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Corso integrato di
Urologia e Nefrologia
Clinica Urologica di Cagliari
Prof. Antonello De Lisa
DEFINIZIONE:
Per tumore renale parenchimale si intende un tumore che origina dalle cellule
che costituiscono il parenchima renale vero e proprio per distinguerli da quelli
che invece originano dalla via escretrice urinaria (calici e pelvi) e che invece
verranno trattati nel capitolo dei tumori della via escretrice (calici, pelvi,
uretere, vescica e uretra).
TUMORI BENIGNI
ANGIOMIOLIPOMA
Si tratta di una neoplasia la cui frequenza reale non è definibile data la scarsa
possibilità che essa diventi sintomatica nel corso della vita. Le forme a
localizzazione multipla e/o bilaterale sono descritte prevalentemente in
associazione con la sclerosi tuberosa (80% dei casi). I pazienti presenteranno
lesioni cutanee, oculari e cerebrali associate con le neoformazioni renali.
L'angiomiolipoma è composto da un miscuglio di tre componenti: vascolare,
muscolare liscia ed adiposa, in proporzioni variabili. La neoplasia ha una
crescita lenta.
La comparsa di emorragie intrarenali o retroperitoneali può essere il sintomo
di esordio di questa neoplasia. Una macroematuria può comparire in caso di
crescita del tumore verso le cavità pieliche ma, nella maggioranza dei casi,
l'angiomiolipoma resta asintomatico ed è diagnosticato in corso di screening
eseguito per altra ragione.
La RMN è l'unico esame in grado di distinguere le diverse densità delle tre
componenti istologiche e, di conseguenza, far porre diagnosi di natura.
Talora, soprattutto per angiomiolipomi di piccole dimensioni, non e
possibile distinguere queste lesioni da un adenocarcinoma renale. In tali casi è
consigliabile ricorrere all’esplorazione chirurgica piuttosto che all’agobiopsia
percutanea, guidata ecograficamente, per evitare da un lato il rischio di
emorragia nel caso si tratti di un angiomiolipoma e dall’altro una possibile
disseminazione di cellule neoplastiche lungo il tramite dell'ago in caso si tratti
di un adenocarcinoma.
La neoplasia va rimossa in ogni caso risparmiando, quando possibile, il
parenchima renale.
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TUMORI MALIGNI
Epidemiologia
Attualmente non è possibile conoscere la reale incidenza del carcinoma renale
in Italia. Essa, comunque, è passata dall'1-2 % di tutte le neoplasie in era pre-
ecografica, al 6 % attuale, con 5000 nuovi casi diagnosticati per anno. Negli
Stati Uniti sono diagnosticati 18000 nuovi casi l'anno con circa 7000
decessi/anno attribuibili al carcinoma renale. Anche negli USA dal 1975 al
1994 si è riscontrato un aumento della frequenza di questa neoplasia,
valutabile intorno al 2% annuo. Anche se non vi sono dati tali da permettere
un reale confronto per valutare la prevalenza del carcinoma renale nei diversi
gruppi etnici e razziali, non sembrano esservi differenze significative tra
caucasici, popolazioni latino-americane e di colore. Ad ogni modo, l'incidenza
varia notevolmente nelle diverse nazioni. La più alta incidenza è riscontrata
nei Paesi Scandinavi, mentre appare notevolmente bassa nei paesi asiatici quali
India e Giappone. L'incidenza è più alta, inoltre, nelle zone urbane rispetto alle
zone rurali e non sembra essere connessa allo stato socio-economico.
Il carcinoma renale si presenta più frequentemente nei soggetti di sesso
maschile con un rapporto di 2-3/1. L'età più colpita è tra la V e la VII decade di
vita, anche se è stato riscontrato in tutte le fasce di età.Va ricordato che questa
neoplasia può manifestarsi, seppur raramente, in forma familiare. Inoltre, il
35% dei soggetti affetti da Sindrome di Von Hippel-Lindau, sviluppa, durante
il decorso clinico, un carcinoma renale. In entrambi i casi la neoplasia appare in
età più precoce e spesso in forma bilaterale. Un aumento della frequenza del
carcinoma renale è stato inoltre riscontrato nei soggetti affetti da rene
policistico nonché negli emodíalizzati che, dopo un lungo periodo di
trattamento emodialitico, presentano, in una percentuale tra il 35 e 47%, una
malattia cistica acquisita. Di questi pazienti, circa il 6% svilupperà un
carcinoma renale. Il trapianto renale sembra proteggere questi pazienti sia
dalla malattia multicistica acquisita che dall’insorgenza della neoplasia.
Eziologia
Attualmente l'eziologia dell'adenocarcinoma renale è ignota. Tumori con
caratteristiche simili al carcinoma renale sono stati indotti sperimentalmente in
numerosi modelli animali per mezzo di diversi agenti chimici, antibiotici e
sostanze naturali tra cui le aflatossine. Il fumo di sigaretta ed una dieta ricca di
grassi animali rappresentano i fattori di rischio più probabili. Infatti nei forti
fumatori viene riscontrato con una frequenza 5 volte maggiore rispetto ai non
fumatori. Per quanto riguarda la dieta, una correlazione sembra esistere tra la
morte per carcinoma renale ed il consumo di grassi animali, come oli saturi,
latte e zucchero. Ciò sembra confermato dal fatto che negli immigrati
provenienti da zone a bassa incidenza di carcinoma renale è stata osservata
una frequenza analoga a quella dei Paesi ospitanti. E possibile, quindi, che il
fumo e la dieta agiscano da cofattori.
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Sintomatologia
Pur tenendo presente che negli ultimi anni, per il sempre maggiore impiego
dell’ecografia (incidentalomi), le neoplasie renali vengono diagnosticate più
precocemente, quando ancora asintomatiche (fasi precoci della loro storia
naturale), è opportuno accennare ai sintomi più comuni che compaiono negli
stadi più avanzati.
Il paziente può presentare all'osservazione la classica triade (10%) costituita da
macroematuria , massa palpabile e dolore lombare. Il dolore, generalmente in
forma di dolenzia, rappresenta ancora il sintomo più frequente, come abbiamo
visto dalla storia naturale, questo è legato alla crescita della neoplasia verso la
capsula renale che venendo stirata determina il dolore. Nel caso in cui sia
associata una macroematuria, legata all’infiltrazione della via escretrice, con
formazione di coaguli il dolore può assumere i caratteri della colica renale con
la classica irradiazione al testicolo od alle grandi labbra. In questi casi è
possibile osservare anche una anemia normocromica normocitica.
E’ possibile, inoltre, la comparsa delle cosi dette sindromi paraneoplastiche,
cioè dei quadri sintomatologici, legati alla produzione, da parte delle cellule
neoplastiche di sostanze, simil-ormonali, che mimano l’effetto di altre sostanze
normalmente prodotte dal nostro organismo. Potremo avere così ipertensione
arteriosa, secondaria ad incremento della produzione di renina o alla presenza,
all'interno della neoplasia, di shunts artero-venosi; o policitemia per
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• Ipertensione arteriosa
• Anemia o policitemia
• Ipercalcemia
• Iperprolattinemia
• Sindrome di Cushing
• Morbo di Addison
• Sindrome di Stauffer
Metastatizzazione
Anche la diffusione metastatica, come la sintomatologia, sarà differente
secondo il momento di osservazione della neoplasia. Abbiamo visto come
durante il suo sviluppo, la neoplasia, comprima e poi infiltri i vasi linfatici
prima e sanguigni poi (prima le vene con parete più sottile, poi le arterie con
parete decisamente più spessa e pressione interna molto maggiore)
determinando in prima battuta una diffusione linfatica del tumore. Le prime
stazioni linfatiche, ad essere interessate, sono quelle dei linfonodi ilari seguiti
dai paraaortici e dai linfonodi paracavali secondo un ordine legato alla
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DIAGNOSI
Esami di laboratorio
Esame completo delle urine: il segno più importante è la macro e/o
microematuria che può indirizzare verso ulteriori indagini.
Esami ematochimici: la più comune anomalia riscontrabile, in caso di neoplasia
avanzata, è l'anemia, generalmente normocromica normocitica. Un incremento
della produzione di eritropoietina può essere responsabile di una policitemia
(5%). Una VES elevata è comune ma, come di solito, aspecifica poiché presente
in tutte le condizioni di neoplasia. In una bassa percentuale di pazienti con
malattia avanzata è possibile osservare una ipercalcemia, talora tanto grave da
porre in pericolo la vita, attribuibile alla produzione da parte della neoplasia di
una sostanza PTH simile.
Al momento non esiste un marker tumorale che possa essere utile nella
diagnosi di neoplasia o nella sorveglianza post-operatoria (follow-up) del
paziente.
Esami strumentali
• Ecografia renale: come riportato in precedenza è a questo esame che si deve il
notevole aumento di frequenza del carcinoma renale. Il reperto accidentale in
corso di screening eseguito per altra causa ha, inoltre, reso la prognosi più
benigna per lo stadio più precoce in cui molti di questi "incidentalomi" sono
diagnosticati. All'ecografia la neoplasia appare come una lesione occupante
spazio, iperecogena, ad ecostruttura disomogenea, solida. La distinzione nei
confronti della cisti renali è agevole dato l'aspetto ipoecogeno, per via del
contenuto acquoso, di queste ultime. Molto più difficile risulta invece la
diagnosi differenziale con altre neoformazioni solide del parenchima renale
come l’angiomiolipoma o gli adenomi, diagnosi che spesso è solo
anatomopatologica (Tab 6).
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Diagnosi differenziale
Va fatta, nel caso in cui la neoplasia si presenti in modo anomalo per
produzione di sostanze ormonosimili, con le varie patologie di volta in volta
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sospettate. Nei restanti casi la diagnosi differenziale si pone con le altre masse
renali, tumori benigni e cisti. Si ricorda, ad esempio, la possibilità di eseguire
una RMN, che può risultare diagnostica, nel caso in cui si sospetti un
angiomiolipoma per la presenza di sintomi riferibili ad una sclerosi tuberosa.
Prognosi
E’ fortemente influenzata dallo stadio in cui la neoplasia viene diagnosticata.
Nello stadio TI il 90-100% dei pazienti sopravvive a 5 anni dalla diagnosi.
Nello stadio T2 il 70-80%, nel T3 il 65%, nel T4 il 40% dei pazienti raggiunge il
quinto anno. Nei casi con metastasi linfonodali la sopravvivenza scende al
25-30% a 5 anni. In presenza di trombi endovasali la sopravvivenza si aggira
sul 40-50% a 5 anni. La prognosi è infausta nei casi che presentino metastasi
all'atto della diagnosi; in questi casi nessun paziente raggiunge ì 5 anni
dall'intervento, mentre il 15-20% è ancora vivo dopo due anni.
Terapia
La terapia, si basa sui dati ottenuti dalle indagini diagnostiche e di stadiazione,
dalle quali dipenderà l’indirizzo terapeutico da attuare.
L’atto terapeutico comunemente accettato nel trattamento del carcinoma renale
è la nefrectomia radicale che consiste nell'asportazione del rene, surrene e
grasso perirenale, eseguita senza aprire la fascia renale e ponendo cura a
chiudere l'arteria e la vena renale come primo atto dell'intervento. I linfonodi
compresi tra il diaframma e la biforcazione aortica vengono comunemente
asportati, anche se esistono ancora dubbi sul fatto che la linfadenectomia
rappresenti una misura curativa o di semplice stadiazione.
In caso di metastasi queste, se uniche, possono venire rimosse
chirurgicamente. La chemioterapia e la radioterapia danno risultati deludenti.
Da una decina d’anni, alcune speranze si stanno ponendo nella immunoterapia
con varie sostanze (interferoni, interleuchine, fattore di necrosi tumorale o
TNF).
Nuovi agenti antineoplastici sono in via di sperimentazione ma ancora
nessuno di questi fornisce risultati migliori del 20-30%.
Attualmente, col raffinarsi delle indagini diagnostiche e di stadiazione e con
l’aumento di diagnosi precoce, si tende a praticare, quando possibile, terapie
chirurgiche conservative, come la tumorectomia, asportazione della massa
tumorale risparmiando il rene, o eminefrectomie, cioè asportazione del polo
renale dove è localizzata la neoformazione.
Epidemiologia
Il tumore di Wilms, definito anche nefroblastoma, è la più comune neoplasia
del tratto urogenitale in età pediatrica. La diagnosi di questo tumore è posta,
generalmente, in pazienti tra 1 e 5 anni di vita. Raramente la neoplasia si
riscontra nell'adolescenza e in età adulta. Si presenta in forma bilaterale nel 5%
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dei casi. Nel 9-15% dei casi la neoplasia si associa ad anomalie congenite sia
dell'apparato urogenitale che al di fuori di esso quali l'aniridia e
l'emiipertrofia. Non sono rilevabili differenze di frequenza fra i due sessi e nei
diversi gruppi razziali.
Eziologia
La descrizione di forme familiari, seppur rare, ha fatto sospettare l'esistenza di
un'eziologia ereditaria. La forma ereditaria, a trasmissione autosomica con
penetranza incompleta, sarebbe confermata dalla presenza di alterazioni
cromosomiche a carico del cromosoma 11. L'eziologia della forma spontanea è
ignota.
Anatomia patologica
La neoplasia si presenta come una massa lobulata, di colore grigiastro al
taglio, composta di materiale dall'aspetto mucinoso. Istologicamente si
distinguono tre componenti: epiteliale, stromale e blastematosa (cellule
mesenchimali). L'aspetto istologico rappresenta uno dei parametri più
importanti ai fini prognostici. Infatti, in presenza di anaplasia cellulare o di
aspetti sarcomatoidi l'istologia viene definita come "sfavorevole" in relazione
alla prognosi.
Il tumore di Wilms metastatizza per via linfatica nei linfonodi retroperitoneali,
per via ematica (generalmente nei polmoni, nel fegato, nel diaframma) e per
invasione diretta. Anche il nefroblastoma, come l'adenocarcinoma renale,
presenta una spiccata tendenza all'invasione vasale. Circa il 10% dei pazienti
presenta, gia al momento della diagnosi, metastasi a distanza (Tabella 7).
Tab 7: Stadiazione dei tumore di Wilms. NWTSG (National Wilms' Tumor Study Group), 1982
Stadio Caratteristiche
I Limitato al rene e completamente rimosso chirurgicamente
II Tumore oltre la capsula renale ma completamente rimosso
chirurgicamente
III Tumore residuo confinato all'addome
IV Metastasi ematogene (polmoni, fegato)
V Coinvolgimento renale bilaterale alla diagnosi
Sintomatologia
Il più comune sintomo di esordio è rappresentato dalla comparsa di una massa
palpabile addominale (83% dei casi) scoperta, generalmente, dai genitori. Può
associarsi dolore addominale, nonché sintomi generali quali astenia, febbre,
perdita dipeso, presenti in circa la metà dei pazienti. Inoltre, circa un quarto
dei pazienti presenta micro e/o macroematuria. La comparsa di ipertensione
sisto-diatolica, di comune riscontro, viene generalmente risolta dall'ablazione
della neoplasia.
Diagnosi
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Diagnosi differenziale
Una massa palpabile addominale in età pedìatrica deve, innanzitutto, essere
differenziata da un’idronefrosi, che è la causa più comune. Una ecografia
risolve, quasi costantemente, il dubbio diagnostico. Anche l'eventuale presenza
di cisti renali viene messa in evidenza con un'ecografia. Bisogna, però,
ricordare che è possibile osservare cisti anche all'interno dei nefroblastomi. La
malattia policistica viene distinta con l'ausilio di un'urografia effettuata dopo
l'esame ecografico.
Problemi di diagnosi differenziale insorgono nei confronti dell’amartoma
renale, neoplasia benigna, che è generalmente indistinguibile da un
nefroblastoma. Solo un esame istologico al congelatore, effettuato
intraoperatoriamente può chiarire la diagnosi.
Prognosi
E’ in relazione allo stadio ed al tipo istologico. La sopravvivenza a 4 anni è del
96% per lo stadio I, 92% per lo stadio II, 81 % per lo stadio III, 82% per lo stadio
IV quando si associa una istologia "favorevole", priva, come ricordato in
precedenza, di caratteri anaplastici o sarcomatoidi.
In caso di istologia "sfavorevole" la sopravvivenza scende rispettivamente al
75-68% per gli stadi I-III, ed al 55% per lo stadio IV.
La prognosi dello stadio V è, ancora oggi, grave. L'estensione della neoplasia
non permette, in genere, la rimozione totale del tumore e favorisce le recidive.
Malgrado l'associazione della chemioterapìa e della radioterapia la
sopravvivenza di questi pazienti è limitata al 40% dopo 4 anni dalla diagnosi.
Terapia
La terapia del tumore di Wilms rappresenta uno dei casi più tipici di successo
dell'integrazione terapeutica tra chirurgia, chemioterapia e radioterapia. L'uso
preoperatorio di farmaci antiblastici altamente efficaci nei confronti del
nefroblastoma ha permesso, da un lato, di ridurre la massa neoplastica,
facilitando il compito del chirurgo, e, dall'altro, di ridurre la comparsa di
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ETIOLOGIA
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PATOGENESI
Perché l'infezione si dell'organismo attraverso la via ematica (rene,
determini, una flora prostata e testicoli), la via linfatica per un circolo
batterica deve: enterourinario (dall’intestino e dalla cervice verso
1)poter raggiungere la vescica e il rene), la via ascendente (dalla vescica
l'apparato urinario; al rene o dall’uretra alla prostata e alla vescica), per
2)essere capace di contiguità (estensione diretta intestinale alla
moltiplicarsi vescica).
nell'ambiente;
3)essere in grado di
competere con i
meccanismi di difesa
presenti.
Le urine sono
abitualmente sterili.
Cariche batteriche
possono giungere
nell'apparato urinario
da varie sedi
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Fattori fisiologici
Nel sesso femminile la brevità dell'uretra e la sua collocazione sono
indubbiamente all'origine di una maggiore predisposizione alle infezioni
urinarie. In tale situazione anatomica, infatti, l'ingresso in vescica di
microrganismi residenti nell'introitus vaginale costituisce una evenienza facile
a realizzarsi spontaneamente, e ancor di più in corso di rapporto sessuale
(cistite da “Luna di miele”). In gravidanza un ulteriore fattore favorente è
rappresentato dalla reversibile stasi ureterale legata alla riduzione della
normale peristalsi ureterale ormonalmente indotta (progesterone) e dalla
compressione meccanica dell'uretere da parte dell'utero negli ultimi mesi di
gravidanza.
Con l'avanzare dell'età si riduce progressivamente la capacità di sorveglianza
del sistema immune sugli agenti infettivi, mentre aumenta l'incidenza di
malattie metaboliche e di ipertensione a loro volta responsabili di
immunodeficienza relativa. Inoltre, con l'invecchiamento compaiono con
estrema frequenza turbe minzionali dovute nel maschio a patologia prostatica,
e nella donna pluripara a cistocele. Infine ricordiamo come le particolari
caratteristiche biochimiche della midollare (scarso flusso ematico, elevato pH,
iperosmolarità) neutralizzando alcuni fattori del complemento e inibendo la
chemiotassi leucocitaria, riducono la risposta immunitaria, favorendo cosi la
persistenza e la cronicizzazione dell'infezione in tale sede.
Fattori patologici
Un'attiva peristalsi della via escretrice ed un suo svuotamento periodico e
completo costituiscono il più efficace mezzo di difesa dell'apparato urinario
alle infezioni.
Qualsiasi fattore patologico intrinseco od anche estrinseco a detto apparato che
causi ostruzione e di conseguenza ostacolo al deflusso e ristagno di urina
favorisce l'insorgenza di infezione.
Fattori iatrogeni
La valutazione anatomica o funzionale dell'apparato urinario frequentemente
obbliga ad esplorazioni endoscopiche talvolta semplici e agevoli, quali la
uretrocistoscopia, talvolta più complesse, quali la uretero-pieloscopia. Per
quanto delicatamente tali manovre vengano effettuate, e la strumentazione
impiegata venga accuratamente sterilizzata, l'endoscopia dell'apparato urinario
è non raramente complicata da IVU.
I microtraumi, le piccole erosioni dell'epitelio, l'inevitabile trasporto della flora
batterica abitualmente presente nel tratto distale dell'uretra, all'interno della via
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Diagnosi
In caso di cistite, l’eliminazione dell’urina all’esterno può provocare dolore o bruciore
minzionale. Può esserci urgenza minzionale, seguita da eliminazione di poca urina e
sensazione di non avere svuotato completamente la vescica (tenesmo vescicale). In
alcuni casi sono possibili alterazioni cromatiche o dell’odore delle urine con
ematuria. E’ infine possibile una dolenzia continua alla parte bassa dell’addome,
mentre è raro che ci sia febbre.
In caso di pielonefrite c’è invece febbre alta, anche con brividi; si può avere inoltre
nausea, vomito e dolore al fianco, alla schiena o nella zona inguinale. E’ infine
possibile notare urine purulente o sangue nelle urine, mentre di solito non ci sono i
disturbi a urinare caratteristici della cistite..
Urinocoltura.
La diagnosi di infezione urinaria è basata sulla dimostrazione certa di un
numero significativo di microrganismi nell'urina vescicale. La urinocoltura
consente una determinazione accurata del numero totale dei microrganismi per
ml di urina, e permette l'identificazione della specie batterica. Il campione in
esame, perché l'urinocoltura risulti attendibile, deve essere raccolto in
contenitore idoneo per sterilità e caratteristiche e il prelievo effettuato secondo
modalità che garantiscono la non contaminazione da parte dei batteri
comunemente presenti nell'uretra, sui genitali esterni e sul perineo.
Le urine sono prelevate dal soggetto con:
1)mitto intermedio (nella quasi totalità dei casi);
2)puntura sovrapubica (in casi selezionati, in particolare in età pediatrica);
3)catetere (nei soggetti immunodepressi e/o portatori di catetere).
L’uso di alcuni termini quali “cronica” o “persistente” però può dar luogo ad
inesattezze ed incomprensioni. Stamey nel 1980 ha suggerito una nuova
classificazione utile soprattutto per tracciare la storia naturale dell’infezione in ogni
paziente e per seguirne l’evoluzione clinica:
1. Prima infezione: rappresentata dal primo episodio documentato di IVU
2. Batteriuria non risulta: quei casi di IVU nei quali l’infezione non si risolve
durante la terapia per una mancata eradicazione. Le cause sono dovute a:
a. resistenza batterica sviluppata durante la terapia;
b. ridotta risposta del paziente alla terapia;
c. rapido sviluppo di resistenza batterica nonostante l’iniziale sensibilità;
d. infezioni miste;
e. rapida reinfezione per un nuovo agente resistente;
f. insufficienza renale (iperazotemia);
g. calcolosi renale infetta (a stampo)
3. Persistenza batterica: quando si sterilizzano le urine durante la terapia ma
persiste il pabulum ossia :
a. calcolosi infetta;
b. prostatite cronica batterica;
c. fistole vescicovaginali e vescicoenteriche,
d. nefropatia ostruttiva;
e. rene midollare a spugna infetto
4. Reinfezione: quei casi di IVU nei quali si verifica una nuova infezione, con nuovi
agenti patogeni, dopo la risoluzione di un precedente episodio infettivo.
Complicanze
Se in prima istanza è giusto considerare l'infezione un sintomo di altre affezioni
dell'apparato urinario è pur vero che essa costituisce anche, di per sé, un evento
patologico responsabile di sintomatologia fastidiosa ed invalidante e, se localizzata
alle alte vie escretrici, di possibili danni irreversibili sul parenchima renale.
La pielonefrite cronica con evoluzione verso la sclerosi e l'esclusione funzionale del
rene è la complicanza più temibile. Si tratta di un processo lento ma che viene
accelerato nella sua progressione dalla presenza di fenomeni ostruttivi non risolti
tempestivamente. Ciò è particolarmente importante in età pediatrica dove l'infezione
è quasi sempre il primo segno di un'uropatia malformativa più o meno importante.
È dimostrato come in soggetti con IVU secondaria a malformazioni, le alterazioni
funzionali renali sono reversibili se l'intervento chirurgico correttore viene effettuato
entro il 1° anno di vita, permangono invariate se questo viene realizzato tra il 1° ed il
3° anno e sono invece destinate inevitabilmente a peggiorare se la diagnosi e la
successiva correzione chirurgica vengono ritardate oltre questo periodo.
La pielonefrite cronica bilaterale è seconda solo alle glomerulonefriti come causa di
insufficienza renale cronica (IRC); nel 19,1% dei pazienti oggi in trattamento dialitico
il primum movens è stato un'infezione urinaria ostruita o non.
Anche se solo monolaterale la pielonefrite cronica costituisce un evento patologico
estremamente grave: essa può determinare una ipertensione arteriosa, che se non
trattata in tempo ed adeguatamente è causa di una compromissione vascolare del
rene controlaterale e quindi di IRC.
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Principi terapeutici
Considerando quanto finora detto appare evidente quanto sia importante in presenza
di infezione stabilire un programma terapeutico che dia le più ampie garanzie per
una definitiva guarigione di essa. Il trattamento della infezione urinaria costituisce
tuttavia uno dei più gravi problemi di ordine medico che si incontrano in terapia
urologica in relazione ai numerosi fattori che si oppongono ad esso.
Tre ordini di fattori ostacolano il trattamento delle infezioni urinarie:
1)dipendenti dall'apparato urinario;
2)dipendenti dalla flora batterica.
3)dipendenti dall'organismo.
Per quanto riguarda i primi, anzitutto ricordiamo la stasi urinaria a qualsiasi livello
della via escretrice essa si determini, anche quando dovesse interessare un solo calice.
Abbiamo già visto il ruolo che essa assume nel determinismo della infezione, non
meno importante è quello che essa riveste nell'ostacolarne il trattamento.
I meccanismi attraverso i quali la stasi rende difficile la terapia dell'infezione possono
essere molteplici, ma il principale è l'ostacolo che viene a realizzarsi al rapido
ricambio del contenuto in quel determinato settore della via escretrice, vanificando
così uno dei più validi mezzi con cui l'apparato urinario si difende dalla infezione.
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Tra i fattori che ostacolano il trattamento della infezione, più direttamente dipendenti
dalle caratteristiche della flora batterica abitualmente responsabile, dobbiamo
ricordare anzitutto l'ampia varietà dei possibili agenti batterici.
Praticamente tutta la flora Gram negativa e i germi più significativi di quella Gram
positiva possono essere di normale reperto nella infezione delle urine. In particolare
nelle infezioni ad andamento cronico, la frequenza del polimicrobismo rende
estremamente complesse la scelta del farmaco e la condotta terapeutica.
Inoltre la insorgenza della resistenza a livello dell'apparato urinario è notevolmente
più frequente che in altri settori dell'organismo. Questa può essere di tipo
cromosomico, vale a dire la selezione di mutanti resistenti, fenomeno che può
verificarsi in corso di un trattamento antibiotico, con la totale scomparsa dei cloni
sensibili e così lo sviluppo di quelli naturalmente resistenti, finché questi si
sostituiranno completamente ai primi dando origine ad una popolazione batterica
resistente alla terapia in corso.
Altri meccanismi di resistenza particolarmente frequenti a livello dell'apparato
urinario sono quelli conosciuti come fenomeni di combinazione genetica quali la
trasduzione, la coniugazione e la trasformazione.
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Il trasferimento di molecole di DNA sia che esso avvenga mediante fagi, od anche
mediante ponti protoplasmatici, può essere responsabile del trasferimento dei
caratteri di resistenza da una specie all'altra.
È ovvio che questo meccanismo si realizza con particolare frequenza dove esistono
infezioni polimicrobiche e cioè in particolare a livello dell'intestino e dell'apparato
urinario.
Un altro meccanismo di resistenza enormemente importante per l'apparato urinario
consiste nella proprietà della maggior parte dei germi di produrre, sotto lo stimolo
antibiotico, enzimi quali amidasi, lattamasi, esterasi, adeniltransferasi, fosfotrasferasi,
neutralizzanti l'antibiotico stesso attraverso una modificazione della sua struttura
chimica. Questo meccanismo ha grande importanza pratica in quanto attraverso esso
batteri sia Gram positivi sia Gram negativi, a seguito della terapia antibiotica
praticata, possono divenire resistenti ad un gran numero di farmaci (penicillina,
cefalosporine, cloramfenicolo, aminoglucosidi).
Ultime recenti acquisizioni in tema di biologia batterica riguardano la esistenza del
glicocalice, struttura questa che può ostacolare il trattamento di una infezione
urinaria.
Il glicocalice di superficie è una formazione di origine batterica, contenente
polisaccaridi, che per prima interagisce con il microambiente del germe e concorre
alla virulenza batterica.
Il glicocalice concorre nel determinare la sede dell'infezione, le recidive delle IVU e
favorisce le IVU iatrogene. Esso infatti conferisce al germe una spiccata adesione alle
superfici in genere, ma soprattutto a quelle esogene come protesi e cateteri, si oppone
all'azione dei polimorfonucleati, degli anticorpi e di alcuni antibiotici ed infine
protegge il germe dall'azione di enzimi litici extracellulari.
Non meno importante, accanto alla scelta del farmaco ad azione antibatterica più
idoneo, è la terapia coadiuvante rappresentata fondamentalmente dalla iperdiuresi
dalla somministrazione di sostanze antiureasiche, di sostanze acidificanti o
alcalinizzanti le urine. La iperdiuresi, oltre a determinare una considerevole
diminuzione della concentrazione batterica per ml di urine, comporta un più
frequente ricambio del contenuto della via escretrice. Inoltre essa può indurre un
abbassamento della iperosmolarità fisiologica della midollare renale, contribuendo
così a realizzare in questa sede le migliori condizioni per la sterilizzazione dei focolai
batterici parenchimali.
La modificazione del pH infine costituisce un provvedimento indispensabile
soprattutto in relazione al tipo di farmaco impiegato. È infatti noto come l'azione
antibatterica dei vari antibiotici possa subire notevoli variazioni in relazione al pH
dell'ambiente in cui i detti farmaci svolgono la loro azione.
INFEZIONI SPECIFICHE DEL TRATTO
UROGENITALE
LA TUBERCOLOSI URINARIA e
Genitale maschile
32
Epidemiologia
Nell’ultimo secolo la mortalità per tubercolosi è drasticamente diminuita soprattutto per
effetto della terapia chemioantibiotica, ma anche per il miglioramento dello stato
nutrizionale e delle condizioni igienico-sanitarie della popolazione.
La morbilità, per contro, ha subito un decremento di entità più lieve: l’incidenza della
malattia è infatti compresa tra 10 e 400 casi/100.000 abitanti. Pertanto la rilevanza sociale
della tubercolosi è ancora notevole, specialmente nell’Africa settentrionale, nei Paesi asiatici,
nell’America centrale e meridionale. Negli USA e nel Regno Unito, l’incidenza è di 13
casi/100.000 abitanti. L’Italia si colloca tra i Paesi europei a media incidenza. In Sardegna si
registrano un buon numero di casi anche in rapporto alla popolazione; evidentemente
siamo in una zona endemica che non è stata del tutto bonificata. Ad esempio nel 1983 sono
stati registrati 159 casi di TBC polmonare e 57 di TBC extra-polmonare; 9 di questi
riguardavano il tratto uro-genitale. I maschi sono affetti più delle donne, con un rapporto di
2:1. L’età più colpita appare essere quella tra i 20 e 40 anni.
Eziologia
Il principale agente eziologico di tbc uro-genitale, è il Mycobacterium tuberculosis,
chiamato comunemente bacillo di Koch dal nome del suo scopritore. Si tratta di un
bastoncello Gram-positivo, aerobio obbligato, alcool-acido resistente a causa della ricchezza
in lipidi della parete batterica. Le forme da M. bovis e M. avium sono meno frequenti. In
una piccola percentuale delle infezioni da micobatteri possono essere isolati micobatteri
atipici, specialmente nei soggetti immunodepressi.
Patogenesi
La tubercolosi urinaria rappresenta sempre la manifestazione secondaria di un’infezione
localizzata primitivamente a livello pleuro-polmonare, più raramente a livello
gastrointestinale, eccezionalmente a livello cutaneo. La tbc urinaria rappresenta, quindi, una
patologia deuteropatica.
La via di diffusione all’apparato urinario è quasi sempre quella ematogena; dal focolaio
primario, che può anche essere clinicamente muto, il bacillo passa nel circolo sistemico e
raggiunge il rene. Normalmente il M. si stabilizza a livello della corticale renale cioè nella
parte più vascolarizzata dove maggiore è il numero dei glomeruli. A questo livello il
microrganismo innesca una reazione infiammatoria (reazione di tipo IV o di ipersensibilità
ritardata) che porta alla formazione del tipico granuloma. Tale reazione può evolvere verso
la fibrosi con tendenza alla circoscrizione e, quindi, alla guarigione. Nel caso in cui la
risposta flogistica non sia sufficiente, a causa della ridotta capacità difensiva dell’individuo
oppure dell’elevata virulenza del germe, la lesione tende alla progressione. Questa è
favorita da tutte quelle cause di riduzione delle difese immunitarie, quali malattie
33
debilitanti, terapie corticosteroidee immunosoppressive, deficit nutrizionali, gravidanza,
diabete. Si verifica, pertanto, la necrosi caseosa seguita dalla colliquazione e dalla
disseminazione intraparenchimale dei bacilli. Essi possono colonizzare le restanti porzioni
della apparato urinario attraverso le vie canalicolare discendente e linfatica. Il processo,
quindi, esordisce con l’interessamento della corticale mantenendosi generalmente silente
dal punto di vista clinico; solo quando, con la diffusione endocanalicolare, guadagna la
midollare e la via escretrice, si rende clinicamente manifesto. Dalla corticale, l’infezione si
estende a livello midollare, seguendo tutto il decorso del nefrone. L’interessamento
riguarda, quindi i dotti collettori che sboccano all’apice delle piramidi del Malpighi. Il
coinvolgimento della papilla renale è detto papillite. Le lesioni prodotte in questa sede
evolvono verso un’intensa essudazione, seguita dall’ulcerazione del fornice papillo-
caliceale. In questo stadio la malattia non è più suscettibile di guarigione spontanea e tende
alla diffusione attraverso la via canalicolare discendente (eliminazione del microrganismo
con le urine) e attraverso la via linfatica (più rara ma possibile; la vasta rete linfatica che
collega il rene all’uretere, al testicolo, all’ovaio etc., rende ragione di alcune localizzazioni ad
organi contigui all’apparato urinario e di alcune localizzazioni apparentemente isolate come
la rara tbc del testicolo). La via canalicolare discendente, con l’eliminazione attraverso le
urine dei bacilli, determina l’interessamento dell’uretere, vescica, uretra, prostata; da
quest’ultima, per via ascendente, può essere coinvolto l’epididimo e il didimo. La tbc
urinaria rappresenta, pertanto, una patologia di sistema e di apparato e non d’organo.
Anatomia patologica
L’aspetto macroscopico del rene è variabile a seconda dello stadio in cui l’affezione è
valutata per il concorrere, in varia misura, delle diverse forme di lesione che si repertano nei
processi tubercolari, e cioè: l’infiltrato, il tubercolo e l’ulcerazione. L’infiltrato è una zona
d’infiammazione localizzata, costituita da linfociti, macrofagi e plasmacellule. Il tubercolo
appare come un granulo di dimensioni variabili da una capocchia di spillo ad un pisello o
più. Può essere singolo o presente in maniera disseminata nel parenchima. Man mano che
questo si accresce si determina una sofferenza da un punto di vista vascolare che porta alla
formazione di aree di necrosi. Se il processo si apre nella via escretrice, il materiale necrotico
viene eliminato con essa e nel rene rimane una cavità, detta caverna tubercolare.
I diversi aspetti morfologici di presentazione sono: la tbc miliare, la tbc infartoide, la tbc
nodosa, la tbc ulcero-caseosa.
Nella tbc miliare, il rene appare disseminato da tanti piccoli tubercoli; questo è il risultato di
una risposta immunitaria poco efficace che non è riuscita localizzare la lesione. Il rene è
aumentato di volume, congesto; i tubercoli appaiono già alla superficie dell’organo, meglio
visibili dopo averlo scapsulato. I tubercoli, isolati, radi o in gruppi di numerosi elementi
sporgono sulla superficie dell’organo e sono grigiastri o grigio-giallastri con aree
iperemiche circostanti. Al taglio i tubercoli si rinvengono quasi unicamente a livello
corticale anche se spesso si osserva un aspetto striato a raggi dalla corticale all’apice delle
piramidi. Se la forma miliare non è acuta, ma subacuta o cronica, i tubercoli, di colorito
giallo, tendono a confluire e danno aree di colliquazione caseosa.
La tbc infartoide è una forma vascolare di tbc urinaria legata all’occlusione trombotica di un
vaso arterioso in preda ad arterite tubercolare. È tipica la disposizione a cuneo della lesione
(la lesione infiammatoria si estende come un infarto nell’area di parenchima renale
interessato).
34
La tbc nodosa è caratterizzata dalla presenza di noduli solitari le cui dimensioni variano da
quelle di una nocciola fino a quelle di una noce o di un mandarino (5 cm di diametro); i
noduli sono costituiti da tubercoli in fase produttiva con addensamento dei focolai; sono
presenti linfociti, macrofagi, cellule epitelioidi e cellule giganti tipo Langhans. La zona
centrale dei noduli va spesso incontro a necrosi caseosa.
La tbc ulcero-caseosa costituisce la manifestazione anatomo-clinica più frequente della tbc
renale. Benché sia quasi sempre bilaterale, si caratterizza per la netta prevalenza delle
lesioni da un lato. Il quadro anatomopatologico di questa forma è caratterizzato
dall’evoluzione florida e progressiva dei tubercoli verso la necrosi caseosa. La lesione
iniziale è a livello dell’apice delle piramidi e consiste in una erosione papillare da parte dei
focolai caseosi midollari: si tratta di piccole cavità a bordi irregolari, corrispondenti
all’aspetto tarlato della papilla all’urografia. Queste piccole cavità, che non tendono mai alla
guarigione spontanea, si accrescono progressivamente coinvolgendo il parenchima
sovrastante.
Quando i focolai caseosi si ulcerano e si svuotano nella via escretrice, danno origine a cavità
di dimensioni variabili, dette caverne tubercolari. Macroscopicamente, il rene si presenta
deformato e bozzuto. Al taglio, si apprezza la riduzione dello spessore della corticale; il
reperto tipico è rappresentato dalle caverne, a cavità singola o con diverse concamerazioni.
Quando le caverne occupano tutto il rene fino a trasformarlo in una sacca concamerata
ripiena di materiale caseoso e purulento, si parla di pionefrosi tubercolare. Tale quadro si
realizza quando la via escretrice viene esclusa per fenomeni di sclerosi tubercolare (l’uretere
è rigido, a pareti spesse e con lume stenotico).
Quando si verifica un’occlusione completa dell’alta via escretrice, in fase di avanzata
caseosi, si può configurare il quadro anatomoclinico di rene mastice: l’organo, trasformato
in un insieme di sacche, è ripieno di materiale pastoso, giallastro che ricorda come
consistenza il mastice dei vetrai. Il rene mastice rappresenta uno degli stadi evolutivi finali
della tbc renale che porta alla cosiddetta autonefrectomia.
Mentre le lesioni a livello renale assumono un carattere prevalentemente essudativo e
colliquativo, a livello della via escretrice (pelvi, uretere, etc) si ha una prima fase di edema
ed iperemia della mucosa con ispessimento delle pareti. Successivamente compaiono gli
infiltrati sottomucosi e poi i tubercoli. Le lesioni progrediscono fino alla riduzione di calibro
e di elasticità della parete (sclerosi e stenosi).
Sintomatologia
Il quadro clinico della tubercolosi urinaria è aspecifico e non esiste un parallelismo tra
l’entità dei sintomi e la severità delle lesioni anatomopatologiche. I pazienti possono essere
asintomatici anche per molti anni dall’iniziale localizzazione del M. tuberculosis a livello
dell’apparato urinario. Questa costituisce la fase preclinica della malattia.
Possono essere presenti sintomi generali non caratteristici, rappresentati da astenia,
malessere generale, sudorazione notturna, perdita di peso, febbricola persistente serotina
(37-37.5 °C). In genere, il quadro è dominato da turbe di tipo irritativo della minzione
dovute all’interessamento vescicale, mentre la localizzazione renale è del tutto silente sul
piano clinico. I sintomi più frequenti sono quelli di una cistite (cistite tubercolare):
pollachiuria diurna e notturna, stranguria, minzione imperiosa; talvolta è presente ematuria
macroscopica totale saltuaria. La cistite tubercolare presenta alcune caratteristiche: cistite
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ribelle, perché può non rispondere alle comuni terapie antibiotiche; cistite recidivante,
perché la sintomatologia si attenua durante il trattamento antibiotico aspecifico, per
ricomparire subito dopo la sospensione della cura (infezioni recidivanti aspecifiche
sovrapposte che nascondono l’infezione da bacillo di Koch). Il quadro clinico della cistite
tubercolare è più frequente nella donna. Nel maschio spesso l’esordio clinico della malattia
è un’epididimite. Tale localizzazione non presenta un’evidente sintomatologia soggettiva.
Più raro è il quadro di una orchiepididimite acuta non dissimile da un’infezione da germi
comuni. All’epididimite si accompagna l’interessamento dei deferenti, ispessiti e deformati
da multipli noduli assumendo un aspetto a corona di rosario. Il coinvolgimento della
prostata e/o delle vescicole seminali può essere responsabile di un sintomatologia locale
caratterizzata da disturbi minzionali irritativi, dolore perineale, tenesmo rettale,
emospermia, disturbi della sfera sessuale.
Il dolore lombare è raro, generalmente di tipo gravativo, più raramente colico, conseguente
all’invasione della via escretrice da parte di caseum, concrezioni e coaguli; la pelvi,
sovradistesa, determina il dolore. Un’altra possibile manifestazione clinica della tbc urinaria
è rappresentata dall’ipertensione arteriosa dovuta alla compromissione a livello renale delle
strutture deputate al controllo della pressione arteriosa.
Diagnosi
La diagnosi è sempre il risultato di una elaborazione di dati che ci provengono da:
Esame Obiettivo: poco significativo nelle fasi iniziale della malattia può invece essere
indicativo di sofferenza renale, vescicale e dell’apparato genitale nelle fasi più avanzate.
Diagnostica di laboratorio.
L’esame delle urine. L’urina presenta di regola un aspetto torbido e un pH acido (piuria
acida). La piuria è spesso sterile ma in una certa percentuale dei casi può essere associata a
batteriuria aspecifica rappresentata, in genere, da E. coli.
La ricerca del bacillo di Koch nelle urine. Tale dimostrazione non è sempre facile a causa
dell’intermittente eliminazione del micobatterio (caverne escluse o a chiusura
intermittente). Per tale motivo si effettua la raccolta delle urine delle 24 ore per tre giorni
consecutivi (presso la nostra clinica universitaria viene fatta la raccolta delle urine prodotte
durante la notte). Dalla raccolta vengono allestiti dei campioni per:
la ricerca batterioscopica dei bacilli alcool-acido resistenti (BAAR), utilizzando vetrini
con la colorazione di Ziehl-Nielsen; tale esame è aspecifico perché non consente di
differenziare dal M. tuberculosis, altri micobatteri non patogeni come il M.
smegmatis.
l’esame colturale che permetta l’isolamento del micobatterio in causa, la sua
caratterizzazione e l’allestimento di un antibiogramma (sono necessari circa 60 giorni
per la risposta).
36
l’identificazione del micobatterio attraverso l’amplificazione genica (PCR); metodica
sensibile per la ricerca su broncoaspirato o espettorato; non altrettanto a livello
urinario per la frequente presenza di altri microrganismi che producono sostanze che
alterano la ricerca del M. tuberculosis.
L’intradermoreazione secondo Mantoux, se positiva, è indicativa di avvenuta
sensibilizzazione nei confronti del bacillo di Koch.
Già all’esame diretto possono essere evidenziate lesioni tubercolari extrarenali come la
malattia di Pott, calcificazioni lungo il decorso del muscolo psoas, calcificazioni a livello dei
linfonodi paravertebrali.
Alterazioni del volume e morfologia delle ombre renali. Queste possono apparire di
dimensioni varabili: aumentate in caso di idronefrosi, idropionefrosi, tubercolosi; ridotte in
caso di rene grinzo tubercolare.
Presenza di calcificazioni a livello renale, pieloureterale, prostatico, delle vescicole seminali,
dei deferenti.
I radiogrammi successivi con mezzo di contrasto permettono di evidenziare lesioni di
diverso tipo, quali il semplice “colpo d’unghia”, cioè l’erosione minima di un calice o
l’ulcerazione di una papilla o una caverna o l’esclusione funzionale di un intero rene o di un
gruppo di calici. Le immagini urografiche più tipiche comprendono le alterazioni stenosanti
a livello della via escretrice e le caverne tubercolari. Nelle forme idronefrotiche o
pielonefritiche si potrà osservare una stenosi a livello della giunzione pieloureterale, ma
restringimenti, anche multipli possono essere rilevati a tutti i livelli dell’uretere. Se alla
stenosi si aggiunge una certa rigidità parietale si può osservare il quadro radiologico
dell’uretere completamente iniettato e visibile: è l’uretere cosidetto“troppo bello”. La
stenosi a coda di topo dell’uretere terminale è un’immagine frequente. La via escretrice a
monte si presenta dilatata e atonica. A livello vescicale le lesioni più spesso osservabili sono
le immagini asimmetriche di rigidità, appiattimento e retrazione della parete (segno di
Constantinesco dovuto alla retrazione per sclerosi della parete vescicale e dell’uretere). Di
più raro riscontro, è il quadro di una vescica distesa o dentellata per ipertrofia del detrusore
conseguente a sclerosi del collo. La piccola vescica tubercolare dovuta a sclerosi totale
dell’organo è espressione di forme più avanzate.
L’ureteropielografia ascendente trova indicazione in casi selezionati: rene urograficamente
escluso, al fine di documentare le condizioni della via escretrice; in presenza di stenosi
ureterale, al fine di definire l’estensione del tratto stenotico e l’entità della dilatazione a
monte.
L’ecografia non fornisce immagini patognomoniche. Può solo mostrare una dilatazione
caliceale.
La TC permette una buona valutazione spaziale delle lesioni cavitarie presenti, ma
l’attendibilità della metodica ai fini della tipizzazione delle lesioni è scarsa.
La scintigrafia renale sequenziale fornisce indicazioni sulla funzionalità renale.
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Terapia: precisi protocolli di terapia antibiotica sono stati definiti per la cura della tbc
urogenitale. In genere sono preferite le associazioni chemioterapici specifici fra cui:
Rifampicina, Etambutolo, Pirazinamide, Isoniazide ed altri.
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I TRAUMI DELL’APPARATO
UROGENITALE
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Nel campo della traumatologia si considerano diversi tipi di lesioni
ma anche come
Le lesioni più frequenti sono quelle chiuse, cioè traumi dove l’energia esterna
agisce in modo non perforante. Quelle penetranti sono dovute a lama, arma da
fuoco o impalamento.
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I traumi possono coinvolgere:
RENI
URETERE
VESCICA
URETRA
GENITALI ESTERNI
Rispetto a tutti i traumi quelli dell’apparato urinario sono l’1%. Al primo posto
quelli a carico della vescica, dell’uretra maschile e dei genitali maschili. I danni
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TRAUMI RENALI:
vascolari.
STADIO IV: lacerazione del parenchima con lesione segmentale dei vasi
e rottura del sistema caliceale del bacinetto renale, oppure lesione isolata
dei vasi ( urinoma, deficit segmentale della funzionalità )
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43
Altra classificazione importante è quella ANATOMO PATOLOGICA:
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TRAUMI RENALI MAGGIORI: ( 15% dei casi ): profonde
lacerazioni cortico midollari possono estendersi nel sistema
caliceale causando uno stravaso urinario nello spazio perirenale e
formazione di grandi ematomi retroperitoneali e perirenali
CLINICA:
DIAGNOSI:
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Se il paziente è cosciente deve essere effettuata l’ANAMNESI che ci fornisce
presenza di sangue nelle urine è legato ad uno stiramento o una lacerazione dei
vasi della via escretrice urinaria oppure in seguito ad una rottura di parenchima
stadio di lesione, visto che la diagnosi è già stata effettuata per cui è necessario
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URETROGRAFIA ( da eseguire se si sospetta che la lesione abbia
coinvolto anche l’uretra )
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VESCICA:
Anche la vescica può essere coinvolta dai traumi e anche in questo caso
possono essere:
- APERTI
( interventi chirurgici ).
vescicale.
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DIAGNOSI:
necessario cateterizzare il paziente con trauma pelvico a meno che non sia
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presente uretrorragia segno di lesione uretrale per cui non si deve praticare
cateterismo.
URETERI:
- Incidenti
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I SINTOMI saranno differenti a seconda se la lesione è stata di tipo
iatrogeno o in seguito a trauma:
SEGNI:
- IDRONEFROSI ( può essere acuta da legatura di entrambi gli
ureteri,e si avrà: grave dolore al fianco e all’addome con nausea e
vomito).
DIAGNOSI:
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Ultimi ma non meno importanti le lesioni dei genitali esterni.
PENE:
Una rottura della tunica albuginea del pene ( frattura peniena ) può aversi
Il paziente riferisce:
- Dolore penieno
- Ematoma
E’ facile evidenziare:
3. Edema
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La Diagnostica fondamentale è basata sull’ECOCOLORDOPPLER E
CAVERNOSOGRAFIA
SCROTO ( tegumenti ):
Bisogna essere certi che si tratti esclusivamente di lesione dei tegumenti e non
TESTICOLI:
Sono lesioni rare condizionate dalla mobilità, dalla contrazione del cremastere e
I più frequenti sono traumi contusivi diretti con schiacciamento contro la sinfisi
( es. calcio ).
Possono essere:
APERTI
CHIUSI
terapie.
URETRA:
Queste lesioni sono più frequenti nell’uomo a causa della lunghezza dell’uretra.
► Traumi APERTI
► Traumi CHIUSI
perché il pene si muove e quindi più difficile comprimerla fra 2 corpi duri.
Anteriore ( o bulbare ).
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La più frequente è quella dell’uretra posteriore ; è la parte che attraversa il
diaframma urogenitale che contiene buona parte dello sfintere uretrale esterno
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La rottura può essere:
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fondamentale è l’URETRORRAGIA ed è importante tenerne conto ed evitare
da incompleta a completa.
E’ necessario eseguire:
► Stenosi
► Impotenza
► Incontinenza
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L’uretra anteriore ( o bulbare ) è quella situata distalmente al diaframma
Una lacerazione può coinvolgere una parte della parete uretrale causando uno
addominale.
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eseguire un cateterismo uretrale, ma la presenza dello spandimento sconsiglia il
cateterismo.
Sepsi
Infezione
CASI CLINICI:
Ciao ieri mentre giocavo a pallone ho ricevuto un calcio sul fianco. Ho sentito
sono alzato per fare pipì ed è uscita tutta rossa. Pensi sia grave?
ITER DIAGNOSTICO:
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2. ES. OBIETTIVO: ( ricerca di eventuali contusioni delle regioni lombari
o del fianco e l’eventuale presenza di frattura delle ultime coste )
2°) Sai l’operaio che lavorava sulla scala per dipingere il soffitto? È caduto
ITER DIAGNOSTICO:
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3. ECOGRAFIA RENALE: permette di evidenziare eventuali versamenti
perirenali
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