Sei sulla pagina 1di 5

DISCORSO SULLO STATO PRESENTE DEI COSTUMI DEGL ITALIANI di Giacomo Leopardi

ALCUNE OSSERVAZIONI e PRECISAZIONI:

(I) TRE DIVERSE ACCEZIONI DEL TERMINE CIVILT Nella nota 18 al capoverso XXI Leopardi afferma che gli italiani non mancano di civilt, ma di immaginazione . Con ci intende le abitudini, gli usi, i modi di comunicare e di comportarsi posseduti da un popolo. Agli italiani non mancata una buona scuola nel passato. Certi modi di vivere e di fare, frutto di una grande opera di civilizzazione passata, si sono depositati e sono rimasti. In tal senso, si pu sostenere a buon diritto che l Italia sia un paese civile. [ Tra le tre accezioni, questa la pi scontata e la pi debole ]. Nel capoverso XVIII il discorso di Leopardi sembra aggrovigliarsi prendendo una piega paradossale: la civilt sarebbe al contempo la causa scatenante della corruzione dei costumi, ma anche la maggior salvaguardia da questa. Il mistero o l apparente contraddizione si scioglie se si considera il fatto che Leopardi lavora con due differenti, ulteriori, accezioni del termine civilt: - La civilt intesa come opera dei lumi, cio come razionalizzazione della visione del mondo e dei modi di vita. Essa distruttiva e corruttrice in quanto compie la strage delle illusioni; - La civilizzazione intesa quale opera della societ stretta. Questa l unica forma di civilt e di civilizzazione all altezza dei tempi moderni. E l unica terapia possibile. Allora, ricapitoliamo: 1) Civilt come frutto dell antico lavoro di dirozzamento degli usi e dei costumi; 2) Civilt come opera di civilizzazione-razionalizazzione della vita; 3) Civilizzazione come portato della societ stretta. Usiamo la tecnica degli indici e chiamiamo allora la prima civilt1, la seconda civilt2, la terza civilt3. La civilt2 svelle i vecchi valori. In essa al lavoro il genio Verit [ vedi Storia del genere umano ], il quale sottopone ad esame critico i vecchi costumi, le vecchie idee-forza, che si rivelano mere illusioni. Ergo: nichilismo. Quali contromisure possono essere prese per stabilizzare la societ e ridare moralit e buoni costumi ? Semplice: mediante civilt3. Invece, a questo scopo, civilt1 non serve affatto. Si noti che questa valutazione positiva in Leopardi della civilizzazione (intesa come civilt3 ) si contrappone oggettivamente alla sua svalutazione nella tradizione illuministico-preromantica di un Rousseau e nella tradizione tedesca da Kant a

Spengler, passando per Schiller e Nietzsche. Quella di Leopardi una posizione autonoma, originale e almeno tanto forte quanto quella dei critici della civilt.

( II ) I LIVELLI DELLA RIFLESSIONE I livelli di riflessione sviluppati nel Discorso leopardiano sono di 4 tipi: storico, sociale, culturale e filosofico. Ma a prevalere sono quelli di tipo filosofico e con termine moderno di antropologia culturale. L occasione per lo scritto gli stata offerta da un attenzione nuova verso l Italia ( vedi gli scritti di M.me De Stael, di Sismondi, ma la lista dei commentatori e diaristi sarebbe lunga: Goethe, Winckelmann, W. von Humboldt ecc. ). Leopardi intende chiarire in che consiste la diversit del caso italiano rispetto a quello francese, tedesco e inglese. Ma per procedere efficacemente in questo lavoro, data la specificit del caso italiano, necessario occuparsi delle peculiarit di funzionamento della compagine sociale. Dunque la contingenza storico-letteraria va presto superata. Subito Leopardi ha bisogno di categorie interpretative della realt che siano di tipo filosofico, categorie che stanno a pieno titolo allo stesso livello di quelle di Rousseau, di Hegel, di Nietsche. Infatti, per capire le questioni a fondo, necessario porsi domande di questo tipo: Cos l uomo in quanto essere-sociale? In che consiste la socialit? In che rapporto stanno il sapere, la morale e le convenzioni sociali? Quali sono le idee-forza che costituiscono il tessuto sociale ? Infine, nel discorso di Leopardi implicita una certa filosofia della storia.

( III ) GLI ATTORI CONSIDERATI da LEOPARDI IL CETO MEDIO e MEDIO-ALTO Centro e custode della societ stretta non pu che essere il ceto medio, considerato non dal punto di vista economico e della societ dei bisogni primari, ma dal punto di vista civile ( della societ civile quale luogo della soddisfazione dei bisogni secondari ); LE CLASSI LABORIOSE Le classi laboriose hanno vita ben pi difficile, sono coartate dal problema di soddisfare i bisogni primari e sono dunque assai meno libere per quelli secondari; IL FILOSOFO Al filosofo resta in fondo solo la solitudine. Lui, anche se potr contribuire alla soluzione dei problemi della civitas, conscio che tutte le idee-forza e tutti i collanti sociali non sono altro che illusioni. Lui non si aspetta, in fondo, n riconoscenza n riconoscimento.

( IV ) SOCIET STRETTA Il termine societ stretta compare spesso nello Zibaldone, e gi prima della stesura del Discorso sullo stato presente dei costumi degli italiani. Esso di conio leopardiano ma si rif certamente alla situazione, descritta da Rousseau nel suo Discours sur l inegalit (1755), creatasi con e dopo il trapasso dallo stato di natura a quello sociale. La terminologia leopardiana semplice: lo stato di societ larga quello in cui i contatti tra i singoli o tra i piccoli gruppi umani sono sporadici e occasionali; nella societ stretta, invece, le relazioni interumane sono diventate regolari, sistematiche e stabili. Il trapasso avvento nel momento in cui la societ larga ha lasciato il posto a quella stretta. Un cambio di registro per Leopardi storicamente irreversibile. Chiamiamo ora, per chiarezza, la societ stretta cos intesa societ stretta1 . Ebbene, questo non il significato di societ stretta che incontriamo nel Discorso. Studiando bene il testo, risulta chiaro che qui, con societ stretta, non si intende altro che la societ in senso stretto. In un passaggio Leopardi usa addirittura il termine societ intima. Un altra espressione equivalente, che potremmo creare ad hoc, potrebbe essere: societ per la societ. Nulla vieta che il luogo in cui ha da operare la societ stretta del Discorso sia una societ fittamente e stabilmente popolata, cos come intesa nello Zibaldone. Anzi lo certamente. Ci non toglie che farsi condurre dalla concettualit tratta dallo Zibaldone sarebbe a dir poco sviante. Sempre per amor di chiarezza, chiamiamo tale societ stretta societ stretta2 . Per completare e concludere: la societ stretta che L. ha di mira nel Discorso un particolare costrutto sociale (meglio: un insieme di dispositivi sociali), tipico della civilizzazione, che in certe societ mature agisce nel bel mezzo della societ stretta, come intesa nello Zibaldone. In fondo, l una societ stretta va inscritta nell altra. * * * * * *

Su: ZIBALDONE 3773 3810 ( 25 / 30 ottobre 1823) La lettura di queste pagine leopardiane vivamente raccomandabile. Le tesi e le dimostrazioni che L. ci fornisce sono di grande livello ed essenziali per capire la sua riflessione sulla societ e sull essere-sociale. Per stuzzicare l appetito mi limito a riportare alcune citazioni. () non si pu assolutamente dare () una societ stretta, che ottenga il fine della societ, cio il bene comune degl individui che la compongono [ pag. 3781 ]; La societ stretta, ponendo gli individui a contatto gli uni degli altri, d necessariamente l essor [libero corso] all odio innato in ciascun vivente verso altrui, il qual odio in nessun animale tanto, neppur verso individui di specie diversa e naturalmente nemica, quanto () negl individui di una societ stretta verso gli altri individui della medesima societ! [ pag. 3782 ]; I primi passi che l uomo fece o fa verso una societ stretta lo conducono di salto in un luogo cos lontano dalla natura, e in uno stato cos a lei contrario, che non senza il corso di lunghissimo tempo () ei [l uomo] si pu ricondurre in uno stato, che non sia affatto contrario alla natura ec. [ pag. 3799 ]; Non c dubbio che l uomo civile pi vicino alla natura che l uomo selvaggio e sociale [ pag. 3802 ]; In processo di tempo e di circostanze e di lumi l uomo cerca di ravvicinarsi a quella natura onde s allontanato, e certo non per altra forza e via che della societ [ pag.

3802 ]; () la societ umana naturalmente distrugge il pi necessario elemento, nodo, vincolo della societ, ch l uguaglianza e parit scambievole degli individui che l hanno a comporre, () anzi d ogni societ, [ pag. 3810 ]. * * * * * *

(V) ANCORA SUI LIVELLI DELLA RIFLESSIONE Il Discorso di Leopardi storicamente collocato ed ha come occasione le riflessioni di vari intellettuali stranieri sull Italia del primo ottocento. Leopardi inoltre convinto, come Rousseau, del fatto che molti tratti umani che appaiono come antropologicamente determinati, in realt tali non sono e che invece si determinano nel corso della storia. Ciononostante il recanatese sceglie di limitarsi, nell analisi dei costumi degli italiani del suo tempo, a quella che scolasticamente si chiamerebbe la causa formale. Nel capoverso III afferma che molte ragioni concorrono a causare quella che potremmo chiamare l anemia perniciosa di costumi in Italia, ma subito aggiunge di non volersene occupare ora. Adombra l influenza del clima, che certo promuove l estroversione e penalizza l introversione, ma non insiste su questo possibile motivo perch, in fin dei conti, non sarebbe difficile trovare antidoti ad un tale influsso, francamente debole. Poi, nel capoverso IV adombra una seconda possibile causa: la mancanza di un centro della nazione impedisce che si sviluppino un teatro, un gusto, una letteratura nazionali, tutti fattori che hanno un influsso altamente positivo sulla formazione di una societ stretta2 . Ritiene che per vada rovesciata la concatenazione eziologica. Se c una vera societ stretta2 si forma comunque tout court un buon tono, locale, cittadino, regionale o nazionale che sia. Dunque, se Leopardi non si imbarca in analisi di tipo comportamental-geografico n di tipo storico-statuale, per scelta. Noi diremmo che sceglie di trascurare le possibili cause efficienti e di occuparsi della sola causa formale. Diciamolo ora in modo contrafattuale s intende: contrafattuale per l epoca di Leopardi . Le sue riflessioni conducono a questo ragionamento ipotetico: se l Italia avesse raggiunto l unit nazionale ed avesse un centro, una capitale, ma mancasse comunque di societ stretta2, non ci sarebbero lo stesso dei sani costumi e nemmeno un buon tono nazionali. Viceversa, senza unit nazionale, ma data la societ stretta2, un popolo pu essere una vera nazione, dotata di costumi e di buon tono. La Germania di allora ne era una bella prova. Consentitemi adesso un osservazione pi generale: l analisi storica pu molto, ma deve sempre giungere ad individuare la o le cause formali di un determinato fenomeno sociale o culturale dotato di una sua stabilit, causa o cause che sono necessariamente e sempre sincroniche al fenomeno stesso. Ammesso ad esempio che la Controriforma sia stata la causa storica principale per la deriva sociale, politica e civile dell Italia, deriva che ha prodotto forti sedimentazioni che sono tuttora effettive, resta il fatto che queste sedimentazioni continuerebbero a far presa anche tre secoli dopo che l epoca contro-riformistica si chiusa con successo. Ma questo non perch la Controriforma agisca ancora in modo latente, bens perch quelle sedimentazioni fungerebbero ed opererebbero da causa formale della societ odierna. Detto in modo ancor pi radicale e pi generale: l eziologia storica di un dato complesso fattuale ha valore e funziona solo se giunge al chiarimento della causa formale di quel complesso. Torniamo infine a bomba e usiamo un altra metafora. Se la radice storica della

mancanza di societ stretta2 in Italia stata in ultima istanza la Controriforma, potrebbe essere che la mala pianta che ne nata, viva ancora senza pi quella radice. Allora vivrebbe, per una sua strana biologia, del tutto senza radici, oppure sarebbe riuscita a radicarsi altrimenti. Per fortuna. Perch se cos non fosse, sempre tutto quel che divenuto, una volta divenuto, sarebbe irreversibile. Perch se non fosse cos, se cio fossero possibili azioni di bonifica se e solo se si agisse sulle radici originarie, allora saremmo fritti, visto che sul passato non si pu pi agire. Ogni azione deve e pu invece occuparsi della causa formale. Il che per non deve farci concludere: scurdammoce o passato , perch la genesi del male pu offrire sempre importanti indizi sulla natura della causa formale.

Beppe Vandai

Potrebbero piacerti anche