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INTRODUZIONE....................................................................................................................2
Lezioni di EQUAL..............................................................................................................................................................9
PRIORITÀ DI INTERVENTO...............................................................................................10
Dettaglio delle priorità per asse ......................................................................................................................................10
1. Asse Adattabilità........................................................................................................................................................10
2. Asse occupabilità.......................................................................................................................................................12
3. Asse Capitale umano..................................................................................................................................................13
4. Asse transnazionalità..................................................................................................................................................14
5. Asse Assistenza tecnica.............................................................................................................................................15
6. Obiettivi trasversali : Promozione delle pari opportunità e dialogo sociale............................................................15
Il monitoraggio..................................................................................................................................................................28
Il collegamento col territorio.........................................................................................................................................28
Il monitoraggio qualitativo e lo scambio di informazioni.............................................................................................28
La tempistica degli interventi........................................................................................................................................29
GESTIONE E ATTUAZIONE...............................................................................................31
Il ruolo del CIA.................................................................................................................................................................31
La funzione di indirizzo strategico...............................................................................................................................31
La funzione di attuazione...............................................................................................................................................31
La funzione di monitoraggio e valutazione...................................................................................................................31
Uno strumento flessibile................................................................................................................................................31
Il rapporto con il Comitato di Sorveglianza...................................................................................................................32
Aspetti operativi.............................................................................................................................................................32
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ISMERI EUROPA
Il partenariato...................................................................................................................................................................33
Il ruolo del partenariato..................................................................................................................................................33
Il rapporto con il CIA.....................................................................................................................................................33
Alternative alla presenza del partenariato nel CIA........................................................................................................34
Considerazioni ulteriori.................................................................................................................................................35
CONCLUSIONI....................................................................................................................38
APPENDICE........................................................................................................................38
Sintesi dell’intervista........................................................................................................................................................38
Indicatori di realizzazione..............................................................................................................................................38
Indicatori di risultato......................................................................................................................................................38
Considerazioni generali.................................................................................................................................................39
Considerazioni emerse a proposito di singoli indicatori................................................................................................40
INTRODUZIONE
[…]
Nel quadro del trasferimento di competenze dal centro alla periferia, le azioni di sistema della
programmazione 2000-2006 hanno inteso supportare i principali processi di riforma e di
innovazione nel campo delle politiche del lavoro e della formazione garantendo il coordinamento e
l’armonizzazione degli interventi regionali. Le azioni del PON Azioni di sistema (ob. 3) e l’Asse II
del PON Assistenza tecnica e Azioni di sistema (ob. 1) sono stati finalizzati a innovare e qualificare
i sistemi di programmazione ed erogazione di interventi di politiche del lavoro, di politiche sociali,
di formazione professionale e i sistemi di governo di tali politiche. Le azioni previste sono
riconducibili ad attività di indirizzo, orientamento e coordinamento, destinate alle amministrazioni
con compiti di programmazione e gestione, al fine di garantire un quadro di riferimento unitario alla
strategia di intervento a tutti i livelli di programmazione. Circa la metà dei finanziamenti approvati
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ISMERI EUROPA
a fine marzo 2004 sia in ob.1 che in ob.3 sono stati assegnati per incarico diretto ad organismi in
house (Isfol, Italia Lavoro, Formez).
Le macrotipologie di intervento
Le azioni di sistema cofinanziate dal FSE (sia b.1 che ob. 3) si sono sviluppate lungo alcuni filoni di
attività volti a promuovere l’innovazione e la qualificazione del sistema delle politiche sociali e del
lavoro, della formazione professionale e dell’istruzione, e del sistema di governo delle politiche
ch’essi sono chiamati ad attuare. In particolare, è possibile distinguere le seguenti macro-tipologie
di azioni:
- conoscenza delle realtà socio-economiche di riferimento (analisi e studi) e monitoraggi e
valutazione;
- costruzione e sperimentazione di prototipi e modelli innovativi;
- attività di orientamento, consulenza e formazione finalizzate alla qualificazione delle risorse
umane impegnate nell’implementazione delle politiche;
- costruzione di reti e partenariati attraverso l’organizzazione e messa a regime di modalità e
luoghi fisici o virtuali di confronto e discussione;
- trasferimento di buone prassi.
La attività di orientamento, consulenza e formazione degli operatori ha riguardato soprattutto le aree
dell’obiettivo 1 mentre la costruzione di modelli e prototipi le aree dell’obiettivo 3.
La costruzione di basi di conoscenza, di lettura e analisi dei fenomeni e di verifica dei risultati
delle politiche messe in atto attraverso il Fse ha riguardato oltre il 40% dei progetti. La sistematica
diffusione dei risultati delle attività di indagine è stata funzionale al supporto e accompagnamento
alle funzioni di programmazione e attuazioni delle politiche. La maggior parte delle indagini sono
state realizzate sia livello locale che nazionale, effettuando frequentemente comparazioni con altre
esperienze realizzate in altri paesi europei, in un’ottica di benchmarking (ad es. sugli standard di
certificazione dei percorsi formativi).
In riferimento all’innovazione e la qualificazione del sistema delle politiche del lavoro e delle
politiche sociali, gli ambiti operativi di intervento hanno riguardato:
- il supporto alla messa a regime del sistema dei SPI;
- il supporto alle politiche di inclusione sociale, sia nell’ottica dell’integrazione tra politiche
sociali e del lavoro, che del consolidamento dei sistemi di governo delle politiche;
- il rafforzamento e l’implementazione delle politiche per le pari opportunità.
Le azioni di sistema nazionali nell’ambito dei SPI hanno progressivamente mutato la loro funzione
nel corso della programmazione. Gli interventi di assistenza tecnica, spesso con funzione supplente
alla carenza degli organici, hanno ceduto il passo ad azioni di rafforzamento, finalizzate a
sviluppare la rete di servizi pubblici e agenzie private quale snodo delle politiche attive per
l’occupazione. Il processo di cambiamento è stato favorito attraverso:
- la sperimentazione e diffusione di modalità organizzative, consulenze specialistiche e
progettazione di modalità operative integrate fra servizi pubblici e agenzie private del
lavoro;
- la progettazione e sperimentazione di dispositivi operativi omogenei per l’erogazione di
servizi specialistici, attraverso scambi e gemellaggi;
- la costruzione di basi conoscitive (monitoraggio dei Spi e della loro attuazione);
- la realizzazione di campagne informative rivolte soprattutto alle utenze svantaggiate.
Un ruolo importante è stato giocato dalle task forces per la sperimentazione ed
implementazione dei modelli gestionali, organizzativi e di erogazione dei servizi, che hanno
svolto attività di consulenza, formazione e affiancamento agli operatori per la risoluzione dei
problemi organizzativi.
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ISMERI EUROPA
Per quanto riguarda le politiche sociali, le azioni di sistema hanno posto l’attenzione, così come per
le politiche del lavoro, sulle politiche di prevenzione e sulla promozione di pari opportunità di
accesso al lavoro per le fasce deboli ed i soggetti svantaggiati. Rilevanza strategica hanno assunto,
in questo ambito, gli interventi di omogeneizzazione dei servizi sociali erogati, in direzione della
costruzione di un sistema organico e integrato su tutto il territorio. La realizzazione di linee guida
per la realizzazione di un sistema di qualità dei servizi sociali si è così accompagnata alla
definizione e sperimentazione di modelli di formazione di nuove figure professionali per il sociale
(ad es. il responsabile sociale di zona), alla predisposizione nei Cpi di servizi dedicati alle fasce
deboli, all’attivazione di task forces consulenziali per favorire le pari opportunità o l’emersione del
lavoro non regolare o a campagne informative sulla Legge 68/99 per l’inserimento lavorativo dei
disabili o sulla Legge 93/2000 per l’inserimento lavorativo dei detenuti.
Nell’ambito delle azioni a favore delle pari opportunità è possibile citare gli interventi di
consulenza sulle pari opportunità agli operatori dei servizi pubblici per l’impiego per la gestione di
servizi all’utenza femminile; la definizione di un modello per la valutazione d’impatto delle
politiche di Pari Opportunità per il monitoraggio e la valutazione dell’efficacia di tutte le azioni di
sistema in un’ottica di genere; l’indagine sull’uso del tempo in chiave di conciliazione, volta a
evidenziare le ragioni alla base dell’assenza o presenza delle donne nel mercato del lavoro.
In relazione all’innovazione e qualificazione del sistema delle politiche formative, gli ambiti
operativi di intervento hanno riguardato il supporto alle nuove linee di sviluppo del sistema della
formazione professionale in direzione di una maggiore integrazione con il sistema dell’istruzione e
del lavoro1; il rafforzamento della dimensione della life long learning; il sostegno al
consolidamento del sistema della formazione continua, con l’obiettivo di contribuire alla
conoscenza costantemente aggiornata delle diverse tipologie di offerta e di garantire la copertura
delle diverse fasce di utenza nonché l’accessibilità alla formazione di tutti i lavoratori.
1
Accreditamento delle strutture formative; apprendistato e contratti di inserimento; diritto/dovere all’istruzione e alla
formazione; formazione superiore; certificazione dei percorsi formativi, delle competenze e dei crediti.
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ISMERI EUROPA
Le azioni di sistema miranti al miglioramento della qualità dell’offerta formativa hanno seguito
diverse linee di intervento. Agli interventi sulle risorse umane, diretti a diffondere modelli,
metodologie, strumenti per la formazione formatori volti a delineare uno standard di competenze, si
è accompagnata la definizione concertata di un sistema nazionale di certificazione delle competenze
e dei crediti. Criteri e dispositivi di certificazione sono stati sperimentati a livello regionale e
interregionale al fine di favorire l’omogeneizzazione dei diversi sistemi regionali di certificazione.
Il sostegno alla Formazione Integrata Superiore è stato attuato attraverso diverse linee di attività,
come ad esempio: la definizione di modelli, l’individuazione, analisi e trasferimento di buone
pratiche, il benchmarking, il monitoraggio degli interventi, la diffusione dei risultati, la
realizzazione di indagini sul sistema d’offerta e l’utenza della formazione professionale regionale
di secondo livello per una prima valutazione degli esiti occupazionali dei percorsi formativi. Al
sostegno della formazione permanente sono state dedicate le azioni di sistema miranti alla
costruzione di un sistema integrato di educazione per gli adulti. A tal fine sono stati definiti modelli,
predisposti manuali, realizzati monitoraggi ed analisi comparative con altri sistemi europei,
trasferite buone prassi.
In relazione al supporto all’innovazione della sistema della formazione continua una prima linea di
intervento ha riguardato la definizione e sperimentazione di modelli di formazione continua
innovative, rivolti, ad esempio, ai lavoratori caratterizzati da situazioni di disagio occupazionale, o
in termini di reddito e continuità lavorativa o sul piano degli orari e dell’ambiente lavorativo, e volti
a facilitarne l’accesso alla formazione. Una seconda linea di attività ha invece riguardato il rilancio
ed il sostegno del dialogo sociale e della programmazione negoziata e si è esplicitata per lo più in
interventi a carattere conoscitivo e informativo, finalizzati da un lato a favorire lo sviluppo di
competenze per la partecipazione attiva dei rappresentanti delle parti sociali e dall’altro a
promuovere la diffusione dei piani formativi aziendali, settoriali e territoriali. L’Osservatorio della
formazione continua ha inteso infine monitorare dal punto di vista qualitativo e quantitativo, in
modo sistematico, gli interventi di formazione continua sia sul versante delle imprese che dei
lavoratori.
Per quanto riguarda, infine, l’innovazione e la qualificazione del sistema di governo delle
politiche formative, sociali e del lavoro, gli interventi hanno interessato i seguenti campi di
azione:
- l’innovazione e qualificazione della PA;
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ISMERI EUROPA
Gli interventi miranti all’innovazione e qualificazione della PA (destinataria di circa il 50% delle
azioni di sistema nazionali), che hanno interessato soprattutto le regioni meridionali, hanno voluto
contribuire da un lato al miglioramento della capacità di programmazione, gestione e monitoraggio
degli interventi cofinanziati dal Fse e dall’altro alla trasformazione organizzativa della PA
nell’ambito del processo di decentramento delle competenze. Il supporto al processo di
modernizzazione della Pubblica amministrazione si è esplicitato nelle azioni di sistema volte a
informatizzare le strutture, semplificare le procedure, riqualificare le risorse umane, rafforzare gli
strumenti di analisi e conoscenza e individuare i meccanismi di incentivazione dei dipendenti
pubblici. Le azioni di sistema per la qualificazione e innovazione della PA sono riconducibili a
diversi ambiti di intervento.
Alcuni interventi hanno inteso valorizzare la dimensione locale dello sviluppo e l’integrazione
degli interventi, considerati strategici al fine di aumentare l’efficacia delle politiche. È possibile
citare, a titolo di esempio, il progetto Competenze Agenzie di Sviluppo Locale e il progetto
Osservatorio Agenzie locali di Sviluppo, che hanno analizzato i modelli organizzativi delle agenzie,
operato una mappatura delle competenze esistenti e realizzato uno studio di fattibilità per il
rafforzamento delle competenze di sistema per lo sviluppo locale, tramite la realizzazione di
interventi per lo sviluppo della capacità progettuale e gestionale delle Agenzie. I progetti SPRINT I
e II – Sostegno alla progettazione integrata – hanno attivato task forces regionali per il sostegno
all’attività di rilevazione dei fabbisogni di competenze per la progettazione e gestione dei progetti
integrati; sono stati dunque definiti prototipi e modelli di intervento formativo per gli attori della
progettazione integrata. Il progetto PIT Azioni di sistema-Sostegno alla progettazione integrata ha
invece previsto tre linee di intervento. La prima ha riguardato lo sviluppo di conoscenze e
competenze, tramite la predisposizione di strumenti informativi sulle potenzialità e le criticità dei
territori interessati dalla progettazione integrata, l’implementazione di nuovi modelli di governance
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ISMERI EUROPA
Gli interventi riconducibili allo sviluppo di strumenti innovativi per la gestione e valutazione
alla gestione del personale sono stati numerosi. È possibile ricordare, il progetto Sistemi
premianti, che ha analizzato i sistemi premianti in ambito italiano ed europeo, ed i progetti Bilco I e
II, finalizzati alla definizione, sperimentazione, validazione di un modello di bilancio delle
competenze per la riqualificazione degli operatori della PA.
Per quanto riguarda infine il supporto alle Amministrazioni centrali responsabili di attività di
indirizzo e coordinamento, il sostegno è avvenuto prevalentemente attraverso interventi di
formazione specialistica, definite sulla base delle proposte progettuali delle Amministrazioni
interessate.
Per quanto riguarda, infine, le azioni di sistema finalizzate alla costruzione e sviluppo di un sistema
nazionale di analisi e valutazione, è possibile distinguere le seguenti linee di intervento:
- supporto all’analisi e valutazione del Fse, attraverso il sostegno alla condivisione tra tutte
le amministrazioni di un set di indicatori di realizzazione, risultato e impatto e l’analisi
periodica della programmazione attuativa (bandi e avvisi pubblici);
- realizzazione di specifiche valutazioni su policy e tematiche prioritarie, come il contributo
del Fse alla Seo o la valutazione sulla qualità dei sistemi della formazione professionale;
- sviluppo e coordinamento scientifico e metodologico della valutazione da parte
dell’Autorità capofila del Fse (Ministero del Lavoro – UCOFPL);
- supporto alla diffusione di una cultura della valutazione attraverso seminari, convegni,
fiere volte alla diffusione di comune conoscenze e competenze, nonché attraverso il
continuo aggiornamento della sezione Europa lavoro/ valutazione del portale welfare.it;
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ISMERI EUROPA
LEZIONI DI EQUAL
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ISMERI EUROPA
PRIORITÀ DI INTERVENTO
[…]
Il lungo lavoro di confronto sui contenuti del PON ha consentito la condivisione e da parte di tutti i
referenti istituzionali e i rappresentanti delle parti economiche e sociali di tutti i punti presenti nel
programma operativo. Questo non ha impedito l’individuazione di alcuni temi e questioni ritenute
particolarmente rilevanti in relazione ai diversi Assi strategici di intervento. Rispetto a molte di esse
si registra una condivisione delle priorità tra PON AS e PON GAT: si tratta di problematiche di
rilevanza nazionale al centro della agenda politica del governo, rispetto cui le attese riguardano la
capacità dei programmi operativi nazionali di agire da stimolo, facilitazione e accelerazione di
processi.
1. Asse Adattabilità
Sull’Asse Adattabilità è stata evidenziata l’opportunità di concentrare l’attenzione sui temi che
sono al centro delle politiche governative: promozione della sicurezza del e sul lavoro, contrasto al
lavoro nero, rispetto cui il PON, dovrebbe fornire linee operative, nonché realizzare attività di
ricerca, monitoraggio e valutazione.
In relazione al tema della sicurezza sul lavoro, la Direzione Generale per l'attività ispettiva ha
individuato alcuni abiti di intervento prioritari:
− lo sviluppo di un modello di tutela della sicurezza sul lavoro che integri le attività di vigilanza e
di ispezione ad interventi di prevenzione e che preveda azioni di rafforzamento e miglioramento
delle capacità relazionali e di comprensione e lettura del territorio degli ispettori;
− il coordinamento delle attività ispettive ed alla integrazione e condivisione delle banche dati
con INPS e INAIL, ritenuto un elemento centrale ai fini del miglioramento delle attività
ispettive;
− l’individuazione di indicatori di rischio sul lavoro non regolare che possano indirizzare le
attività ispettive sul territorio.
2
Tarallo Coldiretti
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ISMERI EUROPA
Particolare rilevanza è poi assegnata, soprattutto dalle parti economiche e sociali, allo sviluppo
della formazione continua in un’ottica di sistema. L’attenzione è alla creazione di un sistema
integrato di formazione continua, che preveda che gli interventi relativi alle varie fonti di
finanziamento (L.236, FSE, Fondi Interprofessionali) si possano integrare e coordinare. La
promozione di tale sistema rappresenta per le parti una priorità ed un’opportunità rispetto alla
formazione degli imprenditori, esclusi dal sistema attuale di formazione continua. Si ritiene che in
un sistema integrato ci sia la possibilità di realizzare dei progetti in cui accanto a percorsi formativi
per i lavoratori finanziati dai Fondi Interprofessionali siano previsti interventi di formazione per gli
imprenditori finanziati dal FSE o dalla l. 236. L’accento è posto sulla realtà imprenditoriale
italiana, costituita anche da piccole e piccolissime imprese e sull’impresa artigiana in particolare, in
cui, “per definizione, l’imprenditore è il primo lavoratore dell’impresa”4.
Sempre in riferimento alla formazione continua sia i referenti istituzionali che le PES hanno posto
l’attenzione su alcuni elementi di carattere generale di cui tener conto nella fase di definizione
operativa degli interventi. Oltre alla definizione di standard formativi comuni che superino le
disomogeneità presenti attualmente tra i diversi sistemi regionali, relativi all’Asse Capitale umano,
è stata evidenziata l’opportunità di:
− sviluppare sia la formazione voucher che gli interventi non formativi ruotanti attorno ai centri
per l’impiego (di orientamento; informazione, consulenza, ecc.);
− promuovere l’accessibilità delle donne alla formazione continua, che le vede spesso
sottorappresentate, non solo per una questione di tipologia contrattuale (part-time vs tempo
pieno) ma anche di inquadramento professionale;
− favorire, più in generale, l’accesso agli interventi formativi delle fasce deboli (oltre alle donne,
over 50 e portatori di handicap);
− promuovere, anche attraverso accordi con gli Enti bilaterali che gestiscono i Fondi
Interprofessionali, interventi mirati di FC volti alla promozione dell’innovazione tecnologica.
3
Casassa Piemonte
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Ciuffini Confartigianato
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ISMERI EUROPA
2. Asse occupabilità
Grande attenzione è posta inoltre ai SPI. Ad avviso della Direzione Generale Mercato del Lavoro
del Ministero del Lavoro5 il PON dovrebbe promuovere sui CPI una sperimentazione che possa
indirizzare e precisare le scelte governative in tema di riordino degli ammortizzatori sociali, tema su
cui si registra accordo e attenzione anche da parte delle AdG regionali e dalle parti sociali. Il
riferimento è allo sviluppo di un sistema di workfare, in cui la predisposizione di strumenti a
sostegno al reddito venga integrata da interventi di “manutenzione” delle competenze del lavoratore
e dall’attivazione di un servizio di inserimento lavorativo. La sperimentazione ipotizzata
prevederebbe l’attivazione in alcuni CPI di modalità di sostegno al reddito e di inserimento simili a
quelle che dovrebbero poi implementarsi con la riforma degli ammortizzatori, nonché
l’individuazione di nuove e più stringenti forme di integrazione/cooperazione tra CPI e INPS
(erogatori degli ammortizzatori).
L’attenzione all’implementazione del Masterplan dei SPI è al centro delle riflessioni anche delle
Adg regionali e delle PES. In riferimento allo sviluppo della qualità dei Servizi per l’impiego e dei
CPI in particolare, l’opinione è che benché nella passata programmazione siano stati fatti passi
avanti, questi siano ancora insufficienti. Si ritiene pertanto che occorra sviluppare in particolare due
linee di intervento:
− la definizione di standard di servizio comuni, che garantiscano livelli minimi di prestazioni su
tutto il territorio nazionale sia in riferimento ai CPI che alle strutture private accreditate;
− il rafforzamento della capacità “pro-attiva” dei Servizi (ovvero la capacità di andare in cerca dei
diversi possibili utenti e di accompagnarli al lavoro e/o alla formazione), soprattutto attraverso
la formazione degli operatori. Anche in questo caso è assegnata rilevanza strategica alle attività
di monitoraggio e valutazione degli interventi.
Dal referente dell’AdG della regione Lombardia, sono state espresse alcune perplessità rispetto a
quello che viene ritenuto “un forte sbilanciamento del PON su una concezione dei servizi per il
lavoro incentrata sulla rete pubblica dei centri per l’impiego” ed evidenziata l’opportunità che gli
interventi di rafforzamento e promozione della qualità dei servizi dei SPI non riguardino in maniera
esclusiva i Cpi ma l’intera rete pubblico e privata. L’accento è posto sull’opportunità di favorire la
creazione di reti e il coordinamento tra l’insieme dei soggetti che concorrono a fornire i servizi per
il lavoro. È dunque auspicata la promozione di “un sistema integrato di servizi, pubblici in quanto
di pubblica utilità e connessi ad adempimenti di legge e a diritti legittimi, ma erogati da soggetti
indipendentemente dalla loro natura pubblica o privata ma accreditati secondo criteri di qualità”.
Il completamento della riforma dei SPI e il miglioramento della qualità dei servizi sono state
dunque al centro delle riflessioni sull’Asse Occupabilità. Tuttavia AdG e PES hanno individuato
anche altre linee strategiche di intervento e, in particolare:
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U. Menziani, A. Giuffrida
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ISMERI EUROPA
− la costruzione di un sistema statistico nazionale sia in materia di lavoro che di offerta formativa;
− il supporto alle reti informative dei servizi per il lavoro (ex-borsa lavoro), rispetto cui è
sollecitata una maggiore attenzione: la messa a sistema dei nodi regionali è ritenuta rilevante in
vista della costruzione di un portale europeo di servizi per il lavoro;
− la valutazione dell’efficienza e dell’efficacia delle politiche per l’occupabilità, e delle
performance degli operatori dei SPI rispetto all’erogazione dei servizi.
−
3. Asse Capitale umano
Il sistema dovrebbe prevedere parametri di riferimento unici per tutto il territorio nazionale, e
consentire la piena integrazione orizzontale e verticale tra le filiere del sistema formativo e tra i
sistemi dell’istruzione, della formazione e del lavoro. È stato sottolineato come a tal fine vadano
perseguiti diversi obiettivi, a partire, come richiesto da Lisbona, dalla definizione di un sistema di
nazionale di certificazione delle competenze acquisite in ambiti formali, non formali e
informali riferito a figure professionali condivise dai diversi sistemi regionali. L’assenza di una
cornice comune impedisce la riconoscibilità interregionale delle qualifiche e delle competenze, una
criticità che lo sviluppo di un’Europa che assicura la mobilità delle persone, dei servizi, delle merci
impone di superare.
Le parti sociali ed economiche hanno evidenziato come il perseguimento di tale obiettivo richieda
risorse adeguate, una strumentazione solida, e strutture stabili: “Una volta definiti i criteri di
definizione delle certificazioni, discussi in un tavolo Regioni/Parti sociali/Ministeri
(Università/Scuola/Lavoro), dovrebbero essere organizzati comitati di settore costituiti dalle parti
sociali funzionali al miglioramento e alla manutenzione del sistema”6. La costruzione di un sistema
nazionale di certificazione è ritenuto un traguardo ambizioso quanto fondamentale alla
realizzazione di tutti gli altri interventi, in quanto la definizione di un quadro di riferimento comune
avrebbe una ripercussione su tutti i percorsi formativi, dall’apprendistato agli IFTS, e dunque sulla
qualità dell’intero sistema formativo.
6
Pettenello CGIL.
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ISMERI EUROPA
Più in generale, è assegnata grande rilevanza alla elaborazione di sistemi nazionali che
rappresentino di per sé il minimo comun denominatore ai modelli adottati dalle singole Regioni ed
alla trasferibilità dei risultati su tutti i territori . L’indicazione di una scadenza di prodotto, un arco di
tempo entro cui pervenire alla definizione di tali sistemi, è ritenuta auspicabile .
È stato infine auspicato un intervento di sistema volto a fare in modo che il libretto formativo,
ancora in fase sperimentale diventi patrimonio del Paese e di tutti i cittadini.
4. Asse transnazionalità
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Tarallo Coldiretti
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ISMERI EUROPA
In relazione a questo Asse la Dg per le politiche per l’orientamento e la formazione (DIV I) ritiene
prioritario il supporto alle funzioni di coordinamento dell’autorità capofila del FSE mentre dalle
Adg l’attenzione è posta soprattutto all’elaborazione di dispositivi, strumenti e benchmarking a
supporto della qualificazione del sistema di governo e, in seconda battuta, al monitoraggio
qualitativo del programma.
La comunicazione è ritenuta anche dalle AdG regionali e dalle parti economiche e sociali di
rilevanza strategica sia ai fini della valorizzazione del Programma, che rispetto ad una reale
condivisione degli obiettivi tra i diversi attori coinvolti e tra i cittadini, considerata indispensabile ai
fini dell’efficacia dei programmi. Le attese delle regioni riguardano, in particolare, l’individuazione
di temi di rilevanza strategica rispetto su cui attivare modalità di comunicazione istituzionale
coordinate, come campagne televisive, anche ricorrendo all’utilizzo integrato delle risorse dei PON
e dei POR . È stata evidenziata la necessità di improntare attività di comunicazione meno
“autoreferenziali” rispetto alla passata programmazione, ponendo maggiore attenzione agli
interventi di informazione ai cittadini sulle opportunità del FSE e sulla presenza di “un sistema
nazionale sostenuto dai fondi strutturali che ha una caratteristica di unitarietà e una destinazione che
è il comune cittadino”8. L’allestimento di campagne televisive nazionali favorirebbe, da questo
punto i vista, secondo le AdG regionali, l’idea di un sistema unitario a livello nazionale.
Rispetto al tema delle pari opportunità, obiettivo trasversale ai diversi Assi, il Dip PO ha
evidenziato il rischio per il PON Competitività di riuscire a fare molto poco in ragione delle risorse
limitate. Una selezione accurata degli interventi è dunque fortemente auspicata. L’opinione è che
occorra puntare tutto sulla governance delle pari opportunità, mettendo a sistema quanto realizzato
in questi anni, singolarmente dalle diverse Regioni rispetto, ad esempio, alla creazione di strutture,
uffici, organismi dedicati alle PO. Il PON dovrebbe dunque aiutare a costruire e sviluppare la rete
delle PO, rafforzare i presidi in termini di legittimazione; favorire la cooperazione interistituzionale
ed il partenariato economico e sociale sui temi della contrasto alla precarietà, alla promozione della
conciliazione, all’accesso delle donne alla formazione continua e permanente; promuovere modelli
di intervento integrati che valorizzino la messa in comune delle competenze dei diversi attori
istituzionali e non.
.
È stata altresì evidenziata la necessità di tenere conto delle differenze che caratterizzano le regioni
afferenti a questo obiettivo rispetto ai diversi indicatori della partecipazione femminile al mercato
del lavoro. Il riferimento è alla opportunità di prevedere interventi a valenza nazionale che possano
consentire alla regioni meridionali afferenti all’ob. Competitività, di recuperare i ritardi. Al Centro-
Nord si tratta invece di colmare i gap di genere anche laddove le capacità di governance e
8
Pirola Lombardia
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ISMERI EUROPA
Rispetto ai target, viene sottolineata la necessità di porre particolare attenzione al contrasto alle
discriminazioni legate all’orientamento sessuale o all’etnia, spesso poco considerati nella
definizione degli interventi.
La promozione del dialogo sociale è ritenuta centrale ed obiettivo trasversale ai diversi interventi.
Per quanto riguarda il rafforzamento del dialogo sociale, previsto nell’Asse Adattabilità, il
confronto con le PES ha consentito l’individuazione di alcune priorità:
− lo sviluppo delle sedi e delle modalità di confronto tra parti sociali e istituzioni, volto ad
assicurare un suo contributo fruttuoso delle PES alle politiche nazionali e locali per il lavoro e la
formazione. Da questo punto di vista si ritiene che la realizzazione di un forum virtuale aperto
che consenta il confronto sui contenuti e le attività del programma operativo possa rendere più
pregnante il dialogo sociale, in quanto agevolerebbe l’elaborazione di proposte puntuali sia sul
piano dei contenuti che dei tempi. Questo poterebbe compensare la mancata presenza delle PES
nel CIA e favorire anche una maggiore condivisione delle proposte progettuali, ritenuta un
punto di forza del PON. È inoltre auspicata la creazione, a livello regionale, di strutture
consultive di sostegno al dialogo fra le parti e di indirizzo alla programmazione, che
faciliterebbero la capacità di fornire risposte specifiche ai bisogni dei territori. Il riferimento è ai
CREL (i Comitati Regionali dell’Economia e del Lavoro), presenti attualmente solo in
Sardegna;
− lo sviluppo di analisi approfondite sulle realtà sociali dei nuovi territori. È stato sottolineato
come il dialogo sociale sia figlio dell’analisi sulle condizioni che lo rendono possibile e come
sia pertanto necessario promuovere una cittadinanza attiva basata sulla qualità della vita e sulla
coesione sociale.
Il ruolo delle parti economiche e sociali è ritenuto importante soprattutto in relazione a determinate
tematiche:
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ISMERI EUROPA
− contrasto alla precarietà e al lavoro sommerso, a partire dalla definizione dei concetti che li
definiscono. La condivisione dei concetti riguardo a questi temi e problemi è ritenuta infatti
indispensabile;
− analisi dei fabbisogni formativi e professionali;
− formazione continua, rispetto cui è avvertita l’esigenza di evitare sovrapposizioni e garantire il
coordinamento tra quanto finanziato con i Fondi Interprofessionali e quanto finanziato dall’Fse;
− definizione di un sistema di standard formativi, professionali e di certificazione delle
competenze, rispetto cui è evidenziata l’opportunità di “valorizzare al massimo il ruolo delle
categorie”9
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Scazzocchio Confindustria
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ISMERI EUROPA
CONSIDERAZIONI DI SINTESI
I referenti istituzionali e le parti sociali ed economiche hanno in primo logo sottolineato come la
definizione del PON sia stata frutto di un lungo lavoro di confronto, approccio che ha consentito la
condivisione di tutti i punti presenti nei PON. Particolare rilevanza è assegnata tuttavia alla
individuazione condivisa delle priorità rispetto cui fissare obiettivi minimi comuni e tempi cogenti
di attuazione. Il coordinamento tra il programma operativo nazionale ed i programmi operativi
regionali è ritenuta in relazione alla definizione della strategia complessiva e delle priorità una
condizione necessaria al fine di evitare derive particolaristiche. Si tratta, in sintesi, di verificare per
ciascuna regione e rispetto a ciascun asse “il rapporto tra le condizioni necessarie per raggiungerli e
le condizioni presenti10, verifica che dovrebbe agevolare di individuare le priorità delle singole
regioni evitando il rischio che l’obiettivo di sistema rimanga “general-generico”.
Si ritiene che l’Amministrazione centrale debba da una parte “tenere il livello nazionale”,
coordinando gli interventi regionali, dall’altra “essere servente”, trasferire, collegare, mettere in
contatto, valorizzare ciò che è stato fatto nei territori, agire da antenna.
È stata evidenziata l’esigenza che l’attuazione degli interventi sia preceduta dalla definizione di
indirizzi chiari e condivisi in grado di rimuovere i residui di autoreferenzialità tra diversi soggetti e
sistemi e di favorire il raccordo degli interventi. In particolare è assegnata particolare rilevanza alla
definizione di una strumentazione omogenea con funzione di indirizzo e coordinamento per tutto il
resto dell’attuazione (es. elementi comuni di monitoraggio, valutazione, certificazione, standard
minimi di attuazione), in grado di garantire che i risultati ottenuti siano coerenti, omogenei e
spendibili in termini di sistema.
In relazione alle priorità d’intervento, dal Ministero del Lavoro è sottolineata l’esigenza di porre
particolare attenzione a tre temi ritenuti prioritari e che sono al centro dell’agenda politica
nazionale: emersione del lavoro nero, contrasto alla precarietà, promozione della sicurezza sul
lavoro.
Su questi temi è possibile registrare un pieno accordo sia da parte degli organismi intermedi che
delle AdG regionali e dei rappresentanti delle parti economiche e sociali.
Da tutti è sottolineata la necessità di promuovere una integrazione forte tra gli interventi e, in
particolare, tra le azioni relative all’Asse Adattabilità e l’Asse Occupabilità in relazione alla
promozione di un sistema di flexsecurity in vista del riordino degli ammortizzatori sociali. Il
riferimento è all’opportunità di accompagnare l’individuazione e sperimentazione di misure di
sostegno, garanzia e supporto ai lavoratori precari al rafforzamento della qualità degli SPI e della
loro capacità di essere al centro di un modello di workfare. È stato altresì evidenziato come al
Centro-Nord gli interventi a sostegno dei SPI dovrebbero concentrarsi no tanto sul decollo dei CPI
quanto sullo sviluppo della qualità dei servizi dell’intera rete pubblico-privata, favorendo il
coordinamento tra l’insieme dei soggetti che concorrono a fornire i servizi per il lavoro. Altrettanta
rilevanza è assegnata allo sviluppo della formazione voucher e, soprattutto dalle PES, alla
costruzione di un sistema integrato di formazione continua.
In relazione alla promozione dell’accesso delle donne al lavoro e alla formazione grande attenzione
è posta agli interventi di contrasto alla precarietà, ritenuto un elemento centrale sia rispetto alla
possibilità della componente femminile di essere presente nei percorsi formativi, che rispetto alla
10
Canapa, Uil.
18
ISMERI EUROPA
L’Asse Transnazionalità è ritenuto dai referenti istituzionali e del partenariato economico e sociale
di rilevanza strategica rispetto a tutti gli assi di intervento, quale strumento per lo studio di possibili
modelli di intervento su temi di rilevanza nazionale. Le attese maggiori riguardano lo scambio di
buone pratiche e il confronto di esperienze finalizzati alla realizzazione di iniziative pilota. Un
punto di riferimento per la definizione dei progetti è individuata nelle esperienze interregionali. È
auspicata, altresì, la valorizzazione delle lezioni di Equal rispetto all’adozione di un approccio
bottom-up ed evidenziata l’opportunità di un coordinamento nazionale in grado di agevolare
l’ottimizzazione delle risorse, anche in considerazione della limitata disponibilità di fondi su questo
Asse.
Sulla base delle considerazioni emerse dagli incontri con i referenti istituzionali e con le PES, si è
tentato di operare una prima selezione degli interventi previsti nei diversi Assi. Le azioni
selezionate, indicate nel prospetto seguente, sono da considerare a titolo indicativo e hanno il solo
scopo di facilitare la valutazione degli interventi maggiormente in grado di favorire un
cambiamento strutturale delle condizioni che inficiano la capacità dei sistemi di valorizzare le
risorse umane e favorirne l’occupabilità.
Asse Adattabilità
Obiettivi strategici Interventi strategici
1.1 Promuovere un’articolata e puntuale Valorizzazione, messa in coerenza ed implementazione di attività dissertazione ed analisi della
conoscenza del mercato del lavoro in domanda e dell’offerta di lavoro
ordine ai principali fenomeni emergenti
Individuazione delle dinamiche dinamiche di domanda e dei target di offerta oggetto delle politiche di
attivazione, di novazione, d contrasto
1.2 Promuovere politiche di Individuazione di modalità concertate per implementare politiche per il rafforzamento dell’adattabilità
accompagnamento alla mobilità al mercato del lavoro per le donne in reinserimento occupazionale, per gli “over 55” e per altri gruppi
19
ISMERI EUROPA
Elaborazione di dispositivi di accompagnamento alla mobilità del lavoro e di contrasto alla precarietà
modulati secondo le specificità dei settori produttivi, anche per l’individuazione delle attività più
esposte ad un uso improprio della flessibilità
1.3 Favorire una migliore organizzazione, Campagne di informazione, sensibilizzazione di datori di lavoro e lavoratori nei settori della salute e
qualità e sicurezza del e sul lavoro sicurezza nei luoghi di lavoro
Elaborazione e diffusione di nuovi standard, procedure, linee guida per la prevenzione dei rischi e
l’adozione di sistemi di gestione per migliorare salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
Monitoraggio su gli effetti delle misure predisposte per contrastare la precarietà e per la stabilizzazione
sul lavoro anche al fine di avviare interventi sperimentali nei diversi contesti territoriali
Individuazione e promozione di misure per la salute e la sicurezza sul lavoro, compresi modelli di
formazione per di tutte le figure professionali cui le normative nazionali e/o gli accordi affidano
compiti in tema di salute e sicurezza
Individuazione e promozione di misure concertate per il superamento sostenibile della precarietà e per
la flexsecurity che abbia positive ricadute in termini occupazionali e di qualità delle condizioni di
lavoro
Individuazione di indicatori di rischio sul lavoro non regolare, monitoraggio delle politiche per
l’emersione del lavoro non regolare (domanda-offerta) e progettazione e sperimentazione di interventi
aggiuntivi, compresi interventi per favorire l’integrazione dei lavoratori immigrati
Integrazione, condivisione e fruibilità delle informazioni disponibili nelle banche dati degli operatori
istituzionali al fine di favorire la tracciabilità della domanda-offerta di lavoro
1.4 Sviluppare politiche per Promozione di strategie e raccordi tra le diverse fonti e forme di finanziamento della formazione
l’anticipazione e gestione dei continua
cambiamenti e promuovere il dialogo
sociale Azioni di rafforzamento del ruolo delle parti economiche e sociali nazionali
Asse Occupabilità
Obiettivi strategici Interventi strategici
2.1 Migliorare l’efficienza, l’efficacia, la Monitoraggio qualitativo dei SPI, implementazione del Masterplan dei servizi pubblici per l’impiego
qualità e l’inclusività delle istituzioni del per definire nuovi standard qualitativi
mercato del lavoro
Elaborazione di modalità concertate di rafforzamento della capacità dei SPI di coordinare ed
indirizzare i soggetti di intermediazione per migliorare l’efficienza e l’efficacia dei servizi offerti
Rafforzamento della trasparenza del rapporto tra SPI e utenti, anche in una logica di patti di servizio
Supporto alla rete informativa dei Servizi per il lavoro (ex borsa lavoro)
2.2 Potenziare i sistemi di osservazione e Valutazione, anche comparativa, dell’efficacia delle politiche per l’inserimento al lavoro e di
valutazione delle politiche nazionali per workfare nonchè dei percorsi di stabilizzazione occupazionale
l’occupabilità
2.3 Costruire modelli e strumenti condivisi Definizione e sperimentazione (in contesti differenziati per tipologie di handicap e disagio) delle
per accrescere l’occupabilità e l’efficacia professionalità necessarie per un efficace inserimento lavorativo (es. nuova figura professionale del
dell’inserimento lavorativo di soggetti “responsabile dell’inserimento lavorativo”)
svantaggiati
20
ISMERI EUROPA
Asse Transnazionalità
Obiettivi strategici Interventi strategici
6.1 Promuovere il raccordo con le politiche Cooperazione con autorità nazionali di altri Stati membri, per l’analisi e l’innovazione delle
europee per il conseguimento degli obiettivi politiche, per creare presupposti, anche attraverso la stipula di intese e accordi tra Stati, al fine
stabiliti secondo il metodo di coordinamento di agevolare le reti partenariali ad ogni livello.
aperto e di cooperazione rafforzata
Promozione e realizzazione di scambi di buone pratiche e confronto di esperienze a livello
europeo su temi di rilevanza nazioanle
6.2 Supportare le Regioni nello sviluppo della Individuazione di strumenti e metodologie per sostenere le regioni nelle azioni di trasferimento
dimensione transnazionale e mainstreaming di risultati e competenze
Sostegno allo sviluppo di reti transnazionali per la mobilità dei lavoratori e delle imprese,
anche con il supporto e lo sviluppo dei sistemi informativi e di servizio.
21
ISMERI EUROPA
Le considerazioni emerse dagli incontri del valutatore con i referenti istituzionali e con le PES in
merito alle priorità di intervento suggeriscono per entrambi i PON FSE a titolarità del Ministero del
Lavoro l’opportunità di concentrare la prima fase attuativa degli interventi su alcuni temi su cui è si
è registrata una condivisione delle priorità e che sono al centro dell’agenda politica nazionale e
comunitaria: lotta al sommerso, contrasto alla precarietà, promozione della sicurezza sul lavoro,
promozione delle pari opportunità, costruzione di un sistema integrato di
istruzione/formazione/lavoro11.
Con specifico riferimento all’ob. Competitività, la necessità di operare una selezione accurata degli
interventi è dettata dalla necessità di concentrare le limitate risorse disponibili su poche e condivise
priorità. Sarebbe inoltre opportuno fissare rispetto alle priorità individuate obiettivi minimi comuni
e tempi cogenti di attuazione e approntare su di essi una strategia integrata, che preveda il concorso
dei diversi Assi e valorizzi il potenziale innovativo dell’Asse Transnazionalità, anche promuovendo
il confronto e lo scambio di buone prassi a livello europeo sui temi di rilevanza nazionale.
Altrettanta attenzione dovrebbe essere data alla definizione di una strumentazione omogenea con
funzione di indirizzo e coordinamento tra i diversi soggetti e sistemi al fine di favorire il raccordo
degli interventi e la spendibilità dei risultati ottenuti in termini di sistema (es. elementi comuni di
monitoraggio, valutazione, standard minimi di attuazione).
Nell’individuazione degli interventi strategici andranno considerate le lezioni del passato, evitando,
come auspicato anche dai referenti delle Adg regionali, studi fini a sé stessi e privilegiando:
− la disponibilità di un quadro conoscitivo che possa supportare la programmazione e attuazione
degli interventi, e finalizzato alla costruzione e sperimentazione di modelli organizzativi,
modalità di offerta di servizi, metodologie d’intervento innovativi;
− lo scambio e diffusione di innovazioni (trasferimento, modelli di intervento, modelli di
governance, ecc);
− le attività di orientamento, consulenza e supporto tecnico e organizzativo alla qualificazione dei
sistemi evitando tuttavia eventuali azioni di “pronto soccorso” richieste nel passato dalle
Regioni o da altre amministrazioni e puntando alla progressiva sedimentazione di metodologie e
strumenti condivisi;
− la creazione di reti e partenariati, in quanto funzionali all’attuazione dei modelli e delle
sperimentazioni e strumentali allo scambio di informazioni, esperienze e buone prassi a tutti i
livelli (locale, nazionale, europeo);
− la promozione di comunità di competenze e di sedi di confronto fisiche e virtuali (attraverso
siti, forum, newsgroup);
− il trasferimento di buone pratiche, attraverso il ricorso ad una pluralità di strumenti seminari,
convegni, visite e gemellaggi, web, forum, comunità tematiche, nonché la creazione di banche
dati e di rapporti
11
Cfr. Primo Rapporto di valutazione ex-ante PON Azioni di Sistema FSE Competitività e Occupazione - La
valutazione della coerenza della strategia con le politiche nazionali (par.4.1.)
22
ISMERI EUROPA
In seconda battuta, promuovere il dialogo sociale come obiettivo trasversale ai diversi interventi
valorizzando il contributo delle PES soprattutto in relazione a determinate tematiche12. Al fine di
agevolare un contributo fruttuoso di tutte gli attori alle politiche nazionali per il lavoro e la
formazione sarebbe opportuno
− promuovere un informazione tempestiva e condivisa sull’andamento del PON;
− realizzare interventi informativi e formativi volti ad accrescere le competenze delle parti sociali
ed economiche sulla programmazione dei Fondi strutturali, i cui temi e contenuti sono al
momento ritenuti patrimonio di un numero contenuto di persone;
− adottare un linguaggio meno tecnico e di una documentazione altrettanto semplice e snella.
12
Contrasto alla precarietà e al lavoro sommerso; analisi dei fabbisogni formativi e professionali; creazione di un
sistema integrato di formazione continua; promozione della governance delle pari opportunità; definizione di un sistema
di standard formativi, professionali e di certificazione delle competenze.
23
ISMERI EUROPA
Il PON Governance e Azioni di sistema FSE 2007-2013 costituisce un’importante opportunità per
pervenire al raggiungimento di obiettivi da cui da tempo si dibatte nell’arena politica e che da
diversi anni si cerca di affrontare. Gli attori coinvolti concordano a grandi linee sul fatto che sia
l’ultima “grande occasione”.
In questo paragrafo si riporta una sintesi delle attese degli intervistati rispetto al PON delle regioni
Convergenza, oltre ai rischi potenziali da essi individuati. In una certa misura i rischi sono speculari
alle attese, nel senso che sono definiti come la possibilità che determinate attese vengano deluse.
Le aspettative degli attori coinvolti nel PON in questione (regioni, parti economiche e sociali e
amministrazioni centrali) possono essere raggruppate in quattro tipologie principali, riguardanti:
– Standard comuni
– Integrazione inter-settoriale
– Integrazione inter-programma
– Governance del paese
Di fatto – e non sorprendentemente visto che si tratta di azioni di sistema che coinvolgono regioni
sovrane nei settori di policy in questione – si tratta di quattro tipi di integrazione.
La prima è relativa all’individuazione di standard comuni afferenti a diversi settori legati al mondo
del lavoro e della formazione, come le competenze, le qualifiche al lavoro, e infine livelli minimi di
prestazione dei servizi per il lavoro.
Un’azione dalla quale ci si attende risultati positivi – in virtù della precedente esperienza che è
ritenuta buona anche se incompleta – è la prosecuzione del tavolo sulla certificazione delle
competenze, ritenuta propedeutica e fondamentale per il successo di molte altre azioni.
Un altro ambito di omogeneizzazione in cui ci si attende che il PON possa dare un contributo è
quello dei livelli minimi di prestazione dei servizi per il lavoro. In questo caso siamo in presenza di
un panorama abbastanza frastagliato, con alcune regioni in cui il sistema privato è poco o nulla
sviluppato e i centri per l’impiego funzionano ancora come i vecchi “centri di collocamento”,
governati da una logica burocratica e orientata alla compilazione delle carte piuttosto che alla
risoluzione dei problemi (Calabria); e altre regioni in cui, invece, è scomparsa la distinzione tra
centri per l’impiego pubblici e servizi privati, mentre esiste una rete che integra pubblico e privato e
li valuta in base agli stessi standard (Lombardia).
La questione delle qualifiche, seppure complessa (in Italia esisterebbero circa seimila diciture
diverse di qualifiche al lavoro), viene percepita come perfettamente affrontabile da questo
programma, oltre che avente una certa urgenza di essere affrontata13.
Un’ulteriore aspettativa concerne gli standard più prettamente legati alle tecnologie
dell’informazione, come l’individuazione di alcuni parametri minimi omogenei per tutte le
rilevazioni statistiche, che possano portare alla possibilità di comparare i dati su scala nazionale14.
13
Come è successo in Francia qualche anno fa, quando un glossario altrettanto ampio è stato ridotto a circa 100 diciture.
24
ISMERI EUROPA
Per quanto riguarda l’integrazione inter-settoriale, ci si aspetta che il programma dia un contributo
all’armonizzazione dei sistemi del lavoro, della formazione e dell’istruzione, storicamente autonomi
e divisi.
Un ulteriore ambito di integrazione su cui sia le regioni che le parti economiche e sociali hanno
posto l’accento è quello tra diversi programmi. In particolare per il PON Competitività, anche in
virtù delle risorse relativamente scarse di cui beneficia, ci si attende un’integrazione con il PON
Convergenza.
Il PON crea delle aspettative anche in termini di “sperimentazione” del nuovo assetto di governance
del paese. In questo senso viene concepito come un “esercizio” in grado di dare indicazioni utili sul
funzionamento del nuovo rapporto tra stato e regioni, sui nuovi ambiti di azioni delle istituzioni e
sulle capacità e competenze necessarie allo svolgimento dei nuovi ruoli di governance, in
particolare a livello di amministrazioni centrali.
Alcuni attori hanno ulteriori aspettative – più specifiche – nei confronti del PON:
– Integrare pubblico e privato, superare la logica dei centri per l’impiego e creazione dei
servizi al lavoro (Lombardia)
– Supportare le regioni con task force e azioni di accompagnamento per l’implementazione
(es. gli ispettori dell’Isfol) (Lombardia)
– Rafforzare gli indirizzi e l’innovazione in materia di politiche per l’impiego in vista della
sperimentazione della riforma degli ammortizzatori sociali (Ministero del Lavoro)
– Collegare le politiche del lavoro e della formazione con le politiche regionali e dello
sviluppo (CGIL)
– Aumentare le capacità e l’innovazione nell’amministrazione (Dipartimento Funzione
Pubblica)
– Contribuire alla formazione degli ispettori del lavoro (Ministero del Lavoro)
– Coordinamento politico
– Frammentazione (abbassamento del livello di sistemicità) degli interventi
– Sovrapposizione degli interventi
14
In questo caso il problema sarebbe duplice, perché oltre alla standardizzazione di tipo informatico-statistico sarebbe
necessaria anche quella dei concetti: infatti spesso diciture uguali si riferiscono a concetti e a fenomeni diversi.
25
ISMERI EUROPA
completamente diversi, i due livelli di governance potrebbero non riuscire a individuare un terreno
di interesse comune su cui costruire delle azioni che siano veramente di sistema. Di conseguenza,
poiché la titolarità del programma e le competenze di legislazione sulle materie che il programma
riguarda appartengono a due livelli di governance distinti, il coordinamento tra di essi è ritenuto
centrale e indispensabile per il raggiungimento di risultati positivi.
Si rileva come i problemi di coordinamento politico sia fra regioni che fra regioni e ministero siano
prevedibili in misura maggiore nel PON Competitività piuttosto che in quello Convergenza, per due
ordini di ragioni: da un lato il numero inferiore di amministrazioni regionali coinvolte (5 contro 15)
rende più probabile il raggiungimento di un accordo intra-regionale e dall’altro l’entità maggiore
dello stanziamento in termini di fondi è indice di una maggior bisogno di azioni di sistema espresso
da queste regioni.
A livello di interventi specifici, il rischio è quello di riproporre azioni sul territorio che siano
frammentate e sconnesse da un disegno sufficientemente condiviso a livello di coordinamento stato-
regioni (ad esempio azioni di formazione per i dipendenti della P.A.); questo rischierebbe di
abbassare il grado di “sistemicità” degli interventi che si ritiene debba invece rimanere alto.
Si rilevano inoltre due ulteriori preoccupazioni. Da un lato si teme che le task-force o le azioni di
accompagnamento non riescano ad essere abbastanza incisive in termini di internalizzazione delle
competenze a livello di amministrazione regionale, mentre dall’altro si ipotizza che la mancata
fissazione di una tempistica, di una gradualità e di un ordine degli interventi che siano rigorosi e che
rispondano a delle scadenze chiare e precise, rischia di influire in maniera decisamente negativa
sull’efficacia di interventi che già di per sé presentano notevoli problematiche (ad esempio in
riferimento alla propedeuticità e all’importanza dell’asse capacità istituzionali rispetto agli altri).
In conclusione, alcuni attori hanno fatto presente che, anche nel caso in cui si riesca a raggiungere
un livello di standard minimi e un buon grado di omogeneizzazione, è necessario fare attenzione e
verificare che non si tratti di un’omologazione, in particolare verso il basso; i processi di
standardizzazione dovrebbero infatti essere utili alla crescita e al miglioramento di tutto il sistema, e
non provocare una corsa al ribasso a livello qualitativo, in particolare nei servizi.
Al di là delle attese e dei rischi percepiti dagli attori coinvolti nella fase di avvio del programma,
sembra opportuno affrontare la questione delle ricadute del PON sui sistemi regionali e sul valore
26
ISMERI EUROPA
aggiunto potenzialmente apportato a livello locale. Mentre alcune delle risposte coincidono
sostanzialmente con quelle sulle attese generali, altre si focalizzano maggiormente sui cambiamenti
potenzialmente scatenabili nei contesti più ristretti.
Ridurre la disomogeneità
La “riduzione della disomogeneità” è un concetto che ricorre con una certa frequenza, e si riferisce
a diversi ambiti nei quali ci si aspetta che il PON possa apportate un valore aggiunto.
Come era accaduto per le attese e i rischi, anche per il tema delle ricadute attese sui sistemi
regionali la questione della costruzione di standard e modelli di riferimento si rivela di importanza
centrale. Gli intervistati prevedono infatti che il programma dia luogo alla creazione di una serie di
tavoli di discussione attraverso i quali si possa pervenire a:
Si prevede che i modelli comuni di riferimento non riguarderanno soltanto determinati settori, ma
anche gli apparati amministrativi nel loro complesso; in particolare i tavoli e i momenti di
discussione avviati porteranno a:
Inoltre, nelle regioni in cui sono maggiormente diffuse forme di criminalità organizzata, ci si aspetta
che il rafforzamento e la modernizzazione dell’amministrazione contribuiscano alla lotta contro le
organizzazioni malavitose.
Le ricadute tecnologiche
Oltre a un capitale di tipo sociale e culturale, le ricadute del PON sui sistemi regionali saranno
anche percepite in termini di capitale fisico. In particolare nell’accresciuta disponibilità di strumenti
tecnologici che permettano lo scambio di e l’accesso a, informazioni in tempo reale che siano
rilevanti per le decisioni degli attori coinvolti.
L’accesso a questo tipo di strumenti viene ritenuto fondamentale, da un lato per consolidare la
percezione da parte delle regioni di far parte di una rete integrata all’interno della quale i flussi
informativi possano viaggiare in maniera fluida, e dall’altro come strumento di garanzia per il
cittadino, che può accedere a dati oggettivi senza la mediazione dell’amministrazione e riuscire in
tal modo a ridurre la discrezionalità decisionale degli amministratori.
Altri tipi di valore aggiunto ipotizzati dagli intervistati hanno riguardato l’individuazione di forme
di twining tra i due PON che facciano massa critica a livello di risorse, in particolare per quanto
riguarda gli interventi del PON Competitività; nonché la creazione di una metodologia di
27
ISMERI EUROPA
monitoraggio e valutazione di alta qualità, che sia in grado di entrare nel merito degli interventi e
analizzarne i contenuti, la qualità, l’utilità e il grado di diffusione.
IL MONITORAGGIO
Le questioni emerse nel corso della parte dell’intervista riguardante le azioni di monitoraggio sono
essenzialmente riassumibili attraverso tre parole chiave:
– Territorio
– Qualità
– Tempistica
Un’esigenza universalmente percepita è quella relativa alla capacità del sistema di monitoraggio di
tenere traccia degli effetti del programma sul territorio. In questo caso per “effetto” non si intende
l’impatto finale, bensì le ricadute temporanee ai vari livelli e nelle varie fasi dell’implementazione.
Il collegamento col territorio va illustrato anche nei rapporti che vengono presentati in sede di
Comitato di Sorveglianza, in cui le informazioni finanziarie andrebbero articolate maggiormente
soprattutto in riferimento ai contesti territoriali che beneficiano o potrebbero beneficiare di quella
parte della spesa.
Il concetto di territorio come unità di base del monitoraggio non si riferisce necessariamente a
strette demarcazioni di natura amministrativa, ma può essere esteso all’idea più generale di contesto
di implementazione: ossia alla sussistenza di condizioni specifiche, tali da generare un determinato
processo che sia anche trasversale ai tradizionali confini amministrativi.
Inoltre, può anche riferirsi al “contesto del programma”: ovvero a condizioni del territorio di
riferimento in cui sono inserite non tanto le istituzioni quanto i beneficiari finali del programma
(utenti dei centri per l’impiego, dei corsi di formazione, etc), e che influenzano i risultati del
programma a questo livello. Infatti, poiché si tratta di un programma nazionale che avrà
presumibilmente effetti differenziati a livello regionale, emerge l’esigenza di identificare – ancor
prima che di misurare – i cambiamenti che avvengono a livello dei beneficiari finali (ossia quei
beneficiari che non sono amministrazioni, come cittadini, lavoratori e imprese), indipendentemente
dal fatto che essi siano compatibili o meno con i risultati attesi.
In generale, sarà necessario confrontare tra loro i risultati ottenuti sul territorio, e misurare (e
preferibilmente anche analizzare e spiegare) la loro distanza dallo standard nazionale o
transregionale.
Dalle interviste è emersa un certa insoddisfazione riguardo alla prevalenza dei metodi quantitativi
per effettuare monitoraggi o per inscatolare e formalizzare il flusso di informazioni tra le
amministrazioni. Si auspica il passaggio dalla concentrazione sugli input e le risorse stanziate
all’analisi dell’effetto, del risultato, per quanto provvisorio, mutevole e/o localizzato. Si sostiene
che solo andando a constatare gli effetti sostanziali del programma, magari circoscritti ad ambiti
relativamente ristretti, è possibile correggere gli interventi in itinere e massimizzare l’efficacia
complessiva di un programma così particolare, che va a incidere in un insieme molto vasto e
diversificato di territori e settori.
28
ISMERI EUROPA
Un fattore che gli intervistati ritengono estremamente importante seguire in fase di monitoraggio è
la tempistica degli interventi. A dispetto della durata relativamente lunga del programma, si ritiene
infatti che la complessità dei temi e le difficoltà realizzative degli interventi, così come palesatisi
nei precedenti tentativi, siano tali da far sì che le questioni preliminari riguardanti l’individuazione
delle priorità e la fissazione degli obiettivi intermedi debbano essere affrontate con la massima
urgenza. Al fine di assicurarsi che ciò avvenga, è dunque necessario fissare con precisione i tempi in
corrispondenza delle varie fasi di realizzazione del programma: definizione dei criteri, messa a
bando, affidamento, realizzazione, etc.
– la necessità di individuare indicatori più specifici che costituiscano una base valida per
effettuare riaggiustamenti in corso d’opera (il che è legato a molte delle considerazioni sopra
esposte);
– l’opportunità di misurare il grado di coinvolgimento delle regioni;
– la necessità che il sistema di monitoraggio sia fruibile in tempo reale da tutti i soggetti
coinvolti.
In questo paragrafo vengono riportati i criteri di successo del programma secondo gli intervistati. In
particolare si riporta una rielaborazione delle loro risposte a domande del tipo “in quali casi
riterrebbe questo programma un successo?” oppure “cosa deve accadere affinché lei possa ritenere
questo programma un successo?”, e così via.
Le risposte fornite mostrano diversi gradi di ambizione, ossia si sono riferite a risultati più o meno
lontani dalla situazione attuale, più o meno facili da raggiungere, e ovviamente riguardano diversi
aspetti del programma.
– i cambiamenti provocati nei singoli territori sono allineati a quelli previsti a livello di
sistema
– gli standard sulle competenze eventualmente costruiti si diffondono all’interno delle varie
regioni attraverso sperimentazioni o adozioni dirette
– tutti i sistemi di certificazione eventualmente costruiti sono condivisi da tutti e messi in rete
29
ISMERI EUROPA
– riesce a ridurre una serie di disomogeneità presenti in molti ambiti e molti settori
(territoriale, rispetto al genere, etc)
– riesce a migliorare la qualità dell’occupazione
Un esercizio di governance
Molti degli intervistati sono consapevoli delle opportunità insite nel programma in riferimento
al “rodaggio” dei nuovi assetti di governance del paese avviati con la riforma del Titolo V.
Sostengono che il programma si possa ritenere un successo se:
Alcuni intervistati fanno riemergere il tema dell’integrazione tra settori storicamente separati ma
che, alla luce delle nuove esigenze di qualità ed efficacia, non hanno ragione di esserlo, come
l’istruzione, la formazione e il lavoro. Ricorre inoltre il concetto di integrazione tra programmi,
ritenuta una delle questioni più delicate del PON, che si riferisce alla creazione di sinergie
positive – piuttosto che al frapporsi reciproco di ostacoli – tra il PON e altri programmi europei
e non. Le Parti Economiche e Sociali in particolare ritengono che il programma possa ritenersi
un successo se:
Obiettivi minimi
Vista la complessità e la rischiosità del programma, alcuni attori ritengono che anche soltanto il
raggiungimento di obiettivi minimi possa considerarsi un successo. Per cui il programma avrà
“funzionato” anche solo se si riesce a proseguire in qualche modo l’esperienza sulla certificazione
delle competenze, o ad attivare gli strumenti che sono già a disposizione, come i comitati già
esistenti sulla formazione continua. In particolare le Parti Economiche e Sociali sostengono che il
programma abbia successo se:
30
ISMERI EUROPA
GESTIONE E ATTUAZIONE
La maggior parte degli intervistati intravede un ruolo almeno duplice per il CIA: da un lato una
funzione di programmazione o indirizzo, mentre dall’altro quella di attuazione. Questo comitato
verrebbe quindi a configurarsi come una sorta di “consiglio d’amministrazione” del PON, con
compiti sia di co-progettazione che di co-gestione, in cui i partner istituzionali si confrontano su
ipotesi di intervento e prendono decisioni.
Secondo quanto previsto dalla normativa al CIA spetterebbe anche la definizione della strategia e
degli obiettivi generali e specifici del programma, nonché l’individuazione delle tipologie e delle
linee di intervento più efficaci per il loro conseguimento. Per questo motivo è visto da alcuni
intervistati come sede decisionale di rilevanza non solo tecnica, ma anche strategica e politica. Al di
là della distinzione tra decisioni tecniche e decisioni politiche che per molti risulta sfumata, il
comitato ha il compito di fissare – presumibilmente in fase di avvio – le priorità di intervento, ossia
i grandi temi sui quali concentrare e indirizzare le attività del programma.
Nell’ipotesi di costituzione di un CIA a geometria variabile, tale funzione sarebbe adempita dal
cosiddetto CIA allargato o in forma plenaria, che verrebbe aperto ad altri soggetti (in particolare alle
parti economiche e sociali).
La funzione di attuazione
Al di là dell’indirizzo strategico, ci si aspetta che il CIA abbia anche delle funzioni relative
all’attuazione in senso stretto, ad esempio a carattere procedurale; e diventi la sede di un confronto
di natura tecnico-operativa finalizzato a condividere modalità di implementazione come bandi,
procedure e capitolati. Tale funzione riguarda in modo più esclusivo le parti istituzionali: di
conseguenza si prevede che venga svolta dal cosiddetto CIA ristretto o in forma ridotta,
comprendente soltanto le Autorità di Gestione dei programmi. In questa veste il CIA è concepito da
alcuni soggetti come uno strumento di controllo delle regioni sull’amministrazione centrale.
31
ISMERI EUROPA
La necessità di flessibilità operativa del CIA è stata invocata a più riprese nel corso delle interviste.
Da un lato essa servirebbe l’esigenza di “fattività e concretezza”, di non “perdersi in discussioni
formali”; dall’altro permetterebbe al CIA di affrontare questioni anche molto diverse tra loro – ad
esempio riguardanti diversi programmi – con una certa scioltezza ed efficacia operativa.
La percezione del CIA che emerge dalle interviste è quella di un comitato la cui “ragion d’essere
che va al di là dei programmi operativi nazionali”, ma anche al di là del fondo sociale e in una certa
misura tutta la politica europea di coesione.
Per quanto riguarda l’integrazione tra programmi e tra fondi, il CIA può essere un utile strumento
per evitare la sovrapposizione tra PON e POR, ma anche tra l’FSE e gli altri fondi (FESR, FEASR,
FAS). Inoltre, su alcuni temi specifici, può essere utile lo scambio di esperienze tra alcune regioni
uscite dall’obiettivo 1 in occasione di questa programmazione, e le regioni attualmente comprese
nell’obiettivo Convergenza. Di conseguenza è auspicabile mantenere una certa flessibilità al
momento di convocare i CIA in relazione alle regioni da includere.
In generale, è essenziale che il CIA diventi un organo decisionale efficace perché è la sede operativa
del rapporto fra stato e regioni; e ormai tutta la politica europea di coesione, e in generale una parte
crescente di quella di interesse nazionale, è gestita in questa ottica di rete fra le amministrazioni.
Ovviamente il partenariato mantiene un ruolo forte e, nel caso dei programmi europei, in crescita;
per cui la flessibilità del CIA, come abbiamo visto sopra e come si dirà più avanti, deve essere tale
da coinvolgerlo in maniera più ampia possibile.
Come vedremo più avanti, il fatto che il CIA assuma determinate funzioni o meno rischia di
incidere sul ruolo assunto dal Comitato di Sorveglianza. In particolare, le parti economiche e sociali
esprimono la preoccupazione che il CIA, avendo un ruolo strategico molto forte, possa in qualche
modo esautorare il CdS, e dunque il possibile contributo delle parti nell’ipotesi che queste non
entrassero a farvi parte. Il rischio di “svuotamento del CdS” deriverebbe dalla possibilità che i due
comitati non riescano a coordinarsi per ragioni anche organizzative e di disponibilità temporali; e
così il CIA finisca col rappresentare l’unica sede in cui si prendano le decisioni, che poi andrebbero
semplicemente “trasferite” al Comitato di Sorveglianza.
Per evitare questo rischio si suggerisce di procedere alla stesura di un regolamento che individui in
maniera molto chiara le funzioni del CIA – e quindi per sottrazione quelle che rimangono al CdS.
Le parti economiche e sociali auspicano che, nel caso in cui non dovessero essere presenti nel CIA,
questo assuma delle funzioni strettamente tecnico-gestionali che non sono di loro interesse, mentre
tutti gli aspetti decisionali dovranno essere rimandati al CdS, il quale non dovrebbe avere una
funzione soltanto consultiva. A questo proposito andrebbe assicurato un coordinamento stretto tra i
due comitati (ad esempio attraverso la stesura di un protocollo, di un’intesa, etc) che renda
impossibile l’eventualità di uno scavalcamento del CdS. Nella migliore delle ipotesi si dovrebbe
riuscire a garantire che i partecipanti al CIA e al CdS in rappresentanza delle stesse istituzioni siano
le stesse persone fisiche: ciò contribuirebbe a risolvere il problema del coordinamento.
Far sedere le parti sociali al CIA da un lato eliminerebbe il problema del coordinamento fra i due
comitati; ma dall’altro solleverebbe quello della possibile sovrapposizione; per cui il CIA
diventerebbe un duplicato del CdS e si verrebbe comunque a creare una terza sede più o meno
formalizzata di confronto diretto tra amministrazioni centrali e regionali.
Aspetti operativi
32
ISMERI EUROPA
I soggetti intervistati auspicano che, in ragione delle sue funzioni anche strettamente operative di
controllo e di indirizzo, il CIA si riunisca spesso, e nelle fasi iniziali e di avvio del programma
anche molto spesso. La frequenza esatta dipenderà dal regolamento e dall’attribuzione molto
specifica delle funzioni; ma in generale si va da un minimo di sei volte l’anno fino a un massimo di
una volta al mese. La scarsa frequenza di riunione dei tavoli gestionali della scorsa programmazione
è stata ritenuta un motivo della sua scarsa efficacia.
IL PARTENARIATO
Al di là della configurazione specifica che assumerà la governance del PON, gli intervistati
concordano sul fatto che il partenariato abbia importanti funzioni consultive e di controllo, sia
intermedio che finale; nonché sul fatto che il suo coinvolgimento sia di importanza strategica ai fini
del raggiungimento degli obiettivi e della condivisione di responsabilità al loro riguardo. In
particolare le parti economiche e sociali contribuirebbero a evitare un’attuazione disarticolata degli
interventi e il rischio di auto-referenzialità delle azioni, oltre a facilitare e rendere più efficiente – in
alcuni casi – il processo decisionale delle istituzioni15.
Ci sono invece dei pareri discordanti sui modi e i tempi necessari affinché il partenariato possa
svolgere il suo ruolo: si illustrano brevemente le diverse opzioni.
Alla base della diffusa perplessità sull’ipotesi di esclusione delle parti economiche e sociali dal
Comitato di Indirizzo e Attuazione, mostrata anche da alcune regioni e amministrazioni centrali, vi
è il fatto che il CIA non avrebbe soltanto delle funzioni strettamente tecnico-gestionali ma anche
rilevanti compiti di indirizzo e controllo strategico. L’eventuale assenza delle parti viene considerata
paradossale anche rispetto al metodo che ha caratterizzato il confronto per la definizione dei
contenuti della nuova programmazione, e quindi al riconoscimento del contributo da queste fornito
alla definizione dei programmi e del QSN. Inoltre sarebbe in contrasto con i principi contenuti nei
regolamenti comunitari (art. 11 del regolamento CEE 1038/2006), nonché con le azioni specifiche
contenute nel PON volte a rafforzare il dialogo sociale.
D’altra parte, gli argomenti a favore dell’esclusione del partenariato dal CIA riguardano da un lato
la funzione di quest’ultimo di coordinamento degli interventi regionali tra diversi fondi e diversi
programmi che è di interesse esclusivo delle regioni, o comunque non beneficia della partecipazione
del partenariato nazionale; e dall’altro la funzione di coordinamento esclusivamente tecnico tra
regioni e ministeri finalizzato a individuare le modalità concrete di attuazione delle linee di
intervento. Si ritiene che le parti sociali, in quanto attori non istituzionali e privi di responsabilità
rispetto al raggiungimento degli obiettivi, non possano intervenire nelle questioni riguardanti la
condivisione di bandi, capitolati, nella scelta di organismi tecnici ai quali affidare determinate parti
dell’implementazione del programma, e in altre scelte tecniche simili. Se ciò avvenisse, la cosa
15
A questo proposito si prevede che l’apporto del partenariato sia funzionale ai processi decisionali delle istituzioni e ne
migliori l’efficienza soprattutto in relazione alle azioni dei primi tre assi: adattabilità, occupabilità e capitale umano.
33
ISMERI EUROPA
sarebbe percepita da alcune amministrazioni come un’ingerenza che contrasta con l’interesse
pubblico, in quanto – nonostante la loro importanza storica e l’enorme peso politico che hanno
sempre finito per avere – si tratta pur sempre di associazioni private. A livello pratico, un evento di
questo tipo costringerebbe le amministrazioni a trovare comunque dei momenti di confronto, in
questo caso informali e “privati”, da cui il partenariato sarebbe in ogni caso escluso.
Nell’ottica della costituzione di due versioni del CIA – in forma ridotta e in forma plenaria – il
partenariato viene ritenuto da tutti legittimato a partecipare al CIA allargato, che verrebbe a
configurarsi come una sede in un certo modo “politica” di approvazione degli indirizzi e delle
strategie, mentre il CIA ristretto rimarrebbe un organo strettamente tecnico e come tale non avrebbe
ragione di includere le parti economiche e sociali. Rispetto al timore di queste ultime di essere
“esautorate” dalle decisioni, ovvero che si riportino in sede di CIA allargato delle decisioni già
prese in quello ristretto solo per ottenere la loro ratifica, le amministrazioni generalmente
rispondono che il CIA allargato avrà comunque un carattere decisionale, in cui il partenariato potrà
valutare le opzioni presentate dal coordinamento istituzionale ristretto, criticarle e suggerire delle
modifiche, che poi potranno essere ridiscusse nel CIA in forma ridotta.
Sulla formalizzazione del processo decisionale esistono opinioni discordanti, in particolare
sull’obbligatorietà di ritornare al comitato ristretto nel caso di forti critiche o proposte
rivoluzionarie delle parti in sede plenaria. Secondo alcuni dovrebbe esserci una norma tassativa che
faccia ritornare la decisione in sede ristretta, mentre per altri ciò costituirebbe una forma di
“consociativismo” o comunque rischierebbe di appesantire – se non intralciare – l’efficacia
operativa del programma: la decisione di tornare al CIA ristretto o meno dovrebbe essere in questo
caso appannaggio del coordinamento tra regioni e ministero.
Nonostante tutte le parti economiche e sociali chiedano con forza di far parte del Comitato di
Indirizzo e Attuazione insieme alle regioni e alle amministrazioni centrali, per il momento hanno
individuato delle strategie di governance alternative da perseguire nel caso ciò non avvenga, onde
evitare di limitarsi a una funzione puramente consultiva nell’ambito di governance del programma,
anziché partecipativa.
Tutte le ipotesi prevedono una sorta di accompagnamento delle attività del CIA, ad esempio
attraverso la creazione di tavoli tematici o di riunioni parallele che di volta in volta si coordinano
con quelle del CIA. L’obiettivo minimo è essere aggiornati sulle attività e sulle decisioni prese dal
CIA con una frequenza superiore a quella con cui si riunisce il Comitato di Sorveglianza.
Ad esempio, si ipotizza che al momento di prendere delle decisioni su temi di interesse delle parti, il
CIA “tecnico-gestionale” si allarghi al partenariato o si coordini in parallelo con un’eventuale nuova
sede che lo rappresenta in orari o giorni contigui alla riunione del CIA ristretto; questa sede a livello
teorico potrebbe essere anche il CdS – che però dovrebbe aumentare la frequenza delle riunioni.
Nelle parole dell’UGL:
“subito dopo in qualche modo loro ci devono incontrare. Al limite creare delle riunioni parallele istituite formalmente,
ufficialmente, che magari coincidono con la stessa giornata, in cui possiamo portare il nostro contributo, non è che
andiamo ad ascoltare. Non deve essere un tavolo dove ci riferiscono “abbiamo deciso, abbiamo fatto, abbiamo detto”.
Devono essere tavoli ufficiali che creano un’alternanza tra CIA e CIA allargato, temporalmente consequenziale (es la
34
ISMERI EUROPA
riunione del CIA dalle 9 alle 11, e poi dalle 11 alle 13 il CIA allargato). Non importa se sia prima o dopo, l’importante è
che non diventiamo un organo consultivo ma restiamo un organo partecipativo. Capiamo che ci deve essere un
momento stato-regioni, ma questo non deve penalizzare il partenariato”
Considerazioni ulteriori
Sul ruolo del Comitato di sorveglianza si rilevano pareri contrastanti, anche in seguito alla
confusione sul ruolo del CIA e all’indecisione riguardo alle modalità di partecipazione del
partenariato al processo decisionale. Infatti, probabilmente a causa del timore di non essere
rappresentate adeguatamente nel CIA, le parti economiche e sociali ritengono che il ruolo del
comitato di sorveglianza vada rafforzato rispetto alla precedente programmazione – sostenute in
questo anche dalla normativa europea che non solo non prevede formalmente l’esistenza di un CIA
ma nello stesso tempo incoraggia la crescita del ruolo del partenariato. Si auspica quindi che il CdS
possa diventare la sede per un efficace trasferimento delle informazioni (e su questo sono d’accordo
anche le regioni) e per un confronto più sostanziale che formale, in cui si arrivi con dei processi in
atto che implichino un reale coinvolgimento delle parti nel processo decisionale.
D’altra parte le amministrazioni hanno in mente un ruolo del CdS abbastanza diverso, simile a
quello della passata programmazione o addirittura alleggerito: nella natura avrebbe le stesse
funzioni di sorveglianza sugli obiettivi e ratifica, ma nella pratica potrebbe anche riunirsi una o due
volte l’anno, tre al massimo. A questo proposito – e anche per motivi di integrazione tra gli obiettivi
convergenza e competitività – alcune regioni hanno proposto di costituire un unico CdS per
entrambi i PON.
Il ruolo potenziale del CdS è in parte legato a quello del CIA e in particolare alle opportunità di
espressione che questo fornirà alle parti economiche e sociali. Infatti se queste verrano escluse non
tanto dal CIA, quanto dai suoi momenti di indirizzo strategico e di verifica – anche in itinere – in
assenza di altre sedi eventualmente da “inventare”, il loro unico canale di partecipazione sarà il
comitato di sorveglianza. Di conseguenza chiederanno che vengano previsti momenti di
coordinamento tra CIA e CdS anche in vista del ruolo che le parti hanno nel monitoraggio finale;
affermano di non potersi prendere responsabilità di giudizio e verifica su un’intera programmazione
senza essere state in qualche modo partecipi degli step intermedi. In casi estremi, se il
coordinamento con il CIA dovesse risultare un fallimento, ipotizzano di ritirarsi dalla fase di
verifica finale.
In linea generale, sono state espresse perplessità su un coordinamento fruttuoso tra i due comitati e
la possibilità che uno dei due scavalchi l’altro viene considerata abbastanza realistica; naturalmente
sarebbe il CIA a esautorare il CdS, e non viceversa. Per evitare questo pericolo è necessario – nel
35
ISMERI EUROPA
caso in cui le parti non entrino nel CIA – che i compiti del CIA siano fortemente limitati e che il
CdS riesca a mantenere un certo peso decisionale, ad esempio assumendo un taglio più operativo
(riunendosi più spesso e diminuendo la durata delle singole sedute, concentrandosi sulle priorità
invece che rimanere dispersivo).
Un fattore ritenuto cruciale è che siano presenti il più possibile le stesse persone, sia tra CIA e CdS
che all’interno dello stesso comitato su una serie di riunioni successive. Ciò faciliterebbe
enormemente il coordinamento sia tra i comitati che tra i soggetti che riuniscono attorno allo stesso
tavolo, apportando benefici probabilmente notevoli in termini di operatività ed efficienza
decisionale.
Può essere in parte fuorviante soffermarsi troppo sul luogo del confronto; sia le regioni che le parti
d’altronde affermano di non essere interessate alla forma dell’assetto di governance purché questo
garantisca loro la possibilità di esercitare le funzione che ritengono legittimamente di dover
svolgere. Di conseguenza, piuttosto che porre troppa attenzione al luogo formale – sia esso CIA,
CdS, tavoli tematici o altro – sembra più utile concentrarsi sul processo decisionale e sul ruolo dei
diversi attori al suo interno.
Di seguito si illustra una proposta di quello che potrebbe essere il processo decisionale, così come si
sta delineando nella sostanza (è sottinteso che la responsabilità complessiva è del MdL, a cui spetta
poi prendere le decisioni operative).
36
ISMERI EUROPA
3. prevedere un CIA allargato per realizzare il punto precedente (come già proposto),
4. mantenere il Comitato di sorveglianza come è attualmente.
− tutti i verbali delle riunioni partenariali (CIA, CIA allargato, CdS, e altro..)
dovrebbero essere in tempo breve pubblici (Internet) per ridurre potenziali conflitti di
interessi e per dare immediato conto del lavoro svolto riducendo lo spazio per
comportamenti opportunisti.
16
Il rischio opposto è di decisioni prese con le parti sociali che esautorano le amministrazioni (vedi il caso della Toscana
ove molte leggi arrivano in consiglio con il parere definitivo delle parti e per i politici è molto difficile cambiarle)
37
ISMERI EUROPA
CONCLUSIONI
APPENDICE
Si riportano qui di seguito la sintesi di un’intervista svolta con l’assistenza tecnica sul sistema degli
indicatori e alcune osservazioni effettuate direttamente sui singoli indicatori in un momento
successivo all’invio del PON alla Commissione.
SINTESI DELL’INTERVISTA
Il colloquio ha riguardato sia gli indicatori di realizzazione che quelli di risultato, anche se ci si è
soffermati di più su questi ultimi.
Nel corso della discussione sono emerse considerazioni riguardanti la metodologia di scrittura del
programma e quella in parte speculare di valutazione; ad esempio si è osservato che un programma
nazionale di questo tipo presenta delle peculiarità estremamente evidenti rispetto ai programmi
regionali – sia perché è nazionale sia perché è fondamentalmente incentrato sui processi – come
dimostra l’ampio utilizzo degli indicatori qualitativi, e mal si adatta a seguire le indicazioni standard
suggerite dalla Commissione per i programmi operativi del ciclo 2007-2013. Soprattutto per quanto
riguarda il sistema degli indicatori e la fissazione dei target, il lavoro andrebbe personalizzato per
tenere conto delle esigenze degli indicatori qualitativi, di cui i PO regionali fanno un uso assai
minore.
Indicatori di realizzazione
Gli indicatori di realizzazione sono legati al concetto di “progetto” che è definito come l’unità
amministrativa di approvazione.
Indicatori di risultato
Per il resto la discussione si è concentrata sugli indicatori di risultato, dando luogo da un lato a
riflessioni generali riguardanti il sistema nel suo insieme, e dall’altro passando in rassegna i singoli
17
I soggetti attuatori in-house del PON ATAS FSE 2000-2006 sono stati Italia Lavoro, l’Isfol e il Formez.
38
ISMERI EUROPA
Considerazioni generali
Una caratteristica generale del sistema è la presenza dei target solo per quanto riguarda gli
indicatori quantitativi; essi sono infatti del tutto assenti per i vari indicatori qualitativi. Alcuni
osservatori potrebbero giustificare tale assenza affermando che non è possibile individuare i target a
causa della natura qualitativa degli indicatori stessi; in un primo momento l’intervistato ha espresso
perplessità di questo tipo, mostrando sfiducia nella bontà di un sistema qualitativo di classificazione
dei risultati con valori del tipo “buono”, “sufficiente”, “ottimo”, e così via. Il valutatore ha tuttavia
fatto presente che l’affidabilità e la capacità informativa di tale approccio18 dipendono dalla
presenza (e dal buon esito) di uno sforzo comune delle parti di definire i concetti di “buono”,
“sufficiente”, etc. in base a criteri di merito identificati in corrispondenza dei singoli indicatori
qualititativi. In altre parole, è possibile individuare dei target qualitativi nel momento in cui si
associano una serie di criteri di merito o valore alle attività che si vuole monitorare e/o valutare
qualitativamente, e si esplicita il target definendolo in base a questi criteri.
Il problema dell’assenza dei target riguarda anche gli indicatori quali-quantitativi. In questo caso ciò
è dovuto alla natura di questi indicatori, che costituiscono delle disaggregazioni di indicatori
quantitativi per modalità come sesso, età, settore, etc. Fissare un target in corrispondenza di un
indicatore quali-quantitativo significa di conseguenza individuarne numerosi, cosa che è stata
ritenuta impossibile nel quadro di redazione del programma operativo; in particolare incompatibile
coi suoi tempi e coi suoi spazi.
Altre considerazioni generali riguardano la natura della differenza tra i target transregionali e la
relazione tra questi e il target nazionale. Per quanto concerne la prima questione, si sono fatte
principalmente due osservazioni:
Per quanto riguarda la seconda questione, il fatto che il valore nazionale si avvicini spesso in misura
maggiore a quello delle regioni Competitività piuttosto che a quello del gruppo Convergenza è
spiegato dal maggior peso in termini di popolazione delle prime rispetto alle seconde, che sono
soltanto 5 (su un totale di 20).
18
Si veda Michael Scriven, “Logica della Valutazione e Pratica della Valutazione”, trad. it. a cura di […] etc.
39
ISMERI EUROPA
Nella parte successiva dell’intervista sono stati passati in rassegna i singoli indicatori,
soffermandosi su alcune loro caratteristiche che il valutatore riteneva avessero bisogno di
approfondimento.
• Per quanto riguarda la spesa sostenuta per la formazione continua del lavoratori occupati
(obiettivo specifico 1.1), la sproporzione tra il target della spesa pubblica (+5%) e quello
della spesa privata (+10%) sarebbe legata alla messa a regime dei Fondi Interprofessionali.
• Non esistono rilevazioni ordinarie sulla mobilità professionale (obiettivo specifico 1.2); gli
indicatori più adatti in loro assenza sono sembrati quindi la mobilità geografica e la mobilità
aziendale, per i quali tuttavia non sono disponibili dati disaggregati a un livello inferiore
rispetto a quello nazionale. Da qui i valori di partenza uguali per i due gruppi di regioni.
Poiché i target sono invece diversificati (in particolare superiori per le regioni convergenza),
è necessario provvedere alla rilevazione dei dati regionali o transregionali entro il 2013,
altrimenti sarà impossibile confrontare i valori reali con i target. Il valore target nazionale
per la mobilità aziendale è inoltre errato – in particolare, è inconsistente rispetto ai valori
transregionali – e va portato da 17,5% a 12,5%. Anche il valore di partenza nazionale della
mobilità geografica presenta lo stesso tipo di problema (inconsistenza coi valori
transregionali) e va portato da 2,5% a 4%.
• I valori relativi alla durata della precarietà (obiettivo specifico 1.3) sono nazionali in quanto
non esistono a livello regionale né transregionale.
• Il tasso di utilizzo dei servizi per l’impiego da parte dei nuovi occupati (obiettivo specifico
2.1) è un indicatore pertinente di efficacia in quanto viene raccolto elaborando le risposte a
una domanda del tipo “come ha trovato lavoro?”.
• Il target al ribasso del tasso di utilizzo dei servizi per l’impiego privati da parte delle persone
in cerca di prima o nuova occupazione (obiettivo specifico 2.1) in corrispondenza
dell’obiettivo 2 (da 24,2% a 20% a fronte dei servici pubblici che passano da 34% a 45%)
non è un errore; è infatti coerente con la volontà di spostare la domanda dei servizio
dell’impiego dal settore privato a quello pubblico, che a sua volta corrisponde a un obiettivo
politico più ampio di riforma del mercato del lavoro. Tale obiettivo prevede il contenimento
o l’eliminazione di quelle forme contrattuali gestite in maniera esclusiva dai servizi privati
(come ad esempio il lavoro a chiamata).
• I target relativi al tasso di utilizzo dei servizi offerti dai centri pubblici per l’impiego da
parte delle imprese (obiettivo specifico 2.1) sono entrambi molti alti, pari circa al triplo del
valore di partenza. Ciò corrisponde a un relativo insuccesso dei centri pubblici nell’attirare
40
ISMERI EUROPA
le imprese, che fa sì che lo sforzo di policy sia concentrato sul miglioramento della loro
capacità di interpretare le esigenze delle imprese e di soddisfarle. L’efficacia dei centri
pubblici è notevolmente maggiore quanto i soggetti coi quali si trovano a lavorare sono le
singole persone, piuttosto che le imprese. Attualmente l’unico motivo per cui le imprese
usufruiscono dei centri pubblici per l’impiego è lo sfruttamento delle agevolazioni fiscali o
contributive riguardanti le categorie speciali o protette. In ogni caso si tratta di circostanze
occasionali fatte presente dal legale dell’azienda, non esiste nessun rapporto sistematico né
duraturo.
• Il target fissato per il Lifelong Learning – pari all’8% in media nazionale – è bassissimo
(obiettivo specifico 3.1), probabilmente inferiore agli obiettivi di Lisbona (controllare);
tuttavia non è un errore, ma un obiettivo minimo che deriva dalla consapevolezza di partire
da una situazione estremamente arretrata e che, in quanto motivata da ragioni prettamente
culturali, è destinata a cambiare solo molto lentamente. Si rileva inoltre che l’indicatore,
rilevando la formazione continua degli individui a partire dai 25 anni, rimane insensibile alla
maggioranza delle attività di formazione che vengono svolte in Italia, che riguardano una
fascia di età inferiore (persone che hanno cominciato a lavorare prima di – o senza –
laurearsi).
• Il target del N. di amministrazioni regionali e provinciali che hanno predisposto servizi e/o
nominato figure per le pari opportunità (obiettivo 4.1 Convergenza) corrisponde al totale
delle amministrazione regionali e provinciali presenti in Italia (125; 28 per l’obiettivo 1 e 97
per l’obiettivo 2)
Il livello di implementazione della Direttiva sulla rilevazione della qualità percepita dai cittadini
(obiettivo specifico 5.1 Convergenza) è stato scelto come indicatore di capacità istituzionale perché
le leggi sul controllo e sulla trasparenza della Pubblica Amministrazione hanno finora avuto un esito
estremamente negativo, e hanno incontrato enormi resistenze in fase di attuazione; ad esempio la
Legge Cassese del 1990 sui carichi di lavoro non è mai stata di fatto implementata.
41
ISMERI EUROPA
Discreta: l’indicatore accresce la Valore di partenza anno 2005 = 32,7%; Buona: costo
conoscenza del mercato del Valore target anno 2013 = 45% basso, utilità
Tasso di partecipazione alla formazione continua. lavoro ma non indica quanto discreta
Numero di lavoratori che hanno partecipato almeno 1.1 – Promuovere cresca tale conoscenza Fonte: ISFOL INDACO
ad un intervento di formazione continua nei 12 mesi un’articolata e puntuale Lavoratori
precedenti (quantitativo) conoscenza del mercato del
lavoro in ordine ai principali
fenomeni emergenti
Buona – anche se andrebbe Variazione annuale; Valore di partenza (ultimo Buona: Sistemi di monitoraggio
Variazione annuale della caratteristiche (anagrafiche specificato come viene definito il disponibile) costo basso, utilità regionali, Monitoraggio
e di istruzione) del target effettivamente raggiunto bacino d’utenza potenziale medio-alta) Fondi Interprofessionali
dagli interventi di formazione continua rispetto al (Ministero del Lavoro),
bacino d’utenza potenziale (occupati totali) (quali- Relazione annuale al
quantitativo) parlamento sulla
formazione continua
(ISFOL)
Utilizzo delle banche dati nazionali da parte degli Buona – a patto di specificare i Analisi ad hoc: prima rilevazione entro dicembre Discreta: –
Osservatori regionali e provinciali del mercato del soggetti tra i quali va promossa la 2007 costo medio,
lavoro (aggiornamento produzione sulle dinamiche conoscenza del MdL utilità elevata
economiche e sociali) (qualitativo) nell’obiettivo specifico
1.2 Promuovere politiche di Alta – l’indicatore sembra Mobilità geografica: Alta: costo basso, ISTAT RFL
Percentuale di lavoratori dipendenti che praticano la accompagnamento alla cogliere pienamente il risultato VP05: 4%; VT13: 5% utilità elevata
mobilità geografica e aziendale (job to job) mobilità lavorativa e atteso degli interventi previsti Mobilità aziendale (job to job):
(quantitativo) professionale e supportare i nell’obiettivo VP05: 7,9%; VT13: 10%
processi di riforma
42
ISMERI EUROPA
Indicatori Asse 1 – Adattabilità (cont.)
Obiettivo Sostenibili Fonti
Asse Adattabilità Specifico di Pertinenza Misurabilità tà (rapporto disponibili
riferimento costi/benefici)
Indicatore di “nuovo avvio” Buona – l’indicatore misura la Nessuna offerta di lavoro nei 12 mesi precedenti: Alta: costo ISFOL PLUS
Percentuale di disoccupati che, tempestività di risposta del VP05 90%; VT13 75% basso,
divenuti disoccupati nel mese X, si sistema utilità elevata
trovano ancora disoccupati nel Nessuna offerta di formazione nei 12 mesi
mese X+12 e ai quali non sia stato precedenti: VP05 87,6%; VT13 65%
offerto un nuovo avvio sotto forma Alta – l’indicatore coglie Valore di partenza: anno 2005 Alta: costo ISFOL PLUS
di lavoro o di formazione pienamente il significato della Italia: 15 – 29 anni = 1 anno e 9 mesi; 30 – 39 anni basso,
(quantitativo) parte dell’obiettivo specifico = 4 anni e 6 mesi anni; 40 – 49 anni = 8 anni utilità elevata
Durata della precarietà,: durata relativa alla sicurezza del Valore target
media della precarietà per lavoro Italia: 15 – 29 anni = 1,6 anni; 30 – 39 anni = 2
individuo occupato con “contratto 1.3 Favorire una anni; 40 – 49 anni = 3 anni
a termine” (Lavoro a tempo migliore Discreta – in generale; buona VP06 (solo settore edilizia): 11.667 Buona: costo MLPS DG per
determinato, Collaborazioni, organizzazione, in quei casi in cui il VT13 (tutti i settori): 20.000 basso, utilità l’Attività Ispettiva
apprendistato e contratti qualità e meccanismo dell’ispezione medio-alta
d’inserimento, Lavoro interinale e sicurezza del e funziona bene come deterrente
lavoro a chiamata, Stage e tirocini, sul lavoro e comporta un aumento
pratica professionale ) per classe di effettivo della sicurezza
età (quantitativo) Buona – nella misura in cui Analisi ad hoc: prima rilevazione entro dicembre Media: costo –
Variazione annuale del Numero di l’impatto dell’attività 2007 medio,
ispezioni dal Ministero del Lavoro dell’Osservatorio sui risultati utilità medio-
sull’adozione dei criteri per la attesi dell’obiettivo specifico alta
salute e sicurezza sul lavoro sia positivo
(quantitativo)
Operatività dell’Osservatorio
nazionale sulla salute e sicurezza
sul lavoro (qualitativo)
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Indicatori Asse 1 – Adattabilità (cont.)
Obiettivo Specifico di Sostenibilità Fonti
Asse Adattabilità Pertinenza Misurabilità (rapporto
riferimento costi/benefici) disponibili
Tasso di irregolarità del lavoro Discreta: le politiche di VP04: 10,1% Discreta: ISTAT – Conti
(quantitativo) anticipazione e gestione dei VT13: 5% costo basso, Economici
cambiamenti non si esauriscono in utilità discreta Territoriali
quelle di emersione del lavoro
irregolare, anche se esso
rappresenta un campanello
d’allarme del mancato
adattamento del sistema
1.4 Sviluppare politiche per
Media: le politiche di Analisi ad hoc: prima Media: –
Operatività dei Comitati regionali e l’anticipazione e gestione dei
anticipazione e gestione dei rilevazione entro costo medio,
nazionale per l’emersione del cambiamenti e promuovere il
cambiamenti non si esauriscono in dicembre 2007 utilità media
lavoro non regolare (CLES) dialogo sociale
quelle di emersione del lavoro
(qualitativo)
irregolare, anche se esso
rappresenta un campanello
d’allarme del mancato
adattamento del sistema; inoltre
non è detto che l’operatività dei
comitati abbia un impatto positivo
sui risultati attesi dell’obiettivo
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