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Il Consiglio europeo Il consiglio europeo non una istituzione comunitaria ed nato parallelamente allesterno della struttura istituzionale comunitaria

ia dalla prassi delle riunioni al vertice fra i capi di stato o di governo degli stati membri. Dal 1974 i capi di stato decisero di riunirsi come consiglio europeo assieme ai loro ministri degli affari esteri ed ai rappresentanti della Commissione (presidente ed uno dei vice) con cadenza periodica (3 lanno) e sotto la presidenza del capo di Stato o di governo che esercita la presidenza del consiglio delle comunit. Lart. 2 dellatto unico ha sancito formalmente lesistenza del Consiglio europeo e la cadenza delle riunioni. Il consiglio europeo ha un ruolo di impulso e di definizione degli orientamenti politici generali necessari allo sviluppo dellUnione europea; previsto che presenti al Parlamento europeo una relazione dopo ciascuna delle riunioni, nonch una relazione scritta annuale sui progressi compiuti dallUnione. un punto di riferimento nel processo decisionale della comunit e il protagonista della cooperazione politica fra gli Stati membri. Le Istituzioni comunitarie Il Consiglio composto dai rappresentanti di tutti gli stati membri scelti nellambito dei rispettivi governi, normalmente con il rango di ministri, in funzione della materia trattata. Il consiglio un organo di stati in quanto i membri che lo compongono rappresentano i rispettivi Stati membri e a questi ultimi rispondono; ed un organo a composizione variabile (agricoltura, industria, trasporti) con i ministri competenti, oltre al consiglio generale dove siedono i ministri degli affari esteri. La presidenza spetta a ciascuno stato membro per la durata di un semestre e ha una valenza politica che si manifesta sia nella convocazione delle riunioni sia pi in generale nellimpulso da attribuire ai diversi argomenti di discussione e di deliberazione. Il consiglio assistito da un segretariato generale che ne rappresenta il supporto funzionale ed amministrativo e alto rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune. Il COREPER responsabile della preparazione del lavoro del consiglio e della realizzazione dei compiti attribuiti dello stesso consiglio. un organismo autonomo cui attribuito il potere di adottare decisioni di procedura nei casi previsti dal regolamento interno. Collega la comunit con i paesi membri e coordina il lavoro delle tante commissioni tecniche che preparano lattivit normativa del consiglio e ne rappresenta al tempo stesso il filtro politico. Al consiglio stato attribuito il pi vasto potere normativo: 1. provvede al coordinamento delle politiche economiche generali degli stati membri, 2. dispone di un potere di decisione, 3. conferisce alla Commissione le competenze di esecuzione delle norme che stabilisce.

Il potere di decisione si manifesta principalmente attraverso ladozione di direttive e di regolamenti, i due principali atti comunitari espressione dellattivit normativa. Riguardo alla responsabilit dei rapporti esterni, il consiglio autorizza la commissione a negoziare accordi internazionali cos come il consiglio li conclude. Una parte delle deliberazioni del Consiglio sono prese a maggioranza dei membri che lo compongono, altre richiedono una maggioranza qualificata, calcolata con riferimento alla ponderazione dei voti per ciascuno Stato membro. Sono necessari 62 voti per le deliberazioni da adottare su proposta della Commissione; 62 voti di almeno 10 stati membri in tutti gli altri casi. Per alcune altre deliberazioni richiesta lunanimit sia pure nella circostanza che lastensione non ne impedisce ladozione. Lunanimit, relativamente alla procedura di formazione degli atti comunitari, prevista quando il consiglio voglia discostarsi dalla posizione formalmente espressa dalla Commissione o quando sulla posizione comune del Consiglio vi sia stato un voto negativo del Parlamento. Si tratta in ogni caso di ipotesi in cui il Consiglio chiamato a deliberare in via generale e con limiti scarsamente definiti come:

Le direttive di coordinamento delle norme nazionali sullaccesso e lesercizio delle professioni che comportino una modifica delle disposizioni vigenti in tema di formazione e di accesso. Le direttive di ravvicinamento delle normative nazionali che incidono sullinstaurazione e il funzionamento del mercato comune. Raccomandazioni in tema di cooperazione culturale. Disciplina dei fondi strutturali in vista della coesione economica e sociale. Nomina segretariato generale e vicesegretariatoetc.

Il consiglio attribuisce alla Commissione le competenze di esecuzione degli atti che esso adotta, salvo casi specifici in cui riserva a s stesso lesercizio di tali competenze; pu condizionare lesercizio al rispetto di determinate modalit. La Commissione un organo di individui nel senso che i suoi membri esercitano le loro funzioni in piena indipendenza nellinteresse generale della Comunit e non sollecitano n accettano istruzioni da alcun governo. I membri della commissione sono 20, il loro mandato rinnovabile ed di 5 anni allineandosi alla durata di una legislatura del Parlamento. Gli stati membri designano di comune accordo la persona che intendono nominare come Presidente. Poi gli stessi Stati membri procedono alla designazione delle persone che intendono nominare come commissari. La commissione nel suo insieme sottoposta ad un voto di approvazione del Parlamento. Il Presidente ha il compito di fissare gli orientamenti politici dellistituzione, ed affidato il coordinamento dellattivit della Commissione e la rappresentanza esterna, inoltre gode di un potere nellattribuzione delle competenze ai singoli commissari, competenze che potrebbe anche ridimensionare in corso di mandato. Ciascun commissario ha la responsabilit di un settore di attivit (mercato interno, relazione esterne, politica agricola, politica regionale) e pu adottare misure di gestione specifiche. La commissione ha un ruolo centrale nellassetto istituzionale in quanto partecipa in modo sostanziale al processo di formazione delle norme, ne controlla la puntuale esecuzione ed ha la rappresentanza della Comunit nei rapporti esterni; essa ha altres un autonomo potere di decisione in settori specificamente definiti dal Trattato e qualora il Consiglio lo preveda negli atti da esso adottati, un potere delegato.

La proposta della Commissione che pu anche essere sollecitata dal Consiglio o dal Parlamento il frutto di valutazione tecniche, economiche ed in parte anche politiche. Ed infatti un progetto di proposta che nasce allinterno della direzione generale competente, viene esaminato dal servizio giuridico e da commissioni di esperti, anche esterni alla struttura, normalmente inviati dalle amministrazioni competenti dei Paesi membri; vengono poi sentiti gli organismi di categoria e alloccorrenza le parti sociali; infine esso viene sottoposto allapprovazione collegiale. Il potere diniziativa legislativa condiviso in parte con altre istituzioni: in relazione al funzionamento dellunione economica e monetaria con la BCE, con il Parlamento sia pure nei suoi limiti, e codecisione di Consiglio e Parlamento. Alla commissione spetta lesecuzione del Trattato e degli atti derivati, sotto il duplice profilo del controllo sullosservanza del diritto comunitario e dellesecuzione in senso proprio: 1. il potere di controllo generale e si estrinseca soprattutto nella verifica dellosservanza degli obblighi comunitari da parte degli Stati membri. A tal fine stato predisposto un meccanismo generale di contestazione delle infrazioni che la commissione attiva nei confronti dello Stato membro inadempiente a mezzo di una messa in mora e quindi di un parere motivato. 2. sotto il profilo dellesecuzione, la Commissione ha un potere generale di adottare le misure necessarie per dare esecuzione agli atti del Consiglio. Lesercizio di tale potere pu essere limitato dal Consiglio attraverso lutilizzazione della procedura dei comitati consultivi, di gestione e di regolamentazione. I comitati sono formati da esperti degli Stati membri e da rappresentanti della Commissione, che contribuiscono a dare un elemento di continuit. La commissione nei casi stabiliti deve consultare il comitato prima di adottare delle misure; se il parere non favorevole, la commissione pu adottare misure urgenti, ma le deve trasmettere al Consiglio, che pu revocarle o modificarle entro 3 mesi. La Commissione ha inoltre il potere generale di raccogliere tutte le informazioni e di procedere a tutte le verifiche necessarie per lesecuzione di compiti affidatile. La Commissione ha un autonomo potere di decisione su: esenzioni individuali in materia di concorrenza, imprese pubbliche, aiuti di Stato, politica commerciale. Il Parlamento europeo composto dai rappresentanti dei popoli degli stati riuniti nella comunit ed esercita i poteri che gli sono attribuiti dal Trattato. Riassume le spinte verso una democratizzazione dei processi decisionali e nello stesso tempo verso la realizzazione di un livello pi marcato di integrazione, tendenzialmente sul modello di una struttura di tipo federale. Dal 1976 i membri vengono eletti direttamente dai cittadini europei, sono 626 ed previsto che non possano essere pi di 700, hanno un mandato di 5 anni e sono divisi in gruppi politici e non in gruppi nazionali, i membri dovrebbero rappresentare tutti i popoli della comunit collettivamente considerati. La sede della struttura amministrativa del Parlamento Lussemburgo, mentre le riunioni delle Commissioni si svolgono a Bruxelles e la sessione plenaria mensile si tiene a Strasburgo. Il Parlamento ha poteri di controllo, inoltre partecipa al processo di formazione delle norme e a quello di approvazione del bilancio. Relativamente al potere di controllo, non c mai stato un vero rapporto di fiducia; con il trattato di Maastricht si data pi partecipazione al Parlamento. Il Parlamento chiamato ad approvare la designazione del Presidente della commissione fatta dagli Stati membri di comune accordo e esprimere un voto di approvazione sul Presidente e gli altri commissari collettivamente considerati, che saranno formalmente nominati solo in un momento successivo dalla conferenza dei

rappresentanti dei governi degli Stati membri. La commissione tenuta a presentare annualmente al Parlamento una relazione generale sullattivit svolta nellanno precedente; a ci si aggiungono le interrogazioni del Parlamento alla Commissione (o Consiglio), cui questultima tenuta a rispondere oralmente o per iscritto. Il Parlamento ha la facolt di pronunciare una censura sulloperato della Commissione, da approvare con la maggioranza dei due terzi dei voti espressi e la maggioranza dei membri Il Parlamento partecipa alla funzione normativa, si tratta di una partecipazione pi o meno intensa al processo di formazione degli atti comunitari e di conclusione di accordi internazionali; si avuto un progresso nel corso degli anni con un consolidamento della presenza del Parlamento nel processo decisionale. Tale partecipazione si manifesta con modalit ed intensit diverse a seconda dei casi e del tipo di procedura prevista dal Trattato. Tra gli aspetti pi significativi della situazione attuale, oltre al potere di fissare il proprio statuto e le condizioni per lesercizio delle funzioni dei suoi membri, c che il parlamento gode ormai di un vero e proprio potere generale di pre - iniziativa legislativa. La Corte di giustizia listituzione cui stato attribuito il controllo giurisdizionale sulla legittimit degli atti e dei comportamenti delle istituzioni comunitarie rispetto ai trattati e sullinterpretazione del diritto comunitario. La Corte di giustizia composta da 15 giudici e 8 avvocati generali, ha sede a Lussemburgo ed organo di individui, nel senso che i suoi membri non rappresentano i rispettivi stati e non ne ricevono istruzione alcuna. Giudici e avvocati generali hanno lo stesso statuto e sono nominati di comune accordo dagli Stati membri per la durata di 6 anni, tra personalit che offrano tutte le garanzie dindipendenza e che riuniscano le condizioni per lesercizio delle pi alte funzioni giurisdizionali. Il Presidente della Corte viene eletto tra i giudici per 3 anni. Egli dirige lattivit della Corte nel suo insieme, sotto il profilo sia giurisdizionale che amministrativo. Presiede le udienze plenarie, designa il giudice relatore per ogni causa ed esercita tutte le competenze che il regolamento di procedura gli attribuisce, ha competenza in materia di provvedimenti cautelari o di emergenza o sospensione dellesecuzione di sentenze. Lavvocato generale ha il compito di presentare pubblicamente conclusioni scritte e motivate in tutte le cause trattate dinanzi alla Corte. Il ruolo di difensore del diritto e non la comunit o uno Stato membro. Non previsto alcunch circa la nazionalit dei giudici o degli avvocati, ma ogni paese indica un giudice; il giudice dispari che si rende necessario quando il numero degli stati membri pari proposto a turno da Francia, Germania, Italia, UK, Spagna. La Corte pu sedere sia nella sua composizione plenaria (plenum) talvolta ridotto al piccolo plenum (11 giudici) sia in sezioni di 5 o 3 giudici (dopo T. di Maastricht pi flessibile). La Corte di giustizia nomina per un periodo di 6 anni il Cancelliere che provvede allamministrazione ed alla gestione finanziaria della Corte sotto la responsabilit del Presidente (inoltre tiene il ruolo della cause, ricezione di tutti gli atti e documenti a queste relativi, notifiche previste dalle norme di procedura, assistenza nelle udienze etc.). Alla Corte di giustizia affidato il Tribunale di primo grado delle Comunit europee. Pur non essendo una delle istituzioni comunitarie menzionate allart. 7, il Tribunale divenuto parte integrante dellapparato giurisdizionale comunitario, senza che la sua stessa esistenza dipenda da un atto del Consiglio, il cui potere ora limitato alla definizione dellorganizzazione e delle competenze del nuovo organo. Composto da 15 giudici ha sede a Lussemburgo e diversamente dalla Corte, il Tribunale, nella trattazione delle cause che gli vengono sottoposte non viene sistematicamente assistito dallavvocato generale, il quale viene nominato scegliendolo tra i giudici, soltanto quando siede in plenaria o allorch lo esigono le difficolt in diritto ovvero la complessit in fatto della causa. La competenza del Tribunale riguarda il contenzioso del personale ed ai ricorsi individuali in materia di concorrenza e a tutti i ricorsi diretti proposti da soggetti diversi dagli Stati e dalle istituzioni comunitarie, siano essi persone fisiche o giuridiche. Restano esclusive della Corte le questioni pregiudiziali e i ricorsi diretti delle istituzioni e degli stati membri. Le sentenze possono

essere impugnate dinanzi alla Corte solo per motivi di diritto (spetta anche agli stati e alle istituz.). Dal 1999 il Tribunale pu decidere anche con giudice unico salvo opposizione di uno stato membro o di una istituzione comunitaria, ma la possibilit limitata alle cause di personale, ai ricorsi di annullamento o di responsabilit contratt. La Corte dei conti stata elevata al rango di istituzione dal Trattato di Maastricht. un organo di individui ed composta da 15 membri designati dai rispettivi governi tra personalit che abbiano maturato unesperienza nelle istituzioni nazionali di controllo ovvero che posseggano qualificazioni specifiche per tale funzione. I membri designati sono nominati dal Consiglio (per 6 anni) con deliberazione presa allunanimit, previa consultazione del Parlamento. La Corte dei conti oltre ad assistere lautorit di bilancio (Parlamento e Consiglio) nellesercizio della funzione di controllo sullesecuzione del bilancio, ha il compito di assicurare il controllo sulla gestione finanziaria della Comunit. A tal fine essa esamina tutte le entrate e le spese della Comunit e degli organismi da questa creati, tranne espressa esclusione. Il controllo si svolge tanto su documenti che con accesso presso le istituzioni comunitarie o negli Stati membri, in tal caso con la collaborazione degli organi di controllo o delle amministrazioni nazionali competenti. Laffidabilit dei conti e la legittimit e regolarit delle relative operazioni attestata in una dichiarazione presentata al Consiglio ed al Parlamento. Alla chiusura dellesercizio, la Corte dei conti presenta la relazione annuale con una dichiarazione di affidabilit dei conti e di regolarit delle operazioni, comunicata alle altre istituzioni e pubblicata sulla Gazzetta ufficiale insieme alle risposte delle istituzioni ai suoi rilievi. La Corte dei conti pu presentare relazioni speciali o dare pareri su richiesta di una delle istituzioni comunitarie. Altri organi: Il Comitato economico sociale CES, organo consultivo delle CE e dellEuratom, composto dai rappresentanti di diverse categorie della vita economica e sociale (222): imprenditori, agricoltori, professionisti, commercianti, nominati per 4 anni dal Consiglio. organo di individui e agiscono indipendentemente e nellinteresse generale della Comunit. Il Comitato consultivo della CECA ha la stessa funzione consultiva del CES ma nel processo decisionale il suo ruolo di maggior rilievo; composto dai rappresentanti delle organizzazioni di imprenditori e lavoratori (durata 2 anni). Il Comitato delle regioni, un organo consultivo della CE e al pari del CES un organo di individui e i membri (222) sono nominati dal Consiglio. Deve essere consultato nei casi previsti dal Trattato o quando il Consiglio, la Commissione o il Parlamento lo ritengano opportuno; pu anche formulare pareri di propria iniziativa, in particolare quando sia stato consultato il CES su problemi che investono interessi regionali specifici. La Banca europea per gli investimenti (BEI) inserita da sempre nello scenario istituzionale comunitario in senso lato, anche se non mai stata compresa tra le istituzioni comunitarie; la banca opera sui mercati finanziari come un istituto di credito, anche se non ha fini di lucro e si muove in ogni caso nellottica dello sviluppo equilibrato e senza scosse del mercato comune. La BCE ha un comitato esecutivo composto da un Presidente e 5 membri, nominati dai governi nazionali in sede di Consiglio Europeo, su raccomandazione del Consiglio e consultazione del Parlamento e del Consiglio direttivo della BCE; e un consiglio direttivo che comprende i membri del comitato ed i governatori delle banche centrali. La banca trasmette al Parlamento, al Consiglio ed alla Commissione un rapporto annuale, con una presentazione poi del Presidente al Parlamento che pu dar luogo ad un dibattito generale. Il mediatore europeo il difensore degli interessi dei cittadini nei confronti dellautorit la cui lesione non sarebbe traducibile in azioni giudiziarie; riceve denunce da qualsiasi cittadino dellUnione o di qualsiasi persona giuridica o fisica. Si fanno indagini utili e in caso di conclusione positiva ne investe lautorit interessata.

Il ruolo delle istituzioni, nel processo di formazione delle norme La funzione normativa esercitata nella sostanza dal Consiglio, inoltre lapporto del Parlamento e della Commissione si andato progressivamente accrescendo, sulla spinta dellidea che il progresso nellintegrazione non pu che andare di pari passo con una pi accentuata partecipazione dei cittadini alla formazione delle norme. Un insieme di atti normativi che investono la sfera giuridica degli stati e dei singoli non pu essere lasciato alla sola responsabilit dellorgano rappresentativo dei governi nazionali: pena non solo e non tanto la democraticit del processo deliberativo ma la funzionalit del sistema che ha bisogno di una consistente partecipazione dei cittadini al processo di formazione delle norme comunitarie. Si impone che il parlamento e la commissione, organo di mediazione degli interessi di categoria e filtro tecnico delle istanze politiche, assumano responsabilit forti quanto alle scelte normative. Consultazione: ladozione di un atto del Consiglio preceduta dalla consultazione del Parlamento, che non vincolante ma obbligatoria. La consultazione del Parlamento assume il carattere di elemento sostanziale della validit dellatto, che dunque sar viziato da nullit quando se ne riscontri lomissione. La consultazione rappresenta uno strumento di effettiva partecipazione del Parlamento al processo legislativo della comunit, elemento essenziale dellequilibrio istituzionale ed espressione di un fondamentale principio della democrazia, secondo cui i popoli partecipano allesercizio del potere per il tramite di unassemblea rappresentativa. Il parlamento deve esprimere effettivamente la propria posizione, non essendo sufficiente una semplice richiesta di parere da parte del Consiglio. La procedura di consultazione rispettata solo nel caso in cui il testo definitivo di un atto, quale approvato dal Consiglio sia sostanzialmente identico a quello contenuto nella proposta su cui il Parlamento aveva espresso il proprio parere. Concertazione: Parlamento, Consiglio e Commissione hanno prefigurato una procedura di concertazione tra Parlamento e Consiglio, con la partecipazione attiva della Commissione relativamente agli atti di portata generale. Ciascuna delle 3 istituzioni pu chiedere lapertura della procedura in presenza delle 3 condizioni ricordate. La concertazione che si apre con una posizione comune espressa dal Consiglio, si realizza con una commissione di concertazione tra il Consiglio ed una delegazione del Parlamento di numero pari ai membri del Consiglio, con la partecipazione della Commissione. La Procedura ha lo scopo di ricercare un accordo tra Parlamento e Consiglio, quando le posizioni sono sufficientemente vicine, il Parlamento pu formulare un nuovo parere, quindi il Consiglio delibera in modo definitivo. Cooperazione: una procedura che accentua il dialogo tra le istituzioni chiamate ad intervenire nel processo di formazione degli atti. Quando il Consiglio deve adottare un atto su proposta della Commissione e previo parere del Parlamento, esso esprime una posizione comune a maggioranza qualificata, quindi la comunica al Parlamento che ha 3 mesi di tempo per approvarla: in tal caso il Consiglio adotta definitivamente latto conforme alla posizione comune. possibile che il Parlamento respinga la posizione comune del Consiglio e proponga degli emendamenti: 1. il consiglio delibera in seconda lettura, ma solo allunanimit, o 2. la commissione riesamina la proposta sulla scorta degli emendamenti proposti dal Parlamento e le trasmette al Consiglio unitamente al suo parere sugli emendamenti. Il Commissione ha 3 mesi per adottare a maggioranza qualificata la proposta riesaminata della

Commissione. Decorsi 3 mesi la proposta si considera non adottata. Cos si consolida la partecipazione del Parlamento al processo di formazione di atti di non poco rilievo. Il Consiglio costretto alla doppia lettura e a decidere allunanimit se il Parlamento respinge per intero la proposta. Codecisione: quando il Parlamento a maggioranza assoluta dei suoi membri, dichiara di voler respingere la posizione comune o propone emendamenti, il Consiglio pu precisare la posizione ma se il Parlamento conferma il rigetto latto si considera non adottato. Se sono proposti emendamenti, il Consiglio entro 3 mesi pu accoglierli tutti e procedere alladozione dellatto a maggioranza qualificata e modificare cos la posizione comune. Se il Consiglio non approva latto in questione, perch il parlamento respinge la posizione comune o perch in Consiglio non si raggiunge laccordo sugli emendamenti proposti, viene attivato il comitato di conciliazione composto da un numero pari di membri delle due istituzioni e con la partecipazione ai lavori anche della Commissione, che ha il compito di favorire il ravvicinamento delle posizioni a confronto, il Comitato di conciliazione viene convocato dal Presidente del Consiglio, dintesa con il Presidente del Parlamento:

se il comitato di conciliazione riesce in 6 settimane a definire un progetto comune, questo pu essere approvato definitivamente nelle 6 settimane successive, dal Parlamento a maggioranza assoluta e dal Consiglio a maggioranza qualificata. Se entro il termine non stato approvato un progetto comune, latto proposto si considera non adottato

Parere conforme del Parlamento: il Parlamento in alcune ipotesi chiamato a dare il proprio parere conforme sulla definizione dei compiti e degli obiettivi dei fondi strutturali nonch quello della procedura uniforme di elezione del Parlamento Nellapprovazione del Bilancio: Con la decisione del 21 Aprile 1970, si arriv ad un sistema fondato su tre risorse finanziarie: 1. la tariffa doganale comune, applicata agli scambi con i Paesi terzi. 2. i prelievi agricoli, applicati sugli scambi con i Paesi terzi, nonch gli oneri fissati da altri meccanismi della politica agricola comunitaria; 3. lapplicazione di unaliquota sullimponibile IVA pari ad una percentuale del PNL degli stati membri determinata secondo regole comunitarie 4. la quarta risorsa consiste in unaliquota percentuale rispetto al prodotto interno lordo dei singoli Stati membri, da determinarsi in funzione del bilancio e dunque anno per anno. Il sistema di finanziamento comunitario fondato su un meccanismo intergovernativo. Gli stati membri destinano le risorse in parola a beneficio del bilancio comunitario, talvolta verificando se il ritorno sia pi o meno giusto, se cio luscita netta di risorse finanziarie dalle casse statali corrisponda ai benefici comunitari che si ricevono.

Il Parlamento europeo riceve dalla Commissione un progetto preliminare e poi il progetto definitivo del Consiglio per la prima lettura. Lintera procedura di approvazione del bilancio condizionata dalla distinzione tra spese obbligatorie e spese non obbligatorie (272, n. 4). Il Parlamento pu entro 45 giorni proporre emendamenti con la maggioranza dei membri, alle spese non obbligatorie e pu proporre modificazioni, con la maggioranza assoluta dei voti, alle spese obbligatorie, cio risultanti dal Trattato o da atti derivati, entro 45 giorni. Se vi sono proposte di emendamenti e/o modificazioni, il progetto ritorna al Consiglio, che deve pronunciarsi entro 15 giorni. Linerzia ha effetti diversi: per le modifiche alle spese obbligatorie che incrementino la spesa, il silenzio equivale al rigetto espresso; per il resto, il rigetto devessere espresso e dunque il silenzio equivale ad accettazione. Se il Consiglio modifica gli emendamenti il progetto viene trasmesso nuovamente al Parlamento che entro 15 giorni pu pronunciarsi sulle modificazioni del Consiglio alle proposte di emendamenti con la maggioranza dei membri e i 3/5 dei voti, in mancanza il bilancio si considera definitivamente adottato. Il bilancio torna al Parlamento solo per le spese non obbligatorie, in quanto per le spese obbligatorie il Parlamento solo informato delle decisioni del Consiglio in ordine alle modifiche da esso proposte. Lultima parola spetta al Parlamento solo per le spese non obbligatorie (ambiente, ricerca), al cui tasso di incremento annuo attribuito un limite massimo dalla commissione. Quando la procedura stata espletata, il Presidente del Parlamento constata che il bilancio definitivamente adottato. Lesecuzione del bilancio curata dalla Commissione. Stipulazione di accordi internazionali La comunit ha la capacit di stipulare accordi internazionali, con Stati terzi e con altre organizzazioni internazionali. Il Trattato attribuisce espressamente alla Comunit il potere di stipulare accordi tariffari e commerciali, nel contesto delle competenze relative alla politica commerciale comune; nonch accordi di associazione con uno o pi Stati terzi o con organizzazioni internazionali. Lart.281 comporta la possibilit di intrattenere rapporti contrattuali con i Paesi Terzi nellinsieme dei settori disciplinati dal Trattato. La competenza della Comunit esclusiva in tema di politica commerciale comune, anche quando non fosse stata precedentemente esercitata. Le modalit di esercizio della competenza della Comunit a stipulare accordi internazionali sono disciplinate dallart. 300 del T. che in particolare attribuisce al Consiglio la fase della conclusione. Le Norme Norme primarie del sistema giuridico comunitario sono le norme convenzionali, contenute nei trattati istitutivi delle 3 comunit europee ed in quegli accordi internazionali che successivamente sono stati stipulati per modificare ed integrare i primi. Sullo stesso piano vanno considerati gli atti posti in essere dal Consiglio ma oggetto di procedure costituzionali di adattamento nei singoli stati membri. Queste norme vengono riferite alla nozione di Costituzione della Comunit. Queste norme regolano in via primaria la vita di relazione allinterno della Comunit. Le stesse norme attribuiscono a loro volta forza e portata normativa agli atti delle istituzioni comunitarie, che per ci stesso, ponendosi al secondo livello del sistema, formano il diritto comunitario derivato. Per avere un quadro preciso dellattuale situazione normativa di base del sistema giuridico

comunitario occorre fare riferimento ai trattati istitutivi cos come modificati a Maastricht e ad Amsterdam. Infatti oltre alle norme che configurano la dimensione intergovernativa esterna alle comunit il T. di M. contiene le pi ampie modificazioni e integrazioni dei Trattati CE, CECA ed Euratom. Il Trattato di Amsterdam ha apportato qualche ulteriore modifica sia al T. CE che al T. sullUnione Europea e soprattutto ha introdotto una nuova numerazione degli articoli delluno e dellaltro. I trattati istitutivi delle Comunit rimangono distinti e separati nel rispetto del criterio dellautonomia sancito espressamente dallart. 305 del T. CE; di conseguenza restano distinte le 3 comunit nonostante la fusione delle istituz. In sede di interpretazione esiste un criterio di coerenza sistematica nella lettura dei tre trattati e soprattutto la comune ispirazione. La natura giuridica dei trattati istitutivi quella di accordi internazionali nel senso pieno e proprio di tale espressione, ci vuol dire che i criteri di interpretazione e il regime giuridico generale dei trattati comunitari sono anzitutto quelli propri di normali accordi internazionali. I trattati comunitari hanno ulteriori caratteristiche e specifiche. In primo luogo si tratta della specificit propria di tutti i trattati istitutivi di organizzazioni internazionali che contengono una serie di obblighi e diritti per gli Stati contraenti e la definizione di un complesso istituzionale destinato ad esercitare le competenze attribuite allente. In secondo luogo le comunit sono sottoposte al principio delle competenze di attribuzione, lampiezza e lincisivit delle prefigurate competenze, cos come le modalit e i mezzi attribuiti per il loro esercizio, vanno senza dubbio al di l del modello tradizionale di organizzazione internazionale. Invero i trattati comunitari contenevano un chiaro potenziale di sviluppo verso un complesso integrato di stati capaci di realizzare unitariamente gli scopi ambiziosi da essi definiti, in particolare un mercato comune e uno sviluppo armonioso delle economie fondato sulla comune ispirazione liberista. Il trattato stato concepito come strumento dellintegrazione europea quindi pi di coordinare politiche e armonizzare legislazioni. In terzo luogo il risultato un impatto immediato delle norme convenzionali e di quelle che da queste ultime ricevono forza sulla situazione giuridica soggettiva. La competenza normativa comunitaria ha dimensioni pi che ragguardevoli investendo settori sempre pi ampi della vita di relazione; si aggiunge e si sostituisce alle corrispondenti competenze degli organi legislativi e amministrativi nazionali e investe in modo diffuso e permanente la posizione giuridica dei singoli. N pu trascurarsi limportanza della previsione di un meccanismo di controllo giurisdizionale, imperniato sulla Corte di giustizia e sulla cooperazione tra questa ed i giudici nazionali. Esso riguarda non solo la legittimit dellesercizio delle competenze attribuite alle istituzioni comunitarie, dunque degli atti comunitari, ma anche larmonia del sistema giuridico complessivo, composto da norme internazionali, comunitarie e nazionali. La sfera di applicazione territoriale del diritto comunitario coincide con quella dellinsieme dei diritti nazionali; le competenze della Comunit possono essere esercitate fino a dove si estende la giurisdizione degli Stati membri e dunque nei limiti sanciti dalle rispettive disposizioni costituzionali; per alcuni territori sono previsti regimi particolari. La revisione dei trattati La procedura di revisione si applica non solo per la revisione dei trattati istitutivi delle tre comunit

(1 pilastro), ma anche per le disposizioni sulla politica estera e di sicurezza comune (2 pilastro) e per quelle relative alla cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni (3 pilastro). La procedura di revisione pu essere attivata sia dalla Commissione che da uno Stato membro, abilitati a sottoporre al Consiglio progetti intesi a modificare i trattati su cui si fonda lUnione. Consultati P., BCE e C. il Presidente del Consiglio, qualora questultimo sia favorevole, convoca una conferenza dei rappresentanti dei governi degli Stati membri, al fine di stabilire di comune accordo le modifiche da apportare ai trattati in questione. Le modifiche devono essere ratificate da tutti gli Stati membri conformemente alle loro norme costituzionali. Lart. 48 prevede la convocazione di una conferenza intergovernativa per il 1996, chiamata ad esaminare le disposizioni del Trattato per le quali espressamente prevista una revisione. La piccola revisione prevista solo per piccoli aggiustamenti e non impone la procedura nazionale di ratifica; la procedura di revisione dei trattati comunitari arricchita da una dialettica complessa cui partecipano sul piano delliniziativa le istituzioni comunitarie; inoltre conferma sul piano formale la normale valenza internazionale dei trattati e del diritto comunitario primario. Principio delle competenze di attribuzione e principio di sussidiariet La comunit agisce solo nei limiti delle competenze che le sono espressamente conferite dai trattati, le cui diverse norme materiali specificano la portata, le condizioni e le modalit di esercizio delle diverse competenze comunitarie. Ci significa che anche nelle comunit opera il principio delle competenze di attribuzione che si rileva in via generale gi nellart. 3, in base al quale lazione della comunit deve svolgersi alle condizioni e secondo il ritmo previsto dal presente trattato. Sono le stesse norme materiali ad indicare se nel settore da esse disciplinato la Comunit gode di una competenza esclusiva, tale da precludere un intervento autonomo agli Stati membri; o di una competenza concorrente che si affianca a quella degli stessi stati. Nel quadro delle competenze originariamente previste, le istituzioni comunitarie sono competenti ad agire in via esclusiva relativamente alle politiche comuni, lagricoltura, i trasporti, i rapporti commerciali con i Paesi terzi; anche per quanto attiene alla realizzazione del mercato interno, rappresentato dalle 4 libert fondamentali (libert di circolazione delle merci, servizi, persone e capitali) settore che conserva agli stati membri un ruolo importante. Per i settori di competenza concorrente, rispetto ai quali lazione comunitaria complementare a quella degli Stati membri, sempre in relazione alle competenze disegnate nei trattati istitutivi, basti pensare alla previsione generale o alla politica economica e monetaria ed alla politica sociale. Lo schema di competenze materiali ha subito una evoluzione grazie allinterpretazione evolutiva della Corte di giustizia, che ha ampliato lambito effettivo delle competenze gi previste, nonch al ricorso allart. 308 norma che attribuisce al Consiglio il potere di adottare allunanimit, su proposta della Commissione e consultazione del Parlamento, le disposizioni del caso quando unazione comunitaria si renda necessaria per raggiungere uno degli scopi della comunit. Si comincia a realizzare il disegno di unimputazione globale di competenze, esclusive o concorrenti, alla comunit. Lart. 5, inserito dal T. di M., dopo aver precisato che la Comunit agisce nei limiti delle competenze che le sono conferite e degli obiettivi che le sono assegnati dal presente trattato, enuncia nei 2 successivi paragrafi una nuova linea di demarcazione delle competenze fondata sul principio di sussidiariet. Nella conduzione della propria azione, le istituzioni comunitarie sono tenute ad agire solo allorch

il loro intervento si riveli indispensabile; lasciando alle istanze nazionali ladozione di discipline che non pregiudicano il processo di integrazione e rispondono meglio alle necessit ed alle attese dei cittadini. Lart 5. riconosce lattribuzione alla Comunit di competenze sia esclusive che concorrenti. Questa distinzione rilevante in riferimento allapplicazione del principio di sussidiariet e allapprezzamento dei suoi due presupposti, la necessit e la proporzionalit dellazione comunitaria. La necessit dellazione comunitaria presunta quando si tratti di competenze esclusive. La C. non tenuta a dimostrare che ladozione di un determinato atto si configuri come indispensabile per la realizzazione degli obiettivi perseguiti. Inoltre le istituzioni dispongono della pienezza dei loro mezzi di intervento. Ove si tratti di competenze concorrenti, la C. alla luce dellart. 5 deve valutare la necessit della sua azione. A tal fine occorrer tener conto della dimensione e degli effetti dellintervento da intraprendere e solo quando lazione comunitaria si profili come la pi efficace la Comunit potr operare in luogo degli Stati membri. Il principio di sussidiariet espressione di un altro criterio che ha caratterizzato lazione delle istituzioni comunitarie. Ci si riferisce al criterio di proporzionalit che impone di graduare i mezzi prescelti rispetto alle caratteristiche dellobiettivo di volta in volta perseguito. Listituzione agente dovr determinare il tipo di atto che va concretamente posto in essere. Si dovr scegliere fra un intervento di tipo legislativo-regolamentare ed altre azioni. Il criterio di proporzionalit richiede che lautorit comunitaria verifichi con atti vincolanti o meglio non vincolanti. Inoltre il criterio di proporzionalit impone di riportare lo strumento della direttiva alla sua funzione originaria di atto che si limita a definire un numero limitato di obiettivi comuni lasciando poi agli stati membri il compito di raggiungerli individuando i mezzi appropriati. I principi del diritto comunitario Lart. 38 dello Statuto della Corte internazionale di Giustizia prevede lapplicazione di principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili per la soluzione delle controversie sottoposte allapprezzamento di quella Corte. Nella prassi comunitaria la rilevanza e lapplicazione di principi non di poco rilievo. Si tratta normalmente di parametri di legittimit, dunque di norme idonee a creare diritti ed obblighi. Sono principi propri del diritto comunitario, a tutti gli effetti e a titolo originario, che non sono affatto presi soltanto a prestito di volta in volta da altri sistemi giuridici; lunica differenza possibile tra principi che trovano espressa sanzione nei trattati e principi che sono rilevazione da parte del giudice. I principi che attengono al rispetto di diritti fondamentali della persona. Il T. CEE nulla prevedeva quanto al rispetto dei diritti fondamentali, ma la Corte riconobbe che i diritti fondamentali, quali risultano dalle costituzioni comuni, fanno parte dei principi giuridici generali di cui essa garantisce losservanza. Quindi la Corte verifica di volta in volta il rispetto dei diritti fondamentali, beninteso nelle situazioni in cui rileva una disciplina comunitaria e non la sola disciplina interna; controlla ogni norma tranne le norme nazionali che non hanno legami con il diritto comunitario. Il riconoscimento dei diritti fondamentali a livello comunitario si affermato proprio grazie alla Corte

di Giustizia, coinvolgendo solo dopo le altre istituzioni comunitarie. Lart. 6 del T. UE sancisce che lUE rispetta i diritti fondamentali quali sono garantiti dalla convenzione europea dei diritti delluomo e delle libert fondamentali. Negli artt. 6 e 13 della Convenzione europea dei diritti delluomo si parla del diritto alla tutela giurisdizionale piena ed effettiva: lobbligo di motivazione e di trasparenza degli atti cui sono tenute le amministrazioni nazionali e le istituzioni comunitarie; o al diritto del singolo a che la tutela di un diritto attribuito da norme comunitarie sia immediata. La giurisprudenza ha sviluppato il principio delleffettivit della tutela giurisdizionale soprattutto in vista dellesigenza di uniformit del livello di tutela. Ne derivato il criterio secondo cui la tutela dei diritti attribuiti da norme comunitarie deve essere almeno pari a quella prevista per i diritti conferiti da norme nazionali. Il principio di eguaglianza trova nel Trattato riconoscimento espresso e generale nella forma di un divieto di discriminazione fondato sulla nazionalit, con applicazioni specifiche relativamente alla libert di circolazione delle merci e dei servizi e alla libert di stabilimento. Nel Trattato istitutivo il principio di eguaglianza trova espresso riconoscimento solo al fine di rendere operative le libert previste, dunque in funzione degli obiettivi di integrazione e non come principio e/o diritto fondamentale. questa impostazione stata corretta con laffermazione secondo cui il principio generale di uguaglianza, di cui il divieto di discriminazione a motivo della cittadinanza solo un espressione specifica. uno dei principi fondamentali del diritto comunitario. il divieto di discriminazioni stato interpretato dalla Corte nel senso che impone di non trattare in modo identico situazioni diverse. Una disparit di trattamento inoltre arbitraria nellipotesi in cui il diverso o eguale trattamento oggetto della controversia non sia giustificabile in base a criteri oggettivi. Principio della certezza del diritto: riguarda la trasparenza dellattivit dellamministrazione, nel senso che la normativa comunitaria deve essere chiara e la sua applicazione prevedibile per coloro che vi sono sottoposti. al principio della certezza del diritto si fatto riferimento in tema di termine ragionevole dato alla Commissione per pronunciarsi sulla compatibilit di aiuti statali notificati etc... Un aspetto ulteriore e di rilievo del principio della certezza del diritto il principio del legittimo affidamento. I due principi sono stati applicati contestualmente, luno per definire la regola e laltro per limitarne leccezione. Il principio del legittimo affidamento viene in rilievo nellipotesi di modificazione improvvisa di una disciplina, la cui violazione pu costituire motivo di invalidit della nuova disciplina; quando lamministrazione ha fatto nascere nellinteressato, con il suo comportamento o addirittura con le sue informazioni, una aspettativa ragionalmente fondata. Il principio di proporzionalit compreso tra i principi generali del diritto comunitario. Questo principio consente di verificare la legittimit di un atto che imponga un obbligo o una sanzione in base alla sua idoneit o necessit rispetto agli obiettivi da raggiungere. Il giudice verifica se i mezzi prefigurati per raggiungere lo scopo della norma siano idonei e non eccedano quanto necessario per raggiungerlo. Il principio richiede che la sanzione in caso di violazione di un obbligo comunitario non sia pi grave di quanto necessario; o che in caso di alternativa tra misure diverse nei confronti degli operatori sia adottata quella che impone oneri minori o quella meno restrittiva. Un principio spesso utilizzato come chiave di lettura delle norme comunitarie quello delleffetto

utile che impone unapplicazione o anche una interpretazione delle stesse che sia funzionale al raggiungimento delle loro finalit. Il principio della leale cooperazione identificato o collegato con lart. 10 del T., dunque con lobbligo generale degli Stati membri di assicurare lesecuzione degli obblighi sanciti dal diritto comunitario, facilitare lassolvimento dei compiti della Comunit e astenersi dal porre in essere misure che possano compromettere la realizzazione degli scopi del Trattato. Il principio ha una diversa portata di significati: 1. in quanto dovere di leale cooperazione degli organi nazionali nei confronti delle istituzioni comunitarie, il principio venuto anzitutto in rilievo come obbligo di facilitare le istituzioni comunitarie nellassolvimento dei loro compiti. E il caso delle obbligazioni connesse alla trasposizione delle direttive, informazioni che gli Stati devono dare alla C.; delladozione di misure nazionali per la corretta attuazione di norme comunitarie e della portata effettiva delle sanzioni predisposte dagli Stati membri per la violazione di norme comunitarie. Il dovere di cooperazione delle autorit nazionali un dovere di contribuire alla realizzazione degli obiettivi del Trattato persino in carenza del legislatore comunitario. lipotesi comprendere 2 figure diverse: la prima quella in cui lo Stato membro pur in assenza di misure comunitarie di armonizzazione in grado di assicurare al soggetto lesercizio di una libert fondamentale prevista dal Trattato; la seconda quella dellobbligo affermato in capo agli Stati membri di adottare misure temporanee fino alladozione di misure comunitarie in materia di organizzazione dei mercati, cio in un settore dove la competenza comunitaria esclusiva. Il dovere di cooperazione degli Stati membri verso la comunit venuto in rilievo al fine di garantire la portata e leffettivit del sistema giuridico comunitario e con questo la piena efficacia dei diritti attribuiti ai singoli da norme comunitarie. 2. il principio di cui allart. 10 del Trattato sancisce anche un dovere di leale cooperazione reciproca, sia per la soluzione di problemi specifici, sia pi in generale come connotazione dei rapporti tra istituzioni e Stati membri. E stato dunque utilizzato in primo luogo per affermare un obbligo di collaborazione tra Stati membri in funzione di un pi corretta applicazione del diritto comunitario; in secondo luogo il principio stato invocato anche in relazione ai rapporti tra le istituzioni comunitarie per valutare la legittimit della loro azione. 3. E stato affermato lobbligo di cooperazione delle istituzioni comunitarie nei confronti degli Stati membri, in quanto il dovere di leale cooperazione sancito dal trattato non a senso unico. Il diritto comunitario derivato La parte comunitaria del sistema normativo comprende un insieme di atti giuridici adottati dalle istituzioni comunitarie, nei limiti delle competenze e con gli effetti che il Trattato sancisce. Si tratta di atti che vengono posti in essere attraverso procedimenti deliberativi che si svolgono e si esauriscono in modo del tutto indipendente da quelli nazionali. Sono atti destinati ad incidere in modo rilevante sugli ordinamenti giuridici interni e sulle posizioni giuridiche dei singoli, talvolta senza che occorra un intervento formale del legislatore e/o dellamministrazione nazionale, altre volte imponendo alluno e/o allaltra unattivit normativa allo scopo di riversare sui singoli gli impegni sottoscritti a livello comunitario o di precisare o integrare obbligazioni solo delineate dallatto comunitario ma lasciate alla discrezionalit degli Stati membri quanto alla determinazione definitiva del suo contenuto. Questo linsieme degli atti definito come diritto comunitario

derivato, (comunitario quindi estranea ai procedimenti nazionali, la forza derivata dai trattati istitutivi, in applicazione dei quali gli atti comunitari vengono adottati). Ed il caso di precisare che gli atti in questione non possono avere leffetto di restringere o modificare la portata di una norma del Trattato o della giurisprudenza relativa a quella stessa norma. Lart. 249 sancisce la tipologia degli atti a mezzo dei quali le istituzioni comunitarie esercitano le competenze loro attribuite: regolamenti, decisioni e direttive, raccomandazioni e pareri. Questi atti sono posti in essere dal Consiglio e dalla Commissione, o dal P. europeo congiuntamente con il Consiglio, secondo la procedure di codecisione (art. 251). Gli atti vincolanti: Regolamenti, decisioni, direttive Tra gli atti vincolanti emerge il regolamento che nel sistema giuridico comunitario rappresenta lequivalente della legge negli ordinamenti statali. Al pari della legge il regolamento ha portata generale, nel senso che si rivolge a soggetti non determinati e limitati, ma considerati astrattamente, ed investe situazioni oggettive. Il regolamento applicabile a categorie di destinatari determinate astrattamente e nel loro insieme. La portata generale del regolamento sottoposta alla verifica della Corte di giustizia sotto il profilo della sua impugnabilit da parte dei singoli, visto che possono impugnare solo quegli atti che li riguardino direttamente e individualmente, cio gli atti che non abbiano portata generale. Il regolamento obbligatorio in tutti i suoi elementi, ci vuol dire che i destinatari del regolamento sono tenuti a dare applicazione completa ed integrale alle norme regolamentari, con conseguente illegittimit di una sua applicazione parziale da parte di uno Stato. La generale obbligatoriet del regolamento non comporta che le norme disegnino sempre una disciplina completa e autosufficiente, anzi il regolamento delega unaltra istituzione o uno Stato a integrare uno o pi precetti generali con precise modalit di applicazione. Il regolamento direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri; deve essere pubblicato sulla Gazzetta ufficiale delle Comunit europee. Il regolamento entra in vigore alla data che esso stesso prevede o dopo venti giorni la pubblicazione. La decisione atto obbligatorio in tutti i suoi elementi ma si differenzia dal regolamento per avere destinatari specificamente designati ed essere priva di quella portata generale e astratta che tipica degli atti legislativi. La decisione corrisponde allatto amministrativo dei sistemi giuridici nazionali in quanto rappresenta lo strumento utilizzato dalle istituzioni quando sono chiamate ad applicare il diritto comunitario a singole fattispecie. La portata individuale dellatto non pone problema quanto alla sua impugnabilit da parte dei singoli destinatari. La decisione pu essere adottata dal Consiglio o dalla Commissione, ed a tutti gli effetti un titolo esecutivo da far valere negli Stati membri attraverso le procedure nazionali rispettivamente utilizzabili. La decisione deve essere notificata ai destinatari e solo da tale momento produce i suoi effetti ed ad essi opponibile, non richiesta la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale. La direttiva vincola lo Stato membro cui rivolta per quanto riguarda il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi. Anche la direttiva non ha portata generale ma vincola solo lo Stato che ne destinatario e produce effetti obbligatori. Lelemento qualificante della direttiva costituito dalla natura dellobbligo imposto agli

Stati che in via di principio un obbligo; lobbligo dello Stato di adottare tutte le misure necessarie per realizzare il risultato voluta dalla direttiva; un obbligo cogente e investe tutti gli organi dello Stato, compresi gli organi giurisdizionali. La direttiva si limita a fissare un risultato da raggiungere, ponendosi soprattutto laccento sulla discrezionalit lasciata agli Stati quanto al modo e agli strumenti per raggiungerlo. In pendenza del termine per lattuazione della direttiva, lobbligo dello Stato di realizzarne il risultato non sanzionabile divenendo censurabile linadempimento solo alla scadenza. La Corte ha chiarito che sugli stati grava un obbligo di standstill che il tradizionale obbligo di buona fede, nel senso che devono astenersi dalladottare disposizioni che possano compromettere gravemente il risultato prescritto dalla direttiva; pertanto neppure la discrezionalit quanto alla forma o ai mezzi assoluta. Mentre ormai chiaro che lattuazione di una direttiva non richiede necessariamente una riproduzione testuale delle sue disposizioni in una norma ad hoc, altrettanto incontestabile la necessit che comunque le misure di attuazione realizzino quanto prescritto dalla direttiva con efficacia cogente, indicandolo anche in modo specifico, affinch i destinatari dei diritti attribuiti dalla direttiva siano in grado di conoscerne la piena portata e di farli valere dinanzi ai giudici nazionali. Le direttive dettagliate non lasciano spazio ad alternative quanto ai modi ed ai tempi per realizzare il risultato da esse prescritto; la loro rilevanza di manifesta nellimpatto con gli ordinamenti nazionali e la sfera giuridica dei singoli, in quanto assumono la stessa portata e la stessa efficacia dei regolamenti. In dottrina stata ipotizzata la illegittimit della direttiva dettagliata a ragione della sua natura regolamentare. Della direttiva il legislatore comunitario si avvalso come strumento di armonizzazione delle legislazioni nazionali, l dove il Trattato lo imponeva o quale frutto di una scelta delle istituzioni a vantaggio di un atto meno unificante rispetto al regolamento e pi rispettoso delle peculiarit delle singole esperienze giuridiche nazionali. La pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale delle Comunit europee delle direttive adottate secondo la procedura di codecisione e di quelle indirizzate a tutti gli stati membri, a conferma del loro pi marcato carattere normativo. Gli atti non vincolanti: raccomandazioni e pareri Lart. 249 prefigura 2 tipi di atti non vincolanti: raccomandazioni e pareri. Ogni istituzione pu adottare tali atti. La Commissione formula questi atti nei settori definiti del Trattato, sia quando questo espressamente lo preveda, sia quando la stessa istituzione lo ritenga necessario. 1. Le raccomandazioni sono dirette agli Stati membri, e contengono linvito a conformarsi ad un certo comportamento; 2. I pareri costituiscono latto con cui le stesse istituzioni o altri organi comunitari fanno conoscere il loro punto di vista su di una determinata materia. Attraverso i pareri listituzione esercita una funzione di orientamento consigliando il soggetto circa il contegno che questi dovr tenere, senza lobbligo di adeguarvisi. Tali atti non possono essere considerati privi di effetto giuridici e i giudici nazionali devono tenerne conto ai fini dellinterpretazione di norme nazionali o di altri atti comunitari vincolanti. Elementi comuni agli atti comunitari: motivazione, base giuridica, efficacia nel tempo

Gli atti comunitari vincolanti devono essere motivati, pena lannullamento per violazione delle forme sostanziali art230. Perch lobbligo di motivazione sia adempiuto necessario che latto contenga la specificazione degli elementi di fatto e di diritto sui quali listituzione si fondata. La motivazione serve a far conoscere agli Stati membri e ai singoli il modo in cui listituzione ha applicato il Trattato; e di consentire alla Corte e al Tribunale di esercitare un controllo giurisdizionale adeguato. Deve risultare chiaro liter logico seguito dalla istituzione che ha posto in essere latto, nonch gli elementi necessari per permettere ai destinatari, ed ancor pi a chi ne sia comunque investito direttamente e individualmente di apprezzarne la portata e la fondatezza. Il rispetto dellobbligo di motivazione non richiede ladozione di formule particolari, essendo sufficiente che dal tenore dellatto nel suo complesso si evincano le ragioni di fatto e di diritto che hanno indotto listituzione ad emanarlo. Va infine precisato che il difetto e la carenza di motivazione dellatto sono vizi che si traducono nella violazione di forme sostanziali. necessario che latto faccia riferimento ad una base giuridica, la cui omissione integra un vizio sostanziale dellatto, a meno che non sia possibile con precisione in base ad altri elementi dello stesso atto. La scelta delle b.g. operata con riferimento agli elementi oggettivi e qualificanti dellatto che siano suscettibili di controllo giurisdizionale quali lo scopo e loggetto dellatto stesso. Il richiamo ad una norma di diritto primario della quale latto costituisce il momento di attuazione, assume rilievo in relazione a 3 profili: 1. Il primo e fondamentale attiene alle competenze della Comunit, che almeno in via di principio sono ispirate al criterio dellattribuzione specifica nel T.; necessario che lazione delle istituzioni trovi giustificazione in una norma del T. che alla Comunit attribuisce lo specifico potere di volta in volta esercitato. 2. il secondo profilo attiene al riparto di competenze tra le diverse istituzioni comunitarie che rispondono anchesse al principio di attribuzione. 3. il terzo profilo quello procedimentale nella misura in cui la scelta delluna o dellaltra base giuridica implica una procedura diversa di formazione del consenso (unanimit o maggioranza) e/o un diverso coinvolgimento del Parlamento (codecisione o cooperazione). La norma comunitaria non trova applicazione ai rapporti giuridici definiti anteriormente alla sua entrata in vigore: non ha effetto retroattivo. Lefficacia retroattiva della norma comunitaria ipotizzabile soltanto in via deccezione ove ci sia imposto dallobiettivo da realizzare e comunque sia adeguatamente salvaguardato il legittimo affidamento degli interessi. Altri atti Oltre agli atti dellart. 249 del Trattato CE gli stessi trattati prevedono atti diversi concernenti ipotesi specifiche e per lo pi funzionali allattivit istituzionale:

i regolamenti interni delle istituzioni che hanno efficacia circoscritta ai rapporti interni alle istituzioni; programmi generali, per la soppressione delle restrizioni in materia di libert di stabilimento e prestazione dei servizi la constatazione dellapprovazione del bilancio. Taluni atti preparatori, come le proposte della Commissione. Misure adottate dal Consiglio in materia di visti, asilo, immigrazione ed altre pratiche

connesse con la libera circolazione delle persone. Atti sui generis:

Decisioni sui generis, atti vincolanti adottati dal Consiglio che hanno valenza generale; decisioni che autorizzano la Commissione a negoziare accordi, o che investono il funzionamento dellorganizzazione comunitaria. Accordi interistituzionali tra P. C. e Commissione. Risoluzioni del Consiglio rivestono importanza perch esplicitano il punto di vista dellistituzione su questioni concernenti determinati settori di intervento comunitari. Comunicazioni della Commissione.

La qualificazione dellatto anche sotto il profilo dellobbligatoriet spetta al giudice e alla Corte di giustizia e al Tribunale, in funzione delloggetto e delle finalit che in concreto caratterizzano latto. Diritto comunitario e diritto interno Le norme dei trattati istitutivi hanno con il nostro ordinamento lo stesso impatto e lo stesso rapporto di ogni altra normativa internazionale pattizia. Tali norme richiedono per la loro entrata in vigore lesaurimento delle procedure costituzionali prescritte in ciascuno Stato membro. Per il diritto comunitario derivato non si richiede la procedura speciale di adattamento appena evocata, ma che si pongano in essere quei provvedimenti nazionali, leggi o atti amministrativi a seconda dei casi, che gli stessi atti comunitari prefigurano o impongono ai fini della loro puntuale e tempestiva attuazione. Occorre verificare in base alla forma e alla sostanza dellatto comunitario quale sia limpatto con i sistemi giuridici nazionali e quali siano gli interventi formali richiesti o imposti dagli Stati membri perch il diritto o lobbligo comunitario possa considerarsi rilevante e operante. Il regolamento definito dal T. come direttamente applicabile in ciascuno Stato membro. Latto destinato a produrre i suoi effetti senza che sia necessario un intervento formale di una qualche autorit nazionale. Un eventuale atto interno sarebbe contrario al T. ,nella misura in cui pu rappresentare un ostacolo o comunque ritardare lapplicazione del regolamento in modo uniforme e simultaneo, anche quando non produca riduzioni della sua sfera di operativit. Le direttive sono esse stesse ad imporre allo Stato membro di adottare gli atti necessari alla loro puntuale attuazione. Diverso il caso in cui una sentenza della C. di giustizia impone agli Stati membri unattivit normativa, ad esempio di abolizione o modificazione di una legge o di un atto amministrativo dichiarato incompatibile con il diritto comunitario. Per ovviare agli inadempimenti alle obbligazioni comunitarie stata introdotta la legge comunitaria annuale che riunisce tutte le misure occorrenti a dare attuazione ad atti comunitari e/o pronunce della Corte. Entro il 1 marzo il governo deve presentare un disegno di legge indicando le misure che sono necessarie per adeguare lordinamento nazionale al diritto comunitario: disposizioni modificative o abrogative di norme; disposizioni di attuazione di atti comunitari; attuazione elenco delle direttive da attuare con regolamento. Leffetto diretto delle norme comunitarie

I caratteri fondamentali del diritto comunitario che qualificano il rapporto con il diritto nazionale sono: leffetto diretto risiede nellidoneit della norma comunitaria a creare diritti ed obblighi direttamente ed utilmente in capo ai singoli, non importa se persone fisiche o giuridiche, senza cio che lo Stato sia un diaframma che consiste nel porre in essere una qualche procedura formale per riversare sui singoli gli obblighi o i diritti prefigurati da norme esterne al sistema giuridico nazionale. Leffetto diretto lidoneit della norma comunitaria a creare in capo ai singoli diritti invocabili direttamente dinanzi al giudice nazionale. Lapplicabilit diretta costituisce una qualit di quegli atti le cui norme non richiedono per produrre effetti alcun provvedimento interno ulteriore. La norma comunitaria provvista di effetto diretto obbliga alla sua applicazione non soltanto il giudice ma tutti gli organi dellamministrazione statale, da quelli centrali a quelli periferici, quali la Regione o il Comune. Delleffetto diretto sono provviste tutte le disposizioni comunitarie che siano chiare e precise e la cui applicazione non richieda lemanazione di ulteriori atti comunitari o nazionali, di esecuzione o comunque integrativi. Possono essere provviste di effetto diretto anche norme indirizzate agli Stati membri, in quanto ad essi impongono un obbligo di fare o di non fare, ma la cui osservanza si collega comunque ad un diritto singolo. I requisiti richiesti sono sempre quelli individuati nella pronuncia sullart. 25: la norma deve essere chiara, precisa e suscettibile di applicazione immediata, dunque non condizionata ad alcun provvedimento formale dellautorit nazionale. Tali caratteristiche sono presenti nei regolamenti che regolano direttamente una fattispecie, senza che occorra alcun provvedimento ulteriore; ci non vuol dire che le disposizioni di un regolamento siano tutte provviste delleffetto diretto; alcune disposizioni possono vietare un comportamento agli Stati membri, obbligandoli ad adottare le normative diverse e ulteriori. Se il regolamento applicabile ed provvisto di effetto diretto, ogni misura superflua. Delleffetto diretto sono provviste le decisioni. Non escluso che lobbligo imposto da una decisione ad uno Stato membro quando questultimo non vi abbia adempiuto determini in capo ai singoli una situazione giuridica soggettiva da far valere direttamente dinanzi al giudice. Quando si tratta di una direttiva, il problema degli eventuali effetti diretti della direttiva non si pone, dal momento che i singoli ne saranno investiti attraverso i provvedimenti nazionali di attuazione. Le direttive sono provviste di effetto diretto quando hanno un contenuto precettivo sufficientemente chiaro e preciso, tale da non essere condizionato allemanazione di atti ulteriori. Leffetto diretto una sanzione per gli Stati inadempienti nella misura in cui attribuisce al giudice nazionale, attraverso la cooperazione del giudice comunitario, il compito di realizzare comunque lo scopo della direttiva in funzione della tutela delle posizioni giuridiche individuali in ipotesi lese dal comportamento dello Stato. Leffetto diretto verticale sottolinea la invocabilit della direttiva da parte dei singoli solo nei confronti dello Stato. Si tratta di un effetto verticale unilaterale nel senso che il singolo che fa valere il proprio diritto lo Stato non pu opporre la mancata trasposizione della direttiva di cui si reso inadempiente. Solo a partire del momento della sua corretta trasposizione il singolo sar in grado di conoscere e con la dovuta certezza la portata dei diritti che gli sono conferiti dalla direttiva e nella condizione di poter valutare se ricorrere o meno al giudice. La giurisprudenza ha escluso leffetto diretto orizzontale cio la possibilit per il singolo di far valere la norma anche nei confronti di soggetti privati, questo perch la direttiva vincola solo lo Stato o gli Stati cui rivolta. La giurisprudenza sulleffetto diretto solo verticale delle direttive appare contestabile e in diritto

poco rigorosa. Il giudice obbligato ad interpretare il diritto nazionale in modo compatibile con il diritto comunitario. Questo criterio di interpretazione conforme riguarda la direttiva in quanto tale, indipendentemente dal suo eventuale effetto diretto. La Corte ha trasformato il problema della portata delleffetto diretto della direttiva in un problema di interpretazione conforme; il criterio dellinterpretazione conforme non pu giovare quando vi sia una palese e non sanabile difformit tra la norma interna e quella contenuta nella direttiva. Per le norme prive di effetto diretto il loro vigore si collega ai meccanismi di adattamento propri di ciascun Stato; cos come i regolamenti e le decisioni in quanto direttamente applicabili; Una direttiva trasposta legittima, quella non trasposta pu essere utilizzata solo nei confronti di Stato o di un ente pubblico e solo attraverso lespediente della interpretazione conforme. Il primato del diritto comunitario sul diritto interno Un'altra qualit delle norme comunitarie il primato o la prevalenza sulle norme interne con esse contrastanti, sia precedenti che successive e quale ne sia il rango, alloccorrenza anche costituzionale. La conseguenza della prevalenza della norma comunitaria che la norma interna con essa contrastante non pu essere applicata ma deve essere disapplicata. Il giudice nazionale ha lobbligo di applicare integralmente il diritto comunitario e di dare al singolo la tutela che quel diritto gli attribuisce, disapplicando di conseguenza la norma interna configgente, sia anteriore che successiva a quella comunitaria. Il Trattato (pronuncia Van Gend Loos) ha istituito un ordinamento giuridico proprio, integrato con quelli nazionali, il giudice comunitario ne ha dedotto che gli Stati membri non potrebbero opporre al Trattato leggi interne successive, senza con questo far venir meno la necessit uniformit ed efficacia del diritto comunitario in tutta la Comunit, nonch il senso della portata e degli effetti attribuiti dallart. 249 al regolamento. Quindi una normativa nazionale incompatibile col diritto comunitario del tutto priva di efficacia anche se successiva; il diritto comunitario prevale in virt di una forza propria secondo una visione monista del rapporto tra norme comunitarie e diritto interno. Leffetto diretto e il primato sono elementi intrinseci alle norme in quanto necessari a soddisfare lesigenza fondamentale di uniformit di applicazione e di efficacia allinterno della Comunit. I due ordinamenti sono distinti e tra loro autonomi anche se coordinati, in quanto in forza dellart. 11 della Costituzione sono state trasferite alle istituzioni comunitarie le competenze relative a determinate materie. Lautonomia importa, da un lato, che la norma comunitaria provvista del requisito della immediata applicabilit impedisce alla norma nazionale contrastante di venire in rilievo per la disciplina del rapporto da parte del giudice; dallaltro, che la norma nazionale confliggente non n nulla n invalida, ma solo inapplicabile al rapporto controverso. Ne consegue che la norma comunitaria provvista di effetto diretto va applicata immediatamente dal giudice in luogo della norma nazionale confliggente, senza bisogno di ricorrere al giudizio di costituzionalit. Leffetto diretto della norma comunitaria rende inammissibile la questione di legittimit costituzionale della norma nazionale confliggente. La corte costituzionale ha lasciato che non si sottraggano alla sua verifica due ipotesi: quella di un eventuale conflitto con i principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale e con i diritti inalienabili della persona umana. Una norma interna che sia di ostacolo alla protezione giurisdizionale effettiva di un diritto che il

singolo vanta in forza del diritto comunitario deve essere disapplicata dal giudice nazionale; n ha importanza che la norma interna compatibile sia anteriore o posteriore a quella comunitaria. Rilievi sulla natura del rapporto tra diritto comunitario e diritto italiano Il rapporto tra il diritto comunitario e il diritto interno viene regolato e instaurato a mezzo degli strumenti costituzionali di adattamento e di attuazione degli Stati membri. La ricostruzione dellefficacia del diritto comunitario allinterno degli ordinamenti giuridici nazionali come il frutto di una forza propria del diritto comunitario formula di auspicio; che la norma com. produca i suoi effetti o che vengano prodotti da meccanismi di adattamento nazionali uguale. Limportante che la norma produca i suoi effetti nel modo e nei tempi da essa voluti. Dalla sentenza Simmenthal il giudice nazionale tenuto a disapplicare le norme nazionali posteriori incompatibili. Non ci pu essere una forza propria del diritto comunitario riguardo ai rapporti con il diritto interno in quanto: 1. qualunque integrazione del Trattato richiede normali procedure costituzionali di adattamento da parte degli Stati. 2. le competenze comunitarie sono quelle attribuite dagli Stati membri con il Trattato e non altre. 3. loperativit delle norme comunitarie che non sono provviste di effetto diretto condizionata nei tempi e nei modi dai meccanismi di adeguamento predisposti dai sistemi costituzionali interni. 4. la norma interna in contrasto con una comunitaria non nulla ma deve quando sia necessario essere abrogata dagli Stati; la disapplicazione rileva solo in caso di contrasto con una norma provvista dell effetto diretto mentre nel caso di contrasto con una norma priva di effetto diretto la regola nazionale ha intatto il proprio valore e spiega la sua efficacia, tanto da dover essere rimossa attraverso un procedimento di controllo di legittimit costituzionale. Tutela giurisdizionale Il sistema di tutela giurisdizionale lo strumento per rendere effettivo il sistema giuridico nel suo complesso e per realizzare la ricordata Comunit di diritto. Tale sistema si articola su 2 piani procedurali distinti, ma funzionalmente collegati.

Il primo quello del controllo diretto della Corte di giustizia e/o del Tribunale, controllo che, attivate dalle istituzioni, dagli Stati membri o dai singoli si esaurisce con la pronuncia del giudice comunitario. Il secondo quello della procedura pregiudiziale, fondata sulla cooperazione tra giudice nazionale e giudice comunitario, attraverso il rinvio pregiudiziale dal primo al secondo che si risolve in un controllo indiretto della Corte di giustizia, la pronuncia del giudice nazionale decidendo la causa come tale.

Sotto il profilo funzionale il sistema di controllo giurisdizionale comunitario investe la legittimit degli atti comunitari e la compatibilit di norme e prassi nazionali con il diritto comunitario.

Il controllo diretto sulla legittimit di atti e comportamenti delle istituzioni comunitarie; lazione di annullamento Il controllo giurisdizionale diretto sulla legittimit degli atti comunitari attribuito alla competenza esclusiva del giudice comunitario: al tribunale di primo grado il contenzioso sul rapporto dimpiego presso la Comunit ed ai ricorsi individuali; alla Corte di giustizia per i ricorsi degli Stati membri e delle istituzioni, nonch in secondo grado rispetto alle sentenze del Tribunale. Il controllo si realizza attraverso procedure e con effetti diversi: lazione di annullamento, lazione in carenza, leccezione incidentale dinvalidit, lazione di danni da responsabilit extra-contrattuale della Comunit, il contenzioso in materia di personale. Lazione di annullamento regolata dallart. 230 del T. e consiste nellimpugnazione mediante ricorso di un atto adottato dalle istituzioni comunitarie che si pretende viziato e pregiudizievole. Gli atti impugnabili sono gli atti adottati congiuntamente dal Consiglio e dal Parlamento; gli atti che non siano raccomandazioni o pareri, posti in essere dal Consiglio, dalla Commissione e dalla BCE; gli atti del Parlamento destinati a produrre effetti giuridici nei confronti dei terzi (quindi solo gli atti vincolanti sono impugnabili: regolamenti, direttive e decisioni). La Corte ha ampliato la categoria degli atti impugnabili precisando che sono impugnabili tutti gli atti e i provvedimenti posti in essere dalle istituzioni comunitarie che producano o mirino a produrre effetti vincolanti per i destinatari. Impugnabili sono gli atti definitivi, sotto tale profilo non sono impugnabili gli atti preparatori in senso proprio in quanto non modificano la posizione giuridica del destinatario. viceversa impugnabile latto con cui la Commissione comunica di aver archiviato definitivamente una denuncia di violazione delle norme di concorrenza e anche lapertura di una procedura di controllo della compatibilit di un aiuto statale. Sono anche impugnabili gli atti che autorizzano o approvano la conclusione di un accordo anche perch avviene con una deliberazione che resta consegnata in un processo verbale. Legittimati ad impugnare gli atti comunitari sono anzitutto e comunque gli Stati membri anche rispetto ad atti destinati ad altri membri o a individui. attribuita allo Stato e non alle loro articolazioni decentrate, esse solo come persone giuridiche. Legittimate allimpugnazione sono le istituzioni comunitarie: il Consiglio (per gli atti di Commissione e P.) e la Commissione. Quanto al P. europeo la Corte ha affermato che legittimato ad impugnare un atto, limitatamente allipotesi che il vizio fatto valere consista nel mancato rispetto delle prerogative e competenze proprie dello stesso Parlamento; la posizione del P. resta diversa rispetto a quella della Commissione e del Consiglio quanto alla legittimazione attiva. Si tratta di una legittimazione limitata alla tutela delle sue prerogative e dunque allapprezzamento degli aspetti connessi alle modalit di formazione dellatto impugnato; mentre per le altre 2 istituzioni la legittimazione generale. Possono impugnare gli atti comunitari i singoli, persone fisiche o giuridiche, in primo grado dinanzi al Tribunale e in secondo grado dinanzi alla Corte. Il singolo non legittimato ad impugnare tutti gli atti:

pu impugnare le decisioni a lui indirizzate. il singolo pu impugnare atti di cui non sia il formale destinatario e persino regolamenti, alla condizione che tali atti lo riguardino direttamente e individualmente. Cio che sia identificabile quale destinatario sostanziale dellatto e che vi sia un nesso di causalit tra la situazione individuale e la misura adottata.

Lo scopo di evitare che utilizzando la forma del regolamento le istituzioni comunitarie evitino limpugnazione della decisione che direttamente ed individualmente investe la posizione del singolo. Quanto alla circostanza che il ricorrente deve essere direttamente riguardato, ci si verifica quando non richiesta alcuna misura di esecuzione per lapplicazione dellatto di cui si tratta; quando latto comunitario incida direttamente sulla posizione giuridica del singolo senza che ai fini della sua applicazione sia necessaria una ulteriore attivit normativa. Relativamente al requisito dellindividualit esiste il principio che chi non sia destinatario di una decisione pu sostenere che questa lo riguarda individualmente soltanto qualora il provvedimento lo tocchi a causa di determinate qualit personali, o di particolari circostanze atte a distinguerlo dalla generalit, e quindi lo identifichi alla stessa stregua dei destinatari. Il termine per limpugnazione di 2 mesi a decorrere dalla pubblicazione dellatto, o dalla sua notificazione al ricorrente o dal giorno in cui il ricorrente ne ha avuto effettiva conoscenza. I vizi che possono essere fatti valere sono quelli tradizionali del contenzioso amministrativo: incompetenza, violazione di forme sostanziali, violazione del Trattato o di norme relative alla sua applicazione, sviamento di potere:

Lincompetenza comprende sia lincompetenza dellistituzione che ha adottato latto, sia lincompetenza della Comunit in quanto tale. La violazione delle forme sostanziali comprende il difetto di motivazione, la mancata consultazione di unaltra istituzione o di un organo comunitario allorch espressamente prevista; nonch lerrata individuazione della base giuridica. La violazione di legge comprende la violazione, oltre che di norme del Trattato e di diritto comunitario derivato, anche dei principi generali consolidatisi nella giurisprudenza della Corte e le norme che vincolano la Comunit come le norme internazionali convenzionali e consuetudinarie. Lo sviamento di potere si verifica quando lamministrazione, nellambito della discrezionalit di cui gode, esercita un determinato potere allo scopo esclusivo o almeno determinante di raggiungere fini diversi da quelli per il quale il potere in questione le stato conferito

Lart. 242 del Trattato prevede la possibilit di chiedere alla Corte, in via cautelare la sospensione dellatto impugnato. La domanda presuppone gi introdotto il ricorso o pu essere contestuale. La misura viene decisa dal Presidente della Corte; prevista anche un udienza a breve, nel corso della quale sono sentite le parti e gli intervenienti. Lesito del giudizio , in caso di accoglimento del ricorso, lannullamento dellatto impugnato, in particolare la dichiarazione che latto nullo e non avvenuto. La sentenza di annullamento che

efficace dal giorno in cui pronunciata ha leffetto della cosa giudicata, sia in senso formale che sostanziale. Viceversa un atto che sia uscito indenne da una procedura di annullamento pu essere rimesso in discussione sotto profili e per altri motivi in un successivo procedimento, evidentemente diverso dallazione diretta di annullamento, dato il termine di 2 mesi prescritto per proporla. Lannullamento pu essere richiesto anche solo in relazione ad una disposizione dellatto; quindi la Corte pu annullare un atto solo in parte, ove ci sia possibile e solo se il punto viziato sia separabile, lasciando vivere e continuare ad essere perfettamente valide le parti restanti anche dopo la sentenza. Lart. 231 prevede la facolt per la Corte di stabilire gli effetti dellatto che devono essere considerati come definitivi e pu dichiarare che lannullamento di un regolamento abbia effetti ex nunc invece che ex tunc. La Corte ha esteso la possibilit offerta dalla disposizione in questione anche alle ipotesi di annullamento di una direttiva o di una decisione richiamandosi a motivi di certezza del diritto (principio di applicazione generale, valido per il caso di annullamento di tutti gli atti che incidono sulla posizione giuridica dei destinatari). Lazione in carenza Il ricorso in carenza pone rimedio alla illegittima inattivit di una istituzione comunitaria. Tale strumento consente di mettere in discussione il comportamento del Consiglio e della Commissione a seguito delle modifiche introdotte dal Trattato di Maastricht del Parlamento e della BCE. Il ricorso in carenza riguarda non lipotesi di un rifiuto che pur sempre un provvedimento, ma quella di illegittima assenza di decisione e tende precisamente ad una constatazione della inerzia dellistituzione. Lintroduzione del ricorso davanti alla Corte subordinata ad una fase amministrativa preliminare. Perch il ricorso sia ricevibile, occorre che listituzione cui rimproverata linerzia sia stata invitata a prendere posizione; una tale messa in mora deve intervenire a giudizio della Corte, entro un termine ragionevole a partire dal momento in cui appare chiaro che listituzione in questione non ha intenzione di agire. Dal momento della messa in mora, listituzione dispone poi di un periodo di 2 mesi, per prendere posizione; trascorso invano tale periodo, lautore della messa in mora pu introdurre il ricorso, a sua volta entro un termine di 2 mesi. Lassenza di decisione deve essere attuale e permanere anche durante tutto il corso della procedura; se listituzione risponde alla messa in mora che gli stata indirizzata, adottando latto voluto dal richiedente, la procedura diventa senza oggetto. Lazione in carenza pu essere introdotto dagli Stati membri e dalle istituzioni in relazione a qualunque ipotesi di astensione che integri una violazione del Trattato. Il singolo pu agire in carenza solo quando listituzione abbia omesso di emanare nei suoi confronti un atto che non sia una raccomandazione o un parere. Leccezione dinvalidit Si tratta di una eccezione incidentale che le parti possono sollevare nel corso di una procedura gi attivata per altri motivi dinanzi alla Corte, al fine di far dichiarare linapplicabilit del regolamento di cui si tratta facendo valere, anche dopo che sia trascorso il termine dimpugnazione previsto per il ricorso di annullamento. Lipotesi e quella delleccezione dinvalidit di un regolamento di base in occasione dellimpugnazione di un atto di esecuzione di quel regolamento e come motivo dellinvalidit dellatto impugnato. La sfera di applicazione delleccezione di invalidit e limitata ai regolamenti; ma si ampliato a tutti gli atti aventi portata generale; atti che producono gli stessi effetti del regolamento e producono effetti analoghi e non potrebbero essere impugnati dai singoli.

Leffetto di un eventuale accoglimento delleccezione dinvalidit linapplicabilit dellatto e non gi il suo annullamento. Formalmente latto viene dichiarato inapplicabile alla fattispecie ma resta pienamente in vigore. Lazione di responsabilit extracontrattuale La competenza del giudice comunitario in materia di responsabilit extracontrattuale della Comunit e di conseguente risarcimento dei danni, va anchessa collegata alla funzione di controllo sulla legittimit degli atti comunitari. Il T. CE impone alla Comunit di risarcire conformemente ai principi generali comuni ai diritti degli Stati membri, i danni causati dalle sue istituzioni o dagli agenti nellesercizio delle loro funzioni. La competenza della Corte sussiste solo quando il danno sia stato cagionato da unistituzione comunitaria in senso lato o dai suoi agenti nellesercizio delle loro funzioni. Per contro la competenza appartiene ai giudici nazionali quando risulti che il danno allegato stato prodotto da organi nazionali. La ricevibilit dellazione di responsabilit stata messa in discussione rispetto allipotesi di applicazione, da parte di organi nazionali, di provvedimenti adottati in esecuzione di atti comunitari di cui stata poi contestata la validit. Il contenzioso in materia di personale La competenza a conoscere delle controversie tra la Comunit e i suoi agenti appartiene alla Corte, nei limiti e alle condizioni determinati dallo statuto del personale o risultanti dal regime ad essi applicabile. Il giudice comunitario competente a conoscere tutte le controversie che afferiscono al rapporto dimpiego: assunzioni, condizioni di lavoro, trattamento economico e benefici sociali. Il regime del contenzioso della funzione pubblica disciplinato dagli artt. 90 e 91 dello statuto del personale che prevedono in primo luogo una specifica procedura precontenziosa. Oltre allesperimento di un apposito reclamo in via amministrativa e al formarsi di una decisione, la ricevibilit del ricorso subordinata alla circostanza che il ricorrente abbia un interesse ad agire e che latto impugnato che pu finanche rivestire forma verbale sia tale da arrecargli pregiudizio. Il termine per agire di 3 mesi, che decorrono dal giorno della notifica della decisione che statuisce sul reclamo. Quanto al merito, il ricorso pu essere diretto ad ottenere sia lannullamento di un atto, sia il risarcimento dei danni derivanti da un atto o da un comportamento dellistituzione di cui si tratta. Limpugnazione della sentenza del Tribunale; la revisione Il controllo giurisdizionale sugli atti comunitari in gran parte esercitato in primo grado dal Tribunale. Al Tribunale stata infatti attribuita la competenza a conoscere dei ricorsi proposti dalle imprese avverso le decisioni CECA in tema di quote di acciaio, dei ricorsi individuali in tema di concorrenza e delle azioni relative alla responsabilit extracontrattuale della Comunit, quando siano collegate ai ricorsi di sua competenza. Dal 1993 la competenza del Tribunale estesa a tutti i ricorsi proposti da persone fisiche o giuridiche. La versione dellart. 225 successiva al T. di Maastricht prevede ormai la possibilit che tutte le azioni siano trattate in primo grado dal Tribunale, fatta eccezione per i rinvii pregiudiziali. La competenza riguarda anche i ricorsi individuali contro atti adottati non da istituzioni

comunitarie, bens da altri organi istituiti da atti comunitari di diritto derivato e dunque rientranti nel sistema comunitario in senso ampio. Il trasferimento di competenze al Tribunale ha contribuito ad un miglioramento del livello di tutela giurisdizionale complessivamente offerto dal sistema comunitario, con riguardo alla tutela dei singoli. Ci va inteso sotto un doppio profilo: 1. doppio grado di giurisdizione, che non essendo un proprio principio del diritto processuale un segno di civilt giuridica di non poco rilievo. 2. lattenzione che si deve ai fatti, alle esigenze istruttorie ed ai relativi strumenti processuali, specie nelle cause in cui proprio la ricchezza dei fatti ne impone un uso maggiore. La creazione del Tribunale ha consentito un accrescimento della tutela giurisdizionale dei singoli sotto entrambi i profili sottolineati. Ci ha comportato per la Corte una riduzione del numero delle cause e unaccentuazione del suo ruolo di giudice costituzionale in senso lato, custode delluniformit di applicazione del diritto comunitario nei paesi membri e dunque dellarmonia del sistema nel suo insieme. La cognizione del Tribunale si sostituisce in primo grado nelle competenze che il Trattato attribuiva alla Corte rispetto alle azioni attivate dai ricorsi individuali: di annullamento, in carenza, di responsabilit extracontrattuale. La Corte e il Tribunale possono essere chiamati contemporaneamente a decidere su cause aventi lo stesso oggetto, che sollevino le stesse questioni dinterpretazione o mettano in discussione la legittimit di uno stesso atto. In tale ipotesi la norma dello statuto della Corte consente varie soluzioni: 1. il Tribunale potr sospendere la procedura e attendere la pronuncia della Corte: soluzione che rischia di pregiudicare il ruolo del Tribunale e delle parti almeno sotto il profilo della decisione sulla questione di diritto, assicurata alla Corte, tra laltro in un processo in cui la parte privata non potrebbe in alcun modo interloquire. 2. il Tribunale pu scegliere di spogliarsi della causa declinando la competenza e lasciare che sia la Corte a decidere: processo deciso dalla Corte e sacrificio della doppia tutela. 3. la Corte sospende la procedura dinanzi ad essa pendente; in tal caso si continuer dinanzi al Tribunale: doppia tutela e decisione del Tribunale non condizionata. Limpugnazione della sentenza di primo grado pu essere proposta entro 2 mesi dalle parti, principali e intervenute. Una posizione privilegiata assicurata agli Stati e alle istituzioni i quali possono impugnare una sentenza del Tribunale indipendentemente dalla loro presenza nella procedura dinanzi al Tribunale. Limpugnazione deve essere diretta a rimediare ai pretesi errori in diritto della sentenza di primo grado. Essa non pu limitarsi ad una mera riproposizione della domanda originaria ma deve indicare espressamente i punti della sentenza impugnata di cui si chiede lannullamento perch viziati. In definitiva al giudice di secondo grado stata lasciata una cognizione finalizzata alleliminazione degli errori di diritto che possono pregiudicare la coerenza dellordinamento e

luniformit di applicazione delle norme. Lerrore di diritto deve comprendere non solo lerrore nellinterpretazione della norma ma anche lerrore nella qualificazione giuridica dei fatti accertati e/o della fattispecie che comporti lapplicazione della norma ad una fattispecie non regolata. La funzione lato sensu che la Corte chiamata ad assicurare nel quadro del giudizio dimpugnazione richiede comunque un approccio rigoroso alla delimitazione del giudizio sui fatti rispetto al giudizio di diritto, sul quale solo opera il controllo della Corte. Il Problema si posto con riferimento alla valutazione delle prove operata dal Tribunale, rispetto alla quale la Corte ha affermato la competenze esclusiva del Tribunale. Un altro elemento che pu dar luogo a difficolt il vizio di motivazione della sentenza impugnata; la contraddittoriet della motivazione come la sua insufficienza, risolvendosi in una violazione dellobbligo del Tribunale di motivare le proprie denuncie, rappresenta un errore di diritto, invocabile nel giudizio dimpugnazione di fronte alla Corte. La sentenza della Corte che accoglie limpugnazione comporta lannullamento della pronuncia del T. La Corte pu rinviare la causa nuovamente al Tribunale perch questultimo decida. Il controllo giurisdizionale sulla corretta applicazione del diritto Comunitario negli Stati membri; la procedura dinfrazione Il controllo giurisdizionale delle Corte di giustizia sulla applicazione del diritto comunitario in tutti gli Stati membri mira non solo a verificare la compatibilit di atti e comportamenti di tali Stati con il diritto comunitario, ma anche ad assicurare la necessaria uniformit di applicazione delle norme comunitarie in tutti gli Stati membri. Il controllo garantisce larmonia del sistema giuridico comunitario considerato nel suo insieme e rispetto alle sue diverse articolazioni normative. La procedura dinfrazione attivata dalla Commissione nei confronti di uno Stato membro, ai sensi e per gli effetti art. 226 nel Trattato CE mentre il Trattato CECA prevede allart. 88 che sia la stessa Commissione a constatare autonomamente con decisione vincolante linfrazione commessa dallo Stato membro. Lo Stato inadempiente ritenuto ad avere lonere di proporre ricorso dinanzi alla Corte, cui spetta controllare la fondatezza della decisione adottata dalla Commissione. Quanto alla natura dellinfrazione, essa consiste allevidenza nella violazione di una qualsiasi obbligazione che incomba su di uno Stato membro; si tratta di tutti gli obblighi che derivano dal sistema giuridico comunitario considerato nel suo insieme, in particolare dagli atti comunitari vincolanti e dagli accordi internazionali. Linadempimento pu consistere in un comportamento o in un atto normativo o nellaver omesso di dare formale attuazione ad un obbligo comunitario. 1. La procedura dinfrazione ha in primo luogo una fase precontenziosa, che si svolge su impulso e comunque sotto la responsabilit della Commissione. Questultima esercita un controllo sistematico almeno sullosservanza di alcune categorie di obblighi da parte dei Paesi membri. Lattenzione della Commissione risulta spesso richiamata da comuni cittadini o da associazioni che indirizzano un esposto scritto in cui indicano le inosservanze del diritto. 2. Se allesito di una verifica la Commissione ritiene che uninfrazione sia stata commessa dallo Stato membro, la stessa invia a questultimo una lettera di messa in mora che una

prima contestazione degli addebiti; un indicazione delle ipotesi di inosservanza del diritto comunitario che la Commissione imputa allo Stato membro. Lo Stato ha la possibilit di rispondere alle censure della Commissione. 3. Il passo formale ulteriore della Commissione, se non ritiene adeguate le osservazioni dello Stato membro, linvio a questultimo di un parere motivato nel quale sono specificate le infrazioni che ancora si ritengono commesse e gli elementi di diritto e di fatto che sostengono la constatazione ed specificato il termine entro il quale lo Stato tenuto a mettere fine allinadempimento. La lettera di messa in mora e il parere motivato sono passaggi obbligati della procedura dinfrazione, in quanto valgono a definire loggetto della controversia e a soddisfare lesigenza del contraddittorio cui ispirata anche la fase precontenziosa. Se entro il termine fissato nel parere motivato lo Stato non si adegua a quanto richiesto dalla Commissione, questultima pu presentare un ricorso alla Corte di giustizia. Nel ricorso i motivi devono corrispondere a quelli indicati nella fase precontenziosa e agli argomenti di diritto enunciati nel parere motivato. Un ricorso irricevibile quando contiene addebiti che non hanno formato oggetto della procedura precontenziosa e sui quali non si realizzato alcun contraddittorio tra listituzione e lo Stato interessato. Linadempimento deve essere provato dalla Commissione e non pu essere fondato su presunzioni. Non previsto un termine per la presentazione del ricorso da parte della Commissione, che conserva unampia discrezionalit; la Commissione ha la facolt e non lobbligo di attivare e proseguire la procedura dinfrazione. La possibilit per la Commissione di introdurre un ricorso dinanzi alla Corte determinata dalla scadenza del termine. Ma sussiste e permane linteresse pieno della Commissione a portare lo Stato dinanzi alla Corte, con la conseguenza che questultima tenuta a giudicare con leccezione della rinuncia allazione da parte della stessa Commissione. La procedura dinfrazione condotta nei confronti dello Stato membro, in quanto allo Stato unitariamente considerato che linadempimento viene attribuito; lo Stato riconosciuto come lunico interlocutore delle istituzioni o degli altri Stati. Il Trattato riconosce solo gli Stati e non anche le articolazioni interne attraverso le quali lo Stato esercita i diritti e adempie agli obblighi che il Trattato prefigura; lo Stato membro libero di articolare come meglio crede le competenze sul piano interno e anche di affidare lattuazione di normative comunitarie alle amministrazioni periferiche. Ma una tale circostanza non pu essere invocata dallo Stato per giustificare il mancato rispetto degli obblighi e lesecuzione delle direttive. Ci va considerato nella prospettiva pi ampia delle giustificazioni che lo Stato pu opporre alla contestazione di uninfrazione e alla sussistenza dellinadempimento, tra le quali non figurano disposizioni del proprio sistema giuridico o il timore di difficolt interne. La Corte ha precisato che possibile invocare la forza maggiore per giustificare difficolt temporanee di adempimento ma solo per il periodo necessario ad una amministrazione diligente per porvi rimedio. Oltre alla procedura dinfrazione disciplinata dallart. 226 del Trattato va ricordato che in virt dellart. 227 la stessa procedura pu essere attivata da uno Stato membro, per vedere riconosciuto linadempimento di un altro Stato. Effetti della sentenza di inadempimento e sanzione pecuniaria

Gli effetti di una pronuncia della Corte allesito di una procedura dinfrazione sono prefigurati dallart. 228. La sentenza riconosce testualmente che lo Stato inadempiente rispetto ad una o pi obbligazioni che gli derivano dal Trattato o da un atto comunitario. Gli Stati dichiarati inadempienti sono tenuti a prendere i provvedimenti che lesecuzione della sentenza impone: alloccorrenza, abrogare o introdurre una norma nellordinamento, trasporre una direttiva, modificare una prassi. La Corte ha precisato che una legge incompatibile con il Trattato comporta per lo Stato lobbligo di modificarla, adeguandola alle esigenze del diritto comunitario; e lobbligo per i giudici di garantire losservanza della norma. Il Trattato non fissa alcun termine per lesecuzione della sentenza che accerti linadempimento ma i tempi sono brevi. Lipotesi di mancata o non corretta esecuzione della sentenza era configurabile come normale inadempimento, come tale passibile ad una procedura dinfrazione (doppia condanna). Il T. di M. ha aggiunto nellart. 228 la previsione di una sanzione pecuniaria per lipotesi che uno Stato membro non abbia adottato le misure necessarie per dare esecuzione ad una sentenza che riconosce linadempimento; possibile anche la condanna dello Stato al pagamento di una penalit di mora. La sanzione pu consistere sia nella sospensione dellerogazione di fondi, sia nelladozione da parte degli altri S. membri di misure derogatorie dellart. 4 per neutralizzare gli effetti delladempimento. Con la sentenza di condanna si impone al giudice la non applicazione della norma interna confliggente con la norma comunitaria provvista di effetto diretto cos come interpretata dalla Corte di giustizia. Controllo giurisdizionale e cooperazione tra giudice nazionale e giudice comunitario; funzione e oggetto del rinvio pregiudiziale Nel sistema di controllo giurisdizionale sulla corretta ed uniforme applicazione del diritto comunitario in tutti gli Stati membri, un rilievo decisivo ha assunto la cooperazione tra giudice comunitario e giudice nazionale, questultimo non a caso definito giudice comune o anche naturale del diritto comunitario. A fare applicazione del diritto comunitario, direttamente o nella forma dellatto nazionale imposto da una normativa comunitaria principalmente il giudice nazionale. Peraltro chiaro che la circostanza che i giudici di 15 paesi diversi sono chiamati ad applicare in via diretta o mediata il diritto comunitario crea un problema di uniformit e di corretta applicazione dello stesso diritto comunitario. Il rinvio pregiudiziale (art. 234) d al giudice la facolt di chiedere alla Corte di giustizia una pronuncia sullinterpretazione o sulla validit di una norma comunitaria quando siffatta pronuncia sia necessaria per risolvere la controversia di cui stato investito. Di fronte alla possibile o accertata rilevanza di una norma comunitaria per la soluzione della controversia, pu essere necessario al giudice nazionale avere una risposta ai seguenti interrogativi:

Quale sia la corretta interpretazione e con essa la portata della norma comunitaria; se la corretta interpretazione della norma comunitaria precluda lapplicazione di un atto amministrativo o di una norma costituzionale. Se la norma comunitaria rilevante sia valida ed efficace.

Le 2 ipotesi corrispondono al rinvio pregiudiziale dinterpretazione e di validit delle norme comunitarie. La funzione essenziale del rinvio pregiudiziale di realizzare una interpretazione e quindi una applicazione del diritto comunitario uniforme in tutti i Paesi membri, in modo che esso abbia dovunque la stessa efficacia. necessario che le norme comunitarie ricevano la stessa chiave di lettura, e di conseguenza le stesse possibilit di applicazione in tutti i Paesi membri. fisiologico che vi sia una diversit di approccio e di applicazione, ma il fenomeno deve restare per quanto possibile temporalmente limitato e comunque deve alla lunga essere eliminato grazie ad una interpretazione centralizzata. Alla Corte di giustizia spetta lultima parola in ordine allinterpretazione del diritto comunitario; e solo in questo senso la sua competenza pu anche considerarsi esclusiva; infatti in prima battuta il giudice nazionale ad applicare e ad interpretare il diritto comunitario. La seconda funzione del rinvio pregiudiziale dinterpretazione quella di verificare la legittimit di una legge nazionale o di un atto amministrativo o anche di una prassi amministrativa rispetto al diritto comunitario. Il meccanismo complesso in quanto la sentenza del giudice nazionale che accerta la legittimit o meno della norma nazionale consegue ad una interpretazione del diritto comunitario da parte della Corte di giustizia. Il controllo della Corte sulla legittimit di norme stato affermato come momento fondamentale del sistema di tutela dei diritti che il singolo vanta in forza del diritto comunitario. Quando un singolo ritiene di aver subito un pregiudizio per effetto dellapplicazione di una norma o di una prassi nazionale assunta come incompatibile con il diritto comunitario, pu far valere tale incompatibilit e provocarne laccertamento in 2 modi: 1. segnalazione alla Commissione, che a sua volta decider se attivare o meno la procedura dinfrazione. 2. chiedere al giudice nazionale dinanzi al quale sia stata portata la controversia di procedere al rinvio pregiudiziale dinterpretazione. Si pu procedere nei 2 modi, stimolando sia lapertura di una procedura dinfrazione da parte della Commissione, sia un rinvio pregiudiziale da parte del giudice, con il risultato che si potranno avere 2 sentenze della Corte. Restano cos 2 procedure con oggetto e conseguenze diverse non solo sul piano formale. Luna tende allaccertamento di una violazione da parte del diritto nazionale, laltra ad una lettura della norma comunitaria dalla quale potr eventualmente dedursi una incompatibilit di una norma nazionale. La terza funzione del rinvio pregiudiziale consiste nel completare il sistema di controllo giurisdizionale sulla legittimit degli atti comunitari. Dinanzi al giudice nazionale pu essere messa in discussione la norma comunitaria direttamente applicabile o la base giuridica comunitaria dellatto. Lo scopo quello di farne valere lillegittimit o di farne accertare definitivamente la contestata legittimit, in entrambi i casi chiamando in causa la Corte di giustizia. La sua competenza esclusiva rispetto al controllo sulla legittimit degli atti comunitari, nel senso che solo al giudice comunitario spetta di dichiarare leventuale illegittimit dellatto; il giudice nazionale pu solo confermarne la legittimit. Lipotesi del rinvio pregiudiziale di validit rientra a pieno titolo nellesercizio della funzione di

controllo giurisdizionale sugli atti comunitari devoluta alla Corte. Ci vuol dire che il rinvio pregiudiziale di validit completa il sistema dei rimedi giurisdizionali predisposti per la tutela dei diritti del singolo rispetto agli atti posti in essere dalle istituzioni comunitarie. Loggetto del rinvio pregiudiziale ampio; per il rinvio dinterpretazione, si tratta di tutto il sistema giuridico comunitario, dai trattati istitutivi agli accordi di associazione, dagli atti delle istituzioni, anche quelli non vincolanti, ai principi generali del diritto comunitario. Gli atti sottoposti alla verifica di validit sono quelli posti in essere dalle istituzioni comunitarie. Il T. di Amsterdam ha ampliato le competenze del giudice comunitario, introducendo anche qualche peculiarit rispetto al rinvio pregiudiziale, in particolarit in tema di circolazione delle persone e per effetto della comunitarizzazione dellaccordo di Schengen. Condizioni soggettive e oggettive del rinvio pregiudiziale Il rinvio pregiudiziale pu essere deciso da qualunque giudice nazionale: amministrativo o penale, civile o tributario o del lavoro purch si tratti della giurisdizione di uno Stato membro. La cooperazione tra giudice comunitario e giudice nazionale esclude che la Corte possa sindacare la motivazione del provvedimento di rinvio e la pertinenza delle questioni ivi contenute; daltra parte, quando le questioni sollevate portano sullinterpretazione del diritto comunitario la Corte tenuta a decidere. La Corte ha poi sindacato la pertinenza dei quesiti pregiudiziali ad essa sottoposti riservandosi il potere di verificare la propria competenza a rispondere. La Corte ha sottolineato la necessit che nel quesito pregiudiziale siano espresse con chiarezza le ragioni per cui il giudice nazionale considera necessaria la pronuncia della Corte; ha escluso di pronunciarsi in presenza di questioni ipotetiche o non necessarie al giudice nazionale per risolvere la controversia dinanzi ad esso pendente; la parsimonia della motivazione del rinvio ragione sufficiente per far dichiarare irricevibili talune domande pregiudiziali. La Corte pu rifiutarsi di rispondere ai quesiti posti dal giudice di rinvio quando latto di cui richiesta linterpretazione non configurabile come atto adottato dalle istituzioni; o quando le norme comunitarie in questione non sono applicabili alla fattispecie oggetto della causa, in quanto si tratta di una situazione puramente interna cio di una situazione che non presenta alcun nesso con una qualsiasi delle situazioni considerate dal diritto comunitario. Facolt ed obbligo di rinvio Il giudice nazionale che non sia di ultima istanza ha la facolt di sottoporre alla Corte un quesito pregiudiziale ogni volta che la risposta indispensabile per giudicare della controversia dinanzi ad esso pendente. Il giudice che ha rivolto il quesito alla Corte, deve essere lo stesso che ne ricever la risposta, nel senso che questultima deve essere necessaria per la decisione di quellorgano giurisdizionale e non per quella di un organo diverso. Quando si tratta di un giudice di ultima istanza (Corte di Cassazione, Consiglio di Stato), inteso come giudice le cui sentenze non siano soggette ad impugnazione, egli ha lobbligo di operare il rinvio. Tale differenza trova giustificazione nella circostanza che normalmente la giurisprudenza delle corti supreme si consolida con maggior forza ed autorit, determinando un rischio maggiore rispetto allesigenza di uniforme applicazione del diritto comunitario, che rappresenta il fondamento principale del meccanismo del rinvio pregiudiziale.

Si ammessa uneccezione per lipotesi in cui la risposta al quesito non alimenti alcun ragionevole dubbio interpretativo; si cos voluto introdurre nel sistema comunitario la teoria dellatto chiaro. La decisione del rinvio solo del giudice che pu operarlo anche dufficio. Sebbene nella maggior parte dei casi sono le parti a sollecitare il rinvio ed a suggerire i termini dei quesiti da sottoporre alla Corte, sempre il giudice che provvede alla loro formulazione. Giudizio cautelare nazionale e rinvio pregiudiziale opportuno richiamare lattenzione su pronunce in cui la Corte si soffermata sulla tutela cautelare che i giudici devono poter apprestare a diritti vantati dai singoli in forza di norme comunitarie ed in attesa della sentenza definitiva. 1. Una azienda chiedeva la tutela cautelare del diritto che pretendeva essergli conferito da una norma comunitaria; quindi richiamo allart. 234, al meccanismo che provvede al controllo sulla coerenza con il diritto comunitario degli ordinamenti nazionali e la cui utilit verrebbe ridotta se il giudice nazionale non potesse concedere misure provvisorie fino allesito della causa. 2. potere del giudice nazionale di sospendere in via cautelare lapplicazione di una norma nazionale a ragione di una pretesa di illegittimit dellatto comunitario di cui latto impugnato rappresenta la misura interna di attuazione. Si tratta per il giudice nazionale di sospendere latto comunitario, che mal si concilierebbe con la mancanza di competenza sulla sua validit, che esclusiva del giudice comunitario. La Giuris. ha riconosciuto che il giudice nazionale pu esercitare in via cautelare il potere in questione purch operi un rinvio alla Corte di giustizia affinch si pronunci in via pregiudiziale sulla validit dellatto. Gli effetti della sentenza pregiudiziale La sentenza interpretativa della Corte pronunciata su rinvio pregiudiziale vincola con tutta evidenza il giudice che tenuto a fare applicazione della norma comunitaria cos come interpretata dalla Corte, alloccorrenza lasciando inapplicata la norma nazionale contrastante. Ci non esclude la possibilit di un ulteriore rinvio pregiudiziale, per sollecitare un ripensamento della Corte sulla base di nuovi elementi o per avere dei chiarimenti sulla pronuncia gi resa. Diverso il caso della sentenza su rinvio pregiudiziale di validit. Quando la Corte si pronuncia nel senso della validit dellatto comunitario, leffetto limitato al caso di specie e ai motivi specifici della censura; dallesame delle questioni sottoposte alla Corte non sono emersi elementi idonei ad inficiare la validit dellatto. Quando invece la Corte si pronuncia nel senso della invalidit dellatto si produce lo stesso effetto di una sentenza di annullamento, dunque leffetto della cosa giudicata sia formale che sostanziale. Listituzione che ha posto in essere latto potr solo adottare un atto diverso che tenga conto dei motivi che hanno portato la Corte alla dichiarazione dinvalidit. Merita attenzione il problema degli effetti del tempo della sentenza pregiudiziale. Si tratta di una efficacia ex tunc in quanto definisce la portata della norma comunitaria cos come avrebbe dovuto essere intesa ed applicata fin dal momento della sua entrata in vigore. Leffetto della sentenza si estende anche a rapporti sorti in epoca precedente alla sentenza stessa Lipotesi di effetti ex nunc della sentenza interpretativa resta eccezionale. I pareri della Corte di giustizia

La Corte di giustizia competente a rendere pareri in ordine della compatibilit con il trattato di accordi previsti fra la Comunit e Paesi terzi o organizzazioni internazionali. Il parere pu essere chiesto dal Consiglio, dalla Commissione o da uno Stato membro cui la prassi pi recente consente di presentare osservazioni scritte e di partecipare alleventuale udienza. Il parere della Corte preventivo e dunque non pu che essere chiesto ed intervenire in un momento precedente alla stipulazione. sufficiente affinch la domanda di parere sia ricevibile che loggetto dellaccordo sia gi noto, anche se i negoziati siano ancora in una fase iniziale. Lo scopo del parere quello di evitare che i dubbi di compatibilit con il Trattato o anche di competenza a stipulare della Comunit diano luogo ad un contenzioso successivo alla stipulazione, ci che potrebbe pregiudicare gli interessi delle parti. Ed questa la ragione che ha determinato la Corte a rispondere alla richiesta di parere anche in una fase del tutto preliminare sia rispetto alla determinazione del contenuto dellaccordo sia rispetto allinizio dei negoziati. Sanzioni per le violazioni del diritto comunitario e obbligo risarcitorio dello Stato inadempiente nei confronti del singolo In caso di mancata esecuzione da parte di uno Stato membro di una decisione della Commissione che ne constati un inadempimento, la stessa istituzione pu infliggere misure di natura sanzionatoria. Tali misure possono consistere nella sospensione del pagamento di somme o nelladozione da parte della stessa Commissione o degli altri Stati membri di provvedimenti che siano idonei a neutralizzare gli effetti dellaccertato inadempimento. Si individuato dei meccanismi che in presenza di determinate condizioni consentono di collegare a talune infrazioni commesse degli Stati membri delle misure di tipo sanzionatorio. A proposito della sentenza che dichiara linadempimento, un rimedio stato introdotto dal T. di M che prevede ormai la possibilit di una sanzione pecuniaria per lipotesi di perdurante inadempimento; ma si perplessi sulla reale forza deterrente di questa sanzione. In una prospettiva diversa si inquadra la giurisprudenza che ha affermato il diritto del singolo al risarcimento del danno patrimoniale subito per effetto dellinadempimento dello Stato membro. Tale prospettiva quella che fa leva sui mezzi predisposti dal sistema per rafforzare leffettivit delle norme comunitarie attraverso una effettiva tutela giurisdizionale apprestata alle posizioni giuridiche create da quelle norme in capo ai singoli. Lart. 86 impone allo Stato non solo di revocare latto legislativo o amministrativo incompatibile con il diritto comunitario ma anche di riparare gli illeciti effetti che ne possono essere derivati. La possibilit di risarcimento a carico dello Stato indispensabile qualora la piena efficacia delle norme comunitarie sia subordinata alla condizione di unazione da parte dello Stato e i singoli in mancanza di tale azione non possano far valere dinanzi ai giudici nazionali i diritti loro riconosciuti dal diritto comunitario. Affermata lesistenza del principio di responsabilit la Corte ha precisato le condizioni per darne attuazione: 1. il risultato prescritto dalla direttiva implichi lattribuzione di diritti a favore dei singoli. 2. il contenuto di tali diritti possa esser individuato sulla base delle disposizioni della direttiva. 3. un nesso di causalit tra la violazione dellobbligo a carico dello Stato e il danno subito dai soggetti lesi. Tali condizioni sono sufficienti per far sorgere a vantaggio dei singoli un diritto ad ottenere un risarcimento, che trova direttamente il suo fondamento nel diritto comunitario.

Cenni sulla procedura Il procedimento dinanzi al Tribunale e alla Corte prevede una fase scritta ed una fase orale, prima che si proceda alla decisione della causa. Nelle azioni dirette (annullamento, carenza, resp. extra.) la procedura attivata con un ricorso da presentarsi entro il termine indicato per ciascuna azione del Trattato. Il ricorso contiene lindicazione delle parti, e dei difensori, lesposizione delloggetto della controversia, dei mezzi dedotti e delle prove che si offrono, nonch la esatta enunciazione della domanda. Il ricorso viene inviato alla cancelleria della Corte che provvede alla pubblicazione dellessenziale sulla G. ufficiale nonch alla notifica alla controparte. La procedura pregiudiziale inizia dinanzi al giudice nazionale con la sospensione del procedimento e la rimessione di una ordinanza alla Corte di giustizia con i quesiti che richiedono una risposta ai fini della decisione. Lordinanza va trasmessa direttamente alla cancelleria della Corte a Lussemburgo. La cancelleria la trasmette anche alla Commissione ed altre istituzioni interessate e agli Stati membri. Gli stati membri e le istituzioni comunitarie possono intervenire in tutte le procedure attivate con ricorso dinanzi al giudice comunitario, vuoi a supporto vuoi per contestarla. Il giudice relatore allora deposita una relazione dudienza che riassume i termini essenziali della causa, il quadro normativo e la posizione delle parti. Al tempo stesso di fanno richieste o si pongono dei quesiti alle parti e si fissa ludienza. Alludienza i difensori delle parti principali espongono i punti e rispondono alle domande dellavvocato generale. La fase orale termina con la lettura in udienza pubblica del dispositivo delle conclusioni dellavvocato generale. Della sentenza viene pubblicato il dispositivo nella G.U. LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI. 1. CENTRALITA DEL MERCATO COMUNE NEL SISTEMA COMUNITARIO Indiscussa la centralit del mercato comune delle merci e dei fattori della produzione (lavoro, servizi e capitali). La Corte ha pi volte ribadito che gli articoli del Trattato relativi alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei servizi e dei capitali sono norme fondamentali per la Comunit ed vietato qualsiasi ostacolo, anche di minore importanza, a detta libert. Eppure lespressione non ha mai ricevuto una specifica definizione. Ne troviamo una in una sentenza della Corte di Giustizia, dove si rileva che le nozione di mercato comunemira ad eliminare ogni intralcio per gli scambi intercomunitari al fine di fondere i mercati nazionali in un mercato unico il pi possibile simile ad un vero e proprio mercato interno. Definizione simile si ritrova allart. 14.2 Trattato CE. Bisogna precisare che le espressioni mercato comune, mercato interno e mercato unico si equivalgono. La realizzazione del mercato unico era prefigurata all art. 2 del Trattato di Roma come lo strumento atto a: 4. promuovere lo sviluppo armonioso delle attivit economiche nellinsieme della Comunit e 5. perseguire, pi in generale, i compiti della Comunit enunciati dallo stesso articolo. Quindi gli Stati membri devono svilupparsi armoniosamente , ma anche ravvicinarsi gradualmente. La gradualit del processo di integrazione ha fatto s che in un primo momento si sia dato spazio soprattutto alla dimensione negativa dellintegrazione fra i mercati e fra le attivit economiche, infatti si posto laccento sulleliminazione, poste dagli Stati membri, delle barriere e sulle regole di concorrenza; insomma vi un favor per le limitazioni alle libert degli Stati contraenti, purch preordinate al perseguimento dellobiettivo di integrazione. Nei secondi anni Ottanta, con la pubblicazione del libro bianco sul mercato interno e poi la stipulazione dell Atto Unico, si aperta la strada alla seconda fase del processo di integrazione,

ossia la sua dimensione positiva. Le modifiche apportate dall Atto Unico sono: - sul piano delle modalit decisionali, sostituisce in ipotesi significative il criterio di maggioranza a quello dellunanimit; - prefigura in taluni temi lo strumento del regolamento in luogo della direttiva; - prevede che il Consiglio, quando non vi sia armonizzazione, possa far applicare il criterio del mutuo riconoscimento delle normative nazionali in determinati settori; - infine, importanti sono le iniziative dellAtto Unico circa le c.d. politiche di accompagnamento che incrementano le competenze comunitarie. Il Trattato di Maastricht ha poi introdotto, come strumenti per raggiungere lobiettivo della sviluppo armonioso della Comunit, ununione economica e monetaria, e diverse politiche comuni orizzontali. 2. LIBERA CIRCOLAZIONE DELLE MERCI. disciplina:nozione di merce, sfera territoriale,destinatari. Campo di applicazione della

Il processo di liberalizzazione, che era previsto si concludesse il 31/12/1969, fu gi compiutamente realizzato a partire dal giugno 1968 dai sei Stati allora membri. La disciplina si articola in tre distinti momenti, che investono: 3. lunione doganale, cio labolizione di dazi e tasse di effetto equivalente allinterno del mercato comune, e la fissazione di una tariffa doganale comune per gli scambi dei Paesi terzi(artt. Da 23 a 27); 4. divieto dimposizioni fiscali interne agli Stati membri che siano discriminatorie per i prodotti importati (art.90); 5. abolizione delle restrizioni quantitative agli scambi intracomunitari e delle misure di effetto equivalente, nonch labolizione dei monopoli commerciali (artt. da 28 a 31). La nozione di merce comprende tutti i prodotti valutabili in danaro e quindi idonei ad essere oggetto di transazioni commerciali (tale definizione stata data dalla Corte chiamata a rispondere se rientrassero in tale nozione gli oggetti dinteresse artistico, storico, etc.: la risposta fu positiva). Sono compresi nella nozione anche le monete non aventi pi corso legale ed addirittura i rifiuti. I prodotti che riguardano la sicurezza in senso stretto, inseriti in uno specifico elenco predisposto dal Consiglio, soggiacciono alla previsione dellart.296 del Trattato e sono quindi, fuori dalla sfera di applicazione materiale delle norme disciplinanti la libera circolazione delle merci. Cos come sfuggono i prodotti contemplati dai Trattati CECA ed EURATOM (art.305) Quando non sono oggetto di specifica disciplina sulla politica agricola comunitaria, anche i prodotti agricoli e della pesca rientrano nella disciplina del mercato comune. Le sostanze radioattive, i medicinali ad uso umano e veterinario sono soggetti a particolari discipline. La sfera dapplicazione territoriale della disciplina coincide con quella di applicazione del Trattato, dunque col territorio degli Stati membri; le eccezioni e specificit riguardano alcune zone insulari che interessano la Francia (i dipartimenti doltremare), la Spagna (le Canarie) ed il Portogallo (Madeira e Azzorre): rispetto a tali territori, il Consiglio pu adottare misure specifiche dirette a stabilire le condizioni di applicazione del Trattato. I paesi doltremare soggiacciono a un regime particolare disciplinato da una decisione del Consiglio. Il campo di applicazione territoriale, relativo alla circolazione delle merci, va distinto dal territorio doganale della Comunit(che il territorio entro il quale trova applicazione la normativa doganale comunitaria). Le norme che disciplinano il mercato comune sono rivolte in generale agli Stati membri, nel senso che impongono a questi degli obblighi che ruotano attorno alla liberalizzazione degli scambi in

merci persone, servizi e capitali. I singoli beneficiano delleffetto diretto che accompagna gran parte delle norme relative alla liberalizzazione degli scambi(quindi sono titolari di diritti ceh possono far valere direttamente dinanzi ai giudici); quanto ai divieti, la Corte ha precisato che il comportamento del singoli (es. un accordo tra imprese) devessere valutato alla luce delle regole di concorrenza, mentre le norme sulla libera circolazione delle merci si riferiscono solo alle normative ed alle pratiche amministrative adottate dagli Stati membri e dalle istituzioni comunitarie. 3. LUNIONE DOGANALE. Origine delle merci e regime di libera pratica. Ai sensi dellart.23 del Trattato l Unione Doganale comporta labolizione, nellambito degli scambi intracomunitari, dei dazi doganali e delle tasse di effetto equivalente, nonch ladozione di una tariffa doganale comune per gli scambi con i Paesi terzi. Gi nel GATT si possono rinvenire le nozioni di zona di libero scambio (insieme del territori doganali nel quali si aboliscono i dazi limitatamente ai prodotti originari del Paesi aderenti) e di unione doganale (allabolizione dei dazi e si aggiunge luniformit sostanziale dei dazi applicati agli scambi con i Paesi terzi). Tuttavia, rispetto a questa concezione, lidea di unione doganale realizzata nella Comunit ancora pi avanzata (non a caso definita perfetta), in quanto rilevano altres: 4. il beneficio della libera circolazione, salvo eccezioni, anche per i prodotti originari di Paesi terzi ed introdotti nellarea comunitaria; 5. regime di preferenza per i prodotti comunitari; 6. disciplina doganale complessiva uniforme, che si avvale anche di un meccanismo di interpretazione giudiziaria centralizzata; 7. destinazione al bilancio comunitario delle entrate della tariffa doganale. Un confronto significativo da fare con lo Spazio Economico Europeo realizzato a partire dal 1994 con i Paesi dell EFTA. Tale Spazio, rientra a tutti gli effetti nellipotesi e nella nozione di zona di libero scambio e non in quella di Unione Doganale, nella misura in cui gli scambi riguardano i soli prodotti originari dei Paesi membri. Approfondiamo, allora, cosa si intende per Paese dorigine: ovviamente il posto in cui il prodotto fabbricato (se si tratta di produzione complessa, ai fini dellindividuazione dellorigine, Paese dorigine del prodotto quello in cui si avuta lultima trasformazione o lavorazione sostanziale: questo e il criterio dello stadio produttivo determinante).Il criterio dunque lo stadio produttivo determinante, cio della trasformazione economicamente e merceologicamente rilevante[in materia di prodotti ittici, poi, stato stabilito il criterio della bandiera della nave; in caso di bottino realizzato da pi navi di diversa nazionalit, il criterio quello della nave cui si possa imputare il momento essenziale della battuta o della campagna di pesca]. I prodotti originari di Paesi terzi, che siano stati regolarmente importati in un qualsiasi Paese comunitario, sono in regime di libera pratica, godendo, salvo eccezioni, della stessa libert di circolazione delle merci originarie degli Stati membri. Ogni prodotto, poi, viene provvisto di un documento doganale unico.

4. ABOLIZIONE DEI DAZI DOGANALI E DELLE TASSE DI EFFETTO EQUIVALENTE. Labolizione dei dazi doganali alla base del regime di libera circolazione delle merci, ed sancita dallart. 25 del Trattato, che una norma fondamentale del sistema comunitario ed provvista di effetto diretto. I dazi doganali allesportazione dovevano essere aboliti il 31 dicembre 1961, mentre

quelli allimportazione dovevano essere aboliti nel 1969(alla fine della disciplina transitoria), ma lo sono stati di fatto gi nel luglio dellanno precedente, con una decisione c.d. di accelerazione. La tassa di effetto equivalente un onere pecuniario che direttamente o indirettamente collegato allimportazione o allesportazione di un prodotto: pur non essendo un dazio, comporta gli stessi effetti restrittivi sugli scambi intracomunitari In ogni caso deve trattarsi di: 4. un onere pecuniario (altrimenti sarebbe una misura rientrante nel divieto ex art. 28); 5. deve colpire il prodotto in ragione dellimportazione o esportazione, rendendola pi onerosa ovvero aggravandone gli adempimenti amministrativiburocratici. Viceversa, non ha importanza il momento in cui viene imposto tale onere, che pu essere anche successivo a quello del passaggio della frontiera, cos come il suo ammontare, che pu essere anche minimo. Al riguardo, inoltre, non rileva neanche il soggetto beneficiario, che pu anche non essere lo Stato, cos come anche al finalit che si vuole perseguire. Le disposizioni di cui agli artt. 23 e 25 possono essere invocate dal singolo in ragione dellimportazione di un prodotto proveniente da un altro Stato membro. Non rileva che lintroduzione del prodotto sia in una parte del territorio (es. Regioni), piuttosto che nellinsieme del territorio statale, n che lonere colpisca anche i prodotti provenienti da altre regioni dello stesso Stato membro(ad esempio stata vietato il dazio di mare che riguardava i prodotti introdotto nei territori francesi doltremare, perch i prodotti erano provenienti da altre parti del territorio dello Stato membro). Va escluso che tale divieto possa essere attuato anche nei confronti dei paesi terzi, ma gli Stati membri non hanno comunque completa autonomia, perch tale onore tributario rientra nella politica commerciale comune e al sistema della Tariffa Doganale Comune(che ha dispsto il divieto agli stati membri di elevare o introdurre unilateralmente le tasse esistenti dalla sua entrata in vigore1968-, salvo talune eccezioni e deroghe introdotte dalla Comunit e comunque uniformi). Le deroghe al divieto sono mollo limitate: unipotesi quella di un onere pecuniario richiesto dallamministrazione per un servizio prestato in favore e/o nellinteresse dellimportatore; ma si deve trattare di un servizio reso individualmente effettivamente prestato dallamministrazione, in tal caso esso ha carattere di vero e proprio corrispettivo(e dunque deve essere proporzionato alla qualit e al costo del servizio); altra ipotesi quella di oneri pecuniari, imposti da convenzioni internazionali, per favorire la libera circolazione delle merci. Nella stessa logica rientra anche le ipotesi dei montanti compensativi monetari istituiti nellambito della politica agricola comune, in quanto oggetto di misure comunitarie destinate a compensare linstabilit monetaria. Altra ipotesi quella in cui lonere parte di un sistema generale di tributi interni, che colpisca con uguali criteri e sistematicamente sia il prodotto importato che quello nazionale. 5. DIVIETO DIMPOSIZIONI FISCALI DISCRIMINATORIE Il divieto di imporre dazi doganali deve essere integrato con lart. 90 del trattato, il quale vieta di applicare tributi interni che siano discriminatori per i prodotti importati. Ovviamente limposizione tributaria, pur restando nella sfera di libert degli Stati membri, deve conservare un carattere di assoluta neutralit tra prodotti nazionali e prodotti importati, cosicch lattraversamento del confine non costituisca loccasione per oneri tributari pi gravosi: tale divieto appare complementare ai divieti ex artt. 23-25 del Trattato, poich mira ad evitare che questi siano aggirati attraverso lo strumento tributario. I definitiva lart. 90 mira a garantire la libera circolazione delle merci in condizione di neutralit fiscale rispetto alla concorrenza tra prodotti nazionali e prodotti di altri paesi comunitari.

Il divieto comprende qualsiasi onere pecuniario di natura tributaria imposto dallo Stato o da un ente pubblico territoriale, indipendentemente dal beneficiario che pu anche non essere lo Stato. Il divieto va inteso anche se il prodotto provenga da un Paese terzo, ed il prodotto si trovi in regime di libera pratica. Lart. 90 applicabile sia alle imposte indirette che alle imposte dirette. Una tassa incompatibile a tale disposizione vietata solo per la misura in cui colpisce le merci importate pi di quelle nazionali. Non deve per farsi confusione col divieto di tasse di effetto equivalente: i due divieti non possono applicarsi cumulativamente, poich danno luogo a regimi sostanzialmente diversi (es. le tasse deffetto equivalente ( che colpiscono il prodotto in ragione della sua importazione o esportazione, vanno semplicemente abolite; mentre le imposte interne, che colpiscono tutti i prodotti discriminando quelli importati da quelli nazionali o che comunque colpiscono merci secondo criteri obiettivi indipendentemente dalla provenienza, vanno applicate in modo da escludere qualsiasi discriminazione tra prodotti tra prodotti nazionali e prodotti importati). Quindi lipotesi del tributo interno ha come condizione fondamentale la generalit e lastrattezza dellonere. Deve trattarsi di onere tributario. Lelemento della discriminazione rileva in quei tributi che abbiano leffetto di scoraggiare limportazione di merci originarie di altri Stati membri a vantaggio dei prodotti come ad es.: tassazione molto elevata per le vetture che superano un certo livello di potenza fiscale, cosicch allonere soggiacciono solo le vetture importate; tributo che colpisce solo luso del prodotto, quando questo sia importato solo per quelluso. Un imposta dovuta dal trasportatore del prodotto, applicate a secondo se si tratti di trasporto nazionale ovvero internazionale, in modo che il primo sia esente da imposta etc. Insomma il criterio decisivo costituito dallincidenza effettiva del tributo sul prodotto nazionale e sul prodotto importato. Inoltre, al fine di qualificare astrattamente lonere si dovr osservare se il gettito destinato a finanziare attivit che giovano specificamente ed esclusivamente al prodotto nazionale tassato, e la compensazione totale ( e allora parleremo di tassa di effetto equivalente) o se i benefici compensano solo parzialmente lonere che grava sui prodotti nazionali e quindi limposta va a discriminare i prodotti importati, al pari di quando la compensazione totale.( e la tassa rientra nella disposizione dellart.90). Ex art. 90, co. 1:. uno Stato membro non pu applicare ai prodotti degli altri Stati membri tributi interni superiori a quelli applicati ai prodotti nazionali similari. Dal primo comma di tale articolo chiaro il primo termine di paragone, ossia i prodotti devono essere similari, cio devono avere propriet analoghe e rispondono alle stesse esigenze, in base a un criterio non di identit ma di analogia. Poi bisogna far rferimento a una serie di altri fattori, quali la fabbricazione, il gusto, il tenore alcolico per le bevande, nonch lidoneit a rispondere agli stessi bisogni del consumatore. Tra i prodotti nazionali, poi, vanno intesi anche quelli per cui non esiste una produzione nazionale, ma un mercato ellusato. Inoltre, ex art. 90, co.2 : uno Stato membro non pu applicare, ai prodotti degli altri Stati membri tributi interni volti a proteggere indirettamente altre produzioni Ossia non si fa pi riferimento ai soli prodotti similari, ma si amplia il raggio dazione e si parla di prodotti concorrenti. Ad esempio in tema di bevande alcoliche si affermata lillegittimit di una tassazione di un vino importato, leggero e di basso costo, pi elevata di quella applicata sulla birra, tipica nazionale. Relativamente, poi, allapparente contiguit con il divieto di restrizioni quantitative alle importazioni ex art.28, o ancora al divieto di misure di effetto equivalente, basta dire che la disposizione ex art. 28 una norma di portata generale. Quindi si applica in via del tutto residuale alle disposizione ex artt. 23 e 25 e 90. Nel caso di tasse parafiscali pu rilevare anche rispetto alla disciplina degli aiuti di Stato, tassa che comunque va a incidere sulla concorrenza e sugli scambi. Allora sar sottoposta al controllo della Commissione, e pi in generale agli artt.87 e 88 del Trattato, sia sotto il profilo sostanziale che

procedurale. Comunque il giudice nazionale dovr valutare la compatibilit della tassa rispetto a norme del Trattato diverse dagli artt.87 e 88, cos da non precludere a questi la possibilit di valutarla rispetto allart. 90 o ad altre disposizioni. Per ci che concerne la ripetizione di somme percepite dalle amministrazioni nazionali a titolo di tributo ovvero dazio doganale in violazione del diritto comunitario, la giurisprudenza ha stabilito che contro questultimo un sistema di rimborso fondato sulla presunzione della ripercussione e che ponga a carico del contribuente la prova del contrario o altre limitazioni.

6. RESTRIZIONI QUANTITATIVE E MISURE Lorientamento originario della Commissione.

DI

EFFETTO

EQUIVALENTE.

Fondamentale nella disciplina del mercato comune delle merci e il divieto di restrizioni quantitative degli scambi e di qualsiasi misura effetto equivalente, divieto che investe sia le importazioni (art. 28) che le esportazioni (art. 29). In particolare, rileva lipotesi delle misure di effetto equivalente che comprende quella gamma molto ampia di provvedimenti che hanno effetti protezionistici, rappresentando cosi un ostacolo oggettivo agli scambi intracomunitari. Nessuna questione pongono le restrizioni quantitative (ossia quelle che limitano limportazione o esportazione al di l di una certa quantit, o anche in assoluto. In un primo tempo, la nozione di misura di effetto equivalente si riferiva solo alle misure distintamente applicabili ai prodotti nazionali ed a quelli importati(infatti tali misure venivano definite distintamente applicabili); a seguito di una direttiva del 1969 (70/50) tale nozione fu ampliata comprendendovi ogni atto posto in essere da unautorit pubblica che, pur non vincolante sul plano giuridico, possa indurre i destinatari ad una scelta di acquisto in favore del prodotto nazionale. Ma la novit pi rilevante di tale direttiva fu che tra le misure vietate vennero inserite anche quelle che, pur se applicabili indistintamente ai prodotti nazionali ed a quelli importati, producono sulla libera circolazione effetti restrittivi al di l di quelli propri di una regolamentazione commerciale (es: effetti sproporzionati rispetto al fine perseguito). Chiaro che, comunque, la Commissione non vietava, con questa direttiva, le misure indistintamente applicabili, poich i loro effetti restrittivi sono inerenti alla disparit delle disposizioni nazionali. 7. LA NOZIONE DI MISURA DI EFFETTO EQUIVALENTE NELLA GIURISPRUDENZA La nozione, molto ampia nella giurisprudenza, di misura di effetto equivalente, vuole dare un effetto funzionale e utile allart.2 del Trattato. E bene precisare che stiamo parlando di una disposizione fondamentale per leconomia del sistema comunitaria, che ha, infatti, effetto diretto. Nella sentenza DASSONVILLE (1988), la Corte ha enunciato una nozione di misura di effetto equivalente ancora oggi pienamente valida. Con riferimento ad una disposizione nazionale che subordinava limportazione di un whisky al fatto che fosse esibito un certificato rilasciato dal Paese esportatore, la Corte rilev che un operatore che avesse importato quel prodotto da un Paese diverse, in cui per il whisky si trovava in libera pratica ed in cui non veniva richiesto quello stesso certificato, incontrava oneri superiori a quelli che incombevano sullimportatore diretto. La famosa formula-Dassonville sancisce che: ogni normativa commerciale degli Stati membri che possa ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza gli scambi intracomunitari, va considerata come una misura deffetto equivalente a restrizioni quantitative. Il divieto ha portata generale. Esso non quindi condizionato ad una riduzione effettiva degli scambi, ma simpone per il solo fatto che la misura rappresenti anche potenzialmente un aggravio non giustificato per gli operatori commerciali. Quindi laggravio non deve essere dimostrato, in quanto basta leffetto potenziale di ostacolo alle importazioni. Ancora, non necessario che il provvedimento nazionale riduca sensibilmente gli scambi intracomunitari,

ricadendo nel divieto anche una misura che si esaurisca in un ostacolo lieve ed anche quando vi siano altre possibilit di smercio del prodotto importato. Pur trattandosi di un divieto indirizzato agli Stati membri, esso pu investire anche i comportamenti dei privati, nella misura in cui questi non possono in via convenzionale (sulla base di un accordo tra imprese che ostacoli gli scambi intracomunitari) derogare alle disposizioni del Trattato sulla libera circolazione delle merci. Ovviamente le misure restrittive devono essere misure statali o comunque imputabili alle p.a., i comportamenti dei singoli rilevano sul piano della concorrenza. Il comportamento dello Stato pu venire in rilievo in relazione ad atti posti in essere da privati (ad esempio la lettura congiunta degli artt. 10 e28 del trattato stabilisce che lo Stato deve impedire che i privati creino ostacoli indebiti alla libera circolazione delle merci), o ancora pu rilevare in tema di tutela della concorrenza in particolare del divieto di aiuti pubblici alle imprese. Le istituzioni comunitarie, infine, sono tenute a rispettare il divieto di ostacolare gli scambi con misure di effetto equivalente a restrizioni quantitative. 8. le misure distintamente applicabili Tra le misure deffetto equivalente, bisogna anzitutto considerare le misure distintamente applicabili ai prodotti nazionali ed ai prodotti importati, quelle cio che subordinano la commercializzazione di questi ultimi a condizioni diverse o pi onerose rispetto a quelle applicabili ai primi. Ricordiamo i controlli, ad esempio sanitari. Tali controlli, se operati in modo sistematico, costituiscono misure vietate ex art. 28, salvo se non rientrano nelle deroghe ex art. 30. O ancora, unaltra ipotesi quella delle misure che impongono una documentazione specifica per limportazione o esportazione del prodotto ( ad esempio una licenza o un certificato di conformit, insomma facciamo riferimento a qualsiasi formalit burocratica che ha un effetto dissuasivo) Altra ipotesi riguarda le misure che favoriscono la canalizzazione delle importazioni attraverso determinati operatori in regime di distribuzione selettiva, cos da scoraggiare o impedire le cd. importazioni parallele, che sono il simbolo della realizzazione effettiva di un libero a comune mercato delle merci. Ad esempio nella pronuncia Dassonville sono state dichiarate illegittime ex art.28 le misure disposte dallamministrazione italiana per aggravare gli adempimenti e gli oneri di immatricolazione delle autovetture importate non dagli importatori c.d. ufficiali designati dalle case produttrici, ma da operatori c.d. paralleli. 9. LE MISURE INDISTINTAMENTE APPLICABILI. Normative sui prezzi Vi sono poi delle misure che pur se neutre rispetto al rapporto tra prodotti nazionali e prodotti importati, possono produrre, di fatto, una riduzione delle importazioni. Alcuni esempi riguardano le discipline dei prezzi applicate in presenza di certe condizioni (ad es. quando viene stabilito un prezzo massimo di rivendita, pu accadere che il prodotto importato risulti fuori mercato, nel senso che il suo smercio viene reso impossibile o pi difficile rispetto a quello del prodotti nazionali); o quando vengono fissati dei prezzi che da un lato vogliono favorire lindustria e la ricerca nazionale attraverso una considerazione dei fattori di costo che sfavorisca i prodotti importati; dallaltro non consideri spese e oneri relativi allimportazione tra gli elementi che contribuiscono alla determinazione del prezzo. 10. segue: NORMATIVE SULLA QUALITA E LA PRESENTAZIONE DEL PRODOTTO Altra ipotesi di misure indistintamente applicabili riguarda le normative sulla qualit e presentazione del prodotto, per le quali si affermato il principio per cui un prodotto legittimamente commercializzato in uno Stato membro pu essere importato e commercializzato, senza ostacoli, anche negli altri Stati membri (principio del mutuo riconoscimento). Tale principio muove dal presupposto che, in assenza di disciplina comunitaria di armonizzazione, le legislazioni nazionali

relative alle condizioni di commercializzazione di determinati prodotti possono essere diverse, il che non esclude che siano ugualmente rispettose della salute o delle esigenze del consumatore. Ne consegue che uno Stato deve accettare i prodotti importati anche quando le specifiche tecniche prescritte per i prodotti nazionali non siano state effettuate ma il livello di protezione dellutilizzatore sia equivalente, o che gli stessi prodotti siano sottoposti a controlli equivalenti gi negli stessi Stati membri. Comunque questi intralci c.d. ostacoli tecnici si tollerano solo in vista della soddisfazione di esigenze imperative, relative allefficacia dei controlli fiscali, alla protezione della salute, etc. Caso tipico del genere quello dl CASSIS DE DIJON, avente ad oggetto limportazione in Germania di un liquore francese: il giudice tedesco era chiamato a verificare la compatibilit con lart. 28 di una normativa nazionale relativa alle bevande alcoliche, nel punto in cui fissava in via del tutto generale (perci anche per i prodotti nazionali) un livello minimo di contenuto alcolico, affinch certe categorie di bevande potessero essere commercializzate come tali in Germania. Di qui la Corte precis che gli intralci alla libera circolazione delle merci, derivanti da disparit delle legislazioni nazionali, sono ammessi solo se perseguono uno scopo dinteresse generale atto a prevalere sulle esigenze della libera circolazione. Il controllo sulle normative nazionali deve esercitarsi a livello comunitario. 11. segue: NORMATIVE SULLE MODALITA DI COMMERCIALIZZAZIONE Meno facile lapplicazione della formula-Dassonville per quelle misure nazionali indistintamente applicabili che non abbiano ad oggetto i prodotti., bens le modalit dellattivit commerciale: chi, come, dove e quando poter vendere. Si tratta di misure che possono produrre eventuali riduzioni delle importazioni, ma solo in quanto abbiano causato altrettante riduzioni delle vendite, sia dei prodotti nazionali, sia di quelli importati. La giurisprudenza, in un primo momento ha largheggiato nellapplicazione della forula Dass. anche in questo settore specifico, destando un po di confusione negli operatori che si sono sentiti autorizzati a contestare ogni genere di misura che andasse a limitare lattivit commerciale, perdendo di vista la natura dellart. 28, ed in particolare la dimesione comunitaria e non anche solo nazionale. Se ne , ad esempio, esclusa lapplicazione quando le misure nazionali non avevano ad oggetto gli scambi, e comunque consentivano modalit di vendita alternative. Una seconda ipotesi riguarda un altro tipo di misure nazionali, dove era presenta un potenziale effetto restrittivo delle importazioni come conseguenza di una delimitazione degli orari dellattivit di vendita, la giurisprudenza aveva affermato la legittimit delle misure ove non eccedano il contesto degli effetti propri di una normativa commerciale. Si tratta della giurisprudenza riguardante lapertura domenicale dei negozi, la quale non va a sfavorire la commercializzazione dei prodotti importati pi di quella dei prodotti nazionali. Si invece applicata la formula- Dassonville per le discipline nazionali limitative dei sistemi di pubblicit e promozione delle vendite, le quali possono costringere loperatore a mutamenti onerosi delle strategie commerciali. In alcune precisazioni successive, la Corte non ha pi compreso nella nozione di misura di effetto equivalente quelle normative applicabili a tutti gli operatori che svolgono attivit commerciali in un determinato Stato membro, e che investono allo stesso modo la commercializzazione sia dei prodotti nazionali sia di quelli importati. Nella sentenza KECKHUNERMUN del 1993,la corte chiarisce che misure relative alle modalit dellattivit commerciale e non al prodotto, non collegate in alcun modo con la diversit delle legislazioni nazionali e in suscettibili di rendere, direttamente o indirettamente, nella forma o nella sostanza, laccesso al mercato meno facile per i prodotti importati, non rientrano tra le misure a effetto equivalente a restrizioni quantitative di cui alla formula Dassonville. Resta quindi del tutto inalterato il criteri di mutuo riconoscimento, mentre si sgombrato il campo dellart.28 da normative nazionali che non investono affatto gli scambi o lintegrazione dei mercati.

12. RESTRIZIONI QUANTITATIVE ALLE ESPORTAZIONI Il divieto ex art. 29 pu valere sia in tema di restrizioni delle importazioni e sia delle esportazioni. Per tale divieto riguarda solo le esportazioni verso Paesi membri e non quelle verso Paesi terzi. La giurisprudenza ha limitato la portata dellart. 29 a quelle misure che hanno per oggetto o per effetto di restringere specificamente le correnti di esportazione, richiedendo, in tal modo, che venga configurato un elemento di discriminazione a favore del mercato nazionale. Bisogna precisare che ci che lart. 29 vieta la misura che sfavorisce le esportazioni e non quella che riduce anche le esportazioni (non si vieta ad esempio lemanazione di regolamentazioni tecniche applicabili indistintamente ai prodotti destinati allesportazione verso altri Paesi membri). 13. DEROGHE AL DIVIETO Dl DISCRIMINAZIONE. Lart.30 configura le ipotesi nelle quali uno Stato pu adottare o mantenere misure comprese nei divieti ex art. 28 e 29. Si tratta di ipotesi motivate da ragioni di moralit pubblica, pubblica sicurezza, ordine pubblico, tutela della salute o del patrimonio, ecc.; la tutela di queste esigenze non deve in ogni caso costituire mezzo di discriminazione arbitraria o una restrizione dissimulata. Lart. 30 rappresentando una deroga al principio fondamentale delleliminazione degli ostacoli alla libera circolazione delle merci, una norma di stretta interpretazione, cio non pu essere estesa a ipotesi diverse da quelle tassativamente prefigurate. In secondo luogo, con tale norma non si inteso riservare agli Stati membri una competenza esclusiva in determinate materie ( difesa della salute etc) ma voleva solo consentire una deroga al principio della libera circolazione in vista delle esigenze prefigurate dal trattato. E chiaro che se, in vista di queste esigenze, la Comunit ha gi adottato direttive di armonizzazione non trasposte dagli Stati, le deroghe non saranno pi consentite. In altri termini, quando la Comunit detta uno standard che deve essere adottato da tutti gli Stati membri, laccento si deve porre sullo Stato esportatore, con la conseguenza che un prodotto commercializzato in uno stato membro, conforme agli standards voluti dalla normativa comunitaria uniforme, non pu subire alcuna restrizione ex art.30. In terzo luogo il controllo effettuato, in vista della tutela di queste esigenza, deve sempre ispirarsi al principio di proporzionalit; cio lesercizio della facolt di deroga deve limitarsi a quanto strettamente necessario al perseguimento degli scopi previsti. Quanto allipotesi della tutela della moralit pubblica, stata riconosciuta la potest di uno Strato di impedire limportazione di oggetti osceni o indecenti, fermo restando che sar ciascuno Stato a determinare le esigenze di moralit da soddisfare. Bisogna per precisare che uno Stato non pu vietare limportazione di taluni prodotti se nel suo territorio non esiste un divieto assoluto di fabbricazione e commercializzazione degli stessi. Per lipotesi di pubblica sicurezza esemplare il caso Campus Oil, in cui si discuteva circa un obbligo imposto agli importatori di prodotti petroliferi di rifornirsi presso una raffineria nazionale fino a una certa quota del fabbisogno ai prezzi prestabiliti, non avendo quella raffineria la possibilit di praticare prezzi competitivi. Lobbligo stato considerato rientrante nelle deroghe dellart. 30, con la precisazione che la quantit di prodotto interessato al sistema non pu superare n il limite di approviggionamento minimo corrispondente alla sicurezza comune, n il livello necessario di disponibilit per il caso di crisi. In Italia si era cercato di giustificare i maggiori oneri documentali e amministrativi prescritti per limmatricolazione delle autovetture dimportazione parallela rispetto a quelle importate dai distributori ufficiali, invocando lordine pubblico. Ma stato fatto cadere ogni fondamento a tali motivi, perch il traffico illecito di autovetture pu essere ostacolato con mezzi diversi da questo. Tra gli interessi di cui allart. 30, la salute e la vita delle persone sono al primo posto. In linea di massima viene lasciata ampia discrezionalit agli stati per le norme e divieti posti per la difesa di

questi interessi, ovviamente, per, graver sugli stessi lobbligo di dimostrare leffettivit del rischio 14. LE RESTRIZIONI AGLI SCAMBI CONNESSE ALLA TUTELA DELLA PROPRIETA INDISTRIALE E COMMERCIALE. Dallo stesso art. 30 sono previste deroghe per la tutela della propriet industriale e commerciale. Questo e un settore difficile, poich regolato da una disciplina ispirata al principio della territorialit, che principio concettualmente agli antipodi rispetto allidea del mercato comune: lo sforzo giuridico consiste, perci, nel trovare un equilibrio tra tutela della propriet intellettuale e il mercato comune (ispirato al principio della libert degli scambi). La propriet intellettuale viene vista come quellinsieme di diritti riconosciuti da un ordinamento per la tutela del brevetto, del marchio, del diritto di autore etc. Inoltre il titolare di tale diritto ha facolt esclusive erga omnes, in ordine alla produzione e alla commercializzazione dei beni cui inerisce. Il conferimento di unesclusiva territoriale, porta a uno regime di monopolio che pu contrastare con lidea di mercato comune. Per un lungo periodo stata la Corte a disegnare i contorni del regime comunitario della propriet intellettuale, rifacendosi alle norme riguardanti la libert di circolazione delle merci e quelle sulla concorrenza. Nel settore della propriet intellettuale gli artt. 28 e 30 si configurano come un limite allapplicazione delle normative interne, lo schema concettuale pu essere cos sintetizzato: le restrizioni degli scambi risultanti dallapplicazione dei diritti di propriet intellettuale ricadono automaticamente nel campo di applicazione dellart.28; la verifica di compatibilit con il diritto comunitario delle norme nazionali sulla propriet intellettuale deve essere ricondotta nellambito dellart. 30 La deroga di cui allart. 30 consente di giustificare soltanto norme interne che siano indispensabili per tutelare loggetto specifico dei diritti di propriet intellettuale. Spetta, in ultima analisi, alla Corte definire qual loggetto in questione, nonch dettare i criteri in base ai quali valutare se le norme nazionali siano o meno indispensabili. Le necessarie valutazioni di fatto spettano alle autorit (amministrative o giurisdizionali) nazionali Lart. 30 precisa che tali divieti non debbano comportare una discriminazione arbitraria o una restrizione dissimulata agli scambi intracomunitari. Nel diritto di brevetto loggetto specifico della propriet industriale la garanzia data al titolare, per ricompensare lo sforzo creativo , di valersene in via esclusiva per limmissione di beni industriali sia direttamente, sia concedendo licenze a terzi (ovviamente loggetto specifico non pu valere quando la prima immissione in commercio avvenga in un mercato dove il prodotto non brevettabile: in tal caso il titolare non pu che accettare le regole della libera circolazione. Per ci che concerne la definizione delloggetto nel diritto di marchio, esso prima si individuato nella garanzia per il titolare di un diritto esclusivo di servirsi del marchio per la prima immissione di un prodotto sul mercato, successivamente alla sentenza HaggII, la Corte ha individuato la funzione che il marchio assume a tutela del consumatore ed a garanzia della qualit dei prodotti. Relativamente al diritto dautore e ai diritti connessi, stato riconosciuto che le diverse forme di tutela della propriet letteraria ed artistica rientrano nellambito della deroga ex art. 30 in ordine alla propriet industriale e commerciale. In particolare la Core ha sempre escluso che gli articoli 28 e 30 possano essere invocati per opporsi allapplicazione di norme nazionali che stabiliscono se possa essere riconosciuto un diritto di propriet intellettuale. La costituzione di tale diritto rimessa allordinamento interno, con la conseguenza che le regole adottate da uno stato membro in tale materia debbono ritenersi rientrare in linea di principio nellambito della specifica deroga ex art.30. Lautonomia degli statio non assoluta, infatti la Corte ha previsto che, in presenza di talune condizioni, i diritti di propriet intellettuale sono soggetti ad esaurimento, e che comunque le norme su questi diritti non possono avere effetti discriminatori. Il principio dellesaurimento il titolare non potr opporsi allimportazione o commercializzazione di prodotti messi in commercio, nello Stato

desportazione, da lui stesso a col suo consenso; ci dettato per evitare che il titolare possa determinare, con la costituzione di diritti paralleli, una compartimentazione dei mercati ed impedire la circolazione del prodotti nella Comunit. La giurisprudenza ha poi precisato la portata del principio dellesaurimento, ad esempio in materia di brevetti se ne esclusa lapplicazione quando il prodotto sia stato commercializzato sena il consenso effettivo del titolare del brevetto /a meno che non abbia acconsentito alla commercializzazione in uno stato in cui il prodotto non brevettabile). Le opere artistiche, letterarie che possono essere non solo vendute ma anche noleggiate, la giurisprudenza ha affermato che la riscossione dei diritti dautore in funzione alle vendite non costituisce una remunerazione sufficiente, e quindi una normativa che preveda una quota, spettante al titolare del diritto, dei profitti realizzati tramite il noleggio giustificata. In materia di marchi, in un primo momento il principio dellesaurimento stato collegato alla mera origine comune del diritto, senza distinguere tra successiva cessione volontaria e non volontaria. Tale orientamento mutato con la sentenza HAG II, che ha precisato che nellipotesi di due o pi diritti di marchio aventi la stessa origine, ma la cui partizione sia avvenuta senza il consenso del titolare originario ed in capo a soggetti a lui del tutto indipendenti, ciascun titolare si pu opporre allimportazione del prodotto di marchio uguale o confondibile. E bene precisare che lapplicabilit del principio dellesaurimento applicabile in tutti i casi di cessione del diritto in quanto ad essere decisivo non il consenso del titolare originario, ma la perdita da parte sua del controllo sulla qualit del prodotto. Per il caso di riconfezionamento d medicinali, il titolare del diritto di marchio si pu opporre solo quando sia riconosciuto che lesercizio del diritto di marchio non miri ad isolare artificialmente i mercati, quando il riconfezionamento pu alterare lo stato originario del prodotto e quando sulla nuova confezione non se ne specifica lautore. La giurisprudenza riassunta la ritroviamo nellart.7 del direttiva sul riavvicinamento delle legislazioni nazionali sui marchi. 15.MONOPOLI COMMERCIALI Lart. 31 del Trattato sancisce il principio del riordino dei monopoli nazionali di carattere commerciale, fine alleliminazione di qualsiasi discriminazione fra cittadini comunitari circa le condizioni relative allapprovvigionamento e agli sbocchi. Lobbligo di procedere al riassetto dei monopoli riguarda qualsiasi organismo dello Stato, attraverso cui questo controlli, diriga o influenzi sensibilmente, direttamente o indirettamente, gli scambi tra Paesi membri. Deve trattarsi di un monopolio che si estende nellintero territorio nazionale e che attenga a scambi di merci; in caso contrario si fuori dal campo di applicazione dellart.31. Il riordino progressivo dei monopoli doveva consentire agli Stati membri di realizzare lobiettivo delleliminazione di qualsiasi discriminazione entro e non oltre il periodo transitorio( 31/12/1969 per i Padri fondatori). Lobiettivo era quello di evitare eventuali perturbazioni nel tessuto economico e sociale. Inoltre i tempi del riordino non consentono di determinare a priori i momenti intermedi in cui i singoli ostacoli vanno eliminati, come confermato anche dal tipo di strumento, la raccomandazione, di cui la Commissione si serve per sollecitare il riordino. Ci si chiesti se lart. 31 imponga leliminazione dei monopoli commerciali in quanto tali, o solo di quelli che comportano una discriminazione. In questi termini il problema mal posto, perch dipende dal tipo di monopolio, dalla sia estensione e dalla sua compatibilit con le norme comunitarie. Altro problema era il rapporto tra lart. 31 e lart. 86. Questultima sicuramente pi ampia, perch mira alleliminazione di qualsiasi misura che, adottata nei confronti delle imprese pubbliche e delle imprese titolari di diritti esclusivi o speciali, sia contraria al trattato e in particolare alle norme sulla concorrenza. Logica vorrebbe che lart. 31, una volta raggiunto il suo scopo di eliminare i monopoli che recano

pregiudizio alla libert degli scambi di merci, rientrasse nella norma pi ampia dellart. 86. Il Trattato di Amsterdam ha risolto la questione eliminando il carattere della gradualit del riordino nei monopoli commerciali, ma mantenendo la disposizione distinta dallart. 86.

LA

LIBERA

CIRCOLAZIQNE

DELLE

PERSONE

DEI

CAPITALI.

1. LE PERSONE CHE BENEFICIANO DELLA LIBERTA DI CIRCOLAZIONE ALLINTERNO ELLA COMINITA La libera circolazione delle persone oggetto di un principio fondamentale destinato a soddisfare lesigenza di rendere possibile e agevole per i cittadini comunitari lesercizio di una attivit, senza riguarda per i confini nazionali. Allinizio il trattato non riguardava la persona in quanto tale, ma in quanto soggetto che esercita unattivit economica rilevante o comunque sia a tale soggetto collegata, ad esempio per vincoli familiari. Troviamo dunque, tre gruppi di norme, che corrispondono a tre principali ipotesi: 8. lavoro subordinato ( artt. 39-42) 9. lavoro autonomo localizzato stabilmente nel territorio di uno Stato membro (artt. 43-48) 10. prestazione di servizi, che si risolve in unattivit economica prestata occasionalmente in uno Stato membro diverso da quello di stabilimento (art. 49-55) La disciplina della libera circolazione delle persone si articola in modo differente a secondo delle tre ipotesi, ci per non inficia che, sotto certi aspetti, sia unitaria. La Corte ha ampliato il pi possibile la sfera di soggetti ammessi a beneficiare della libera circolazione, andando ben al di l delle ipotesi tipiche. A ci si aggiunga che lo stesso diritto derivato ha finito col riconoscere a tutti i cittadini comunitari, sebbene con talune limitazioni, un diritto di soggiorno generalizzato e, dunque, un diritto di circolare anche in assenza di unattivit lavorativa. Una direttiva recente ha razionalizzato i precedenti strumenti comunitari che trattavano separatamente le varie figure di lavoratore subordinato, lavoratore autonomo, studente e persone inattive, disciplinando in un unico testo legislativo il diritto dei cittadini dellUnione europea e dei loro familiari di circolare e di soggiornare nel territorio degli Stati membri. La libert di circolazione e di soggiorno, e pi in generale lo status dei cittadini dei Paesi membri della Comunit, sono da sempre e restano collegati al divieto di discriminazioni in base alla nazionalit sancito dallart. 12 del trattato. Tale disposizione va letta e applicata in combinato con lart. 18 , ceh sancisce il diritto di tutti i cittadini comunitari alla libera circolazione e al soggiorno nellintero territorio dell Unione e senza alcun riferimento alla valenza economica dellattivit svolta. Il giudice comunitario ha ulteriormente valorizzato lart.18, riconoscendo anche al genitore cittadino di uno Stato terzo che abbia la custodia del figlio avente la cittadinanza europea il diritto di soggiornare con questultimo nello Stato membro ospitante. La Corte arriva a questa conclusione mettendo in chiara evidenza che il rifiuto della domanda di permesso di soggiorno presentata dalla madre che esercita la custodia del minore, priverebbe di qualsiasi effetto utile il diritto di soggiorno di questultimo. 2. segue: LA LIBERTA DI CIRCOLAZIONE DEI CITTADINI DELLUNIONE E DEI CITTADINI DI PAESI TERZI La giurisprudenza ha chiarito che il trattato sull Unione non esige che i cittadini dellUnione svolgano unattivit lavorativa per godere dei diritti previsti dalle norme sulla cittadinanza dellUnione. Cos ha chiarito che lart. 18 TCE provvisto di effetto diretto e attribuisce al cittadino dell Unione un medesimo trattamento giuridico nellesercizio della libert di circolazione e soggiorno. Ma la Corte ha precisato che questo diritto non assoluto, essendo attribuito subordinatamente alle limitazioni e condizioni imposti dal trattato e dalle relative norme di attuazione. Ovviamente tali limiti e condizioni devono rispondere al principio di proporzionalit,

ossia devono essere proporzionate allo scopo che vogliono conseguire. Quindi la Corte ha voluto in primo luogo affermare che tali diritti sono condizionati allesercizio effettivo della circolazione, con la conseguenza che non hanno una valenza autonoma rispetto a quelli che il Trattato e il diritto derivato gi gli riconoscono. In secondo luogo il pieno diritto di circolazione, inteso come diritto di attraversare le frontiere intracomunitarie senza controlli, rimane collegato alladozione di disposizioni comuni sui controlli alle frontiere esterne. Le difficolt che permangono alla libera circolazione delle persone sono attualmente dovute ai controlli di polizia effettuati alla frontiera. Si tratta di una questione collegata alla pi generale politica di immigrazione, oltre che alla lotta alla criminalit e al terrorismo. Non a caso la cooperazione degli Stati membri in materia iniziata al di fuori del sistema comunitario, attraverso le iniziative dei governi e delle autorit preposte alla tutela dellordine pubblico e/o dellimmigrazione. Gli sviluppi pi importanti si sono avuti con gli accordi di Schengen,le cui problematiche sono state affrontate per la prima volta nel contesto dellUnione, quale prefigurata dal Trattato di Maastricht, allinterno del terzo pilastro. Il Trattato di Amsterdam ha poi ricondotto a unit la disciplina complessiva nellambito del Trattato CE, eliminando le sovrapposizioni tra gli accordi di Schengen e le disposizioni del terzo pilastro, e ha accolto allo stesso tempo le istanze del Pralmaneto e Commissione per un loro maggior coinvolgimento nelle materie in questione. Il nuovo titolo IV (visti, asilo, immigrazione etc) determina il passaggio di tali materie dalla competenza dellUnione a quella della Comunit europea e ci nella finalit di istituire uno spazio di libert, sicurezza e giustizia. Altra evoluzione labbiamo con il Trattato di Nizza in senso comunitario delle procedure decisionali. Infatti anche in materia di asilo e di protezione temporanea agli sfollati, le misure possono essere adottate dal Consiglio in base allart. 251 CE. La comunitarizzazione ha apportato un contributo essenziale ai fini di un effettiva libert di circolazione delle persone allinterno del mercato comune, bench alcune materie continuino ad essere disciplinate con il metodo della cooperazione intergovernativa, considerata la loro permanenza nel terzo pilastro. Le nuove competenze vogliono raggiungere vari obiettivi, ossia: 6. eliminazione dei controlli alle frontiere interne, sia per i cittadini dellUnione, sia per i cittadini dei Paesi terzi 7. regolamentazione comune dellattraversamento delle frontiere esterne e ci mediante una disciplina in materia di visti per soggiorni di breve e di lunga durata, misure relative alla circolazione e al soggiorno nell Unione dei cittadini di paesi terzi etc Il rischio di sovrapposizione tra gli accordi Schengen e il titolo IV del TCE e lattuale terzo pilastro stato evitato grazie alla integrazione nell Unione europea complessivamente considerata degli accordi Schengen e di tutti gli atti adottato nellambito della cooperazione da essi prevista. Pu ancora osservarsi ceh mentre le disposizioni e le misure selleliminazione dei controlli alle frontiere interne e sui requisiti per lingresso alle frontiere esterne sono state collocate nel primo pilastro, le altre disposizioni, concernenti la cooperazione di polizia, sono state collocate nel titolo VI TUE. Fino a quando le decisioni destinate a coprire le singole disposizioni dellaccordo e gli atti fondati su di esso non siano adottate, lintera materia si considera comunque sottoposta alla disciplina del terzo pilastro. Va precisato che i tredici Stati gi membri degli accordi Schengen sono autorizzati ad istituire tra loro una cooperazione rafforzata nelle materie disciplinate da tali accordi. L integrazione dell acquis Schengen non riesce a realizzare, per, una soluzione che possa garantire una disciplina comune per lingresso e il trattamento dei cittadini dei Paesi Terzi, in particolare la questione del controllo alle frontiere esterne. Il problema sorto con ladesione dei nuovi 12 Stati all Unione Europea, poich si applicano nei loro confronti soltanto alcune disposizioni dellacquis Schengen e dei successivi atti ad esso connessi.( i quali si applicheranno solo a seguito del rispetto di determinate condizioni che verranno accertate dal Consiglio) Lobiettivo d garantire al cittadino comunitariola libert di circolare allinterno del territorio comunitario senza alcun controllo rimane un traguardo da raggiungere.

Inoltre gli Stati membri possono decidere una reintroduzione di normali controlli alla frontiera nazionale, per periodi limitati, per esigenze di ordine pubblico o di sicurezza nazionale e previa consultazione degli altri paesi membri. 3. LA LIBERA CIRCOLAZIONE DEI LAVORATORI SUBORDINATI Lart. 39 Tratt. CE assicura la libera circolazione dei lavoratori subordinati allinterno della comunit, la quale implica labolizione di qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalit, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda limpiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro. Lart. 39, 3 co., sancisce i diritti del lavoratore comunitario, e cio: 1. di rispondere ad offerte effettive; 2. di spostarsi liberamente a tal fine nel territorio degli Stati membri; 3. di prendere dimora in uno degli Stati membri alfine di svolgervi unattivit di lavoro; 4. di rimanervi anche dopo la cessazione del rapporto di lavoro a condizioni poste dai regolamenti di applicazione stabiliti dalla Commissione. Il termine lavoratore(art.39) e lespressione attivit subordinata(1612/68) sono nozioni da interpretare in modo restrittivo. La giurisprudenza da del lavoratore questa definizione: deve considerarsi lavoratore la persona che, per un certo tempo, esegue a favore di unaltra e sotto la direzione di questa prestazioni in contropartita delle quali percepisce una remunerazione. Una volta cessato il rapporto, linteressato perde la qualit di lavoratore, fermo restando tuttavia che, da un lato, questa qualifica pu produrre taluni effetti dopo la cessazione del rapporto di lavoro e che, dallaltro, una persona alleffettiva ricerca di un impiego deve pur essere qualificata come lavoratore. La nozione comunitaria di lavoratore subordinato implica che: 1. deve trattarsi ovviamente di un cittadino di un Paese membro, vi un rimando al diritto nazionale in materia di cittadinanza[tale requisito, invece, non e richiesto ai familiari del lavoratore che siano cittadini di un Paese terzo, in quanto ad essi consentito, ma solo in quanto familiari di un lavoratore comunitario, di beneficiare della disciplina della libera circolazione del lavoratori, per il resto a cittadini dei Paesi membri vietata la libera circolazione, salvo accordi tra il Paese dorigine e la Comunit(es. gli accordi stipulati con alcuni Paesi del mediterraneo)]. L Atto di adesione firmato ad Atene il 16 aprile 2003 consente ai vecchi Stati membri di limitare lapplicazione delle norme in materia di libera circolazione dei lavoratori nei confronti dei nuovi Stati membri per un periodo massimo di sette anni. 2. la prestazione deve svolgersi in uno Stato membro diverso da quello di origine del lavoratore (il rapporto di lavoro deve essere localizzato in territorio comunitario o comunque presentare un legame stretto con questultimo)Pi in generale le norme sulla libera circolazione si applicano a tutti i cittadini comunitari che ne usufruiscano. Ne consegue che un diritto che il singolo pu opporre al proprio Stato di appartenza, quando da esso che abbai ricevuto un trattamento deteriore per il sol fatto di vaere lavorato in un altro stato membro o comunque tale da dissuaderlo dallavvalersi di tale libert di circolazione. Non escluso che si verifichino delle situazioni di discriminazione alla rovescia e che pu trovar rimedio solo attraverso leventuale applicazione delle norme nazionali poste a tutela del principio di eguaglianza. Con una la legge comunitaria del 2004 stata garantita la parit di trattamento dei cittadini italiani con quelli di altri Paesi membri. 3. lattivit lavorativa svolta deve avere natura subordinata: oltre al rapporto di subordinazione, necessaria la circostanza che si tratti di unattivit lavorativa

effettiva e dotata di una certa consistenza. Quindi non rientrano in tale disciplinale attivit tanto ridotte e precarie da presentarsi come accessorie e marginali. Sono ritenute rilevanti anche talune ipotesi di confine come il tirocinio professionale retribuito, un corso di studi sancito da diploma professionale che sia collegato alla precedente attivit lavorativa svolta nello Stato ospite(etc) Non stato escluso il vincolo di subordinazione , salvo laccertamento del giudice nazionale, nel lavoro svolto dal coniuge dellunico titolare dellimpresa. Anche lattivit sportiva stata compresa nella disciplina comunitaria sulla libera circolazione dei lavoratori, quando ricorrono le condizioni gi citate. 4. Il diritto di ingresso e di soggiorno Laccesso al lavoro in uno Stato membro diverso da quello di origine ed il conseguente diritto di soggiornarvi presuppone il diritto di ingresso nel territorio di tale Stato. Tale diritto deriva dal Trattato,nonch,alloccorrenza,dalle disposizioni del diritto comunitario derivato e pu essere condizionato esclusivamente al possesso di una carta di identit o di un passaporto valido. Non sono ammessi controlli che integrino una prassi sistematica,che per ci stesso diventa un ostacolo arbitrario alla circolazione delle persone;e lo stesso dicasi per i visti di ingresso a lapposizione di un timbro sul passaporto. Anche il semplice controllo amministrativo ammesso a condizione che non sia discriminatorio. Il diritto di ingresso in un altro Paese membro comporta il diritto di soggiornarvi almeno 3 mesi,col beneficio del diritto alleguaglianza di trattamento con i cittadini dello Stato ospite (es.diritto al risarcimento del danno che la legge nazionale riserva ai cittadini, il diritto a sovvenzioni in occasione della nascita di un figlio). Del diritto di soggiorno possono beneficiare i lavoratori dipendenti,con i rispettivi familiari,le persone che si stabiliscono in un altro Paese membro per esercitarvi unattivit economica. Con lentrata in vigore delle direttiva 2004/58 tale diritto sar attribuito a tutti i cittadini comunitari,unitamente ai loro familiari, a condizione per che essi dispongano di risorse economiche sufficienti e di unassicurazione malattia. Tale direttiva introduce anche la figura del diritto di soggiorno permanente di cui beneficeranno il cittadino dellUnione ed i suoi familiari che avranno soggiornato legalmente ed in via continuativa per 5 anni nello Stato membro ospitante. Per familiare vanno intesi,oltre il coniuge ed i figli minorenni,coloro che siano comunque a carico del beneficiario. Alcune direttive hanno esteso il diritto di soggiorno anche ai soggetti non economicamente attivi;tali direttive valgono ad integrare i limiti e le condizioni cui sottoposto lesercizio del diritto di soggiorno,che dunque finisce con lessere attribuito al cittadino comunitario in quanto tale. Il diritto di soggiorno deriva evidentemente dalla situazione in cui versa il beneficiario,mentre non decisivo il possesso della carta di soggiorno,che pure viene rilasciata dallo Stato ospite per almeno 5 anni e con rinnovo automatico. Essa,inoltre,si distingue nettamente dal permesso di soggiorno attraverso il quale lo Stato esercita il suo potere in ordine allammissione dello straniero non comunitario e ha due conseguenze: il cittadino comunitario ha un vero e proprio diritto alla carta di soggiorno,quando ne ricorrano le condizioni; il mancato possesso della carta di soggiorno non pu provocare provvedimenti sproporzionati quali lespulsione o altro provvedimento sanzionatorio che si traduca in un ostacolo alla libera circolazione. La direttiva 2004/58 interviene anche su tale profilo della libera circolazione dei lavoratori dellUnione,abolendo la carta di soggiorno e sostituendola con un attestato di iscrizione che potr essere richiesto soltanto se gli Stati membri lo richiederanno e che comunque trover applicazione unicamente per soggiorni di durata superiore a tre mesi. 5. Il regime della libera circolazione dei lavoratori. Lart.39 del Trattato chiarisce che la libert di circolazione dei lavoratori allinterno della Comunit implica labolizione di qualsiasi discriminazione fondata sulla nazionalit relativamente a tutte le condizioni di lavoro. I diritti che derivano dalle disposizioni del Trattato o da normative derivate

riguardano e possono dunque essere invocati dai lavoratori,ma niente elude che possano essere invocati anche dai datori di lavoro. La libert di circolazione dei lavoratori si risolve,dunque,nel generale divieto di discriminazione in base alla nazionalit. Tale divieto tende non solo a garantire al lavoratore che abbia una nazionalit diversa da quella dello Stato ospitante un trattamento non diverso da quello riservato ai cittadini,ma impedisce anche il verificarsi di condizioni concorrenziali a svantaggio dei lavoratori nazionali. La libert di circolazione stata compiutamente realizzata con la direttiva del Consiglio 68/360 e il regolamento n.1612/68. Luna ha eliminato le restrizioni allingresso e al soggiorno dei lavoratori e delle loro famiglie in Paesi diversi da quelli dorigine;laltro sostanzialmente la normativa dattuazione del principio della libera circolazione dei lavoratori allinterno della Comunit. Relativamente alle condizioni di accesso al lavoro,ad esempio,non vi pu essere un precedenza o una priorit dei lavoratori nazionali rispetto a quelli di altri Paesi comunitari. Va poi precisato che la disciplina della circolazione dei lavoratori comprende non solo la persona che si reca in un altro Paese membro in risposta ad unofferta di lavoro ma si estende anche a colui che si limita a spostarsi per cercare lavoro. Lapplicazione del principio della parit di trattamento nellaccesso al lavoro vieta anche le discriminazioni dissimulate. Al riguardo,i possibili elementi discriminatori sono i pi vari,dal requisito della residenza a quello del titolo di studio,alla conoscenza della lingua locale. La giurisprudenza sempre stata attenta ad accertare lobiettivo sostanziale della parit di trattamento,verificando di volta in volta se la discriminazione possa o no essere consentita. Il principio del trattamento nazionale ha poi trovato numerose applicazioni relativamente alle condizioni di esercizio dellattivit lavorativa, relative alla retribuzione,allo stato di disoccupazione,alla cessazione del rapporto di lavoro. Sono compresi nella parit di trattamento anche tutti i vantaggi sociali e fiscali attribuiti ai lavoratori nazionali (es.un prestito agevolato in occasione della nascita di un figlio,riduzioni sulla tariffe ferroviarie,unindennit di disoccupazione per i giovani). Il regolamento n.1612/68 sancisce allart.8 il principio della parit di trattamento anche in relazione ai diritti sindacali, in particolare liscrizione alle organizzazioni sindacali. Un altro aspetto di grande rilevanza della libert di circolazione dei lavoratori quello del trattamento riservato alla famiglia del lavoratore ed alle condizione per lintegrazione dei suoi componenti. Il regolamento 1612/68 attribuisce al coniuge ed ai figli minori ovvero ancora a carico del lavoratore una serie di diritti destinati a mantenere lunit familiare ed a facilitarne lintegrazione quali: diritto di soggiornare e di esercitare unattivit lavorativa; diritto di accedere a professioni sottoposte a regole professionali specifiche; godere dei benefici in vigore nello Stato ospite in tema di istruzione a favore dei cittadini. Lart.39 n.3,lett. D,del Trattato garantisce i diritti del lavoratore e dei suoi familiari nel periodo seguente alla cessazione del rapporto di lavoro. Le condizioni per conservare il diritto di risiedere nel Paese ospite sono: il raggiungimento dellet pensionabile; aver lavorato nel Paese almeno 12 mesi: aver risieduto nel Paese almeno per 3 anni. In caso di licenziamento il lavoratore comunitario ha diritto alle stessa assistenza che gli uffici del lavoro dello Stato in cui era occupato prestano ai loro cittadini nella ricerca di un nuovo posto di lavoro. Inoltre al lavoratore spetta il trattamento previdenziale e pensionistico previsto dalla legge locale. In definitiva,il trattamento non discriminatorio ha natura di trattamento minimo,nel senso che possibile lapplicazione di disposizioni legislative,regolamentari o amministrative nazionali pi favorevoli,in quanto estendano agli stranieri diritti e vantaggi non contemplati nel Trattato e nel regolamento n.1612/68.

6. Il sistema di sicurezza sociale garantito ai lavoratori migranti La normativa sulla sicurezza sociale dei lavoratori migranti costituisce un corollario indispensabile alla libert di circolazione. Il fondamento di una tale normativa costituito dallart.42 del Trattato,in base al quale il Consiglio,con deliberazione unanime su proposta della Commissione,adotta in materia di sicurezza sociale le misure necessarie per linstaurazione delle libera circolazione dei lavoratori,attuando in particolare in sistema che consenta di assicurare ai lavoratori migranti e ai loro aventi diritto: a) il cumulo di tutti i periodi presi in considerazione dalle varie legislazioni nazionali,sia per il sorgere e la conservazione del diritto alle prestazioni sia per il calcolo di queste, b) il pagamento delle prestazioni alle persone residenti nei territori degli Stati membri. La normativa di attuazione dellart.42 essenzialmente contenuta nel regolamento n.1408/71 e nel regolamento n.574/72 aventi come scopo principale il coordinamento delle diverse normative nazionali in materia. In mancanza di una disciplina comune,da un lato gli Stati membri continuano a disciplinare autonomamente i rispettivi sistemi previdenziali;dallaltro,nellesercizio di tale autonomia,gli Stati membri devono rispettare il diritto comunitario. Il regolamento n.1408/71 si applica ai lavoratori subordinati o autonomi che sono soggetti alla legislazione di uno o pi Stati membri e che siano cittadini di uno stato membro,nonch ai loro familiari e ai loro superstiti. La Corte ha,invero,precisato che una persona possiede la qualit di lavoratore ai sensi del regolamento n.1408/71 quando assicurata,sia pure contro un solo rischio,in forza di unassicurazione obbligatoria o facoltativa. Il coordinamento effettuato in virt del regolamento predetto fondato su 3 principi essenziali: la parit di trattamento tra lavoratori che beneficiano della libert di circolazione e cittadini della Stato membro di cui si tratta; la determinazione della legge applicabile; la totalizzazione dei periodi assicurativi. Il primo costituisce un principio in base al quale non ammassa alcuna discriminazione tra cittadini e altri lavoratori comunitari. Il secondo costituisce il principio della unicit della legge applicabile,identificata con quella dello Stato in cui viene svolta lattivit lavorativa. Il terzo un principio che garantisce al lavoratore che sia stato soggetto alle leggi di due o pi Stati membri,il cumulo dei periodi assicurativi maturati in forza delle leggi di ciascuno degli Stati in questione. 7. Le limitazioni alla libert di circolazione. Riserva del pubblico impiego e restrizioni dovute a ragioni di ordine pubblico La disciplina comunitaria relativa alla libera circolazione dei lavoratori non si applica al pubblico impiego: agli impieghi nella pubblica amministrazione (art.39,n.4,del Trattato). Per pubblica amministrazione si intende linsieme di quegli impieghi che implicano un partecipazione diretta o indiretta allesercizio di poteri pubblici,nonch le funzioni che hanno ad oggetto la tutela di interessi generali dello Stato o di enti pubblici. In secondo luogo il diritto del lavoratore alla libera circolazione pu essere limitato o negato per ragioni di: ordine pubblico; pubblica sicurezza; sanit. In ogni caso lapplicazione della misura restrittiva non pu avere finalit economiche o comunque non connesse alla esigenze di ordine pubblico riconosciute in una societ democratica. La direttiva 64/221 precisa inoltre che i provvedimenti restrittivi della libert di circolazione possono essere collegati esclusivamente ad un comportamento personale e specifico del soggetto,mentre non possono essere fondati sulla semplice esistenza di precedenti negativi o come deterrente per altri stranieri. I motivi di ordine pubblico posti a fondamento della misura restrittiva devono essere portati a conoscenza del lavoratore,affinch egli si possa ben rendere conto del contenuto e degli effetti della

misura e possa dunque provvedere ad una difesa adeguata. Quanto alle ragioni sanitarie esse sono oggetto della direttiva 64/221,in particolare questa indica le varie patologie che possono giustificare il rifiuto di ingresso e/o di rilascio del permesso di soggiorno. Si noti,infine,che la direttiva 2004/58 sostituir anche la direttiva 64/221,con lobiettivo di assicurare un definizione pi rigorosa delle restrizioni allesercizio del diritto alla libera circolazioni per motivi di ordine pubblico,di pubblica sicurezza o di sanit pubblica. 8. La libert di stabilimento. Campo di applicazione personale e materiale della disciplina Il diritto di stabilimento,disciplinato dagli articoli da 43 a 48 del Trattato,investe qualsiasi attivit economica svolta in regime di non subordinazione e in modo stabile. Di questo diritto beneficiano sia le persone fisiche che siano in possesso della cittadinanza di uno degli Stati membri,sia le persone giuridiche. Per queste va fatta qualche ulteriore precisazione. Lart.48 stabilisce che esse sono equiparate alle persone fisiche aventi la cittadinanza di uno Stato membro se costituite conformemente alla legislazione di uno Stato membro e aventi la sede sociale allinterno della Comunit. Quindi la societ che voglia aprire una sede secondaria in un altro Paese comunitario deve gi avere un centro dattivit allinterno della Comunit. Il Trattato prevede,peraltro,una importante eccezione al beneficio della libert di stabilimento con riguardo alle attivit che nello Stato ospite partecipino,sia pure occasionalmente,allesercizio dei pubblici poteri (art.45). In particolare la Corte ha subito precisato che leccezione non pu avere una portata che vada al di l dello scopo per la quale stata prevista. Loccasione fu una controversia che riguardava la professione di avvocato,rispetto alla quale no era mancato chi ne sosteneva il carattere pubblico e dunque lesclusione in toto dalla sfera di applicazione della libert di stabilimento. La Corte tenne a precisare che lart. 45 del Trattato consente agli Stati membri di precludere laccesso a quelle attivit che ,considerate in s stesse, costituiscono una partecipazione diretta e specifica allesercizio dei pubblici poteri.Ci per non si verifica rispetto alle attivit di consulenza ed assistenza legale o della rappresentanza e della difesa delle parti in giudizio svolte da un avvocato. 9. Lipotesi di stabilimento a titolo principale e quella di stabilimento a titolo secondario La libert di stabilimento riguarda sia laccesso alle attivit non salariate e al loro esercizio,nonch la costituzione e la gestione di imprese (art.43.2),sia lapertura di agenzie,succursali o filiali. In definitiva,si tratta di due ipotesi: lesercizio di unattivit professionale o pi in generale di unattivit economicamente rilevante in un Paese comunitario diverso da quello di origine; lapertura di un centro secondario di attivit in un Paese comunitario diverso da quello di origine. Per quanto riguarda le persone giuridiche,la situazione invece pi complessa,specie quando si tratta di societ non di nuova costituzione. Una siffatta condizione comporta una serie di difficolt,atteso che,quanto meno in quegli Stati membri in cui proprio il criterio della sede ufficiale effettiva a determinare la nazionalit della societ,lo statuto giuridico della stessa pu conseguentemente risultare incompatibile con il mantenimento della sua personalit giuridica. In tali condizioni,lesercizio della libert di stabilimento a titolo principale finisce per essere puramente teorico. Lo stesso art.43.1 prevede inoltre lipotesi che il soggetto sposti solo una parte secondaria della sua attivit in un altro Paese comunitario,cio lo stabilimento che si realizza con la creazione rispettivamente di agenzie,succursali o filiali. Il Trattato menziona,quindi,per lesercizio dello stabilimento secondario gli strumenti della filiale,della agenzia e della succursale. Al riguardo va precisato che mentre per filiale va intesa una persona giuridica controllata dalla societ madre ma costituita secondo il diritto del Paese ospite e dotata pertanto di autonomia,le agenzie e le succursali non sono persone giuridiche autonome rispetto alla societ madre. Inoltre il diritto di stabilimento a titolo secondario accordato non solo alle persone giuridiche,ma

anche alle persone fisiche,purch si tratti di cittadini di uno Stato membro stabiliti in un altro Stato membro. In altre parole,uno Stato membro non pu negare ad un cittadino di un altro Stato membro lapertura di uno studio o di un ufficio sul proprio territorio,e ci sebbene a tale divieto soggiacciono i cittadini. In tale ipotesi dunque agli Stati membri non concesso applicare agli stranieri comunitari le stesse limitazioni applicate ai cittadini,in quanto leffetto restrittivo che ne conseguirebbe sarebbe sproporzionato,risolvendosi in fatto nellimpossibilit per i cittadini comunitari di avvalersi di un diritto fondamentale garantito dal Trattato per stabilirsi in un altro Stato membro,se non rinunciando al precedente stabilimento. 10. Il regime del diritto di stabilimento: a) la regola del trattamento nazionale Il contenuto materiale della normativa che sancisce e disciplina la libert di stabilimento ruota intorno al principio del trattamento nazionale,ci significa che ai cittadini degli Stati membri,nonch alle persone giuridiche,che si stabiliscono anche solo in via secondaria in un altro Stato membro,lart.43 intende garantire lo stesso trattamento riservato ai cittadini,vietando anzitutto ogni discriminazione in senso soggettivo (che sia cio fondata sulla nazionalit) o nuova misura che sottoponesse lo stabilimento dei cittadini degli Stati membri ad una disciplina pi rigorosa di quella riservata ai propri cittadini. Lo stesso Trattato ha previsto,inoltre,ladozione di direttive per la soppressione delle restrizioni esistenti (art.44);ladozione di direttive volte a coordinare le disposizioni nazionali relative allaccesso alle attivit non salariate e al loro esercizio (art.47 n.2);nonch di direttive sul reciproco riconoscimento dei diplomi (art.47 n.1). Tuttavia lobiettivo della libert di stabilimento va perseguito negli Stati membri indipendentemente dalla vigenza o meno di una normativa ad hoc. Questultima prevista solo per facilitare lesercizio effettivo di tale libert,mentre la semplice eliminazione degli ostacoli al regime di libert di stabilimento oggetto,a partire dalla scadenza del periodo transitorio,di un obbligo preciso e incondizionato,che non richiede alcuna specificazione normativa. Pertanto,anche lart.43,una volta scaduto il periodo transitorio,ha potuto essere utilmente invocato dai singoli in quanto norma provvista di effetto diretto (come affermato nella celebre sentenza Reyners). La Corte ha aggiunto che lart.43 impone un obbligo di risultato preciso,il cui adempimento deve essere facilitato,ma non condizionato,dallattuazione di un programma di misure graduali;con la conseguenza che,dovendo la liberalizzazione del diritto di stabilimento coincidere con la fine del periodo transitorio,esso pu essere invocato dai cittadini comunitari che intendevano avvalersi di tale diritto fondamentale conferito loro dal Trattato. Spetta,pertanto,alle autorit nazionali fare in modo che la libert di stabilimento sia garantita quando sussistano le condiziona di applicazione dellart.43,anche e nonostante lassenza di direttive di coordinamento ai sensi dellart.47. E cos che la Corte ha riconosciuto ad un avvocato belga il diritto di stabilirsi ed esercitare in Francia,atteso che il diploma conseguito dallinteressato nel Paese di origine era stato dichiarato equivalente dallautorit competente dello Stato di stabilimento,sebbene solo a fini accademici e non a fini civili. Il principio del trattamento nazionale ha dunque una portata molto ampia e anzitutto mira ad evitare qualsiasi discriminazione che sia fondata sulla nazionalit,comportando cos lillegittimit di qualsiasi misura che colpisca lo straniero in quanto tale. E ci vale anche per normative nazionali che si applichino solo ai cittadini di altri Stati membri. 11. Segue: b) oltre il trattamento nazionale La regola del trattamento nazionale non pu condurre alla negazione del diritto di stabilimento quale conferito dallo stesso Trattato,con la conseguenza che il diritto di costituire una pluralit di centri di attivit nellinsieme della Comunit prevale sulleguaglianza di trattamento nei casi in cui la normativa nazionale preveda lunicit della sede. Inoltre,va precisato che il regime della libert di stabilimento intende eliminare anche quelle discriminazioni che comportano in fatto una discriminazione a danno degli stranieri. Ci significa che vietata anche ogni altra forma dissimulata di discriminazione. Si tratta in sostanza delle ipotesi in cui una normativa preclude in fatto al cittadino di un altro Paese membro di godere della libert di stabilimento,in quanto ne

condiziona lesercizio al possesso di certi requisiti che sono propri del cittadino e non di altri. quanto si verifica o si pu verificare,anzitutto,attraverso il criterio della residenza o attraverso talune condizioni imposte alle societ,condizioni che rischiano di sfavorire le societ straniere rispetto a quelle costituite secondo il diritto nazionale o,ancora,con i titoli di studio. 12. Le misure destinate a facilitare la libert di stabilimento:le direttive di coordinamento e quelle sul mutuo riconoscimento dei diplomi Per alcuni mestieri e professioni,per il cui esercizio in alcuni Stati membri si richiede una formale qualifica professionale,sono state adottate numerose direttive corredate da misure specifiche e per settori ( ad es.industria,artigianato,commercio allingrosso,). Il criterio in generale utilizzato che sufficiente che il soggetto provi di aver svolto effettivamente quellattivit per il periodo di tempo fissato dalla direttiva. Ci vuol dire che lo Stato di stabilimento pu richiedere unattestazione delle autorit dello Stato di provenienza sulleffettivit dellesercizio di una determinata attivit,ma non pu definire condizioni di accesso o altri requisiti tali da rendere inutile quellattestazione. Per molte professioni la scelta invece costituita nelladottare per ognuna di esse due direttive: 4. la prima sul coordinamento dei contenuti della formazione; 5. la seconda sul reciproco riconoscimento dei diplomi relativi alla professione. Anche relativamente allo stabilimento degli avvocati stata adottata ununica direttiva,volta a facilitare lesercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui stata acquisita la qualifica. Tale direttiva prevede,a prima vista, una formula di stabilimento attenuata, atteso che lavvocato stabilito in un altro Stato membro potr avvalersi del suo titolo professionale,ma dovr agire di concerto con un avvocato abilitato ad esercitare davanti alla giurisdizione adita,per la rappresentanza e la difesa in giudizio del cliente. Tale formula attenuata tuttavia destinata a venir meno dopo tre anni di attivit effettiva e regolare,trascorso tale periodo dunque lavvocato che esercita con il titolo dello Stato di provenienza sar ammesso ad esercitare a tutti gli effetti come avvocato dello Stato ospitante. Per il resto,e pi precisamente per le professioni che non sono oggetto di una normativa specifica,va ricordata la direttiva del Consiglio 89/48/CEE del 21 dicembre 1988,relativa ad un sistema generale di riconoscimento dei diplomi di istruzione superiore che sanzionano formazioni professionali di una durata minima di tre anni. Tale normativa concerne tutte le professioni per le quali richiesta una formazione di livello superiore e che non hanno formato oggetto di direttive specifiche di riconoscimento. Leccezione il riconoscimento da parte dello Stato membro ospitante previa compensazione che pu assumere la forma di un tirocinio di adattamento oppure di una prova attitudinale nei casi in cui esistano differenze sostanziali tra i contenuti della formazione prescritta e quella acquisita. La successiva direttiva del Consiglio 92/51/CEE ha poi esteso il reciproco riconoscimento ai diplomi universitari di durata inferiore ai tre anni e ai diplomi del tipo maturit tecnica o professionale. Con queste due direttive si avvertita lesigenza di consolidare ulteriormente la disciplina del mutuo riconoscimento. Difatti la direttiva 1999/42/CEE del Parlamento Europeo e del Consiglio ha istituito un terzo meccanismo di riconoscimento delle qualifiche per le attivit professionali disciplinate dalle direttive di liberalizzazione e dalle direttive recanti misure transitorie. Un ulteriore tassello venuto cos ad aggiungersi al complesso mosaico di direttive destinate a consentire il riconoscimento dei diplomi.

13. Segue:le direttive in materia societaria Per la materia societaria,lart.44 del Trattato attribuisce al Consiglio e alla Commissione il compito di coordinare,ove occorra e al fine di renderle equivalenti ,le garanzie poste a tutela degli interessi dei soci e dei terzi. E ci evidentemente al fine di facilitare e in sostanza rendere effettivo il diritto di stabilimento cos come previsto e disciplinato dagli artt.43 e 48 del Trattato.

Lo sforzo di coordinamento e di armonizzazione del diritto societario ha portato alladozione di numerose direttive su:fusione,struttura della societ e aspetti specifici di non poco rilievo. Le direttive sono: direttiva n.68/151 che investe principalmente la pubblicit degli atti sociali e disciplina taluni casi di invalidit dellatto costitutivo; direttiva n.77/91 che riguarda: s.p.a.,capitale sociale,dividendi,acquisto di azioni proprie; direttiva n.78/855 che riguarda le funzioni delle s.p.a.; direttiva n.82/891 relativa alle scissioni delle s.p.a.; direttiva n.78/660 e direttiva n.83/349 rispettivamente sui conti annuali delle societ di capitali ed i conti consolidati dei gruppi; direttiva n.84/253 sullabilitazione delle persone incaricate del controllo di legge dei documenti contabili; direttiva n.89/666 sulla pubblicit delle succursali create in uno Stato membro; direttiva n.89/667 sulle societ a responsabilit limitata con socio unico. Di sicuro rilievo anche la direttiva concernente le OPA (offerte pubbliche di acquisto),che si colloca in un contesto di coordinamento,pi generale ed in corso di realizzazione,delle garanzie a tutela dei soci e dei terzi. Va,infine,ricordato il regolamento del Consiglio n.2137/85 relativo al Gruppo Europeo di Interesse Economico (GEIE),che consente la nascita di gruppi europei di cooperazione tra imprese,senza che queste perdano la loro identit. 14. La libera circolazione dei servizi. Campo di applicazione personale e materiale della disciplina. La libert di circolazione dei lavoratori completata dalla disciplina sui servizi prevista dagli artt.49-55 del Trattato. A differenza dello stabilimento,che si traduce nel diritto dei cittadini di uno Stato membro di esercitare in modo continuo e permanente la propria attivit in un altro Stato membro,la prestazione dei servizi comporta lesercizio solo temporaneo ed occasionale di unattivit non salariata in un altro Stato membro. Occorre al riguardo tener presente che la posizione dei cittadini che si avvalgono della libera prestazione dei servizi non paragonabile a quella dei soggetti stabiliti,poich nel complesso gli obblighi imposti a questi ultimi sono ben pi rigidi di quelli che gravano sui primi. La disciplina dei servizi prevista dal Trattato piuttosto sintetica e affida alle istituzioni comunitarie il compito di emanare i provvedimenti necessari ad attuare o facilitare la realizzazione della liberalizzazione. Lart.49 prevede che le restrizioni alla libera prestazione dei servizi allinterno della Comunit siano progressivamente soppresse nel corso del periodo transitorio nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un Paese della Comunit diverso da quello del destinatario della prestazione. Lo scopo di consentire al prestatario di un servizio di esercitare,a titolo temporaneo,la sua attivit nello Stato in cui la prestazione fornita,alle stesse condizioni che tale Stato impone ai propri cittadini. Beneficiari della disciplina sui servizi sono i cittadini aventi la nazionalit di uno Stato membro e stabiliti in un Paese della Comunit(art.49). Lipotesi poi che la liberalizzazione sia estesa ai cittadini di Paesi terzi non finora realizzata. Ai sensi dellart.51 n.1 sono tuttavia escluse dal campo di applicazione materiale della disciplina sui servizi le attivit relative al settore dei trasporti. Una parziale eccezione inoltre prevista in merito ai servizi bancari,assicurativi e finanziari in genere,per essi stato infatti previsto un processo di liberalizzazione specifico,da attuarsi in armonia con la liberalizzazione progressiva della circolazione dei capitali. Infine,come per lo stabilimento,sono ammesse le restrizioni dovute a ragioni di ordine pubblico o sanitarie. 15. Nozione e caratteristiche della prestazione di servizi:definizione di servizio e differenti ipotesi di prestazione Il servizio,come risulta dagli artt.49 e 50,si identifica con unattivit non subordinata fornita,normalmente contro remunerazione,da un prestatore stabilito in uno Stato membro diverso

da quello in cui la prestazione deve essere eseguita. In primo luogo occorre che si tratti di una prestazione effettuata,almeno in via di principio,dietro retribuzione che va identificata con il corrispettivo della prestazione,anche se lart.50 del Trattato non richiede che esso sia pagato direttamente da coloro che usufruiscono del servizio. In secondo luogo,la nozione di servizio definita in modo residuale;lo stesso art.50 ne contiene infatti una formulazione al negativo,in quanto si riferisce alle prestazioni che non siano regolate dalle disposizioni sulla circolazione delle merci,dei capitali e delle persone. In sostanza,la nozione di servizio comprende ogni attivit economicamente rilevante che si traduca principalmente in una prestazione e non in uno scambio di beni. In terzo luogo necessario il carattere transfrontaliero della prestazione,nel senso che il prestatore deve essere stabilito in un Paese diverso da quello in cui risiede il destinatario o che,comunque,deve trattarsi di una situazione i cui elementi non si esauriscano allinterno di un solo Stato membro. I casi tipici sono,ad esempio,quello del libero professionista che svolge unattivit di consulenza o di progettazione in uno Stato membro diverso da quello in cui ha il suo studio. Come si vede,le ipotesi in cui si traduce il carattere transfrontaliero della prestazione sono numerose: 3. pu aversi uno spostamento del prestatore del servizio in uno Stato membro diverso da quello in cui stabilito ed in particolare nel Paese del destinatario (ad es. medico che va a curare un paziente che risiede in un altro Paese membro); 4. pu aversi uno spostamento del destinatario del servizio nello Stato in cui stabilito il prestatore (ad es. turista che usufruisce di tutti i servizi); 5. n il prestatore n il destinatario si spostano in uno Stato membro diverso da quello in cui sono stabiliti:a spostarsi solo il servizio (ad es. servizi finanziari,bancari e assicurativi); 6. pu aversi che il destinatario della prestazione e il prestatore del servizio sono stabiliti nello stesso Stato membro ed solo il prestatore a spostarsi ovvero si spostano entrambi ed insieme per raggiungere il luogo in cui la prestazione deve essere eseguita (ad es. gruppi di turisti,destinatari del servizio,e delle rispettive guide,prestatori del servizio,provenienti da uno stesso Stato di origine si spostano insieme per raggiungere il luogo in cui la prestazione deve essere eseguita). 16. Il regime della circolazione dei servizi: a) le misure discriminatorie La disciplina materiale della libera prestazione dei servizi anzitutto fondata sul divieto di discriminazioni in base alla nazionalit. Il Trattato tuttavia non si limita a prescrivere il principio del trattamento nazionale;ed infatti lart.49.1 non vieta unicamente le discriminazioni basate sulla nazionalit,ma pi in generale le restrizioni alla libera prestazione dei servizi allinterno della Comunit nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un Paese della Comunit che non sia quello del destinatario della prestazione. A ci si aggiunga che in base allart.54 fino a quando permangono negli Stati membri restrizioni alla libera prestazione dei servizi, ciascuno degli Stati membri le applica senza distinzione di nazionalit o di residenza a tutti i prestatori di servizi contemplati dallart.49.1. Quanto ai tempi e ai modi della liberalizzazione,anche in materia di servizi il Trattato aveva previsto la consueta gradualit,nel senso che tale obiettivo doveva essere raggiunto entro la fine del periodo transitorio. Era previsto il consueto obbligo di standstill,imposto agli Stati membri,nonch il compito affidato alle istituzioni comunitarie di adottare,da un lato,un Programma Generale e direttive volte ad eliminare le restrizioni esistenti;dallaltro,direttive per il riavvicinamento di disposizioni nazionali ed il reciproco riconoscimento dei diplomi. Lassenza di intervento normativo ritardava tuttavia i tempi della liberalizzazione,impedendo cos ai cittadini comunitari la possibilit di avvalersi della libert in questione. In tale contesto, stata,pertanto,la giurisprudenza della Corte a rivelarsi determinante. Nella sentenza Van Binsbergen la Corte rilev infatti che lapplicazione dellart.49 non pi sottoposta ad alcuna condizione;ne consegue che gli art.49 e 50 hanno efficacia diretta e possono venir fatti valere dinanzi ai giudici nazionali,almeno nella parte in cui impongono la soppressione di tutte le discriminazioni che colpiscono il prestatore di un servizio a causa della sua nazionalit o della sua residenza in una

Stato diverso da quello in cui il servizio viene fornito. Il divieto di discriminazione in base alla nazionalit ha inoltre condotto la Corte a ritenere vietata lapplicazione al cittadino di un altro Stato membro di una disposizione nazionale che imponga agli stranieri il versamento di una cautio iudicatum solvi,nonch a riconoscere ai cittadini comunitari,in quanto beneficiari delle norme sulla prestazione dei servizi e allo scopo di rendere pienamente effettiva la libert di cui godono,lo stesso trattamento riservato ai cittadini. Il secondo aspetto importante del regime di libera prestazione dei servizi dato dalla portata sostanziale e non solo formale del divieto di restrizioni discriminatorie. Ci vuol dire che sono vietate anche quelle restrizioni che in fatto si risolvono in una restrizione per gli stranieri spesso pi vistosa. Tipico il requisito della residenza. Inoltre la giurisprudenza orientata nel senso che costituiscono una violazione degli artt.49 e 50 non solo le discriminazioni palesi basate sulla cittadinanza del prestatore,ma anche qualsiasi forma di discriminazione dissimulata(ad es. lobbligo di versare la quota di contributi a carico del datore di lavoro che effettui una prestazione di servizi,in quanto esteso alle imprese stabilite in un altro Paese comunitario e quivi sottoposte agli obblighi contributivi dei datori di lavoro. In tele ipotesi infatti il pagamento di tali contributi si risolve in un onere economico supplementare per i datori di lavoro stranieri,essendo questi ultimi comunque tenuti al pagamento dei medesimi contributi gi nel Paese di stabilimento). 17. Segue: b) le misure indistintamente applicabili Le restrizioni alla libert di prestazioni dei servizi allinterno del mercato comune non si esauriscono con le violazioni del divieto di discriminazione. In altre parole il disposto degli artt.49 e 50 non pu significare che tutta la legislazione nazionale,applicabile ai cittadini di uno Stato membro e relativa normalmente allattivit permanente delle persone in esso stabilite,possa essere applicata integralmente e allo stesso modo alle attivit di carattere temporaneo esercitate da persone stabilite in altri Stati membri. In questo senso lapplicazione del principio di libera prestazione dei servizi pu pertanto tradursi in una situazione di maggior favore formale per i prestatori rispetto ai cittadini e residenti del Paese in cui la prestazione fornita. In definitiva incompatibile con lart.49 qualsiasi restrizione imposta per il motivo che il prestatore stabilito in uno Stato membro diverso da quello nel quale la prestazione viene fornita. Ed infatti come precisato nella sentenza Sager,lart.49 richiede la soppressione di qualsiasi restrizione,anche qualora essa si applichi indistintamente ai prestatori nazionali ed a quelli degli altri Stati membri,allorch essa sia tale da vietare o da ostacolare in altro modo le attivit del prestatore stabilito in un altro Stato membro ove fornisce legittimamente servizi analoghi. Sulla base di tale approccio sono state dichiarate in contrasto con la disciplina in questione,ad esempio,le normative che richiedono il possesso di una particolare qualifica professionale alle guide che si spostano in un altro Stato membri insieme a gruppi di turisti,gli uni e gli altri provenienti da uno stesso Stato membro. 18. Segue: c) le condizioni specifiche imposte al prestatore e giustificate dallinteresse generale Va anzitutto sottolineato che tra le misure distintamente e indistintamente applicabili c una differenza sostanziale sul piano delle eccezioni consentite. Le prime,infatti,sono compatibili solo se possono farsi rientrare in una deroga espressamente prefigurata dal trattato: ad es. dallart.55,per motivi di ordine pubblico,pubblica sicurezza e sanit. Le seconde,invece,la Corte ha comunque insistito sul carattere eccezionale delle possibilit di deroga apportabili alla libera prestazione dei servizi. Essa ha infatti affermato che la libert in questione pu essere limitata unicamente: da normative giustificate dallinteresse generale e che si applichino ad ogni persona o impresa che eserciti unattivit sul territorio dello Stato destinatario; nella misura in cui tale interesse non sia salvaguardato da regole alle quali il prestatario sottoposto nello Stato membro in cui stabilito; infine,se le normative in questione sono obiettivamente necessarie per il raggiungimento dello scopo perseguito. La Corte ha,in definitiva,applicato anche alla materia dei servizi la formula Cassis de Dijon

utilizzata in tema di misure restrittive degli scambi di merci. Nella sentenza Gouda,peraltro,la Corte ha operato una utile ricognizione,esemplificativa, delle esigenze imperative connesse allinteresse generale in relazione alle quali misure restrittive sono state riconosciute compatibili con il diritto comunitario:norme che tutelano la propriet intellettuale,i lavoratori e i consumatori. 19. La libera circolazione dei capitali:la disciplina del Trattato di Roma e le direttive di attuazione Nella generale enunciazione dellart.3 del Trattato,sia prima che dopo le modificazioni apportate dal Trattato di Maastricht,la libera circolazione dei capitali ha sempre trovato collocazione accanto alla circolazione delle persone e dei servizi,nellunica previsione della lettera c). Lo stesso dicasi per lart.14,in cui la circolazione dei capitali uno degli elementi dello spazio senza frontiere interne. Il Trattato di Maastricht ha modificato sensibilmente la disciplina originaria dei movimenti dei capitali e dei pagamenti. Ci non pu sorprendere pi di tanto,atteso che la previsione di una unione monetaria e di un rafforzato coordinamento delle politiche economiche ha ovviamente inciso profondamente in quei settori del mercato comune che maggiormente risentivano della significativa autonomia che il Trattato di Roma aveva lasciato ai singoli Stati membri in tema di politica economica e soprattutto monetaria. Le due nozioni di movimenti di capitali e di pagamenti sono diverse. La prime si riferisce alle operazioni finanziarie che si traducono in un investimento;la seconda comprende precisamente le controprestazioni in denaro degli scambi di beni o di servizi. Significativa la sentenza Luisi e Carbone,dove la Corte dopo aver precisato che anche il turista che si sposti in un altro Paese ed per ci stesso destinatario di servizi,deve poter beneficiare della liberalizzazione,ne dedusse che i trasferimenti di valuta per scopi turistici rientravano nella previsione sui trasferimenti di valuta corrispondenti e necessari allesercizio della libert di prestazione di servizi e dunque liberalizzati. La Corte ha,in seguito,finito col dare una lettura pi ampia e sistematica dellintera disciplina dei movimenti di capitali,precisandone lo scopo di garantire la pi ampia libert possibile e dunque di eliminare tutti gli ostacoli,anche quelli che,pur non esaurendosi in formali autorizzazioni valutarie e non pregiudicando l operazione,costituiscono pur sempre un intralcio alla libera circolazione dei capitali. 20. Segue: la disciplina attuale La liberalizzazione completa dei movimenti dei capitali si realizzata con la direttiva n.361/1988 che ha enunciato in termini generali ed incondizionati il principio di libert dei movimenti dei capitali con la sola eccezione riguardante lacquisto di case secondarie,oggetto di possibili restrizioni (la c.d. deroga danese). Significativo era poi lart.7 della direttiva che sanciva limpegno degli Stati membri ad applicare lo stesso grado di liberalizzazione anche ai movimenti di capitali con i Paesi terzi. Il Trattato di Maastricht ha definitivamente sancito lassetto raggiunto,perfezionandolo sotto il profilo sistematico in modo anche pi razionale,in particolare mettendo insieme capitali e pagamenti fino ad allora disciplinati in settori diversi,come si prima sottolineato. Il capo quarto del Trattato sancisce,infatti,che nellambito delle disposizioni previste nel presente capo sono vietate tutte le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri,nonch tra Stati membri e Paesi terzi. La stessa formula utilizzata subito dopo per i pagamenti (art.56 n.2). Il principio sancito dallart.56 dunque che sono abolite anche tutte le restrizioni indirette o dissimulate in misure in apparenza indistintamente applicabili. In breve,sono da considerare restrizioni non consentite ai movimenti di capitali tutte quelle misure che di diritto o di fatto scoraggiano investimenti o altri tipi di movimenti di capitali ( come i prestiti) in altri Paesi membri. Le uniche deroghe ammesse a questo principio fondamentale di libera circolazione sono quelle contemplate dagli artt.57 e 58. La prima deroga si riferisce alle restrizioni nazionali o comunitarie e relative a investimenti diretti nei rapporti con gli Stati terzi; La seconda deroga,invece,salvaguarda alcune prerogative degli Stati membri in materia tributaria,fiscale,di vigilanza prudenziale sulle istituzioni finanziarie,di controllo

amministrativo o statistico,di ordine pubblico o di pubblica sicurezza. Le misure di controllo degli Stati membri non possono,perci,avere leffetto di ostacolare i movimenti di capitali conformi al diritto comunitario. A questultimo proposito,si rileva che la prassi di alcuni Stati membri di subordinare ad una previa autorizzazione o addirittura di vietare del tutto i trasferimenti intracomunitari di valuta,ad esempio di banconote,era gi incompatibile con la richiamata direttiva,cos come oggi incompatibile con lart.58 del Trattato,a meno che al dovuto test di proporzionalit non risulti effettivamente necessaria ai fini di ordine pubblico o di sicurezza. Unipotesi particolare che ha dato luogo ad uno specifico contenzioso quella relativa alla c.d. golden share che in sostanza un diritto di veto che lo Stato-azionista conserva per s rispetto a talune deliberazioni di gestione della societ ritenute rilevanti per gli interessi generali del Paese. Resta ferma,peraltro,la circostanza che la libera circolazione dei capitali strettamente funzionale allesercizio effettivo delle altre libert e,in particolare,del diritto di stabilimento,che secondo la Corte si dovrebbe ritenere prevalente quando lacquisto di partecipazioni conferisce la possibilit di esercitare una influenza determinante sulle decisioni dellimpresa. Il Trattato prevede poi delle misure di salvaguardia comunitarie. Per il caso che movimenti di capitali con Paesi terzi causino o minaccino di causare difficolt gravi per il funzionamento dellUnione economica e monetaria,il Consiglio pu adottare misure nei confronti di Paesi terzi,a maggioranza qualificata,su proposta della Commissione e consultata la Banca centrale europea (art.59),nonch eventuali misure di urgenza collegate alle pi generali misure rientranti nella politica estera e di sicurezza comune di cui allart.301 del Trattato. In proposito uno Stato membro pu adottare unilateralmente misure solo se urgenti e salvo diversa delibera successiva del Consiglio (art.59 n.2). Infine un forte impulso al processo di realizzazione di un mercato unico dei capitali stato di recente dato dalladozione di un comprensivo piano dazione sui servizi finanziari (c.d. PASF) il quale comprende disposizioni di regolamentazione dei servizi di investimento,dei settori bancario e assicurativo, nonch importanti proposte di riforma del diritto societario finalizzate a rimuovere le barriere esistenti agli investimenti e alla raccolta di capitali,a fornire informazioni adeguate agli investitori e rendere effettivo il controllo di societ e mercati. LUNIONE ECONOMICA E MONETARIA 8. Premessa Le disposizioni del titolo VII del Trattato, dedicato alla Politica economica e monetaria, costituiscono una delle pi significative innovazioni del Trattato di Maastricht, rimaste sostanzialmente inalterate dopo i Trattati di Amsterdam e di Nizza. Per quanto si tratti di uninnovazione recente, lidea che la creazione del mercato interno, con la libera circolazione dei fattori produttivi, dovesse in qualche modo accompagnarsi ad una politica economica comune era da tempo maturata.Solo con il rapporto Werner del 1970, vengono per la prima volta disegnate le tappe di una riforma ambiziosa, da realizzare attraverso la revisione del Trattato, capace di coinvolgere la politica economica, la politica monetaria e i necessari supporti istituzionali.Negli anni settanta, si dette vita al c.d. serpente monetario europeo, primo passo verso la realizzazione del Sistema monetario europeo (SME), deciso nella risoluzione del Consiglio europeo di Bruxelles del 5 dicembre 1978 con lobiettivo di ridurre entro margini molto stretti e predefiniti le fluttuazioni di cambio delle monete europee. Lo SME consisteva essenzialmente in un accordo di cambio: ai rapporti bilaterali di tutte le monete nazionali veniva attribuita una parit centrale con dei margini di fluttuazione in alto o in basso predefiniti. Lo SME ha continuato a funzionare essenzialmente al di fuori del quadro istituzionale comunitario, affidato comera alle scelte delle singole banche centrali e dei governi nazionali. 9. Le disposizioni del Trattato di Maastricht Il Trattato di Maastricht ha previsto uneffettiva unione economica e monetaria. Lart.2, tra gli obiettivi dellUnione europea, pone linstaurazione di ununione economica e monetaria che

comporti a termine una moneta unica. Ladozione di una politica economica fondata sullo stretto coordinamento delle politiche nazionali, mentre la fissazione irrevocabile dei tassi di cambio con conseguente introduzione di una moneta unica si collocano nel contesto di una politica monetaria e di una politica del cambio uniche, con lo scopo di mantenere la stabilit dei prezzi e di sostenere le politiche economiche generali della Comunit. 10. La politica economica Il disegno di integrazione economica complessivamente considerato si fonda ormai su tre elementi tra loro strettamente collegati: il mercato unico ed una pi forte politica di concorrenza, il coordinamento delle politiche macro-economiche, regole di bilancio comuni. Relativamente alla politica economica, va peraltro ribadito che gli Stati hanno conservato in materia la loro sovranit, nel senso specifico ed espresso che attuano la loro politica economica, pur assumendo precisi obblighi di coordinamento allo scopo di contribuire alla realizzazione degli obiettivi comunitari definiti in termini generali agli artt.2 e 3 del Trattato CE. Il Consiglio chiamato ad elaborare progetti di indirizzi di massima per le politiche economiche degli Stati membri e della Comunit. I progetti vengono poi sottoposti al Consiglio europeo per una valutazione ed una conseguente conclusione, sulla cui base il Consiglio definisce i progetti, adottando una raccomandazione e informandone il Parlamento. Per garantire la convergenza ed un pi stretto coordinamento stato prefigurato un meccanismo di sorveglianza multilaterale. A tal fine, il Consiglio si avvale della cooperazione della Commissione, che raccoglie tutte le informazioni trasmesse dagli Stati membri sulle rispettive misure di politica economica. Sulla base di tali informazioni, il Consiglio vigila sulla evoluzione economica negli Stati membri. Il Consiglio ha anche un potere di intervento laddove la politica economica di una Stato membro non sia coerente con gli indirizzi di massima o ne minasse la corretta realizzazione. A completamento del meccanismo di sorveglianza, prevista ladozione di misure di sostegno agli Stati membri in caso di gravi difficolt nell approvvigionamento di determinati prodotti. Vi sono poi alcune preclusioni di carattere finanziario per gli Stati membri. Ad esempio, la Banca centrale europea e le banche centrali nazionali non possono accordare crediti a istituzioni comunitarie o nazionali ovvero un accesso privilegiato alle istituzioni finanziarie. Complementare alle misure di politica economica la disciplina di bilancio di cui allart.104 del Trattato. Gli Stati sono tenuti ad evitare disavanzi pubblici eccessivi e la Commissione ha il compito di vigilare sullevoluzione della situazione di bilancio e dellentit del debito pubblico degli Stati membri, fondandosi principalmente su due parametri. Il primo il rapporto tra il disavanzo pubblico ed il prodotto interno lordo, rapporto che non deve essere superiore ad un valore di riferimento pari al 3%; il secondo parametro il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo, che non deve superare il 60%. Il Consiglio, se decide che esiste una situazione di disavanzo eccessivo, formula raccomandazioni allo Stato dopo averne sentito le osservazioni. Anche in questo caso, il Consiglio agisce mediante un atto non vincolante. Il Consiglio pu intimare allo Stato di prendere misure volte alla riduzione del disavanzo. 4. La politica monetaria La politica monetaria, a differenza di quella economica, interamente affidata ad un meccanismo istituzionale comunitario: la Banca centrale europea (BCE) e il Sistema europeo di banche centrali (SEBC) al quale gli Stati hanno devoluto le loro funzioni sovrane in materia monetaria, creando quindi una nuova competenza esclusiva della Comunit. La realizzazione dell Unione monetaria stata prefigurata in tre fasi, la prima delle quali iniziata addirittura in un momento precedente al Trattato di Maastricht. La seconda fase iniziata il 1 gennaio 1994 con lobiettivo di realizzare tra gli Stati membri il processo di modificazioni istituzionali e di adeguamento delle rispettive situazioni economiche al traguardo dellunione economica e monetaria.

In base allart. 121, il grado di convergenza delle politiche economiche e monetarie degli Stati membri doveva essere verificato in base al tasso di inflazione, alla sostenibilit della finanza pubblica, alla stabilit del cambio di ciascuna moneta nazionale rispetto al Sistema monetario europeo e al livello dei tassi di interesse a lungo termine. Il Protocollo chiariva che il criterio relativo allinflazione veniva soddisfatto da un tasso medio di inflazione che non fosse superiore di oltre 1,5 punti percentuali. Il criterio relativo alla finanza pubblica esigeva che lo Stato non presentasse un disavanzo pubblico superiore al 3% e un indebitamento superiore al 60% del PIL. La verifica del rispetto degli esaminati criteri di convergenza era affidata, oltre che alla Commissione, allIstituto Monetario Europeo (IME). L IME aveva infatti la funzione di preparare la terza fase del percorso verso lUnione monetaria e di coordinare lattivit delle Banche centrali nazionali. L IME, una volta entrati in funzione la BCE e il SEBC, ha esaurito il proprio compito ed stato posto in liquidazione. 6. La terza fase dellUnione monetaria La terza fase di realizzazione dellUnione monetaria iniziata il 1 gennaio 1999 ed caratterizzata dalla sostituzione dellEuro alle monete nazionali. Alla terza fase non partecipano tutti gli Stati membri della Comunit europea. Regno Unito e Danimarca hanno volontariamente scelto di non parteciparvi, avvalendosi a tal fine della clausola di opting-out espressamente prevista dal Protocollo. Lesame dei criteri di convergenza che gli Stati membri dovevano soddisfare al termine della seconda fase dellUnione monetaria condusse il Consiglio, nella composizione dei Capi di Stato e di Governo, ad adottare, a norma dellart. 121, n.4, del Trattato CE, una decisione per la conferma degli Stati idonei ad adottare una moneta unica. La decisione accert che Belgio, Germania, Spagna, Francia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Austria, Portogallo e Finlandia soddisfacevano le condizioni per ladozione della moneta unica fin dal 1 gennaio 1999. La terza fase stata caratterizzata da un primo periodo transitorio in cui lEuro ha rappresentato la moneta per i pagamenti non numerari. Dal 1 gennaio 2002, la BCE e le banche centrali nazionali hanno immesso in circolazione banconote denominate in euro. A partire dalla medesima data, gli Stati membri coniano monete metalliche denominate in euro o in cent. Dal 1 gennaio 2002, quindi, queste banconote sono le uniche ad avere corso legale. Nellambito dei rapporti interindividuali, lintroduzione della nuova moneta avvenuta in base al principio di continuit. Lavvento della nuova moneta non ha prodotto leffetto di modificazione o annullare i termini e gli effetti di uno strumento giuridico, intendendosi con tale espressione gli atti di origine negoziale, gli atti amministrativi e le sentenze. 7. Il quadro istituzionale della politica monetaria La funzione monetaria stata attribuita dagli Stati non al tradizionale assetto istituzionale comunitario, ma ad una struttura diversa. Lart. 8 del Trattato CE prevede listituzione del SEBC e della BCE che agiscono, anchessi, nel rispetto delle competenze di attribuzione. Levidente dissociazione tra organi politici cui affidare il controllo della moneta frutto di unopzione di cultura politica ed economica, fortemente condizionata dallidea che vede nellassenza di inflazione un fattore di crescita economica. Il SEBC lorgano cui affidata la realizzazione e la gestione della politica monetaria, nel rispetto dellobiettivo fondamentale della stabilit dei prezzi. In base allart. 105 del Trattato CE, esso definisce e attua la politica monetaria della Comunit, svolge le operazioni sui cambi, detiene e gestisce le riserve ufficiali in valuta straniera degli Stati membri, promuove il regolare funzionamento dei sistemi di pagamento. In base all art. 107, il SEBC composto dalla BCE e dalle banche centrali nazionali. Tuttavia, esso retto dagli organi decisionali della BCE: il consiglio direttivo e il comitato esecutivo. Il consiglio direttivo composto dai membri del comitato esecutivo e dai governatori delle banche centrali nazionali degli Stati membri partecipanti alla moneta unica. Il comitato esecutivo composto dal Presidente, dal Vice Presidente e da altri quattro membri, designati allunanimit dai governi degli Stati membri a livello di Capi di Stati o di governo.

Il consiglio direttivo definisce le linee generali della politica monetaria comunitaria, adottando altres le decisioni in ordine agli obiettivi monetari intermedi, ai tassi dinteresse guida e allofferta di riserve nel SEBC. Il comitato esecutivo responsabile della gestione degli affari correnti della BCE e attua la politica monetaria, secondo le decisioni adottate dal consiglio direttivo, impartendo altres le necessarie istruzioni alle banche centrali nazionali. Il SEBC si presenta cos come un modello organizzativo frutto della partecipazione incrociata di membri delle banche centrali nazionali e della BCE. Il SEBC non costituisce un organo della Comunit. Il sistema, nel suo complesso, si caratterizza per lelevato grado di indipendenza. Lindipendenza deve caratterizzare anche le banche centrali nazionali. 8. Il sistema delle fonti dellUnione economica e monetaria Per lassolvimento dei compiti affidati al SEBC, il Trattato attribuisce alla BCE un potere normativo effettivo, che si esprime attraverso ladozione di atti vincolanti, cui si affianca la previsione di atti non vincolanti nelle forme delle raccomandazioni e dei pareri. La disciplina degli atti comunitari attraverso cui si realizza lunione economica e monetaria ripresa direttamente dalle categorie dellart. 249 CE. Lart. 110 CE prevede infatti che la BCE stabilisca regolamenti e prenda decisioni. Ladozione di regolamenti limitata a poche ipotesi espressamente previste dallo Statuto: a) definizione della politica monetaria della Comunit; b) definizione di obblighi per gli enti creditizi di detenere riserve minime presso la BCE o le banche centrali nazionali; c) creazione di sistemi di compensazione e di pagamento efficienti; d) vigilanza prudenziale degli enti creditizi, nonch in tutti i casi previsti da atti del Consiglio adottati in base allart. 107 CE. La BCE adotta anche decisioni, la cui definizione contenuta nell art. 110, n.2, terzo comma, CE, ripresa letteralmente dallart. 249, 4 co.: la decisione obbligatoria in tutti i suoi elementi per i destinatari da essa designati. Si tratta, quindi, di un atto a portata individuale, produttivo di effetti giuridici obbligatori e munito dellefficacia diretta. Destinatari della decisione possono essere gli Stati, le banche centrali nazionali o i privati. Manca, nellelencazione degli atti adottabili dalla BCE, la previsione della direttiva. 9. Il controllo giurisdizionale sugli atti della BCE Lart. 35 dello Statuto prevede che gli atti o le omissioni della BCE sono soggetti ad esame o ad interpretazione da parte della Corte di giustizia nei casi e alle condizioni stabilite dal Trattato. Quanto al ricorso per annullamento, lart. 230 include gli atti della BCE, diversi dalle raccomandazioni e dai pareri, per i quali si possono richiedere la nullit per i consueti vizi di legittimit degli atti comunitari. Quanto ai comportamenti omissivi, lart. 232 prevede la competenza della Corte a pronunciarsi su un ricorso contro la BCE che si sia astenuta dal pronunciarsi in violazione del Trattato. Quanto agli atti impugnabili, si deve ritenere che siano suscettibili di controllo giurisdizionale tutti gli atti produttivi di effetti giuridici obbligatori nei confronti dei terzi ( i regolamenti, le decisioni, gli indirizzi e le istruzioni della BCE ). Lart. 35, n.1, seconda fase, dello Statuto prevede altres che la BCE possa, alle condizioni stabilite dal Trattato, avviare unazione giudiziaria. Le banche centrali nazionali, infatti, destinatarie di indirizzi e di istruzioni della BCE emanati nei loro confronti, possono impugnare tali atti ai sensi dellart. 230, 4 co. CE. Le banche centrali nazionali, in quanto componenti il SEBC, sono destinatarie di obblighi previsti dallo Statuto e derivanti da atti adottati dalla BCE in base alle pertinenti norme di diritto primario. La violazione di tali obblighi, che costituisce una violazione del diritto comunitario da parte di un organo nazionale, viene censurata attraverso un singolare modello di procedimento per infrazione, dove il ruolo della Commissione viene affidato alla BCE. Lart. 237 CE prevede, infatti, unazione diretta della BCE nei confronti di una banca centrale nazionale volta a farne accertare linadempimento rispetto ad obblighi ad essa derivanti dal Trattato e dallo Statuto. Nel caso in cui la banca centrale nazionale non si conformi al parere emesso dalla BCE, questultima ha la facolt di investire della questione la Corte. La seconda parte dellart. 237, dispone che la banca centrale

nazionale tenuta a prendere i provvedimenti che lesecuzione della sentenza comporta. Ci troviamo dunque di fronte ad una previsione simmetrica rispetto a quella contenuta nellart. 228 CE, con lunica differenza che qui non prevista per la Corte la possibilit di disporre il pagamento di una somma forfetaria o di una penalit di mora in caso riconosca che la banca centrale nazionale non si conformata ad una precedente sentenza.

La disciplina della concorrenza applicabile alle imprese Il regime comunitario Uno degli strumenti per realizzare gli obiettivi prefissi dallart 2 trat CE senza dubbio lazione comunitaria volta alla creazione di un regime inteso a garantire che la concorrenza non sia falsificata nel mercato interno ( art 3, lett g trat). La sana concorrenza uno degli obiettivi primari della COM e allo stesso tempo ma al tempo stesso anche uno degli strumenti pi efficaci per mantenere e consolidare lassetto unitario del mercato. Pi volte stato detto che la sana concorrenza implica che esista un mercato in cui vi sia una concorrenza efficace ( workable competition), cio unattivit concorrenziale sufficiente a far ritenere che siano rispettate le esigenze di fondamentali e conseguite le finalit del trattato. Sicuramente il sistema eur si ispira a valori liberali , alleconomia di mercato, nel rispetto dei quali il grande mercato eur deve consentire agli imprenditori di competere tra loro ad armi pari e sulla base delle rispettive capacit e possibilit , nonch ai consumatori di scegliere i prodotti e i servizi che ritengano migliori e dove siano pi convenienti. Il regime di concorrenza previsto dal trat CE ( art 3, 81-82, 86-89) ha la finalit di unire i diversi mercati nazionali in un mercato unico con caratteristiche analoghe a quelli interni dei vari paesi. Alle volte pu accadere che siano poste talune restrizioni della concorrenza finalizzate al raggiungimento di altri obiettivi del trat . in forza dellart 81.3 possibile accordare deroghe quando le restrizioni si rivelino idonee a contribuire allo sviluppo armonioso delle attivit economiche nellinsieme della COM conformemente all art 2 trat. A partire dal maggio 2004, lattribuzione della competenza a concedere esenzioni non pi esclusiva della sola COM ma anche delle autorit di concorrenza e degli organi giurisdizionali degli stati membri( artt 81.1, 81.3, 82). Lazione della COM si sviluppata in questo campo in pi direzioni e con strumenti diretti ed indiretti che riguardano i comportamenti delle imprese e tendono ad evitare che, attraverso strategie concordate, siano vanificati gli effetti della libera circolazione delle merci e dei servizi e comunque alterate le condizioni di concorrenza determinate esclusivamente dalla capacit imprenditoriale di ciascuna impresa e dal libero esplicarsi delle dinamiche concorrenziali sul mercato. Altri mirano ad evitare che la concentrazione di potere economico e commerciale produca analoghe conseguenze. Altri ancora mirano ad evitare che le imprese di un determinato stato membro si vengano a trovare in una situazione privilegiata e di minori costi di produzione per effetto di una politica di intervento pubblico che, favorendo determinate imprese o produzioni, finisca con lavere pi ampi effetti anticoncorrenziali. In virt del principio di cooperazione( art 10 trat) gli stati membri sono tenuti a non adottare e a non mantenere misure legislative o regolamentari suscettibili di eliminare leffetto utile delle norme sulla concorrenza applicabili alle imprese. Lart 86 dice che gli stati membri non devono adottare nessuna misura contraria alle norme del trat , in particolare a quelle della concorrenza, nei confronti delle imprese pubbliche o titolari di diritti esclusivi o speciali. Completa la triade di strumenti di tutela diretti gli artt 86-87, sugli aiuti di stato. La sfera di applicazione materiale delle norme com sulla concorrenza si estende a tutte le attivit economicamente rilevanti, come le attivit di produzioni di beni, le prestazioni di sevizi( comprese le attivit del settore bancario e di quello delle assicurazioni), il settore dei trasporti. Possono invece rientrare nella sfera di applicazione dellart 81, in presenza di alcune condizioni,gli accordi collettivi di lavoro, stipulati dalle parti sociali in vista degli obiettivi socialmente rilevanti, quali il miglioramento delle condizioni di occupazione e di lavoro, nella misura in cui tali obiettivi sarebbero altrimenti compromessi. stato escluso dallapplicazione dellart 81 un contratto collettivo tra rappresentanti di datori di lavoro e di lavoratori , con il quale si era istituito un regime pensionistico integrativo di settore gestito da un fondo pensione ed al quale si poteva rendere obbligatoria laffiliazione , regime volto pertanto a contribuire direttamente al miglioramento di una delle condizioni di lavoro dei lavoratori, cio la pensione. Non stato invece escluso dallapplicazione delle regole di concorrenza un accordo ugualmente istitutivo di un regime pensionistico integrativo, ma stipulato da esponenti di una professione liberale e dunque non concluso nellambito di una contrattazione collettiva tra le patri sociali. Inoltre possono essere

sottratte allapplicazione delle regole di concorrenza, le attivit relative alla produzione ed al commercio dei prodotti agricoli, oggetto di deroga espressa di cui allart 36 trat. In particolare, in base a tale disposizione, le regole di concorrenza sono applicabili alla produzione ed al commercio di prodotti agricoli, unicamente nella misura determinata dal consiglio. Con il regolamento 26/ 62, il consiglio ha dichiarato inapplicabile lart 81 del trat agli accordi o decisioni o pratiche concordate che costituiscono parte integrante di unorganizzazione nazionale di mercato o che siano necessari al perseguimento degli obiettivi di cui allart 33; attribuendo poi alla commissione la competenza esclusiva ad accertare, mediante decisione da pubblicarsi, per quali accordi, decisioni e pratiche ricorrano le condizioni della deroga. la generale applicabilit delle regole comunitarie di concorrenza ai prodotti agricoli incontra dunque dei limiti riconducibili alla necessit di non pregiudicare il raggiungimento degli obiettivi della politica agricola comune. La prima deroga al divieto di cui allart 81.1 ormai di portata molto limitata, sia perch sono state create per la maggior parte dei prodotti delle organizzazioni comuni di mercato, che hanno sostituito quelle nazionali, sia perch le organizzazioni nazionali di mercato devono essere conformi alle disposizioni del trattato relative alla libera circolazione delle merci. Di rilievo invece la disciplina stabilita dallart 33 trat, che, in quanto stata interpretata come una eccezione restrittiva alla regola generale, prevede che per rientrare in tale categoria non da considerarsi sufficiente il fatto che un determinato accordo tenda a realizzare gli obiettivi dellart 33, ma occorre che esso rappresenti lunico e migliore strumento a tale scopo. Solo in questa eventualit, un tale accordo pu essere considerato necessario ai sensi della suddetta disposizione Relativamente agli accordi verticali, ai sensi della disciplina relativa a diverse organizzazioni comuni di mercato, beneficiano di una parziale esenzione dalle regole di concorrenza gli accordi interprofessionali. Sono contrari allart 81 trat gli accordi interprofessionali che portano alla ripartizione dei mercati e alla fissazione dei prezzi, oppure che producono effetti discorsivi della concorrenza. Per gli accordi tra i singoli operatori, quelli conclusi da unimpresa agricola o da unassociazione di produttori o una cooperativa, da un lato, e un distributore dallaltro, assumono rilievo antitrust in virt della loro idoneit a limitare laccesso nel mercato e la concorrenza tra gli operatori. Gli accordi di partership tra produttori e distributori, che a volte possono portare a strumenti importanti per migliorare la competitivit del settore agricolo, sono da considerare limitatori della concorrenza se e quando si trasformano in accordi commerciali esclusivi rispetto a prodotti specifici, in quanto permettono di orientare la produzione e le consegne alle esigenze del mercato. E sottratto infine alle regole della concorrenza il settore della difesa e sicurezza nazionale. Lart 296 trat permette agli stati membri di prendere le misure necessarie alla tutela di interessi essenziali, connessi alla produzione ed al commercio di materiale bellico, armi, munizioni. Lo stato membro interessato e la Commissione possono trovare insieme le misure meno discorsive della concorrenza. In definitiva, le norme del trattato specificatamente indirizzate alle imprese sono quelle di cui agli artt 81 e 82, dedicati rispettivamente alle intese tra imprese e allabuso di posizione dominante. Sono norme dotate di effetto diretto e perci azionabili dal singolo dinanzi al giudice nazionale. Vanno ricordati anche le norme introdotte dal consiglio contenenti disposizioni rilevanti riguardo i fini dellattuazione dei principi degli artt sopra citati( regolamento 1/2003 ). Questultimo ha ridotto lattivit di controllo della commissione solo ai casi pi importanti: ha stabilito a carico delle autorit e delle giurisdizioni nazionali il potere dovere di applicare gli artt 81-82, ha fissato criteri di cooperazione e di controllo relativi alle autorit ed alle giurisdizioni nazionali; e infine ha chiarito il rapporto tra diritto antitrust com e normative di concorrenza degli stati membri. La nozione di impresa La nozione di impresa utilizzata ai fini dellapplicazione delle norme a difesa della concorrenza una nozione alquanto ampia; essa comprende qualsiasi entit persona giuridica e fisica che svolga unattivit economicamente rilevante, industriale o commerciale o di prestazione di servizi, ivi compreso lo sfruttamento dellopera di ingegno e lesercizio di una professione liberale, compresa lattivit dellavvocato e del medico nonch lattivit artistica. Lart 81 trat perci

applicabile alle decisioni di un ordine professionale in quanto associazione dimprese, o ancora, ad unintesa tra organizzatori di viaggi ed un agente. associazione dimprese anche la FIFA o la FIGC ( per le attivit economicamente rilevanti dalla stessa svolte in connessione con lorganizzazione di una manifestazione, s che costituiscono accordi rilevanti ai sensi delle norme di concorrenza i contratti conclusi dallassociazione con i distributori di biglietti di ingresso agli impianti o quelli conclusi con le reti televisive per la trasmissione di avvenimenti sportivi). Nella nozione di impresa rientra del pari il gruppo, sia in senso negativo che lart 81 non si applica alle intese fra imprese dello stesso gruppo che non godano di unautonomia apprezzabile; sia nel senso positivo che il comportamento del gruppo, in quanto entit economica considerata complessivamente e nelle singole articolazioni, rileva ai fini della sussistenza di una posizione dominante. Facciamo un esempio: prendiamo una societ dotata di personalit giuridica autonoma che per sia interamente posseduta da unaltra societ. Qui la societ madre esercita un controllo sulle condotte commerciali dellaffiliata o comunque questultima dipendente rispetto alle scelte sul mercato imputabili alla stessa societ madre. Affinch ci sia possibile , per, occorre che il collegamento strutturale proprio del controllo totalitario sia accompagnato da ulteriori elementi idonei a dimostrare linfluenza decisiva della societ madre sulla controllata, quali la composizione degli organi sociali, il fatto che le stesse persone fisiche figurino negli organi della controllante e della controllata, o ancora la circostanza che la controllata non abbia degli assets propri e personale alle proprie dipendenze o , infine, che pi societ appartenenti ad un medesimo gruppo abbiano contemporaneamente preso parte alle condotte anticompetitive. in realt, ai fini dellapplicazione delle norme sulla concorrenza non neppure rilevante la forma giuridica assunta dallimpresa o le modalit di finanziamento. Nel caso degli enti pubblici o degli organismi statali, si partiti dal presupposto che occorre distinguere tra le manifestazioni tipiche del potere statuale e quelle non tipiche. stata riconosciuta la natura dimpresa allamministrazione dei monopoli di stato in Italia, nonostante essa fosse, dal punto di vista giuridico, incorporata nella pubblica amministrazione. Invece esclusa dalla nozione dimpresa, ai sensi e per gli effetti della disciplina com della concorrenza, un ente che contribuisca alla gestione di un servizio pubblico di carattere sociale, la cui attivit cio sia svolta secondo principi estranei alle leggi di mercato o ancora che agisca in veste di pubblica autorit, avvalendosi di prerogative che esorbitano dal diritto comune, di privilegi, di poteri coercitivi sui privati. quindi escluso dalla nozione dimpresa un organismo di previdenza sociale di categoria, la cui attivit ispirata ai principi di solidariet e assenza di fine di lucro; per gli stessi motivi sono esclusi gli enti che gestiscono il sistema nazionale di un paese, garantendo la prestazione di servizi sanitari gratuiti agli iscritti, ecc .

Oggetto e condizioni di applicabilit del divieto di cui allart 81: laccordo, la pratica concordata, la decisione di associazione dimprese In base allart 81 sono vietati tutti gli accordi tra le imprese, tutte le decisioni di associazioni dimprese e tutte le pratiche concordate che possono pregiudicare il commercio tra stati membri e che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsificare il gioco della concorrenza allinterno del mercato comune . LINTESA rilevante ai fini della disciplina com riguarda i rapporti concorrenziali tra imprese, sia che queste si trovino allo stesso stadio del processo economico, industriale o commerciale( rapporti orizzontali), sia che si trovino a stadi diversi ( rapporti verticali). Essa pu assumere qualsiasi forma e pu essere anche implicita, essendo al riguardo sufficiente che le imprese abbiano espresso la comune volont di comportarsi sul mercato in un determinato modo. In proposito, si accolta una nozione funzionale di intesa, di particolare ampiezza, che comprende tutti quei comportamenti di 2 o pi imprese finalizzati a realizzare iniziative comunque idonee ad alterare la concorrenza. Il dato necessario e sufficiente a qualificare un fatto come intesa la concertazione nellattivit di 2 o pi soggetti altrimenti indipendenti sul mercato, quali che siano le forme attraverso le quali la concertazione si realizza. Le ipotesi sono quelle dellaccordo, della pratica concordata e della

decisione di associazione di imprese. La nozione di ACCORDO molto ampia e privilegia la sostanza rispetto alla forma. Basta che sia manifestata lintenzione comune di 2 o pi imprese indipendenti a comportarsi sul mercato in un modo piuttosto che in un altro. Pu trattarsi di accordo scritto o verbale. Non necessario che laccordo si traduca in un vero e proprio contratto, giuridicamente valido. Perci vengono qualificati come accordi anche quelli interprofessionali conclusi nellambito di un ente pubblico, i gentlemens agreement, gli accordi transattivo di controversia giudiziale, una circolare inviata dal produttore ai distributori e sottoscritta da questi ultimi. Anche le misure prese o imposte in modo apparentemente unilaterale da un produttori seguono lottica dellaccordo. Le DECISIONI Di ASSOCIAZIONI DIMPRESE sono quelle, anche non vincolanti, adottate da raggruppamenti dimprese o sindacati professionali nei riguardi degli associati e che abbiano leffetto di alterare le condizioni della concorrenza; anche delle semplici raccomandazioni emanate dallassociazione di categoria, dunque, la cui accettazione da parte delle imprese associate destinatarie influisca in modo rilevante sulla concorrenza. PRATICA CONCORDATA qualsiasi forma di comportamento coordinato tra imprese che, senza tradursi in un vero e proprio accordo formale, rappresenti una cooperazione consapevole tra le stesse a danno della concorrenza. stato poi precisato che i criteri della cooperazione e collaborazione non richiedono lelaborazione di un vero e proprio piano, ma vanno intesi alla luce della concezione inerente alle norme del trattato in materia di concorrenza, secondo la quale ogni operatore economico deve autonomamente determinare la propria condotta nel mercato comune, anche riguardo alla scelta dei destinatari delle merci da lui offerte e vendute. Pur non escludendo il dir degli operatori economici di reagire intelligentemente e secondo le loro convenienze al comportamento dei concorrenti, lesigenza di autonomia vieta per rigorosamente che fra gli operatori stessi abbiano luogo contratti diretti o indiretti aventi lo scopo o leffetto di influire sul comportamento tenuto sul mercato da un concorrente attuale o potenziale. Se poi la mera partecipazione a riunioni o discussioni tra concorrenti non di per s idonea a dimostrare lesistenza di una concertazione tra le imprese, tuttavia ci d luogo ad una presunzione, fatta salva la prova contraria il cui onere incombe agli interessati, che le imprese tengano conto dello scambio di informazioni per decidere il loro comportamento sul mercato, tanto pi se i contatti abbiano un carattere regolare e siano protratti per un lungo periodo di tempo. in definitiva si vuole evitare che tra imprese interessate abbiano luogo contatti con lo scopo di eliminare in anticipo ogni incertezza relativa al futuro comportamento dei loro concorrenti. La corte ha poi dichiarato che oltre alla concertazione tra le imprese, vi anche un comportamento successivo Va precisato che la concertazione non si pu presumere quando il parallelismo di comportamento pu spiegarsi diversamente: esso rimane sempre un forte indizio, qualora porti a condizioni di concorrenza non corrispondenti a quelle normali del mercato( quello che si verifica quando il comportamento parallelo permette di stabilizzare i prezzi ad un livello diverso da quello che poteva risultare in regime di libera concorrenza, nonch di cristallizzare le posizioni acquisite, a detrimento delleffettiva libert di circolazione delle merci nel mercato comune e della libera scelta dei fornitori da parte dei consumatori). stato poi puntualizzato che il parallelismo di comportamento non pu essere considerato prova di una concertazione tra imprese se non quando questa sia la sola spiegazione plausibile. La pratica concordata che abbia come oggetto una politica anticoncorrenziale implica una violazione del trat, senza che si ritenga necessario verificare la sussistenza di effetti anticoncorrenziali. La concertazione va verificata in base a vari elementi, soprattutto di fatto, ivi compreso talune presunzioni, nonch attraverso alcune valutazioni di documenti e qualsiasi altro mezzo di prova. chiaro che sono valutazioni effettuate dalla commissione, per i poteri che le ha attribuito il trat, ma anche da giudici nazionali, nellambito della cooperazione con il giudice com di cui allart 234 trat. La commissione ha lonere di provare la sussistenza della violazione e di produrre tutti gli elementi idonei ad individuare la responsabilit di ciascuna impresa.

Lintesa comunque non necessariamente viene effettuata da imprese com. Non neppure escluso che pur nel concorso di pi imprese allinfrazione si possano individuare comportamenti di diversa gravit; dallaltro lato non detto che la diversit di forme di partecipazione allinfrazione non escluda la responsabilit di ogni impresa per linfrazione nel suo insieme. Una qualsiasi intesa anticompetitiva, al di l della sua natura, pu essere vista come ununione di infrazioni ma anche come ununica infrazione. In particolare, laccordo e la pratica concordata che si distinguono tra loro solo per lintensit e la forma in cui si realizza il comportamento anticoncorrenziale delle imprese, in presenza di determinate condizioni possono ben costituire una infrazione unica. Gli elementi importanti che possono rientrare nella sfera di applicazione del divieto sono 2: - il pregiudizio al commercio tra gli stati membri - lalterazione delle condizioni di concorrenza allinterno del mercato comune( arrivando quindi a condizioni anticoncorrenziali). Se il comportamento imposto da una normativa nazionale allora gli artt 81 e 82 non trovano applicazione. le condizioni del divieto. Il pregiudizio al commercio intracomunitario lelemento del pregiudizio al commercio intracomunitario costituisce uno dei presupposti per lapplicabilit dellart 81. Secondo la formulazione della corte di giustizia, suscettibile di pregiudicare gli scambi intracomunitari laccordo che , sulla base di un insieme di elementi oggettivi o di fatto, ragionevole prevedere possa esercitare uninfluenza diretta o indiretta, attuale o potenziale, sulle correnti di scambio tra stati membri in una misura che potrebbe nuocere alla realizzazione degli obiettivi di un mercato unico. Il pregiudizio dovuto ad una serie di elementi, che presi singolarmente non sono particolarmente decisivi. Al fine degli orientamenti alle giurisdizioni e alle autorit nazionali di concorrenza circa la portata di tale nozione, la commissione ha adottato, nel 2004, dei principi guida per interpretare al meglio lart 81 e 82 e la loro applicazione. lelemento del pregiudizio agli scambi in via di principio limita lapplicabilit della disciplina comunitaria della concorrenza i cui effetti si realizzano a livello comunitario e non siano confinati allinterno di un solo stato membro. Esso insomma ha lo scopo di delimitare il campo dazione delle norme comunitarie rispetto a quello dei dir nazionali. Anche unintesa solo nazionale pu pregiudicare il commercio intracomunitario per effetto della chiusura del mercato nazionale o comunque della maggiore difficolt per i concorrenti stranieri di accedere a quel mercato. Ad esempio, una clausola di non concorrenza inserita in un contratto di cessione di azienda, se estesa allintero territorio di uno stato membro, pu ugualmente risultare idonea ad ostacolare gli scambi commerciali intracomunitari ai sensi dellart 81.1. esso pu anche derivare da un accordo di distribuzione destinato a trovare applicazione in un territorio situato al di fuori della comunit, che comporti un obbligo di esportazione di prodotti verso un paese terzo, nonch un divieto di reimportazione e di commercializzazione di detti prodotti nella comunit. Laccertamento del pregiudizio va comunque effettuato di caso in caso. sufficiente che esso sia potenziale e che investa direttamente o indirettamente il volume degli scambi o i prezzi o la qualit dei prodotti o dei servizi. La corte di giustizia richiede, per verificare il pregiudizio, la prova che gli scambi siano idonei a produrre leffetto vietato, ovvero deve apparire ragionevolmente probabile in base a certi elementi oggettivi di dir o di fatto, che laccordo eserciti uninfluenza diretta o indiretta, attuale o potenziale, sulle correnti degli scambi fra stati membri. Come chiaro, la disciplina della concorrenza deve essere in sintonia con quella della libera circolazione allinterno del mercato comune: gli stati devono eliminare gli ostacoli alla circolazione delle merci e le imprese devono operare in modo coerente con ci. Le disposizioni sulla concorrenza vanno perci lette, interpretate ed applicate come volte a realizzare un assetto unitario del mercato comune e dunque anche la libera circolazione di beni, persone, servizi, capitali. Con la riforma portata dal regolamento 1 / 2003, il criterio del pregiudizio agli scambi ha assunto un ruolo centrale nel nuovo sistema di applicazione del dir antitrust comunitario. Lart 3 del regolamento impone alle autorit di concorrenza e ai giudici nazionali lobbligo di applicare le

norme comunitarie a tutte le intese e pratiche abusive che possano incidere sul commercio tra le imprese. Anche per questo motivo, la commissione ha emanato la ricordata Comunicazione, intesa a fornire indicazione ed elementi di valutazione in merito allinterpretazione della nozione del pregiudizio al commercio. Questa introduce anche specifiche presunzioni in ordine allidoneit di intese e pratiche abusive a determinare o meno un pregiudizio sensibile agli scambi tra gli stati membri. Unanalisi caso per caso necessaria per determinare il carattere sensibile o meno di un possibile pregiudizio al commercio, laddove almeno una delle richiamate condizioni non sia soddisfatta. Lalterazione delle condizioni di concorrenza. Portata territoriale del divieto Lintesa vietata anche quella che ha per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare il gioco della concorrenza allinterno del mercato comune. Gi ad una prima lettura chiaro che il pregiudizio alla concorrenza pu essere causato anche dallintesa potenziale e indiretta. Esso cmq va verificato in concreto. Per stabilire se unintesa ricada nellapplicazione del divieto sancito dallart 81.1, occorre procedere ad uno scrutino che si articola in 2 fasi. La prima fase prevede che si verifichi se lintesa comporta, come oggetto, una restrizione della concorrenza in un certo ambito. Se lintesa o la pratica concordata ha effettivamente tale oggetto, allora deve ritenersi senzaltro vietata, senza dover considerare quelli che sono i suoi effetti. Dove loggetto non anticompetitivo, si deve procedere ad una seconda analisi, che deve riguardare gli effetti che lintesa produce nel gioco della concorrenza. In questo caso, se lintesa o la pratica concordata abbiano effetto di limitare in modo sensibile il campo della concorrenza, allora esse saranno vietate. Un criterio importante per verificare se lintesa abbia per oggetto o per effetto la restrizione del gioco della concorrenza quello di considerare come avrebbe operato nel campo del mercato la concorrenza senza lesistenza di tale intesa. Dopo questa analisi, chiaro che saranno considerate vietate tutte quelle intese che avranno per oggetto il restringimento della concorrenza tra le parti, tra le parti e i terzi concorrenti, in modo ritenuto incompatibile con il mercato comune. Per contro, dovr ritenersi che non abbiano oggetto anticompetitivo le intese che sono idonee a svolgere una pi complessa funzione. Ci vale per le clausole che fanno parte integrante del contenuto di un determinato contratto e che in tal modo contribuiscono a determinare lassetto e lequilibrio dei rapporti giuridici tra le parti. Ad esempio, non violano lart 81.1 per il loro oggetto: - il patto di concorrenza inserito in un contratto di cessione di azienda, in quanto tale patto, purch di durata non sproporzionata, pu ritenersi necessario ad assicurarsi leffettivit della cessione - la clausola di approvvigionamento esclusivo e la clausola di non concorrenza, inserite in un contratto di franchising , in quanto necessarie a far s che tale contratto possa pienamente realizzare la sua funzione tipica - la clausola di non contestazione, inserita in un contratto di licenza di brevetto, in quanto determinate per lequilibrio di un accordo che non ha n loggetto , n leffetto di impedire, di restringere o di falsare il gioco della concorrenza - la clausola di approvvigionamento esclusivo, inserita in un contratto di fornitura di birra, in quanto inerente a quella forma di cooperazione fra rivenditore e fornitore, fondata su una convergenza di interessi in ordine alla promozione delle vendite del prodotto, che caratterizza questo specifico tipo contrattuale. peraltro, la circostanza che unintesa non abbia carattere anticompetitivo non esclude che essa, tenuto conto del contesto dove deve operare, possa produrre effetti contrari al corretto funzionamento del mercato comune. In sintesi, lanalisi delloggetto destinata a valutare in astratto la funzione obiettiva di un determinato patto nel contesto contrattuale in cui si inserisce. Lanalisi delleffetto, viceversa, mira a stabilire se , in concreto, unintesa che non ha oggetto anticompetitivo sia comunque idonea, per la specifica situazione, a restringere in modo sensibile la concorrenza nel mercato comune. cos unintesa tra imprese comunitarie sulla ripartizione dei mercati terzi in principio consentita, a meno che i suoi effetti non si ripercuotano nel mercato comune; allo stesso modo unintesa tra

unimpresa comunitaria e una appartenente ad un paese terzo vietata se investe il mercato comune. Conc= concorrenza la regola de minimis Gli effetti sulla conc e sugli scambi devono essere sensibili, s che sono escluse dal divieto le intese aventi effetti minimi sul mercato di cui si tratta ( regola cd de minimis) . la corte di giustizia ha infatti precisato che un accordo sfugge dal divieto quando investe il mercato in maniera insignificante, considerata la debole posizione detenuta dagli interessati sul mercato dei prodotti di cui trattasi; e ci anche quando , ad esempio nellipotesi si un accordo di distribuzione, lesclusiva comporti una protezione territoriale assoluta a favore del distributore. Tuttavia, unintesa anche se isolatamente non ricompresa nel divieto in quanto minima, possa comunque esservi compresa quando sia inserita in un contesto economico e giuridico tale da alterare la conc e pregiudicare gli scambi intracomunitari. La commissione, in una comunicazione del 2001, ha differenziato le soglie di sensibilit relative alle quote di mercato detenute alle imprese partecipanti a seconda ce si tratti di accordi tra imprese concorrenti effettivi o potenziali su uno dei mercati rilevanti e accordi tra imprese non concorrenti. Nel primo caso la soglia del 10%, nel secondo del 15%. La commissione precisa che , indipendentemente dal superamento delle soglie, non ricadono il linea generale nel divieto di cui allart 81.1, le intese concluse tra piccole e medie imprese. Ipotesi tipizzate dintesa. Gli accordi di distribuzione Lart 81,1 indica anche alcune ipotesi tipizzate di intese vietate, sia orizzontali che verticali. Sono menzionate quelle intese rivolte a regolare i prezzi e/o le condizioni di vendita. La previsione molto ampia e riguarda qualunque tipo di comportamento che in qualche modo conduca ad un coordinamento o un allineamento dei prezzi. Ad esempio considerato illecito un accordo sui prezzi minimi di un prodotto, trasmesso allamministrazione perch ne estendesse in via generale lapplicazione; un accordo sugli sconti praticabili ai dettaglianti, ecc . In secondo luogo, lart 81.1 lett b censura le intese che limitano o controllano la produzione, gli sbocchi, lo sviluppo tecnico o gli investimenti. Si tratta di accordi che mirano a ridurre i costi, razionalizzando la produzione e/o gli acquisti e/o lacquisizione della clientela. Possono rientrare in questa ipotesi anche gli accordi di distribuzione selettiva, le esclusive di vendita, determinati accordi di acquisto in comune come la realizzazione di centrali comuni dacquisto, le intese sulle quote di produzione. Ed appena il caso di precisare che non occorre che le parti dellaccordo o dellintesa siano in conc tra loro. Grande attenzione sempre stata data ai sistemi di distribuzione, spesso incorsi nelle censure della commissione e della corte. Il punto fondamentale che il mercato non pu essere ripartito, n a livello di produzione, n a livello di distribuzione. con il caso Consten & Gruding ( relativo ad un accordo di distribuzione esclusiva in Francia), la corte afferm il principio che un accordo inteso a mantenere artificialmente dei mercati nazionali distinti in seno alla comunit gi come tale atto a falsare la conc nel mercato comune e dunque rientra nellipotesi vietata dallart81.1. ci per non ha impedito di tenere conto degli effetti positivi sul piano della conc che tali clausole di elusivit comportano in diversi casi. Esse possono facilitare lingresso di un prodotto su un nuovo mercato nei non rari casi in cui il distributore/ rivenditore a richiedere al fabbricante limpegno a non fornire altri distributori nel territorio contrattuale. Grazie al caso sopra citato, la corte e la giurisprudenza comunitarie hanno ritenuto che gli accordi di distribuzione esclusiva, per quanto rientranti nellipotesi dellart 81.1, possano tuttavia essere esentati dal divieto stabilito, in forza dellart 3 della stessa disposizione, qualora non sia stabilita una protezione territoriale assoluta a favore del distributore. Tale ipotesi si realizza quando il distributore posto al riparo non solo dalla conc che gli potrebbe essere fatta dal produttore/ fornitore , ma anche dagli altri distributori ai quali viene dato il divieto di esportare nello stato che costituisce la zona esclusiva dellaltro, sia direttamente, attraverso vendite a clienti ivi stabiliti, ma

che intendano esportare i prodotti cos acquistati nella zona esclusiva di un altro distributore. Anche la distribuzione selettiva, caratterizzata dal fatto che il produttore intende riservare la vendita dei propri prodotti solo a taluni rivenditori, selezionati in base alla loro qualificazione professionale. La giurisprudenza ha precisato che la distribuzione selettiva deve restare leccezione e si giustifica laddove la selezione dei produttori viene operata sulla base di criteri oggettivi, di natura qualificativa e non discriminatori. Inoltre la selezione dei distributori compatibile con la disciplina comunitaria della conc quella che assume carattere meramente qualificativo. Tale formula di selezione implica che sia consentito effettivo accesso alla rete a tutti gli operatori potenziali che rispondano a requisiti professionali stabiliti dal produttore e che desiderino concludere un contratto x la commercializzazione dei prodotti di cui trattasi. Per contro, ritenuto incompatibile con lart 81.1 la selezione cd quantitativa, vale a dire la selezione che, oltre a prevedere criteri oggettivi di qualificazione dei distributori autorizzati, limita altres il numero totale degli operatori ammessi ad agire allinterno di determinate aree territoriali. una posizione intermedia tra le precedenti quella occupata dalle figure contrattuali che oltre a prevedere criteri qualitativi di accesso alla rete impongono al distributore lottemperanza a specifici obblighi di assortimento e promozione del prodotto contrattuale. Tali ipotesi sono soggette ad una valutazione caso per caso. La ripartizione dei mercati beninteso vietata anche quando avviene a livello della produzione( orizzontale); ad esempio, con unintesa tra 2 produttori sulla produzione e vendita in territori diversi. Un problema peculiare si ha riguardo alle modalit di sfruttamento dei dir sulla propriet intellettuale: marchi, brevetti, dir dautore, ecc qui, al contrario di quanto avviene per la circolazione delle merci, nessuna previsione stata espressa al riguardo delle norme a tutela della concorrenza. In materia ha prevalso ed dtato applicato il criterio del cd esaurimento comunitario nel senso che in via di principio il dir di esclusiva termina con lo sfruttamento in un paese comunitario. Di conseguenza, una volta che il prodotto in cui sia incorporato il dir in questione sia stato legalmente commercializzato in uno stato membro, non ne pu essere impedita la circolazione e quindi la rivendita negli stati. La nullit degli accordi vietati Gli accordi vietati sono affetti da nullit: nulli di pieno dir. Tale previsione comporta che il soggetto che si senta leso da un accordo in contrasto con il divieto di intese anticoncorrenziali ne pu far valere la nullit. Inoltre, il singolo pu richiedere il risarcimento del danno che gli sia derivato dal comportamento di imprese in violazione del divieto. Le modalit procedurali sono di competenza dei singoli giudici nazionali, salvo il rispetto del principio di equivalenza e effettivit. pacifico che la nullit assoluta, nel senso che il giudice o lorgano amministrativo possono rilevarla dufficio, non pu essere oggetto di esenzione, opera ex tunc; inoltre, in base al principio quod nullum est nullum producit effectum, laccordo nullo resta privo di effetti tra le parti ed in opponibile a terzi, con ulteriore conseguenza che sono travolti dalla nullit tutti gli effetti, passanti e futuri. La nullit del contratto, o alloccorrenza delle sole clausole vietate se le stesse sono separabili dallinsieme del contratto, pu essere accertata dal giudice nazionale, in quanto sicuramente si tratta di una norma di effetto diretto; ma anche dinanzi alla commissione. Il ricorrente pu far valere i suoi dir sia attraverso un esposto alla commissione, sia iniziando unazione dinanzi al giudica nazionale. Quanto dir del singolo al risarcimento del danno, la possibilit del suo esercizio in sede giudiziaria stata considerata un elemento che rafforza loperativit delle norme e che per ci stesso contribuisce al mantenimento delleffettiva conc. Le esenzioni individuali di cui allart 81.3 La disciplina comunitaria della conc fondata sul criterio del divieto, che vuole in principio vietate tutte le intese che ricadano nella previsione dellart81.1, a meno che non siano esentate ai sensi dellart 81.3 . la competenza a dichiarare inapplicabile il divieto, dopo il ricordato regolamento della commissione del 2003, della commissione stessa, delle autorit e dei giudici nazionali.

La possibilit di esenzione si fonda su elementi puntualizzati nellart 81.3, tutti ugualmente necessari: -le intese o le pratiche concordate devono contribuire a migliorare la produzione o la distribuzione oppure promuovere il progresso tecnico o economico - le intese o pratiche concordate devono lasciare agli utilizzatori una congrua parte dellutile che ne deriva: non vi pu essere esenzione se accordi sui prezzi avvantaggiano esclusivamente i produttori e gli importatori e non recano alcun profitto ai consumatori - le restrizioni della conc devono essere necessarie al raggiungimento degli obiettivi positivi appena ricordati -le pratiche concordate o le intese non devono pervenire al risultato di eliminare la conc per una parte sostanziale dei prodotti. Le autorit competenti devono quindi operare un bilancio concorrenziale dellaccordo al fine di stabilire se la valenza positiva della fattispecie sia prevalente e cmq tale da legittimare la restrizione della conc che essa produce. La valutazione in ordine allapplicabilit dellesenzione costituisce il risultato di unattenta analisi di diversi elementi e comporta sostanzialmente una ponderazione degli effetti restrittivi della conc con il perseguimento utile di obiettivi o interessi meritevoli di attenzione e tutela. Il regolamento 1/2003 andato a modificare il vecchio sistema di autorizzazione e notifica; ora riconosciuta alla commissione la facolt dufficio, e non pi il dir di notifica, di valutare la compatibilit di unintesa con il dir antitrust e dichiarare linesistenza di una violazione( ricordiamo che unintesa che contrasti con lart 81.1 ma risponda ai requisiti dellart81.3 vista come una eccezione legale). Lintervento della commissione obbligatorio nei casi in cui giochino interessi particolarmente rilevanti di interesse pubblico comunitario. Sempre alla commissione assegnato il ruolo di definire i criteri per lapplicazione dellart 81.3 da parte degli organi nazionali. La commissione infatti proprio per fornire un aiuto e dei principi guida per i giudici nazionali ha emanato una comunicazione. Questultima integra, con disposizioni pi precise,le indicazioni fornite dalla commissione. Le esenzioni per categoria Lo strumento delle esenzioni per categoria ha subito delle profonde modifiche con lentrata in vigore del regolamento 1/2003. In passato, la competenza esclusiva a concedere delle esenzioni era della commissione, ai sensi dellart 81.3, ponendo per dei gravi problemi di natura funzionale ai sistemi, in considerazione del numero sempre pi alto di accordi notificati ( non era perci possibile risolvere tutti i singoli casi sottoposti allanalisi dellautorit comunitaria in tempi ragionevoli). Per ovviare a questi problemi, il consiglio aveva adottato una serie di regolamenti, con cui si autorizzava la commissione a concedere delle esenzioni a determinate categorie di accordi, decisioni e pratiche concordate. La commissione da allora ha fatto sempre un uso molto ampio di tale potere di delega, accordando numerosi regolamenti di esenzione per categorie individuali. Fra questi sono in rilievo quelli relativi alle restrizioni verticali. prima del regolamento 1/2003, gli accordi che soddisfacevano le condizioni di esenzione per categoria beneficiavano autonomamente dellesenzione, senza che ci fosse la necessit di procedere ad una notifica ed a un loro esame individuale. erano invece soggette allobbligo di notifica le categorie che non erano disciplinate da quelle disposizioni. Con il passaggio al regime di eccezione legale, il regolamento per lesenzione ha cambiato natura, acquistandone una solamente dichiarativa. I nuovi regolamenti oggi sono solo uno strumento di orientamento dellapplicazione del dir comunitario a livello nazionale. Prima della riforma, nella disciplina dei rapporti verticali, ogni regolamento conteneva un elenco sia delle clausole contrattuali che potevano beneficiare dellesenzione per categoria( white list) sia quelle che escludevano lapplicazione del beneficio( black list): laccordo che le prevedeva poteva dunque essere eventualmente esentato a seguito solo delladozione di una decisione ad hoc. Per velocizzare le procedure, alcuni regolamenti di esenzione prevedevano che per gli accordi che non soddisfacevano tutte le condizioni da essi fissati, potesse essere invocata al momento della notifica, la procedura di opposizione: se la commissione non si opponeva nel termine di 6 mesi,

laccordo in questione era da considerare valido. Intese vietate e intese autorizzate INTESE VIETATE: Rientrano in questa categoria una serie di accordi, pi o meno formalizzati, che hanno una spiccata valenza anticompetitiva. Fra le intese orizzontali, si ricordano i casi dei cartelli o delle pratiche che restringono lazione delle imprese partecipanti con riferimento ad alcune delle principali variabili dellattivit aziendale: collusioni sui prezzi di vendita o di acquisto sui volumi della produzione e sulle quote di mercato. Ancora ci sono quelle intese che, anche se in apparenza disciplinano forme di cooperazione fra imprese di per s non competitive, si configurano in realt, per il loro specifico contenuto o per le circostanze economiche in cui operano, come meri cartelli fra imprese concorrenti: il caso di accordi joint venture, che hanno per oggetto o per effetto il coordinamento concorrenziale tra le imprese, senza fornire alcun valore aggiunto in termini di promozione/ razionalizzazione della ricerca, della produzione o del commercio. Analoga rilevanza hanno assunto in alcuni sistemi gli scambi di informazioni che, divulgando dati sensibili, suscettibili di svelare comportamenti di singoli operatori solitamente coperti da riservatezza, aumentano la trasparenza, e quindi accentuano la propensione degli operatori ad adattare il proprio comportamento a quello degli altri. Ci accade soprattutto nei mercati oligopolistici, ma non solo. Nelle intese verticali, sono essenzialmente riconducibili alla categoria degli accordi vietati, le pattuizioni che ostacolano gli scambi allinterno del mercato comune, oppure che definiscono in modo tassativo il livello dei prezzi di rivendita dei distributori. INTESE AUTORIZZATE: A questa categoria appartengono quelle intese che non hanno effetti restrittivi del mercato e della conc, nonch quelle che sono sottoposte alla disciplina dellart 81.3. fra le intese orizzontali ricordiamo: - accordi di specializzazione : sono accordi che vengono posti in essere da medie e piccole imprese, in virt dei quali una delle parti si concentra su un determinato tipo di prodotti, mentre laltra si specializza su prodotti collegati - accordi per la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie di prodotto o di processo produttivo - accordi per la produzione in comune di determinati prodotti / servizi che richiedono impegni in termini di risorse e comportano rischi che difficilmente potrebbero essere affrontati singolarmente - accordi inerenti lo sfruttamento della propriet intellettuale( tali accordi hanno connessioni anche con le intese verticali). quanto agli accordi verticali, ci riferiamo agli accordi di agenzia, di concessione esclusiva delle vendite, di fornitura esclusiva, di distribuzione selettiva. Abuso di posizione dominante. Il mercato rilevante Lart 82 del trat sancisce il divieto dello sfruttamento abusivo di posizione dominante sul mercato comune o su una buona parte di esso, per non pregiudicare il commercio tra gli stati membri. Non vietata una posizione dominante, ma abusarne, alterando la conc. Lart 82 menziona alcune ipotesi di abuso, dallimposizione dei prezzi alle condizioni di vendita, dalle discriminazioni nei rapporti commerciali allimposizione di clausole contrattuali anomale. La sfera materiale dellapplicazione dellart 82 delimitata dal pregiudizio agli scambi tra gli stati membri( condizione comune anche allart 81, ricordando che non necessario dimostrare leffettivo pregiudizio al commercio in modo rilevante, ma anche solo che tale pratica possa avere tale effetto) e dalla posizione dominante rilevabile in funzione di vari elementi considerati nel loro insieme. La posizione dominante va distinta da quella del monopolio e delloligopolio, per essere identificata con la posizione di potenza economica che consente allimpresa di ostacolare, per un consistente periodo di tempo, il permanere di una conc effettiva nel mercato preso in considerazione e di tenere comportamenti non condizionati da concorrenti e clienti, nonch dai consumatori. La posizione rilevante va misurata nel mercato rilevante, cio un contesto geografico e merceologico ben delimitato. Il mercato infatti ha proprio queste 2 dimensioni. il mercato geografico rilevante larea in cui le imprese interessate forniscono o acquisiscono

prodotti o servizi ed in cui le condizioni di conc sono sufficientemente omogenee e tali da distinguerle dalle aree geografiche contigue, in ragione di condizioni di conc sostanzialmente diverse. Concretamente, la determinazione del mercato geografico comporta lindividuazione delle fonti di approvvigionamento cui i clienti dellimpresa oggetto dellaccertamento possono ragionevolmente ricorrere in funzione della sua localizzazione geografica. Il mercato rilevante del prodotto comprende tutti i beni e i servizi che possono considerarsi, allesito di unadeguata analisi economica, fungibili o sostituibili dal consumatore, in ragione delle caratteristiche dei prodotti, dei loro prezzi e delluso ai quali sono normalmente destinati. Il criterio della sostituibilit dal lato della domanda rappresenta il principale criterio dellanalisi dei mercati. Per verificare la corretta definizione di questo mercato, bisogna verificare se dal lato dellofferta operino imprese che, pur producendo beni e servizi non necessariamente sostituibili con quelli che interessano, siano tuttavia idonei ad entrare nello stesso mercato con investimenti di conversione non eccessivi data la contiguit nella tecnica di produzione. Occorre perci fare riferimento al mercato del prodotto , ma anche a quello dei prodotti equivalenti. insomma, lindividuazione del mercato rilevante, cio di quella parte sostanziale del mercato comune rispetto alla quale si misura la posizione dominante dellimpresa, il risultato di unanalisi economica e giuridica fondamentale per la verifica di compatibilit del comportamento dellimpresa con lart 82. Gli indizi che inducono a rilevare lesistenza di una posizione dominante sono numerosi e di diversa natura. E ben chiaro che singoli indizi non sono sempre sufficienti e dunque la valutazione va fatta su base di elementi di fatto e di dir concomitanti. chiaro che una quota di mercato molto alta pu essere di per s una prova sufficiente della posizione dominante, mentre una quota consistente, per un periodo lungo tempo, ne un indizio molte forte. Un altro profilo rilevante la barriera allentrata; esse possono derivare da vincoli legali o amministrativi, da regimi di privative industriali o intellettuali, dal costo di entrata nel mercato per limpresa, dal costo per il cambiamento per il consumatore. Limpresa in posizione dominante ha una speciale responsabilit rispetto allaspetto concorrenziale del mercato: infatti essa riduca la conc nel mercato. Di rilievo la circostanza che lart 82 si applica anche quando la posizione dominante dovuta non allattivit dellimpresa ma alla situazione di monopolio attribuito dalla legge, o quando disposizioni di legge hanno eliminato tutto o in parte gran parte della conc. La prassi della commissione e la giurisprudenza hanno individuato, nei casi in cui la condotta sia posta in essere da pi imprese,la figura della posizione dominante collettiva. Un esempio sono le imprese che operano in oligopolio. Se lassenza di uneffettiva conc tra operatori membri di un oligopolio dominante costituiscono un elemento importante nella valutazione dellesistenza di una posizione dominante collettiva, la sua esistenza non richiede, tuttavia, leliminazione di ogni conc tra le imprese interessate. Il che vuol dire che lanalisi dovr prima di tutto accertare che le imprese interessate abbiano dei legami economici tali da consentire loro di agire come una soa entit economica e indipendentemente dai concorrenti, dai clienti e dai consumatori. Nozione di sfruttamento abusivo Anche la nozione di sfruttamento abusivo oggettiva e valutata in base ad una serie di elementi. Labuso, in via generale, va ricondotto a quellimpresa in posizione dominante che , utilizzando sistemi diversi da quelli propri della normale conc fondata sul merito e sulla qualit delle prestazioni, incide sulla struttura del mercato e ne riduca il livello di conc a proprio vantaggio. Nel noto caso Continental Can, la corte afferm che labuso pu anche derivare dal semplice consolidarsi di una posizione dominante, attraverso lacquisizione di un concorrente, al punto da creare un ostacolo oggettivo alla conc e far dipendere il comportamento di eventuali altre imprese da quello dellimpresa dominante. In quanto elemento oggettivo, labuso prescinde dallintenzionalit e da eventuale colpa o dolo, con la conseguenza che abusiva la posizione dominante per il solo fatto di determinare una modifica cos profonda della struttura dellofferta da compromettere gravemente la libert di azione del

consumatore sul mercato. Labuso pu pertanto consistere in un comportamento mirato ad escludere dal mercato unimpresa concorrente ( pratiche escludenti), oppure in una politica commerciale che pregiudica direttamente i consumatori ( pratiche di sfruttamento). La giurisprudenza comunitaria ha precisato che loggetto di censura pu anche essere un abuso di una posizione dominante che esplica i suoi effetti su un mercato diverso da quello dominato. Lart 82 elenca in modo non esaustivo alcune ipotesi di sfruttamento abusivo della posizione dominante. Rilievo ha lipotesi di abuso che ruota intorno alla politica dei prezzi. Il prezzo non deve essere sproporzionato rispetto al valore economico ed al costo ed inoltre che sia eccessivo di per s ovvero rispetto ai prodotti concorrenti. Quanto alle ipotesi di abuso escludente, la giurisprudenza ha precisato che sono prova di abuso dei prezzi inferiori alla media dei costi variabili. Sempre riguardo alla politica dei prezzi, stata riconosciuta come abusiva lapplicazione di prezzi discriminatori da parte di unimpresa dominante, vale a dire prezzi differenziati per prestazioni identiche o prezzi uguali per prestazioni diverse, a meno che il trattamento non sia giustificabile sulla base di criteri oggettivi. altra ipotesi quella dellesclusiva fornitura che limpresa dominante impone ai suoi clienti. in presenza di determinati indizi, si realizza una vera e propria inversione dellonere della prova. La giurisprudenza ha rilevato come, in presenza di una differenza anomala tra i prezzi praticati in diversi stati membri da unimpresa in posizione dominante, tale differenza costituisce un indizio di sfruttamento abusivo, con la conseguenza che in tal caso grava sullimpresa lonere di giustificare la circostanza. Abusiva pu essere anche una politica di sconti. Una specifica ipotesi di abuso quella del contratto legante o tying, cio del rifiuto di fornire un prodotto se non congiuntamente ad un altro; ci che si verifica spesso nella forma di rifiuto di fornire i componenti indipendentemente dal prodotto. Di rilievo lipotesi che limpresa in una posizione dominante, titolare di una essential facility, vale a dire titolare di uninfrastruttura essenziale per lesercizio di unattivit economica, ne rifiuti laccesso o lutilizzazione ad imprese concorrenti. Applicazione cumulativa degli artt 81 e 82. Conseguenze dellaccertamento di un abuso Questione di grande rilievo quella dellapplicazione cumulativa degli artt 81 e 82. Sono 2 disposizioni collegate tra loro il cui fine quello di garantire un mercato comune, anche se operano in ambiti economici e applicativi molto diversi. La giurisprudenza vuole unapplicazione cumulativa e dunque la possibilit di esiti diversi a seconda che la verifica di compatibilit sia fatta in vista delluna o dellaltra disposizione. Ci riguarda le ipotesi di potenziale doppia rilevanza, nel senso che devono ricorrere le condizioni di applicazione di entrambe le norme. il tribunale ha poi precisato che lapplicabilit dellart 82 non esclusa n da una pregressa decisione individuale di esenzione, n, anzi tanto meno, da una esenzione per categoria. Tra gli argomenti fatti valere, vi anche quello relativo allimpossibilit di derogare ad una disposizione del trat con un atto di dir derivato quale una decisione di esenzione individuale o anche un regolamento di esenzione per categoria. A differenza dellart 81.2 che prevede la nullit degli accordi vietati, lart 82 non prevede nulla al riguardo. La giurisprudenza decisamente per il senso ce laccertamento dellabuso apre la strada ai rimedi giurisdizionali nazionali, come ad esempio unazione di risarcimento. La procedura di applicazione degli artt 81 e 82. La denuncia, le indagini preliminari, la procedura formale Lart 83 trat attribuisce in primo luogo al Consiglio la competenza a stabilire tutti i regolamenti utili ai fini dellapplicazione dei principi contemplati dagli artt 81 e 82, competenza da esercitarsi su proposta della Commissione e consultazione del Parlamento. Vanno poi considerate le norme poste in essere dalla commissione su delega del consiglio. La principale normativa stata per decenni quella contenuta nel regolamento 17/1962; questo era stato completato da 2 regolamenti della commissione sulla modalit delle notifiche e delle audizioni dinanzi alla commissione. Lintera normativa stata poi sostituita dal regolamento 1/2003, che ha

previsto un maggiore coinvolgimento delle autorit di conc degli stati membri al fine da consentire a questi la piena applicazione degli artt 81 e 82. prima di tutto bisogna ricordare che le decisioni e gli accordi che violino lart 81.1 e labuso previsto dallart 82 sono da considerare nulli, dunque non necessario che la commissione dichiari in modo previo ci. Lintervento della commissione pu essere sollecitato attraverso un esposto denuncia, in cui si contesta la legittimit di un accordo o di una pratica concordata o di una decisione oppure di un comportamento unilaterale di unimpresa che si trova in posizione dominante nel mercato. Gli stati membri, i singoli ( sia persone giuridiche che fisiche) che abbiano un interesse 8 o che vengano danneggiate in qualche modo ) possono attivare la procedura. La procedura dinizio pu essere attivata anche dalla commissione qualora sia venuta a conoscenza di alcuni elementi. Se, sulla base delle prove raccolte, la commissione ritiene che non sussistano sufficienti motivi per una sua azione, essa invia una lettera al denunciante in cui viene spiegata la sua valutazione, e in cui si fissa un termine entro cui possono essere esposti eventuali reclami ( osservazioni scritte). Se non vengono presentate osservazioni, o se le stesse non convincono la commissione del contrario, allora la commissione adotta una decisione formale di rigetto della denuncia, impugnabile dinanzi al giudice comunitario. La decisione definitiva che respinge la denuncia deve contenere delle motivazioni ai fatti e alle considerazioni giuridiche che lhanno portata, entro un termine ragionevole di 4 mesi ( o cmq proporzionali alla situazione). il vero compito della commissione non quello di prendere una decisione, quanto quello di analizzare con attenzione il caso che le viene sottoposto. La commissione pu decidere anche di dare una diversa priorit a tutte le denunce . si pu anche decidere di archiviare una denuncia perch magari gi stata sottoposta allattenzione dellautorit della con di uno stato membro, oppure perch sia stata gi trattata da unautorit nazionale. In queste ipotesi, la commissione non tenuta a motivare in modo approfondito la causa dellarchiviazione, in quanto il suo rigetto dovuto ad una palese carenza di interesse comunitario. La commissione deve solo comunicare al denunciante quale sia lautorit nazionale di conc che sta esaminando il caso. Invece, l dove le risultanze dellindagine preliminare lo giustifichino, la commissione pu decidere di dare inizio alla fase formale della procedura. Questa si svolge nel contraddittorio fra commissione ed imprese ed ha inizio con linvio alle stesse imprese della comunicazione degli addebiti. Tale comunicazione deve contenere in modo chiaro tutti gli elementi del caso, la valutazione giuridica che la commissione d a questi e se gli stessi sono passibili di ammenda. Una copia non riservata dellatto con gli addebiti pu essere inviata anche al denunciante. La commissione pu anche decidere di rendere pubblico il caso, secondo le modalit che ritiene pi appropriate( ad esempio dando notizia sulla gazzetta ufficiale dellUE ). Le imprese accusate possono naturalmente provvedere alla loro difesa, tramite memorie scritte, e se lo ritiene necessario, anche tramite unaudizione. Per rendere il tutto pi trasparente e pi chiaro a tutti, la direzione delle audizioni viene affidata ad un Consigliere- auditore, una figura indipendente dai servizi, collegata dal punto di vista amministrativo alle dirette dipendenze del Commissario della conc. Spetta proprio a questo organo dover risolvere tutte le questioni che sorgono durante il procedimento, nel pieno del rispetto dei dir delle imprese, dei terzi interessati. Poi il consigliere auditore redige una relazione sul contraddittorio, che viene poi trasmessa ai destinatari della decisione con la decisione stessa. COMMIS = COMMISSIONE PARL = Parlamento Poteri di controllo della commis e dei dir dei singoli La commis, venuta a sapere di alcuni elementi , ha larghi poteri dindagine. La disciplina a riguardo era contenuta nel regolamento 17/62, sostituito poi con il regolamento 1/2003. prima di tutto la commis ha il dir di richiedere e ottenere delle informazioni utili, sia ai governi degli stati membri sia alle imprese o alle associazioni di imprese coinvolte nella procedura o anche a terzi. Mentre il regolamento 17/62 prevedeva una procedura articolata in 2 fasi, in cui la commis iniziava prima con una semplice richiesta di informazioni e solo in caso di rifiuto o di risposte

incomplete o evasive adottava una decisione formale, con cui richiedeva delle informazioni in modo ufficiale, il nuovo regolamento non richiede il previo invio di una domanda, ma la commis fa direttamente una richiesta di informazioni. L1/2003 ha innovato anche il regime sanzionatorio, prevedendo la possibilit di comminare sanzioni e penalit di mora non pi solo per ipotesi di informazioni inesatte, ma anche per informazioni fuorvianti forniste in risposta a domande o decisioni della commis. La commis pu anche rispettare lanonimato delle imprese che lo richiedano, cos come rispettare la confidenzialit di alcune notizie sensibili. In secondo luogo, la commis pu procedere alle necessarie verifiche in loco presso le sedi dellimpresa o le associazioni dimprese. I funzionari della commis in questa ipotesi devono agire con un mandato scritto oppure in base ad una previa decisione, precisando loggetto, lo scopo e i tempi dellaccertamento. Tale precisazione necessaria non solo per giustificare laccesso ai locali ma anche di consentire la collaborazione, da un lato, e il dir alla difesa, dallaltro. La commis pu ancora scegliere di limitarsi ad esibire il mandato, o se agire su previa decisione8 dipende dalla fattispecie). Lautorit della conc dello stato membro deve essere informata dellispezione e dellidentit degli agenti. Gli agenti della commis possono chiedere di accedere ai locali, agli archivi e ai documenti, ma certo non possono operare con la forza in caso di resistenza. Gli agenti dellautorit nazionale possono , su domanda della stessa autorit nazionale, prestare assistenza durante lispezione. Le modalit di procedura son quelle disciplinate dal dir nazionale. il nuovo regolamento ha previsto un rafforzamento della commis, che pu anche decidere di accedere ai locali privati o domicili del personale delle imprese. Tali accertamenti devono essere necessariamente disposti dalla commis, dopo aver consultato lautorit di conc nazionale, ed essere preventivamente autorizzati dal giudice nazionale, che deve verificare che le misure adottate dalla commis non siano sproporzionate e/o arbitrarie. Lart 21 del regolamento prevede che tali azioni siano giustificate da una effettiva necessit di accertare gravissime violazioni degli art 81 e 82, tramite documenti. Il giudice nazionale pu cmq richiedere ulteriori e pi chiari dettagli e chiarimenti dellesecuzione della misura ispettiva. E normale pensare subito allinviolabilit del domicilio e del dir del rispetto della vita privata garantiti da costituzioni nazionali e da carte internazionali, ma al riguardo la corte di giustizia ha affermato che ci deve essere collaborazione tra autorit nazionali e comunitarie. Il dir del domicilio garantito ma la necessit del rispetto della conc nel mercato comune altrettanto forte. Le autorit nazionali stabiliscono che i controlli non siano sproporzionati n autoritari da parte della commis, ma devono anche fornire tutti i mezzi e gli elementi necessari affinch la commis possa svolgere il proprio dovere. Si tratta di contemperare 2 esigenze. Per quanto riguarda il dir alla difesa, la commis sempre un organo amministrativo e non giudiziario, ma in tali situazioni ci sono procedure comunitarie che vanno rispettate. In fondo si tratta pur sempre di procedure che possono terminare con delle sanzioni e delle lesioni degli interessi dellimpresa, s che questultima deve poter esercitare pienamente i propri dir, prima di tutto conoscendo con chiarezza i fatti che le vengono addebitati. anche da chiarire che visite in loco non sempre sono da considerarsi come una violazione del dir alla difesa. la commis, pur potendo obbligare limpresa a fornire ogni utile informazione sui fatti, non pu pretendere dallimpresa delle risposte che equivarrebbero per questultima ad ammettere sostanzialmente lesistenza di uninfrazione che la commis a dover provare. Le decisioni della commissione. I poteri sanzionatori Il regolamento 1/2003 individua 4 tipi di decisione che la commis pu assumere a seguito dellavvio di una procedura formale per lapplicazione degli art 81 e 82 trat: decisione di constatazione ed eliminazione delle infrazioni, decisioni che rendono obbligatori gli impegni presentati dalle parti, decisioni di adozione di misure cautelari, decisione di constatazione di inapplicabilit dei divieti di cui agli artt 81 e 82 per ragioni di interesse pubblico comunitario. per quanto riguarda la prima tipologia, al termine del procedimento la commis pu constatare uninfrazione agli artt 81 e 82 del trat, e , ai sensi dellart 7 dell1/2003, adottare una decisione con la quale obbliga le imprese o le associazioni di imprese a porre fine allinfrazione e , se del caso, imporre loro unammenda secondo quanto previsto dallart 23.2 lett a. in proposito, il regolamento

ha introdotto una significativa innovazione, secondo cui la commis pu imporre ladozione di rimedi comportamentali e strutturali, proporzionati allinflazione commessa e necessari a far cessare effettivamente linfrazione. Tale potere ha limiti e condizioni: in primo luogo, rispetto alle modifiche strutturali, lart 12 prevede che siano concesse solo in presenza di un rischio sostanziale del perdurare o del ripetersi dellinfrazione derivante dalla struttura stessa dellimpresa; peraltro, possono essere imposte solo qualora non esista un rimedio comportamentale parimenti efficace o se questultimo sarebbe pi oneroso della stessa misura strutturale. alternativamente, l dove le parti presentino degli impegni al fine di rimuovere le preoccupazioni espresse nella valutazione preliminare dalla commis, il regolamento 1/2003 ha introdotto la possibilit per questultima di adottare una decisione di accettazione degli impegni proposti. Tale decisione rende gli impegni vincolanti per le parti e pone termine al procedimento in quanto lintervento della commis non pi giustificato, senza tuttavia stabilire lesistenza o la permanenza di uninfrazione. In tal senso prevista una soluzione alternativa alle decisioni di divieto e di imposizione di rimedi anche se, in linea di principio, se ne prefigura un uso limitato ai casi nei quali la commis non ritenga opportuna limposizione di unammenda. il regolamento 1/2003 esclude la possibilit per le imprese di ottenere dalla commis, dietro notifica, decisioni di compatibilit dei propri accordi o comportamenti con lart 81, diversamente dal regime di notifica stabilito per le intese dal vecchio regolamento 17/1962. Ai sensi dellart 10, prevista la eccezionale possibilit per la commis, per ragioni di interesse pubblico comunitario, dufficio, di stabilire mediante decisione, che gli artt 81 e 82 non siano applicabili a determinate condotte anticompetitive. Si tratta di decisioni dichiarative, attraverso cui la commis precisa gli orientamenti comunitari in materia di politica concorrenziale e chiarisce i relativi divieti, cos da indirizzare lapplicazione decentrata del dir comunitario. In questo modo, la commis potr archiviare le successive denunce relative alla fattispecie oggetto della constatazione di inapplicabilit. La nuova disciplina, inoltre, costringe la commis a fornire orientamenti su questioni nuove relative allapplicazione degli artt 81 e 82 con una dichiarazione scritta ( lettera di orientamento. In particolare,le imprese che abbiano concluso un accordo o adottato una pratica o che abbiano intenzione di farlo, ed in relazione ai quali nutrano dei dubbi circa la conformit con le regole antitrust, possono richiedere un orientamento su questioni nuove o non risolte in relazione allapplicazione degli artt 81 e 82. La domanda, presentata in modo informale attraverso un semplice promemoria contenente tutte le informazioni richieste dalla Comunicazione, dovr necessariamente contenere un quesito di rilevanza pratica relativo a problemi che non siano gi sollevati in una causa pendente dinanzi alla corte di Giustizia o al tribunale di primo grado. Il regolamento 1/2003ha, infine, disciplinato la possibilit di adottare misure cautelari. La complessit e la durata non breve dellattivit di accertamento della violazione contestata avevano in passato indotto a chiedersi se e secondo quali modalit fosse possibile tutelare in via provvisoria, nelle more della procedura, le situazioni giuridiche riconosciute dalla normativa comunitaria sulla conc. La giurisprudenza della corte ha riconosciuto la possibilit per la commis di adottare dei provvedimenti provvisori, fondandoli sulla effettiva necessit di garantire delle decisioni definitive. Secondo lart 8 del regol 1/2003, i provvedimenti cautelari debbono essere adottati soltanto in caso di indiscussa urgenza, per far fronte a situazioni che causerebbero danni irreparabili: essi devono avere carattere provvisorio e cautelare e limitarsi a quanto necessario nella situazione data al fine di preservare lo status quo fino alladozione della decisione di merito. Anche il Tribunale in passato aveva delineato linterpretazione dei 2 requisiti fumus boni iuris e del periculum in mora. Sotto il primo profilo, il tribunale aveva respinto linterpretazione della commis secondo cui il fumus doveva essere identificato con la esistenza di uninfrazione chiara e flagrante, in quanto sarebbe contrario alla logica stessa della richiesta di misure cautelari, che da valutarsi sullapparenza e non sulla certezza del dir, dunque su un qualcosa di verosimile ma non di certo. Nella stessa ottica , riguardo alla nozione di periculum, il tribunale aveva chiarito che doveva trattarsi di un rischio di pregiudizio che non potesse trovare rimedio nella decisione della commis in esito alla procedura amministrativa. Deve, pertanto, trattarsi un pregiudizio attuale. Infine, quanto ai poteri sanzionatori , la commis pu, mediante decisione, infliggere sanzioni nel

caso in cui accerti la sussistenza diinfrazione agli artt 81 e 82, nonch penalit di mora. Lammenda va determinata sulla base di 2 parametri: la gravit e la durata della violazione; essa pu arrivare al 10% del fatturato realizzato durante lesercizio sociale precedente. Altri elementi vanno considerati, quali lintenzionalit, i precedenti della stessa impresa, il contesto economico in cui si colloca la violazione, la sua estensione geografica. previsto un aumento della sanzione in base alla durata e alla gravit delle violazioni, mentre c una riduzione o addirittura una totale immunit per quelle imprese che abbiano dato un contributo significativo allavvio di una indagine o alla sua definizione. Il regime sanzionatorio stato potenziato in pi punti grazie al regolam 1/2003. La commis pu esigere il pagamento di sanzioni e penalit di mora comminate ad associazioni di imprese dalle singole imprese ad essa aderenti, nonch imporre ammende in caso di inosservanza di decisioni volte ad adottare provvedimenti provvisori o a rendere obbligatori impegni volontariamente assunti dalle parti. Particolare rilevanza assumono le modifiche in materia di sanzioni alle associazioni di imprese. Ad esempio, nel caso in cui linfrazione accertata nei confronti dellassociazione dimprese riguardi attivit economiche esercitate dalle imprese associate, lart 23.2 stabilisce che lammenda a carico dellassociazione non possa eccedere entro il limite max del 10% del fatturato totale di ciascun membro attivo sul mercato interessato dalla violazione posta in essere dallassociazione stessa. Il nuovo regime in tema di ammende alle associazioni di imprese completato e rafforzato dalla disposizione dellart 23.4, che disciplina le modalit di pagamento nei casi in cui la sanzione sia stata determinata sulla base del fatturato delle imprese associate e lassociazione non sia solvibile. In tali circostanze, entro un limite di tempo stabilito dalla commis, lassociazione provvede a richiedere e ottenere dai propri membri i contributi necessari al pagamento dellammenda, in assenza dei quali la commis potr esigere il relativo importo direttamente da ciascuna delle imprese rappresentate negli organi decisionali dellassociazione. Se ci risultasse insufficiente alla copertura totale dellammenda, la commis potr richiedere limporto residuo a ciascuna delle imprese associate operanti nel mercato interessato dallinfrazione. sullammontare dellammenda o della penalit di mora ammessi il sindacato del tribunale di primo grado e della corte di giustizia. Il controllo sulle concentrazioni Il fenomeno delle concentrazioni tra imprese ha assunto rilevanza sempre maggiore in funzione della progressiva realizzazione del mercato comune. Unimpresa pu crescere non soltanto aumentando le vendite dei propri prodotti nel mercato ma anche unendo le proprie forze con quelle delle altre imprese, cio concentrandosi. Unoperazione di concentrazione si realizza quando unimpresa si fonde con unaltra oppure ne acquisisce il controllo o ancora quando 2 o pi imprese creano unimpresa comune, da entrambe controllata, mettendo insieme le rispettive attivit. i problemi possono nascere quando unimpresa, concentrandosi con altri operatori del mercato prima indipendenti, acquisisce una posizione significativa nel mercato stesso, consentendole, sia da sola e sia con le altre imprese, di ridurre in modo sostanziale e durevole la conc, accrescendo la propria capacit di aumentare i prezzi o praticare condizioni svantaggiose per i consumatori. le norme comunitarie sulla conc hanno proprio lo scopo di evitare che le concentrazioni tra imprese possano portare a queste conseguenze sul mercato, attraverso soprattutto il consolidamento di una posizione dominante, tale da ostacolare la conc. Per le concentrazioni richiesta una valutazione economica dellimpatto delloperazione e sulla posizione del soggetto che ne risulta: si tratta di una valutazione prospettiva che investe le possibilit di sviluppo del mercato in senso competitivo. Tale valutazione consiste nel verificare in quali termini unoperazione di concertazione potrebbe modificare i fattori che determinano lo stato di conc in un determinato mercato, al fine di accertare se ne conseguirebbe un ostacolo significativo ad una conc effettiva. In tale analisi bisogna prendere in considerazione le diverse concatenazioni causa-effetto, al fine di accogliere quelle che risultano le pi probabili. Il trattato CECA prevedeva u regime di autorizzazione per le operazioni che avessero come effetto diretto o indiretto una concentrazione tra imprese. Il trattato CE, viceversa, non contiene una

disposizione dallanalogo contenuto. Lipotesi di concentrazione tra imprese, pertanto, stata considerata come rilevante e valutata ai sensi degli artt 81 e 82, fino al varo del regolamento4064/89 specificatamente dedicato alle concentrazioni, sostituito di recente con il regolamento 139/2004. Qustultimo si applica alle concentrazioni c he abbiano una dimensione comunitaria. I criteri per determinare la dimensione comunitaria sono legati al fatturato delle imprese interessate nelloperazione. Non raggiunta la dimensione comunitaria quando i 2/3 del fatturato di ciascuna impresa sono realizzati in uno stesso stato membro. Ai fini del calcolo del fatturato si tiene conto in via di principio dei ricavi delle imprese coinvolte nellultimo esercizio , al netto degli oneri tributari.per talune ipotesi specifiche, lart 5 del regolamento fissa criteri diversi. Pu essere oggetto di rinvio ad unautorit nazionale una concentrazione che incide in misura significativa sulla conc in un mercato allinterno dello stato membro interessato che possa caratterizzarsi come mercato distinto, o anche che incide sulla conc in tale mercato se esso, pur costituendo un mercato distinto, non costituisce una parte sostanziale del mercato comune. Lart 22 prevede la possibilit di rinvio da parte di una o pi autorit nazionali alla commis di operazioni che, pur non raggiungendo le soglie di fatturato fissate dallart 1 del regolamento 139704, siano suscettibili di incidere in modo significativo sulla conc nel territorio dello stato membro o degli stati membri che effettuano la richiesta es abbiano un impatto sul commercio intracomunitario. Il regolamento definisce loperazione di concentrazione sottoposta alla sua disciplina: - ipotesi di fusione tra 2 o pi imprese prima indipendenti - ipotesi di acquisto del controllo totale o parziale di una o pi imprese da parte di soggetti che controllano gi unimpresa o da parte di una o pi imprese; lacquisto pu avvenire in modo diretto o indiretto, con lacquisizione di quote di capitale o di qualsiasi elemento del patrimonio, contrattualmente o altro - ipotesi della costituzione di unimpresa comune che esercita stabilmente tutte le funzioni di unentit economica autonoma. Le operazioni di concertazioni di dimensione comunitaria vanno obbligatoriamente notificate alla commis. La notifica ha effetti sospensivi e loperazione non pu essere realizzata fino a quando non intervenga una decisione positiva di compatibilit o non siano decorsi i termini per adottarla. A tale fine, entro 25 giorni, la commis pu aprire la procedura di verifica, procedura che deve concludersi entro 90 giorni lavorativi dalla decisione di avvio dellistruttoria, trascorsi i quali loperazione va considerata compatibile; la commis, negli stessi termini, pu altres dichiarare inapplicabile il regolamento o richiedere che loperazione non sollevi seri dubbi di incompatibilit. Nel caso di mancata notifica, la commis pu infliggere alle parti unammenda fino al 10% del fatturato totale dellimpresa interessata oppure ordinare lo scioglimento dellentit risultante dalloperazione, cos da ripristinare, per quanto possibile, la situazione precedente. la procedura di controllo si apre con la notifica della concentrazione alla commis, in qualsiasi momento dopo la conclusione dellaccordo, la comunicazione dellofferta di acquisto o di scambio o lacquisizione di una partecipazione di controllo, ma sempre prima della realizzazione. Con il nuovo regolamento 139, le imprese possono notificare altres un accordo preliminare, qualora siano in grado di dimostrare la loro buona fede nel concludere laccordo. Nella maggior parte dei casi, la notifica preceduta da un incontro con la commis, che ha lo scopo di informare questultima dei negoziati in corso, di individuare gli elementi di conoscenza necessari per un corretto controllo e di avere un primo scambio di idee sulle questioni pi rilevanti poste dalloperazione. Entro 25 gg lavorativi la prima fase della procedura di controllo deve essere completata. In questo periodo, la commis pu chiedere informazioni alle parti e ai terzi. Alla fine della prima fase, la commis decide se la concentrazione compatibile con il mercato comune o meno. Poi, in caso di dubbi, si ricorre alla seconda fase, cio una procedura di controllo su altri approfondimenti che si ritengono necessari in relazione al caso. La commis pu anche decidere di rimettere la trattazione del caso, o di parte di esso, nelle mani dellautorit nazionale di conc. In tale caso, entro un limite di 35 gg, si apre la seconda fase. Questa comincia con la decisione con cui la commis comunica alle parti che, sulla base degli elementi in suo possesso, la concentrazione notificata solleva seri dubbi di compatibilit con il mercato comune. Nel caso in cui, alla fine della seconda fase, la commis decida

di adottare una decisione diversa da quella di compatibilit , allora dovr comunicare per iscritto le sue obiezioni alle parti notificanti, imponendo loro un termine per effettuare delle osservazioni. Sia le parti notificanti che quelle interessate hanno il dovere di rispondere con note scritte. Se la commis ritiene la concentrazione incompatibile, le parti possono essere autorizzate a eliminare le incompatibilit tramite dei rimedi. Solitamente si ricorre a rimedi strutturali( dismissioni, mantenimento della sepazione delle reti commerciali, uso del marchio, ecc) piuttosto che comportamentali. per quanto riguarda il criterio sostanziale di valutazione delle concentrazioni, esso stato ridefinito dal 139/2004. Il nuovo test basato su valutazioni di natura economica e permette di vietare tutte le concentrazioni che hanno effetti anticompetitivi, ovvero che determinano laumento dei prezzi e diminuiscono la scelta dei consumatori o linnovazione. Sono invece ritenute compatibili con il mercato comune le concentrazioni che non ostacolino in modo significativo una conc effettiva sul mercato comune o in una parte sostanziale di esso, soprattutto attraverso la creazione o il rafforzamento di una posizione dominante. Sempre questo regolamento consente di vietare anche unoperazione di concentrazione che dia luogo alla creazione di una posizione dominante collettiva, vale a dire una situazione in cui 2 o pi imprese indipendenti sono, relativamente ad uno specifico mercato, unite da vincoli economici tali da detenere insieme una posizione dominante rispetto ad altri operatori sul mercato. In particolare, il tribunale di primo grado ha ritenuto che, sul piano giuridico o economico, non esiste alcuna ragione per escludere dalla nozione di legame economico la relazione di interdipendenza esistente tra i membri di un oligopolio ristretto allinterno del quale questi ultimi, su un mercato di caratteristiche adeguate, in particolare in termini di concentrazione del mercato, di trasparenza e di omogeneit del prodotto, sono in grado di prevedere i loro reciproci comportamenti e sono pertanto fortemente incentivati ad allineare il loro comportamento sul mercato in modo da massimizzare il profitto comune riducendo la produzione al fine di aumentare i prezzi. Infatti in tale contesto, ciascuno operatore sa che unazione fortemente concorrenziale da parte sua diretta ad accrescere la sua quota di mercato provocherebbe unazione identica da parte degli altri, in modo che egli non trarrebbe alcun vantaggio dalla sua iniziativa. in relazione al ruolo ed al trattamento dei possibili guadagni di efficienza nellambito del processo di valutazione delle concentrazioni, in passato la commis aveva sempre evitato di riconoscere esplicitamente lesistenza di una vera e propria efficiency defence, sia pure in presenza del riferimento alla evoluzione del progresso tecnico ed economico contenuto nellart 2.1 del vecchio regolamento. Questa disposizione rimasta invariata anche nel nuovo 139/2004, in quanto stata ritenuta una base giuridica adeguata per consentire di tenere conto delle suddette efficienze. Allesito della procedura , un progetto di decisione viene trasmesso alle autorit di conc degli stati membri e discusso dal Comitato consultivo, composto di rappresentanti delle autorit nazionali competenti in materia di conc. La decisione infine pubblicata sulla gazzetta ufficiale dellunione. Se la decisione dichiara loperazione compatibile con il mercato comune, in prima o seconda fase, il nuovo regolamento, confermando formalmente una prassi applicativa gi introdotta dalla commis ma dichiarata illegittima dal tribunale di primo grado, chiarisce che tale decisione riguarda anche le restrizioni accessorie alloperazione, ma che la commis non obbligata a verificare, nei singoli casi, se le restrizioni concordate tra le parti siano effettivamente necessarie e direttamente collegate alla concentrazione , dunque accessorie. Il regolamento stabilisce che la commis, su richiesta delle imprese interessate, sia tenuta a pronunciarsivnei casi che presentino quesiti nuovi o non risolti, rispetto ai quali n la Comunicazione sulle restrizioni accessorie, n i precedenti della commis forniscano validi criteri e riferimenti interpretativi. Una procedura semplificata di esame prevista per determinate categorie di concentrazioni che sono ritenute, rispetto ad altre, non problematiche per la conc, nel senso che non sono, se non in via eccezionale, incompatibili con il mercato comune: - 2 o pi imprese acquisiscono congiuntamente il controllo di unimpresa comune che non svolge attivit rilevanti nel territorio della spazio economico europeo - acquisiscono il controllo esclusivo o congiunto di unimpresa, e nessuna delle parti opera nel

medesimo mercato del prodotto e geografico, o in mercati situati a monte o a valle di una delle altre parti alloperazione - 2 o pi imprese procedono ad una fusione, o una o pi imprese acquisiscono il controllo esclusivo o congiunto di unaltra impresa, la loro quota congiunta non superiore al 15% in caso di rapporti orizzontali o al 25% in caso di rapporti verticali - una parte acquisisce il controllo esclusivo di unimpresa di cui detiene gi il controllo congiunto. in questi casi la concentrazione sar dichiarata compatibile con il mercato comune entro 25 gg lavorativi dalla data di notifica con una decisione in forma abbreviata, che si limiter ad indicare che la concentrazione rientra in una o pi delle categorie previste dalla suddetta comunicazione. Sono naturalmente impugnabili tutti gli atti adottati nel corso della procedura di esame suscettibili di produrre effetti giuridici. Oltre, come ovvio, ad uneventuale decisione che dichiari incompatibile con il mercato comune unoperazione notificata, anche una decisione positiva che autorizzi la concentrazione pu formare oggetto di impugnazione da parte delle imprese notificanti, se le constatazioni in essa effettuate producano effetti giuridici vincolanti tali da pregiudicare gli interessi delle ricorrenti. Soggette infine a controllo giurisdizionale sono le decisioni adottate dalla commis nellambito dellattuazione degli impegni assunti dalle parti notificanti unoperazione di concentrazione e che hanno condizionato la dichiarazione di compatibilit della stessa. Parimenti impugnabile la decisione con cui la commis conclude che unoperazione non costituisce una concentrazione ai sensi del suddetto regolamento. Tutela della concorrenza tra diritto comunitario e diritto nazionale Lart 3 del regolamento 1/2003 interviene a disciplinare la materia dei rapporti tra la normativa comunitaria e quella nazionale in materia di conc, prevedendo a carico dei giudici e autorit nazionali di conc un esplicito obbligo di applicazione del dir comunitario ai comportamenti dimpresa che siano tali da incidere sugli scambi tra stati membri. Oltre a favorire in odo ampio lapplicazione delle norme comunitarie a livello nazionale, lobbligo volto anche a garantire che i procedimenti delle autorit nazionali di conc siano soggetti alle procedure di informazione e consultazione preventiva della commis previste dal regolamento, al fine di assicurare unapplicazione omogenea e coerente del dir antitrust comunitario. se unintesa, in ipotesi con oggetto o effetti anticoncorrenziali, sia ritenuta dalla commis compatibile con il dir comunitario per il solo motivo che non pregiudica il commercio intracomunitario, legittimamente potrebbe lautorit nazionale pervenire ad una valutazione opposta e ravvisare un pregiudizio allassetto interno della conc. Al contrario, se la commis accerta la violazione dellart 81, ci impedisce alle autorit nazionali di dichiararne lillegittimit rispetto alle norme nazionali. Lo stesso vale nellipotesi di una esenzione per categorie di accordi, oggetto di apposito regolamento. In tale caso, non potendo adottare decisioni incompatibili con il regolamento, il giudice nazionale non potr considerare contrario al regime nazionale della conc un accordo o una pratica concordata che siano coperti dallesenzione. La portata del vincolo di convergenza ristretto alla sola fattispecie di intesa. Esso invece non preclude lapplicazione di discipline nazionali pi severe l dove queste abbiano ad oggetto condotte unilaterali dimpresa, come tali non rientranti nellambito di applicazione dellart 81. Anche nel nuovo sistema sono pienamente applicabili le norme nazionali che , per esempio, vietino sanzionino condotte unilaterali abusive diverse e ulteriori rispetto a quelle previste dallart 82 del trat, ovvero comportamenti unilaterali di imprese non dominanti. In secondo luogo, il vincolo di convergenza riguarda esclusivamente lapplicazione delle norme nazionali di tutela della conc e non di quelle che invece perseguono obiettivi differenti rispetto agli artt 81 e 82 e siano dirette alla tutela di altri interessi legittimi. la espressa possibilit per le autorit nazionali competenti in materia di conc di fare diretta applicazione degli artt 81 e 82 del trat un passaggio di grande rilievo ai fini del processo do decentramento. Questa posizione, ad una prima lettura sembra errata; infatti lo se la si confronta con il principio generale dellapplicazione delle norme comunitarie provviste di effetto diretto da

parte delle amministrazioni nazionali e dei giudici. pacifico invece che i giudici e le amministrazioni nazionali possono ed anzi devono fare applicazione delle norme provviste di effetto diretto e che le norme del trat che qui sono in questione non rappresentano affatto una eccezione. Tali norme sono invocabili direttamente davanti al giudice che, in caso di conflitto tra norma comunitaria e norma nazionale, disapplica la seconda. Lo stesso dir comunitario nonch la giurisprudenza della corte hanno attribuito espressamente anche alle amministrazioni nazionali il potere di applicare gli artt 81 e 82 in assenza di una procedura della commis. La competenza afare diretta applicazione dellart 81 e 82 consente allautorit nazionale di fare applicazione della norma comunitaria cos come essa viene normalmente interpretata ed applicata dalle istituzioni comunitarie. Il potere-dovere dei giudici e delle autorit nazionali di conc di fare applicazione delle norme comunitarie non appare tale da minacciare luniformit di applicazione del dir com della conc. Demandare la valutazione delle intese o degli abusi di posizione dominante alle autorit nazionali in realt soltanto un aspetto del decentramento prefigurato nei suoi termini essenziali e completi gi dal trattato del 1957. I giudici e le amministrazioni nazionali costituiscono infatti lessenza del decentramento dellapplicazione di tutte le norme comunitarie. E le norme sulla conc non fanno eccezione. Inoltre il regolamento 1/2003 mantiene in capo alla commis un ruolo rilevante nella determinazione della politica comunitaria della conc. in un sistema di competenze concorrenti della commis, delle autorit e dei giudici nazionali, sono cmq previsti dei meccanismi di salvaguardia; in tal senso rileva la possibilit che la commis avochi a s la trattazione del caso, nonch il preciso obbligo che fa capo alle autorit e ai giudici nazionali di non adottare decisioni contrastanti con quelle della commis. Relativamente ai poteri delle autorit nazionali di conc nellapplicazione del dir comunitario, lart 5 del regolamento 1/03 sancisce che esse sono competenti ad applicare gli artt 81 e 82 in casi individuali. quindi espressamente escluso che tali autorit abbiano il potere di adottare atti generali, quali i regolamenti di esenzione per categoria. Nondimeno , a certe condizioni, le autorit nazionali possono revocare in casi individuali il beneficio dellesenzione per categoria limitatamente al territorio nazionale. Ma, a fronte di questa equivalenza di poteri, le autorit nazionali continuano a svolgere unruolo diverso rispetto alla commis. In primo luogo, perch allistituzione comunitaria resta la competenza esclusiva di orientamento della politica antitrust comunitaria; in secondo luogo perch lavvio di un procedimento da parte della commis per ladozione di una decisione priva tutte le autorit nazionali garanti della conc della competenza di applicare gli artt 81 e 82 del trat. le autorit nazionali di conc possono iniziare un procedimento istruttorio nel caso in cui, in base alle informazioni di cui dispongono, appaiono sussistere le condizioni per un divieto; in tal modo esse sono chiamate a tutelare i dir riconosciuti dagli artt 81 e82.in ogni caso, tali autorit non possono prendere decisioni che siano in contrasto con uneventuale decisione gi adottata dalla commis. Ai sensi dellart 6 del regol 1/2003, la competenza ad applicare gli artt 81 e82 del trat espressamente attribuita ai giudici nazionali. Nellesercizio di tale competenza, i giudici sono tenuti a rispettare i precedenti della giurisprudenza comunitaria oltre che i regolamenti di esenzione comunitari. Di grande rilievo pratico pertanto la definizione delle rispettive sfere di competenza e di azione della commis e dei giudici nazionali. La competenza dei tribunali nazionali, concorrente con quella della commis, deriva dallefficacia diretta dei divieti sanciti dagli artt 81 e82 che incidono direttamente sulla posizione giuridica dei privati e attribuiscono loro diritti ed obblighi che i giudici nazionali sono tenuti a tutelare. La decisione del giudice nazionale, per, non vincola la commis, che resta libera di decidere, eventualmente in modo diverso dal giudice nazionale. Il giudice nazionale deve astenersi dal prendere provvedimenti idonei a compromettere la realizzazione degli scopi del trattato. La cooperazione tra commissione, autorit e giudici nazionali nellapplicazione del diritto comunitario della concorrenza Un aspetto essenziale del sistema di applicazione delle regole di conc comunitaria nostiste nella cooperazione allinterno della rete di autorit di conc( European Competition Network), composta

dalle istituzioni pubbliche designate dagli stati membri ( in Italia lautorit garante della conc e del mercato o lautorit antitrust) in conformit dellart 35 del regolamento 1/2003, e dalla commis. la cooperazione richiede vari tipi di contatti tra le autorit, ma soprattutto si basa sullo scambio di informazioni e sullassistenza nella raccolta delle prove e nelle ispezioni. Quando si tratta di casi di pregiudizi agli scambi e di applicazione delle norme comunitarie, lart 11 del regol 1/03 impone alle autorit nazionali di informare preventivamente la commis sullesito dei procedimenti e prima di adottare taluni tipi di decisione. Nellipotesi di casi nuovi, unautorit nazionale dovr informare la commis soltanto qualora intenda effettuare indagini sul caso, ovvero adottare misure formali di indagine. Nel rapporto orizzontale tra autorit, questo scambio di informazioni si svolge su base volontaria. Un accordo o una pratica abusiva sono di pertinenza della rete qualora pregiudichino il commercio tra gli stati membri. La commis ha precisato che il concetto di commercio non limitato agli scambi tradizionali di beni e servizi a livello transfrontaliero, ma include anche i casi nei quali le intese pregiudichino la struttura della conc nel mercato. Insomma rientra in tale concetto ogni condotta che sia diretta ad eliminare o minacci di eliminare un concorrente che opera allinterno del mercato comunitario. Lapplicazione del criterio del pregiudizio al commercio indipendente dalla definizione dei mercati geografici rilevanti. Quando un caso stato identificato come di pertinenza della rete, il primo obbligo consiste nellinformare la commis dellavvio del procedimento. In linea di principio, le informazioni devono essere fornite precedentemente o subito dopo ladozione della prima misura formale di indagine, ovvero lutilizzo dei poteri investigativi conferiti dalla legislazione nazionale. Si deve tenere presente che il contenuto delle informazione deve essere preciso e dettagliato, in modo da consentire alle autorit garanti della conc di decidere se sono interessate al caso e se desiderano essere associate al suo trattamento. Dopo la comunicazione, in un periodo di 2 mesi, ciascuna autorit deve valutare se vuole intervenire. Lautorit che ha ricevuto la denuncia nella fase iniziale del procedimento deve valutare se si sente idonea a risolvere e trattare il caso. Lintervento della commis sar necessario qualora il caso il interessi 3 o pi stati membri, oppure quando il caso sia strettamente collegato con altre disposizioni comunitarie. In sostanza, possono verificarsi 3 casi: - una o pi autorit decidono di agire in parallelo a quella che ha comunicato il caso per prima: sar allora possibile individuare unautorit responsabile del coordinamento delle misure di indagine - lautorit che ha comunicato originariamente le informazioni alla rete decide di chiudere il procedimento in quanto unaltra autorit nazionale intende occuparsi del caso - la commis pu avocare a s il caso e dunque privare lautorit nazionale della sua competenza. ai sensi dellart 11.4 del regol 1703, le autorit sono altres tenute ad informare la commis prima di adottare una decisione con la quale si ordina la cessazione dellinfrazione; oppure una decisione volta ad accettare impegni ovvero una decisione diretta a revocare lapplicazione di un regolamento di esenzione per categoria. Lart 11.6 prevede che lavvio di un procedimento da aprte della commis priva le autorit nazionali della competenza di applicare gli artt 81 e 82. Se lautorit nazionale sta gi trattando il caso, lesercizio del potere di avocazione subordinato alla preventiva e tempestiva informazione dei membri della rete, ai quali la commi dovr anche indicare per iscritto le relative motivazioni. Lart 12 del regol 1/03 stabilisce che la commis e le autorit nazionali hanno la facolt di scambiare ed utilizzare come mezzo di prova qualsiasi elemento di fatto o di dir, comprese le informazioni riservate, a condizione che siano legalmente raccolte dallautorit trasmittente in base alla legislazione ad essa applicabile. Nondimeno, il principio del segreto dufficio comporta che i segreti aziendali e altre informazioni riservate appartenenti ad imprese non possono essere divulgati allesterno della rete, ma ci cmq non pu impedire la divulgazione delle informazioni necessarie. nel caso di scambi di informazione fornite ad unautorit di conc nellambito di un programma di clemenza, al fine di preservare lefficacia di tali programmi nellindividuazione dei cartelli e gli incentivi alla collaborazione da parte delle imprese coinvolte, la Comunicazione della commis, prevede che in questi casi le informazioni trasmesse alla rete non possano essere utilizzate dagli

altri membri per avviare proprie indagini ai fini dellapplicazione delle norme di conc comunitarie o nazionali. Infine lart 22.1 del regol consente alle autorit nazionali di raccogliere informazioni, in base alla legislazione interna, per conto di unaltra autorit. La richiesta di assistenza deve essere formale, scritta e motivata. Anche rispetto alle giurisdizioni nazionali il regol 1/03 ha introdotto significative novit. Viene in rilievo lobbligo di leale collaborazione tra listituzione comunitaria ed i giudici nazionali, nella misura in cui entrambe le autorit sono chiamate alla reciproca assistenza nellapplicazione delle regole antitrust. Le autorit nazionali possono richiedere alla commis la trasmissione di notizie in suo possesso, al fine di accertare se un determinato caso sia gi al suo esame, ecc. nella trasmissione delle informazioni, la commis deve assicurare alle persone fisiche e giuridiche la tutela offeta dallart 287 tra; potranno essere divulgate solo informazioni che siano garantite da una protezione adeguata. La commis pu anche decidere di non trasmettere certe notizie al fine di salvaguardare i suoi stessi interessi. il parere della commis pu essere richiesto riguardo a questioni di natura economiche: il parere non vincolante. altro strumento di cooperazione per garantire la corretta applicazione degli artt 81 e 82 rappresentato dalle osservazioni scritte, che commis e autorit nazionali possono presentare di propria iniziativa, e dalle osservazioni orali che possono essere concesse solo tramite autorizzazione della giurisprudenza competente. Infine i giudici nazionali possono essere chiamati ad intervenire su questioni riguardanti le ispezioni compiute dalla commis presso le imprese e le associazioni di imprese oppure presso i domicili degli amministratori e dipendenti delle imprese.

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