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Volume : 2 Numero: 49 Data: Novembre 2011 Sede: Gruppo Alternativa Liguria Di: Asta Paolo, Martini Claudio

Alternativa news
In collaborazione con: Megachip

IN QUESTO NUMERO
1 Il disastro delle Cinque Terre e i suoi responsabili Di: Marco Martini [ pag. 1/2 ] 2 Scoperta la rete capitalista che governa il mondo Di: Andy Coghlan e Debora MacKenzie [ pag. 2/3 ] 3 Ecco il documento della Troika: Atene fallita Di: Fabrizio Goria [ pag. 3] 4 Siria, dal fronte Turco guerra Da: Ilmondodiannibale [ pag. 3 ] 5 Oggi come ieri. Ieri come oggi Di: Claudio Martini [ pag. 4/5 ] 6 Uscire dalla follia, uscire dalleuro Di: Marino Badiale e Fabrizio Tringali [ pag. 5 ] 7 Referendum Greco. Lo spettro di Pericle Da: Pandora TV [ pag. 5 ] 8 Come si esce dalleconomia del debito Di: Paolo Cacciari [ pag. 6 ] 9 Salvare leuro? Ecco i prezzi da pagare Di: Marino Badiale e Fabrizio Tringali [ pag. 7 ] 10 Giulietto Chiesa: difendiamo la Costituzione. Solidariet ad Antonio Ingroia Da: Alternativa-politica.it [ pag. 7 ] 11 Equipariamo la speculazione allomicidio Di: Jacopo Fo [ pag. 8 ]

Il disastro delle Cinque Terre e i suoi responsabili


Di: Marco Martini, geometra specializzato nella prevenzione dei dissesti idro-geologici, militante di Alternativa li ultimi tragici eventi occorsi in Liguria e in Toscana portano alla ribalta, per l'ennesima volta, la situazione allarmante in cui si trova il nostro Paese sul piano dei dissesti idrogeologici. Le cause hanno origini lontane - si pensi alla cementificazione selvaggia del boom economico di met secolo scorso -e vicine, che partono da questioni di valenza globale (i cambiamenti climatici) e arrivano al locale, al "micromondo" degli entroterra urbani italiani. In quest'ultimo senso, almeno per quanto concerne numerose realt nazionali, un ruolo fondamentale lo gioca l'abbandono delle campagne e la relativa assenza dei contadini, cio di chi, traendo il proprio sostentamento dalla terra, ha sempre svolto un efficace compito di "sentinella"sul territorio in modo da prevenire gravi dissesti in grado di compromettere le proprie attivit e, in senso pi esteso, il benessere della comunit di appartenenza. La pulizia dei rivi e dei torrenti, con l'eliminazione degli arbusti, dei massi e di tutto ci che pu favorire l'esondazione dei corsi d'acqua durante le alluvioni, cos come interventi murari di modesta entit ma utilissimi per il consolidamento dei fronti - un caso emblematico la tradizione tutta ligure dei muri a secco, tramandatasi nei secoli - sono stati i semplici ed efficacissimi strumenti in mano alle comunit locali per scongiurare l'avvento di disastri di notevole impatto. Circa un anno fa, il quartiere genovese di Sestri Ponente, in seguito a un violento nubifragio, sub danni rilevanti a causa dell'esondazione dei suoi torrenti, i cui letti, nelle settimane precedenti, non erano stati sottoposti alle necessarie operazioni di manutenzione e pulizia. Si noti che la "pigrizia" di certe autorit comunali e provinciali nell'attuare efficaci opere di prevenzione stata denunciata poco tempo fa da Legambiente, che ha analizzato le iniziative di mitigazione del rischio idrogeologico nei 54 comuni liguri monitorati. Il risultato assegna una valutazione positiva, ma solo sufficiente, ad appena 12 amministrazioni (il 26%) mentre negativa per il restante 74%, con 24 comuni giudicati "scarsi" e 17 "insufficienti". Tra i peggiori Legambiente indica Cogorno, Lavagna e Murialdo che pur avendo la presenza di diverse strutture in zone a rischio non si sono efficacemente attivati per una concreta opera di contrasto. Naturalmente, con questo non si vuole ridimensionare quella che probabilmente la causa principale dei dissesti idrogeologici italiani, ossia la cementificazione indiscriminata del territorio. In nome dello "sviluppo" il territorio italiano - di per s difficile per la sua conformazione particolare - stato letteralmente ricoperto da un'enorme colata di cemento, senza che si tenesse conto dei difficili equilibri ambientali che caratterizzano molte nostre regioni. Alla cementificazione "sviluppista" del secondo dopoguerra e dei "palazzinari" anni '60, si aggiunto e sovrapposto un diffuso abusivismo edilizio da parte dei privati,in molti casi anche semplici cittadini, del tutto incuranti dei danni che, in molti casi, stavano arrecando agli equilibri idrogeologici dei loro territori. Solo nel 1985 il legislatore ha cominciato a correre ai ripari, con la famosa Legge 431, nota anche come Legge Galasso, che ha posto divieti di edificabilit in ambienti particolari (aree d'alta quota, vulcani, paludi, vicinanze di corsi d'acqua o spiagge) e l'obbligo per le regioni di redigere Piani Paesistici allo scopo di tutelare i propri patrimoni ambientali. Ciononostante, l'abusivismo edilizio continua a prosperare nel nostro Paese, con particolari "punte" nelle

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aree maggiormente soggette ad infiltrazioni mafiose nelle pubbliche amministrazioni. A titolo di esempio si noti come, secondo i dati di Legambiente, Il business del cemento ha prodotto solo in Campania 60.000 case abusive in 10 anni, e a spartirsi la torta delledilizia a tutti costi ci pensano 64 clan camorristici. In 20 anni dal 1991 a oggi ci sono state nella regione 7 amministrazioni comunali su 10 (67%) sciolte per infiltrazione mafiosa, alla cui base ce proprio labusivismo edilizio. Tornando ai disastrosi eventi di questi giorni, va evidenziato un altro dato allarmante, ossia la tipologia delle precipitazioni che ha colpito le Cinque Terre e le aree limitrofe. Si trattato di un evento meteorologico di eccezionale gravit, con ben 500 millimetri di pioggia caduti in poche ore, che non trova precedenti nella storia di quelle zone. Un evento che si collega, a detta degli esperti, ai cambiamenti climatici a livello globale, e che potrebbe quindi risultare alla lunga un triste antefatto di molti altri eventi luttuosi per il nostro Paese, le cui "fondamenta" idrogeologiche, come abbiamo visto, sono state gi messe in serio pericolo da un mix di incuria, illegalit e negligenza diffuse. Siamo, di fatto, nel pieno di una vera e propria emergenza nazionale continua e silenziosa, latente, ma dal potenziale devastante.

Scoperta la rete capitalista che governa il mondo - di Andy Coghlan e Debora MacKenzie newscientist.com. le proteste contro il potere finanziario travolgono il mondo in questa settimana, la scienza sembrerebbe confermare i peggiori timori dei contestatori. Unanalisi delle relazioni che sussistono fra 43mila corporation multinazionali ha identificato un gruppo relativamente piccolo di societ, specialmente banche, che esercitano un potere sproporzionato sulleconomia globale. I presupposti di questo studio hanno richiamato alcune critiche, ma gli analisti di sistemi complessi contattati da New Scientist sostengono che si tratta di uno sforzo originale inteso a sbrogliare i fili del controllo sulleconomia globale. Sostengono inoltre che se si avanzasse ulteriormente la spinta di tale analisi, essa sarebbe di aiuto per identificare i modi in grado di rendere il capitalismo globale pi stabile. Lidea che pochi banchieri controllino una grande porzione delleconomia globale potrebbe non essere una notizia agli occhi movimento Occupy Wall Street di New York n a quelli dei contestatori di altre parti (vedi le foto). Tuttavia, questo studio, condotto da un trio di teorici dei sistemi complessi presso il Politecnico Federale di Zurigo in Svizzera, la prima ricerca che va oltre le ideologie, per identificare empiricamente una simile rete di potere. Lopera combina la matematica collaudata nel modellare i sistemi naturali con dati aziendali completi, per fare una mappa delle propriet fra le multinazionali. La realt talmente complessa che dobbiamo rifuggire i dogmi, sia che si tratti di teorie cospirazioniste o di libero mercato, afferma James Glattfelder. La nostra analisi basata sulla realt. Studi precedenti avevano rilevato che un piccolo gruppo di multinazionali possedeva grosse fette delleconomia mondiale, ma essi includevano nella ricerca soltanto un numero limitato di aziende e omettevano le forme di propriet indiretta, cosicch non erano in grado di descrivere quanto tutto ci influisse sulleconomia globale n se, ad esempio, la rendessero pi o meno stabile. Il team di Zurigo invece in grado: hanno estratto da Orbis 2007 un database che classifica 37 milioni fra societ e investitori di tutto il mondo tutte le 43.060 multinazionali e le partecipazioni azionarie incrociate che le collegano. Quindi hanno costruito un modello che rappresentava quali societ ne controllavano altre tramite reticoli azionari, e lo hanno abbinato ai ricavi di esercizio, per mappare infine la struttura del potere economico. Il lavoro, che sar pubblicato su PloS One, ha individuato un nucleo centrale di 1.318 societ con propriet incrociate (vedi figura). Ognuna delle 1.318 aveva vincoli con almeno altre due o tre ulteriori societ, e di media erano connesse a 20. Per di pi, sebbene rappresentassero il 20% dei ricavi di esercizio a livello globale, i 1.318 evidenziavano di possedere complessivamente attraverso le loro quote azionarie la maggioranza della propriet mobiliare mondiale e dellindustria manifatturiera cio.

Mentre

delleconomia reale che rappresenta un ulteriore 60% dei ricavi di esercizio globali. Quando gli studiosi hanno ulteriormente districato la ragnatela degli assetti proprietari, hanno scoperto che il grosso risaliva a una super-entit di 147 societ ancora pi strettamente annodate fra di loro la cui propriet era a sua volta interamente detenuta da altri membri della super-entit che controllava il 40% di tutta la ricchezza nel reticolo. In effetti, meno dell1 per cento delle societ risulta in grado di controllare il 40 per cento dellintero intreccio, sostiene Glattfelder. La maggior parte costituita da istituti finanziari. La Top 20 comprende: Barclays Bank, JPMorgan Chase & Co, nonce il Goldman Sachs Group. Lesperto di macroeconomia John Driffill della University of London, afferma che il valore di questanalisi non sta tanto nel vedere se un piccolo gruppo di persone controlli leconomia globale, quanto nelle suggestioni in merito alla stabilit economica. La concentrazione del potere in s non n buona n cattiva, afferma il team zurighese, mentre le strette interconnessioni del nucleo centrale lo possono essere. Come ha potuto apprendere il mondo nel 2008, tali reti sono instabili. Se una societ si trova a patire delle difficolt, dice Glattfelder, il problema si propaga. sconcertante vedere quanto le cose siano davvero connesse, concorda George Sugihara della Scripps Institution of Oceanography di La Jolla, California un esperto di sistemi complessi che stato consulente della Deutsche Bank. Yaneer Bar-Yam, capo del New England Complex Systems Institute (NECSI) mette in guardia sul fatto che lanalisi presume che la propriet equivalga al controllo, cosa che non sempre vera. La maggior parte dei titoli azionari in mano a gestori di fondi che possono controllare o meno le societ che in parte posseggono. Limpatto di tutto questo sul comportamento del sistema, afferma Bar-Yam, richiede ulteriori analisi. cruciale, per via dellidentificazione dellarchitettura del potere economico globale, che lanalisi possa aiutare a renderlo pi stabile. Nellidentificare i tratti vulnerabili del sistema, gli economisti potranno suggerire misure in grado di impedire che futuri crolli si diffondano lungo lintera economia. Glattfelder sostiene che occorrerebbero regole antitrust globali, che ora esistono solo a livello nazionale, al fine di limitare le superconnessioni tra multinazionali. Bar-Yam dichiara che lanalisi suggerisce una possibile soluzione: per scoraggiare questo rischio, le imprese dovrebbero essere tassate per eccessiva interconnettivit. Una cosa per sembra non armonizzarsi con alcune delle asserzioni dei contestatori: questa super-entit improbabile che sia il risultato di una cospirazione intesa a governare il mondo. simili strutture sono comuni in natura, dichiara Sugihara. In qualsiasi sistema a rete, i nuovi entrati si connettono preferibilmente a componenti gi altamente interconnessi. Le multinazionali comprano azioni fra di loro per ragioni di affari, non per dominare il mondo. Se la connessione tende a raggruppare insiemi di societ, cos fa anche la ricchezza, ricorda Dan Braha del NECSI: in analoghi modelli, il denaro fluisce verso i membri che

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hanno gi le maggiori connessioni. Lo studio di Zurigo, ribadisce Sugihara, costituisce una solida prova del fatto che le semplici regole che disciplinano le multinazionali danno origine spontaneamente a gruppi fortemente connessi. O, come Braha precisa: Laffermazione di Occupy Wall Street sul fatto che l'1 per cento della gente detiene la maggior parte della ricchezza riflette una fase logica dellauto-organizzazione delleconomia. Cos, la super-entit potrebbe non derivare da una cospirazione. La vera questione, sostiene il gruppo di ricerca di Zurigo, se possa esercitare un potere politico concertato. Driffill ha limpressione che 147 sono ancora troppi per sostenere lesistenza di collusioni. Braha sospetta che si sfidino sul mercato, ma agiscano insieme sugli interessi comuni. Resistere a modifiche alla struttura della rete potrebbe essere uno di tali interessi comuni.

Ecco il documento della troika: Atene fallita - di Fabrizio Goria linkiesta.it. Grecia fallita. A dirlo non lennesimo studio di banche dinvestimento o centri di ricerca, ma direttamente i funzionari della troika che hanno appena terminato la loro revisione sulla finanza pubblica ellenica. Linkiesta entrata in possesso dellintero rapporto della troika, composta dai funzionari di Fondo monetario internazionale (Fmi), Banca centrale europea (Bce) e Commissione europea. Strictly confidential scritto su ogni pagina. E ce ne sono tutte le ragioni. Il quadro che emerge dalla Dsa (Debt sustainability analysis) sulla Grecia non roseo. Le dieci pagine che siamo in grado di mostrarvi parlano chiaro. Certo, lEurogruppo ha accordato il pagamento della sesta tranche (8 miliardi di euro) di aiuti finanziari previsti dal piano di salvataggio del maggio 2010, pari a 110 miliardi di euro, ma appare sempre pi chiaro che lo ha fatto assumendosi diverse responsabilit. Questo perch la troika ha spiegato senza troppi giri di parole che il debito greco insostenibile. Lunica soluzione allorizzonte quindi quella di un aumento dellintervento dei creditori privati, tramite il Private sector involvement (Psi), e, di conseguenza, un lungo piano di ristrutturazione del debito. Il ritorno sui mercati atteso nel 2021, quando il rapporto debito pubblico/Prodotto interno lordo (Pil) torner sotto quota 150 per cento. Fino a quella data, secondo il rapporto della troika, saranno necessari 252 miliardi di euro per garantire la sopravvivenza di Atene, nel migliore dei casi. Nel peggiore, altri 444 miliardi di euro, pi dellattuale valore del fondo europeo salva-Stati European financial stability facility (Efsf). In altre parole, considerando lintervento del maggio 2010, lintero debito ellenico, 365 miliardi di euro, dovr essere messo in sicurezza da qui al 2030. Dopo diverse settimane di attesa, la troika ha concluso la sua ultima verifica ad Atene. Nonostante le rassicurazioni del ministro delle Finanze ellenico Evangelos Venizelos, che ancora cinque giorni fa parlava di sensazioni positive riguardo alla troika, il rapporto

La

finale lascia senza fiato. Semplicemente, niente va come dovrebbe andare. Il debito pubblico, attualmente al 160% del Pil, toccher quota 186% nel 2013 e solo nel finale del 2020 scender sotto il 152%, soglia considerata cruciale per il rientro di Atene sui mercati internazionali. Ancora, solo nel 2030 il rapporto debito/Pil sar sotto il 130 per cento. Chiaramente insostenibile, sebbene lo stesso Venizelos abbia pi volte rimarcato che il Paese su una buona strada. C poi il capitolo privatizzazioni. Sui circa 46 miliardi di euro che dovevano essere raccolti da luglio a oggi, solo 10 sono entrati nelle casse del Tesoro di Atene. E pensare che inizialmente il programma del 21 luglio, completamente smontato dalla troika, aveva previsto ricavi per 66 miliardi di euro (50 miliardi di asset governativi pi 16 miliardi di asset derivanti dalle ricapitalizzazioni bancarie). Niente di tutto questo stato rispettato, finora, n riuscir a essere raggiunto, spiega la troika, senza un programma di consolidamento fiscale pi duro che mai. Infine, la ristrutturazione del debito. Laccordo del Consiglio europeo del 21 luglio scorso prevedeva un haircut, cio un taglio al valore nominale dei bond detenuti in portafoglio, del 21 per cento. Laccordo, sottoscritto dallInstitute of international finance (Iif), la lobby bancaria internazionale, fin da subito apparso troppo blando per ristorare il debito greco. Dei 365 miliardi di euro di stock complessivo, solo 135 erano impegnati nel rollover, cio il concambio peggiorativo, con un impegno da parte delle banche creditrici di circa 37 miliardi. Troppo poco. La troika propone due soluzioni: o un taglio del 50%, capace di riportare il debito sotto quota 120% nel finale del 2020, o un haircut del 60%, che porterebbe il debito sotto il 110% nel 2020. In entrambi i casi, ci sarebbero dei costi per la comunit internazionale. Tralasciando quelli sociali e quelli creditizi a carico delle banche esposte sulla Grecia, per Atene il supporto finanziario dovrebbe essere di 113,5 miliardi di euro per il ventennio 2011-2030 nel caso di un haircut del 50% e di 109,3 miliardi in caso di taglio del 60 per cento. Qualsiasi scelta si prenda nel prossimo vertice europeo, ci sono due certezze: la Grecia fallita e il suo default non sar indolore.

SIRIA, DAL FRONTE TURCO GUERRA


da ilmondodiannibale.it. Un signore in giacca e cravatta appare al ministero degli esteri turco, accompagnato da un alto funzionario di Ankara che non far mistero di aver provveduto lui stesso a donare limpeccabile blazer blu al suo ospite. Luomo si presenta ai giornalisti: sono il colonnello Riad Asaad, comandante dellEsercito Nazionale Siriano. Siamo noi ad aver compiuto lazione militare di ieri contro una pattuglia siriana costata la vita a nove soldati di Damasco. E siamo operativi su tutto il territorio nazionale. Liberemo la Siria dagli Assad e restituiremo al nostro popolo sicurezza e stabilit. Ci che colpisce non quanto dichiarato dal colonnello Asaad, quanto dove lo ha detto. Ankara da tempo ha scelto di sostenere gli insorti: che sostenesse quelli disarmati lo sapevamo. Erdogan sa benissimo che ci sono Assad e Tehran dietro il Pkk e i suoi recenti attentati ed ha deciso di conseguenza. Ha infatti dichiarato che segue gli sviluppi siriani come sviluppi di politica interna. sapevamo, ora sappiamo che sostiene anche quelli armati. Fin qui la posizione ufficiale infatti era che il colonnello As-aad era stato accolto per motivi umanitari. Ora il quadro cambiato, il governo turco ha deciso di non nascondersi pi dietro questa piccola menzogna. Poco? Il premier turco non pu permettersi di perdere la sfida, soprattutto dopo che il giovane Assad lo ha letteralmente preso per il naso sulle riforme, e poi lo ha colpito con il Pkk. Ma che rispondesse in modo cos esplicito, alzando ulteriormente il livello dello scontro, non era scontato. Il colonnello Asaad ha assicurato di coordinare i suoi operativi dal campo profughi, in territorio turco, dove vive da mesi. E non c motivo per dubitare che le cose stiano davvero cos.

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Oggi come ieri, Ieri come oggi - a cura di Claudio Martini appelloalpopolo.it. a storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa. Il testo che segue tratto da Le lotte di classe in Francia, pubblicato da Karl Marx nel 1850. Gustatevelo tutto.. (C.M.) Dopo la rivoluzione di Luglio il banchiere liberale Laffitte, accompagnando il suo compare, il duca di Orleans, in trionfo all'Hotel de Ville, lasciava cadere queste parole: "D'ora innanzi regneranno i banchieri". Laffitte aveva tradito il segreto della rivoluzione. Sotto Luigi Filippo non era la borghesia francese che regnava, ma una frazione di essa, i banchieri, i re della Borsa, i re delle ferrovie, i proprietari delle miniere di carbone e foreste (..)- la cosiddetta aristocrazia finanziaria. Era essa che sedeva sul trono , che dettava leggi nella Camera, che distribuiva gli impieghi dello Stato, dal ministero allo spaccio di tabacchi. La borghesia industriale propriamente detta formava una parte dell'opposizione ufficiale, era cio rappresentata alle camere come minoranza. La opposizione si presentava in modo tanto pi deciso, quanto pi nettamente si sviluppava il dominio esclusivo dell'aristrocrazia finanziaria e quanto pi essa stessa (..) si immaginava fosse assicurato il dominio sulla classe operaia. Grandin, industriale di Rouen, il pi fanatico portavoce della reazione borghese tanto nell'Assemblea nazionale costituente quanto in quella legislativa, era nella camera dei deputati il pi violento avversario di Guizot.(..) Il disagio finanziario rese sin dall'inzio la monarchia di luglio dipendente dalla grande borghesia, e la sua dipendenza dalla grande borghesia fu la sorgente inesauribile di un crescente disagio finanziario. Impossibile subordinare l'amministrazione dello Stato all'interesse della produzione nazionale senza ristabilire l'equilibrio nel bilancio, l'equilibrio tra le uscite e le entrate dello Stato. E come stabilire questo equilibrio senza limitare le spese dello Stato, cio senza vulnerare gli interessi che erano altrettanti sostegni del sistema dominante, e senza riordinare la ripartizione delle imposte, cio senza rigettare una parte notevole del peso delle imposte sulle spalle della grande borghesia stessa? L'indebitamento dello Stato era, al contrario, l'interesse diretto della frazione della borghesia che governava e legiferava per mezzo delle Camere. Il disavanzo dellao Stato era infatti il vero e proprio

oggetto della sua speculazione e la fonte principale del suo arricchimento. Ogni anno un nuovo disavanzo. Dopo quattro o cinque anni un nuovo prestito. E ogni nuovo prestito offriva all'aristocrazia finanziaria una nuova occasione di truffare lo Stato che, mantenuto artificiosamente sulla soglia della bancarotta, era costretto a contrattare con i banchieri alle condizioni pi sfavorevoli. Ogni nuovo prestito era una nuova occasione di svaligiare lo Stato, mediante operazioni di Borsa al cui segreto erano iniziati il governo e la maggioranza della Camera. In generale la situazione instabile del credito pubblico e il possesso dei segreti dello Stato offriva i banchieri e ai loro affiliati nelle Camere e sul trono la possibilit di provocare delle oscillazioni straordinarie, improvvise, nel corso dei titoli di Stato; e il risultato costante di queste oscillazioni non poteva essere altro che la rovina di una massa di capitalisti pi piccoli e l'arricchimento favolosamente rapido dei giocatori in grande.(..) Le enormi somme che in tal modo passavano per le mani dello Stato davano inoltre l'occasione a contratti di appalto fraudolenti, a corruzioni, a malversazioni, a bricconate d'ogni specie. Lo svaligiamento dello Stato, che si in faceva grande coi prestiti, si ripeteva al minuto nei lavori pubblici. I rapporti tra la Camera e il governo si moltiplicavano sotto forma di rapporti tra amministrazioni singole e singoli imprenditori. Al pari delle spese pubbliche in generale e dei prestiti dello Stato, la classe dominante sfruttava le costruzioni ferroviarie. Le Camere addossavano allo Stato i carichi principali e assicuravano la manna dorata alll'aristocrazia finanziaria speculatrice. Ci si ricorda degli scandali che scoppiarono alla Camera dei deputati, quando il caso fece venire a galla che tutti quanti i membri della maggioranza, compresa una parte dei ministri, partecipavano come azionisti a quelle medesime costruzioni ferroviarie che essi facevano poi, come legislatori, eseguire a spese dello Stato. La pi piccola riforma finanziaria, invece naufragava di fronte all'influenza dei banchieri. Cos, ad esempio, la riforma postale. Rothschild protest contro di essa. Poteva lo Stato ridurre delle sorgenti di reddito da cui egli ricavava gli interessi del suo debito sempre crescente? La monarchia di luglio non era altro che una societ per azioni per lo sfruttamento della ricchezza nazionale francese, societ i cui dividendi si ripartivano fra i ministri, le Camere, 240 mila elettori e il loro seguito.(..) Mentre l'aristocrazia finanziaria faceva le eleggi, dirigeva lamministrazione

dello Stato, disponeva di tutti i pubblici poteri organizzati, dominava l'opinione pubblica coi fatti e con la stampa, in tutti gli ambienti, dalla Corte al Caf Borgne, si spandeva l'identica prostituzione, l'identica frode svergognata, l'identica smania di arricchirsi non con la produzione, ma rubando le ricchezze altrui gi esistenti. Alla sommit della stessa societ borghese trionfava il soddisfacimento sfrenato, in urto ad ogni istante con le stesse leggi borghesi, degli appettiti malsani e sregolati, in cui logicamente cerca la sua soddifazione la ricchezza scaturita dal gioco, in cui il godimento diventa crapula, e il denaro, il fango e il sangue scorrono a fiotti. L'aristocrazia finanziaria, nelle sue forme di guadagno come nei suoi piaceri, non altro che la riproduzione del sottoproletariato alla sommit della societ borghese. E le fazioni della borghesia francese che non erano al potere gridavano: corruzione! Quando nel 1847 sulle scene pi elevate della societ francese venenero pubblicamente rappresentati gli stessi spettacoli che regolarmente conducono il sottoproletariato nei bordelli, nei ricoveri di mendicit e nei manicomi, davanti al giudice, al bagno e alla ghigliottina, il popolo gridava:A bas le grand voleurs! A bas le assasins! La borghesia industriale vedeva compromessi i propri interessi, la piccola borghesia era moralmente sdegnata, la fantasia popolare si ribellava(..) Lo scoppio del malcontento generale, il passaggio dal disagio alla rivolta venne infine accelerato da due eventi economici mondiali. La malattia delle patate e i cattivi raccolti del 1845 e del 1846 accrebbero l'effervescenza generale nel popolo. Il rincaro della vita nel 1847 provoc in Francia, come sul resto del Continente, conflitti sanguinosi. Di fronte alle orge dell'aristocrazia finaziaria, le lotte del popolo pei mezzi di sussistenza elementari!(..) Il secondo grave avvenimento economico che affrett lo scoppio della rivoluzione fu una crisi generale del commercio e dell'industria in Inghilterra. Annunciata gi nell'autunno 1845 dalla rovina in massa degli speculatori sulle azioni feroviarie, contenuta durante il 1846 da una serie di circostanze occasionali(..), essa scoppi nell'autunno del 1847 colle bancarotte dei grandi mercanti coloniali di Londra, seguite immediatamente dai fallimenti delle banche agricole e dalle chiusure delle fabbriche nei distretti industriali inglesi. Non erano ancora cessate le ripercussioni di questa crisi sul Continente, quando scoppi la rivoluzione. Le devastazioni

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prodotte nel commercio e nell'industria dall'epidemia economica resero ancora pi insopportabile il domino esclusivo dell'aristocrazia finanziaria. La borghesia d'opposizione inizi in tutta la Francia l'agitazione dei banchetti per una riforma elettorale che avrebbe dovuto permettere di conquistare la maggioranza nelle Camere e di rovesciare il ministero della Borsa. (..) noto come Guizot e e le Camere risposero alle proposte di riforma con una sfida aperta; come Luigi Filippo si decise troppo tardi per un ministero Barrot; come il popolo e l'esercito vennero alle mani; come l'esercito fu disarmato grazie al contegno passivo della Guardia Nazionale; come la monarchia di Luglio dovette cedere il posto a un governo provvisorio.

Uscire dalla follia, uscire dall'euro - di Marino Badiale e


Fabrizio Tringali - Megachip.
ochi giorni fa le borse festeggiavano, euforiche, la notizia che il governo italiano assumeva ufficialmente l'impegno di realizzare le richieste della BCE e dell'Unione Europea: licenziamenti facili, tagli al bilancio statale, vendite di beni e servizi pubblici, attacco alle pensioni, sconvolgimento della Costituzione, distruzione del principio della divisione dei poteri. Annunciare una tremenda limitazione della democrazia determina immediatamente un'impennata degli indici di borsa: ed logico, perch meno democrazia significa meno opposizione alle barbare esigenze della finanza internazionale. Oggi invece le borse crollano miseramente perch la Grecia ha annunciato un referendum sui piani di salvataggio (che sarebbe bene chiamare "piani di meditata distruzione") della troika costituita da FMI, BCE e UE. L'idea che il popolo possa esprimere la propria sovranit scatena il panico nelle Borse. Basta questo per comprendere che il sistema nel quale viviamo sprofondato nella pi totale follia. L'intero sistema economico-finanziario globale incompatibile con la democrazia, cos come incompatibile con essa l'Euro. Se domattina si tenesse un referendum sull'Euro in ciascuno dei Paesi che lo adottano, con molta probabilit l'unione monetaria sarebbe sconfitta sia in Grecia (il Paese pi debole), che in Germania (il Paese pi forte). L'Euro infatti unisce economie troppo diverse fra loro, i cui differenziali di competitivit impongono misure drastiche per i pi deboli, a partire dalla compressioni dei diritti e dei salari (e quindi della democrazia, perch queste scelte vanno imposte), e costi sempre crescenti per i pi forti, che devono contribuire a ripianare i debiti dei deboli. Si tratta di una situazione che era prevedibile, e di fatto stata prevista, fin dall'inizio dell'avventura dell'Euro. Dal mondo degli studiosi di economia si erano levate voci che avvertivano come l'unificazione monetaria di economie molto diverse fra loro fosse foriera di gravi problemi, che non avrebbero tardato a manifestarsi. Ora che i nodi stanno venendo al pettine ci si rende conto di come lEuro sia stato

vantaggioso solo per la grande finanza, per le multinazionali, e per le lite dei paesi forti come la Germania, che hanno potuto crescere grazie alle esportazioni nei paesi deboli, ma che adesso non vogliono pagare il prezzo degli squilibri cos generati. Lo spiegava gi diversi anni fa Massimo Bontempelli, il quale notava quanto non sia difficile orientarsi rispetto alla realt dell'UE e dell'euro, una volta abbandonati i luoghi comuni: Basta osservare realisticamente di cosa consiste la nuova Europa: una moneta comune, una banca che la regola, un complesso di norme sovranazionali volte essenzialmente ad eliminare gli ostacoli alla libera circolazione dei capitali e le specificit produttive di intralcio alla produzione standardizzata su larghissima scala, commissari incaricati soprattutto di regolare interessi economici d'area, e un parlamento elettivo dotato di scarsi poteri. Tutto questo mostra chiaramente che l'Europa di cui oggi si parla non altro che un sistema normativo e un apparato tecnocratico finalizzati a promuovere il completo dominio sulla societ dell'economia dei mercati finanziari globalizzati: il loro carattere sovranazionale serve appunto ad aggirare gli ostacoli nazionali alla circuitazione senza limiti, ed esclusivamente secondo i determinismi di un'economia completamente autoreferenziale, di capitali e merci[1]. Non resta che prendere atto di queste ovviet e fuggire da questa follia. I costi dell'abbandono della moneta unica europea non sono affatto banali, anzi sono molto seri. Tuttavia essi sono sopportabili, soprattutto se consideriamo i vantaggi: il nostro enorme debito pubblico sarebbe svalutato e quindi molto pi sostenibile. E soprattutto riconquisteremo la sovranit nazionale e monetaria perduta a vantaggio della tecnocrazia europea. Un passo avanti necessario, fuori dalla follia.

Referendum greco. Lo spettro di Pericle


da PandoraTv.it.

L'irrisolvibile tensione tra democrazia ed


economia liberale sembra giungere ad un confronto decisivo. L'inaspettata mossa dello sbiadito George Papandreu, indire per gennaio 2012 un referendum confermativo o abrogativo dell'intera politica seguita sino a qui da un Governo greco ostaggio dei diktat franco tedeschi, sta alzando la temperatura della gi febbricitante crisi dell'Eurozona. Angela Merkel e Nicolas Sarkozy reagiscono come indemoniati sottoposti al rito esorcista, rito che non prevede l'acqua santa, ma il voto popolare delle persone soggette alle misure draconiane imposte dalle lite che governano l'econo-finanza europea. La mossa greca, se confermata e portata in atto, potrebbe rappresentare un precedente che diventa norma. Una norma che restituisce alla politica il governo dell'economia ovvero la fine di un sistema innaturale, immorale ed anche disfunzionale. Uno spettro si aggira per l'Europa - lo spettro di Pericle. Commento di Megachip: L'Europa sta crollando su tutte le piazze borsistiche. L'atto politico lanciato da Atene, inaspettato e coraggioso, potrebbe rappresentare una svolta decisiva per la crisi. La politica, in un sussulto di orgoglio, si ricorda di essere l'unico regolamento accettato dalla societ per l'autogoverno degli interessi nazionali. Creerebbe un precedente che farebbe standard e per le oligarchie sarebbe una pessima situazione. Una mossa di straordinaria importanza, gli ellenici ci hanno stupito! Forse, dopo il suo lungo e incolore calvario, Papandreu ha creato i presupposti per l'inizio di una nuova storia. Bisognerebbe andare ad applaudirli sotto l'ambasciata.

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COME SI ESCE DALL'ECONOMIA DEL DEBITO - di Paolo Cacciari - il manifesto.


isogna uscire da quella economia che pone gli interessi del capitale sopra a quelli del lavoro e della stessa vita delle persone e dell'ecosistema terrestre. Le vecchie ricette keynesiane non hanno pi margini in una crisi strutturale di queste dimensioni e qualit. Deve decrescere la dipendenza dal mercato e dall'ossessione del Pil. Alzino la mano quanti hanno azioni? Pochissimi, a giudicare dal fatto che non ci dicono mai la loro vera consistenza (numero di persone per il valore delle azioni possedute). Alzino la mano quanti hanno titoli di stato? Non molti e comunque posseggono meno della met della met del valore dei titoli emessi (la met all'estero, l'altra met nelle casse di imprese e investitori istituzionali vari). Alzi la mano chi ha denari in banca? Abbastanza, ma si accontentano di interessi che non proteggono nemmeno dall'inflazione. E allora, chi se ne frega del default ! Falliscano pure banche e stati, non vengano rimborsati i prestiti che hanno avuto, o vengano congelati in attesa di tempi migliori. Le bancarotte (assieme alle guerre) sono il metodo pi sbrigativo per la remissione dei debiti e ricominciare da capo. E' successo molte volte nella storia degli stati e, da ultimo, l'Argentina insegna che ci si pu risollevare. Chi vive del proprio lavoro, chi non arriva alla quarta settimana, cio la maggioranza delle famiglie, si libererebbe cos finalmente dal peso di dover foraggiare rendite e interessi. Se vero che su ogni italiano gravano 30.000 euro di debito pubblico, quanti anni ci vorranno per estinguerli, ammesso che i futuri governi riuscissero a non aggiungerne altri? I giovani senza futuro, gli indignados che protestano a Wall Street, i disoccupati nelle piazze spagnole e greche gridano: Non vogliamo pagare noi i vostri debiti. Ed hanno pi che ragione. Ma c' un ma che rende ancora pi grave la situazione e pi profonda la svolta economica e politica necessaria per uscire dalla crisi. Non sono solo gli avidi speculatori, gli approfittatori alla Soros, i manager pagati in opzioni alla Marchionne, i ministri della finanza creativa alla Tremonti che ci hanno portato sull'orlo del baratro. Via loro (e sa iddio quanto sarebbe bello!) non cambierebbe nulla perch anche l'azienda dove andiamo a lavorare, l'amministrazione comunale dove abitiamo, la locale azienda sanitaria, il fondo che gestisce la nostra pensione, la banca del nostro bancomat, l'agenzia di stato che sborsa il sussidio di disoccupazione a nostro figlio... sono da tempo, in un modo o nell'altro,tutti indebitati. Tutti avevano fatto il conto ("aspettativa" si dice in economia) di riuscire in futuro a guadagnare di pi (facendo profitti, riscuotendo tasse, realizzando interessi, vendendo immobili e "cartolarizzando" il Colosseo...) di quanto non avessero ricevuto in prestito. Credevano, cio, nella chimera di una crescita economica esponenziale e senza fine. Un calcolo tragicamente sbagliato. Da tempo (dieci, venti, chi dice trent'anni) le economie occidentali sono in crisi di realizzo, il loro tessuto produttivo non pi in grado di riprodurre guadagni tali da riuscire a mantenere gli standard dei consumi privati e pubblici. Per mascherare questo fallimento e allontanare il declino le hanno tentate tutte: la leva finanziaria, i titoli tossici, il signoraggio del dollaro, oltre, ovviamente, al vecchio trucco di stampare carta moneta. Niente, la "santa crescita", nonostante le continue invocazioni e i lauti sacrifici umani, non arriva. E non arriver mai pi, almeno per chi da questa parte del mondo. Doveva essere il secolo americano ed invece quello del suo declino che si trascina con s propaggini e imitazioni. Ci accade un po' perch portare via le materie prime del terzo mondo

sempre pi costoso (militarizzazione crescente, prebende a regimi fantoccio, esaurimento delle risorse naturali), un po' perch i paesi emergenti hanno imparato che "arricchirsi glorioso" e nemmeno cos difficile. In un contesto di economia neoliberista, fondata sulla competizione selvaggia tra aree geografiche vince semplicemente il pi forte: chi ha pi capacit produttiva, chi riesce pi a spremere i fattori e gli strumenti della produzione: a partire dal lavoro e dalle risorse naturali. Questa volta la Cina davvero vicina. Oppure si decide di uscire dal gioco per davvero. Si esce dall'economia del debito (cio da quella economia che pone gli interessi del capitale sopra a quelli del lavoro e della stessa vita delle persone e dell'ecosistema terrestre) con tutto quello che ne deriva. E' questo il vero recinto di pensiero da cui nemmeno la sinistra-sinistra riesce ad uscire. Le vecchie ricette keynesiane non hanno realmente pi margini di applicazione dentro una crisi strutturale di queste dimensioni e di questa qualit. Le politiche riformiste, anche quelle pi caute sono tagliate fuori sia sul versante del modello economico, sociale ed ecologico, sia su quello della distribuzione della ricchezza. E' ormai chiaro che le risposte possono venire solo uscendo dalle regole e dai dogmi del mercato. Dovremmo pensare ad un altro tipo di ricchezza, ad un altro tipo di benessere, ad un altro modo di lavorare, ad un altro modo di relazionarsi tra le persone che non sia quello che passa attraverso il portafogli. E sarebbe certamente una societ pi umana, pi in armonia con la natura, pi capace di futuro, pi desiderabile. Se provassimo a mettere la cura e la fruizione dei beni comuni (l'acqua, la terra, le foreste, il patrimonio naturale, ma anche quello culturale: la conoscenza, i saperi) al centro della nostra idea di societ, riusciremmo facilmente e con grande soddisfazione individuale e collettiva a fare a meno dell'ossessione dell'aumento del Pil. Anzi, essere costretti a pagare per possedere, invece che condividere per accedere ad una fruizione collettiva, sarebbe un indicatore negativo di benessere. Decrescere la dipendenza dal mercato l'unico modo per sottrarsi ai suoi diktat. Non c' modo di liberarsi dalla tirannia della produttivit misurata in budget se non ci si libera dal dispositivo dell'incremento del valore di scambio delle merci. Ed esattamente questo, non altro, quello che chiamano, in modo assolutamente bipartisan (da Napolitano a Berlusconi, dalla Camusso a Marchionne, dagli economisti marxisti a quelli liberisti): crescita. Il guaio non la vera e propria crisi del capitalismo (sono parole di The Observer), ma la mancanza di una alternativa di sistema. Cio, la mancanza di una soggettivit politica che abbia il coraggio civile e intellettuale di prospettare un sistema di valori etici e di regole sociali all'altezza della odierna crisi di civilt e capace di evitarci di pagare le conseguenze del collasso. Per esempio: non ci si libera dagli strozzini e dagli usurai se non si stabilisce che la finanza e la moneta devono tornare ad essere strumenti neutri, beni comuni pubblici, di servizio, che nessuno (n grande banchiere, n piccolo azionista) pu pensare di usare per arricchirsi. Non ci si evolve dal lavoro schiavo e precario se non si torna a stabilire che anche il lavoro un bene comune, non una merce, un modo di realizzare s stessi e, assieme, contemporaneamente, un modo per offrire agli altri cose utili, sane, durevoli. Non ci si libera dal peso delle crescenti spese militari e per la "sicurezza", se non si capisce che la pace e la sicurezza sono beni indivisibili, universali. Fastidiose utopie, dir qualcuno, indispensabili modi di essere per chi pensa che sia possibile praticare forme di economia non monetizzata, sociale e solidale. Ernst Friedrich Shumacher diceva che l'economia una scienza derivata, che deve cio accettare istruzioni. urgente che qualcuno impartisca nuove istruzioni.

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Salvare l'Euro? Ecco i prezzi da pagare.


di Marino Badiale e Fabrizio

Tringali.

Nell'articolo Come guidare il


default italiano (Il Manifesto, 5 ottobre, vedi http://www.megachip.info/tem atiche/kill-pil/6894-comeguidare-il-default-italiano.html) Guido Viale svolge considerazioni molto utili per comprendere lo stato attuale della crisi e le possibili vie di uscita. Spiega infatti che il default italiano un processo gi in corso, e che quindi il nostro Paese deve scegliere fra una gestione dello stato di insolvenza simile a quello della Grecia (cio pilotata dalle istituzioni internazionali, e finalizzato alla spoliazione del paese) e una gestione del default tale da difendere gli interessi del popolo italiano, finalizzata alla conversione ecologica della struttura produttiva del paese. Questa considerazione, cos come molte altre contenute nell'articolo, ci trova d'accordo. C' un unico punto di dissenso che vorremo discutere. Viale si chiede se il default dell'Italia porter inevitabilmente al crollo dell'Euro, e sostiene che la dissoluzione della moneta unica getterebbe l'Europa in un caos peggiore di quello causato dall'attuale crisi, perch i vantaggi determinati dalla svalutazione delle monete dei Paesi deboli potrebbero non essere sufficienti a rilanciarne la competitivit. Pensando all'Italia, per esempio, Viale scrive che non detto che il ritorno a una moneta nazionale comporti, per lo Stato in default, un recupero di competitivit con una svalutazione e il ritorno a una bilancia dei pagamenti in equilibrio. Se il tessuto produttivo non c', o inadeguato, la svalutazione non basta per togliere quote di mercato ai pi forti in campo tecnologico e amministrativo. Viale quindi riconosce che all'interno dellarea Euro vi sono squilibri di competitivit

che minano la tenuta della moneta unica, ma ritiene che il ritorno ad una moneta nazionale, e la successiva svalutazione, potrebbero non essere medicine sufficienti. La nostra critica sta nel fatto che anche dalle stesse considerazioni di Viale si evince che queste medicine sono comunque necessarie. Potrebbero forse non essere sufficienti per la guarigione, ma certamente, senza di esse, la malattia sarebbe ben peggiore. Dato che la nostra produzione meno competitiva di quella, per esempio, della Germania, cosa succede restando nell'euro? Accade che perdiamo quote di mercato, e questo produce disoccupazione, unita ad una forte spinta ad aumentare lo sfruttamento del lavoro per compensare i differenziali di competitivit. Ecco perch l'Europa ci impone i licenziamenti facili e le deroghe ai Contratti Nazionali di Lavoro. Se il nostro problema fosse abbassare il debito pubblico, queste richieste non avrebbero senso. Ma se l'obiettivo abbassare i differenziali di competitivit, l'estensione a tutto il mondo del lavoro del modello Marchionne diventa una necessit. L'Euro unisce paesi con industrie a diversi livelli di produttivit, questo un fatto. Per salvare la moneta unica, e contemporaneamente rigettare l'estensione del modello Marchionne occorrerebbero investimenti colossali per rinnovare l'intero sistema produttivo del Paese e portarne la produttivit e la competitivit fino a livelli tedeschi. E i denari per questi investimenti non ci sono, n ci sarebbero introducendo ingenti imposte patrimoniali o colpendo l'evasione. Esclusa questa strada non resterebbe che affidarsi alla possibilit che siano i Paesi forti a pagare gli effetti degli squilibri di competitivit, tramite strumenti come gli Eurobonds, magari uniti a una fiscalit generale vantaggiosa per i Paesi deboli. Ma questa non sarebbe che una falsa soluzione. Gi oggi lopinione pubblica tedesca

manifestamente contraria agli aiuti ai Paesi deboli. Ipotesi come queste incontrerebbero quindi una resistenza fortissima in tutti i settori sociali, come ha recentemente dimostrato il dibattito tedesco sul finanziamento del nuovo fondo salva-stati EFSF, accettato a larga maggioranza dal Bundestag solo dopo ampia rassicurazione che il fondo stesso non sar aumentato. Pertanto gli Eurobond, un sistema fiscale coordinato, o qualsiasi soluzione che comporti una perequazione delle ricchezze a livello europeo, potrebbero vedere la luce solo dopo aver recepito le richieste dei Paesi forti, e cio dopo aver implementato meccanismi di spoliazione della sovranit nazionale tali da garantire l'applicazione di tutte le misure favorevoli all'aumento di competitivit dei Paesi deboli. Si ritornerebbe a dover accettare la cancellazione dei diritti e delle tutele dei lavoratori, senza nemmeno aver pi un governo nazionale come controparte, perch le disposizioni verrebbero direttamente impartite da Bruxelles. Ecco dunque i motivi della nostra critica a Viale. Si pu coniugare la difesa del lavoro e la salvezza dell'Euro? La conversione ecologica della produzione che Viale giustamente chiede, produce un aumento della competitivit del sistema-Paese? Se la risposta a queste domande NO, salvare la moneta unica rende necessario accettare l'attacco ai diritti dei lavoratori e rinunciare alla conversione ecologica dell'economia. E impone a ciascuno di noi le scelte conseguenti.

Giulietto Chiesa: Difendiamo la Costituzione. Solidariet ad Antonio Ingroia


da Alternativa-politica.it.
dichiarazioni del procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia toccano una questione cruciale per la salvaguardia della democrazia nel nostro Paese, quella della difesa della Costituzione Repubblicana. Occorre ringraziarlo sia per quello che fa, sia per quello che ha detto. La nostra Costituzione , infatti, da anni oggetto di violenti e continui attacchi da parte di un sistema politico irresponsabile e corrotto che attenta quotidianamente allequilibrio fra i poteri esecutivo, legislativo, giudiziario. Lo ha dichiarato il giornalista Giulietto Chiesa, presidente e fondatore di Alternativa, commentando le dichiarazioni rilasciate dal magistrato al congresso del Pdci, al quale ha partecipato come ospite lo scorso 30 ottobre. In questa fase critica della storia italiana ha proseguito Chiesa vi un chiaro e pericoloso intento di sottomettere la magistratura alla volont di poteri, in sostanza illegali, a discapito del sacrosanto principio delluguaglianza dei cittadini di fronte alla legge e a tutto vantaggio di un sistema che si regge sullinganno, sulla violenza paludata di legalit, sulla menzogna. C evidentemente chi teme la verit che emerge da molte (anche se non da tutte) aule di Giustizia. Ha ragione Antonio Ingroia: fino a quando avremo verit negate avremo una democrazia incompiuta. Per questo ha concluso Chiesa esprimo nei suoi confronti la mia piena solidariet.

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Equipariamo la speculazione allomicidio - di Jacopo Fo.


Gente che guadagna un miliardo in unora E negli ospedali greci
mancano le medicine. Scommettere sul crollo conviene. A scuola non ti spiegano come funziona la finanza. Se lo facessero avremmo gi le barricate per strada. Se la gente sapesse come funziona il sistema comprenderebbe anche che naturalmente indirizzato a creare crolli economici, semplicemente perch quando si scatena il caos e la bancarotta gli speculatori guadagnano di pi. E una caratteristica fisiologica del sistema. E pi facile scatenare una crisi di panico che una crisi di ottimismo. Questo essenzialmente il motivo per il quale la finanza mondiale e nello sterco fino al collo. In questo momento lumanit sta permettendo che un esercito di persone senza scrupoli, guadagni cifre colossali di denaro distruggendo la vita di milioni di persone. O si regolamenta il sistema finanziario, si chiudono con laviazione i paradisi fiscali e si demolisce il segreto bancario, oppure col cavolo che si esce da questa crisi. Anche dopo il disastro finanziario del 1929 si arriv alla conclusione che erano necessarie regole. Poi i controlli negli anni 80 furono gettati al cesso. In questo momento da Madrid a Milano e a New York masse crescenti di persone stanno scendendo in piazza. Chiedono come sia possibile che milioni di persone si trovino rovinate mentre i dirigenti delle grandi banche che hanno causato il disastro e che sono state poi salvate con i soldi pubblici, si distribuiscano premi di miliardi di euro. Come possibile che banche che hanno prestato denaro a governi che non potevano pagare, pretendano oggi che i cittadini paghino i danni? Gli islandesi hanno fatto una pernacchia a questo meccanismo perverso e hanno detto alle banche che pretendevano decine di migliaia di euro da ogni islandese di attaccarsi al tram: Sapevate che lIslanda era sullorlo del fallimento e avete continuato a prestare denaro a un governo corrotto e incapace. Voi siete complici! Non colpa nostra se avete finanziato dei dementi. Se volete indietro i vostri soldi fate causa ai ministri, non venite a prendervela con noi Si tratta di rovesciare un paradigma. Non so se una battaglia che potremo vincere, ma se ci sar una grande reazione popolare dura e pacifica, abbiamo quanto meno la possibilit di temperare le pretese delle banche e di cambiare le regole del gioco trasformando in un reato grave la speculazione finanziaria selvaggia. Ma per capire perch questa battaglia cos importante necessario rendersi conto di dove sta il trucco perverso e intrinsecamente amorale e illegale. La borsa molto pi complicata da capire di una pistola, ma gli effetti possono essere gli stessi. Quel che sta distruggendo le economie di interi popoli la possibilit di scommettere sulle borse, che cosa ben diversa dallinvestire in borsa. Una volta io potevo solo comprare le azioni della Fiat e sperare che il loro valore aumentasse. Un meccanismo elementare che permetteva alle aziende di finanziare il proprio sviluppo Poi la questione si complic quando si iniziarono a vendere opzioni sui prodotti agricoli. I produttori di arance vendevano in anticipo prenotazioni sui raccolti, con le quali si fissava il costo di vendita a raccolto avvenuto. Magari avevano paura che ci fossero raccolti troppo abbondanti e che questo provocasse il crollo del prezzo delle arance. Emettevano quindi future garantendosi cos prezzi di vendita mediamente pi bassi ma sicuri.

Nacque poi un prodotto finanziario completamente diverso, che permette di giocare in borsa senza comprare azioni od opzioni, ma scommettendo solo sulla differenza tra il prezzo delle arance di oggi e quello delle arance tra 3 mesi. Mi gioco quindi non il valore di un quintale di arance ma i 10 euro di differenza ipotetica tra il prezzo di oggi e quello futuro. Infine posso anche rivendere quote di un debito. Siccome ho paura che la Grecia fallisca, ti rivendo delle quote di questo debito, proponendoti un interesse alto, visto che comprandole ti esponi al rischio che la Grecia non ripaghi il debito. E posso contemporaneamente scommettere che il valore delle azioni che ho emesso croller (del che son certo perch la polpetta avvelenata lho cucinata io). Tutto questo complicatissimo gioco di scommesse e coperture di scommesse poi diventato una specie di Golem con lavvento dei computer grazie ai quali posso comprare o vendere su tutte le piazze del mondo alla velocit della luce e mantenere lanonimato utilizzando societ domiciliate nei paradisi fiscali e scatenare il panico tra milioni di piccoli risparmiatori che se ne stanno in pantofole di fronte a un pc creando graziosi effetti valanga. Gi la situazione sarebbe pericolosa, ma va aggiunta la progressiva demolizione dei controlli sulla finanza, che stata perseguita dai governi di mezzo mondo (da Reagan in poi). Se non c pi nessuno che controlla che il denaro venga prestato a persone che possono restituirlo, posso guadagnare moltissimo stipulando mutui inaffidabili e poi rivendere il rischio che mi sono accollato a ignari risparmiatori. Vuoi che tutto questo finisca? Indignati!

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