Sei sulla pagina 1di 110

Appunti del corso di Fisica Matematica III

ad uso esclusivo e personale degli studenti del


corso: prima parte
Vincenzo Grecchi
2011-2012
1
Argomenti del corso di Fisica Matematica III,
prima parte
Richiami sul gruppo delle rotazioni e di equazioni dierenziali e di
meccanica elementare.
Spazio euclideo reale: prodotto scalare e vettoriale.
Gruppo delle rotazioni SO(3). Teorema di Eulero. Variet`a regolari immerse.
Struttura di variet` a del gruppo delle matrici reali a determinante unitario
SL(n, R): spazio tangente in 1. Struttura di variet` a di SO(3), spazio tan-
gente e algebra di Lie. Spazio euclideo complesso, gruppo SU(2) e sua re-
lazione con SO(3).
Equazioni dierenziali del secondo ordine, soluzioni stazionarie e loro sta-
bilit` a.
Introduzione alla dinamica lagrangiana e hamiltonina. Il principio vari-
azionale di Hamilton e le equazioni di Eulero-Lagrange. Teorema di Liou-
ville. Gruppi di simmetrie e integrali primi del moto. Teorema del viriale.
Soluzione del problema delle orbite di Keplero tramite gli integrali primi del
moto.
Teoria classica della diusione: il modello delle sfere elastiche per le molecole.
Pendolo sferico. Teorema dei ritorni di Poincare. Sistemi hamiltoniani clas-
sici con punti di equilibrio. Stabilit` a e piccole oscillazioni.
2
Meccanica analitica e formalismo canonico
Trasformata di Legendre. Equazioni canoniche del moto. Il principio vari-
azionale di Hamilton nello spazio delle fasi ed equazioni canoniche. Il princi-
pio di minima azione ridotta per variazioni isoenergetiche asincrone di Mau-
pertuis. Struttura simplettica nello spazio delle fasi.
3
Testi consigliati:
A. Fasano e S. Marmi: Meccanica Analitica. (Con esclusione delle prime
parti di meccanica razionale e del capitolo sulla Meccanica Statistica)
Bollati Boringhieri (1994) Torino.
Tutti i libri didattici di Arnold.
Distribuir`o gli appunti man mano che saranno pronti.
Modalit`a dellesame: esame orale con esposizione di due argomenti, di
cui uno a scelta dello studente.
Finalit`a del corso.
Lo studende che supera lesame di questo corso conosce il formalismo canon-
ico della meccanica analitica e lo sa usare per la soluzione esatta o ap-
prossimata dei problemi classici. Inoltre, conosce la teoria classica dei con-
tinui: lidrodinamica, lelettromagnetismo e le vibrazioni dei solidi. Inoltre,
possiede i prerequisiti per arontare la meccanica statistica, la teoria ergodica
e la meccanica quantistica.
4
Per luomo, una vita senza ricerca non `e degna di essere vissuta.
Platone, Apologia di Socrate.
atque omne immensum peragravit mente animoque
e luniverso tutto scrut` o con pensiero possente
Lucrezio, De rerum natura I, 74
Colui che cerca non desista dal cercare no a quando non avr`a trovato;
quando avr`a trovato si stupir`a.
Quando si sar`a stupito, si turber`a e dominer`a su tutto.
Giuda detto Il gemello, Vangelo di Tomaso, Codice II, 32, 10.
1 Introduzione
La sica matematica nella sua denizione pi` u generale, insieme alla matem-
atematica nanziaria, ha dato le motivazioni per la nascita e lo sviluppo della
matematica. Citiamo la nascita e gli sviluppi di alcuni temi fondamentali.
Losservazione del cielo notturno ha portato alla denizione di coordinate
sferiche per poter precisare i risultati delle osservazioni. Lidea delle coor-
dinate poteva venire dallo scheletro di una grande barca, con le costole dette
ordinate, perche parallele ed equispaziate, e le grosse travi longitudinali
dette ascisse perche tagliate con lascia. Ancora oggi (Cartesio, Lagrange),
tutte le descrizioni analitiche locali fanno uso di coordinate. In particolare,
le equazioni dierenziali del moto fanno uso di coordiante.
Le osservazioni sulla propagazione della luce hanno portato alla denizione di
un concetto sintetico globale detto principio di minima azione. Archimede,
Erone, Leonardo, Fermat hanno formulato ed esteso il principio variazionale
riferito ad un raggio luminoso, prima riferito alla minima lunghezza del
percorso, poi al tempo minimo di percorrenza. Una spiegazione di questo
principio viene dalle osservazioni di Leonardo riprese e formalizzate in un
principio da Huygens e Fresnel sulla dinamica dei fronti donda prin-
cipali come inviluppi di fronti donda secondari. Questo principio si
dimostra tramite il fenomeno dellinterferenza costruttiva e distruttiva.
5
Principi analoghi sono stati trovati in meccanica (Lagrange, Eulero, Mauper-
tuis, Hamilton) per lintegrale di azione completa o ridotta. La spiegazione
di questi principi `e analoga a quelli della luce per la natura ondulatoria
della materia.
In meccanica, il principio variazionale di minima azione, proprio perch`e in-
dipendente dalle coordiante, permette la scelta delle coordinate op-
portune per separare le equazioni del moto.
I principi di simmetria e di invarianza sono stati usati per la relativit`a
galileiana. Si trattava di spiegare la non esistenza di fenomeni catastroci
dovuti alla rotazione delle terra.
La teoria dei gruppi di trasformazioni `e nata nellambito algebrico delle
permutazioni ma `e stata rapidamente estesa ai gruppi di simmetrie che carat-
terizzano gure geometriche e campi di forze. La teoria delle curve e delle
superci regolari `e stata formalizzata nella teoria della geometria dierenziale
delle variet`a (Gauss, Riemann, Levi-Civita). Si `e trovato che dei gruppi di
simmetria sono delle variet`a regolari.
Notiamo che i problemi di sica matematica solubili tramite inversioni ed
integrali, sono molto pochi.
Gli sviluppi convergenti o asintotici (Erone, Taylor e Stirling) hanno perme-
sso di dare approssimazioni molto prossime ai risultati esatti con stime rig-
orose dellapprossimazione. Le teorie perturbative permettono di trovare
questi sviluppi. Laplace diceva che una teoria sica `e vera con un certo
grado di probabilit`a che dipende dal numero dei suoi modelli sici e dal
grado di approssimazione con cui si calcolano grandezze siche misurabili.
Noi ora ci accontentiamo di dire che rappresenta la miglire approssi-
mazione della realt` a in un certo ambito. La sica matematica si pre-
occupa della buona posizione dei modelli, del rigore dei risultati e della pos-
sibilit` a di migliorarli. Non si tratta di sica ma di un percorso della
matematica dalla formalizzazione dei modelli sici alla creazione di una
branca della matematicache comprende e generalizza i modelli. General-
mente non si tratta di applicazioni di tecniche matematiche gi` a esistenti.
Ripercorrere questo percorso serve a capire meglio la matematica, scegliere
le branche pi` u concrete e trovare motivazioni non puramente intellettuali.
Se vogliamo spiegare questo aspetto della matematica in termini pittorici
potremmo dire che `e simile alla pittura gurativa come momento di con-
fronto con la natura e di verica delle proprie capacit`a. Poi si pu` o continuare
il cammino estendendo la propria creativit`a.
6
2 Richiami sul prodotto vettoriale e sul gruppo
delle rotazioni
2.1 Lo spazio R
3
ed il prodotto scalare
Nello spazio lineare V = R
3
`e denito il
prodotto scalare o prodotto interno.
Per una coppia di vettori dello spazio: a, b V `e denito prodotto scalare il
numero:
a.b =
j
a
j
b
j
.
Il prodotto scalare `e simmetrico nello scambio dei due vettori fattori e dipende
linearmente da entrambi. Due vettori non nulli si dicono ortogonali, o nor-
mali, se il loro prodotto scalare `e nullo. Il prodotto scalare di un vettore con
s`e stesso `e denito positivo nel senso che `e sempre positivo tranne nel caso
del vettore nullo. Si desce modulo
[a[ = a :=

a
2
di un vettore a, la radice aritmetica del prodotto scalare del vettore con s`e
stesso:
[a[
2
= a
2
= a.a =

j
a
2
j
.
La base canonica `e ortonormale nel senso che i prodotti scalari tra i vettori
di base danno e
j
.e
k
=
k
j
. Si verica per linearit` a che i coecienti dello
sviluppo di un vettore a =

j
a
j
e
j
su una base ortonormale sono dati da
prodotti scalari con i versori: a
j
= a.e
j
. Si noti che i vettori di modulo 1
sono detti versori, per cui anche i vettori della base canonica sono versori.
In questo modo lo spazio V `e normato con norma data dal modulo. Nello
spazio R
3
`e denita la distanza tramite il modulo della dierenza:
(x, y) = [x y[.
In questo modo lo spazio vettoriale R
3
diventa uno spazio metrico, dotato
di prodotto scalare, detto spazio euclideo E
3
.
7
2.2 Prodotto vettoriale o prodotto esterno.
Data una coppia ordinata di vettori (a, b) si denisce prodotto vettoriale il
vettore
d = a b,
dove le componenti di d sono date da espressioni bilineari nei componenti
dei vettori fattori. In particolare
d
3
= a
1
b
2
a
2
b
1
e le altre componenti di d sono date da questa espressione permutando cicli-
camente gli indici
1 2, 2 3, 3 1
due volte.
Da questa denizione si desume che il prodotto vettore `e bilineare e anti-
simmetrico nello scambio dei vettori fattori, e quindi `e nullo se questi sono
uguali o proporzionali tra loro.
Un altro modo di rappresentare il prodotto vettoriale consiste nello scriverlo
come determinante di una matrice avente per prime due colonne le compo-
nenti dei due vettori fattori e lutima colonna formata dai versori di base:
a b = det
_
_
a
1
b
1
e
1
a
2
b
2
e
2
a
3
b
3
e
3
_
_
Come caso particolare verichiamo che e
1
e
2
= e
3
.
Il prodotto misto: c.(a b) `e dato per linearit` a del prodotto scalare dal
determinante della matrice:
c.(a b) = det
_
_
a
1
b
1
c
1
a
2
b
2
c
2
a
3
b
3
c
3
_
_
= b.(c a) = (c a).b,
essendo il determinante invariante per permutazione circolare delle colonne.
Quindi si ha linvarianza del prodotto misto per scambio dei simboli di
prodotto scalare e prodotto vettoriale. Prodotti misti notevoli sono quelli
tra versori di base: e
3
.(e
1
e
2
) = 1, e quelli ottenuti per permutazione ci-
clica degli indici.
Triplo prodotto vettoriale
Dati tre vettori a, b, c, si denisce il triplo prodotto vettoriale: a (b c).
Vale la seguente identit` a:
a d = (a.c)b (a.b)c, d := (b c). (1)
8
Si dimostra nel seguente modo:
Supponiamo che i vettori siano non nulli, con gli ultimi due non proporzionali.
Il triplo prodotto deve essere lineare nei tre vettori e antisimmetrico nello
scambio di b e c. Inoltre deve essere una combinazione lineare di b e c perch`e
il vettore d `e normale a questi due vettori, ma il vettore a d `e normale a
d, e quindi decomponibile in una combinazione di questi due vettori. Inoltre
il coeciente di b deve essere uno scalare lineare in a e c, come il prodotto
scalare tra questi due ultimi vettori, e analogamente per il coeciente di c.
Quindi scriviamo lespressione pi` u generale che soddisfa a queste propriet` a:
a (b c) = (a.Bc)b (a.Bb)c,
dove B `e una matrice reale che deve essere determinata. Per ssare le com-
ponenti b
jk
di B, consideriamo il caso in cui a = b = e
k
e c = e
j
,= e
k
. In
questo caso si ha una doppia rotazione di /2 (e quindi una singola rotazione
di ) di e
j
attorno allasse denito da e
k
. Una rotazione di attorno ad un
qualunque asse comporta linversione del vettore, per cui, usando lequazione
precedente, si ottiene:
e
k
(e
k
e
j
) = e
j
= b
kj
e
k
b
kk
e
j
.
Da questultima equazione si deduce che b
kj
=
k
j
cio`e che B = 1, e quindi si
dimostra il risultato voluto.
Nel caso di un vettore nullo la prova `e banale. Il caso di b e c proporzionali
si riporta al caso in cui essi sono uguali, ed in questo caso i due termini
della equazione sono evidentemente nulli per la esplicita antisimmetria nei
due vettori.
Esercizio 1.
Se rappresentiamo un vettore tramite la matrice colonna delle componenti:
a = (a
j1
= a
j
)
j
, il prodotto vettoriale n a, dove n = (n
1
, n
2
, n
3
) `e un ver-
sore, `e denito tramite il prodotto tra matrici A
n
a, dove A
n
`e la matrice an-
tisimmetrica non nulla, completamente denita dall elemento a
1,2
= n
3
,
e dagli altri ottenuti per permutazioni cicliche degli indici: a
3,1
= n
2
e
a
2,3
= n
1
:
n a = A
n
a =
_
_
0 n
3
n
2
n
3
0 n
1
n
2
n
1
0
_
_
_
_
a
1
a
2
a
3
_
_
. (2)
9
Poiche n n = 0, n (n n

) = n

, dove n

`e un qualunque versore
normale a n: n

.n = 0, si ha che la matrice A
n
ha rango 2, il versore n `e nel
suo kernel su cui proietta P
n
, ed il quadrato di A
n
`e lopposto del proiettore
sullo spazio ortogonale:
A
2
n
= (1 P
n
).
2.3 Matrici ortogonali e Rotazioni
Cambiamento del sistema di riferimento che comporta una trasfor-
mazione lineare delle coordinate
Consideriamo le trasformazioni lineari delle coordinate cartesiane che man-
tengono i prodotti scalari ed i prodotti misti tra vettori. In particolare
deniamo queste trasformazioni sui versori di base. Siano quindi r
j
= Re
j
,
j = 1, 2, 3 i trasformati dei versori della base canonica. Essendo le com-
ponenti dei versori della base canonica: (e
j
)
k
=
k
j
, si ha: r
jk
= (r
j
)
k
=

l
(R)
kl
(e
j
)
l
= (R)
kj
. Quindi le componenti della matrice di trasformazione
R
t
coincidono con le componenti dei trasformati dei versori della base canon-
ica. Possiamo rappresentare la matrice ortogonale R nel seguente modo:
R =
_
r
1
r
2
r
3
_
=
_
_
r
11
r
21
r
31
r
12
r
22
r
32
r
13
r
23
r
33
_
_
. (3)
Imponiamo ora che la matrice sia ortogonale, cio`e conservi i prodotti scalari.
Questo implica che conservi i prodotti dei versori di base che restano ortonor-
mali, ma questa condizione `e anche sucente perch`e la matrice `e completa-
mente denita dalle componenti dei versori di base trasformati. Quindi
Re
j
.Re
k
= (R
T
R)
kj
= r
j
.r
k
=

l
r
jl
r
kl
=
k
j
,
globalmente signica che vale la condizione di ortogonalit`a:
R
T
R = RR
T
= 1,
dove 1 `e la matrice identit`a. Trattandosi di una condizione su una matrice
esplicitamente simmetrica
(R
T
R)
T
= R
T
R,
10
si hanno
n(n + 1)/2
condizioni indipendenti, 6 condizioni nel caso di n = 3 che ssano a 3 la di-
mensione della variet` a delle matrici ortogonali. Se chiediamo che la matrice
ortogonale sia a determinante unitario, cio`e sia una rotazione che preserva
lorientazione dello spazio, questo non riduce la dimensione della variet` a ma
elimina una delle componenti connesse a determinante opposto. Lultimo
risultato dimostra che una matrice che conserva i prodotti scalari,
detta ortogonale, `e invertibile e linversa coincide con la trasposta.
Infatti il determinante di un prodotto `e il prodotto dei determinanti, il de-
terminante della matrice trasposta coincide con il determinante della matrice
stessa e il determinante della matrice identit` a `e uguale a 1. Quindi il determi-
nante di R vale 1, in quanto det R
T
R = (det R)
2
= 1, ed esiste la matrice
inversa R
1
con RR
1
= 1, e dalla condizione di ortogonalit` a, moltiplicando
per R
1
si ha
R
T
RR
1
= R
T
= R
1
.
Dallespressione della matrice in termini dei versori trasformati e della espres-
sione del prodotto misto come determinante, si ha:
det R = (r
1
r
2
).r
3
.
Se il determinante di R `e positivo diremo che la matrice rappresenta una
rotazione. In caso contrario diremo che R = R

P, dove R

rappresenta una
rotazione e P = 1 rappresenta una inversione degli assi, o una trasfor-
mazione di parit`a.
2.4 Nuove espressioni dei prodotti scalari e vettoriali
Ritorniamo ora a considerare il prodotto scalare e il prodotto vettoriale di
due vettori non nulli e non proporzionali del tipo: a = ae
1
e b = b
1
e
1
+b
2
e
2
.
In questo caso
a.b = ab
1
= ab cos ,
dove `e langolo formato tra i due vettori. Essendo il prodotto scalare in-
variante per rotazione, questa espressione vale in generale. Si ha quindi il
11
prodotto vettoriale
a b = ab
2
e
3
= ab sin n
dove 0 < e n = e
3
`e un versore che indica una direzione dalla quale
si vede il vettore a portarsi sul vettore b ruotando in senso antiorario di
un angolo . Cambiando sistema di riferimento tramite una rotazione, si ha
lespressione generale ab = ab sin n dove n `e sempre un versore ortogonale
al piano denito dai vettori fattori e che denisce una direzione da cui si vede
il vettore a portarsi sul vettore b ruotando di un angolo 0 < in senso
antiorario.
Si noti che il prodotto vettoriale si comporta come un vettore per rotazioni,
ma non per inversione di assi. Infatti un vero vettore, detto polare, cam-
bia segno, cio`e inverte il verso, per inversione di assi Px = x, mentre
il prodotto vettoriale, detto vettore assiale, rimane invariato per questa
trasformazione:
P(a b) = Pa Pb = (a) (b) = a b.
Le rotazioni costituiscono un gruppo che si chiama SO(3). Infatti le matrici
di rotazione sono caratterizzate dal fatto di mantenere invariato il prodotto
scalare e dalla propriet`a di avere determinante unitario. Il mantenimento
del prodotto scalare avviene quindi anche per due trasformazioni dello steso
tipo compiute in successione. Come propriet`a diretta delle matrici abbiamo
che RR
T
= 1 per una matrice ortogonale. Il prodotto di due matrici or-
togonali `e ortogonale. Infatti R
1
R
2
(R
1
R
2
)
T
= R
1
R
2
R
T
2
R
T
1
= R
1
R
T
1
= 1.
Inoltre il prodotto di due matrici di determinante unitario `e una matrice di
determinante unitario. Essendo poi denita la matrice inversa R
1
= R
T
ed
essendoci la matrice identit` a R = 1 si dimostra la propriet` a di gruppo.
2.5 Angoli di Eulero (Facoltativo)
Si dimostra che il gruppo delle rotazioni SO(3) ha tre gradi di libert` a nel
senso che vi sono 3 parametri indipendenti e non riducibili, detti angoli di
Eulero, che permettono di classicare completamente le rotazioni. Deniamo
gli angoli di Eulero e la loro relazione con le rotazioni.
1)Se facciamo lipotesi che la rotazione non sia lidentit` a, resta da considerare
il caso in cui il versore e
3
viene lasciato invariato dalla rotazione. In questo
12
caso lasse delle z `e lasse della rotazione, e si ha semplicemente: R = R
3
(),
dove
R
3
() =
_
_
c s 0
s c 0
0 0 1
_
_
,
e c = cos , s = sin . Infatti, tramite una rotazione di questo tipo il versore
e
1
diventa r
1
= (c, s, 0), e
2
diventa r
2
= (s, c, 0), mentre e
3
resta invariato.
Vedremo che anche il caso di inversione del versore e
3
deve essere escluso.
2)Lemma: Se r
3
,= e
3
, sono univocamente deniti 3 angoli detti angoli di
Eulero:
1
,
2
, 0 < < in modo tale che R = R
3
(
2
)R
1
()R
3
(
1
), dove
R
1
() =
_
_
1 0 0
0 c s
0 s c
_
_
,
e c = cos , s = sin > 0.
Dimostrazione. Le tre matrici che compaiono nel prodotto sono di SO(3)
come il loro prodotto a causa della propriet`a di gruppo. Calcoliamo al-
cuni elementi: r
13
= ss
2
, r
23
= c
2
s, r
33
= c, r
31
= ss
1
, r
32
= sc
1
, dove
s
j
= sin
j
, c
j
= cos
j
, e quindi ricaviamo: cos = r
33
da cui si ricava
s =

1 c
2
> 0 e . Quindi r
13
/s = s
2
, r
23
/s = c
2
denicono
2
e
r
31
/s = s
1
, r
32
/s = c
1
deniscono
1
.
Esercizio. Volendo estendere gli angoli di Eulero al caso di r
3
= e
3
, si
ha che `e determinata la somma
1
+
2
= , e nel caso di r
3
= e
3
solo la
dierenza
1

2
= , per cui si pu` o ssare arbitrariamente a 0 uno degli
angoli
j
e determinare univocamente laltro.
Esercizio. Sia
1
=
2
= . Allora
R
3
(
j
) =
_
_
1 0 0
0 1 0
0 0 1
_
_
e
R = R
3
(
2
)R
1
()R
3
(
1
) = R
1
() = R
t
1
().
Quindi una matrice del tipo R
1
() con < < 0 `e rappresentata dagli
angoli di Eulero:
1
=
2
= e = .
Commento sico-geometrico. Si denisce linea dei nodi lintersezione
13
del piano (O, e
1
, e
2
) con il piano (O, r
1
, r
2
), e `e langolo diedro tra i
due piani. La linea dei nodi pu`o essere orientata tramite un versore n che
ssa la direzione rispetto alla quale e
3
si porta su r
3
ruotando di un angolo
0 . La rotazione R
3
(
1
) porta n su e
1
, mentre R
3
(
2
) porta e
1
su
r
1
. Gli angoli di Eulero sono utili per descrivere la posizione del sole in un
sistema terrestre, in cui `e langolo costante dellasse terrestre rispetto alla
normale delleclittica.
2
rappresenta la rotazione dovuta alla rotazione della
terra attorno allasse polare e
1
la rotazione dovuta alla traslazione della
terra. Il sole si trova sulla linea dei nodi agli equinozi. Si noti che un moto
dellasse terrestre `e stato evidenziato dalla precessione degli equinozi, cio`e
un leggero anticipo del ripetersi di un equinozio (ad esempio quello primaver-
ile) rispetto al compiersi di una rivoluzione terrestre.
Lemma 1: Sia data una famiglia continua ad un parametro di matrici or-
togonali R(t), t I dove I `e un intervallo aperto di R, con R(a) = 1, a I,
allora d(t) = det R(t) 1 per ogni t I.
Dimostrazione. La continuit` a di R(t) implica la continuit`a di d(t). Poich`e
d(t) pu`o assumere solo i due valori 1, ed essendo d(a) = 1, necessariamente
d(t) = 1 per tutti i t.
Lemma 2. Se la famiglia del lemma precedente `e anche dierenziabile, al-
lora, per qualunque t I:

RR
T
= A = A
T
`e antisimmetrica. Per t = a, si ha in particolare:

R(a) = A = A
T
.
Dimostrazione. Essendo R(t)R
T
(t) 1 si ha:

RR
T
= R

R
T
= (

RR
T
)
T
.
Nota: Da R
T
R = 1 si ottiene ovviamente che anche A

= R
T

R = R
T
AR `e
antisimmetrica.
2.6 Operatori dierenziali vettoriali
Deniamo operatore nabla loperatore vettoriale di gradiente che opera su
una funzione regolare f(x):
gradf(x) := f(x) :=
x
f(x),
14
loperatore divergenza di una funzione vettoriale f (x):
div f (x) := .f (x) =
T
x
f (x),
il laplaciano:
f(x) =
2
f(x) =
T
x

x
f(x),
ed il rotore:
rot f (x) := f (x).
Si hanno le equazioni per operatori vettoriali:
(V (x)) = ()V (x) = 0,
cio`e, un campo vettoriale f (x) `e irrotazionale se e solo se `e il gradiente di un
campo scalare.
.(f ) = ().f = 0,
cio`e un campo vettoriale `e il rotore di un campo vettoriale se e solo se ha
divergenza nulla.
.(f g) = g.(f ) f .(g) : (4)

jkl

j
f
k
g
l
=
jkl
[
j
f
k
]g
l
+
jkl
f
k

j
g
l
= g
l

ljk

j
f
k
f
k

kjl

j
g
l
,
dove
j
=
x
j
, e dove gli operatori tra parentesi quadre non agiscono al di
fuori delle parentesi, e dove si somma sugli indici ripetuti.
(fg) = (f) g +fg, .(fg) = (f).g +f.g,
dove gli operatori dierenziali agiscono su tutte le funzioni che si trovano alla
loro destra.
2.7 Teoria ed applicazioni dei gruppi e delle algebre di
Lie (S.Lie, W.Killing, E.Cartan, H.Weyl)
Gruppo SO(2)
Una matrice reale r, 2 2, `e rappresentata da un punto x R
4
, ottenuto
15
ordinando gli elementi: x
1
= r
11
, ... . Consideriamo le matrici speciali orto-
gononali, o matrici di rotazione in R
2
. Una matrice r di questo tipo `e una
matrice reale di determinante unitario:
r =
_
r
11
r
12
r
21
r
22
_
, r
2
11
+r
2
12
= r
2
21
+r
2
22
= r
11
r
22
r
12
r
21
= 1, r
11
r
21
+r
12
r
22
= 0,
ovvero, per r
22
,= 0,r
12
,= 0,
r
11
r
22
=
r
12
r
21
= c, c(r
2
22
+r
2
21
) = 1,
da cui c = 1, ed esiste una angolo , tale che r
11
= r
22
= cos(), r
21
= r
12
=
sin().
Il gruppo SO(2) `e un gruppo abeliano dierenziabile ad un parametro
= q generato dalla matrice antisimmetrica I:
r() = exp(I) = (

j=0
(1)
j
(2j)!

2j
)1 + (

j=0
(1)
j
(2j + 1)!

2j+1
)I =
=
_
cos sin
sin cos
_
= 1 +I +O(
2
) per 0, I =
_
0 1
1 0
_
, I
2
= 1, (5)
dove 0 < 2. Langolo rappresenta langolo di rotazione rispetto
allasse orientato e
3
, come si vede dal fatto che Ie
1
= e
2
= e
3
e
1
,
Ie
2
= e
1
= e
3
e
2
.
Il gruppo SO(2) `e una variet` a unidimensionale immersa in R
4
, identicabile
con il cerchio: C = S
1
. Lo spazio tangente T
1
SO(2) `e uno spazio lineare di
dimensione 1 delle matrici reali antisimmetriche 2 2, con un solo elemento
di base, I.
Lesponenziale exp(qI) denisce applicazioni x = X

(q), dierenziabili e
invertibili, da un aperto A

= qR; < q < 2 + , 0 < 2, di R ad


un aperto della variet` a: che si chiamano carte.
Linsieme di due carte diverse si dice atlante perche lunione delle im-
magini delle due carte copre la variet`a.
2.8 Variet`a regolare immersa. Vincoli, variet`a di liv-
ello, e coordinate lagrangiane.
Denizione (Sottovariet`a regolare)
Sia dato un aperto U R
k
, k > 1, ed unapplicazione regolare f : U
16
R
m
, 0 < m = k l < k. Linsieme di livello zero (kernel) di f
M = M
0
= x U; f(x) = 0
si dice sottovariet`a regolare di R
k
in U, di dimensione l, se non `e vuoto
e se la matrice jacobiana: J(x) = (
x
f
T
(x))
T
ha sempre rango massimo
k l, cio`e se i gradienti

x
f
j
(a)
j
, a : f
j
(a) = 0,
sono m vettori non nulli di R
k
, linearmente indipendenti tra loro, e quindi
tali da formare una base dello spazio normale in a T

a
M.
Lo spazio tangente in a M `e denito dai moti regolari x(t), h < t < h in
M, cio`e tali che,
x(0) = a, f(x(t)) = 0,
x
f(x(t)). x(t)[
t
= 0 :=
x
f(a).w = 0 w T
a
M.
Quindi, lo spazio T

a
M `e normale allo spazio tangente T
a
M, come ci si as-
petta.
Se `e denito un sistema di coordinate q R
l
(in ambito meccanico dette
lagrangiane) sulla variet` a, e una carta, X : A V M, V R
l
. I moti
compatibili sono scrivibili:
x(t) = X(q(t)), a = x(0) = X(b), w =< v,
q
> X(b) = D
v
X(b) T
b
M, (6)
dove v = q(0) R
l
. I vettori e
j
=
j
X(b) :=
q
j
X(b)
j
sono una base sullo
spazio tangente T
b
M.
La metrica riemanniana
Lo spazio tangente ad una sottovariet` a regolare M in un suo punto a, `e lo
spazio delle velocit`a in a dei moti regolari in M passanti per a:
T
a
M = w = x(0); x(t) M, t R, x(0) = a.
`
E evidente che coincide con lo spazio normale ai gradienti delle f
j
in a.
Scelta una parametrizzazione regolare locale su M, che diciamo lagrangiana:
x = X(q), q R
l
, i moti x(t) su M si esprimono univocamente tramite i
moti delle variabili lagrangiane q(t), con q(0) = b, q(0) = v:
x(t) = X(q(t)), con w = (
T
q
X)(b) v, v R
l
.
17
Quindi, gli l vettori di R
k
,
e
j
= e
j
(a) = (
j
X)(b) := (
q
j
X)(b), X(b) = a, (7)
sono una base dello spazio tangente T
a
M. Uno spostamento innitesimo sulla
variet` a coincide con uno spostamento innitesimo sullo spazio tangente in
a = X(b):
ds = dq
j
e
j
, ds
2
=< e
j
, e
k
> dq
j
dq
k
:= g
jk
dq
j
dq
k
, G := (g
jk
)
jk
, (8)
dove gli indici ripetuti sono sommati e la matrice G, di elementi
g
j,k
(a) =< e
j
, e
k
>=< (
j
X)(b), (
k
X)(b) >
denisce il tensore metrico di Riemann (Gauss 1827, Bernhard Riemann
1854) in a sulla variet` a M, e ds
2
rappresenta la metrica riemanniana.
Esempio 1.
Consideriamo R
3
come una variet` a. Introduciamo le coordianate polari
sferiche in R
3
: (q
1
= , q
2
= , q
3
= f = r, ) dove la relazione con le co-
ordinate cartesiane `e dato da una carta P(, , r) = P(Q):
x
1
= P
1
(, , r) = r cos cos , x
2
= P
2
(, , r) = r cos sin , x
3
= P
3
(, , r) = r sin .
Si ha quindi una carta nello spazio denita sullaperto dello spazio delle
coordinate Q:
B = (, , r) R
3
: < < , 0 < < , r > 0,
a valori sullaperto A R
3
denito escludendo il semipiano polare: P
p
=
x
1
0, x
2
= 0: A = R
3
P
p
.
La matrice jacobiana
J
j,k
=
q
k
P
j
= (
q
P
T
)
T
jk
`e non singolare. Quindi, esiste la trasformazione inversa
Q(x) = (q
1
(x), q
2
(x), f(x)) = P
1
(x).
In particolare:
(x) = arctan(x
2
/x
1
), (x) = arctan(x
3
/
_
x
2
1
+x
2
2
), r(x) = [x[. (9)
18
La sfera S
2
`e una variet` a dierenziabile di dimensione 2 immersa in (o
sottovariet`a di) R
3
, denita dalla condizione f(x) r(x) [x[ = 1. Un
aperto della sfera `e rappresentato tramite una carta
X(, ) := X(q) = P(q, 1),
con dominio su un aperto ottenuto escludendo i poli e un meridiano:
B

= (, ) R
2
: < < , 0 < <
ed immagine denita dai valori delle coordinate polari sferiche con raggio
unitario ssato
f(x) = q
3
(x) = r(x) [x[ = 1 :
dove, in particolare,
X
1
(, ) = cos cos , X
2
(, ) = cos sin , X
3
(, ) = sin .
Quindi, esiste la trasformazione inversa ottenuta dalle prime due funzioni di
(9)Q(x):
q(x) = (q
1
(x), q
2
(x)),
avendo ssato q
3
(x) = 1 :
(x) = arctan(x
2
/x
1
), (x) = arctan(x
3
/
_
x
2
1
+x
2
2
). (10)
Un moto sulla sfera `e denito dalla legge ((t), (t)) e quindi nello spazio
vale
x(t) = X((t), (t)).
Lo spazio tangente in un punto a della sfera `e denito dalle velocit` a x(0)
dei moti sulla sfera x(t) = X((t), (t)) tali che x(0) = a. Non essendoci
limitazioni al variare degli angoli in un intorno del punto dato, la velocit` a
(

,

) delle coordinate `e un punto qualunque di R
2
. Nello spazio R
3
il piano
tangente in un punto, denito come sopra in termini degli angoli, `e rappre-
sentato dalle velocit`a delle componenti:
x
1
= cos cos

sin sin

,
x
2
= cos sin

+ sin cos

e
19
x
3
= sin

.
Quinidi si ha la metrica di Riemann diagonale:
ds
2
=

j
( x
j
)
2
dt
2
= (d)
2
+ sin
2
(d)
2
. (11)
Notiamo che la carta considerata lascia scoperto un solo meridiano. Altre
carte compatibili sono date da carte simili alla precedente ottenute ruotando
lasse polare che denisce gli angoli. Ad esempio, portando il versore e
3
su e
1
si ha una nuova funzione che denisce una nuova carta: X

con
X

1
= X
3
, X

2
= X
1
, X

3
= X
2
. Questa carta lascia scoperto mezzo equatore.
Se questo mezzo equatore non interseca il meridiano dellaltra, con queste
due carte si `e ottenuto un atlante della intera sfera. Evidentemente la nuova
carta individua con gli stessi angoli punti diversi, ma questo non `e un prob-
lema.
Lo spazio tangente alla sfera come linsieme dei vettori normali al gradi-
ente di
f(x) = r(x) =

x.x
che vale
r(x) = x/r,
il versore normale esterno alla sfera diretto come il raggio uscente dal
centro. Per costruire lo spazio tangente basta considerare che i punti della
sfera sono rappresentati da vettori di modulo 1. Un qualunque moto dif-
ferenziabile `e rappresentato da una famiglia di versori x(t). Si avr` a quindi
x(t).x(t) = 0. Nel punto di coordinate x = x = x(0) i moti di questo tipo
avranno velocit`a w = x(0) normali a x(0) ed al gradiente della funzione
di vincolo nel punto:
dx
2
(0)
dt
= 2x(0). x(0) = 2x.w = 0,
e la loro unione sar` a il sottospazio di R
3
di dimensione 2 normale a x(0). Lo
possiamo rappresentare tramite il piano geometrico tangente alla sfera
nel punto considerato (e tutti i piani paralleli).
Esempio 2.
Il gruppo delle matrici reali di determinante unitario U
j
SL(n, R),
n 2 ha una struttura naturale di variet`a, necessariamente di dimensione
20
l = n
2
1 perch`e si pone una sola condizione sullo spazio delle matrici nn
che `e R
n
2
. Ricordiamo che una matrice U = (u
jk
)
jk
, `e rappresentabile con
un vettore u R
n
2
ordinando (u
1
= u
11
, u
2
= u
12
, ...., u
n
2 = u
n,n
).
Si tatta di un gruppo di Lie in quanto il prodotto `e una funzione dif-
ferenziabile dei fattori ( gli elementi del prodotto sono funzioni bilineari
degli elementi dei fattori), e linversa di U, U
1
`e una funzione dierenziabile
di U stessa (essendo il determinante unitario, gli elementi dellinversa sono
funzioni polinomiali (di grado n 1) degli elementi di U stessa).
Lo spazio tangente in 1 `e denito dalle matrici che dieriscono da 1 di
innitesimi, parametrizzati da : U

= 1 + A + O(
2
), con determinante
unitario
1 = [U

[ = 1 +trA +O(
2
)
per cui lo spazio tangente T
1
SL(n, R) `e dato dallo spazio lineare delle
matrici reali a traccia nulla
T
1
(SL(n, R)) = sl(n, R). (12)
Lo spazio tangente sl(n, R) `e unalgebra di Lie con parentesi di Lie
(applicazione f : sl(n, R) sl(n, R) sl(n, R)) data dal commutatore
[A
1
, A
2
] = A
1
A
2
A
2
A
1
sl(n, R). Infatti, si ha:
tr[A
1
, A
2
] = trA
1
A
2
trA
2
A
1
= 0.
Ricordiamo che le condizioni sulla parentesi di Lie sono lantisimmetria e
la identit`a di Jacobi, soddisfatte dal commutatore:
[A
1
, A
2
] = [A
2
, A
1
], [A
1
, [A
2
, A
3
]] + [A
3
, [A
1
, A
2
]] + [A
2
, [A
3
, A
1
]] = 0.
Inversamente, una qualunque matrice A sl(n, R) genera un moto o una
curva parametrizzata sulla variet` a SL(n, R) denita dallesponenziale:
U(t) = exp(tA) =

n
t
n
n!
A
n
, t R,
21
con determinante unitario per il seguente teorema:
[U(t)[ = exp(t trA). (13)
La dimostrazione di questo teorema si basa sulla riduzione a blocchi di Jordan
e sulla nullit` a dei determinanti delle potenze dei nilpotenti che compaiono
nei blocchi di Jordan.
Qualunque matrice non nulla A a traccia nulla genera il sottogruppo abeliano
ad un parametro
U(t) = exp(tA)
tR
,
isomorfo al gruppo addittivo R. La derivata dellesponenziale `e sempre nello
spazio tangente corrispondente al suo valore:

t
U(t) =

n=1
t
n1
(n 1)!
A
n
= exp(tA)A = U(t)A T
U(t)
SL(n, R).
2.9 Esempio 3.
Il gruppo SO(3) ha una struttura naturale di variet`a dierenziabile di
dimensione 3.
Prendiamo per coordinate locali gli angoli di Eulero ed una carta: f (
1
,
2
, ) =
R, denendo univocamente gli angoli come numeri reali su aperti: ( <

j
< , j = 1, 2; 0 < < ). Si possono considerare anche altre carte U
j
, f
j
denite dagli angoli di Eulero del prodotto (ordinato)di matrici R oppor-
tunamente ruotate: f (
1
,
2
, ) = R
j
R, e successivamente riportate al loro
valore: f
j
(
1
,
2
, ) = R
T
j
f (
1
,
2
, ).
Unaltra carta `e denita dalle tre componenti del vettore di rotazione
y = n dove n rappresenta il versore dellasse orientato di rotazione e , 0 <
PR
1
langolo di rotazione.
La variet` a SO(3) `e immersa nello spazio R
9
delle matrici (33). Lequazione
matriciale
B = R
T
R1 = 0
rappresenta 6 equazioni scalari indipendenti (essendo B esplicitamente sim-
metrica). Tramite questa equazione matriciale si possono ssare 6 coordinate
22
locali indipendenti e denire la variet`a del gruppo ortogonale O(3) avente due
parti connesse, di cui una, denita dal determinante unitario, `e il gruppo
M = SO(3) che conserva lorientazione dello spazio.
Spazio tangente T
1
SO(3)
Lo spazio tangente T
1
M `e lo spazio lineare delle matrici antisimmetriche.
Infatti, data una famiglia di matrici di SO(3) prossima allidentit`a:
R = 1 +A, RR
T
= (1 +A)(1 + A
T
) = 1 +(A +A
T
) + O(
2
) = 1
necessariamente A `e una matrice antisimmetrica. A sua volta una matrice
antisimmetrica `e associata univocamente ad un vettore detto ve-
locit`a angolare:
A

a = a =

j
A
j
a =

j
e
j
a, (14)
dove le matrici A
j
= A
e
j
, date da:
A
1
=
_
_
0 0 0
0 0 1
0 1 0
_
_
, A
2
=
_
_
0 0 1
0 0 0
1 0 0
_
_
,
A
3
=
_
_
0 1 0
1 0 0
0 0 0
_
_
, (15)
sono una base nello spazio lineare delle matrici antisimmetriche.
I commutatoti di due matrici antisimmetriche sono antisimmet-
riche, ed in particolare, valgono le relazioni algebriche, dette di Lie:
[A
1
, A
2
]

= A
3
, [A
3
, A
1
]

= A
2
, [A
2
, A
3
]

= A
1
,
esprimibile in termini di un prodotto vettore degli :
[A
e
j
, A
e
k
] = A
e
j
e
k
.
Questa espressione si estende per bilinearit` a e si dimostra che lalgebra di
Lie si esprime in termini di un prodotto vettore tra le velocit`a
angolari associate:
[A

, A

]a = (a)(a) = (.a)((.)a(.a)(.)a) =
23
= (.a) (.a) = a ( ) = ( ) a = A

a. (16)
2.10 Rotazioni innitesime, spazio tangente T
1
SO(3).
La dierenza di una rotazione innitesima meno lidentit` a: Sia data una
rotazione R
n
attorno allasse orientato n S
2
di unangolo innitesimo ;
R
n
1 = A
n
+O(
2
), (17)
dove A
n
`e un innitesimo appartenente allo spazio lineare T
1
SO(3), cio`e
lo spazio lineare delle matrici antisimmetriche reali 3 3. Si noti che le
matrici reali antisimmetriche sono sempre a traccia nulla perche la traccia
`e invariante per trasposizione. Viceversa, una matrice antisimmetrica A
genera un moto o una curva parametrizzata su SO(3)
R
A
(t) = exp(tA)
t
, (18)
che `e un sottogruppo ad un parametro di SO(3). Per il teorema di Eulero
(23), una qualunque matrice di rotazione non banale si pu`o esprimere univo-
camente tramite la (18) per un t = ed una matrice antisimmetrica denita
dal versore n sulla base delle matrici antisimmetriche (15) A
j
, (2)
A = A
n
=

j
n
j
A
j
. (19)
Cio`e,
R = R
A
n
() = R
n
= exp(A
n
), 0 < . (20)
2.11 Dipendenza dal punto dello spazio tangente di un
gruppo
Consideriamo il gruppo SO(3) e lo spazio tangente T
R
SO(3), in un punto 1
diverso da 1. Moltiplicando a sinistra la (17) per 1 si ha:
1R
n
1 = 1A
n
+ O(
2
),
24
da cui si deduce che lo spazio tangente `e dato dallo spazio:
T
R
SO(3) = 1A
A
= 1T
1
SO(3) (21)
delle matrici antisimmetriche moltiplicate per la matrice di rotazione 1.
Come dimostrazione equivalente si ha che
R
t+dt
= R
t
R
dt
= dtR
t
A +O(dt
2
),
e quindi si ha il risultato precedente se R
t
= 1. Ma si ha anche:
R
t+dt
= R
dt
R
t
= dtA

R
t
+O(dt
2
),
con A

= RAR
T
antisimmetrica come A.
2.12 Teorema di Eulero: basta una sola carta per co-
prire SO(3) 1
Una qualunque matrice di rotazione R, diversa dallidentit`a, `e denita univo-
camente dal vettore (con 3 componenti=coordinate lagrangiane) q = n, dove
il versore n S
2
rappresenta lasse orientato di rotazione e langolo ,
con 0 < < 2 `e langolo di rotazione attorno allasse orientato, e
si ha una carta: R = R
q
= exp(q.A) dove il vettore (15) A = (A
1
, A
2
, A
3
) ha
per componenti una base sullo spazio tangente in 1.
Dimostrazione
Cerchiamo gli zeri del polinomio caratteristico.
P
3
() = det(R 1) = det(R) +
2
tr(R) C
3
=
= (
1
)(
2
)(
3
),
C = (
1

2
+
1

3
+
2

3
) da cui si evince che det(R) = 1 =
1

3
. Es-
sendo il polinomio a coecienti reali, uno zero `e necessariamente reale e due
complessi coniugati (eventualmente reali). Uno zero reale del polinomio
caratteristico `e autovalore di R come operatore lineare da R
3
a R
3
:
Se
3
`e uno zero del polinomio caratteristico, R
3
1 `e una matrice singolare,
e quindi esiste un vettore n R
3
, n ,= 0 nel kernel di R
3
1, cio`e n `e un
autovettore di R con autovalore
3
> 0.
25
Notiamo che gli autovalori di una matrice ortogonale hanno quadrato uni-
tario:

2
3
< n, n >=< Rn, Rn >=< n, R
T
Rn >=< n, n >,
per cui
2
3
= 1.
Il polinomio caratteristico `e ovviamente continuo e deve cambiare segno sul
semiasse positivo:
P
3
(0) = 1, P
3
() =
3
(1 + O(1/)) per ,
e quindi deve esserci uno zero positivo che chiamiamo
3
= 1 (o tre zeri
positivi presi con la loro molteplicit`a).
Se ci sono tre zeri positivi, P
3
() = ( 1)
3
, R 1 ha rango zero, cio`e `e la
matrice nulla, e R = 1 contrariamente alle ipotesi.
Quindi esiste un unico asse invariante per la trasformazione ortogonale
denita da R ,= 1.
Sullasse invariante si pu` o scegliere una direzione tramite un versore n.
Tramite unaltra matrice ortogonale B si pu` o riportare questo asse orien-
tato sullasse orientato delle z: Bn = e
3
, per cui vale: BRB
T
= R
3
(),
dove R
3
() `e una matrice ortogonale parzialmente diagonalizzata, con
un blocco diagonale di una matrice r di SO(2). Linsieme di queste ma-
trici R
3
()

`e un gruppo abeliano, isomorfo a SO(2) (5), generato dalla


matrice antisimmetrica A
3
:
BRB
T
= R
3
() =
_
_
cos sin 0
sin cos 0
0 0 1
_
_
= exp(A
3
). (22)
Naturalmente, avendo escluso lidentit` a, anche BRB
T
,= 1 e lidentit` a non
compare neppure nel sottogruppo.
Se non avessimo escluso precedentemente lidenti`a in SO(3), avremmo trovato
lidentit` a in SO(2). Togliere ora lidentit` a in SO(2) `e equivalente ad averla
tolta prima in SO(3).
Se orientiamo lasse tramite un versore n, la matrice R `e rappresentata
univocamente dalla carta che dipende dalle coordinate q = n
R = B
T
R
3
()B = exp(B
T
A
3
B) = exp(A
n
) = R
n
() = R
q
, 0 < [q[ < 2,(23)
che indica direttamente lasse orientato di rotazione (0, n) e langolo di ro-
tazione , 0 < < 2. Come coordinate lagrangiane di R si possono
26
prendere in modo univoco le componenti del vettore
q = n, con A
n
= n.A =

j
q
j
A
j
.

Verichiamo che la derivata del sottogruppo `e sempre nello spazio tangente


corrispondente al suo valore:

R
n
() =

j=1
t
j1
(j 1)!
A
j
n
= exp(A
n
)A
n
= R
n
()A
n
T
R
n
()
SO(3).
Dato un versore n S
2
, qualunque vettore x R
3
, ammette una decom-
posizione ortogonale univoca:
x = x
n
+x

n
, dove x
n
=< x, n > n, x

n
= n (x n) . (24)
La rotazione di una angolo attorno allasse orientato n comporta la
trasformazione lineare omogenea:
R
n
x = x
n
+ cos()x

n
+ sin()(n x

n
) = x
n
+ cos()x

n
+ sin()(n x).(25)
Se n = e
3
, x

n
= x
1
e
1
, x
n
= x
3
e
3
, x
2
= 0, cio`e x = (x
1
, 0, x
3
), la trasfor-
mazione (25) corrisponde a quella della matrice di rotazione (22). Infatti, in
questo caso,
R
n
x = x
3
e
3
+cos()x
1
e
1
+sin()x
1
(e
3
e
1
) = x
3
e
3
+cos()x
1
e
1
+sin()x
1
e
2
=
= (x
1
cos , x
1
sin , x
3
) = R
3
()(x
1
, 0, x
3
), R
3
() = R
e
3
= R
n
.
2.13 Un altro modo di rappresentare le rotazioni. Spazio
degli spinori C
2
e gruppo speciale unitario SU(2)
Da molto tempo `e noto che si possono rappresentare le rotazioni tramite
matrici complesse 2 2. Si veda luso dei parametri di Cayley-Klein ( Felix
27
Klein Mathematical Theory of the Top (Princeton address, New York, 1897)).
Questo metodo `e tornato di moda per la scoperta dello spin delle particelle
elementari (W. Pauli 1927).
Spazi vettoriali euclidei complessi.
Deniamo lo spazio euclideo complesso di dimensione 2: C
2
detto spazio
degli spinori. I vettori di C
2
sono rappresentabili come matrici colonna con
due elementi che sono numeri complessi dati dalle componenti dello spinore:
x = (x
1
, x
2
) =
_
x
1
x
2
_
.
Siano x, y C
2
con x = (x
1
, x
2
), y = (y
1
, y
2
). Si denisce prodotto scalare
tra due spinori il numero complesso
< x, y >= x
1
y
1
+ x
2
y
2
= x
T
y = < y, x >,
norma |x| =< x, x >=
_
[x
1
[
2
+[x
2
[
2
0, e distanza (x, y) = |xy|
0.
Una base di spinori ortonormali `e data dalla base canonica e
j

j
, dove
e
1
= (1, 0), e
2
= (0, 1).
Operatori lineari che agiscono in C
2
.
Un operatore lineare A : C
2
C
2
`e rappresentabile da una matrice com-
plessa 2 2,
A = a
j,k

j,k
,
con Ax dato dalla regola del prodotto di matrici. Una matrice complessa
S `e simmetrica se S
j,k
=

S
k,j
, ovvero S = S

:=

S
T
. Se S `e simmetrica,
un suo elemento di matrice gode della propriet` a: < x, Sy >=< Sx, y > .
Una matrice simmetrica S `e diagonalizzabile, cio`e esiste una matrice B non
singolare tale che
BSB
1
= :=
_

1
0
0
2
_
, S = B
1
S,
dove i
j
, reali, sono detti gli autovalori di S, e si ha Su
j
=
j
u
j
dove i
vettori u
j
= Be
j
,= 0 sono detti autovettori.
Una matrice antisimmetrica `e tale che A = A

= iS, dove S `e una ma-


trice simmetrica, ed `e ovviamente diagonalizzabile come lo `e S.
Una matrice unitaria U mantiene la norma UU

= U

U ed `e invertibile con
U
1
= U

. Il fatto stesso che commuti con il suo aggiunto la denisce una


28
matrice normale. Stabiliamo quindi un risultato:
Teorema: Le matrici normali sono diagonalizzabili.
Per dimostrare il teorema ragioniamo per assurdo. Supponiamo che la
trasformata unitaria di una matrice di Jordan N = BJB

, dove BB

= 1,
sia normale (27):
J =
_
1
0
_
, J

=
_
0
1
_
,
NN

N = BJB

BJ

BJ

BJB

= B(JJ

J)B

= B
3
B

,
dove (27) B
3
B

`e una matrice non nulla e non singolare:


det(B
3
B

) = det(
3
) = 1.
Quindi, esiste una relazione biunivoca tra matrici simmetriche e le matrici
unitarie:
U = exp(iS), (26)
dove gli autovettori sono gli stessi e gli atovalori di U, u
j

j
sono gli
esponenziali complessi di quelli di S, s
j

j
: u
j
= exp(is
j
).
Lo spazio lineare complesso delle matrici non singolari `e il gruppo L(2, C)
di dimensione 4.
Una matrice antisimmetrica A genera un sottogruppo ad un parametro
di matrici unitarie: V
t
= exp(tA). Infatti, dalla denizione tramite sviluppo
in serie, si ha:
V

t
= exp(tA

) = exp(tA) = V
1
t
.
Una matrice unitaria `e diagonalizzabile, e si ha(26):
V
t
= Bexp(it)B

, BB

= B

B = 1
con autovalori v
j
(t) = exp(it
j
). Una base completa su L(2, C) `e data dalle
quattro matrici simmetriche:
1
2
=
_
1 0
0 1
_
,
1
=
_
0 1
1 0
_

2
=
_
0 i
i 0
_

3
=
_
1 0
0 1
_
. (27)
29
Le tre matrici
j
, a traccia nulla, sono dette matrici di Pauli.
Riguardo allalgebra delle matrici di Pauli si ha:
[
j
[ = 1,
2
j
= 1, [
1
,
2
]
+
= 0, [
1
,
2
]

= 2i
3
,
propriet` a che si mantengono per permutazione ciclica degli indici. In parti-
colare, gli anticommutarori tra divese sono nulli:
[
j
,
k
]
+
= 0, ..., j ,= k.
Lo spazio tangente T
1
SU(2) `e lo spazio lineare delle matrici antisimmet-
riche a traccia nulla.
Infatti, data una famiglia di matrici di SU(2) prossima allidentit`a:
V

= 1 + , V

= (1 +)(1 +

) = 1 +( +

) + O(
2
) = 1,
dove si vede che necessariamente `e una matrice antisimmetrica. Se poni-
amo la condizione di unitariet` a del determinante:
[V

[ = 1 + tr +O(
2
) = 1,
troviamo anche la condizione: tr = 0.
Lo spazio tangente `e dato dalle combinazioni a coecienti reali delle ma-
trici antisimmetriche a traccia nulla, con vettori di base:

j
=
i
2

j
, [
j
[ = 1/4, j = 1, 2, 3,
che rappresentano la stessa algebra di Lie delle matrici antisimmetriche A
j
prese come base delle rotazioni innitesime:
[
1
,
2
]

:=
1
4
[
1
,
2
]

=
1
4
2i
3
=
3
,
che vale anche per permutazioni cicliche degli indici.
Decomponiamo una matrice a traccia nulla sulla base delle
j
e deniamo
univocamente la matrice tramite il vettore dei coecienti x = (x
1
, x
2
, x
3
)
R
3
:
=
x
=

j
x
j

j
:= x.,
30
analogamente a quanto fatto nello spazio T
1
SO(3) (14):

x
=

j
x
j

j
=
1
2
_
ix
3
ix
1
x
2
ix
1
+x
2
ix
3
_
, [
x
[ = x
2
/4
per cui lalgebra di Lie diventa:
[
x
,
y
]

=
xy
. (28)
Questa algebra `e la stessa di quella dello spazio tangente di SO(3) ed `e del
tutto naturale perch`e sia i termini di destra che quelli di sinistra sono bilin-
eari antisimmetrici nei vettori e sono invarianti per parit`a.
Ciascuna matrice
n
, n S
2
, genera un sottogruppo del gruppo degli oper-
atori unitari in C
2
, a determinante unitario SU(2). Infatti, dato un versore
n S
2
e la matrice
n
, il vettore b = n, e la matrice
b
, si ha:
V (b) = exp(
n
) = exp(
b
) SU(2).
Infatti
V

(b) = V (b) = V
1
(b), detV (b) = exp(tr
b
) = 1.
La coppia di matrici
U(b) = V (b)
diversa da 1, `e denita univocamente per 0 < [b[ < 2.
Viceversa, se V SU(2), tr ln V = 0 per cui deve esistere unico b C
3
tale che ln V = b.. In particolare, deve essere b R
3
, perche si abbia
lunitariet` a.
La trasformazione di similitudine
U(b)
x
U
1
(b)
mantiene il determiante della matrice
x
che coincide con il modulo del
vettore:
det(U(b)
x
U
1
(b)) = det
x
= x
2
/4,
quindi agisce come una rotazione del vettore x.
In particolare, si prova che
U(b)
x
U
1
(b) =
R
b
x
.
31
Una rotazione R
b
nello spazio si riette in una coppia di elementi del gruppo
delle matrici 22, complesse unitarie a determinante unitario SU(2),
nel senso che, per x R
3
,
U(b)
x
U(b) =
R
b
x
, det(U(b)
x
U(b)) = det(
R
b
x
) = (R
b
x)
2
/4 = x
2
/4(29)
dove:
U(b) = exp(
b
) = exp(
ib.
2
) SU(2).
Infatti, come avviene per gli esponenziali numerici a esponente immaginario,
si ha:
V

(b) = V (b) = V
1
(b),
e (13) det V (b) = exp(tr
b
) = 1.
Consideriamo il caso delle rotazioni attorno allasse z. Questo non restringe
il problema perche si possono ruotare gli assi. Si ha:
V
3

= exp(
3
) = exp(i
3
/2) =

n=0
(
i
2
)
n
1
n!

n
3
=
= 1

j=0
(1)
j
(

2
)
2j
1
(2j)!
i
3

j=0
(1)
j
(

2
)
2j+1
1
(2j + 1)!
=
= cos(/2)1 i sin(/2)
3
= cos(/2)1 + 2 sin(/2)
3
,
Analogamente, si ha lo sviluppo di un qualunque operatore unitario:
V
n
:= exp(
n
) = cos(/2)1 + 2 sin(/2)n. = 1 +n. +O(
2
) per 0.(30)
Lemma del ricoprimento del gruppo SO(3) con SU(2)
In generale e denendo sempre
x
= x., V
b
= exp(
b
), b = n, si ha:
V
b

x
V
b
= (R
b
x). . (31)
Dimostrazione
32
Consideriamo il caso di innitesimo. Il caso generale si ottiene facilmente
per la propriet` a di gruppo. Sia b = n, per la (30) e per la(28), si ha:
V
b

x
V
b
= (1 +
b
)
x
(1
b
) + O(b
2
) =
x
+ [
b
,
x
]

+ O(b
2
) =
=
x
+
bx
+O(b
2
) =
x+bx
+ O(b
2
) = (R
b
x). +O(b
2
). (32)

Seconda dimostrazione(Facoltativa)
Ricordiamo le formule (25) e (30). Sia a = cos(/2), [b[ = 2 sin(/2), b = [b[n
(30),
V
n

x
V
n
= (a1 +b.)x.(a1 b.) = a
2
x.b.(x.)b.+a[b., x.]

=
= a
2
x.b.(x.)b.+a(bx). = [a
2
x+
b
2
4
x
1
2
(b(xb))+a(bx)]. =
= [a
2
x +
[b[
2
4
x
1
2
[b[
2
x

n
+ a[b[(n x)]. =
= [(cos
2
(/2) +sin
2
(/2))x2 sin
2
(/2)x

n
+2 cos(/2) sin(/2)(nx)]. =
= [x2 sin
2
(/2)x

n
+sin()(nx)]. = [x
n
+(12 sin
2
(/2))x

n
+sin()(nx)]. =
= [x
n
+ cos x

n
+ sin (n x)].,
per x
n
= (x.n)n, x

n
= n (x n), (vedi lespressione(25)).
Abbiamo ottenuto il risultato usando lequazione:
b.(x.)b. =
1
2
(b.)
2
x. +b.[x., b.]

+ x.(b.)
2
[x., b.]

b. =
=
1
2
(b.)
2
x. +x.(b.)
2
+ [b., [x., b.]

=
=
1
2
[
b
2
2
x. + (b (x b)].) = [
b
2
4
x +
1
2
b (x b)].,
e lequazione:
(b.)
2
= b
2
j

2
j
+

j<k
b
j
b
k
[
j
,
k
]
+
= b
2
j

2
j
=
1
4
[b[
2
,
perch`e gli anticommutatori delle , come quelli delle , sono nulli. Lo stesso
33
risultato lo si ottiene con V
y
al posto di V
y
. C`e quindi una coppia di
elementi del gruppo: U
y
= V
y
SU(2) in corrispondenza biunivoca
con un elemento del gruppo R
y
SO(3). Vedremo che il gruppo SU(2) ha la
struttura naturale di variet`a S
3
e quindi SO(3) ha la struttura naturale
di PR
3
.
2.14 Variet`a delle trasformazioni unitarie SU(2) e va-
riet`a delle rotazioni SO(3).
Vogliamo dimostrare che il gruppo SO(3) ha una struttura naturale di va-
riet` a.
Consideriamo ora il gruppo SU(2) con elementi V
y
che sviluppiamo sulla
base 1, i, con 4 coecienti che supponiamo reali per quanto calcolato
precedentemente:
c = (a, b) = (a, b
1
, b
2
, b
3
),
allora, si verica che V (c) = V
y
`e unitario e a determinante unitario se e solo
se c S
3
:
V (c) = a1 +ib. =
_
a +ib
3
ib
1
+ b
2
ib
1
b
2
a ib
3
_
. (33)
La condizione di unitariet` a, essendo a, b reali, diventa:
V (c)V

(c) = (a1 +ib.)(a1 ib.) =


= (a
2
+b
2
)1 +

j=k
b
j
b
k
[
j

k
]
+
= (a
2
+b
2
)1 = 1,
vale se e solo se a
2
+b
2
= c
2
= 1.
Inoltre, un qualunque spinore di norma unitaria, rappresentante un punto
della sfera S
3
`e ottenuto in questo modo. Quindi gi`a si vede che V (c) (33)
applica univocamante tutti i punti di S
3
agli elementi del gruppo SU(2), e
tutti gli elementi del gruppo ai punti di S
3
: V (c). Daltra parte, dato V (c) con
c S
3
, esiste ed `e unico y = n, per cui V (c) = V
y
, in quanto la condizione
di determinante unitario impone una matrice di traccia nulla allesponente e
una matrice di traccia nulla `e sviluppabile sulle sole
j
.
Si ha quindi un modo univoco di rappresentare una matrice del gruppo SU(2)
34
tramite un punto della sfera S
3
.
Essendo valida lespressione per un vettore ruotato x

:
x

. := (R

x). = x.V

:= x.

,
i punti rappresentativi di SO(3) non sono nella sfera tridimensionale S
3
, ma
nello spazio proiettivo
PR
3
,
in quanto in questa rappresentazione dobbiamo identicare V

e
(a, b
j

j
) (a, b
j

j
).
2.15 Tensori e matrici.
Consideriamo la posizione di un punto materiale P con P O =

j
x
j
e
j
,
dove il vettore x R
3
, indica la posizione del punto nel sistema di rifer-
imento = (O, e
1
, e
2
, e
3
). Se cambiamo sistema di riferimento, cio`e usiamo
un sistema traslato e ruotato:

= (O

, e

1
, e

2
, e

3
) = (O

, R
T
e
1
, R
T
e
2
, R
T
e
3
)
il punto P `e rappresentato da un vettore diverso: P O

= a

j
x

j
e

j
,
dove O O

j
a

j
e

j
e

j
x

j
e

j
=

j
x
j
e
j
, con

j
x
j
R
T
e
j
=

j
x
j

k
r
k,j
e
k
=

k
(

j
x
j
r
k,j
)e
k
=

k
(Rx)
k
e
k
,
per cui x

= Rx. Trascurando per ora le traslazioni, si chiede che un


qualunque vettore b R
3
sia covariante con il vettore di posizione, cio`e nel
sistema di riferimento ruotato sia rappresentato da un vettore ruotato b

=
Rb. Analogamente, se si considera linversione degli assi, e

j
= Pe
j
= e
j
,
il vettore di posizione cambia segno: x

= x, e cos` devono fare gli altri


vettori. Infatti, per inversione degli assi, si ha:

j
a
j
Pe
j
=

j
a
j
(e
j
) =

j
(a
j
)e
j
,
per cui il vettore a `e ora rappresentato da a. Si indicano come pseudovet-
tori o vettori assiali, quelli che ruotano regolarmente, ma non cambiano
35
segno per inversione degli assi. In particolare, il prodotto vettore c = ab
`e un vettore assiale. Uno scalare (tensore di ordine 0) `e un numero
C (componenti con 0 indici) che non varia per rotazioni o inversioni di
assi. Esempio, dati due vettori a, b, il prodotto scalare C = a.b = a
T
b `e uno
scalare. Per una rotazione degli assi, si ha:
a, b Ra, Rb, C a
T
R
T
Rb = a
T
b = C.
Un vettore `e un tensore del primo ordine (componente con un indice).
Dato un vettore a `e denita una forma lineare < a, b >= a.b = a
T
b sullo
spazio dei vettori b R
3
. Se abbiamo una coppia ordinata di vettori,
a, b R
3
possiamo denire un tensore (del secondo ordine) denito dalla
matrice di componenti dati dai prodotti dei componenti dei vettori:
A = ab
T
= (a
j
b
k
)
j,k
= (a
j,k
)
j,k
.
Un tensore `e rappresentato, in un certo sistema di riferimento, da una ma-
trice di componenti. Nel caso di una rotazione del sistema di riferimento,
abbiamo una rotazione delle componenti del vettore
a Ra, b Rb,
dove R `e una matrice ortogonale. Quindi, anche la matrice che rappresenta
un tensore varia tramite una trasformazione di similitudine:
A = ab
T
Rab
T
R
T
= RAR
T
.
Il gradiente di una funzione scalare regolare v(x) =
x
f(x) `e un campo vetto-
riale. Il gradiente di un campo vettoriale `e un campo tensoriale jacobiano
se denito in questo modo: J(x) = (
x
v
T
(x))
T
. Lhessiano di una funzione
scalare regolare:
A
f
(x) =
x

T
x
f(x),
`e un campo tensoriale. Ad esempio:
f(x) =
x
2
2
=
< x, 1x >
2
, A
f
=
1
2
(
j

n
x
2
n
= 2
k
j
)
j,k
= 1 = R1R
T
= RR
T
.
Ancora sui tensori
36
In generale, un tensore trasforma linearmente un vettore in un vet-
tore Ab = c R
3
, e denisce una forma scalare bilineare sullo spazio
vettoriale: < a, Ab >= f
A
(a, b) Linsieme dei tensori `e uno spazio lineare di
base completa di n n elementi:
A
j,k
= e
j
e
T
k

j,k
, < a, A
j,k
b >= a
j
b
k
.
Per una rotazione dei vettori, a Ra, b Rb,
< a, Ab >< Ra, A

Rb >=< a, R
T
A

Ra >=< a, Ab >, se A

= RAR
T
.
La matrice identit`a
1 = (
k
j
)
j,k
rappresenta un tensore del secondo ordine invariante, la delta di Kro-
necker: R1R
T
= 1.
Dati due tensori, A, B `e denito il prodotto scalare tra i due tensori:
A : B = tr(AB) = (A
j,k
B
j,k
)
j,k
, tr(RAR
T
RBR
T
= RABR
T
) = tr(R
T
RAB = AB).
Si dice che lo scalare `e dato dalla saturazione degli indici dei due tensori.
Si dimostra facilmente che se i due tensori hanno simmetria opposta, il
prodotto scalare `e nullo:
A : S = tr(AS) = tr(SA) = tr(S
T
A
T
) = tr(SA) = 0.
Come esempio di un tensore del terzo ordine, abbiamo il tensore comple-
tamente antisimmetrico di Ricci, cos` denito: ,
jkn
= 1 se jkn `e una
permutazione ciclica di 123, antisimmetrico nello scambio di una coppia di
indici.
`
E denito dalle tre matrici antisimmetriche A
j
dello spazio tangente
di SO(3), e a sua volta denisce la forma trilineare del prodotto misto:
= (
jkn
)
jkn
= ((A
j
)
kn
)
jkn
,

jkn
c
j
a
k
b
n
= tr(A
c
(ab
T
)) = c.(a b) = det
_
_
a
1
b
1
c
1
a
2
b
2
c
2
a
3
b
3
c
3
_
_
, A
c
=

j
c
j
A
j
.
Un tensore Pab
T
= (a)(b)
T
= ab
T
deve rimanere invariato. Il tensore del
terzo ordine di Ricci `e invariante per rotazione, come deve, ma anche per
inversione di assi come non dovrebbe, e quindi `e uno pseudo tensore.
37
Matrici e tensori di rotazione
Si dimostra facilmente che una rotazione, rappresentata da una matrice or-
togonale in un dato sistema di riferimento, `e rappresentata da una matrice
ortogonale, opportunamente trasformata, in un sistema di riferimento ruo-
tato.
Questo sisgnica che la matrice di rotazione rappresenta un tensore, e quindi
si modica in un modo preciso cambiando il sistema di riferimento.
Sia R

la rotazione delle componenti di un vettore indotta dal cambiamneto


di sistema di riferimento. Allora, un vettore x diventa x

= R

x nel nuovo
sistema di riferimento. Se un vettore y = Rx `e il vettore x ruotato, y

`e lo
stesso vettore nel nuovo sistema di riferimento, se si ha:
y

= R

y = R

Rx = R

RR
T

y = R

y,
dove
R

= R

RR
T

, (34)
`e la trasformazione corretta della matrice che rappresenta il tensore di
rotazione nel nuovo sistema di riferimento.
3 Meccanica Lagrangiana. Note introduttive
Gruppo delle traslazioni
Per qualunque vettore b 1
3
si ha un operatore di traslazione T
b
denito
su tutto lo spazio vettoriale 1
3
tale che T
b
v = v +b per qualunque vettore
v 1
3
. Si verica immediatamente che vale la propriet` a di gruppo commu-
tativo T
c
T
b
= T
b
T
c
= T
b+c
.
Gruppo di Galileo
Consideriamo il gruppo delle traslazioni dipendenti dal tempo: T
tv
.
La relativit`a di Galileo `e linvarianza delle leggi della meccanica rispetto
a questi due gruppi, oltre alle rotazioni.
Funzione lagrangiana. In un problema conservativo si denisce funzione
lagrangiana la dierenza tra lenergia cinetica e lenergia potenziale: L(x, x) =
T( x)V (x) = (1/2)m x
2
V (x). Le equazioni del moto di Newton diventano
38
le equazioni di Eulero-Lagrange:
d
x
L(x(t), x(t))/dt =
x
L(x(t), x(t)). (35)
Si denisce impulso:
p =
x
L(x(t), x) = m x,
per cui, dato un moto: x(t) si ha un moto per limpulso: p(t) = m x(t). Le
equazioni di Eulero-Lagrange si possono quindi scrivere:
p(t) =
x
L(x(t), x(t)). (36)
Considerando che la dipendenza dalle x `e solo in V , si ritrovano le equazioni
di Newton: p(t) = V (x(t))
Nota. Nel caso di spazio delle congurazioni unidimensionale n = 1, una
legge di forza posizionale `e conservativa.
Reversibilit`a. Il principio di causalit` a ed il determinismo dicono che una
certa causa produce sempre un certo eetto. In meccanica questo vale nel
senso seguente. Date le equazioni del moto regolari ed una condizione in-
iziale, segue un moto ben denito.
Bisogna per`o aggiungere che dato iniziale e dato nale si possono inver-
tire perch`e vale la reversibilit`a del moto. Data una equazione del moto:
x(t) = f (x(t))/m con condizioni iniziali: x(0) = x
0
, x(0) = v
0
, e soluzione
x(t), si ha che anche x(t) `e soluzione delle stessa equazione con le condizioni
iniziali:
x(0) = x
0
, x(0) = v
0
.
3.1 Principio variazionale. Derivazione delle equazioni
di Eulero-Lagrange.
Calcolo delle variazioni. La variazione di un funzionale `e simile al dif-
ferenziale per una funzione denita su uno spazio di dimensione nita. Si
considera invece un funzionale denito su uno spazio di dimensione
innita: uno spazio di funzioni regolari, a valori reali o di moti,
eventualmente condizionati a stare su una sottovariet`a.
39
Esempio: lunghezza di una traiettoria. Sia dato il moto dieren-
ziabile x = x(t), t
0
t t
1
. Si denisce lunghezza della traietto-
ria del moto nellintervallo temporale [t
1
, t
2
], il funzionale denito sul moto:

1
(x) =
_
t
1
t
0
[ x(t)[dt.
Si dice che il funzionale `e dierenziabile se
(x +h) (x) = F
x
(h) + R
x
(h)
dove F
x
(h) `e lineare omogeneo in h ed R
x
(h) = O(h
2
), nel senso che,
se h
1
(t) = h(t), > 0, allora F
x
(h
1
) = F
x
(h), e [R
x
(h
1
)[ < C
2
, per un
C > 0 per piccolo. Inoltre, si denisce F
x
(h) variazione o dierenziale
del funzionale , calcolato sulla variazione h del moto x.
Diamo ora un risultato su una classe di funzionali di interesse meccanico.
Teorema. Supponiamo di avere ssato il sistema meccanico di un certo
numero di punti materiali con leggi di forza conservative. Fissiamo un in-
tervallo di tempo I = [t
0
, t
1
]. Un funzionale di azione, cio`e del tipo:
(x) =
_
I
L(x(t),

x(t), t)dt,
dove L (detta funzione lagrangiana) `e dierenziabile, ed il suo dierenziale
`e dato da:
F
x
(h) =
_
I
[
x
L(x(t), x(t), t) (d(
x
L(x(t), x(t), t)/dt].h(t)dt +
+(
x
L(x(t), x(t), t).h(t))[
t
1
t
0
.
Dimostrazione.
(x +h) (x) =
_
I
[L(x(t) +h(t), x(t) +

h(t), t) L(x(t), x(t), t)]dt =
=
_
I
[
x
L(x(t), x(t), t).h(t) +
x
L(x(t), x(t), t).

h(t)]dt +O(h
2
) =
= F
x
(h) + R
x
(h).
Lespressione nale del dierenziale si ottiene tramite un integrale per parti.
_
I

x
L(x(t), x(t), t).

h(t)dt =
=
_
I
(d(
x
L(x(t), x(t), t)/dt).h(t)dt +
x
L(x(t), x(t), t).h(t)[
t
1
t
0

40
Denizione di estremale.
Un moto x `e estremale per il funzionale dierenziabile se il dierenziale
F
x
`e identicamente nullo.
Nota.
Si possono considerare moti estremali sullo spazio di moti condizionati in
qualche modo.
Teorema.
Consideriamo il funzionale di azione di cui sopra, ristretto ai moti di es-
tremi ssati: x(t
0
) = x
0
, x(t
1
) = x
1
per cui una qualunque variazione h del
moto sar`a nulla agli estremi: h(t
0
) = h(t
1
) = 0. Allora, condizione neces-
saria e suciente perch`e x(t) sia estremale di `e che soddis alle equazioni
di Eulero-Lagrange:

x
L(x(t), x(t), t) (d(
x
L(x(t), x(t), t))/dt) = 0, (37)
per ogni t con t
0
t t
1
.
Dimostrazione.
La sucienza `e ovvia perch`e per lipotesi di estremi ssi nel dierenziale
non compaiono i contributi agli estremi ed inoltre si annulla identicamente
lintegrando dellintegrale che denisce il dierenziale. Per la necessit` a con-
sideriamo un
Lemma:
Sia data una funzione continua f(t) denita sulintervallo compatto I =
[t
0
, t
1
], e sia
_
I
f(t)h(t)dt = 0 per qualunque funzione h dierenziabile denita
su I che si annulla agli estremi: h(t
0
) = h(t
1
) = 0.
Dimostrazione del Lemma.
Dimostriamo che la f si annulla in tutti i punti interni di I. Per continuit` a
il risultato si estende a tutto I.
Supponiamo per assurdo che f(t

) ,= 0 per un t

, t
0
< t

< t
1
. Supponiamo
in particolare, senza perdere generalit` a, che f(t

) > 0, per cui esister` a un


intorno di t

: I

= (t

, t

+), > 0 in I su cui la f si mantiene maggiore


di f(t

)/2 > 0. Prendiamo la h non negativa e non nulla, avente supporto


I

, maggiore di 2/f(t

) in (t

/2, t

+ /2). Si ha quindi che lintegrale


_
I
f(t)h(t)dt > > 0 in contraddizione con lipotesi che sia nullo. Si ha
quindi che il Lemma `e dimostrato.
41
Continuiamo la dimostrazione del Teorema. Si tratta di dimostrare che se
lintegrale:
F
x
(h) =
_
I
[
x
L(x(t) (d(
x
L(x(t), x(t), t)/dt)].h(t)dt,
`e nullo per qualunque h continua che si annulla agli estremi, allora devono
valere le equazioni di Eulero-Lagrange.
Cominciamo col scegliere una h con tutte le componenti nulle, tranne una:
h
j
(t) 0, j ,= l, in modo da ridurre lintegrale ad un integrale unidimension-
ale, e chiamiamo
f(t) =
x
l
L(x(t), x(t), t) (d(
x
l
L(x(t), x(t), t))/dt),
e h(t) = h
l
(t), per cui diventa evidente che possiamo dimostrare, tramite il
precedente Lemma , che f(t) `e identicamente nulla. Essendo questo provato
per ogni l si prova il Teorema.
Nota 1. Il fatto che un moto x sia estremale per un funzionale , `e una pro-
priet` a intrinseca del moto e non dipende dalla scelta delle coordinate.
Nota 2. Ricordiamo che, se in un problema conservativo non vincolato,
prendiamo:
L(x, x, t) = T(x, x) V (x), le equazioni di Newton coincidono con quelle di
Eulero-Lagrange, ed il principio variazionale del funzionale di azione diventa
il principio di variazionale di Hamilton.
Nota 3. Il principio di minima azione con estremi ssi equivale alle equazioni
di Eulero-Lagrange con condizioni agli estremi. Rispetto al problema di
Cauchy per le stesse equazioni, il principio variazionale pone lo stesso numero
di condizioni 2n, ma non `e equivalente. Il problema delle equazioni dieren-
ziali con condizioni agli estremi, anche se sono soddisfatte tutte le condizioni
di regolarit`a del teorema di Picard pu` o non avere soluzione o averne pi` u di
una.
Esempio 1. Consideriamo il caso di una particella libera: L = (m/2) x
2
. Le
equazioni corrispondenti si integrano immediatamente, e danno la costanza
della velocit`a: x(t) := v = (x
1
x
0
))/(t
1
t
0
) univocamente denita dalle con-
dizioni agli estremi con x
0
,= x
1
. Il moto lagrangiano `e univocamente denito
da: x(t) = x
0
+tv. Quindi in questo caso si ha sempre la soluzione unica.
Esempio 2. Consideriamo il caso di una particella vincolata su una sfera di
raggio 1. La lagrangiana `e L = (m/2)(

2
+sin
2

2
). Le equazioni corrispon-
denti sono:

(t) = c, 2

(t) = c
2
sin(2(t)). Supponiamo ovviamante che il
42
punto iniziale sia diverso da quello nale, ma che non sia neppure ai suoi
antipodi. Allora possiamo scegliere le coordinate polari sulla sfera in modo
tale che si abbia 0 < (
1

0
) < , e
1
=
0
. Segue che c = 0 e:

(t) = c
1
.
Ci sono due valori possibili di c
1
corrispondenti a due traiettorie sul cerchio
massimo passante per i due punti estremi. Uno vale c
1
= (
1

0
)/(t
1
t
0
),
laltro: c
1
= (
1
2
0
)/(t
1
t
0
). Nel caso particolare dei punti estremi posti
agli antipodi, si hanno le stesse soluzioni in con (
1

0
) = , ma succede
anche che langolo non `e denito e quindi ci sono innite soluzioni aventi
per traiettorie i meridiani (avendo posto i punti estremi ai poli). Quindi in
questo problema la soluzione del principio variazionale non `e mai unica. Co-
munque, si pu`o sempre scegliere un arco di geodetica di lungezza minima
in assoluto.
Gli antichi conoscevano bene la metrica sulla sfera, che usavano per deter-
minare la distanza tra i punti della sfera celeste, ma sapevano anche che la
sfera era immersa nello spazio euclideo R
3
ed hanno scelto di sostituire la
metrica sulla sfera per misurare un arco di geodetica con quella in R
3
per
misurare la corda univoca che unisce i due punti della sfera. Notare che la
terminologia di arco, e quindi di corda, viene direttamente dallarma omon-
ima. Poi, hanno preferito usare la met` a della corda: il seno dellangolo
moltiplicato per il raggio: erano nate le funzioni trigonometriche, croci
e delizie di generazioni di studenti. Sembra che la parola seno derivi dalla
parola indiana per corda, j

iva, riportata in arabo come giuba=cavit`a, e


tradotta in latino come sinus.
Esempio 3.
Torniamo al funzionale lunghezza della traiettoria di un moto
1
(x) denito
precedentemente, nel caso di un singolo punto materiale. Possiamo restringerci
ai moti con velocit`a sempre diversa da 0. Il principio variazionale porta alle
equazioni: x(t)/[ x(t)[ = t(t) (x
1
x
0
)/[x
1
x
0
[ che sono le equazioni della
retta passante per gli estremi. Le equazioni non impongono nulla sulla legge
oraria del moto. Quindi il moto estremale non `e unico mentre la traiettoria
estremale (geodetica passante per i due punti) `e unica (Archimede).
Generalizziamo il problema variazionale delle geodetiche su una variet` a rie-
manniana (Gauss 1827, Bernhard Riemann 1854) di dimensione l > 0 e
metrica locale (8):
ds
2
=

j,k
g
jk
dq
j
dq
k
:= g
jk
dq
j
dq
k
, 0 < j, k l
43
in coordiante lagrangiane sulla variet` a. Il funzionale della lunghezza di un
arco di curva con estremi ssati Q ,= Q
1
, `e dato da
A() =
_

ds =
_
I
L(q(t), q(t))dt, L(q, q) =
_
g
jk
(q) q
j
q
k
> 0, per q ,= 0,
dove t `e un parametro qualunque dellarco descritto dai moti q(t) in un
tempo = [I[ = [t
+
t

[. La matrice della metrica riemanniana (8) `e


simmetrica e positiva:
G = (g
jk
)
jk
= G
T
, ds
2
=< dq, Gdq >= L
2
dt
2
> 0, per dq ,= 0.
Gli estremali sono dati dalle l equazioni di E-L per lagrangiana L > 0:

q
n
L
t
g
nk
q
k
L
=
n
L
1
2L
(
n
g
kj
) q
j
q
k
, dove
n
=
q
n
,
ovvero, dividendo per L > 0,
1
L

t
g
nk
(
1
L

t
q
k
)
1
2
[
n
g
kj
]
1
L
[
t
q
j
]
1
L

t
q
k
= 0.
Conviene riferirsi alla parametrizzazione naturale della curva, cio`e usare il
parametro s invece del parametro arbitrario t, con ds = Ldt,
t
= L
s
, per
cui le equazioni di E-L diventano:

s
(g
nk

s
q
k
)
1
2
[
s
q
k
][
n
g
kj
]
s
q
j
= 0,
g
nk

2
s
q
k
+ (
s
g
nk
)
s
q
k

1
2
[
n
g
kj
][
s
q
j
]
s
q
k
= 0, 0 < n l,
g
nk
v

k
+ g

nk
v
k

1
2

n
v
k
g
kj
v
j
= 0, 0 < n l,
dove abbiamo usato le notazioni:
q

(s) :=
s
q(s) := v(s), v

(s) := q

(s),
e lindipendenza delle v dalle q:
n
v
j
(s) = 0. Sviluppando il termine
g

nk
:=
s
g
n,k
(q) = q

j
g
n,k
(q) := v
j

j
g
n,k
,
si ottiene:
g
nk
v

k
+
1
2
2v
j

j
g
nk
v
k

n
v
k
g
kj
v
j
= 0, 0 < n l,
44
ovvero, in termini vettoriali;
Gv

+
1
2
2 < v,
q
> Gv
q
< v, Gv > = 0, 0 < n l. (38)
Dalla (38), moltiplicando a sinistra per linversa della matrice metrica
riemanniana positiva G = G(q), otteniamo:
v

+
G
1
(q)
2
2 < v,
q
> G(q)v
q
< v, G(q)v > = 0,
v = v(s) = q

(s), v

(s) = q

(s). (39)
Questo sistema di equazioni del secondo ordine, `e il sistema di equazioni
delle geodetiche contenente i simboli di Christoel (Elwin Bruno Christof-
fel 1869, Tullio Levi-Civita 1917), il tensore del terzo ordine (
n
jk
(q))
njk
:
v

n
+ < v,
n
(q)v >= 0,
(
n
)
j,k
(q) = (
n
)
j,k
=
n
jk
=
g
nm
2

j
g
mk
+
k
g
mj

m
g
kj
, 0 < n l,(40)
dove
g
nm
= (G
1
)
nm
, v
j
= v
j
(s) = q

j
(s), v

n
(s) = q

n
(s) .
Ricordiamo che queste equazioni sono della massima importanza in quanto,
come gi` a intuito da Riemann (Bernhard Riemann 1854), lintero universo
spazio-temporale potrebbe essere considerato una variet` a riemanniana (con
matrice G non necessariamente positiva) di dimensione l = 4.
3.2 Equivalenza del principio di dAlembert, il princi-
pio di minima azione condizionato e le equazioni
di Eulero-Lagrange.
Poich`e il principio di minima azione `e indipendente dalla scelta delle coordi-
nate, `e adatto a trattare il pricipio di dAlembert che si semplica partico-
larmente per una scelta di coordinate Q che si riducano a coordiante locali
45
q sulla variet` a M(t) imposta dai vincoli. Si ha quindi il Teorema:
Teorema di equivalenza tra il principio di dAlembert, le equazioni
di Eulero-Lagrange e il principio variazionale di Hamilton.
Consideriamo un sistema meccanico con moti vincolati su una variet`a M(t).
Sia dato il funzionale (x) denito dalla lagrangiana: L(x(t), x(t), t), dove i
moti x(t) sono condizionati a stare sulla variet`a M(t), a t b. Sia:
F
a
(t)

P(t) =
x
L(x(t), x(t), t)
d
x
L(x(t), x(t), t)
dt
.
Un punto estremale x(t) M(t) di (42):
(x) =
_
I
L(x(t), x(t), t)dt =

(q) =
_
I
L

(q(t), q(t), t)dt


per variazioni h(t) T
x(t)
M
t
nulle agli estremi di I, soddisfa al principio
di dAlembert (Traite de Dynamique 1743):
(F
a
(t)

P(t)).x(t) = 0, se x(t) T
x(t)
M(t), a t b. (41)
Inoltre, il moto corrispondente q(t) nelle variabili lagrangiane, soddisfa alle
equazioni di E-L, dove la lagrangiana L

`e scritta in funzione delle variabili


lagrangiane (42). Si ha quindi lequivalenza del principio di dAlembert,
del principio variazionale di Hamilton condizionato, del principio
variazionale di Hamilton nelle variabili lagrangiane e del sistema
di equazioni di Eulero-Lagrange
Dimostrazione
Supponiamo che sia x(t) = X(q(t), t) se x(t) appartiene alla variet` a M(t). I
moti condizionati sono esprimibili nelle coordinate locali tramite le funzioni
inverse alle X a t ssato: q
j
(t) = Q
j
(x(t), t); j = 1, .., n. Le velocit` a potssono
esprimersi nella forma
x(t) =

q
j
X(q(t), t) q
j
(t) +
t
X(q(t), t) = V(q(t), q(t), t),
ed in generale non appartengono allo spazio tangente perch`e la variet`a
dipende dal tempo.
Quindi, la lagrangiana denita sui moti, condizionati a stare sulla variet`a,
nel senso che x(t) M(t), per qualunque t I, si pu`o esprimere nella forma:
L(x(t), x(t), t) = L(X(q(t), t), V(q(t),

q(t), t), t) = L

(q(t),

q(t), t). (42)
46
Il funzionale condizionato, cio`e denito sui moti compatibili con i vincoli,
coincide semplicemente con il funzionale denito sulla L

senza condizion-
amenti. La variazione h dei moti `e un qualunque vettore dello spazio
tangente o spostamento virtuale, esprimibile nelle variazioni delle vari-
abili lagrangiane:
h(t) = x(t) =

q
j
X(q(t), t)q
j
(t), (43)
senza nessun condizionamento su q
j
(t), tranne lazzeramento agli estremi.
Il Teorema `e provato se il dierenziale risulta esprimibile in termini che de-
vono essere nulli per il principio di dAlembert . In eetti si ha, nelle
coordiante originali x:
F
x
(h) =
_
t
1
t
0
(F
a
(t)

P(t)).x dt, (44)
dove si sono seguiti i soliti passaggi per ottenere lespressione nale del dif-
ferenziale del funzionale. Lintegrando in (45), `e nullo per il principio
di dAlembert (41), e quindi deve valere il principio variazionale con-
dizionato.
Passando dal principio di dAlembert al principio variazionale condizionato
nelle variabili dello spazio x, si arriva al principio variazionale non con-
dizionato nelle variabili lagrangiane, e quindi al sistema di equazioni di
Eulero-Lagrange. Infatti il principio variazionale vale in senso globale
e non dipende dalla scelta delle coordinate. In particolare, il moto
q(t) nelle variabili lagrangiane, corrispondente al moto x(t), deve essere es-
tremale per il funzionale non condizionato:

(q) =
_
I
L

(q(t), q(t), t)dt,


cio`e deve essere:
F

q
(q) =
_
I
[
q
L

(q(t), q(t), t) (d(


q
L

(q(t), q(t), t)/dt)] . q(t)dt = 0, (45)


e quindi debbono valere le equazioni di Eulero-Lagrange per la lagrangiana
L

nelle coordiante lagrangiane:

q
j
L

(q(t), q(t), t) (d(


q
j
L

(q(t), q(t), t)/dt) = 0. (46)


47

Ceux qui aiment lAnalyse, verront avec plaisir la Mecanique en devenir une
nouvelle branche ... Quelli che amano lanalisi vedranno con piacere che la
meccanica ne `e diventata una nuova branca...
J.L. Lagrange: Mecanique Analytique, Tome premier, Avertissment,
Courcier (1811) Paris.
3.3 Richiami di meccanica lagrangiana
Nel caso conservativo ed in assenza di vincoli, questi formalismi della mecca-
nica sono equivalenti a quello di Newton. Consideriamo un punto materiale
nella variet`a dierenziabile M di dimensione n. Pensiamo di poter descrivere
tutto tramite una sola carta nelle variabili q R
n
, ponendo inizialmente
per semplicit`a n = 1. Supponiamo che la legge di forza sia dierenziabile,
posizionale e conservativa (per n = 1 una legge di forza posizionale `e an-
che conservativa). Si ha quindi f(q) =
q
V (q), dove lenergia potenziale
V (q) `e denita a meno di una costante addittiva. Per semplicit` a facciamo
sempre riferimento a
t = 0,
anche se dobbiamo variare t per denire le derivate. Il moto q = q(t, q) di un
punto materiale di massa positiva costante m > 0, con v = v(t) = dq(t, q)/dt,
soddisfa allequazione di Newton:
ma = m
dv(t)
dt
=
q
V (q).
Se deniamo funzione lagrangiana
L(q, v) = T(v) V (q) = (mv
2
/2) V (q),
lequazione del moto di Newton diventa lequazione di Eulero-Lagrange:
dp(q, v)
dt
= p =
dp(t)
dt
=
q
L(q, v), (47)
48
dove si denisce impulso
p(q, v) =
v
L(q, v).
Si suppone che la
p(v) =
v
L(v) (48)
per qualunque valore delle q ssate, sia invertibile per la convessit`a di
L(v) e si abbia univocamente v = v(p) = v(p, q). Dato un moto q = q(t) di
ha il moto di p: p(t) = p
q
(t) := p(q(t), q(t)).
Denizione
Chiamiamo costante del moto una grandezza sica f = f(q, q, t), tale che
la funzione f(t) = f
q
(t) := f(q(t), q(t), t) `e costante

f = 0, se q(t) `e un
moto reale, cio`e soddisfa alale equazioni del moto di E-L.
3.4 Simmetrie e leggi di conservazione: il Teorema di
Noether.
Denizione. Consideriamo un sistema lagrangiano autonomo scleronomo
(L, M), supponendo di potere denire tutto quanto ci serve in un unico sis-
tema di coordinate q R
l
.
Quindi deniamo tutto nello spazio delle congurazioni R
l
con variabili
cartesiane q. gruppo dierenziabile ad un parametro di dieomor-
smi detto usso di simmetria: g = g
s

s
, (g
s
: R
l
R
l
), per cui
valgono le propriet` a di gruppo:
g
0
= 1, g
s
1
g
s
2
= g
s
2
g
s
1
= g
s
1
+s
2
.
Sia q
s
= g
s
(q), un moto generato dalla simmetria e v(q) :=
s
g
s
(q)[
s=0
=

s
q
s
[
s=0
, il campo di velocit`a della simmetria nello spazio delle cong-
urazioni R
l
.
Deniamo, per q(0) R
l
ssato, un moto composto con il usso di
simmetria:
q
s
(t) = g
s
(q(t)) con q
s
(0) = g
s
(q(0)), v(q(t)) =
s
q
s
(t)[
s=0
,
per cui si ha:
v( q(t)) =
s
q
s
(t)[
s=0
=
s

t
q
s
(t)[
s=0
=
t

s
q
s
(t)[
s=0
= v(q(t)). (49)
49
Per ipotesi, il gruppo dierenziabile g = g
s

s
`e ammissibile, nel senso che
la lagrangiana dierenziabile `e simmetrica, cio`e il usso di simmetria lascia
invariata la lagrangiana:
L(q(t),

q(t)) = L(q
s
(t), q
s
(t)), s, t R,
dove il moto q(t) `e un moto reale, cio`e soddisfa le equazioni di E-L.
Teorema di Noether nel formalismo lagrangiano.
Se un sistema lagrangiano dierenziabile ammette una simmetria dieren-
ziabile: g = g
s

s
, allora esiste una costante del moto: il prodotto
scalare dellimpulso per il campo di velocit`a della simmetria nello
spazio delle congurazioni:
K(p, q) = v(q) . p, dove p = p(q, q) =
q
L(q, q), v(q) =
s
q
s
[
s=0
. (50)
Dimostrazione. Per ogni moto reale q(t), e per ogni t, la lagrangiana non
dipende da s: L(q(t), q(t)) = L(q
s
(t), q
s
(t)), per cui si ha:
0 =
s
L(q
s
, q
s
)[
s=0
= v(q).
q
L(q, q) + v( q).
q
L(q, q) =
= v(q). p + v(q).p =

K(p, q),
dove abbiamo usato la (49) e le equazioni di Eulero-Lagrange:

q
L(q, q) = p.
Nota
Ci sono delle simmetrie che coinvolgono anche il tempo e che qui non sono
considerate. I sistemi con legge di forza omogenea godono di queste sim-
metrie come evidenziato nel caso del sistema di Keplero. Ci sono poi delle
simmetrie nascoste che riguardano lintero spazio delle fasi. Queste simme-
trie verranno considerate a proposito del teorema di Noether nel formalismo
hamiltoniano.
Esempio. Sia g
s
(q) = q + se
1
, il gruppo delle traslazioni di q
1
. In questo
caso v(q) = e
1
, e la costante del moto corrispondente `e
K(p, q) = v(q).p = p
1
.
50
In questo caso la simmetria della lagrangiana coincide con la non dipendenza
della stessa da q
1
(detta variabile ciclica), per cui si ha la conservazione
dellimpulso coniugato p
1
, come sappiamo.
3.5 La trasformata di Legendre.
Sia data una funzione f(x) reale convessa di classe C
2
(R) con f

:= v

> 0
(`e perfettamente analogo supporre la concavit`a con f

< 0), allora, per un


qualunque p R, anche
f
p
(x) = f(x) xp
`e reale convessa.
Allora esiste la trasformata di Legendre di f, data dalla funzione: g =
L(f), denita da
L(f)(p) = g(p) = max
x
f
p
(x), (51)
per qualunque p R. Si noti che il massimo `e unico per la concavit`a della
f
p
.
Infatti, un punto di stazionariet`a `e dato in ogni punto p dalla funzione
x(p) che soddisfa allequazione
df
p
( x(p))
dx
=
df( x(p))
dx
p = v( x(p)) p = 0, v( x(p)) = p (52)
ovvero:
x(p) = v
1
(p), v

(x)[
x= x(p)
x

(p) = 1, v

( x(p)) = f

( x(p)) =
1
x

(p)
. (53)
Si noti che la nuova variabile p `e la derivata
f

(x) := v(x) (54)


calcolata nel punto di massimo x = x(p) della f
p
(x).
La funzione
x(p) = v
1
(p)
51
`e univocamente denita per linvertibilit`a per la condizione di convessit` a
v

(x) > 0, e si tratta di un punto di massimo per la concavit` a della f


p
.
Quindi,
g(p) = f
p
( x(p)) = f( x(p)) + p x(p) = f(v
1
(p)) + pv
1
(p). (55)
La convessit`a della g, si dimostra in due passaggi, usando la (54):
w(p) := g

(p) = v(v
1
(p)) (v
1
(p))

+ p(v
1
(p))

+v
1
(p) =
= v
1
(p) = x(p), (56)
da cui si ottiene, anche per la (53):
g

(p) = x

(p) =
1
f

(x)
x= x(p)
> 0.
Riessivit`a della trasformata di Legendre.
Sia data la funzione convessa f. Deniamo la trasformata:
g(p) = max
x
(f
p
(x)) = f
p
( x(p)) = x(p)p f( x(p)) (57)
dove la famiglia di funzioni f
p
(x) `e concava in x ed ha il punto di massimo
per parametro x = x(p), denito dalla condizione:
df
dx
( x(p)) = p. (58)
Chiamiamo
g
x
(p) = g(p) xp = f( x(p)) + ( x(p) x)p,
che risulta una funzione convessa come g(p). La trasformata di Legendre di
g(p), = L(g):
(x) = max
p
(g
x
(p)) = g
x
( p(x)) = f( x( p(x))) ( x( p(x)) x) p(x). (59)
dove
w( p(x)) := g

(p)[
p= p(x)
= x, p(x) = w
1
(x). (60)
52
Confrontando con la (56), si ha lequazione:
p(x) = ( x)
1
(x), (61)
che possimo usare nella (59), ottenendo il risultato dellinvoluzione:
:= L(L(f)) = f.
Per la dimostrazione geometrica, consideriamo la famiglia di funzioni lineari
in x a p = P ssato (57):
g
x
(P) = xP g(P) = (x x(P))P +f( x(P)),
che ha per graco una retta di pendenza P che `e tangente al graco
della funzione f(x) nel punto X = x(P) dove vale appunto f(X) e dove
il graco della f ha la stessa pendenza (58). Inoltre, il graco della retta a
x = 0 vale g(P).
Fissiamo ora x = X e variamo p. Per la covessit`a della f(x), le rette tangenti
si trovano tutte sotto af graco della f(x), tranne quella che `e tangente in
X, dove vale esattamente f(X).
Quindi si ha linvoluzione:
(X) = max
p
(g
X
(p)) = g
X
( p(X)) = (X x( p(X)))p+f( x( p(X))) = f(X),
dove abbiamo usato il fatto che x( p(X)) = X, cio`e lequazione p(x) = x(p)
1
.
Il graco della f(x), per x R, `e la curva denita dallinviluppo delle
rette tangenti date dai graci delle funzioni g
p
(x)
pR
.
Per la funzione f e la sua trasformata di Legendre g, vale la diseguaglianza
di Young:
xp f(x) g(p), ovvero, xp f(x) + g(p),
per qualunque (x, p) R
2
.
Si ha unaltro risultato utile.
Proposizione.
Se f

(x) `e una famiglia di funzioni convesse di x, dipendente in modo regolare


53
dalla variabile , allora, la famiglia di trasformate di Legendre cambiate
di segno g

(p) dipende dalla variabile allo stesso modo:


g

(p)

=
f

(x)

[
(x= x

(p))
(62)
in qualunque punto (p, ), dove x

(p) `e univocamente denito dalla solita


condizione di minimo (63):
f

( x

(p))
x
p = 0. (63)
Dim. Infatti, per denizione, si ha:
g

(p) = f

( x

(p)) x

(p)p,
e quindi, derivando:

(p)

= (
f

( x

(p))
x
p)
x

(p)

+
f

(x)

[
(x= x

(p))
=
f

(x)

[
(x= x

(p))
,
per la (63) .
Nota
Il risultato si estende alle funzioni concave con f

(x) < 0, solo che i minimi


si scambiano con i massimi.
Tutto quello che abbiamo detto sulla trasformata di Legendre si estende senza
cambiamenti di notazioni al caso multidimensionale: x R
l
. La convessit` a
signica che la matrice hessiana `e denita positiva in ogni punto:

T
x
f(x) > 0.
Per ogni p R
l
`e denita la funzione f
p
(x) = f(x) p.x, e si denisce il
punto di massimo tramite le funzioni x : R
l
R
l
, con

x
f( x(p)) = p.
54
3.6 Spazio delle fasi. Forma canonica del sistema di
equazioni del moto
La funzione lagrangiana `e generalmente del tipo
L(q, q, t) = T(q, q, t) V (q, t),
dove
T(q, q, t) =< q, M(q, t) q >,
`e una forma quadratica denita positiva nelle q. Si denisce funzione
hamiltoniana la trasformata di Legendre nelle q = x a q = Q,t = T ssate,
della lagrangiana, sapendo che `e una funzione convessa delle velocit`a,
L(Q, q, T) = f( q) = f(x), f

(x) > 0, g(p) = p. x(p) f( x(p)),


f

( x(p)) = p, g

( p(x)) = x (64)
dove p = ( x)
1
`e univocammente denita, essendo p(x) =
x
f(x). Variando
le q, e la t e ponendo x = q, si ha formalmente:
p(q, q, t) =
q
L(q, q, t), H(p, q, t) = g(p) = p. x(p) f(q, x(p), t), (65)
Se introduciamo la dipendenza dal tempo, la nota relazione (nelle nuove
variabili) x(p) =
p
g(p) diventa:
q =
p
H(p, q, t), (66)
che `e una parte del sistema di equazioni canoniche del moto.
Nello spazio delle fasi
R
n
, n = 2l,
usiamo le variabili x = (p, q) per cui i moti sono indicati con le notazioni
x(t) = (p(t), q(t)).
Si ottiene il sistema di equazioni canoniche del moto:
dq(t)
dt
=
p
H(p(t), q(t), t),
dp(t)
dt
=
q
H(p(t), q(t), t), (67)
55
dove il secondo sistema di equazioni corrrisponde al sistema di equazioni
di Eulero-Lagrange nella nuova funzione e nelle nuove variabili (62)
ed il primo sistema di equazioni corrisponde alla (56). Il sistema di equazioni
canoniche del moto si esprime in in forma vettoriale:
dx(t)
dt
= I
x
H(x(t), t) := v(x(t), t), ovvero, x = I
x
H(x, t) := v(x, t), (68)
dove
I = I
T
=
_
0
l
1
l
1
l
0
l
_
.
Proposizione: se lhamiltoniana non dipende dal tempo, `e una
costante del moto
Infatti:
dH(x(t))
dt
=<
x
H(x(t)),
dx(t)
dt
>=<
x
H(x(t)), I
x
H(x(t)) >= 0,
perch`e il valor medio di una matrice antisimmetrica I = I
T
`e sempre
nullo per la simmetria del prodotto scalare:
< v, Iv >=< I
T
v, v >= < Iv, v >= < v, Iv >= 0.
Si noti che nei casi semplici, totalmente indipendenti dal tempo, H = T +V
`e anche lenergia totale.
Nota 3. Nel caso autonomo senza vincoli lhamiltoniana coincide con lenergia
totale. Si noti che `e possibile che lhamiltoniana non dipenda dal tempo in un
caso di vincoli reonomi per cui lhamiltoniana pu`o essere una costante
del moto diversa dalla energia totale.
Nota 4. Nel formalismo hamiltoniano `e pi` u immediato vedere che a coordi-
nate cicliche corrispondono impulsi conservati. Infatti se
q
j
H(q, p, t) 0
una delle equazioni canoniche impone che p
j
(t) 0.
Sia dato un sistema hamiltoniano (68), ed A aperto connesso invariante
del moto, tale che per ogni X A R
n
, esistono le soluzioni globali in A
per la condizione iniziale: x = x
X
(t), x
X
(0) = X A, soluzioni che dipen-
dono in modo dierenziabile dalle condizioni iniziali. Allora, per ogni
tempo ssato t = b, deniamo la mappa
S(x) = S
b
(x) := x
x
(b), S : A A.
56
Linsieme delle mappe a tutti i tempi reali `e un gruppo dierenziabile
ad un parametro detto usso hamiltoniano. Infatti:
S
0
(x) = x, S
s
(S
t
(x)) = x
x(t)
(s) = x
x(s)
(t) = x(s +t) = S
s+t
(x),
S
t
, S
t
= S
1
t
: A A,
per cui la mappa `e sempre invertibile e denita su tutto A.
Osservazione
`
E possibile che A coincida con R
n
. Se H ha un punto singolare x in cui
[
x

T
x
H( x)[ = 0,
di massimo locale o di esso, vi sono delle separatrici che partono da
questo punto e dividono lo spazio delle fasi in regioni invarianti A
k
del
tipo considerato sopra. Queste regioni si possono ulteriormente dividere
in regioni pi` u piccole tramite condizioni invarianti, ad esempio:
A
k
(a, b) = x A
k
; a < H(x) < b, a, b R.
3.7 Teorema di Liouville sullinvarianza dei volumi
Sia dato un sistema hamiltoniano con hamiltonianna H(x) in R
n
con usso
hamiltoniano dierenziabile denito su tutto lo spazio delle fasi R
n
per
ogni t R:
S
t

tR
; S
t
(x) = x +tv(x) + O(t
2
), v(x) = I
x
H(x), t 0.
Allora il fusso S
t
conserva i volumi nello spazio delle fasi. Pi` u precisa-
mente, se B `e un compatto misurabile dello spazio delle fasi R
n
, di vol-
ume positivo [B[ =
_
B
dx > 0, e deniamo S
t
(B) = B
t
, limmagine di B
della mappa S
t
, per qualunque t R, B
t
`e misurabile con volume costante:
[B
t
[ = [B[.
Dimostrazione.
Facciamo la dimostrazione per t piccolo, cio`e dimostriamo che
d[B
t
[
dt
[
t=0
= 0.
57
Per le propriet`a di gruppo, chiamando y = S

(x), si ha,
S
t+
(y) = S
t
(S

(y)) = S
t
(x),
e la dimostrazione si estende a tutto t R.
Deniamo la matrice dierenziale hessiana:
O = (
j

k
)
j,k
=
x

T
x
.
Deniamo in ogni punto x R
n
ssato, la famiglia ad un parametro di
matrici jacobiane
J
t
(x) = (
x
S
t
(x)
T
)
T
= 1 +tG(x) + O(t
2
), t 0, (69)
dove G(x) = (
x
v(x)
T
)
T
= (
x
(I
x
)
T
)
T
H(x) = (OI
T
)
T
H(x) = AH(x),
dove A = IO, ricordando che I `e costante, e quindi commuta con la matrice
dierenziale O. A `e una matrice antisimmetrica:
A
T
:= (IO)
T
= O
T
I
T
= OI = IO = A.
Per la propriet` a della traccia: trM = trM
T
, la traccia di una matrice an-
tisimmetrica `e nulla: tr(A) = tr(A) = tr(A) = 0. In questo caso la
tr(A) `e un operatore dierenziale identicamente nullo, per cui tr(A)H = 0.
Quindi G(x) ha traccia nulla per ogni x R
l
: Infatti, essendo G = AH, si
ha:trG = tr(A)H = 0.
Si noti che, essendo
tr(G) =

x
j
v
j
(x) = div v(x) = 0
si pu` o usare il teorema di Gauss per dimostrare che il usso hamiltoniano
totale attraverso la supercie di un compatto B `e nullo al primo ordine in
t. Noi usiamo un modo leggermente diverso ma equivalente per dimostrare
il teorema.
Si ha quindi, per ogni x R
n
, il gruppo ad un parametro di matrici jaco-
biane, generate dalla matrice a traccia nulla G(x), ciascuna di determi-
nante, detto jacobiano della trasformazione, unitario:
J
e
t
(x) = exp(tG(x)) SL(n, R), j
e
t
(x) := [J
e
t
(x)[ 1, t R, x R
n
,
58
J
e
t
(x) = 1 + tG(x) + O(t
2
), j
e
t
(x) = 1 = [1 + tG(x)[ +O(t
2
), per t 0,(70)
uniformemente sul compatto B, ed il usso hamiltoniano conserva i
volumi poiche (70), (69),
j
t
(x) := [J
t
(x)[ = [1 +tG(x)[ +O(t
2
) = j
e
t
(x) +O(t
2
) = 1 +O(t
2
) per t 0,
uniformemente sul compatto B.
Il volume di B
t
pu` o essere calcolato tramite la trasformazione di variabili
y(x) = S
t
(x) e lo jacobiano della trasformazione j
t
(x):
[B
t
[ =
_
B
t
dy =
_
B
dy(x) =
_
B
det(
x
k
y
j
(x))dx =
_
B
j
t
(x)dx.
Si dimostra quindi che la derivata del volume a t = 0 `e nulla:
d[B
t
[
dt
[
t=0
= lim
t0
1
t
_
B
(j
t
(x) 1)dx = lim
t0
[B[
t
O(t
2
) = 0.
Per la propriet`a di gruppo di S
t
, si dimostra che la derivata `e nulla per tutti
i t R.
Corollario
In un sistema hamiltoniano, un punto singolare x
0
in cui si annulla il
gradiente dellhamiltoniana:

x
H(x
0
) = I
x
H(x
0
) := v(x
0
) = 0,
`e un punto sso, con moto stazionario: x(t) = x(0) = x
0
.
Denizione
Un punto sso `e stabile se per ogni > 0 esiste un > 0 tale che ogni
moto reale y(t) soddisfa alal condizione: [y(t) x
0
[ < per ogni t R,
se [y(0) x
0
[ < . Un punto sso x
0
`e asintoticamente stabile se vale
anche la condizione: [y(t) x
0
[ 0 per t +.
`
E possibile che il punto sso sia stabile, ma non asintoticamente stabile
nel senso di Lyapunov. Infatti, se fosse asintoticamente stabile, un intorno
aperto limitato di x
0
tenderebbe ad x
0
per t , violando la conservazione
del volume.
59
3.8 Analisi statistica di un moto deterministico con-
nato: teorema del viriale.
Consideriamo il sistema costituito da una singola particella non vincolata
in campo di forze conservativo di energia potenziale V (x). Lenergia cinetica
`e
T =
m
2
( q)
2
=
p
2
2m
.
Lequazione del moto `e
p = f =
x
V.
Sia B una regione compatta dello spazio delle fasi invariante per il
usso hamiltoniano: S
t
B = B per ogni t R.
Consideriamo quindi la grandezza sica (detta viriale):
G = x.p
che `e uniformemente limitata sul compatto B dello spazio delle fasi. Si
ha:

G = x.p +x. p = p
2
/m+x.f = 2T x.V.
Se prendiamo il valor medio nel tempo della derivata temporale di G, si ha:
<

G >:= lim

(1/)
_

0

Gdt =
= lim

(1/)(G() G(0)) = 0 = 2 < T > < x.V > . (71)


Quindi il teorema del viriale dice che nelle condizioni di cui sopra,
< T >=
< x.V >
2
.
Supponiamo ora che V (x), per una scelta opportuna dellorigine e della
costante addittiva, sia una funzione dierenziabile omogenea di grado
j ,= 0 in x, per cui
V (x) =
j
V (x),
allora si ha:
x.V (x) = jV (x). (72)
60
Infatti, basta vericare che per = 1+, al primo ordine in vale lequazione:
V (x+x) = V (x) +x.V (x) +O(
2
) = (1+)
j
V (x) = (1+j)V (x) +O(
2
)
Quindi in questo caso, per dati iniziali in B, si ha:
< T >= (j/2) < V > .
Nel caso delloscillatore armonico attrattivo, V (x) =

j
k
j
x
2
j
, k
j
> 0,
abbiamo la validit` a del teorema e luguaglianza
< T >=< V >
che rispecchia la sostanziale simmetria del problema nello scambio delle x
con le p.
Nel caso di Keplero, V (x) = k/r, abbiamo < T >= (1/2) < V >,
< V >= 2 < T >, da cui,
E =< T > + < V >=< T > 2 < T >= < T >,
in accordo con il fatto che il potenziale allinnito `e nullo e solo per energia
negativa si ha il moto connato in una regione nita. In realt`a, nel caso di
Keplero il potenziale non `e inferiormente limitato per cui il risultato vale si-
curamente solo nel caso di momento angolare diverso da 0. Infatti, come
vedremo in seguito, nel caso di momento angolare non nullo, si ha unorbita
chiusa che resta sempre a distanza nita dal punto in cui diverge il poten-
ziale.
Nel caso di momento angolare nullo il problema dinamico non `e com-
pleto, cio`e non sono univocamente denite le traiettorie globali. Se per` o
ci scordiamo del fatto sico dellimpatto catastroco, possiamo far contin-
uare il moto (spaziale) attraverso lorigine senza invertire il senso di marcia.
Supponiamo che Nel caso di momento angolare nullo il problema di-
namico non `e completo, cio`e non sono univocamente denite le traiettorie
globali. Se per` o ci scordiamo del fatto sico dellimpatto catastroco, pos-
siamo far continuare il moto (spaziale) attraverso lorigine senza invertire
il senso di marcia. Supponiamo che x(t) 0 per t t
j
, allora poniamo
x(t
j
+ ) = x(t
j
) per es > 0 piccolo. In questo caso limpulso, e quindi
B, non `e limitato, ma lo `e G = rp poich`e p
2
/2m < k/r, ovvero rp < 2mk/p
tende a 0 per r 0. Quindi, con questo completamento del problema, anche
in questo caso vale il teorema del viriale.
61
3.9 Problemi omogenei: similitudini e leggi di scala.
Consideriamo ora in modo pi` u diretto le leggi di scala dei problemi autonomi
con legge di forza posizionale omogenea. La legge di forza sia indipendente
dal tempo e dipenda in modo omogeneo dalle posizioni:
f (y) := f(x) =
c
f (x).
Se trasformiamo la scala dei tempi in modo che t va in = t/
d
e la scala
delle x in modo tale che x va in y = x, la legge di forza f diventa
c
f .
Consideriamo lequazione del moto:
m x(t) = f (x(t))
soddisfatta da un moto x(t). Vogliamo dimostrare con questo cambiamento
di scala che lequazione `e soddisfatta anche dal moto
x
1
(t) = x(t/
d
) = x() = y(),
per un qualunque > 0. Lequazione del moto diventa:
f (x
1
(t)) := f(y()) =
c
f (x()) =
c
md
2
x()/d
2
= m
c1
x(t/
d
)(dt/d)
2
=
=
1+c+2d
m x
1
(t)
per cui lequazione resta la stessa se
d = (1 c)/2.
Nel caso particolare di c = 2, come per il problema di Keplero, si chiede
che d = 3/2 cio`e che la scala dei tempi vari con legge di potenza 3/2 rispetto
a quella spaziale per avere gli stessi moti. Se abbiamo un moto x(t), avremo
anche un moto x(t/
d
) per qualunque > 0, che nel caso di Keplero di-
venta
2
x(t/
3
) per =

. Se T `e il periodo minimo del moto x(t), con


x(t + T) = x(t), si avr` a anche che x((t +
d
T)/
d
) = x(t/
d
+ T) =
x(t/
d
), per cui
d
T `e il periodo minimo di x
1
(t). Quindi, nel caso di Ke-
plero, per qualunque > 0, un moto periodico di periodo positivo T e orbita
ellittica di semiasse maggiore positivo A, implica lesistenza di un altro moto
periodico di periodo
3
T con semiasse maggiore dellorbita data da:
2
A. Se
facciamo il rapporto tra i quadrati dei due periodi otteniamo
6
che
62
`e anche il rapporto dei cubi degli semiassi maggiori (terza legge di
Keplero). Nel caso delloscillatore armonico, con c = 1, si ha d = 0 per
cui il periodo del moto non dipende dallampiezza del moto (isocronismo
delle piccole oscillazioni).
Tanto `e al corpo a percotere ne lobbietto, quanto esso obbietto a percotere in
detto corpo
Leonardo, Cod. Arundel 263, fol. 85 recto
Si quis lapidem digito premit, premitur huius digitus a lapide.
Newton, Principia Mathematica.
3.10 Legge di forza radiale e simmetria per rotazione
del potenziale
Questa legge deriva dal principio di azione-reazione. Infatti, la forza che
agisce sul corpo 1 `e (??):
f
1
=
x
1
V ([x
1
x
2
[) =
x
2
V ([x
1
x
2
[) = f
2
.
Nella riduzione ad un corpo, x = x
1
x
2
, e
f =
x
V ([x[).
Nel caso particolare di Keplero:
V (x) =
k
[x[
, x
2
f =< f, x > x = x
2

x
V ([x[) = k
x
[x[
:= kn.
Conservazione della velocit`a areolare e del momento angolare. Sec-
onda legge di Keplero. Dato
l = x p,
si ha

l = x p +x p, dove il primo termine del secondo membro `e nullo ed
il secondo pu` o essere riscritto tramite la legge del moto, per cui si ha:

l = x f = 0
63
se f `e radiale, cio`e diretta nella direzione di x. In questo caso, se l non
`e nullo, il moto avviene su un piano normale a l = le
3
e contenente
lorigine , centro delle forze (piano invariante). Si ha quindi la:
Legge zeresima di Keplero: il moto `e piano.
Avendo introdotto le coordinate polari nel piano del moto: x
1
= r cos ,
x
2
= r sin , x = rn()
x
1
= r cos r sin

, x
2
= r sin + r cos

,
da cui si estrae:
x = rn + r(e
3
n)

, dove (e
3
n) =

n(),
e dove n = n() = (1/r)x, si ha:
1
m
l = x x = (rn) [r(e
3
n)

] = r
2

n (e
3
n) = r
2

e
3
.
Quindi, la cosiddetta velocit` a areolare:
[

A((t))[ :=
r
2
2
[

[ =
l
2m
,
`e costante come aermato dalla seconda legge di Keplero.
Si ha quindi lequazione vettoriale che corrisponde ad una sola equazione
scalare:
r
2
()

e
3
=
l
m
e
3
, r
2
()

=
l
m
che si pu`o risolvere per separazione di variabili se `e nota lequazione della
traiettoria r() :
t() =
m
l
_

0
r
2
()d. (73)
Nota. Se il momento angolare `e nullo, per r ,= 0 langolo `e costante.
In questo caso si risolve il problema della traiettoria del moto che si riduce
ad una retta passante per lorigine. In realt` a, nel caso di potenziale singo-
lare attrattivo come quello di Keplero V (r) = k/r, il problema non `e
64
copleto perch`e il punto pu` o arrivare nellorigine ad un tempo nito e non si
sa come prosegue il moto e non sono univocamente deniti i moti globali.
Se per`o ci scordiamo del fatto sico dellimpatto catastroco, possiamo far
continuare naturalmente il moto (spaziale) attraverso lorigine senza inver-
tire il senso di marcia. Supponiamo che x(t) 0 per t t
j
, allora poniamo
x(t
j
+) = x(t
j
) per es > 0 piccolo.
3.11 Flusso hamiltoniano con forza radiale.
Proposizione.
Supponiamo che il potenziale V (r) sia dierenziabile per r > 0 e valga:
r
2
V (r) 0 per r 0,
ed esistano costanti positive c, R per cui valga: V (r) > cr
2
, per r > R.
Allora esiste il usso in tutto lo spazio delle fasi a cui si sia tolta la regione
invariante denita dallannullarsi del momento angolare:
A = (x, p) 1
6
, l = x p ,= 0, .
In realt`a si pu` o estendere il usso a questa regione, o perche sullasse x =
rn, con V (r) = V (r) C
1
(R) cio`e [V [ limitato in un intorno dellorigine
con V

(0) = 0, oppure perche V (r) + per r 0.


Altrimenti si pu`o denire la legge di continuazione del moto tramite la legge
di riessione temporale in un intorno degli istanti di passaggio sullorigine:
x(t
j
) = x(t
j
+)), se x(t) 0 per t t
j
, ed `e abbastanza piccolo.
Dimostrazione: La dimostrazione si basa sulla riduzione del problema al
moto unidimensionale radiale. Abbiamo che:
l
2
= (x p).(x p) = x.[p (x p)] = x.(p
2
x (p.x)p) = p
2
x
2
(p.x)
2
,
da cui si ottiene:
p
2
= l
2
/r
2
+p
2
r
/r
2
, dove p
r
= p.x/r.
Si noti che p
r
`e limpulso radiale nel senso che:
2r r =

(x.x) = 2(x. x) = 2(x.m x)/m = 2rp
r
/m, per cui, m r = p
r
(r).
65
La conservazione dellenergia dice che:
E = p
2
/2m+V (r) = p
2
r
/2m+l
2
/2mr
2
+V (r) =
= p
2
r
/2m+ V
c
(r) + V (r) = p
2
r
/2m+ V
l
(r),
dove V
c
(r) = l
2
/2mr
2
`e il potenziale centrifugo e V
l
(r) `e il potenziale eet-
tivo totale. Per la conservazione dellenergia e del momento angolare, si ha
lequazione:
m r = p
r
(r) = p
E,l
(r) =
_
2m(E V
l
(r)), (74)
dove il segno `e denito dalle condizioni iniziali. Per le ipotesi fatte sul poten-
ziale, V
l
(r) +per r tendente a 0 e quindi per momento angolare positivo
ssato ed energia nita ssata sar` a sempre r r

0
> 0.
Inoltre il punto pu`o andare all solo a tempo innito perch`e il potenziale
eettivo, sempre superiore a quello radiale, anche se diverge verso per
r , lo fa troppo lentamente perch`e questo possa accadere.
Completezza allinnito.
Sia (74) p
r
(r) = p
E,l
(r) > 0 limpulso radiale eettivo per un valore ssato
dei parametri reali (E, l) e per le condizioni iniziali. Consideriamo il prob-
lema radiale unidimensionale ed usiamo il metodo della separazione delle
variabili:
m
2
r
2
= 2m(E V
l
(r)) = p
2
r
(r),
mdr
p
r
(r)
= dt(r).
Supponendo che p
r
> 0,
t(r) = t(a) +
_
r
a
m
p
r
(x)
dx + se
1
p
r
(r)
>
c
r
, c > 0, r > a,
per r +. Notiamo che il valore di l, ma anche il valore di E `e ininuente
sullandamento allinnito critico. Quindi, la condizione sullandamento di
V (r) allinnito `e suciente per impedire che il punto vada allinnito in un
tempo nito.
Il problema a l > 0 ssato pu` o essere trattato come un normale problema
unidimensionale hamiltoniano connato nella parte positiva dellasse delle co-
ordinate, ed in particolare, in base ai dati iniziali, nellintervallo I = [r

, r
+
],
66
dove 0 < r

r
+
+:
H(r, p
r
) = (p
2
r
/2m) + V
l
(r) = E.
Ovviamente, se il potenziale `e regolare anche a x = 0, il usso si estende a
tutto lo spazio delle fasi.
Soluzione delle equazioni del moto a l > 0 e E R ssati.
Le traiettorie nello spazio delle fasi sono date, in base ai dati iniziali, da
(r, p
r
(r)), r I
dove I = [r

, r
+
], supponendo che r

< r
+
, e dove p
r
(r) = p
E,l
(r) =
_
2m(E V
l
(r)) `e positivo nellinterno di I e si annulla agli estremi dello
stesso intervallo. Queste traiettorie vengono percorse con velocit` a data da:
r =
p
r
H(r, p
r
) = p
r
/m,
p
r
=
r
H(r, p
r
) = V

l
(r).
Il vantaggio di risolvere lequazione radiale nello spazio delle fasi riguarda la
mancanza di punti di inversione.
Volendo risolvere lequazione radiale nello spazio delle congurazioni si pu` o
procedere nel seguente modo.
Se la legge del potenziale radiale `e analitica fuori dallorigine, come nel caso
di Keplero, per ogni valore possibile di l
2
e di E ci sar` a un intervallo di valori
t, nito o innito su cui si avr`a un moto radiale monotono. Lequazione
del moto si risolve in termini del tempo in funzione del raggio, a partire
dalle condizioni iniziali: r
0
, r
0
. Supponendo che sia r
0
> 0 si ha la soluzione
locale della equazione del moto radiale. Infatti si ha direttamente il tempo
in funzione di r:
t(r) = m
_
r
r
0
dx/p
E,l
(x),
Questa funzione `e invertibile per cui si ha anche r(t) che risolve localmente la
legge oraria del moto. I punti di inversione r

> 0, dove si ha EV
e
(r

) =
0 e dove si annulla la velocit` a radiale vengono raggiunti in un tempo nito
se V

e
(r

) ,= 0. Da qui il moto riparte in senso inverso secondo lanalisi


alla Weierstrass fatta nel caso unidimensionale. Nel caso di r
+
= +,la
67
convergenza dellintegrale per r tendente all, dipende solo dal potenziale
vero, mentre il potenziale centrifugo non contribuisce perch`e si annulla all.
Quindi, per le ipotesi fatte sul potenziale, si avr` a moto asintotico. Nel caso
in cui I si riduce ad un punto r

= r
+
= r
0
, con V

e
(r
0
) = 0 si ha un moto
radiale stazionaro: r(t) r
0
. In questo modo si `e risolto il moto radiale.
Dalla espressione della velocit` a areolare, si ha:
(t) =
0
+ (l/m)
_
t
0
d/r
2
().
Questa espressione, insieme alla precedente per il moto radiale, risolve com-
pletamente il problema del moto: sia della legge oraria, che della traiettoria.
Nel caso di moto radiale stazionario, si ha un moto circolare uniforme.
Si pu` o procedere in modo diverso, cercando prima la legge della traiet-
toria, e poi la legge oraria. Usando sia la conservazione dellenergia che la
conservazione del momento angolare:
r = (2/

m)
_
E V
e
(r)

= l/mlr
2
si ottiene:

(r) = (1/2l

m)/r
2
_
E V
e
(r)
e quindi nel caso in cui i dati iniziali siano (r
0
),

(r
0
) con

(r
0
) > 0, si ha
localmente:
(r) = (r
0
) + (1/2l

m)
_
r
r
0
dxx
2
/
_
E V
e
(x) =
= (r
0
) + (1/2l

m)
_
1/r
0
1/r
dx/
_
E V
e
(1/x),
Dove il cambiamento di variabile nellintegrale `e utile nel caso del poten-
ziale di Keplero V (r) = k/r. Questa funzione (r) pu` o essere invertita
localmente ottenendo lespressione della traiettoria r = r() e quindi la legge
oraria del moto angolare:
t() = (m/l)
_

0
r
2
()d, (75)
da cui si ottiene per inversione (t). Lequazione della traiettoria ci d` a quindi
la legge oraria di r: r(t) = r((t)).
68
3.12 Soluzione del moto di Keplero senza integrazioni
Nel caso di Keplero, con legge di forza f = kx/r
3
, c`e una simmetria
nascosta e c`e unaltra costante del moto denita dalla direzione di un
vettore costante c normale a l. In questo caso, la conservazione dellenergia,
del momento angolare e di c, permette di risolvere il problema dellla
traiettoria del moto senza integrazioni. Sia c = [c[ 0, r = [x[.
Deniamo il vettore della direzione del perielio:
c = m x(t) l kx(t)/r(t), da cui,
x(t).c := r(t)c cos (t) = mx(t).( x(t)l)kr(t) = ml.(x(t)

x(t))kr(t) = l
2
kr(t),
cio`e
r
c
k
cos =
l
2
k
r,
e quindi, se c `e un vettore costante, si ha lequazione di una conica con
uno dei fuochi nellorigine(prima legge di Keplero):
r() = a(1 + cos )
1
, (76)
dove a = l
2
/mk, = c/k. Il vettore c, inteso come vettore applicato
nellorigine, giace comunque nel piano dellorbita, ed ha comunque mod-
ulo costante, essendo:
c
2
= m
2
( x)
2
l
2
+k
2

2kml
2
r
= 2l
2
mE + k
2
, =
c
k
=
_
1 +
2l
2
mE
k
2
.
Quindi, se `e costante denisce solo una direzione nel piano dellorbita, la
direzione del perielio. Si noti che per c nullo anche `e nullo e quindi si
ha il caso della traiettoria circolare, con centro nellorigine. Nel caso di
E < 0, l > 0 si ha anche < 1. Lequazione di r() in (76) `e limitata e
quindi la traiettoria `e unellisse. Nel caso di E = 0, l > 0 si ha anche
= 1, e la traiettoria `e una parabola. Nel caso di E > 0, l > 0 si ha anche
> 1, e la traiettoria `e uniperbole asintotica alle direzioni cos(
a
) = 1/,

a
= arccos(1/) > 0.
Se si prova che c `e costante si prova anche la prima legge di Keplero
enunciata sopra. Trascurando le dipendenze da t nella scrittura, si ottiene:
c = m x l k x/r +k[(x. x)/r
3
]x,
69
da cui si ricava, usando lequazione del moto e raggruppando due termini,
c = kx (x x)/r
3
k(r
2
x (x. x)x)/r
3
=
= (k/r
3
)(( x. x)x r
2
x +r
2
x (x. x)x) = 0.
Avendo lequazione della traiettoria (76) e la legge del moto angolare (73)(75)
possiamo risolvere il moto completamente senza problemi di inversione
alla Weierstrass e calcolare il periodo T nel caso di < 1.
t() = t(0) + a
2
_

0
(1 + cos )
2
d, T = 2a
2
_

0
(1 + cos )
2
d. (77)
Stabilit`a delle orbite ellittiche.
Abbiamo visto che le orbite ellittiche corrispondono al caso di < 1. Se modi-
chiamo di poco le condizioni iniziali: [y(0)x(0)[ < , [ y(0) x(0)[ < , si
modicano di poco O() gli invarianti E, l,c che dipendono in modo regolare
dai dati iniziali. In particolare, si ha: l
y
= l
x
+O() ,= 0, E
y
= E
x
+O() < 0,
per cui
y
< 1, e lorbita
y
`e ellittica, e quindi limitata, per > 0 piccolo,
come lorbita originale
x
. Le due orbite stanno a distanza dellordine di nel
senso che la distanza massima di un punto y di
y
dalla curva
x
`e dellordine
di .
Ma anche i moti che parametrizzano le due curve per i rispettivi periodi
restano prossimi tra loro: [y(t) x(t)[ = O() per t T, dove T `e il massimo
dei periodi di x e di y.
Infatti:
Il vettore c
y
determina completamente lorbita nel piano normale a l
y
,
limitata e prossima a quella originaria. Il piano della traiettoria, determi-
nato dal vettore l
y
, forma un piccolo angolo con quello determinato da l
x
, e
questo determina una piccola modicazione di unorbita limitata. Il moto
y(t) resta vicino al moto x(t) per il tempo T, perch`e la legge oraria del moto
angolare dipende dal modulo del momento angolare l che varia poco e dalla
legge dellorbita r() che varia poco.
Non `e detto per` o che i moti siano stabili per tempi molto maggiori del pe-
riodo T.
Stabilit`a strutturale delle orbite ellittiche. La stabilit` a strutturale `e la
condizione di applicazione della teoria perturbativa che cerca di risolvere
problemi simili ai pochi problemi solubili.
Si pu` o dimostrare la stabilit`a strutturale per cambiamenti dei paramentri
70
k, m del problema.
Se per`o si modica la legge di forza, introducendo nel potenziale un termine
di tipo diverso, ad esempio, V
1
(r) = /r
2
, non si ha pi` u un vettore conser-
vato del tipo del vettore del perielio c. In questo caso, una traiettoria chiusa,
formante unorbita ellittica, si apre in una traiettoria a rosetta. Infatti,
lequazione del moto angolare resta stabile, mentre quella radiale varia. La
cosa pu` o essere vista in modo opposto: il moto radiale che resta stabile
mentre quello angolare varia. Per la combinazione dei due moti si ha una
traiettoria localmente prossima ad una ellisse ma che non si chiude come
unorbita perch`e al moto originale si sovrappone una rotazione.
Resta per`o la stabilit`a dei moti per tempi dellordine di un periodo originale
T e per un corrispondente pezzo della traiettoria a rosetta prossima allellisse
originale.
Oscillatore armonico radiale
Poniamo sempre la massa m = 1/2, e consideriamo lhamiltoniana delloscillatore
armonico radiale o simmetrico:
H(x) = p
2
+q
2
= p
2
+ r
2
.
In questo caso si vede che c`e una simmetria che coinvolge tutto lo
spazio delle fasi. Questo problema si pu` o risolvere anche per separazione
delle variabili:
H(x) =

j
H
j
(x
j
).
Ci sono tre costanti del moto: E
j
0,

j
E
j
= E 0 la cui somma `e
lenergia totale. I singoli problemi separati H
j
(x
j
) = E
j
sono
2p
j
= q
j
= 2
_
E
j
q
2
j
si risolvono alla Weierstrass
t(q
j
) = t
0
+
_
q
j
0
1
_
E
j
y
2
dy.
Si pu`o invertire localmente ed avere q
j
= q
j
(t), ed anche
p
j
(t)
_
E
j
q
j
(t)
2
,
71
dove il `e ssato per continuit`a fuori dai punti di inversione, dove appunto
si inverte. Lorbita nello spazio delle fasi si chiude quando t(q) = T e si
hanno i periodi uguali:
T
j
=
_
b
a
1
_
E
j
q
2
j
dq
j
=
_
1
1
1

1 x
2
dx =
_
+/2
/2
1
cos()
d sin() = .
In generale, la composizione di moti periodici porta ad un moto quasi period-
ico. Ma in questo caso i periodi sono tutti uguali e si ha unorbita chiusa.
Da notare che abbiamo usato solo 3 costanti del moto per risolvere il prob-
lema, anche se sappiamo che ce ne sono altre, tra cui il momento angolare
che impone unorbita piana ed il vettore del perielio (scritto diversamente
da quello di Keplero).
In generale servono 6 costanti del moto per risolvere il moto in funzione dei
6 dati iniziali. In relt` a, uno dei dati iniziali `e equivalente al tempo iniiziale
t
0
che pu` o essere considerato arbitrario. In questo caso si risolve il moto
tramite luso di 3 costanti del moto riportabili a 3 dati iniziali. Gli altri 3
dati iniziali possono essere imposti successivamente alla soluzione.
3.13 Teoria della diusione.
La teoria della diusione (scattering) riguarda lo studio di traiettorie glob-
ali del moto sulla base dei soli dati asintotici allinnito. Si suppone
che in punto materiale sia soggetto ad una forza conservativa regolare di
tipo centrale che svanisce rapidamente allinnito insieme al poten-
ziale. Quindi, per energia positiva, la traiettoria del punto materiale che
proviene dallinnito, torna allinnito. Lunica cosa che cambia, in
generale, `e la direzione asintotica della velocit` a. Questo cambiamento di
direzione viene messo in relazione con il parametro durto o errore di
mira, la distanza dal centro di forza della retta tangente allinnito alla
traiettoria per tempi negativi. Cio`e, la particella viene sparata dallinnito
contro il centro di forza con un errore di mira che porterebbe la particella
no ad una distanza minima detta anche parametro durto (presunto),
se le forze non ne deviassero la traiettoria.
72
Se bombardiamo con protoni ad alta energia (raggi canale) un gas di idrogeno
(Rutherford, Geiger, Marsden 1911), questi devieranno poco per linterazione
con la nuvola elettronica, ma devieranno fortemente se arriveranno in prossimit` a
del nucleo. Assumendo una legge repulsiva Coulombiana, la statistica delle
deviazioni di direzione ci dar`a conferma della struttura dellatomo. La teo-
ria della diusione quantistica `e impostata in modo molto diverso,
ma in un problema come questo ci d`a gli stessi risultati statistici.
Possiamo trattare allo stesso modo il problema di diusione (in questo caso
si pu`o avere un angolo di deviazione di 180 gradi al limite di energia nulla
(caso di orbita parabolica)) di una cometa che proviene dallinnito e che si
trova soggetta allattrazione di Keplero dovuta al sole.
Sia E > 0 ed il moto sia uniperbole. Se
a
= 2
a
= `e langolo tra i
due asintoti, e = , 0 < < , la deviazione angolare asintotica
(tendendo conto dellinversione di direzione), si ha
cos(
a
) = cos(/2) = sin(/2) = 1/,
cot
2
(/2) =
1
sin
2
(/2)
1 =
2
1 =
2l
2
E
mk
2
,
cot(/2) =
l

2E
k

m
.
In questo caso si ha la descrizione di un evento di diusione (scattering) con
deviazione angolare
cot(/2) =
l

2E
k

m
=
2Eb
k
= b = b() =
k
2E
cot(/2) (78)
dove b `e il parametro durto:
b =
l
m[v

[
=
l

2mE
> 0, (79)
per l, E > 0. Infatti, asintoticamente l = bm[v

[. Notiamo che
db() = d
k
2E
cot(/2) =
k
4E sin
2
(/2)
d.
Se chiamiamo elemento di sezione durto la corona circolare di area:
d = d() = 2b()[db()[ =
k
2
8E
2
sin
2
(/2)
cot(/2)d,
73
e sezione durto dierenziale:
d
d
() =
d()
2 sin()d
=
k
2
cos(/2)
16E
2
sin
3
(/2) sin()
=
k
2
32E
2
sin
4
(/2)
.
La sezione durto dipende dal sistema di riferimento, ma noi non trattiamo
questo aspetto del problema.
Nel caso di urti tra molecole, che interessano la meccanica statistica di
un gas, si pu`o pensare ad urti di sfere rigide elastiche. Studiamo il fenomeno
in questo caso. Riduciamo il problema dei due corpi ad un problema ad un
corpo, ponendo lorigine nel centro di una delle sfere. In questo sistema di
riferimento, con orientazione degli assi costante, laltra sfera si muove come
se avesse massa ridotta = 1/((1/m
1
) +(1/m
2
)) = m
1
m
2
/(m
1
+m
2
) = m/2
uguale alla met` a della sua massa reale, essendo le masse delle molecole
uguali tra loro m
1
= m
2
= m. In realt`a, in questo caso, il valore della
massa non inuisce sulla diusione. Il problema non cambia se consideri-
amo una particella puntiforme che rimbalza elasticamente sulla supercie di
una sfera ssa di raggio (2R). Ricordiamo che per la legge dellurto elastico,
lampiezza dellangolo di incidenza rispetto alla normale `e uguale allampiezza
dellangolo di riessione, sempre rispetto alla normale. Consideriamo quindi
lurto di una molecola puntiforme che si muove nel semipiano (r
1
, r
2
), con
r
2
0, nella stessa direzione dellasse delle r
1
con distanza b (errore di
mira o parametro durto presunto), supponendo che 0 b = r
2
2R,
dallasse stesso. Un altro parametro durto `e langolo formato dal semip-
iano (r
1
, r
2
) con un semipiano sso di riferimento. La molecola incider` a in
un punto della supercie denito dallangolo di incidenza
a
rispetto alla
normale, con 0
a
/2, con
b =

b(
a
) = 2Rsin
a
e si allontaner` a in una direzione che forma un angolo rispetto alla direzione
iniziale:
= (
a
) = 2
a
, per cui
a
=
a
() =

2
, b =

b(
a
()) = b() = 2Rcos(

2
),
con b

() = Rsin(/2). In coordinate cilindriche di asse r


1
, il semipiano
(r
1
, r
2
), con r
2
0, `e denito da un angolo . Per la simmetria cilindrica
del problema, questangolo non entra nei termini calcolati, salvo che come
74
fattore 2 di integrazione sui suoi possibili valori. Se chiamiamo elemento
di sezione durto la corona circolare di area:
d = d() = 2b()[db()[ = 2b()[b

()d[ = 2R
2
[ sin d[,
essendo 2 sin(/2) cos(/2) = sin(), avremo la diusione delle molecole
dirette verso questo elemento di sezione durto in un elemento di angolo
solido di ampiezza:
[d[ = [d()[ =
d
R
2
=
Cdh
R
2
=
2(R[ sin [)(R[d[)
R
2
= 2[ sin d[,
dove d`e larea di un elemento di sfera di raggio R, dato da una zona sferica
di latitudine compresa tra e +d, C = 2(R[ sin [) `e la lunghezza del
meridiano di latitudine , e dh = R[d[ `e la larghezza della zona sferica.
Possiamo quindi denire la sezione durto dierenziale che risulta essere
una costante con le dimensioni di unarea:
d
d
=
d()
d()
=
2R
2
[ sin d[
2[ sin d[
= R
2
. (80)
Ricordiamo che la sezione durto totale `e denita da

T
=
_
4
(d/d)d = (2R)
2
e quindi, in questo caso, vale larea della proiezione ortogonale di una
sfera di raggio 2R su un piano, cio`e di un disco di raggio 2R. In questo caso
semplice la sezione durto totale `e quindi la proiezione dellostacolo su un
piano normale alla direzione del moto.
3.14 Pendolo sferico.
Si tratta il sistema meccanico di un punto materiale con un vincolo scle-
ronomo che da R
3
porta lo spazio delle congurazioni alla sfera: f(x) =
x
2
R
2
= 0, per cui la dimensione dello spazio `e k = 3, `e la dimensione
75
dello spazio delle congurazioni `e l = 2. Come coordinate lagrangiane usi-
amo le coordinate angolari delle coordinate sferiche (q
1
= , q
2
= ),
0 q
1
, q
2
S
1
, essendo il raggio ssato:
r = R > 0,
Ricordiamo la carta delle coordinate lagrangiane:
X
1
(, ) = Rsin cos , X
2
(, ) = Rsin sin , X
3
(, ) = Rcos .
Lenergia cinetica `e una forma quadratica positiva diagonale nelle velocit` a
(11):
T =
m
2
ds
2
dt
2
=
mR
2
2
(

2
+ sin
2

2
).
Lenergia potenziale `e quella dovuta alla forza peso:
V (, ) = mgX
3
(, ) = mgRcos .
Gli impulsi sono dati da
p
1
=

T = mR
2

:= mR
2
q
1
, p
2
=

T = mR
2
sin
2


:= mR
2
sin
2
q
1
q
2
.(81)
Quindi lhamiltoniana vale:
H(p, q) = (1/2mR
2
)(p
2
1
+ (1/ sin
2
q
1
)p
2
2
) + mgRcos q
1
= E. (82)
Si noti che lhamiltoniana non dipende dalla coordinata q
2
(ciclica) per cui
dalle equazioni canoniche si ottiene la conservazione dellimpulso corrispon-
dente:
p
2
(t) = mR
2
sin
2
q
1
(t) q
2
(t) = p
2
(0) = c. (83)
Questo impulso non `e altro che la terza componente del momento an-
golare che si conserva perch`e il vincolo e la forza peso hanno simmetria
cilindrica. Lo spazio delle fasi ha dimensione 4 per cui ci vorrebbero 3
costanti del moto per risolvere il problema, ma in certi casi come questo,
ne bastano due di tipo opportuno. Conoscendo due costanti del moto si
ottiene che il moto, in base ai dati iniziali, si restringe ad una curva che
pu` o anche coincidere con la traiettoria denita nello spazio delle fasi ridotto
q
1
S
1
, p
1
R, dalla equazione:
E = (1/2mR
2
)(p
2
1
+ (1/ sin
2
q
1
)c) + mRg cos q
1
. (84)
76
Si ricava quindi(91):
p
2
1
= m
2
R
4
q
2
1
= (p
E
(q
1
))
2
,
dove
p
E
(q
1
) =
_
c(1/ sin
2
q
1
) 2m
2
gR
3
cos q
1
+E2mR
2
, (85)
e da cui si ottiene:
q
1
=
1
mR
2
p
E
(q
1
). (86)
Per separazione di variabili, si ha:
_
q
1
(t)
q
1
(0)
mR
2
p
E
(q)
dq = t,
dove si `e supposto di essere in un tratto di moto con velocit` a positiva.
Per c ,= 0, il moto non `e piano e il punto non pu` o trovarsi a q
1
= 0, , dove
diverge lenergia, per cui il moto `e di tipo oscillatorio in .
Il periodo del moto della coordinata q
1
(t) `e
T = 2
_
q
+
q

mR
2
p
E
(q)
dq,
dove q

= q

(E, c), sono deniti dalla condizione di azzeramento p


E
(q) = 0.
Avendo risolto formalmente il moto q
1
(t), si risolve anche il moto q
2
(t) tramite
lespressione della derivata:
q
2
(t) = c/mR
2
sin
2
q
1
(t). (87)
Quindi risulta che il moto `e solubile ed in generale `e quasi periodico ma non
periodico perch`e lintegrale su un periodo T della derivata di q
2
non `e nulla.
Si noti che per c = 0 si ha il problema del pendolo semplice piano (non
sferico). In questo caso, con condizioni iniziali q
1
(0) = q
0
< 0, q
1
(0) = 0, i
moto `e periodico, e il periodo del moto T `e dato da:
T = 2
_
R/2g
_
q
0
q
0
dq/

cos q + cos q
0
. (88)
77
Al limite di q
0
tendente a 0 si hanno le piccole oscillazioni di periodo:
T =
_
2R/g
_
1
1
dx/

1 x
2
=
_
2R/g
_
/2
/2
d sin / cos =
=
_
2R/g
_
/2
/2
d = 2
_
R/2g. (89)
Per un teorema che vedremo in seguito, nel caso di g = 0, le traiettorie sono
geodetiche della sfera, cio`e cerchi massimi.
3.15 Sistema dinamico hamiltoniano
Supponiamo che la regione invariante dello spazio delle fasi non vuota
denita da:
M = x R
n
; a H(x) b, a < b R
ammetta un sottoinsieme connesso B compatto, di volume [B[ = 1,
disgiunto dal resto di M (se non coincide con M). Allora anche B `e un
sottoinsieme invariante dello spazio delle fasi R
n
: S
t
(B) = B, t R.
Sia S
t
il usso hamiltoniano generato dalle equazioni canoniche del moto
al tempo ssato t > 0, e la copppia (B, T) := (B, S
t
) sia per denizione un
sistema dinamico hamiltoniano classico a tempo discreto che consid-
era il sottogruppo del usso hamiltoniano ai tempi tj, j Z. Per qualunque
sottoinsieme misurabile A B, di misura positiva [A[ > 0, k Z, deniamo
il trasformato di A, A
k
= T
k
A = x A; T
k
x A,[A
k
[ = [A[.
Teorema dei ritorni di Poincare.
Sia dato un sistema dinamico (B, T), allora per qualunque sottoinsieme
A B di volume positivo [A[ = V > 0, esister` a un k > 0 intero per cui
una parte di A di misura nita torner` a in A: [A
k
A[ > 0.
Dimostrazione. La successione di sottoinsiemi di B di volume V > 0, (A
j
)
j
avr` a unione
j
A
j
B di volume nito solo se vi sono coppie (A
j
, A
j+k
), dove
j, k sono interi positivi, con intersezioni di volume positivo: [A
j
A
j+k
[ > 0.
Se trasformiamo linsieme A
j
A
j+k
tramite T
j
, otteniamo linsieme AA
k
di volume invariato, e quindi positivo:
[T
j
(A
j
A
j+k
)[ = [A A
k
[ > 0
78
.
Nota. Come notato da Zermelo, il teorema di Poincare nega la possibilit` a
di avere fenomeni irreversibili in sistemi dinamici conservativi anche molto
complessi. La meccanica statistica pu` o evitare questa legge tramite un limite
a innite particelle. Infatti in questo limite linsieme dei dati iniziali A
pu` o tendere ad un insieme di misura nulla, e i tempi medi di ritorno
possono divergere. Resta il fatto che nel caso di forze conservative la
meccanica non `e in grado di distinguere il passato dal futuro nep-
pure al limite di innite particelle.
3.16 Struttura delle curve di livello hamiltoniane nello
spazio delle fasi bidimensionale: esempi semplici
In un sistema denito su uno spazio delle fasi bidimensionale le linee di
usso (traiettorie del moto) coprono il piano e hanno caratteristiche di-
verse. Ci possono essere curve innite e curve chiuse nite, e singoli punti
critici x
j
= (q
j
, 0) in cui
x
H(x
j
) = 0, corrispondenti a moti stazionari
x(t) = x(0) = x
j
, essendo nulla la velocit` a: v(x
j
) = I
x
H(x
j
) = 0.
come abbiamo scritto, in questi punti il gradiente dellhamiltoniana si
annulla. Questi punti critici sono detti centri se corrispondono a min-
imi di H, infatti sono al centro di innite orbite chiuse nite. Un punto
singolare `e detto di inessione a cuspide se la componente spaziale x
j
`e punto di esso di V e `e detto punto a sella se x
j
`e punto di massimo
del potenziale. Questi due ultimi tipi di punti sono punti asintotici di moti
particolari per t . Le traiettorie di questi moti particolari sono dette
separatrici. Ci sono due separatrici che partono o arrivano in un punto di
inessione a cuspide e quattro ad un punto a sella. Le separatrici sono dette
variet`a stabili del punto critico se il moto su di esse si dirige verso il punto
critico. Viceversa, sono dette variet`a instabili del punto critico.
Esempio 1: loscillatore armonico.
Sia V (q) = q
2
/2 e la massa m=1, allora
H(x) =
1
2
(p
2
+q
2
) =
1
2
x
2
=
1
2
r
2
,
79
dove r = [x[. Si verica facilmente che il gradiente di H si annulla solo
nellorigine, solo punto critico, e coincide con il vettore x stesso:

x
H(x) = x.
Lintera curva di livello H(x) = E, denita da un E positivo coincide con
unorbita ed `e una circonferenza con quadrato del raggio: r
2
= 2E > 0.
Il gradiente dellhamiltoniana denisce la normale alla curva di livello, e la
distanza tra le curve di livello ad energie diverse:
dE(r) =
x
H(x).dx = x.dx = rdr =
dr
2
2
,
in accordo con il fatto che E(r) = r
2
/2. Quindi, le traiettorie sono tutte
orbite chiuse regolari, in particolari cerchi, racchiudenti dischi che contengono
lorigine: centro di tutte le orbite. Il moto sulle orbite `e dato dal campo di
velocit` a
v(x) = I
x
H(x) = Ix = (q, p), [v(x)[ = [x[ = r.
Quindi, ogni orbita `e un cerchio di raggio r percorsa con velocit` a costante in
modulo, uguale ad r. Quindi, ogni orbita di lunghezza 2r viene percorsa in
un tempo
T =
2r
r
= 2,
che `e il periodo di un moto periodico. La velocit` a angolare o pulazione
`e unitaria:
2
T
= 1.
Si noti che il periodo del moto non dipende dai dati iniziali, ed in parti-
colare dalla energia. Nel caso particolare di E = 0, lorbita si riduce ad
un punto e la velocit`a `e nulla, per cui si ha un moto stazionario invece
di un moto periodico. Ovviamente E non pu` o essere negativa. Lorigine
delle x `e un punto di minimo in senso stretto del potenziale e si ha che il
moto stazionario nellorigine dello spazio delle fasi `e stabile nel senso di
Lyapunov: possiamo imporre che il moto resti sempre in un intorno dato
dellorigine [x(t)[ < nello spazio delle fasi se diamo i dati iniziali in un
intorno opportuno [x(0)[ < .
Esempio 2, massimo del potenziale come punto di equilibrio in-
stabile con separatrici: punto a sella
80
Sia V (q)) = q
2
/2 con massa m = 1per cui H(x) = (p
2
q
2
)/2,
x
H(x) =
(p, q), v = I
x
H(x) = (q, p), [v[ = [x[ = r. Ad energia nulla, la curva
di livello `e data dalle due rette p = q. Queste due rette si incrociano
nellorigine che `e un punto singolare di tipo punto a sella che le separa
in quattro separatrici che a loro volta separano quattro regioni dello
spazio delle fasi con quattro tipi di traiettorie. Le traiettrorie diverse dalle
semirette sono iperboli p
2
q
2
= 2E denite dal valore positivo o negativo
dellenergia e da un dato iniziale. In un settore con valori di p solo positive ci
sono traiettorie che vanno da q = a q = in un tempo innito perch`e
la velocit`a cresce solo come la distanza dallorigine. Nel settore con
impulsi negativi si ha lo stesso moto in verso opposto. Nel settore con le q
positive il moto proviene e va a + in un tempo innito. Analogamente,
nel settore di q negative, cambiando +con . Le velocit`a dei moti sulle
separatrici sono date da [v(x)[ = [x[, da cui, per separazione di variabili, si
ha:
_
r
a
dx/x = log(r) log(a) = log(r/a) = t(r), da cui si evince che il
punto pu`o tendere a 0 per t e che r(t) = r(0) exp t. Quindi vi sono
due separatrici come variet`a stabili denite da p = q, che hanno lorigine
come punto limite a cui il moto tende a tempo +innito. Infatti la velocit` a si
annulla nellorigine come la distanza dallorigine e si ha una divergenza log-
aritmica dei tempi in funzione delle distanze. Su tutte le altre orbite il moto
tende allinnito per tempo tendente a +innito. Si dimostra quindi, pren-
dendo i dati iniziali su queste separatrici, vicini quanto si vuole allorigine,
che lorigine `e un punto sso instabile del tipo punto a sella. In re-
alt` a, come abbiamo visto, ci sono delle variet`a stabili su cui il moto tende
allorigine, per cui si dice pi` u precisamente che il punto `e iperbolico. Si ha
inoltre che lorigine delle congurazioni `e un punto di massimo del potenziale
e una congurazione di equilibrio instabile.
3.17 Centro nello spazio delle fasi e stabilit`a di un
moto stazionario
Esempio 3: centro delimitato dalla chiusura di una separatrice
Sia m = 1 e V (q) = (q
2
q
3
)/2 per cui la derivata V (q)

= q 3q
2
/2 si
annulla in 0 e in q = q
m
= 2/3, con derivata seconda V (q)

= 1 3q positiva
a 0 e negativa in q
m
che risulta un punto di massimo. Quindi nellorigine
dello spazio delle consurazioni si ha un minimo locale in senso stretto del
81
potenziale, e la stessa cosa succede nellorigine dello spazio delle fasi. In
q = q
m
si ha un massimo del potenziale di valore V
m
= 2/27. Quindi, se
il dato iniziale `e tale che lenergia totale `e minore di questo valore, e la po-
sizione iniziale q
0
< q
m
, avremo che il moto dovr`a soddisfare sempre a questa
condizione: q(t) < q
m
. Ma per la divergenza del potenziale per q , il
moto nello spazio delle fasi sar`a connato in un aperto contenente lorigine
e contenuto in un compatto delimitato da una separatrice che nasce
e muore nel punto critico x
0
= (0, q
m
).
Per un > 0 piccolo, il dominio H(x) <
2
ha una componente connessa
che tende ad un disco aperto di raggio . Se quindi, per qualunque abbas-
tanza piccolo, prendiamo il dato iniziale nellintorno dellorigine denito da
[x
0
[ < = /2, , si ha che il moto soddisfa sempre alla condizione [x(t)[ < .
Per completare lanalisi del problema diremo che la curva di livello di energia
E = 2/27 si spezza in un punto critico (2/3, 0) e in tre separatrici, di cui
una nita con moto che tende al punto sso per t , ed insieme
al punto critico delimita la regione a centro, con orbite chiuse e moti
periodici.
Esempio 4: centro delimitato dalla chiusura di due separatrici
Sia m = 1 e V (q) = (q
2
q
4
)/2 per cui la derivata V (q)

= q 2q
3
si annulla
in 0 e in q = q
m
= 1/2, con derivata seconda V (q)

= 1 6q
2
positiva a
0 e negativa in q
m
che risultano punti di massimo.
Quindi nellorigine dello spazio delle consurazioni si ha un minimo locale in
senso stretto del potenziale, e nellorigine dello spazio delle fasi c`e un min-
imo isolato dellhamiltoniana.
In q = q
m
si ha un massimo del potenziale di valore V
m
= 3/32 > 0. Quindi,
se il dato iniziale `e tale che lenergia totale `e minore di questo valore, e la
posizione iniziale [q
0
[ < 1/2, avremo che il moto dovr` a soddisfare sempre a
questa condizione: [q
t
[ < 1/2.
Daltra parte, il moto nello spazio delle fasi sar` a connato in un aperto conte-
nente lorigine e contenuto in un compatto delimitato da due separatrici
che nascono e muoiono nei due punti critici x
0
= (0, q
m
). In questo
aperto, le curve di livello dellhamiltoniana disegnano una struttura a cen-
tro attorno allorigine.
Per un > 0 piccolo, il dominio 0 < H(x) <
2
/2 ha una componente con-
nessa che approssima un disco aperto di raggio per 0
+
.
82
Vogliamo dimostrare che in certi casi vi `e una famiglia continua di orbite
chiuse regolari nello spazio delle fasi in cui si hanno moti periodici.
Lemma (centro)
Poniamo m = 1. Sia V (q) dierenziabile con un un minimo non de-
genere nellorigine: V (0) = V

(0) = 0, V

(0) = 1. Allora lorigine nello


spazio delle fasi `e un centro, cio`e `e circondato da una famiglia di orbite
chiuse limitate, dipendenti dallenergia totale,
E
H(E)
1
, 0 < E < E
0
,
che tendono uniformemente allorigine per E 0, su cui si hanno moti pe-
riodici con periodo T(E) 2 per E 0
+
(isocronoismo delle piccole
oscillazioni).
Nota
I risultati non cambiano se con V
j
(0) = 0, j < 2n; V
2n
> 0, solo che, in
questo caso, T(E) 0 per E 0
+
. Inoltre, se chiamiamo
E
= max[x[, x

E
e
E
= min[x[, x
E
, si ha
E
= O(
n
E
) per E 0
+
. I risultati non
cambiano anche nel caso di derivate a 0 tutte nulle, come per il potenziale
V (0) = 0, V (q) = exp(1/q
2
), q ,= 0, ma in questo caso si ha:
E
= O(

E
)
per E 0
+
.
Notiamo che lhamiltoniana ha andamento monotono decrescente uniforme
verso lorigine:
H(x)
r
2
=
(p
2
+ 2V (q))
2r
2
=
(p
2
+ q
2
)
2r
2
+O(
[q[
3
r
2
) =
1
2
+O(r), r = [x[,
il gradiente dellhamiltoniana

x
H(x)
r
=
(pe
p
+V

(q)e
q
)
r
=
pe
p
+qe
q
r
+O(
q
2
r
) =
x
r
+O(r)
`e diverso da 0 nelle vicinanze dellorigine e si annulla linearmente nellorigine
mentre il laplaciano dellhamiltoniana `e positivo in un intorno dellorigine:
H(x) = (
p
2
2
+ V (q)) = 1 +V

(q) 2, per x 0.
Nellorigine, si ha quindi un punto di minimo in senso stretto isolato.
Se confrontiamo con lhamiltoniana delloscillatore armonico H
0
(x) > 0, per
x ,= 0, si ha
lim
x0
H(x)
H
0
(x)
= 1,
83
Dato un valore di E > 0, la curva di livello
0
(E) di H
0
`e un cerchio di raggio
r =

2E.
Anche nel caso dellhamiltoniana H(x), per E > 0 abbastanza piccola, esiste
la curva di livello
E
che dista dallorigine [x[ =

2E + O(E
3/2
) per ogni
x
E
.
Quindi, esiste un intorno dellorigine in cui le curve di livello chiuse dellenergia

E
tendono uniformemente allorigine per E 0
+
, e quindi formano una
struttura a centro.
Inoltre, per E 0
+
le curve di livello tendono ai cerchi delloscillatore.
La velocit` a del moto diviso il raggio del cerchio tende al valore unitario:
delloscillatore:
[v(x)[
r
=
[I
x
H(x)[
r
1, r 0
+
.
Quindi, queste curve di livello chiuse, di lunghezza tendente a 2r, sono le
orbite di moti periodici, di periodo tendente a 2 per lenergia ed il
raggio tendente a zero.
Denizione di stabilit`a dellequilibrio secondo Lyapunov.
Sia il potenziale V di clase C
1
. Sia data una congurazione di equilibrio q
0
,
con V (q
0
) = 0, ed il corrispondente punto critico x
0
= (q
0
, 0) su cui si
annulla la velocit`a nello spazio delle fasi: v(0) = (
q
H,
p
H)(0) = 0. Di-
remo che la congurazione di equilibrio `e stabile se `e stabile il moto
stazionario associato nello spazio delle fasi: x(t) 0 nel senso di Lya-
punov. Dato un usso hamiltoniano denito da una hamiltoniana H in uno
spazio delle fasi R
n
, diremo che un moto x(t) `e stabile nel senso di Lyapunov
se per > 0, > 0 tale che per qualunque moto x
1
(t) con [x(0)x
1
(0)[ < ,
si ha [x(t) x
1
(t)[ < .
Non stabilit`a dellequilibrio nel caso di potenziale localmente costante.
Nel caso di funzione V costante basta prendere un dato iniziale 0, p
0
con
[p
0
[ = > 0, e piccolo a piacere, per avere grandi spostamenti per tempi
grandi: t >> 1/.
Daltra parte un punto di massimo o di esso del potenziale non cor-
risponde certamente alla stabilit` a dellequilibrio. Infatti basta spostare di
poco la posizione iniziale per avere un moto che non rimane vicino al punto
sso del usso. C`e sempre una traiettoria del moto (separatrice) che ha il
punto sso come punto limite e su cui si ha una velocit` a non nulla in direzione
84
opposta alla direzione del punto sso.
Infatti solo nel caso di q
0
minimo di V (q), il punto critico x
0
= (0, q
0
) `e
un punto isolato della curva di livello dellhamiltoniana H(x) = H(x
0
).
Lhamiltoniana H(p, q
0
) ha un minimo in direzione dellasse delle p per
qualunque q
0
. Quindi, se in una direzione dellasse delle q il potenziale `e
calante, esistono delle separatrici su cui lhamiltoniana `e costante. Ricor-
diamo che nel caso di potenziale analitico come questo `e necessario avere un
punto di minimo locale in senso stretto per avere stabilit`a dellequilibrio.
Teorema: stabilit`a del moto stazionario di un centro
Sia lorigine dello spazio delle fasi un centro. Allora `e anche un punto di
equilibrio stabile.
Dimostrazione
Supponiamo che lorigine sia un punto di minimo in senso stretto isolato di
energia nulla:
H(0) = 0,
x
H(0) = 0,
x

T
x
H(0) > 0.
Per denizione, esiste E
0
> 0 ed una famiglia di curve di livello
E
regolari,
chiuse e limitate che contengono allinterno lorigine per 0 < E < E
0
, e che
tendono uniformemente allorigine per E 0
+
.
Se

E
= max[x[
E

E
= min[x[
E
> 0,

E
0
+
per E 0
+
. Quindi, per > 0 abbastanza piccolo esiste E, tale
che =
E
e vale il criterio di stabilit` a con il
E
= corrispondente, ed il
teorema `e dimostrato.
Esempio notevole di equilibrio stabile di un punto diverso da un
centro: centro di coppie di separatrici
Un punto sso pu` o essere stabile senza essere un centro.
Sia V C
1
, V (0)

= 0, V (q) 0, n N, esistono due successioni di mas-


simi decrescenti dalle due parti q
j
0
+
, V (q
j
) 0
+
j ,
Sia m = 1/2, e il potenziale del tipo V (0) = 0,
V (q) = f(z) = exp(z) cos
2
z 0, q ,= 0, z = 1/q
2
, V

(q) =
1
2q
3
f

(z),
f

(z
n
) = (1 + 2 tan(z
n
))f(z
n
) = 0, tan(z
n
) = 1/2
85
dove i z
n
sono massimi di f(z) che si alternano ai minimi (n + (1/2)). I
valori dei massimi tendono a 1 per q , e tendono a 0 per q 0. Quindi,
per [x(0)[ < << 1, il moto resta connato tra due separatrici che partono
da due punti di massimo simmetrici [q
n
[ = 1/z
2
n
< . Per 0, 0, per
cui si ha la stabilit` a anche se lorigine non `e un centro e neppure un
minimo isolato.
Vi sono inniti punti positivi e negativi che si accumulano dalle due parti
dellorigine in cui il potenziale ha massimi decrescenti e minimi in cui si an-
nulla. Quindi si ha un potenziale di classe C

che non ha un punto di


minimo in senso stretto nellorigine, ma lorigine `e una congurazione
di equilibrio stabile. Infatti, per qualunque > 0, esiste un intorno con-
nesso: B

dellorigine nello spazio delle fasi, con A

= x; 0 H(x) <
exp (1/
2
), contenuto in un disco: B

[x[ < e che contiene un disco


[x[ < B

per un positivo opportuno. Infatti, il potenziale va a zero


molto rapidamente per q tendente a zero, mentre landamento dellenergia
cinetica `e quadratico nella p. Quindi B

, per piccolo, contiene un disco


x
2
< (1/2) exp (1/
2
) =
2
. Vale quindi la stabilit` a di Lyapunov, con
queste coppie di variabili (, ).
Esempio di inessione a cuspide con instabilit`a del moto stazionario
nellorigine
Sia ora V (q) = q
3
con massa m = 1/2. Si ha H(p, q) = p
2
q
3
. Il gradiente
di H: H = (2p, 3q
2
) si annulla solo nellorigine per energia nulla. In
questo caso, la curva di livello `e data da p
2
(q) = q
3
, ed esiste reale solo per
q 0. Le due branche della curva: p(q) = q
3/2
si incontrano in q = 0 dove
sono tangenti allasse delle q. La curva di livello si separa in tre traiettorie:
il punto critico x = (0, 0) e due separatrici. La legge del moto sulle separa-
trici pu` o essere ricavata dalla conservazione dellenergia: (1/4)( q)
2
= q
3
da
cui si ottiene q = 2q
3/2
. Si risolve per separazione di variabili:
_
q(t)
q
0
q
3/2
dq = 2((1/
_
q(t)) (1/

q
0
)) = 2t
da cui si ottiene:
q(t) = 1/(t + (1/

q
0
))
2
.
Nel caso di segno + si vede che il punto va a 0 in un tempo innito, mentre
nel caso il punto va allinnito al tempo nito t = (1/

q
0
). In questo
86
caso si dice che il problema `e incompleto perch`e non dice cosa succede dopo
che il punto `e andato allinnito. Nellorigine dello spazio delle fasi c`e un
punto di equilibrio instabile in quanto vi sono punti prossimi quanto si
vuole allorigine nello spazio delle fasi che stanno sulla separatrice in cui il
moto tende all. Infatti lorigine delle q non `e un punto di minimo ma un
punto di esso del potenziale.
87
Ogni azione di natura `e fatta per la pi` u breve via.
Leonardo (1483-1515) Quad. di Anat. IV fol. 16
La nature agit toujours par le voies le plus courtes.
Fermat (1657-1661)
Questo principio di Fermat (-Leonardo) riguarda la lunghezza di un raggio
luminoso che congiunge due punti dati ed estende il principio di Archimede
per la propagazione libera e quello di Erone (legge di riessione) in presenza
di specchi. In realt`a, si deve denire la metrica in funzione dellindice di
rifrazione. Ne risulta quindi che il principio si esprime pi` u semplicemente
in termini del tempo minimo di percorrenza. Nel fenomeno del miraggio
si possono trovare contemporaneamente due raggi con gli stessi estremi e
di lunghezza localmente minima (con tempi di percorrenza localmente min-
imi). In questo caso si vede, oltre allimmagine della palma in alto (reale),
limmagine della palma in basso, come se fosse riessa da uno specchio
dacqua.
4 Principio variazionale di Hamilton in forma
hamiltoniana
Sia data lhamiltoniana H(x, t), denita sullo spazio delle fasi esteso al tempo,
x = (p, q) R
n
, n = 2l, l Z
+
, di classe C
2
ed il funzionale di azione A
denito sullo spazio dei moti locali di classe C
2
, x = x(t) R
n
, t [0, a],
S(x) =
_
a
0
(p. q H(x, t))dt.
Consideriamo le variazioni dei moti di classe C
2
, in modo da ottenere moti
variati x

(t) = x(t) + x(t), con


x

(t) = x(t) +
t
x(t) := x(t) + x(t), x =

x,
88
con la condizione agli estremi: q(0) = q(a) = 0.
`
E denito il dierenziale
del o variazione del funzionale S(x), F
x
(x) lineare omogeneo in x, con
S(x

) =
_
a
0
(p

. q

H(x

, t))dt = S(x) + F
x
(x) + O((x)
2
).
Un moto x si dice estremale del funzionale S se la variazione o dieren-
ziale di S(x), `e nulla: S(x) := F
x
(x) 0.
Teorema
Condizione necessaria e suciente perch`e la variazione di S sia nulla `e che i
moti siano soluzioni delle equazioni canoniche. Ovvero: i moti estremali del
funzionale di azione S(x) sono i moti canonici.
Dimostrazione
Facendo un integrale per parti:
S(x) = F
x
(x) =
_
a
0
( q.p+p. q
x
H(x, t).x)dt =
_
a
0
( q.p+p.(
t
q)
x
H(x, t).x)dt =
=
_
a
0
( q.p p.q
q
H(x, t).q
p
H(x, t).p)dt =
=
_
a
0
(( q
p
H(x, t)).p ( p +
q
H(x, t)).q)dt = 0,
per qualunque x, se e solo se
p =
q
H, q =
p
H
cio`e il moto `e canonico:
x = I
x
H(x, t).
Nota
Il principio variazionale non cambia se si pongono le condizioni ulteriori sulle
variazioni: p(a) = p(0) = 0. Infatti, la variazione nulla agli estremi non
cambia la necessit`a che i moti, comunque continui, siano canonici su (0, a)
e quindi per continuit`a sul compatto [0, a]. Questa condizione, per quanto
inutile, rende il principio simmetrico nello scambio delle q con le p.
89
Consideriamo ora un sistema autonomo di hamiltoniana H(x), ed un prin-
cipio variazionale per la traiettoria orientata = [x(t)] del moto, intesa
come classe di equivalenza di moti.
In quasi tutte le opere, anche le migliori, questo principio `e presentato in
una forma tale che `e impossibile capirlo.
C.Jacobi. Cours de dynamique (1842-1843).
Stranamente questa considerazione `e ancora attuale!
Teorema (principio di minima azione di Maupertuis)
Sia dato un sistema hamiltoniano autonomo, cio`e con hamiltoniana in-
dipendente dal tempo: H = H(x), denito sullo spazio delle fasi di di-
mensione pari x R
n
, n = 2l, e siano dati due punti isoenergetici diversi
x
0
, X M(E) = H
1
(E), o meglio su una componente connessa di M(E).
Lintegrale di azione ridotta
W
M(E),x
0
,X
() = W() =
_

T
0
p().

q() d =
_
T
0
p(t). q(t) dt,
dove

T = x
1
(X), T = x
1
(X), denito sulle traiettorie orientate di
estremi x
0
, X, M(E) = H
1
(E), con terminologia impropria si dice
che si hanno (variazioni isoenergetiche), `e estremale sempre e soltanto
sulle traiettorie dei moti canonici (soluzioni delle equazioni canoniche del
moto con hamiltoniana H(x)). Il funzionale `e indipendente dal parametro del
moto = (t), in generale diverso dal tempo t (variazioni asincrone),
ma con

(t) > 0 per mantenere lorientazione. Infatti,


x((t)) = x(t), q(t)dt =

q()
t
(t)dt =

q()d.
Nota
Si pu` o pensare che le traiettorie canoniche siano geodetiche di M(E).
Questo `e vero per la proiezione della traiettoria e della variet`a M(E) nello
spazio delle congurazioni, ottenedo rispettivamente
q
e M
q
(E), come ve-
dreme in seguito.
Dimostrazione
90
Usiamo il metodo dei moltiplicatori di Lagrange. In questo modo, consid-
eriamo la funzione b() > 0 come una famiglia di parametri variazionali, e
consideriamo il nuovo funzionale e il relativo principio variazionale in (x, b):
W
b
( x) =
_

T
0
[ p().

q() b()(H( x()) E)]d, x(0) = x


0
, x(

T) = X,
W
b
( x) = 0.
Nota
I diversi funzionali W
b
si riducono ad W
1
per cambimento della variabile tem-
porale. Questa riduzione `e necessaria per avere lunicit`a del moto estremale.
Daltra parte, al variare di b, si hanno moti estremali x((t)) = x(t) con la
stessa taiettoria ed un diverso parametro che non `e generalmente il
tempo. Sia:
b((t))d(t) = dt
d(t)
dt
=
1
b((t))
,
W
1
(x) =
_

T
0
[ p().

q() b()(H( x()) E)]d =


=
_
T
0
[p(t). q(t) (H(x(t)) E)]dt.
Imponiamo ora lazzeramento del dierenziale del funzionale W
1
(x) sul moto
x(t) con variazione x(t) non condizionata, e dove t `e il parametro tempo:
W
1
(x) :=
_
T
0
[p(t). q(t)(H(x(t))E)]dt =
_
T
0
[p. q+p. q
x
H(x).x]dt =
=
_
T
0
[p. q p.q (
q
H(x).q +
p
H(x).p)]dt =
=
_
T
0
[p.( q
p
H(x)) ( p +
q
H(x))).q]dt = S(x) = 0,
se, e solo se,
q
p
H(x) = p +
q
H(x) = 0, ovvero x = I
x
H(x),
91
cio`e il moto `e canonico con hamiltoniana H(x) e la sua traiettoria ori-
entata = [x] `e estremale per il funzionale condizionato W.
Linsieme dei moti x(), estremali per i rispettivi funzionali W
b
, rappresen-
tano la stessa traiettoria del moto canonico x, = [x] che `e la vera e unica
soluzione del principio variazionale .
Si noti che il dierenziale di W
1
, con il parametro t ssato, non dipende
dalla costante ET e quindi coincide con quello del principio di Hamil-
ton che vale per il moto canonico.
Dimostrazione diretta
Se ci accontentiamo di dimostrare che una condizione suciente per la
validit`a del principio variazionale, `e quella che il moto, con una opportuna
scelta del parametro tempo, `e canonico, possiamo dare una dimostrazione
diretta. Consideriamo il principio variazionale originale senza moltiplica-
tori, b = 0 per i moti che soddisfano le condizioni agli estremi: x(0) = x
0
,
x(T) = X, e variazioni che mantengono lhamiltoniana costante. Si vede
direttamente che se un moto x((t)) = x(t), dove t `e il tempo, `e canonico,
allora soddisfa il principio variazionale:
W() =
_

T
0
[ p().

q() + p().

q()] d =
=
_
T
0
[p(t). q(t) + p(t). q(t)] dt =
_
T
0
[p(t). q(t) + p(t).

q(t)] dt =
=
_
T
0
[p(t). q(t) p(t).q(t)] dt =
_
T
0
[p(t).
p
H(x(t))+
q
H(x(t)).q(t)] dt =
=
_
T
0

x
H(x(t)).x(t)dt = 0,
perche H(x(t)+x(t))H(x(t)) 0 a tutti gli ordini di x(t), essendo garan-
tito per ipotesi che le variazioni mantengono lhamiltoniana costante.
4.1 Traiettorie canoniche nello spazio delle congu-
razioni
q
come geodetiche
Consideriamo il sistema conservativo di un punto materiale vincolato su una
supercie regolare. In questo caso il problema `e libero, V (q) = 0, e lenergia
92
totale E 0 (in realt`a si ssa E > 0) solo cinetica, ed il modulo
della velocit`a nello spazio delle congurazioni, si conservano. Dal
teorema precedente sappiamo che lintegrale dellazione ridotta `e estremale
sulla traiettoria canonica per variazioni isoenergetiche e asincrone. In
questo caso,
2T = 2E = mv
2
= p.v = [p[[v[ = p
E
(q)[ q[ 0 , (90)
essendo p = mv = m q, e
p
E
(q) =
_
2m(E V (q)) =
_
2m(E) = p
E
.
Lintegrale di azione ridotta (90):
W() =
_
t
x
0
p
E
[ q(t)[dt = p
E
_

q
d[q[ = p
E
s(
q
) = 2Et
x
,
dove ds = [dq[ `e lelemento di lunghezza euclidea,
q
= [q] `e la traiettoria
del moto q(t) nello spazio delle congurazioni e dove t
x
`e la durata totale del
moto x, x(t
x
) = X = (P, Q). Quindi, essendo p
E
una costante denita dal
valore dellenergia, il teorema dice che la lunghezza s(
q
) della traiettoria
del moto reale sulla variet` a M
q
nello spazio delle congurazioni tra
q
0
e Q `e estremale (localmente minima). Anche il tempo di percorrenza
t
x
del moto reale `e quindi minimo e questo principio variazionale `e dello
stesso tipo di quello di Leonardo-Fermat. Nel caso della sfera, si vede che le
traiettorie sono degli archi di geodetiche, minimi locali in senso stretto
del funzionale. Se gli estremi sono agli antipodi, si tratta di minimi in
senso debole.
Traiettorie
q
dei moti canonici proiettati nello spazio delle congu-
razioni q(t) con la metrica di Jacobi sono geodetiche della variet`a di
livello M(E) = H
1
(E) proiettata sullo spazio delle congurazioni,
M
q
(E). Altra forma del principio di minima azione.
Consideriamo il caso generale di un sistema di particelle con hamiltoniana
indipendente dal tempo e potenziale indipendente dalle velocit`a:
H(x) = T(x) + V (q).
93
Supponiamo che lenergia cinetica sia una forma quadratica denita posi-
tiva sullo spazio delle velocit` a:
T = T(x) =
1
2
q.A q, A = A
T
= A(q) > 0, p =
q
T = A q, T =
1
2
p. q,
e che lo spazio delle congurazioni sia una variet` a riemanniana con metrica
locale riemanniana:
d
2
= dq.A(q)dq = 2T(q, q)dt
2
, d =

2Tdt.
Quindi, per q ssato,
_
dq.Adq =
_
<

Adq,

Adq > = |

Adq| = |dq|
A
= d
`e una metrica di Riemann locale dello spazio delle congurazioni denita da
una norma. Fissata una costante E R, consideriamo anche la metrica
di Jacobi
ds =

2Td :=
_
2(E V (q))d = p
E
(q)d, p
E
(q) > 0,
dove la denizione di p
E
(q) `e anche quella di una particella di massa uni-
taria, in una regione connessa dello spazio delle congurazioni si-
camente permessa, cio`e dove E V (regione di Hill). La metrica di
Jacobi non modica sostanzialmente la metrica locale di Riemann, si ha solo
che la matrice positiva A `e sostituita dall matrice semidenita positiva G:
ds = |dq|
G
, G(q) = p
2
E
(q)A(q).
Naturalmente, i punti di inversione, dove E = V (q), non possono essere
trattati direttamente, ma solo tramite procedimenti di limite successivi. Us-
ando

2Tdt per denire la metrica di Riemann e anche come fun-


zione delle posizioni nello spazio delle congurazioni ad energia s-
sata per modicarla, abbiamo lespressione della metrica, riemanniana
(semidenita) positiva, detta di Jacobi:

2Tdt =
_
dq.Adq := d, 2Tdt =

2T(

2Tdt) = p
E
(q)d = ds,
e dellazione ridotta per un moto x(t) = (p(t), q(t)) con x(t
x
) = X:
W
M(E),x
0
,X
() =
_
t
x
0
p. qdt =
_
t
x
0
2Tdt =
_
t
x
0

2T

2Tdt =
94
=
_
t
x
0
_
p
2
E
(q) < q, A q >dt =
_
t
x
0
_
< q, G q >dt =
=
_

q
p
E
(q)d =
_

q
ds = s(
q
),
`e la lunghezza della traiettoria
q
del moto q(t) in M
q
(E), estremale sui moti
reali.
Quindi, `e dimostrata unaltra versione del:
Teorema di Maupertuis:
Data lhamiltoniana
H = H(x) = T(x) + V (q) =
1
2
< q, A(q) q > +V (q),
dove la matrice A `e positiva, e ssata lenergia E > inf
q
V (q), le traiet-
torie
q
dei moti reali su M
q
(E), sono geodetiche nella metrica di Jacobi:
ds
2
= 2(E V (q)) < dq, A(q)dq > per V (q) < E.
Esercizio del Pendolo sferico.
Si tratta del sistema meccanico, che abbiamo gi` a visto, di un punto mate-
riale con un vincolo: f(x) = x
2
1 = 0, che da R
3
porta lo spazio delle
congurazioni alla sfera M
q
= S
2
per cui, essendo la dimensione dello spazio
k = 3, la dimensione dello spazio delle congurazioni `e l = 2 e, tramite
una carta `e una parte di R
l
. Possiamo comunque lavorare pensando che lo
spazio delle congurazioni sia tutto R
l
= R
l
q
. Una volta ssata lenergia E,
e la massa m = 1 la supercie delle traiettorie M
q
(E) `e data dalla calotta
sferica chiusa, intersezione della sfera con il semispazio: x
3
E/g, dove
g > 0 `e laccelerazione di gravit` a sulla supercie della terra. La calotta viene
interamente percorsa dalle traiettorie del moto del pendolo piano. Come
coordinate lagrangiane usiamo le coordinate angolari delle coordinate
sferiche (q
1
= , q
2
= ), 0 q
1
, 0 q
2
< 2, essendo il raggio ssato:
r = 1. Ricordiamo la carta delle coordinate lagrangiane:
X
1
(, ) = sin cos , X
2
(, ) = sin sin , X
3
(, ) = cos .
Lenergia cinetica `e una forma quadratica positiva diagonale nelle velocit` a
(11):
T =
1
2
ds
2
dt
2
=
1
2
(

2
+ sin
2

2
).
95
Lenergia potenziale `e quella dovuta alla forza peso:
V (, ) = gX
3
(, ) = g cos .
Gli impulsi sono dati da
p
1
=

T =

:= q
1
, p
2
=

T = sin
2


:= sin
2
q
1
q
2
. (91)
Quindi lhamiltoniana vale:
H(p, q) = (p
2
1
+ (1/ sin
2
q
1
)p
2
2
) + g cos q
1
= E. (92)
Si noti che lhamiltoniana non dipende dalla coordinata q
2
(ciclica) per cui
dalle equazioni canoniche si ottiene la conservazione dellimpulso corrispon-
dente:
p
2
(t) = sin
2
q
1
(t) q
2
(t) = p
2
(0) = c, q
2
(t) =
c
sin
2
q
1
(t)
. (93)
Questo impulso non `e altro che la terza componente del momento an-
golare che si conserva perch`e le reazioni vincolari con direzione radiale e
la forza peso verticale hanno simmetria cilindrica. Per c ,= 0, il moto
di q
2
`e una traslazione che corrisponde ad una rotazione attorno allasse
verticale della sfera. Lo spazio delle fasi ha dimensione 4 per cui ci vor-
rebbero 3 costanti del moto per risolvere il problema, ma in certi casi come
questo, ne bastano due di tipo opportuno. Conoscendo due costanti del moto
si ottiene che il moto, in base ai dati iniziali, si restringe ad una curva che
pu` o anche coincidere con la traiettoria denita nello spazio delle fasi ridotto
q
1
S
1
, p
1
R, dalla equazione:
E =
1
2
(p
2
1
+
c
2
sin
2
q
1
) + g cos q
1
=
p
2
1
2
+V
c
(q
1
). (94)
I punti di inversione sono deniti da c
2
+(gx E)(1 x
2
) = 0 con al pi` u tre
soluzioni nellintervallo (1, 1). Ma poich`e le soluzioni sono in numero pari,
ne ha solo due nellintervallo. Si ricava quindi(91):
p
2
1
= q
2
1
= (p
E
(q
1
))
2
,
dove
p
E
(q
1
) =

c
2
sin
2
q
1
2g cos q
1
+ 2E, (95)
96
e da cui si ottiene: q
1
= p
E
(q
1
). Per separazione di variabili, si ha:
_
q
1
(t)
q
1
(0)
1
p
E
(q)
dq = t, (96)
dove si `e supposto di essere in un tratto di moto con velocit` a positiva.
Per c ,= 0, il moto non `e piano e il punto non pu` o trovarsi a q
1
= 0, , dove
diverge lenergia, per cui il moto nella variabile `e di tipo oscillatorio
tra due valori limite (96): 0 <
1
q
1

2
<
3
dove g cos
3
= E. Il
moto di q
2
(t) `e una traslazione (93) che corrisponde ad una rotazione sulla
sfera attorno allasse polare (0, e
3
), di periodo in generale diverso dal periodo
delloscillazione di per cui la traiettoria `e genericamnte una ghirlandina che
copre densamente una zona sferica.
La traiettoria nello spazio delle congurazioni `e una geodetica sulla sfera
con metrica di Jacobi:

2T

2Tdt =
_
(2E 2V (q))
_
< dq, A(q)dq > =
_
< dq, G(q)dq > = ds,
A(q) > 0, 0 < q
1
< , G(q) = (2E2V (q))A(q) > 0, per E > V (q) g,
s
2
(t) =< q, G q > (t) = c
1
[(cos(q
1
))( q
2
1
+sin
2
(q
1
) q
2
2
)](t) = c
2
1
(cos(q
1
))
2
(t),
dove = E/g, c
1
= 2g. Per c ,= 0 la metrica non `e mai singolare.
Notiamo che la metrica di Riemann sulla sfera `e quella denita da (11):
2Tdt
2
=< dq, Adq >= d
2
e con questa metrica si ottengono le geodetiche che coincidono con i cerchi
massimi. La metrica di Jacobi ds
2
= (2E 2V (q))d
2
, che adesso usiamo,
`e una modica di questa, e resta una metrica di Riemann sullaperto
denito da E > V (q) g, che corrisponde ad una calotta sferica aperta.
Per c ,= 0 il mto si restringe ad una zona sferica contenuta nella calotta
aperta.
Si hanno quindi le equazioni per la traiettoria (39) nel parametro intrinseco
s,
v

+
G
1
(q)
2
2 < v,
q
> G(q)v
q
< v, G(q)v > = 0,
97
v = v(s) = q

(s), v

(s) = q

(s). (97)
In questo caso, il sistema delle quazioni `e molto semplice perch`e la matrice
G `e diagonale:
v

1
+
1
2g
11
2(v
1

1
+v
2

2
)g
11
(q)v
1

1
(g
11
(q)v
2
1
+g
22
(q)v
2
2
) =
= v

1
+
1
2g
11
(v
2
1

1
+ 2v
1
v
2

2
)g
11
(q) v
2
2

1
g
22
(q)) = 0,
v

2
+
1
2g
22
(v
2
2

2
+ 2v
1
v
2

1
)g
22
(q) v
2
1

2
g
11
(q)) = 0,
ovvero, considerando che q
2
`e ciclica,
v

1
+
v
2
1
2

1
g
11
(q)
g
11
(q)

v
2
2
2

1
g
22
(q)
g
11
(q)
= 0, (98)
v

2
v
2
+ v
1

1
g
22
(q)
g
22
(q)
=
v

2
v
2
+
s
q
1

1
g
22
(q)
g
22
(q)
=
v

2
v
2
+

s
g
22
(q)
g
22
(q)
= 0, (99)
perch`e non c`e dipendenza da q
2
, dove
g
11
= ( cos(q
1
)), g
22
= ( cos(q
1
)) sin
2
(q
1
) = g
11
sin
2
(q
1
).
In particolare, dalla (99) si ottiene:
ln v
2
=
_

1
g
22
(q)
g
22
(q)
(v
1
ds) =
_
ln g
22
(q
1
)

dq
1
= ln(g
22
(q
1
))+C, v
2
=
c
2
g
22
(q
1
)
,
ovvero, si ha un integrale primo:
v
2
= q
2
(s)

=
q
2
(t)
s(t)
=
c
2
( cos(q
1
)) sin
2
(q
1
)
=
2gc
2
s(t) sin
2
(q
1
)
,
corrispondente alla terza componente del momento angolare c e allequazione
(87):
q
2
=
2gc
2
sin
2
(q
1
)
=
c
sin
2
(q
1
)
.
Si vede dalle (98, 99) che i punti di inversione, dove g
11
(q) = g
22
(q) = 0
non possono essere considerati direttamente nelle equazioni, ma sono pre-
senti nelle soluzioni come casi limite per c = 0.
98
Esercizio 2
Parabola di un grave. Supponiamo che il campo di forza abbia una sola
direzione f = fe
3
e che q(0) = 0, V (0) = 0, e la velocit`a iniziale sia nor-
male a e
2
: v
0
= v
1
(0)e
1
+ v
3
(0)e
3
, v
1
(0) > 0, v
3
(0) > 0 per cui il moto si
mantiene in un piano dello spazio delle congurazioni: q(t) = q
1
(t)e
1
+q
3
(t)e
3
.
Il problema `e separabile nelle due coordinate q
1
, q
3
e anche lenergia `e
separabile:
E = (m/2)(v
1
(0)
2
+ v
3
(0)
2
) + V (0) = m
v
1
(0)
2
2
+m
v
3
(0)
2
2
= E
1
+ E
3
.
Il moto libero nella variabile q
1
: q
1
(t) = 0, si risolve banalmente:
q
1
(t) = v
1
(0)t +q
1
(0) = v
1
(0)t =

2mE
1
m
t =
p
1
(E
1
)
m
t.
Il moto nellaltra variabile segue il solito schema, con la positivit` a della ve-
locit`a per tempi piccoli:
m
2
q
2
3
+V (q
3
) =
p
2
3
2m
+ V (q
3
) = E
3
, q
3
=
p
3
(E
3
, q
3
)
m
=
_
2m(E
3
V (q
3
))
m
,
e per separazione delle variabili,
t(q
3
) =
_
q
3
0
m
p
3
(E
3
, x)
dx,
e quindi lequazione della traiettoria:
Q
1
(q
3
) = q
1
(t(q
3
)) = v
1
(0)t(q
3
) = v
1
(0)
_
q
3
0
m
p
3
(E
3
, x)
dx =
_
q
3
0
p
1
(E
1
)
p
3
(E
3
, x)
dx, (100)
dove abbiamo posto p
1
(E
1
) = mv
1
(0) e la radice `e presa positiva per conti-
nuit` a dai dati iniziali per t piccolo positivo.
Trattiamo quindi il problema con il principio di minima azione di Mau-
pertuis con la metrica di Jacobi. Lintegrale di azione `e
A =
_
q
3
0
_
2E 2V (x)
_
m(1 + (Q

1
(x))
2
)dx =
_
q
3
0
p(E, x)
_
(1 + (Q

1
(x))
2
)dx,
99
dove Q

1
(x) =
x
Q
1
(x), p(E, x) =
_
2m(E V (x)). Se consideriamo le
equazioni di Eulero-Lagrange che derivano dal principio variazionale di min-
ima azione A, con x = q
3
al posto del tempo, si ha limpulso p
1
conservato,
perch`e lintegrando `e ciclico in q
1
:
L(q
1
, q
1
, t) = p(E, t)
_
1 + ( q
1
)
2
, p
1
=
q
1
L(q
1
, q
1
, t).
Possiamo identicare limpulso costante p
1
con limpulso p
1
(E
1
) gi` a consid-
erato, salvo verica nale. Quindi si conserva
p
1
=
Q

1
p(E, x)
_
(1 + (Q

1
(x))
2
) = a
Q

1
(x)
_
1 + (Q

1
(x))
2
= c,
dove
x = q
3
, a = p(E, x), c = p
1
= p
1
(E
1
) =
_
2mE
1
= mv
1
(0).
Dallequazione precedente, prendendo sempre le radici positive, e ponendo
y = Q

1
(x):
ay = c
_
(1 + y
2
), a
2
y
2
= c
2
(1 + y
2
), y = c/
_
(a
2
c
2
),
otteniamo:
q

1
(x) =
c
_
2m(E V (x)) c
2
=
p
1
(E
1
)
_
2m(E
1
+ E
3
V (x)) 2mE
1
=
=
p
1
(E
1
)
_
2m(E
3
V (x))
=
p
1
(E
1
)
p
3
(E
3
, x)
,
dove abbiamo preso radici positive per continuit`a rispetto ai dati iniziali, e
abbiamo posto x = q
3
. Integrando la Q

1
(q
3
), si ha lequazione della traietto-
ria: q
1
= Q
1
(q
3
) (100), avendo identicato p
1
= p
1
(E
1
).
100
5 Struttura simplettica dello spazio delle fasi
hamiltoniano
Denizioni e assunzioni preliminari
Intendiamo sempre che lo spazio delle fasi `e R
2l
= R
n
, dove l Z
+
, e che lo
spazio delle fasi esteso allasse dei tempi `e R
m
, m = n + 1. Un punto nello
spazio delle fasi esteso `e y = (p, q, t) = (x, t) R
m
. Un osservabile o
grandezza sica f(y) `e una funzione regolare (C

) denita sullo spazio


delle fasi esteso, f : R
m
R. In generale, tutte le funzioni saranno consid-
rate regolari, cio`e di classe C

.
Consideriamo ora la matrice reale
2l 2l = n n, l Z
+
,
I = I
2l
=
_
0
l
1
l
1
l
0
l
_
, (101)
dove 0
l
, 1
l
sono le matrici nulla e la matrice identit` a l l rispettivamente.
Le dimensioni indicate al piede, vengono omesse dove sono implicitamente
evidenti.
Si noti che I `e antisimmetrica:
I
T
= I,
e che `e radice di 1 quindi `e invertibile e ortogonale:
I
2
= 1, det I
2
= (det I)
2
= (1)
n
= 1, det(I) = 1, I
1
= I = I
T
.
In realt` a il determinante della matrice I `e sempre unitario in quanto ha l
elemeti negativi e diventa diagonale trasponendo ciascuna delle l righe con
altre l righe. Quindi, in totale abbiamo un 1 alla potenza l + l
2
= l(l + 1)
che `e sempre pari.
Se H(x, t) `e la funzione hamiltonina, le equazioni canoniche del moto, sod-
disfatte dai moti canonici x
X
(t) per t R, di condizioni iniziali: x
X
(0) = X,
si scrivono:
x
X
(t) = I
x
H(x
X
(t), t) := v(x
X
(t), t) in particolare x
X
(0) = I
X
H(X, 0) := v(X, 0).
101
Esercizio 1
Intendiamo che x sia un vettore colonna R
2l
. Sia S una matrice reale
simmetrica 2l 2l, si ha un sistema hamiltoniano lineare,
x = ISx = Ax,
se lhamiltoniana `e quadratica:
H(x) =
1
2
< x, Sx >=
1
2
x
T
Sx.
Il problema di Cauchy con x(0) = X ha soluzione
x
X
(t) = U
t
X = exp(tA)X :=

j=0
(tA)
j
j!
X,
dU(t)
dt
= AU(t),
dove lo sviluppo in serie di potenze `e assolutamente convergente in norma
nello spazio euclideo E
2l
, dove la norma di una matrice `e data da: |A|
2
=

j,k
a
2
j,k
.
Denizione 1
Una matrice B, reale n n, n = 2l si dice hamiltoniana (o simplettica
innitesima) se vale la condizione:
B
T
I +IB = 0, ovvero B
T
= IBI . (102)
Teorema 1
Sia B una matrice reale n n, n = 2l.
Le seguenti aermazioni sono equivalenti:
i) la matrice B `e hamiltoniana,
ii) B = IS = S

I con S, S

matrici simmetriche, in particolare I `e hamilto-


niana,
iii) IB = S = IS

I `e simmetrica.
Inoltre, linsieme delle matrici hamiltoniane `e un gruppo addittivo e uno
spazio lineare, e il commutatore di due di queste matrici (preso come
parentesi di Lie), appartiene allo spazio. Quindi lo spazio `e lalgebra di
Lie chiamata sp(l, R).
Dimostrazione
Lequivalenza della iii)con la ii) `e immediata, essendo IB = I
2
S = S.
Lequivalenza della ii) con la i) segue ponendo B = IS nel primo membro
della (102):
S
T
I
T
I +I
2
S = S
T
S, (103)
102
da cui segue che la (102) `e soddisfatta se e solo se S `e simmetrica.
Che si tratti di uno spazio lineare viene dalla linearit`a della condizione
che lo denisce.
Dato un commutatore [B, C] = BC CB, essendo B = IS, C = IQ, con
S, Q simmetriche, si verica la ii):
(BC CB) = I(SIQQIS) := IG
dove G `e simmetrica:
G
T
:= (SIQQIS)
T
= (SIQQIS) = G.
Notiamo anche che si ha:
(IS)
T
:= B
T
= SI
1
= SI.
Osservazione 1
Se B `e una matrice hamiltoniana n n a blocchi l l:
B =
_
a b
c d
_
, B
T
=
_
a
T
c
T
b
T
d
T
_
,
allora,
B
T
I +IB =
_
c
T
c a
T
d
d
T
+a b
T
+ b
_
= 0.
impone che le matrici c, b siano simmetriche globalmente con l(l + 1) ele-
menti indipendenti, e le matrici a, d soddisno la condizione d +a
T
= 0, per
cui hanno globalmente 2l
2
l
2
= l
2
elementi indipendenti. Inoltre, si ha:
Tr(a
T
+d) = Tr(B) = 0.
Osservazione 2
La traccia di B sp(l, R), `e nulla. Infatti, dalla denizione: B
T
= IBI si
ha:
tr(B) = tra(B
T
) = tra(IBI) = tra(I
2
B) = tra(B) = 0.
Esistendo una relazione biunivoca tra matrici hamiltoniane e matrici sim-
metriche: B = IS, S = IB, la dimensione dello spazio sp(l, R) `e la
stessa della dimensione dello spazio delle matrici simmetriche 2l 2l:
2l(2l + 1)/2 = l(2l + 1).
103
Denizione 2
Una matrice reale n n si dice simplettica se vale la condizione:
A
T
IA = I. (104)
Poiche I `e ortogonale e quindi non singolare, anche A non `e singolare:
[A
T
IA[ = [A
T
[ [I[ [A[ = [A[
2
[I[ = [I[ =[A[
2
= 1 =[A[ = 1. (105)
Dimostreremo in seguito (107) che in realt`a
det(A) = 1.
Teorema 2
Linsieme delle matrici simplettiche nn, n = 2l, `e il gruppo moltiplicativo
dierenziabile di Lie chiamato Sp(l, R). Il gruppo `e chiuso per loperazione
di trasposizione: se A Sp(l, R), anche A
T
Sp(l, R) per cui si ha la
denizione equivalente:
AIA
T
= I. (106)
La matrice I appartiene al gruppo come si verica direttamente.
Dimostrazione
Consideriamo solo matrici n n. Loperazione di moltiplicazione `e bilineare
negli elementi delle due matrici e loperazione di inversione `e polinomiale negli
elementi della matrice perche il determinante `e sempre a quadrato unitario.
La matrice identit`a `e evidentemente simplettica di determinante unitario.
Se A `e in Sp(l, R)), e linversa soddisfa le condizioni,
A
T
I = IA
1
, A
1
= IA
T
I, (A
1
)
T
= IAI, [A
1
[ = (1)
n
[I[[A[[I[ = [A[,
per cui anche linversa `e in Sp(l, R)):
(A
1
)
T
IA
1
= (IAI)IA
1
= IAI
2
A
1
= IAA
1
= I.
Se anche C `e una matrice in Sp(l, R)), il prodotto AC `e in Sp(l, R)):
(AC)
T
IAC = C
T
(A
T
IA)C = C
T
IC = I, [AC[ = [A[[C[ = 1.
104
Se A `e simplettica, anche A
T
= IA
1
I lo `e:
(A
T
)
T
IA
T
= AIA
T
= AI(IA
1
I) = AA
1
I = I.
Osservazione 3
Il gruppo Sp(1, R) ha una struttura naturale di variet`a immersa in R
4l
2
, di
dimensione l(2l + 1) perch`e denita dai l(2l 1) vincoli indipendenti:
A
T
IA I = 0. Infatti,
A =
_
a b
c d
_
, IA =
_
c d
a b
_
, A
T
=
_
a
T
c
T
b
T
d
T
_
,
`e simplettica se vale il vincolo:
A
T
IA =
_
c
T
a (c
T
a)
T
(a
T
d c
T
b)
(a
T
d c
T
b)
T
d
T
b (d
T
b)
T
_
= I.
Quindi si vuole che le due matrici esplicitamente antisimmetriche c
T
a
(c
T
a)
T
, d
T
b(d
T
b)
T
siano nulle (l(l1) condizioni), e che la matrice a
T
dc
T
b,
priva di esplicite propriet`a di simmetria, sia una matrice determinata ( l
2
con-
dizioni.) Si hanno in tutto l(2l 1) condizioni in uno spazio 4l
2
dimensionale,
e quindi si ha una variet`a di dimensione
l(2l + 1) = 2l(2l + 1)/2.
Comunque, le condizioni indipendenti erano quante gli elementi indipendenti
di una matrice antisimmetrica, quindi la variet`a ha la dimensione delle ma-
trici simmetriche.
Si noti che vale la condizione det(a
T
d c
T
b) = det(1) = 1 e che essendo
det(a
T
d c
T
b) = det(A), si ha il determinante unitario:
det A = 1. (107)
Questo risultato si ottiene anche per continuit`a del gruppo e del deter-
minante in un intorno di A = 1, e per le propriet` a di gruppo. Infatti, Il
determinante pu` o assumere solo i valori discreti 1.
Caso unidimensionale
Nel caso di n = 2, si ha Sp(1, R) = SL(2, R) in perfetta coerenza con il fatto,
105
che vedremo, che lo spazio tangente `e sp(1, R), lo spazio delle matrici 22
a traccia nulla. Infatti,
A =
_
a b
c d
_
, IA =
_
c d
a b
_
, A
T
=
_
a c
b d
_
,
`e simplettica se vale:
A
T
IA =
_
0 (ad bc)
ad bc 0
_
= I
cio`e se [A[ = ad bc = 1. Quindi, la matrice A defnisce una trasformazione
lineare in R
2
che conserva larea e lorientazione. Il gruppo delle matrici di
rotazione in dimensione 2 sono un sottogruppo proprio del gruppo speciale
lineare e quindi del gruppo delle matrici simplettiche: SO(2) SL(2, R) =
Sp(1, R). Il gruppo delle matrici di rotazione in dimensione 2 ha una strut-
tura naturale di variet`a unidimensionale: il cerchio S
1
, mentre il gruppo
Sp(1, R) `e una variet` a tridimensionale con piano tangente in 1 dato da
sp(1, R), come proveremo di seguito, denito dalle combinazioni reali delle
tre matrici reali a traccia nulla scritte in termini delle matrici di Pauli:

1
,
3
, I
2
= i
2
.
Proposizione 1
Lo spazio tangente alla variet`a Sp(l, R) in 1 `e lo spazio sp(l, R):
T
1
Sp(l, R) = sp(l, R).
Dimostrazione
Sia A : R Sp(l, R) una curva regolare in Sp(l, R) passante per 1 a t = 0:
A(0) = 1,

A(0) T
1
Sp(l, R).
Essendo,
A(t)
T
IA(t) = I, A(0) = 1 = A
T
(0),
si ha:

A
T
(0)IA(0) + A
T
(0)I

A(0) = 0,

A
T
(0)I +I

A(0) = 0,
per cui

A(0) sp(l, R).
Viceversa, ad ogni matrice hamiltoniana B corrisponde almeno una curva
106
regolare simplettica A(t).
Osservazione 3
Pi` u in generale, lo spazio tangente T
A
Sp(l, R) in A = A(0), `e dato dalla
condizione su una famiglia regolare di matrici simplettiche A(t):

A
T
(0)IA(0) + A
T
(0)I

A(0) = 0, A
T
[(A
T
)
1

A
T
(0)I +I

A(0)A
1
]A = 0,
ovvero, essendo A e A
T
non singolari,
(

A(0)A
1
)
T
I +I

A(0)A
1
= 0.
Si ha quindi una caratterizzazione pi` u generale dello spazio hamiltoniano:
B =

A(0)A
1
(0) sp(l, R), (108)
per una famiglia regolare di matrici simplettiche con A(0) = A, e la dipen-
denza da A dello spazio tangente in A:

A(0) T
A
Sp(l, R) = (sp(l, R))A.
Notiamo che le matrici di sp(l, R) hanno traccia nulla in coerenza con
il fatto che il gruppo Sp(l, R) `e un gruppo speciale. La dimensione
della variet` a di Sp(l, R) `e la stessa di quella dello spazio lineare sp(l, R) che
coincide con quella delle matrici simmetriche 2l 2l: 2l
2
+l, come abbiamo
gi` a visto.
Proposizione 2
Sia B matrice hamiltoniana per cui valgono le propriet`a:
(B
T
I +IB)I = B
T
+ IBI = 0, B = S

I, B
T
= IBI = IS

,
allora
A(t) = exp(tB)
tR
`e una curva regolare nella variet`a delle matrici simplettiche, ed `e un sot-
togruppo abeliano ad un parametro, con A(0) = 1 e

A(0) = B.
Dimostrazione
Dalla denizione di esponenziale di una matrice, A(t) :=

j=0
(tB)
j
/j! , e
dalla propriet`a (B
j
)
T
= (B
T
)
j
, segue:
A
T
(t) = exp(tB
T
) :=

j=0
(tB
T
)
j
j!
.
107
Dalla propriet` a dellesponenziale numerico, poich`e le matrici B
j
commu-
tano tra loro, segue facilmente che
A
1
(t) = exp(tB) :=

j=0
(tB)
j
j!
,
come per le funzioni numeriche.
Quindi vale la condizione simplettica:
A
T
(t)I = IA
1
(t),
perche per tutte le potenze di grado j N dello sviluppo dellesponenziale,
si ha:
(tB
T
)
J
I = (tIS

)
J
I =
= (tIS

)(tIS

)..(tIS

)I = I(tS

I)(tS

I)..(tIS

I) = I(tS

I)
J
= I(tB)
j
.
Il fatto che

A(0) = B si prova in modo analogo al caso scalare, derivando la
serie termine a termine:

A(t) = B

j1=0
(tB)
j1
(j 1)!
= B

k=0
(tB)
k
k!
= BA(t).
Inoltre valgono le propriet`a di gruppo: A(0) = 1, A(t + s) = A(t)A(s).
Denizione 3
Si denisce prodotto antiscalare o simplettico su uno spazio vettoriale
reale V di dimensione pari n = 2l una forma bilineare : V V R an-
tisimmetrica e non degenere. Si dice che lo spazio V dotato di prodotto
simplettico `e dotato di una struttura simplettica.
Ricordiamo che una forma bilineare antisimmetrica `e non degenere se e
soltanto se, (u, v) = 0 per qualunque v V implica u = 0. Lesempio prin-
cipale `e V = R
n
. Data la base canonica e
j

j
, si ha la rappresentazione
matriciale di data dalla matrice rappresentativa antisimmetrica:
A
j,k
= (e
j
, e
k
) = A
k,j
, A = A
T
,
essendo in generale, x = x
j
e
j
, si ha:
(x, x

) = x
j
A
j,k
x

k
= x
T
Ax

=< x, Ax

> .
108
Se A = I, si ha il prodotto simplettico e la struttura simplettica
standard. In questo caso, se decomponiamo a blocchi, x = (p, q), x

=
(p

, q

), p, q, p

, q

R
l
, si ha,
(x, x

) = x
T
Ix

= (p
T
, q
T
)
_
0 1
1 0
__
p

_
= (p
T
, q
T
)
_
q

_
=
= (p
T
q

q
T
p

) = (< p, q

> < q, p

>).
Denizione 4
Sia dato un prodotto simplettico in R
n
. Una base simplettica `e una base tale
che il prodotto simplettico `e standard, cio`e la matrice rappresentativa
`e I.
Osservazione 4
Se la struttura simplettica `e standard, la base simplettica `e la base
canonica.
Teorema 3
In ogni spazio simplettico, esiste una base simplettica.
Si dimostra per ricorrenza in analogia con la base ortonormale costruita
con il metodo di ortonormalizzazione di Gram-Schmidt. In particolare, un
qualunque versore pu`o essere scelto come primo vettore della base.
Denizione 5
Dati due spazi simplettici (V, ), (V

), unapplicazione lineare J : V
V

si dice simplettica se

(u

, v

) = (u, v), dove (u

, v

) = (Ju, Jv),
per ogni u, v V. Se S `e anche un isomorsmo (applicazione lineare biiet-
tiva), `e un isomorsmo simplettico.
Osservazione 5
Dal teorema 3 segue che tutti gli spazi simplettici di dimensione n sono
simpletticamente isomor tra loro. In particolare, sono tutti simpletti-
camente isomor a R
n
con la struttura simplettica standard.
Infatti, si possono scegliere basi canoniche in tutti gli spazi e considerare
applicazioni che trasformano tra loro le basi mantenendo lordine.
Teorema 4
109
Consideriamo due spazi vettoriali V = V

= R
n
entrambi simplettici con la
struttura standard. Unapplicazione lineare J(x) = Jx `e simplettica se e solo
se la matrice rappresentativa J `e simplettica.
Dimostrazione
Si ha
(Jx, Jy) := (Jx)
T
I(Jy) = x
T
J
T
IJy = x
T
Iy = (x, y),
per qualunque x, y R
n
se e solo se J
T
IJ = I, cio`e la matrice J `e simplettica.
Denizione 6
Un campo vettoriale v(x, t) : R
n
R R
n
`e hamiltoniano (o gradiente
simplettico) se esiste una funzione H(x, t) tale che
v(x, t) = I
x
H(x, t).
In questo caso H si dice (funzione) hamiltoniana corrispondente al campo
v, gradiente simplettico di H. Se v `e hamiltoniano, il sistema di equazioni
dierenziali per i moti nello spazio delle fasi x(t) : R R
n
:
x(t) = v(x(t), t) = I
x
H(x(t), t),
si dice hamiltoniano o canonico.
Osservazione 6
I valori medi di I sono nulli per lantisimmetria di I e la simmetria del
prodotto scalare,
< v, Iv >=< I
T
v, v >= < Iv, v >= < v, Iv >= 0.
Quindi, nel caso di hamiltoniana indipendente dal tempo H(x), il gradiente
di H(x), dove non `e nullo,
x
H(x) ,= 0, `e normale al gradiente simplettico
di H, e quindi il campo di velocit`a hamiltoniano v(x) = I
x
H(x) `e nello
spazio tangente in x, alla variet`a di livello M(E) denita da H(x) = E,
in accordo con il fatto che il usso hamiltoniano resta nella variet` a. Infatti,
lo spazio tangente a M(E) nel punto x, `e lo spazio delle velocit`a dei moti,
che sono normali al gradiente di H,
u(x) T
x
M(E),
x
H(x) T

x
M(E) u(x).
x
H(x) = 0,
e questa propriet` a `e soddisfatta in ogni punto x M(E) dal campo di
velocit`a hamiltoniane v(x) = I
x
H(x).
110

Potrebbero piacerti anche