Sei sulla pagina 1di 8

Introduzione

Nel dibattito storiografico italiano il Risorgimento ha sempre rappresentato una questione cruciale. Ma che cosa stato il Risorgimento? E come, in che modo e da chi stato studiato? Quali e quante le interpretazioni? Quali le ultime tendenze storiografiche di questo periodo fondamentale della storia italiana? Partendo da queste domande nostro compito sar mostrare gli indirizzi della storiografia nelle opere di sintesi negli ultimi quindici anni a proposito del Risorgimento, delle sue grandi figure e del suo significato nella formazione di unidentit nazionale. Ma che vuol dire la parola Risorgimento cos come noi oggi la intendiamo? Lorigine della parola deriva dal verbo risorgere che in italiano significa sollevarsi, rinascere. Questo significato cambia completamente alla fine del Settecento con gli scritti di Vittorio Alfieri, diventando risvegliare o rianimare. Presto questo significato simpone come equivalente di rinascimento o risurrezione nazionale e idea di liberazione del suolo italiano dalla presenza straniera, fino ad arrivare alla consacrazione ufficiale nella sfera pubblica nel 1847 con la pubblicazione del giornale Il Risorgimento, di Cesare Balbo e Camillo Benso di Cavour, nel quale trovano posto i concetti di indipendenza dellItalia e di unione politica ed economica. Verificato il significato lessicale, cerchiamo di capire che cosa stato il Risorgimento, mettendo a confronto alcune delle definizioni che in questi anni abbiamo letto e studiato nelle opere di sintesi che intendiamo analizzare nel corso della nostra disamina. La storica irlandese Lucy Riall nel saggio Il Risorgimento: storia e interpretazioni del 1997 lo inquadra come momento centrale della storia italiana del XIX secolo. Nella storia e nella politica italiana, il Risorgimento ha svolto un ruolo centrale, come la Rivoluzione francese o lunificazione tedesca, e quindi deve essere considerato il momento di svolta nella storia italiana, il periodo in cui lItalia diventa una nazione e trova i suoi padri fondatori (Mazzini Cavour e Garibaldi) e i suoi ideali politici (liberalismo, nazionalismo, repubblicanesimo)1.

L. Riall, Il Risorgimento: storia e interpretazioni, Roma, Donzelli, 1997, p. 35.

Alberto Mario Banti nel saggio Il Risorgimento italiano del 2004 considera il Risorgimento n il frutto dellopera di un uomo solo (Cavour o Garibaldi), n leffetto di una favorevole congiuntura internazionale, ma piuttosto lesito di un processo culturale e politico che prende avvio alla fine del XVIII secolo e che precisa poi i suoi caratteri nei primi decenni dellOttocento. Questo processo porta ad identificare la nazione italiana come la comunit di riferimento che fonda le pretese o i progetti di costruzione di uno stato nazionale italiano; per cui deve essere considerato un processo politico-culturale che si fonda sullidea di nazione e che ha come scopo la costruzione di uno stato italiano2. Giampiero Carocci nel saggio Il Risorgimento del 2006 afferma: il Risorgimento il processo attraverso cui il popolo italiano ha conseguito nel corso dellOttocento la libert, lindipendenza e lunit; ed una delle massime manifestazioni dellaffermarsi del principio nazionale liberale3. Denis Mack Smith nel suo primo libro dedicato alla storia italiana Cavour and Garibaldi: 1860 del 1954, definisce il Risorgimento come un processo storico dagli esiti negativi. Cavour ritratto come un uomo scaltro e incoerente e le conquiste dellunificazione come il frutto di una serie di errori ed espedienti. Garibaldi lunico protagonista dellet risorgimentale ed descritto come capo popolo pragmatico e al tempo stesso affidabile. Altres nel saggio Il Risorgimento italiano: storia e testi del 1999, lo storico inglese afferma: fu piuttosto uno di quei complessi movimenti che si sviluppano lungo linee che sono a volte molto lontane dalle intenzioni dei partecipanti, e il suo successo fu molto pi fortuito, di quello che pi tardi piacque affermare a molti dei suoi protagonisti4. Gilles Pcout storico francese, nellintroduzione al saggio Il lungo Risorgimento. La nascita dellItalia contemporanea (1770-1922) del 1999, lo definisce: [] periodo di transizione e di sconvolgimenti politici e sociali corrispondenti ai movimenti principali ed ai grandi eventi che hanno permesso allItalia di realizzare nel XIX secolo la sua unificazione. Come per la Francia la Rivoluzione del 1789, il Risorgimento segna la nascita dellItalia contemporanea5.
2 3

A. M. Banti, Il Risorgimento italiano, Roma-Bari, Laterza, 2004, p. V. G. Carocci, Il Risorgimento, Roma, Newton Compton, 2006, p. 9. 4 D. Mack Smith, Il Risorgimento italiano, Roma-Bari, Laterza, 1999, p. XIX. 5 G. Pcout, Il lungo Risorgimento La nascita dellItalia contemporanea (1770-1922), Milano, Mondadori., p. 3.

Analizzando queste prime definizioni ci accorgiamo che, il Risorgimento per questi storici definito come un processo che ha portato lItalia allunificazione e allindipendenza. Ognuno cerca di dirci come e con quali intenzioni fu realizzato questo processo, chi furono o chi non furono i personaggi chiave, e soprattutto indicano o cercano di indicare allinterno del XIX secolo qual stato larco temporale dello svolgimento di tale processo. Ma quando inizia il Risorgimento? E soprattutto quando finisce? A nostro parere molto dipende se, nel momento in cui si decide di studiare il Risorgimento, preferita come parte del processo la visione politico-militare e/o territoriale oppure la visione politicoculturale. E in questo senso che il problema della periodizzazione da sempre stato motivo di dibattito ed ha quindi generato diverse posizioni e interpretazioni. Per quanto concerne il termine a quo del Risorgimento ci sono opere che, preferendo la visione politico-militare lo fanno coincidere con il Congresso di Vienna e con la Restaurazione nel 1815 o con larrivo delle armate di Napoleone in Italia (1796). Se invece preferita la visione politico-culturale diverse, sono le opere che lo pongono nella seconda met del Settecento (1750-1790) coincidente con lavvio delle riforme. Nella storiografia italiana degli anni Cinquanta per esempio sono numerose le opere che considerano come termine a quo il Triennio repubblicano (1796-1799), nel quale si posero le basi degli ideali che animarono lesperienza risorgimentale. Altres, ci sono opere che, mettendo in evidenza linfluenza di Napoleone, pi in senso amministrativo che in senso militare, intendono come termine a quo lanno 1800, quello nel quale lItalia almeno a livello amministrativo diventa unita e quindi inizia a prendere coscienza della nuova situazione. Fra le varie ipotesi, facciamo nostro come termine a quo quello definito dal punto di vista politico-culturale che considera centrale il Triennio repubblicano (1796-1799), allinterno del quale si formeranno gli ideali che saranno poi espressione dellintero processo del Risorgimento. Mi riferisco ai principi liberal-conservatori dei moderati e ai principi liberal-rivoluzionari dei repubblicani democratici che porteranno avanti parallelamente un loro progetto di Risorgimento dellItalia. Per quanto riguarda il termine ad quem, sulla base delle stesse considerazioni fatte per il termine a quo esistono diverse posizioni e interpretazioni. Ci sono opere che lo fanno coincidere con la proclamazione del Regno dItalia (1861) e non considerano il periodo

successivo come Risorgimento; ed opere nelle quali si pone come termine del Risorgimento la conquista di Roma e successiva proclamazione a capitale dItalia (1871). Diversa la posizione dellISRI (Istituto per la Storia del Risorgimento Italiano) per il quale il Risorgimento si conclude solo con linizio della Prima Guerra Mondiale (1915). Altres esiste linterpretazione data dallo storico francese Gilles Pcout che fa coincidere il termine ad quem del Risorgimento con lavvento del fascismo (1922). Fra le varie ipotesi abbiamo scelto come termine ad quem quello dellIRSI, in quanto condividiamo lidea che la Prima Guerra Mondiale sia lo spartiacque tra unItalia liberale e unItalia incapace di mantenere il parlamentarismo e che dar spazio allavvento del fascismo. In generale, abbiamo visto esistere e coesistere diverse periodizzazioni; per esempio quella che inizia con il Congresso di Vienna (1815) e si conclude con la conquista di Roma (1870), inizialmente corrispondeva al taglio istituzionale dato dallinsegnamento universitario italiano nelle varie cattedre di Storia del Risorgimento. Negli ultimi anni lapproccio totalmente cambiato preferendo a questa periodizzazione una molto pi ampia, come quella intesa dal Pecout, orientata verso la visione politico-culturale del Risorgimento e della formazione dellidentit nazionale, incentrata su un approccio per tematiche, piuttosto che incentrata sullapproccio politico-militare. Da queste prime battute sul significato o sulla periodizzazione da dare al Risorgimento, si comprende quanto dibattito c, quante le diverse posizioni, e quanto largomento ha destato linteresse di storici e non storici. Viene dunque spontaneo chiedersi: quando si cominciato a studiare il Risorgimento? E soprattutto con quali interpretazioni? Tra il 1850 e il 1870, la storiografia liberale (ad esempio Filippo Antonio Gualterio6 nel saggio Gli ultimi rivolgimenti italiani) pone lattenzione su alcuni personaggi del Risorgimento (Cavour, Carlo Alberto, Massimo dAzeglio) esaltandone le gesta al fine di screditare i governi della Restaurazione, mostrando gli italiani meridionali come vittime sventurate di regimi reazionari. In questo stesso periodo alla storiografia liberale si affiancheranno e si contrapporranno ricerche di vario tipo, condotte da due diverse categorie di storici: quelli sabaudisti e quelli filomazziniani o filodemocratici. Quando parliamo di storici sabaudisti, intendiamo quegli storici liberali inclini a mostrare una storia del Risorgimento pi vicina alla posizione dei Savoia; per storici filomazziniani o
6

F. A. Gualterio, Gli ultimi rivolgimenti italiani, 4 voll., Firenze, Le Monnier, 1850-51.

filodemocratici, intendiamo invece, quegli storici inclini a mostrare una storia del Risorgimento pi vicina alle posizioni di Mazzini. Tra la fine dellOttocento e linizio del Novecento assistiamo alla nascita delle prime istituzioni culturali specializzate nel coltivare e promuovere studi ed edizioni di fonti relative alla storia risorgimentale. Nel 1883 viene fondato lIstituto storico italiano a Roma, nel 1885 inizia le sue pubblicazioni la Rivista storica del risorgimento italiano, nel 1907 si costituisce la Societ nazionale per la storia del Risorgimento che dal 1908 pubblica una sua rivista il Risorgimento italiano7. Parallelamente alle ricerche delle istituzioni sopraindicate, compariranno alcune opere dimpianto polemico scritte da storici non professionisti come Alfredo Oriani e Piero Gobetti. Oriani nel 1913, nel saggio La lotta politica in Italia8, prendendo in considerazione pi laspetto nazionale del Risorgimento e valorizzandolo come cardine dellazione politica arriver a criticarne il carattere troppo elitario. Definisce il processo di formazione dello stato italiano come una pura e semplice conquista regia, affermando che dalle belle e nobili speranze che animavano i grandi uomini del Risorgimento come Mazzini, tutto si sia dissolto in una meschina prassi amministrativa. Gobetti invece, con il suo stile brillante spregiudicato e sempre polemico, nel saggio Rivoluzione liberale9 del 1924, giudica il Risorgimento incapace di laicizzare e modernizzare veramente le masse, lo definisce una rivoluzione fallita nel senso che non riuscito a portarle, parole sue: come soggetti attivi sulla scena della storia. Saranno queste tesi che, nonostante limpianto polemico e poco rigoroso dal punto di vista filologico, lasceranno un segno duraturo nelle interpretazioni successive. E negli anni Venti del Novecento che possiamo individuare la vera grande stagione della storiografia liberale sul Risorgimento con il lavoro di quattro intellettuali di grande valore: Gaetano Salvemini, Giovanni Gentile, Gioacchino Volpe e Benedetto Croce. Gaetano Salvemini nasce come storico del Medioevo, ma non manca di occuparsi della storia italiana dellOttocento. Il suo interesse da storico socialista sar rivolto soprattutto allo studio delle personalit e delle forme organizzative del campo democratico nel saggio Il pensiero religioso politico sociale di Giuseppe Mazzini del 1905, in cui evidenzia limportanza della corrente repubblicana mazziniana come vettore del
7 8

Cfr. in proposito: A. M. Banti, Il Risorgimento italiano, Roma-Bari, Laterza, 2004, p. 135. A. Oriani, La lotta politica in Italia, 3 ed. Firenze, Libreria della Voce, 1913. 9 P. Gobetti, Rivoluzione liberale, Bologna, Cappelli, 1924.

socialismo; e nel saggio Le pi belle pagine di Carlo Catteneo del 1922, nel quale individuando nel Catteneo il suo maestro, lo indica come colui che doveva essere la vera guida spirituale della democrazia italiana10. Giovanni Gentile non uno studioso del Risorgimento, ma si dedicher alla storia delle idee nellItalia del Risorgimento, in particolare ad autori chiave del periodo (Alfieri, Cuoco, Rosmini, Gioberti) focalizzandosi poi sul pensiero di Giuseppe Mazzini, e insistendo sullenorme importanza della componente religiosa e sullidea di nazione. Nel saggio del 1923 I profeti del Risorgimento italiano11 (dedicato a Benito Mussolini), mostra gi lorientamento della sua personale interpretazione del Risorgimento: lepopea risorgimentale giudicata di matrice mazziniana e non liberale, precorre il fascismo, in quanto entrambi sono movimenti religiosi diversi dal liberalismo individualistico; per Gentile il fascismo che ha raccolto leredit del Risorgimento. Anche Gioacchino Volpe come gli altri non uno studioso del Risorgimento, ma nei decenni fra le due guerre presta attenzione alle vicende risorgimentali, soprattutto nel saggio Italia moderna, in cui il Risorgimento viene visto come opera di una minoranza socialmente e politicamente variegata; tuttavia Volpe non attribuisce al termine minoranza un significato negativo, anzi spiega che essa piuttosto una coraggiosa avanguardia politica e culturale, la definisce la vera aristocrazia morale della nazione, la cui eredit semmai, viene smarrita, dalla classe dirigente dellet liberale, per trovare poi una sua ulteriore rinascita nella guerra e nella rivoluzione fascista12. Benedetto Croce non stato propriamente uno storico del Risorgimento, ma autore di due grandissimi lavori storici che fissano molto bene la sua ricostruzione e il suo giudizio sulle vicende della storia dellItalia liberale e dellOttocento europeo; uno la Storia dItalia dal 1871 al 191513 del 1928, laltro la Storia dEuropa nel secolo decimonono14 del 1932; in questo saggio lesperienza risorgimentale collocata nel contesto della pi generale storia dellEuropa ottocentesca che Croce ritiene caratterizzata dallaffermazione di una vera e propria religione della libert.

10 11

Cfr. in proposito: W. Maturi, Interpretazioni del Risorgimento, Torino, Einaudi, 1962, p. 456. G. Gentile, I profeti del Risorgimento italiano, Firenze, Vallecchi, 1923. 12 Cfr in proposito: A. M. Banti, Il Risorgimento italiano, cit. , p. 139. 13 B. Croce, Storia dItalia dal 1871 al 1915, Bari, Laterza, 1928. 14 B. Croce, Storia dEuropa nel secolo decimonono, Bari, Laterza, 1932.

A suo parere il processo di unificazione va inserito in questo quadro e sulla base di queste premesse offre una valutazione totalmente positiva dellunificazione come processo puramente liberale. Croce nel saggio del 1932 Storia dEuropa nel secolo decimonono, evidenzia limportanza del periodo successivo allunificazione, come la fase che aveva visto la progressiva omogeneizzazione politica e culturale della nazione politica e culturale secondo i valori del parlamentarismo liberale. Insiste sul fatto che stata la grande guerra a distruggere il sistema politico, rendendo possibile laffermarsi della dittatura fascista; in questo modo negava qualunque tipo di connessione causale tra il liberalismo italiano e il fascismo. A questa tesi della storiografia liberale rappresentata da Croce, si contrappone la ricostruzione storica effettuata da Gramsci (contenuta nei Quaderni del carcere che verranno pubblicati postumi tra il 1947 e il 1949), per il quale tra il liberalismo e il fascismo esiste un chiaro legame. Egli descrive il Risorgimento come una rivoluzione passiva, in cui i liberali conservatori (i moderati) hanno avuto strategicamente la meglio sui liberali rivoluzionari (i repubblicani democratici) venendo a patti con lordine feudale esistente15. Ma il prezzo di questo compromesso era stata la permanente spaccatura tra Stato e societ civile, caratterizzata da una cronica instabilit politica e da un disordine sociale endemico. Negli anni Trenta, un nutrito gruppo di storici svilupper una variegata ricerca storica di intonazione nazionale e fascista, in cui prevarr uninterpretazione del Risorgimento nelle sue varie declinazioni (mazziniana, sabaudista, garibaldina) allinterno di una visione che enfatizzer gli elementi di continuit tra lesperienza risorgimentale e la rivoluzione fascista. E in questo contesto che, per volere di Cesare Maria de Vecchi Ministro dellEducazione Nazionale, nel 1936 vengono istituite le prime cattedre universitarie di Storia del Risorgimento16. Tra le due guerre, influenzati dai lavori dei quattro intellettuali visti in precedenza, si former una generazione di studiosi di storia del Risorgimento che sar il nerbo della storiografia liberale del dopoguerra, con nomi di grandi storici come Adolfo Omodeo, Walter Maturi, Federico Chabod e Rosario Romeo17.

15 16

L. Riall, Il Risorgimento: storia e interpretazioni, cit., p. 37. Cfr. in proposito: A. M. Banti, Il Risorgimento italiano, cit., p. 140. 17 Unattenta e dettagliata analisi dei lavori degli storici Adolfo Omodeo e Rosario Romeo presente su: W. Maturi, Interpretazioni del Risorgimento, cit., pp. 517-549 e pp. 666-672.

Per quanto riguarda linterpretazione cattolica del Risorgimento, negli anni Trenta difficile individuare degli storici del Risorgimento, fatta forse eccezione per i lavori di Alessandro Luzio attento con le sue ricerche anche alle ragioni dei legittimisti e incline alla demolizione dei miti risorgimentali. Tra gli anni Quaranta e Cinquanta, con i contributi di Ettore Passerin DEntrves e Arturo Carlo Jemolo, inizia una vera e propria ricostruzione ed interpretazione del Risorgimento in chiave cattolico-liberale ed escono le prime pubblicazioni sul ruolo dei cattolici nella vita italiana post-unitaria e sul rapporto Stato-Chiesa. Lattenzione di questa storiografia si fermava sui cattolici liberali del periodo preunitario e sui rapporti fra la classe dirigente dello Stato e l'istituzione ecclesiastica. Con i lavori di Fausto Fonzi, Gabriele De Rosa, Pietro Scoppola, Giorgio Rumi e Francesco Traniello, che si occupano soprattutto dellazione politica dei cattolici, si definisce un filone cattolico-democratico della storiografia cattolica18. Nel secondo dopoguerra, il confronto tra le interpretazioni facenti capo a Croce e Gramsci produrr una contrapposizione che finir per caratterizzare lintero dibattito storiografico sul Risorgimento. Nel dopoguerra, gli storici di impostazione marxista come Franco Della Peruta, Ernesto Ragionieri e Emilio Sereni, si concentreranno sulla ricerca di prove storiche che davano conferma della possibilit di una valida alternativa alla rivoluzione passiva guidata dai liberali moderati, sostenendo lesistenza di un potenziale movimento rivoluzionario. Da parte loro, gli storici di impostazione liberale tra i quali Rosario Romeo, nel saggio Risorgimento e capitalismo del 1959, considerano assolutamente irrealistica la discussione sulla possibilit di una rivoluzione agraria nellItalia meridionale durante il Risorgimento.
18

E. Passerin DEntrves, La giovinezza di Cesare Balbo, Firenze, Le Monnier, 1949; G. De Rosa, Lazione cattolica, Bari, Laterza, 1953; E. Passerin DEntrves, Lultima battaglia politica di Cavour, Torino, ILTE, 1956; P. Scoppola, Dal neoguelfismo alla Democrazia cristiana, Roma, Studium, 1957; F. Fonzi, I cattolici e la societ italiana dopo lunit, Roma, Ed. Studium, 1960; P. Scoppola, Crisi modernista e rinnovamento cattolico in Italia, Bologna, Il Mulino, 1961; F. Traniello, G. Sofri, Breve storia del Risorgimento, Bologna, Cappelli, 1962; G. De Rosa, La crisi dello stato liberale in Italia, Roma, Studium, 1964; G. De Rosa, Storia del movimento cattolico in Italia, Bari, Laterza, 1966; A. C. Jemolo, Chiesa e Stato in Italia dalla unificazione a Giovanni XXIII, Torino, Einaudi, 1966; P. Scoppola, Chiesa e Stato nella storia d'Italia, Bari, Laterza, 1967; P. Scoppola, La Chiesa e il fascismo, Bari, Laterza, 1971; F. Fonzi, Crispi e lo Stato di Milano, Milano, Giuffr, 1972; F. Fonzi, Storia e storiografia dei movimenti cattolici in Italia, Roma, Elia, 1976; F. Traniello, Dizionario storico del Movimento cattolico in Italia (1860-1980), 3 vol., Torino, Marietti, 1981-1984; G. De Rosa, Il Partito popolare italiano, Bari, Laterza, 1988; E. Passerin DEntrves, Religione e politica nellOttocento europeo, a cura di F. Traniello, Roma, IRSI, 1993; E. Passerin DEntrves, La formazione dello stato unitario, a cura di N. Raponi, Roma, IRSI, 1993; F. Traniello, Cesare Balbo alle origini del cattolicesimo liberale, a cura di G. De Rosa con F. Traniello, Roma-Bari, Laterza, 1996; G. De Rosa, Cattolici, Chiesa, Resistenza, Bologna, Il Mulino, 1997; F. Traniello, Religione cattolica e stato nazionale. Dal Risorgimento al secondo dopoguerra, Bologna, Il Mulino, 2007.

10

Potrebbero piacerti anche