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Copia Di Letteratura Tedesca III 28 Ottobre
Copia Di Letteratura Tedesca III 28 Ottobre
La volta scorsa abbiamo visto l’autore nel difficile contesto storico-letterario in cui
vive ed è attivo. A questo punto, proprio grazie all’argomento del romanzo che
riflette le vicende autobiografiche di Joseph Roth (anche se non è un’autobiografia),
possiamo analizzare più da vicino il testo di Roth.
La volta scorsa la lezione si è conclusa con un paradosso: questo romanzo è stato
considerato dai seguaci della Neuesachlichkeit come una sorta di manifesto mentre
proprio il suo autore la condannava, la Neuesachlichkeit, come un movimento di vera
arte. Cioè era visto come un movimento che nelle sue teorie, nella sua visione estetica
alla fine faceva a pezzi proprio l’estetica perchè insistendo così tanto sul documento,
sull’oggettività e sulle oggettualità del testo creativo, narrativo in questo caso,
distruggeva quello che per Roth è il proprio di ogni opera d’arte: nasce da una
costruzione inventata, dalla fantasia, dall’immaginario.
Quello che ha dato adito a questa valutazione del romanzo, tra le file di coloro che
sostenevano o si sentivano rappresentanti della Neuesachlichkeit, è stata prima di
tutto la sua prefazione. Riordiamoci, ancora una volta, che “die Flucht ohne Ende”
esce nel 1927 cioè Joseph Roth lo concepisce durante il viaggio di ritorno dalla
Russia, lo conclude a Parigi e da lì lo manda all’editore Wolf (pubblicava gli autori
meno popolari) che capisce di trovarsi di fronte a un capolavoro.
Nel primo rigo si ritrova la parola che chiude il Vorwort del romanzo, perchè nella
prefazione si dice che la cosa più importante è ciò che noi osserviamo; quindi, è più
importante osservare la realtà che inventare delle storie e questa parola
<<beobachten>>, che vuole dire osservare in tedesco, fa parte davvero del lessico
dominante della Neuesachlichkeit perchè solo osservando si può essere veramente
oggettivi. Quindi sembra appunto che Roth aderisca all’estetica della
Neuesachlichkeit ma, secondo proprio quello che ci spiega qui, il termine beobachten
lui non lo intende affatto come una parola che traduce fotografare la realtà.
Traduzione: il narratore è un osservatore e un esperto. La sua opera non è mai
separata dalla realtà ma in verità (attraverso lo strumento del linguaggio) è una realtà
trasformata. (Reale, in certe condizioni che qui non vale neanche la pena discutere, è
anche il cosiddetto mondo fantastico)
Questa parentetica strizza l’occhio al surrealismo perchè nel ’24, proprio in Francia
dove Roth vive, nasceva il movimento surrealista con tanto di manifesto curato da
quello che è considerato il fondatore del surrealismo, André Breton e i surrealisti
affermavano proprio questo cioè che reale è anche il mondo fantastico, il mondo delle
emozioni, il mondo profondo della psiche che si esprime nei sogni, nelle fantasie.
Quindi diciamo che Roth risente di questo contatto diretto che ha, vivendo a Parigi,
con il surrealismo. Ma a prescindere da tutto questo, l’affermazione che lui fa in
questo articolo corregge, oppure aiuta a leggere in un senso diverso, ciò che si
afferma nella prefazione della romanza e cioè che osservare non significa
pedissequamente ripetere la realtà ma lo scrittore, il cui strumento di lavoro sono le
parole, attraverso quest’ultime trasforma la realtà. Ed è proprio ciò che accade in
questo romanzo perchè in “die Flucht ohne Ende” sono riconoscibili infinite realtà
storiche perchè si parla della Prima guerra mondiale e del primo dopoguerra, di
esperienze storicamente accettabili di Joseph Roth medesimo che in tante situazioni
assomiglia molto al protagonista del suo romanzo. Però aldilà di questa realtà
riconoscibile grazie al modo in cui Roth la racconta, e quindi grazie all’uso della
lingua che lui fa, questo romanzo è un grande romanzo. Questo anche perchè non si
limita a registrare i fatti ma, raccontando i fatti, ne fa una terribile critica cioè ci fa
vedere quella che è da un lato la perdita profonda d’identità di questo reduce
dell’impero asburgico che torna in una patria che non è più la sua, poiché l’impero
asburgico non c’è più e dall’altro, in corrispondenza con la perdita della sua patria, ci
mostra la crisi d’identità di quella vecchia Europa che la guerra ha distrutto. Ma
perchè si parla di questa crisi del reduce, di questo soldato che torna dalla guerra, di
un uomo della Lost generation, di un figlio dell’impero asburgico che non riesce a
riconoscere nell’Austria la propria patria e il proprio mondo, dell’identità dell’Europa
stessa che la perde a causa della guerra che lei stessa ha voluto, la critica al
socialismo sovietico che Roth ha personalmente vissuto e si è personalmente
impegnato nell’illusione che il socialismo possa rappresentare davvero un’alternativa
a quella nuova Europa borghese in cui Roth non si riconosceva? Ecco tutte queste
problematiche che s’intrecciano e che fanno la trama profonda del romanzo, oltre che
il suo valore, sono possibili solo perchè Roth non copia la realtà, non la racconta
come se fosse un reportage o una cronaca giornalistica ma racconta invece una
storia inventata che rappresenta come se fosse vera, come se fosse costruita su
delle vere testimonianze.