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PREMESSA Discorso sul metodo III parte B Op | 48/49-58/59 (a) Infine, dato che non basta, prima di incominciare_a ricostruire la propria abitazione, abbatterla e provvedere ai materiali e agli architetti, o esercitarsi nell’architettura ed, inoltre, aver con cura disegnato il progetto, ma occorre anche essersi provwvisti di un altro alloggio in cui si possa abitare comodamente per tutto il tempo necessario ai lavori, cosi, per non rimanere i luto nelle mie azioni nel tempo in cui la_mia ragione_mi costringeva_ad esserlo nei miei giudizi, e per cercare di vivere sin da allora il piu felicemente possibile, mi formai una morale _provvisoria, consistente solo in tre_o quattro massime di cui volentieri vi faccio parte. Discorso sul metodo III parte (b) PRIMA MASSIMA La prima era di obbedire alle leggi e ai costumi del mio paese, continuando ad osservare Ta religione in cui Dio m’ha fatto grazia di essere educato sin dalla mia infanzia e seguendo, per il resto, le opinioni piu moderate e piu Iontane dall’eccesso_che fossero_in_genere _messe_in_pratica_dalle persone pit ragionevoli tra coloro in cui mi trovassi a vivere. Infatti, cominciando allora a non tenere pil nessun conto delle mie opinioni, poiché volevo tutte sottoporle ad esame, ero certo di non poter fare nulla di meglio che seguire le opinioni dei pil accorti. E, per quanto vi siano forse persone altrettanto assennate tra i persiani o i cinesi quanto ve ne sono tra di noi, mi sembrava che la cosa pil utile fosse regolarmi pepuendo coloro tra ua mi_fos: trovato a vivere e che, per sapere quali fossero veramente le loro opinioni, dovevo fare attenzione piuttosto a quello che facevano che a quello che dicevano: non solo per il fatto che nella corruzione dei nostri costumi sono in pochi a voler dire tutto quel che credono, ma anche perché molti lo ignorano essi stessi. Infatti, poiché I’azione del pensiero per cui si crede una cosa é differente da quella per cui si sa di crederla, spesso c’é I’una ma non I’altra. SECONDA MASSIMA Discorso sul metodo III parte (c) La mia seconda massima era di essere quanto pil fermo e risoluto potessi nelle mie azioni, seguendo sempre le opinioni piu dubbie, una volta che mi fossi determinato ad esse, come se fossero assai_certe. Imitavo in cio | viaggiatori che, quando si trovano perst in qualche foresta, non devono né vagare, girando un po’ da una parte un po’ dall’altra, né fermarsi in un posto, ma camminare sempre il pil possibile dritto nella stessa direzione, senza cambiarla per deboli ragioni, quand’anche, allinizio, fosse stato solo il caso a determinarli nella scelta. In questo modo, infatti, se anche non si dirigono precisamente dove vogliono, perlomeno, alla fine, giungeranno da qualche parte, dove, verosimilmente, staranno meglio che nel mezzo di una foresta. E cosi, poiché spesso le azioni della vita non tollerano dilazione alcuna, é una verita del tutto certa che, quando non possiamo discernere le opinioni piu vere, dobbiamo seguire le piu probabili. Quand’anche, poi, non notassimo maggiore probabilita nelle une che nelle altre, dobbiamo nondimeno seguirne alcune e considerarle in seguito non pid come dubbie, in quel che in esse attiene all’azione, ma come assai vere e certe, poiché tale é la ragione che ci ha determinato ad esse. Cid mi consenti di liberarmi sin d’allora da tutti i pentimenti e i rimorsi che agitano abitualmente le coscienze di questi ingegni deboli ed esitanti, che si lasciano andare a praticare in maniera incostante, e come buone, cose che giudicano poi essere cattive™. Discorso sul metodo III parte (d/1) TERZA MASSIMA La_mia terza massima era di cercare sempre di_vincere me _stesso_piuttosto che la fortuna& e cambiare i miei desideri piuttosto che Tordine del mondo; e generalmente di_cercare di abituarmi_a_credere che non vi é nulla che sia interamente_in_nostro }otere eccetto I nostri pensieri*; cosi, dopo aver fatto del nostro meglio, per quanto iguarda le cose che stanno fuori di noi, tutto quel che manca per riuscire resta, rispetto a noi, del tutto impossibile. Questo mi sembrava da solo essere sufficiente per impedirmi di desiderare in futuro tutto quello che non avrei ottenuto, e rendermi cosi contento. Infatti, poiché la nostra volonta é portata naturalmente a desiderare solo le cose che I’intelletto le presenta in qualche modo come possibili, @ certo che, se consideriamo tutti i beni che sono fuori di noi come ugualmente lontani dal nostro potere, non rimpiangeremo la mancanza di quelli che ci sembrano dovuti per nascita, qualora ne fossimo privati non per nostra colpa, pil! di quanto rimpiangiamo di non possedere i regni della Cina o del Messico; e che facendo, come si dice, di necessita virtu, non desidereremo esser sani quando siamo malati, o essere liberi quando siamo in prigione, pi di quanto adesso desideriamo un corpo fatto di una materia cosi poco corruttibile quanto i diamanti o di ali per volare come gli uccelli altrui, pensai di non poter far nulla di meglio che continuare quella in cui mi trovavo, vale a dire di impiegare tutta la vita a coltivare la mia ragione e ad avanzare, per quanto potevo, nella conoscenza della verita, seguendo i! metodo che miero prescritto**. DEFINIZIONE DI VIRTU, TRATTA DALLA LETTERAAD ELISABETTA A Elisabetta, 4 agosto 1645, B Let 514, p. 2059 (a) *Ebbene, mi sembra che ciascuno possa raggiungere Vappagamento da sé, senza aspettarsi niente dall’esterno, purché osservi tre cose, cui si riferiscono le regole della morale che ho posto nel Discorso sul Metodo. La prima é che cerchi sempre di servirsi della sua mente, al meglio delle sue possibilita, per conoscere quel che deve e non deve fare in ogni circostanza della vita. La seconda @ fermo e costante proposito di applicare tutto cid che la sebbene non mi risulti che qualcuno |’abbia mai definita cosi; essa é stata invece suddivisa in pil specie, definite in vari modi, a causa dei diversi oggetti cui si estende.

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