| PROTAGONISTI
DANTE ALIGHIERI
(1265 - 1321)
il Giornale4-1 PROTAGONISTI
Con Uelevazione al Soglio di Innocenzo IV, la lotta fra U'Impero e il Pa-
bato toced il suo culmine e nemmeno la morte di Federico IT ne mitigo
&li cecessi. La guerra contro gli Hohenstaufen continud e il Papa poté
vincerla persuadendo Carlo d'Angio a strappare agli eredi di Federico
il Regno di Sicilia. In sostanza, per rovesciare una potenza, il Papa si
mise alla mercé di un‘altra, dando vita a una politica delle alleanze
che sara imiiata nel corso dei secoli,
Ghibellino di sentimenti, ma quando la causa ghibellina era ormai
perduta, il Poeta milito nella fazione dei guelfi bianchi. L'impossibile
restaurazione della unite impertale rimase un suo sogno che, tuttavia,
non glimpedi di dare agl’italiani lo strumento necessario all’ unita
nazionale: la lingua.
Montaperti, quando i ghibellini avevano ripreso il so-
prawento in una Firenze sconfitta dalle forze di Sicnae
dei suoi alleati imperiali, ¢ il suo vero nome era Durante. La fa-
miglia era guelfa. Ma non era stata bandita perché non era di
quelle che potevano impensierire i nuovi padroni. Gli Alighie-
ri un tempo si erano chiamati Elisei e avevano un’origine no-
biliare. Uno di loro, Cacciaguida, era stato crocialo in Terra:
santa: il che allora equivaleva a un blasone. Poi la dinastia
era divisa in due rami, gli Alighieri e i Del Bello, ma nessuno
di essi era diventato cospicuo. Il padre di Dante, Alighiero,
veva un po' di terra e delle case. Ma non ne ricavava di che ti-
rare avanti la famiglia, ¢ pare che s'ingegnasse praticando an-
che un po’ d'usura, ma su modestissima scala. Desumiamo la
sua pochezza soprattutto dal silenzio di Dante che di lui non
parlé mai: il che ci fa pensare che non abbia nutrito nei suai ri-
guardi né affetto né rispetto.
Alighiero aveva sposato una certa Bella di cui sappiamo solo
che, dopo avergli dato quel figlio, mori. II bambino doveva a-
vere fra i tre e i cinque anni, e nemmeno di lei ha mai parlato,
forse perché non la ricordava. In casa gli piovve una matrigna,
Lapa, che diede a Alighiero altri tre figli: un maschio e due
femunine. Molti biografi dicono che Dante ebbe un'infanzia in-
felice fra quella mamma che non era la sua e quei fratelli che
lo erano solo a meta. Ma non sanno addurne altra prova che il
earattere di Dante, rimasto sempre ombroso, chiuso ¢ malin-
conico, In realta, dai pochi e vaghi accenni che Dante ci ha la-
sciato di questi parenti, si direbbe anzi ch’essi gli furono mol-
to vicini e solidali, specie nei momenti difficili. La sorellastra
Tana, come appare da un passaggio della Vita nova, lo curd a-
morosamente durante tina malattia e il fratellastro Francesco
gli presti parecchi soldi e poi volontariamente lo accompagni |
sulla via dell’esilio.
A Firenze c’é ancora la casa di Dante. Ma non ¢ certamente |
E« nato nel 1265, cioé cinque anni dopo la battaglia di
51DANTE ALIGHIERI
La gioventh.
dorata
di Firenze
quella in cui egli nacque e crebbe, perché questa fu demolita
quando venne bandito: la distruzione della casa faceva parte
del castigo che s'infliggeva ai nemici politici vinti. Perd sorge-
va nelle vicinanze, in quello che allora si chiamava il «sesto di
Porta San Piero», Non sappiamo come fosse fatta, ma sappia-
mo che le case di Firenze, a quei tempi, lasciavano piuttosto a
desiderare in fatto di comfort. Non avevano acqua corrente né
gabinetti, i pianciti erano di terra battuta cosparsa di paglia
che marciva e puzzava, le finestre erano delle assi dilegno.
Firenze non era allora la stupenda e ridente citta che oggi co-
nosciamo. Avra avuto un cinquantamila abitanti. Sebbene a-
vesse gia costruito una seconda cerchia di mura per potersi di-
stendere un po’ di pit, era ancora piuttosto soffocata, con stra-
duzze stretle ea gomiti. Di edifici imponenti e artisticamente
pregevoli aveva solo il Battistero di San Giovanni, ma non an-
cora rivestito di marmi. Linsieme era severo e arcigno, grazie
alle torri costruite dai nobili, lunghe, strette e minacciose, che
le davano un'aria di campo trincerato. Di bello, c’era solo il
paesaggio: quella corona di colline, fra cui si srotolava l'Arno.
Labitato si stendeva tutto sulla sponda destra del fume. Con
quella sinistra era collegato da un solo ponte: i] Ponte Vecchio.
Di tutta l'infanzia del poeta, conosciamo solo un episodio, che
perd doveva restare decisivo per la sua vita e la sua opera: l'in-
contro con Beatrice. Gli storici hanno discusso a lungo sulla
realta di questo personaggio: alcuni hanno ritenuto che fosse
di pura fantasia. Ma ormai é opinione comunemente accettata
che si trattasse della figlia di un Folco Portinari, banchiere
molto stimato a Firenze. Era quasi coetanea di Dante, pit tar-
di andd sposa a Simone de’ Bardi, e mori nel 1290, probabil-
mente di un parto andato male.
Dopo la scuola, dove aveva imparato ben poco, Dante ebbe un
altro maestro, che gl'insegndé molto di pit: Brunetto Latini.
Era costui un notaio che godeva di notevole prestigio, e non
solo per le sue qualita professionali. La gran cultura, la signo-
rilita, il «tatto», ne facevano anche un uomo di mondo, un ido-
lo dei salotti, e un diplomatico di prima scelta. Non aveva ori-
ginalita di pensiero, ma aveva molto visto, molto viaggiato,
molto letto, e sapeva parlarne. Era anche un buon cittadino,
un funzionario capace e¢ integro, un coerente uomo di parte.
Solo la vita privata lasciava alquanto a desiderare per la sua im-
parzialita verso i due sessi. Ma questo, nella Firenze di allora
(e anche in quella d’oggi), non faceva molta impressione.
Il fatto che Dante, incontrandolo pit tardi nell’Inferno, dove lo
aveva collocato appunto per quel vizio, chiami affettuosamen-
te Brunetto suo «maestro», ha fatto credere a molti ch’egli sia
andato materialmente a lezione da lui. In realta il rapporto non
fu scolastico in senso stretto. Dante fu soltanto uno dei giova-
ni letterati che intorno a Brunetto si raccoglievano e che for-
mavano quella che oggi si chiamerebbe la nouvelle vague del-4-1 PROTAGONISTI
Un poeta
ai suoi
piedi
la poesia italiana, cui Dante stesso doveva dare i] nome, pas-
sato alla Storia, di stil novo.
La novita, per ridurla all’essenziale, consisteva in questo. La-
more dei provenzali era stato estetico e sensuale, ma anoni-
mo. Lidentita di colei che lo aveva suscitato veniva nascosta
sotto il sexkal o pseudonimo. Ed é naturale perché si trattava
solitamente di un tributo alla padrona di casa, e bisognava sal-
vare il prestigio coniugale del marito, cioé di colui che forniva
Yospitalita al poeta. Gli stilnovisti fecero il contrario. Tolsero
allamore ogni contenuto carnale. FE, resolo in tal modo inof-
fensivo, poterono metterci sopra I’i indirizzo della destinataria.
A chi poteva dar noia? Disincarnata e angelicata, l'ispiratrice
non é piti la moglie né la figlia né la sorella di nessuno. E solo
un simbolo di perfezione spirituale e uno sirumento di eleva-
zione a Dio. Cid che conta non é lei, ma il sentimento che su-
scita. Ed é infatti su di esso che gli stilnovisti si accaniscono,
vivisezionandolo e rivollandolo con una casistica puntigliosa
¢, a dire i] vero, abbastanza uggiosa. I cultori di questo nuevo
credo poetico erano Cino da Pistoia, Guido Cavalcanti, Lapo
Gianni, Gianni Alfani, Dino Frescobaldi. Erano degli esteti, i
cui equivalenti si ritrovano a scadenza di ogni due o tre gene-
razioni, e ogni volla credono di inventare chissacché. Predica-
vano quella che oggi si chiamerebbe «arte per I'arte», cioe
una poesia «disimpegnata» da tutto, anche dal bisogno di pi
cere ai Signori che avevano mantenuto i trovatori nei propri
castelli. E potevano permetterselo perché erano di famiglia a-
ristocratica o della ricca borghesia. Costituivano insomma la
«gioventu dorata» di Firenze.
Che vita conducesse coi nuovi amici, non si sa. Ma si sa che
costoro razzolavano in maniera assai diversa da come predi-
cayano coi loro versi, tutti intesi ad angelicare la donna ea spi-
ritualizzarla.Tuttavia i canoni andavano rispettati. E quelli
dell’«amor cortese» esigevano che anche Dante eleggesse
una dama a ideale poetico di vita. Probabilmente fu soprattut-
to per questo che si ricord6 di Beatrice. Non ci sarebbe nulla
di bizzarro se l’amore, in Dante, fosse nato dalla poesia, e non
viceversa. E nulla toglierebbe alla grandezza dei suoi risultati.
Non aveva pitt avuto occasione di awvicinarla. Egli dice che,
per tenerla al riparo dalle maldicenze, aveva finto di corteg-
giare un‘altra e poi un’altra ancora. Dovette farlo tuttavia con
poca discrezione perché a Firenze se ne parla come di tre-
sche bell’e buone. E la voce dovette arrivare anche all’orec-
chio di Beatrice che, incontratolo un giorno per strada, non
gli ricambié il saluto. Cio potrebbe far sospettare che anche
lei fosse innamorata di Dante e percid se ne sentisse tradita.
Ma non é cosi. Semplicemente, essa sapeva che Dante l’aveva
promossa a Ideale, parlava di lei come della sua ispiratrice, e
sapeva che tutti lo sapevano. Avere un poeta ai suoi piedi,
senza corrispettivo, la lusingava. E scoprire a un tratto che
83DANTE ALIGHIER]
Gli era nata
Videa della
Commedia
costui, voltato l'angolo di strada, andava a consolarsi con al-
tre, la indispetti. Nulla di male. E wmano. Fecero la pace anni
dopo, quando tornarono a incontrarsi a una festa di no;
che forse erano quelle di lei con Simone de’ Bardi. Egli rac.
conta che, rivedendola, a tal punto shiancd e fu assalito dal
tremore che un amico lo trascino via, mentre le altre donne
ammiccavano a Beatrice che sorrideva per la bella rivincita.
Alcuni storici dicono che subite dopo Dante andé a compk
re i suoi studi a Bologna, ch’era la pit rinomata Universita
taliana. In quella cilta soggiorna di certo perché vi laseid an-
che un sonetto — scherzoso, rugginoso ¢ mediocre — sulla
Torre della Garisenda; ma non si sa quando. Comunque, la
laurea non la prese. E l'unico vantaggio che ritrasse da quel
soggiorno, fu l'amicizia con Cino, scacciato da Pistoia e rifu-
giatosi li per vicende politiche.
A queste vicende Dante, fin allora, si era mantenuto estraneo,
anche perché il credo estetico degli stilnovisti non obbligava a
impegnar anzi ne scoraggiava, Ma Firenze seguitava ad
essere agitata dalle passioni, I guelfi avevano ripreso il so-
pravvento dopo la fine degli Hohenstaufen e a farle resistenza
erano rimaste solo Pisa e Arezzo, Pisa, che significava lo shoc-
co al mare, era stata ormai ridimensionala da Genova. Restava
Arezzo, centro di tutto il ghibellinismo toscano, anzi italiano,
capeggiato dal vescovo Degli Ubertini, un prete che preferiva
il manganello alla Croce.
112 giugno dell’89 lesercito fiorentino, comandato dal genera-
le angioino Amerigo di Narbona e rafforzato dai contingenti
delle altre citta guelfe di Toscana, scese sulla citta nemica per
liquidare la partita. Contava dodicimila uomini, ¢ fra di essi vi
era il venliquattrenne Danle che prese anche parte alle opera-
zioni contro Pisa, e certamente partecip® all’assedio € al sacco
del castello di Caprona, com'egli stesso pitt tardi ricordd.
Finalmente congedato, si ammoglio con Gemma Donati che
apparteneva a una casata fra le pit nobili, e aveva anche una
certa dote. Boccaccio la descrive egoista, mediocre, arida e
querula, una mezza Sanlippe. Ma Boccaccio, in odio alla sua,
era un nemico giurato di tutte le mogli. Dai fatti risulta che
Gemma si comportd molto bene nei confronti del marito. Lo
aiuté nei momenti di bisogno, allevé i figli dei quali egli ben
poco si curd, € lo stesso Boccaccio le riconosce il merito —
che forse non le compete — di aver salvato i primi sette Canti
della Commedia.
Semmai, fu. Dante che la ripagé piuttosto male, perché subito
dopo le nozze comincié per lui un periodo di dissipatezze, che
Guido in questa vita e Beatrice nell’altra dovevano aspramen-
te rimproverargli. Si era imbrancato in una brutta compagnia:
quella di Forese Donati, detto Bicei, cugine di Gemma. E tra-
scorreva il tempo tra Fiorette, Violette e Pargolette, che non
dovevano essere ragazze di costumi precisamente il4-1 PROTAGONISTI
Condannato
al rogo
non gli impedi di mettere al mondo con Gemma un certo nu-
mero di figli: due o tre maschi, Pietro, Jacopo, ¢ forse un Gio-
vanni, e due femmine, Antonia e Beatrice, che pero forse sono
la stessa persona.
Di che vivesse, non sappiamo. Come tutti colora che volevano
godere di pieni diritti politici, si era iscritto anche lui a un‘Ar-
te, quella dei Medici e Speziali. Perché abbia fatto questa scel-
la, € incerto. Forse perché appunto non praticava regolarmen-
te nessun mestiere ¢ quindi poteva sceglierne, come etichetta,
uno qualunque. O forse perché ai Medici e Speziali potevano
aderire tuti i consumatori di generi chimici. Giotto vi si era i
scritto perché consumava colori; Dante, perché consumava in-
chiostro. Comunque, dovett'essere soprattutto Gemma a
mandare avanti la famiglia con la sua dote.
Egli dice che a metterc fine a questo scapestrato intermezzo
fu un sogno in cui gli apparve la «mirabile visione» di Beatri-
ce. Svegliandosi, giuré ase stesso di dire di lei cid che nessun
uomo aveva detto di nessun'altra donna al mondo. Forse gli
era nata in testa Pidea della Commedia.
Ma, oltre al sogno, ci fu anche un’allra cosa a trarre la sua vita
per un altro verso: la politica.
Questa era entrata in una fase acuta, sebbene non avesse pitt
nessun contenuto ideologico. Ne aveva avuto al tempo della
lotta fra guelfi e ghibellini, quando si era trattato della scelta
fra la Chiesa e !Impero. Ma oramai Impero non era pit che
un ricordo e i ghibellini, dopo la battaglia di Campaldino, era-
no ridotti all’impotenza.
Ora i guelfi, non avendo pitt da combattere i ghibellini, si era-
no divisi per combattersi fra loro. Le due fazioni si chiamava-
no dei Bianchi € dei Nevi su imitazione di quelle di Pistoia, do-
ve una famiglia, quella dei Cancellieri, si era appunto divisa in
un ramo béenco ¢ in un ramo nero trascinando nei suoi odi e
insanguinando tutta la citla.
A Firenze la rissa era scoppiata per una questione di primato
economico e sociale fra due dinaslie di magnati. Quella bianca
era capeggiata da Vieri Cerchi, quella nera da Corso Donati,
tratello di Forese e cugino di Gemma Alighieri.
E fin qui, era tutlo normale, compreso il sangue che ogni poco
scorreva fra le due fazioni: a Firenze le fazioni c’erano sempre
state, e il sangue era sempre corso. Ma il conflilto di dinastie
si trasformo in guerra civile, quando Bonifacio VIII pretese di
servirsene per le sue ambizioni di potere temporale. Egli vole-
va annettere la Toscana agli Stati della Chiesa. E percid aveva
chiamato Carlo di Valois.
Fu, per sua disgrazia, in questa emergenza che Dante venne al-
la ribalta politica. Per quali motivi si trovasse imbracato coi
Bianchi, non si sa. I legami di famiglia avrebbero dovuto spin-
gerlo dalla parte dei Neri perché, grazie al matrimonio con
Genuna, era diventato cugino dei Donati. Ma forse a trarlo coi
a
&DANTE ALIGHIERI
«Scelleratissimi>
fiorentini
Bianchi furono un po’ lindignazione per le prepotenze di Corso
e molto — crediamo — la solidarieta col suo vecchio amico Gui-
do Cavalcanti, che «il barone> aveva tentato di far as inare.
Firenze, che poteva metlere in campo migliaia di uomini bene
armati, si arrese alle poche centinaia di cavalieri del Valois. II
Donati torno con i suoi squadristi neri, e subito comincid la
« °
ELENCO DEI PERSONAGGI: il Giornale
1 CAIO GIULIO CESARE
2 TRODORICO
SOCIETA ELROPEA DI EDIZIONI SPA.
Via G. Negri, 4- 20123 Milano
3 PEDERICO II DI SVEVIA aa ARR 11 29-5-1989
i DANTE ALIGHIGRT Reg, ‘vib. di Milano n. 261 del 29-5-1982
5 FRANCESCO DATINI MarzofAprile 1993 - Inserto redazionale
8 LBORGIA allegato al numero odierne
7 PAPA GIULIO IT
8 NICCOLO MACHIAVELLI Eiizione faori commercio riservata al lettori
9 PIETRO ARETINO de Giornale
1 BENVENUTO CELLINI
11 GALILEO GALILEI Direttore responsabile
12 GLI ULTIMT MEDICT (Cosimo 9 Gian Gastone) INDRO MONTANELLI
13 GIACOMO CASANOVA i
14 UGO FOSCOLO Realizzazione grafica e impaginazione
15 GIUSEPPE GARIBALDT Walter Landani
16 PAPA PIO IX
17 CAMILLO BENSO DI CAVOUR, Composizione e stampa:
18 BETTINO RICASOLT Seregni Industrie Grafiche
19 FERDINANDO II DI BORBONE, Paderno Dugnano
20 GIUSEPPE VERDI
21 FRANCESCO CRISPI Spedizione in abbonamento postale
22 GIOVANNI GIOLITTT gruppo 1/70
23 VITTORIO EMANUELE II]
24 IL PROTO-DUCE
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