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È imputabile chi ha la capacità d’intendere e di volere.
Ai soggetti pericolosi, fra i quali sono ricompresi anche gli incapaci di intendere e di volere, verrà invece applicata la
misura di sicurezza, la quale non guarda all'etica, ma riflette una funzione socialpreventiva, di rimedio alla pericolosità.
Pericolosità la quale prognosi sarà formulata dal giudice, ex. art. 203 c.p.:
Art. 203. Pericolosità sociale. — Agli effetti della legge penale, è socialmente pericolosa la persona, anche
se non imputabile o non punibile, la quale ha commesso taluno dei fatti indicati nell’articolo precedente, quando è
probabile che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati.
La qualità di persona socialmente pericolosa si desume dalle circostanze indicate nell’articolo 133.
Esito del sistema del “doppio binario” è che ai soggetti non imputabili ma pericolosi si applicherà la misura di
sicurezza; ai soggetti imputabili ma non pericolosi si applicherà la pena; ai soggetti imputabili e socialmente
pericolosi si applicheranno ENTRAMBE pena e misura di sicurezza.
È questa una soluzione consequenziale rispetto alle premesse, ma che tuttavia finisce col risolversi in una ingiusta
duplicazione della pena.
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art. 200. Tale disciplina si spiega in virtù della loro stessa natura; se servono a “difendere la collettività”, potranno
essere adattate qualora risultino non più rispondenti a tale funzione.
● Hanno durata tendenzialmente indeterminata, essendo dirette non ad infliggere una pena dal significato
morale, ma a contrastare la pericolosità del reo. Devono quindi perdurare finché tali condizioni di pericolosità
non abbiano cessato di esistere.
7 – La proposta di unificazione di pena e misura di sicurezza in una sola sanzione a finalità risocializzatrice
L'idea, sancita anche nell'art. 27 comma III della Costituzione, che la pena debba essere volta alla rieducazione del
condannato, ha nella dottrina – in particolare nel dibattito degli anni '50 e '60 – portato ad auspicare l'abolizione del
sistema del “doppio binario”, per giungere ad una nuova sanzione, dal carattere misto e con finalità risocializzatrice.
Una sanzione il cui limite minimo sia formato dal limite edittale minimo della pena, ed indeterminata nel massimo.
Trapani è dell'idea che una simile sanzione sia incostituzionale, in quanto non prevede un limite massimo; tuttavia la
formulazione della Dottrina presenta un fondo di verità, dal momento che, in certi casi, la fungibilità fra misura di
sicurezza e pena è stata introdotta dallo stesso legislatore ed auspicata dalla Corte Costituzionale.
8 – La crisi della centralità della pena detentiva nel sistema sanzionatorio; il problema del sovraffollamento delle
carceri
L'impianto sanzionatorio del Codice Rocco, basato sul “doppio binario”, entra in crisi negli anni '70, sia per
un'evoluzione politico-ideologica del modo di vedere il diritto, sia per le mutate esigenze dell'ordinamento penale. La
crisi non nasce tanto da evoluzioni coerenti di una linea di politica criminale, quanto da un suo atteggiamento
schizofrenico, oscillante fra la bieca repressione e l'ingiustificata clemenza.
La crisi della pena detentiva nasce, più in particolare, dal problema del sovraffollamento delle carceri. Problema
dovuto sia al vertiginoso aumento della criminalità, a causa dello sviluppo tanto della c.d. criminalità di massa, “effetto
collaterale” del passaggio del nostro paese dall'economia agricola al capitalismo avanzato, come anche all'esplodere
della criminalità politica. Le ragioni del sovraffollamento erano da rinvenirsi non soltanto nell'aumento del numero dei
condannati, quanto all'aumento dei tempi della giustizia, foriera dell'esasperato aumento nelle carceri dei detenuti in
attesa di giudizio, cioè in stato di carcerazione detentiva. Detenuti i quali rappresentavano già nel 1974 più della metà
della popolazione carceraria, fino ad arrivare, nel 1984, a picchi del 70%.
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razionale: quella del trasferimento dei reati puniti con ammenda o reclusione nel campo degli illeciti amministrativi.
10 – Ampliamento del potere discrezionale del giudice; fenomeno della c.d. “supplenza” giudiziaria
Alla luce del problema appena inquadrato, alla questione della eccessiva severità delle cornici edittali il legislatore
non ha risposto nel modo più razionale e garantista, che sarebbe stato quello di una revisione della parte speciale e di
una limitazione verso il basso delle stesse cornici, ma a preferito una strada costituzionalmente inaccettabile: quella della
abdicazione dal farsi carico di scelte di politica criminale per trasferire al giudice il potere di mitigare l'eccessivo
rigore del Codice Rocco.
È stato così concesso al giudice, attraverso diversi interventi sulle disposizioni di parte generale (artt. 99, 69, 81, 163 e
164 c.p.), un ampliamento indiscriminato del potere discrezionale dei giudici, nella speranza che questo potesse
fungere da supplenza all'abdicazione del legislatore. Sicché si è venuta a creare una notevole incertezza non solo sul
quantum, ma anche sul <<se>> sella stessa punizione. Discrezionalità che è foriera di una grave lesione del principio di
uguaglianza tra rei, del quale la caduta di credibilità dell'ordinamento è ulteriore corollario. Tanto più che le correnti di
sinistra della magistratura – Magistratura Democratica negli anni '70 – cominciarono a teorizzare il c.d. uso alternativo
del diritto allo scopo di favorire la promozione sociale di una classe – quella proletaria – assunta come “più debole”.
11 – La riforma penitenziaria e le misure alternative alla detenzione. La trasformazione della pena detentiva in
sanzione non legalmente predeterminata, atipica ed incerta
Con la L. 354 del 26 luglio 1975, è intervenuta la riforma dell'ordinamento giudiziario. La differenza più rilevante
rispetto al precedente ordinamento, consiste nel dato che alla determinazione delle concrete modalità di applicazione
della pena detentiva provvede non più l'amministrazione carceraria, ma la magistratura di sorveglianza, cioè il potere
giudiziario.
L'intera riforma è stata incentrata attorno all'idea che la pena doveva trasformarsi in un trattamento rieducativo
personalizzato. Trattamento da determinarsi in concreto secondo l'efficacia della “cura”, della rispondenza al reo della
rieducazione impartitagli. Ciò porta ad un'ampia discrezionalità nelle concrete modalità di esecuzione; a.e. attraverso la
concessione di permessi premio e con l'assegnazione al lavoro all'esterno del carcere. Ma strumenti privilegiati ed
essenziali del trattamento differenziato sono stati introdotti con le c.d. misure alternative alla detenzione: misure quali la
● Semilibertà, consistente alla concessione al condannato della possibilità di trascorrere parte del giorno fuori del
carcere per partecipare ad attività utili al suo reinserimento, insieme alla concessione di licenze per una durata
non superiore a 45 giorni l'anno;
● Affidamento in prova al servizio sociale, adottato “sulla base dei risultati dell'osservazione della personalità,
condotta collegialmente per almeno un mese”
A queste misure deve aggiungersi, inoltre, l'istituto della liberazione condizionale, già previsto dal codice del 1930,
che consente al condannato che abbia scontato almeno metà della pena di espiare il residuo in libertà, sia pure “vigilata”
Il sommarsi di tutte queste misure ha portato alla definitiva scomparsa della FORMA CLASSICA DI PENA, per
condurre alla sua trasformazione in una sanzione non legalmente predeterminata, atipica ed incerta.
● Non legalmente predeterminata, perché la scelta se la pena detentiva debba essere scontata in carcere o in
libertà è rimessa non al legislatore, ma al giudice;
● Atipica: i parametri legislativi per l'applicazione delle misure alternative alla detenzione e delle altre misure
sono espressi con formule assolutamente generiche ed indeterminate, di fatto rimesse alla fantasia dei singoli
giudici di sorveglianza
● Incerta, perché i presupposti applicativi delle misure alternative alla detenzione non sono basate su fatti
empiricamente verificabili, ma consistono in giudizi prognostici ed in valutazioni sulla personalità dei
condannati affidate all'intuito ed alla discrezionalità dei giudici di sorveglianza.
Ancora, l'istituto della liberazione anticipata consente la detrazione di 45 giorni per ogni semestre di pena espiata;
beneficio che si moltiplica “a cascata”. Ciò ha effetti dirompenti sulla durata della pena, al punto di aver trasformato i
limiti edittali di parte speciale in nulla di più che indicazioni meramente formali.
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presentazione giornaliera all'autorità di pubblica sicurezza.
● Multa ed ammenda in luogo di reclusione ed arresto come pene pecuniarie sostitutive;
● Lavoro sostitutivo in cui può essere convertita la pena della multa o dell'ammenda in caso di insolvibilità del
condannato.
Le sanzioni sostitutive di pene detentive brevi sono state introdotte dal legislatore in modo quasi timido e
sperimentale. In giurisprudenza hanno, tuttavia, riscontrato una pressoché totale disapplicazione, sia per l'eccessiva
presenza di preclusioni oggettive e soggettive, e sia per l'ambiguità dei criteri di scelta che presiedono alla sostituzione.
14 – Conclusioni
L'indulgenza nell'applicazione e nell'esecuzione della pena detentiva è, nel nostro ordinamento, controbilanciata dal
ricorso massiccio alla carcerazione cautelare come vera e propria pena anticipata, volta a soddisfare le esigenze di
“esemplarità” e di difesa sociale di cui la magistratura si è fatta l'alfiere presso l'opinione pubblica.
Se alla lettera del Codice di Procedura Penale la carcerazione cautelare dovrebbe essere una vera e propria extrema
ratio, essa è diventata nella pratica giudiziaria strumento di ordinaria applicazione, anche con gli usi illegittimi ed illeciti
di costringere l'imputato alla confessione ed alla delazione, in violazione ai più basilari principi della civiltà giuridica.