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Seminario 2 (Prof.

ssa Del Vecchio)


L’evoluzione delle tecnologie e delle apparecchiature di imaging hanno permesso un uso della diagnostica
per immagini per l’identificazione in vivo degli eventi molecolari alla base di sviluppo e progressione di
patologie, in particolar modo neoplastiche, mediante la visualizzazione spaziale della morfologia e della
funzionalità degli organi.
Alla base di una neoplasia ci sono diversi eventi molecolari che vanno dalla proliferazione illimitata alla
ridotta apoptosi, dall’indipendenza da segnali di crescita alla neoangiogenesi, dall’invasione di metastasi
all’inattivazione di oncosoppressori (p53, Prb). L’imaging molecolare in oncologia interviene a varie fasi
del percorso neoplastico (prognosi, diagnosi e risposta alla terapia).
1) PROLIFERAZIONE ILLIMITATA: per determinare il rate di proliferazione d un tumore,
l’anatomopatologo deve asportarlo e valutare su di esso l’espressione di Ki67. Oggi è possibile in
vivo somministrare al paziente analoghi marcati delle basi azotate (fluorotimidine) che si
accumulano nei tessuti iperproliferanti (tomografia ad emissione di positroni). Il modello
animale di questa tecnica è lo studio degli xenograft nei topi.
2) RIDOTTA APOPTOSI: il metodo tradizionale per valutare l’apoptosi è asportare il tumore e
eseguire un saggio tunnel per marcare i frammenti di dna degradato. Oggi è possibile in vivo nel
modello animale somministrare un tracciante radiomacato (annessina V) capace di legare la
fosfatidil serina (espresso sulle cellule apoptotiche) che si andrà ad accumulare sul tessuto
tumorale sottoposto a trattamento citotossico (valutazione del funzionamento di un farmaco
proapoptotico).
3) INVASIONE: studio del potenziale metastatico. Le cellule metastatiche si possono
ingegnerizzare trasfettandole con GFP, si iniettano nell’animale e si visualizzano le zone
colonizzate.
4) ANGIOGENESI: si usano ultrasuoni che visualizzano il flusso ematico in un tumore (ecodopler),
oppure sonde radiomarcate che legano marcatori di neoangiogenesi (integrine α2β3): PET con
peptidi marcati col fluoro; RM con alta risoluzione magnetica (vasi piccoli).
5) INDIPENDENZA DAI FATTORI DI CRESCITA: dopo aver inibito la produzione di fattori di
crescita, somministriamo traccianti con basi azotate marcate on fluoro: vengono identificate le
aree di proliferazione

Tecniche
Si riscontra una certa difficoltà nel passaggio dall’animale all’uomo per i rischi legati all’utilizzo di
sostanze radioattive nel corpo umano.
Le tecniche più usate sono RM, Pet, Spect, TC; sono molto utilizzate macchine ibride, cioè capaci di
eseguire contemporaneamente due diversi esami per la valutazione anatomca e molecolare di un
fenomeno. La Pet-Tc ad esempio è utile sia per la diagnosi di patologie sia per il monitoraggio della
terapia.
L’ optical imaging è basato sull’utilizzo di alte risoluzioni spaziali (RM) e elevata sensibilità (Pet e Spect)
ma i fotoni non penetrano nel corpo, quindi si possono usare solo per la cute o per analisi
intraoperatorie. In modelli animali si utilizzano anche per analisi del feto intrauterine.

Sonde
a) sonde extracellulari non specifiche che tracciano il pool vascolare: gadolinio (MDC in RM) ottimo
per lo studio della vascolarizzazione di una neoplasia
b) sonde specifiche
c) sonde intelligenti: si modificano in seguito al legame col target e diventano fluorescenti
d) cel labeling e cel tracking: si prelevano leucociti del paziente, si marcano, si reiniettano e si
visualizzano le sedi di infiammazione; si può fare lo stesso procedimento anche con cel staminali
per studiarne l’attecchimento.
Pratica clinica
I traccianti usati per marcare sono diversi a seconda della tecnica; si usano isotopi radioattivi,
fluorocromi, sostanze paramagnetiche, microbolle.
Un esempio è la PET con FDG (fluoro desossiglucosio), una sostanza nutriente marcata che viene
captata dalle cellule mediante il trasportatore Glut1, viene fosforilata dall’esochinasi in modo da
impedirne l’uscita, dopodichè è incapace di entrare nelle successive vie metaboliche per cui si accumula
nella cellula. Il FDG viene captato con elevata avidità da cellule neoplastiche (fanno eccezione i tumori
molto differenziati) che hanno upregulation di Glut1 e di esochinasi. In un tumore è notevolmente
aumentata la glicolisi, ma non il ciclo di krebbs, probabilmente perché durante la fase ipossica della
neoplasia sopravvivono solo cellule predisposte alla glicolisi.
Dopo l’iniezione di FDG (1h) il paziente viene messo nella macchina e viene eseguita la Pet. La testa non
viene analizzata perché fisiologicamente capta molto FDG. Prima di effettuare l’analisi si dosa la
glicemia (dev’essere bassa altrimenti il Glu in circolo compete col FDG).
Valutazione dell’uptake di FDG:
- qualitativa: presenza o assenza di uptake
- semiquantitativa: standard uptake value (SUV): viene valutato per discriminare lesioni maligne
da benigne. Anche le flogosi consumano molto glucosio, ma in misura ridotta rispetto ad una
neoplasia
- quantitativa: micromol/min/ml: analisi cinetica dell’accumulo del tracciante del tumore e delle
sedi di metastasi.

Traccianti
Fluorotimidina, annessina, fluorouracile, colina (metabolismo delle membrane), FDG, peptici per
angiogenesi, farmaci per ipossia (i tumori ipossici sono + resistenti alle terapie), ioduro di sodio (si
induce nel tumore l’espressione del trasportatore dello iodio, dopodichè si somministra lo iodio
radioattivo letale per il tumore)
- Fluorotimidina: utile per visualizzare la proliferazione: entra col trasportatore delle pirimidine,
viene fosforilata da Timidino-chinasi ma non entra nella replicazione del DNA. Serve a valutare
l’attività della timidino-chinasi1, indice di proliferazione. Negli animali la FlT viene usata per
studiare xenograft in particolare nella risposta a terapia con farmaci che inibiscono la
proliferazione.
I farmaci antitumorali possono essere agenti citostatici (che inibiscono la proliferazione) e
agenti citotossici (che inducono apoptosi). Per la valutazione degli effetti dei primi è necessario
un monitoraggio dell’efficacia del trattamento mediante imaging.

Seminario 3
Ciclotrone
È un acceleratore di particelle caratterizzato da 2 campi di forze:
– Campo elettrico: accelera particelle cariche come protoni o deutroni
– Campo magnetico: deflette le particelle lungo orbite di tipo circolare
L’azione combinata dei due campi di forze porta le particelle a muoversi lungo una traiettoria con
sviluppo a spirale, al termine della quale le particelle colpiscono un bersaglio (target), producendovi
reazioni nucleari.
Componenti del ciclotrone:
• Due elettrodi cavi, detti «Dees» (a forma di D maiuscola)
• Differenza di potenziale alternata che determina accelerazione delle
particelle
• Camera ad elevato grado di vuoto per evitare interazione con gas (si usano
sistemi per generare il vuoto spinto: trasduttore di pressione, pompe a
diffusione, pompe per rotatoria)
• Campo magnetico: agisce sulle particelle portandole a muoversi lungo una traiettoria circolare.
Tipologie:
1) ciclotrone a ioni positivi (H+ protone; 2H+ deutrone; 3H+ nuclei di trizio)
- vantaggi: fasci di corrente piuttosto elevati
- svantaggi: difficile estrazione del fascio e scarso rendimento per attivazione diretta della materia e
delle strutture interne del ciclotrone.
2) ciclotrone a ioni negativi (H- con 2 elettroni): gli ioni negativi hanno la stessa massa di quelli
positivi, non sono in grado di produrre attivazione direttamente e devono essere trasformati in ioni
positivi; vengono prodotti mediante “sorgenti di ioni”: una scarica di corrente viene generata all’interno
di un gas puro, neutro, confinato in una regione delimitata da un campo magnetico: all’interno del gas
dalla vicinanza di H e ioni (H+ e e-) si producono ioni H-; questi ioni H- posseggono una nuvola
elettronica che con uno schermo colombiano impedisce loro di interagire con la macchina prima di
trovare il target; una volta prodotti, vengono guidati con un campo elettrico in un sistema di immissione
entro la camera a vuoto del ciclotrone. Qui si muovono lungo una traiettoria circolare. Ogni volta che
attraversano lo spazio tra gli elettrodi acquistano energia ed assumono una traiettoria a spirale
(fascio). L’estrazione degli ioni dal fascio avviene grazie all’impatto su un foglio di grafite che trattiene
2e- e li trasforma in H+; a questo punto gli ioni positivi ottenuti vengono deviati e sulla loro traiettoria
è posto il target.
Il target è un atomo in fase liquida o gassosa contenuto all’interno di un corpo metallico. Durante il
bombardamento viene generato calore, che può modificare lo stato fisico del target, e la funzione del
corpo metallico è proprio quella di dissipare il calore.
Es: • Produzione di 18F-
Il target è costituito da acqua arricchita nell’isotopo stabile 18 dell’O2 (8 protoni e 10 neutroni); la
reazione che si verifica è 8O18 + 1H1  9F18 + 0n1; il F18 in forma anionica prodotto può attaccare il
corpo del target o può subire decadimento positronico a O18

RADIOCHIMICA
I laboratori di radiochimica servono a produrre prodotti di sintesi radioattivi per la pratica clinica e
diagnostica. Vengono utilizzati armadi di piombo, cappe schermate con piombo a diverso spessore e
tutte le norme di sicurezza per schermare le radiazioni γ e x.
Attualmente esistono dei moduli di sintesi ad elevato curie messi in atto in maniera automatica dalle
macchine per ridurre al minimo il rischio per l’operatore.
Gli emittenti positronici usati sono 18F, 11C, 15O, 13N; si prestano bene a marcare molecole
organiche e possono essere sostituiti senza alterare il tempo di reazione o i meccanismi di azione di una
molecola; il Fluoro può sostituire un gruppo CH3: ad es nel FDG il Fluoro sostituisce un sito importante
per la metabolizzazione della molecola. Si possono produrre anche sostanze chelanti che vengono
aggiunte alla molecola (proteina principalmente) in questione.
Fondamentale è la stechiometria nelle reazioni radiochimiche: è necessario che la [ ] di substrato da
marcare sia in eccesso rispetto al reagente marcato, in modo da non permettere contaminazione con
altre reazioni competitive.
ATTIVITà SPECIFICA: attività introdotta per unità di massa (+ unità carrier: target rimasto non
marcato). In condizioni ideali le reazioni sarebbero carrier free.
- Sintesi di FDG: il precursone è Mannosio, che reagisce con una soluzione con 18F + k chelato con un
etere che scherma il suo potere ionico. Poi si aggiunge NaOH e successivamente vengono ionizzati i
gruppi acetili  FDG
I controlli di qualità in un laboratorio di radiochimica sono fondamentali: il radiofarmaco deve essere
conformato alle norme di sicurezza e avere tutti i requisiti. Viene sottoposto ad un esame visivo, pH,
osmolarità, purezza radiochimica (verifica che la molecola ottenuta sia quella desiderata, mediante
dHPLC) e purezza radionuclidica (verifica che la molecola sia marcata con 18F e non con altri eventuali
radionuclidi contaminanti: si può fare analizzando il tempo di decadimento o attraverso un analizzatore
cristallino che valuta i livelli energetici).

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