sassi che si poneveno sotlo terra da

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ambo i lati (ed In alcuni luoghi quaitro da quattro lati) deila pietra che doveva rimanere visibile e scope~taa funzionare da termine. Questi sassi cos collocati sotto terra testimoniavano ia caso di controversia la virth giuridica di quella pietra che col si vedeva fuori di terra. Tde m t u m e tuttavia praticato nelle nostre campagne risale agii antichi scandinavi: H e r r i g De rebus agrariis Sueuicis et Danicir pag. 31.

SECOMDO ESTREMO - La perwm che abbia eseguito l'atto o per conto ed rase dalla quale siasi egeguito (che torna allo isbtelro) deve essere qneUa del pornemiaore del' agro litimit~of~.

TERZO ESTREMO - L'animo dello agente deve esser diretto ad usurpare l' altrui propriet immo' biliare mediante l arnozione del termine. E qui di nuovo si noti la influenza costante dell'animo sulla essenza giuridica dei reati; e sia novella riprova della verit della formula nostra che l' oggetto del delitto non 13 la cosa su cui cade 1' azione, ma il diritto che si vuole aggredire. Se il vicino ha giusta ragione di credere che quel termine siasi illecitamente collocato, e lo atterra, ei non intende ad nsurpare l' altrui ma a respingere 1 arbitrio; egli vuole ' farsi giustizia, e sa& tutto al pih responsabile di ragion fattasi. Se egli od altri abbatte quel termine per fare un dispettto B colpevole di darano dato. Se abbisognando di una pietra divelge il termine e via lo porta per servirsene a vantaggio suo reo di fwto. Deve peraltro osservarsi a migliore

r:sattezza che il reato di amozione di termini qui si contempla come isolato: cosicch il malefizio si consuma (notisi bene) COIsolo rimuovere il termine a fine di usurpazione, ed B perfetto anche prima che a quel fatto abbiano succeduto atti materiali di usurpazione. Che se dopo remosso il termine lo agente proceda oltre ed invada ancora il terreno limitrofo non si puo gi dire che muti forma il reato r l i termine niosso. No: si ha invece la concomitanza di un s;ecomZu delitto che complica la situazione; il delitto cioi: di usurpazione o tu~bato possesso. I due titoli si unificano per la unita del fine e non si applica che una pena: ma questa si regola sulla nota teorica deila prevalenza; e giusta la inedesima s'imputa il primo titolo qualificato dal secondo, o il secondo qualificato dal primo.

I1 criterio misuratore della quantit naturale di questo malefizio si compone della duplice considerazione del danno effettdvo consistente nel terreno che si B usurpato, e nella spesa necessaria a rimettere il termine; e del danno potenziale costituito dalla maggiore o minore difficolth della nuova verificazione dei confini.

I criterii misuratori della sua quantit politica possono dipendere dalle circostanze accessorie, dal tempo e modo del fatto, che in certa guisa lo qualificano. Fra queste circostanze vuolsi notare -

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