, con il suo
motore Metodo S.F. E.
R.A.
.
Questo modello, messo a
punto dal Prof. Giuseppe
Vercelli, responsabile del-
lUnit operativa della
Scuola Universitaria Inter-
facolt in Scienze Motorie
(SUISM) di Torino, frut-
to della ricerca pi che
quinquennale attuata nei
massimi livelli sportivi che
ha portato a innumerevoli
successi in ambito mondia-
le, nonch a numerose
medaglie olimpiche.
Grazie a questo sistema
integrato loperatore acqui-
sisce la facolt di leggere
la realt (le situazioni per-
LUCA SACCAGNO
Coach, Formatore, Psicoterapeute
analityque ad indirizzo ipnotico
costruttivista
laVoro in team e controllo
laVoro in team e controllo
mentale nella sicurezza
mentale nella sicurezza
in mare
in mare
L
L
N
&A emergenza e soccorso in mare Anno 5 Vol. 13 2011 21
sonali e/o operative) attra-
verso cinque diversi punti
di percezione e una volta
verificata una perturbazio-
ne (distrazione, emozione,
imprevisto, ecc.) potr con-
seguentemente agire in
maniera selettiva per ripor-
tare in quiete il suo sistema
che precedentemente era
disturbato, e sfruttare cos
al meglio tutte le sue capa-
cit.
Per completare il quadro
formativo ho presentato tre
moduli complementari: la
psicologia dellemergenza,
la gestione specifica delle
paure e delle ansie, e infine
il lavorare in un gruppo
organizzato, ossia in
team.
Il modulo sulla psicologia
dellemergenza ha quale
fine quello di far compren-
dere limportanza dellin-
tervento di un operatore
formato sui possibili disagi
che hanno vissuto le vitti-
me, portando particolare
attenzione al concetto di
accoglienza. Inoltre, pro-
prio per la delicatezza del
ruolo espletato, stata
dimostrata concretamente
leventualit di Burn-out
dei soccorritori, e la conse-
guente necessit (a misura
preventiva) di sedute di
verbalizzazione degli even-
ti traumatici, cos da sca-
ricare loperatore dal
sovraccarico emozionale
derivato.
Ho introdotto il modulo
formativo sulla gestione
specifica delle ansie e delle
paure perch necessario
che le unit operative cono-
scano tecniche pratiche, per
gestire queste eventualit
emotive, da applicare
istantaneamente in primo
luogo su se stessi e in
secondo luogo sulla perso-
na soccorsa.
Lapplicazione sullopera-
tore porta a una maggiore
consapevolezza delle pro-
prie capacit di risposta-
reazione e conseguente-
mente consente di mante-
nere il controllo del proprio
agire in corso dopera.
Lapplicazione delle tecni-
che sulle vittime, ne facili-
ta lo stato di tranquillit e
quiete, e consente di
aumentare le capacit ricet-
tive e di accoglienza degli
operatori aumentandone
conseguentemente i margi-
ni di manovra.
Infine, con il modulo sul
Team Building e Team
Working si inteso far
comprendere limportanza
e le regole del lavorare in
un gruppo organizzato,
mettendo in luce i limiti del
lavoro disorganizzato e
disordinato, nonch del
lavoro individuale senza
coordinamento.
Tali attivit devono neces-
sariamente essere allordi-
ne del giorno di gruppi che
svolgono la loro azione in
ambiente ostile / minac-
cioso, dove dalla vita del
singolo dipende la vita
degli altri componenti del
team.
Alla luce di quanto esposto,
e in base alle mie esperien-
ze personali, ritengo che gli
sforzi fatti dal Dott. DE
LUCA, Responsabile
Scientifico del Piano For-
mativo EMERSANMARE
Regione Puglia, siano stati
premiati, in quanto il livel-
lo formativo proposto agli
operatori e conseguente-
mente al pubblico fruitore
del servizio di massima
levatura, e comune solo ai
corpi dElite militari.
PRESTAZIONI IN EMERGENZA
N
&A emergenza e soccorso in mare Anno 5 Vol. 13 2011 22
li ancora scarsa, ed
ragionevole pensare che la
nostra dipen- denza dagli
idrocarburi continuer con
un aumento dei volumi nei
prossimi anni e un conse-
guente incremento del tra-
sporto di idrocarburi via
mare (Maugeri, 2006). Il
Mar Adriatico risulta parti-
colarmente esposto a que-
sti rischi (ITOPF, 2003)
a causa della conformazio-
ne geografica e delle carat-
teristiche fisiche del bacino
(Zavaratelli et al., 1998,
Orli et al., 1992, Artegiani
et al., 1997a e 1997b,
Cushman-Roisin et al.,
2001) della presenza di
importanti poli petrolchi-
mici, dei progetti di nuovi
terminali petroliferi in ter-
ritorio croato e dallistitu-
zio- ne delle autostrade del
mare (European Commis-
sion, 2005). Alla luce di
tutto questo risulta quindi
di particolare interesse svi-
luppare strumenti di previ-
sione dei possibili impatti
e dei rischi ambientali in
questo bacino.
In questo lavoro abbiamo
applicato un modello di
dispersione di oil spill
allAdriatico centrosetten-
trionale. Il modello ha
simulato la dispersione ed
il trasporto delle particelle
di petrolio rilasciate lungo
le rotte commerciali
(secondo White 2000, non
solo le petroliere ma anche
le navi da trasporto sono
una possibile fonte di peri-
colosit), utilizzando in
input i campi di vento e
corrente prodotti per lo
stesso periodo da modelli
numerici atmosferici e
idrodinamici. Sono state
quindi svolte una serie di
simulazioni per lanno
2004, e i risultati delle sin-
gole simulazioni sono stati
messi insieme ed analizza-
ti in maniera tale da otte-
nere una stima della peri-
colosit totale per la costa
e per le acque territoriali
marchigiane. Successiva-
mente allelaborazione i
risultati sono stati integrati
in un Sistema Informativo
Geografico (GIS; per una
descrizione generale dei
sistemi GIS si veda Cho
1995 e Chrisman 1999) in
modo da accompagnare al
modello una rappresenta-
zione cartografica della
costa molto dettagliata
(scala 1:10.000 e 1:2.000)
e tutte le informazioni rela-
tive alle caratteristiche
socio-economica, morfolo-
giche e biologiche della
costa.
Con questo approccio lat-
l forte interesse nato
negli ultimi anni su
tematiche legate al
petrolio, allo svilup-
po di fonti rinnovabi-
li di energia, allin-
quinamento prodotto dai
poli petrolchimici, farebbe
pensare ad un progressivo
declino dellindustria
petrolifera a favore di for-
me industriali meno inqui-
nanti. Purtroppo la produ-
zione energetica da fonti
rinnovabili competitive
rispetto a quelle tradiziona-
tenzione stata quindi
posta sullinquinamento
strutturale (dovuto a scari-
chi a mare, lavaggio acque
di sentina e piccoli sversa-
menti), che passa per lo pi
inosservato. Lo studio per-
mette anche lindividuazio-
ne delle aree costiere pi
esposte in caso di incidente
lungo le rotte seguite dalle
petroliere nellarea di mare
tra Marche e Croazia. Gra-
zie allintegrazione in
ambiente GIS, si pu deter-
minare il danno diretto o
indiretto (attivit correlate)
relativo ad un possibile
evento incidentale. Gli
obiettivi principali sono
stati quindi la messa a pun-
to di una metodologia di
analisi della pericolosit
legata a perdite di petrolio
in mare sia strutturali che
incidentali lungo le rotte
commerciali e la produzio-
ne di stime e mappe di peri-
colosit per un caso studio
(fascia costiera della
Regione Marche).
La metodologia ideata
facilmente applicabile
anche ad altre zone interes-
sate dal passaggio di petro-
liere.
Area di studio Area di studio
Larea di studio localizza-
ta nel Mare Adriatico, in
particolare lattenzione
stata posta sulla fascia di
mare compresa allin- terno
del limite delle acque terri-
toriali marchigiane. La
linea di costa stata estrat-
ta dal Global Self-consi-
stent Hierarchical High-
resolution Shoreline Data-
base (Wessel e Smith,
1996) mentre il limite delle
acque territoriali stato
ricavato da carte nautiche.
Larea stata ulteriormente
definita con un limite set-
tentrionale in corrispon-
denza del porto di Rimini
(44 04,75 N, 12 34,50
RISCHIO AMBIENTALE
simulazioni di sVersamento
simulazioni di sVersamento
di petrolio nel mare adriatico:
di petrolio nel mare adriatico:
modelli numerici e analisi del
modelli numerici e analisi del
riscHio per le coste marcHigiane
riscHio per le coste marcHigiane
I
I
F. FALCIERI*
A. RUSSO*
A. COLUCCELLI*
I. IERMANO*
M. DESERTI**
J. CHIGGIATO**
C. SAVINI***
* Dipartimento di Scienze del
Mare, Universit Politecnica
delle Marche.
** Servizio Idro-Meterologico,
ARPA Emilia Romagna; Istituto
di Scienze Marine, Consiglio
Nazionale delle Ricerche -
Venezia
*** Istituto di Geologia, Universit
degli Studi di Urbino Carlo Bo
Lavoro estratto da libro
DAMAC.
Fig.1: In figura viene mostra-
to il mar adriatico e le rotte
utilizzate per gli sversamenti
(1, 2a e 2b), i limiti della gri-
glia (in nero) utilizzata per
lanalisi dei dati e la fascia
delle acque territoriali mar-
chigiane e i tre siti (a, b,e c)
usati per lanalisi dei venti
R
e
g
i
o
n
e
M
a
r
c
h
e
N
&A emergenza e soccorso in mare Anno 5 Vol. 13 2011 23
E) e della cittadina di Mar-
tinsicuro (42 53,13 N,
13 54,82 E), in modo da
contenere al suo interno
tutte le coste marchigiane
(fig. 1) con un leggero
sconfinamento regionale.
A livello di bacino sono
state identificate tre rotte
che rap- presentano le rotte
pi battute dalle petroliere
e dalle navi commerciali in
Adriatico: una rotta meri-
dionale lungo la linea
mediana del bacino che dal
basso Adriatico arriva fino
allaltezza di Ancona (rotta
1), e due rotte settentriona-
li, una in direzione del por-
to di Ravenna (rotta 2a) e
una verso i porti di Venezia
e Trieste (rotta 2b).
Modelli Modelli
numerici numerici
Il modello di dispersione
utilizzato il General
NOAA Oil Modeling Envi-
ronment (GNOME,
www.noaa.gov) sviluppato
dalla HAZMAT (Hazar-
dous Materials Response
Division) della statunitense
National Oceanic and
Atmospheric Admi- nistra-
tion (NOAA) con lobietti-
vo di essere uno strumento
operativo (durante situazio-
ni di emergenza), di piani-
ficazione
(supporto nello sviluppo
dei piani di contingenza) e
didattico (per la formazio-
ne del personale coinvolto
nella gestione di uno sver-
samento). Per eseguire una
simulazione GNOME
necessita di una serie di
informazioni sullo sversa-
mento e sui campi di vento
e correnti. Molto spesso si
utilizzano condizioni idea-
lizzate di vento e corrente,
che per possono essere
poco rappresentative di
situazioni reali. In questo
lavoro sono state utilizzate
forzanti realistiche ad alta
frequenza (triorari) derivate
da output di simulazioni
effettuate con il modello
idrodinamico Regional
Ocean Modeling System
(ROMS, si veda Shche-
petkin and McWilliams,
RISCHIO AMBIENTALE
2003 e 2005; Warner et al.,
2005a, b) per i dati relativi
alle correnti, e con il
modello atmosferico Limi-
ted Area Model Italy
(LAMI, si veda Steppeler
et al. 2003) per i dati di
vento.
Ogni giorno, dal 15 dicem-
bre 2003 al 31 dicembre
2004, sono stati simulati
quattro sversamenti istanta-
nei (ore 00:00, 06:00,
12:00, 18:00) lungo le tre
rotte (fig. 1), in modo da
approssimare un rilascio in
continuo lungo tutto larco
della giornata. Gli interval-
li tra sversamenti sono sta-
ti definiti tenendo in consi-
derazione i time step delle
forzanti e la necessit di
mantenere
il tempo di calcolo entro
limiti accettabili. Ciascuna
delle 380 simulazioni effet-
tuate ha avuto una durata di
15 giorni. Lungo la rotta A
per ogni sversamento sono
state rilasciate 10.000 ton
di petrolio simulate da
10.000 particelle e lungo le
rotte B e C 5.000 ton di
petrolio simulate da 5.000
particelle. GNOME calco-
la, con un passo temporale
di unora, la traiettoria del-
le singole particelle tenen-
do conto dei valori di ven-
to e corrente a cui ciascuna
di esse sottoposta; i feno-
meni di weathering del
petrolio, in particolare eva-
porazione e dissoluzione,
ven- gono rappresentati
con luscita delle particelle
interessate dal modello.
Lungo le rotte prese in con-
siderazione vengono tra-
sportati molti tipi di idro-
carburi, per rendere le
simulazioni il pi generale
possibili si deciso di uti-
lizzare come tipologia di
petrolio sversato il
medium crude, la cui
dispersione, grazie alle sue
caratteristiche chimico-
fisiche intermedie, rappre-
senta una buona approssi-
mazione anche per altri tipi
di idrocarburi.
Analisi dei dati Analisi dei dati
Allo scopo di analizzare la
distribuzione della perico-
losit allinterno delle
acque territoriali marchi-
giane, stata defini- ta una
griglia specifica per larea
di studio. Il primo nodo ha
origine nel porto di Rimini
e si sviluppa verso sud e
verso est per un totale di
865 per 710 celle (Fig. 1).
stato fondamentale man-
tenere un passo regolare di
500 m per facilitare linse-
ri- mento e linterpolazio-
ne dei dati in GIS; il passo
regolare importante
anche perch durante la-
nalisi dei dati vengono
contate le particelle pre-
senti allinterno di ogni
cella, che sono poi norma-
lizzate rispetto al numero
totale di particelle presenti
nel bacino. Per mantenere
una la distanza regolare in
metri al variare della lati-
tudine si dovuto rinun-
ciare a mantenere un passo
costante in coordinate sfe-
riche, la griglia risulta
quindi leggermente defor-
mata.
Lanalisi dei dati stata
svolta prendendo in consi-
derazione un singolo gior-
no alla volta a partire dal 1
gennaio 2004 e an- dando
a considerare i time step,
relativi al giorno in que-
stione, prodotti dalle simu-
lazioni inizializzate nei 15
giorni prece- denti. In que-
sto modo viene calcolata la
pericolosit dovuta al
petrolio sversato il giorno
stesso e di quello rilasciato
nei 15 giorni precedenti. Si
deciso di non utilizzare
tutti gli output prodotti dal
modello ma solo 4 time
step al giorno (ore 00:00,
06:00, 12:00 e 18:00) in
modo da ridurre la quantit
di dati da processare man-
tenendo comunque una
buona rappresentazione
della dispersione di petro-
lio. Lanalisi stata com-
piuta con- tando le parti-
celle totali presenti allin-
terno di ogni cella della
griglia e associando questo
valore al centro della cella
stessa. Al fine di ottenere
un indice di pericolosit il
numero totale di particelle
presenti in ogni cella sta-
to normalizzato al numero
totale di particelle rilascia-
te nelle simulazioni inizia-
lizzate per i 15 giorni pre-
cedenti. Con questo tipo di
normalizzazione la perico-
losit viene calcolata con-
siderando il numero totale
di particelle presenti nel-
larea di studio e metten-
dole in relazione con tutte
le particelle sversate
(anche quelle che nel corso
della simulazione sono
uscite dal sistema a causa
dei fenomeni di weathe-
ring), si ottiene cos un
valore adimensionale che
indica la percentuale di
pericolosit per ogni cella
dovuta agli sversamenti
lungo le rotte indicate.
Risultati Risultati
In questo lavoro sono ela-
borati i dati relativi a tutti i
mesi del 2004, sono pre-
sentati un grafico riassunti-
vo della pericolosit men-
sile e a titolo esemplificati-
vo i risultati spaziali del
mese di settembre.
I dati di pericolosit annua-
le sono stati calcolati som-
mando i dati giornalieri, si
cos ottenuta una percen-
tuale di pericolosit per
lanno 2004 pari 28,8%;
risulta quindi che oltre un
quarto di tutto il petrolio
rilasciato lungo le 3 rotte
considerate attraversa le
acque costiere marchigia-
ne. Considerando i singoli
mesi si potuto ricavare un
quadro pi completo del-
landamento della perico-
losit nel corso dellanno.
Le percentuali di pericolo-
sit minori (fig. 2) si osser-
vano nei mesi estivi, che
presentano valori compresi
tra il 24,94% di giugno e il
19,19% di agosto, per con
i minimi assoluti nei mesi
In figura riportata la distribu-
zione della pericolosit con le
rose dei venti relative ai punti
A, B e C riportati in fig. 1
N
&A emergenza e soccorso in mare Anno 5 Vol. 13 2011 24
RISCHIO AMBIENTALE
febbraio e ottobre (15,4%
e 14,0% rispettivamente);
negli altri mesi i valori sono
sempre superiori al 32,52%
di novembre, con picchi del
43,04% e del 41,63%
rispettivamente in settem-
bre e dicembre. Analizzan-
do la distribuzione spaziale
della pericolosit (fig. 3)
per settembre
2004 (massimo assoluto
sullintera area di studio),
essa presen- ta i valori pi
alti lungo le coste setten-
trionali, in particolare nella
baia di Ancona e nellarea
di Pesaro, con valori eleva-
ti anche nel tratto di costa
compreso tra le due citt e
sulla costa del Monte
Conero. Le coste meridio-
nali hanno invece valori pi
bassi con una progressiva
diminuzione verso sud. Si
pu inoltre osservare che
allontanandosi da costa la
pericolosit cala progressi-
vamente a nord e a sud
mentre resta pi elevata in
corrispondenza del litorale
del Conero.
I movimenti del petrolio in
mare sono influenzati da
corrente
e vento, in maniera deter-
minante da questultimo
quando intenso; per avere
quindi unindicazione del
regime dei venti, dai campi
LAMI sono stati estratti
direzione ed intensit del
vento in tre punti dellarea
di studio: A (43 56,93 N,
13 09, 23 E), B (43
43,29 N, 13 43,50 E) e C
(42 85,31 N,
14 06,54 E), e sono stati
prodotti dei diagrammi a
rosa in cui le direzioni sono
state suddivise in 8 range
da 45 ciascuno e le inten-
sit in 5 classi (< 5 m/s, 5-
10 m/s, 10-15 m/s, 15-20
m/s,
>20 m/s) individuate dai
diversi colori. I grafici cos
ottenuti rappresentano la
frequenza della direzione e
dellintensit del vento nel
sito e nel mese indicato.
Come per i dati mensili,
lanalisi dei venti stata
effettuata su tutti i mesi del
2004, e in fig. 3 sono ripor-
tate le rose dei venti del
mese di settembre. Si evi-
denzia la netta predomi-
nanza di venti intensi dai
quadranti nord-orientali, in
particolare di Bora (qua-
drante nord-est), lungo il
litorale settentrionale (sta-
zioni A e B), e venti da
nord o nord-ovest nella sta-
zione C rappresentativa
della zona meridionale del
dominio.
Rapporto Rapporto
vento/pericolosit vento/pericolosit
La distribuzione della peri-
colosit a livello mensile
allinterno dellarea di stu-
dio presenta differenze, a
volte molto marcate, tra i
vari mesi. Per spiegare que-
sto si considerato il vento
come uno dei fattori princi-
pali nel definire la disper-
sione del petrolio in mare.
Il confronto tra la disper-
sione e il vento
stato effettuato mettendo
in relazione le distribuzioni
di pericolosit mensile con
le caratteristiche del campi
di vento nei tre punti cam-
pione. La distribuzione del-
la pericolosit nei diversi
mesi mostra una evidente
relazione con le componen-
ti del campo di vento, in
particolare quando sono
intensi venti di Bora a
dominare; in presenza di
venti deboli, la pericolosit
maggiormente influenza-
ta dalla variabilit delle
correnti (pi difficile da
esemplificare in una figura
riassuntiva).
Settembre, che presenta i
valori pi alti di pericolo-
sit su scala mensile,
caratterizzato da venti
intensi dal quadrante set-
tentrionale nei siti A e B,
con eventi di Bora, che,
spingendo le particelle
disperse verso costa, deter-
minano unelevata peri-
colosit per il litorale set-
tentrionale; nella zona
meridionale, il sito C pre-
senta una situazione diver-
sa in quanto caratterizza-
to dalla presenza di venti
pi moderati da Nord e da
Nord-Ovest, quindi quasi
paralleli alla linea di costa,
e la quantit di petrolio
vicino alla costa sensibil-
mente minore.
La biocenosi del La biocenosi del
Monte Conero Monte Conero
Le coste del Monte Conero
rappresentano unarea mol-
to importante del litorale
marchigiano sia dal punto
di vista economico che
ambientale. Utilizzando le
immagini ottenute con lin-
terpolazione in GIS si
potuto osservare che queste
coste presentano unelevata
pericolosit per tutto lanno
con valori massimi nei
mesi da settembre a gen-
naio. Le aree pi colpite
sono lo scoglio del Trave e
il litorale compreso tra la
spiaggia delle due sorelle e
Numana; una pericolosit
cos distribuita particolar-
mente importante perch va
a posizionarsi su di unarea
con un elevato valore eco-
nomico e sociale a causa
dei numerosi stabilimenti
balneari presenti in zona,
oltre che di elevato pregio
ambientale.
Dal punto di vista biologi-
co le due aree pi impatta-
te presen- tano biocenosi
diverse: lo scoglio del trave
caratterizzato da bioceno-
si a datteri, di roccia infra-
litorale e di sabbie fini ben
calibrate. Per quanto
riguarda invece larea com-
presa tra la Spiaggia delle
Due Sorelle e Numana si
pu rilevare un nu- mero
maggiore di biocenosi tra
cui: di sabbie fini, di sub-
strati rocciosi sopralitorali,
di sabbie emerse, di fondi
molli instabili, popolazioni
nitrofile di substrati duri e
fotofile.
Conclusioni Conclusioni
In questo lavoro stata svi-
luppata una metodologia di
analisi della pericolosit in
cui lattenzione viene posta
principalmente sullinqui-
namento strutturale; i risul-
tati ottenuti con le simula-
zioni mostrano come la
parte settentrionale delle
coste marchigiane sia quel-
la pi a rischio, almeno per
le condizioni di vento e
corrente dellanno 2004,
con i valori massimi con-
centrati sempre nellarea
intorno al porto di Ancona,
mentre le coste meridionali
risultano a minor rischio di
impatto.
Linserimento dei dati in
GIS ne ha facilitato linter-
polazione e ha dato la pos-
sibilit di associarli a para-
metri ambientali come la
distribuzione delle bioce-
nosi. Ad esempio lungo il
litorale del Monte Conero
si potuto osservare come
le zone a maggior pericolo-
sit spesso coincidano con
quella maggior pregio
ambientale.
Infine il confronto tra la
distribuzione della perico-
losit mensile e landamen-
to dei venti sul dominio ha
permesso di valutare per le
coste marchigiane lo stretto
rapporto tra la massima
pericolosit dovuta alla
dispersione di petrolio e il
regime dei venti.
Ringraziamenti Ringraziamenti
Si ringrazia vivamente il
Dott. Leonardo Polonara
della Regione Marche,
responsabile della struttura
DAMAC, per il fondamen-
tale stimolo e supporto dato
a questo lavoro, e il Prof.
Elvio Moretti dellUniver-
sit di Urbino per limpor-
tante contributo allo svilup-
po del sistema GIS utiliz-
zato.
Il grafico rappresenta la pericolosit in percentuale rispetto al bacino della fascia delle acque territoriali
marchigiane per ogni mese dellanno.
gennaio febbraio marzo aprile maggio giugno luglio agosto settembre ottobre novembre dicembre
50
45
40
35
30
25
20
15
10
5
0
percentuale
N
&A emergenza e soccorso in mare Anno 5 Vol. 13 2011 25
TERAPIE AVANZATE
Ossigenoterapia
iperbarica (OTI)
consiste nella
somministrazio-
ne di ossigeno
puro in ambienti
ermeticamente chiusi
(camere iperbariche) entro
cui, con lintroduzione di
aria dallesterno, si porta la
pressione interna a valori
superiori rispetto alla pres-
sione atmosferica (1 ATA).
In tal modo si ottiene che
una maggior quantit di O2
sia trasportata nel sangue e
venga spinta dai capillari
alle cellule con pi facilit,
grazie alla maggior pres-
sione alla quale viene a tro-
varsi nei capillari stessi. I
principi su cui si basa que-
sta terapia derivano da leg-
gi fisiche dei gas che rego-
lano lassorbimento e la
diffusione tissutale (Dal-
ton, Henry), da principi di
fisiologia e dalla conoscen-
za della farmacologia del-
lossigeno.
La somministrazione di os -
sigeno, soprattutto in con-
dizioni iperbariche, viene
effettuata con schemi tera-
peutici caratteristici per
ogni terapia, sufficienti a
riattivare processi metabo-
lici depressi senza indurre
effetti collaterali da iperdo-
saggio. La pressione par-
ziale dellO
2
alveolare di un
individuo che respiri aria
ambiente (1 ATA) di poco
superiore a 100 mmHg e
pu raggiungere, durante la
respirazione di O
2
iperbari-
co a 2.2- 2.8 ATA (pressio-
ne equivalente ad una
profondit di 12-18 metri),
i valori di 1500 - 2200
mmHg. Corrispondente-
mente, a livello ematico i
valori dellO2 fisicamente
disciolto si innalzano da
0.32 ml.% cc. di sangue (in
aria a pressione ambiente) a
4 - 6 ml.% circa. Tale quan-
tit di ossigeno sufficien-
te a soddisfare le richieste
metaboliche cellulari indi-
pendentemente dal conte-
nuto di ossigeno legato
allemoglobina, che si ele-
va in condizioni ossiperba-
riche solo da 19.5 a 20.1
cc.%.
LOTI, se correttamente
eseguita, pu essere deter-
minante per risolvere pato-
logie acute, migliorandone
la prognosi sia per quanto
riguarda la sopravvivenza
che lentit dei postumi.
LOTI, riattivando i proces-
si metabolici deficitari, pu
portare alcune malattie cro-
niche a guarigione o ad evi-
dente miglioramento. Tut-
tavia, non va vista come
lultimo rimedio "eroico"
quando le condizioni del
paziente sono ormai quasi
o del tutto compromesse,
ma va utilizzata ogni volta
che esista un razionale tera-
peutico. LOTI mostra le
caratteristiche di un farma-
co dotato di alto coefficien-
te terapeutico; richiede,
pertanto, adeguati dosaggi,
controllo della risposta,
prevenzione di evitabili
effetti collaterali. Per que-
ste ragioni va praticata da
specialisti con specifica
preparazione professionale.
Cenni storici Cenni storici
La medicina iperbarica
presente nella letteratura
medica fin dal 1664. Biso-
gna per giungere ai lavori
di Prestey e Lavoisier alla
fine del diciottesimo secolo
ed a quello di Paul Bert alla
fine del diciannovesimo
secolo per poter conoscere
gli effetti dellossigeno
la camera iperBarica
la camera iperBarica
e lossigeno-terapia
e lossigeno-terapia
nel suem 118
nel suem 118
L
L
MICHELE PAVONE
Dottore in Scienze Infermieristiche
Esperto SSUEm 118 MSA -
SANITA SERVICE srl /ASL/FG
Specialista in
Management e funzioni di
Coordinamento delle Professioni
Sanitarie e Rischio Clinico.
N
&A emergenza e soccorso in mare Anno 5 Vol. 13 2011 26
iperbarico e le basi fisiolo-
giche delliperbarismo.
Datano al 1830 le prime
applicazioni cliniche docu-
mentate dellaria compres-
sa (i "bagni di aria com-
pressa") in Francia e in Ita-
lia, ed agli studi di Paul
Bert e di Haldane le prime
applicazioni della ricom-
pressione terapeutica in
aria per la "malattia dei cas-
soni".
Solo intorno alla prima
met del ventesimo secolo
per, in concomitanza con
lo sviluppo delle attivit
subacquee ed in conse-
guenza a queste, si pu
assistere ad una differen-
ziazione fra le applicazioni
terapeutiche della pressio-
ne di per s e quelle del-
lossigeno respirato in una
camera iperbarica a pres-
sione superiore a quella
atmosferica. Infatti, la tera-
pia iperbarica in aria, tipi-
camente applicata alle for-
me di malattia da decom-
pressione, si evolve e si
rivolge ad altre applicazio-
ni. Nasce cos la "ossigeno-
terapia iperbarica" (O.T.I.)
applicata prima a forme di
Malattia da Decompressio-
ne poi a patologie diverse
da quelle di origine disbari-
ca come lembolia gassosa
iatrogena, lintossicazione
da ossido di carbonio, la
gangrena gassosa.
Dal 1950 ad oggi sono sta-
ti pubblicati migliaia di
articoli sulla O.T.I. nella
letteratura mondiale. La
maggioranza di questi lavo-
ri ne ha confermato lutilit
ed ha portato allattuale
consapevolezza che lossi-
genazione iperbarica una
terapia riconducibile a pre-
cisi criteri farmacologici e
fisiopatologici.
Limpianto Limpianto
iperbarico iperbarico
Le camere iperbariche sono
dunque utilizzate sia per la
cura delle patologie con-
nesse allattivit subacquea
(malattia da decompressio-
ne ed embolia gassosa arte-
riosa), sia per il trattamen-
to di specifiche patologie
(ulcere, intossicazioni da
monossido di carbonio, sin-
dromi da schiacciamento,
osteomieliti ecc...).
La foto mostra una camera
iperbarica multiposto com-
posta da 2 ambienti pressu-
rizzabili fino a 6 atmosfere
assolute. Alla camera prin-
cipale si accede attraverso
un portellone che permette
lentrata di pazienti deam-
bulanti, in carrozzina e in
barella; la camera di equili-
brio, pressurizzabile indi-
pendentemente dalla came-
ra principale, consente
lentrata e luscita del per-
sonale medico e paramedi-
co per lassistenza ai
pazienti durante il tratta-
mento.
La camera iperbarica
dotata di un sistema antin-
cendio azionabile dallin-
terno e dallesterno, di un
sistema di comunicazione
con lesterno (interfono e
passaoggetti), di un circui-
to televisivo interno, di un
sistema di emissione alle-
sterno dei gas espirati.
Lossigeno pu essere som-
ministrato con maschera e
con caschetto. Per ogni
postazione possibile
dosare, con approssimazio-
ne dello 0.1%, la quantit
di ossigeno realmente ero-
gata al paziente. Luso di
miscele precostituite con-
sente di trattare contempo-
raneamente patologie
diverse con un diverso
dosaggio ossi-iperbarico.
Il tecnico Il tecnico
iperbaricoi iperbaricoi
Il Tecnico Iperbarico un
Operatore Sanitario che
esplica le proprie mansioni
nellambito dei servizi spe-
cialistici e si occupa della
gestione delle camere iper-
bariche site nelle unit di
emergenza, dove, insieme
al personale Medico, parte-
cipa attivamente alla tera-
pia predisposta
per la salvaguardia della
vita degli infortunati, sia
negli incidenti occorsi
durante la pratica delle
immersioni subacquee
(patologia da decompres-
sione (PDD) che include
lincidente da decompres-
sione (DCI) e la sovradi-
stensione polmonare), sia
nelle intossicazioni da
Met aemogl obi ni zzant i
(cia nuri, anidride carboni-
ca, monossido di carbonio,
aniline, tossine da funghi,
ecc..), sia nella terapia di
routine O.T.I.
Inoltre al Tecnico iperbari-
co affidato il compito del-
la gestione e manutenzione
delle camere di compres-
sione in alto fondale instal-
late nelle navi e piattaforme
off-shore.
Il Tecnico iperbarico:
controlla il corretto fun-
zionamento delle came-
re iperbariche e dei
sistemi ausiliari come i
compressori, lo stoc-
caggio dellaria com-
pressa e delle miscele, i
circuiti pneumatici, i
sistemi di filtraggio e
del condizionamento
dellaria, verificando in
particolare che tutto
questo sia operante in
piena condizione di
sicurezza;
riferisce al Medico
responsabile le eventua-
li cause di inefficienza
dellimpianto;
sovrintende alla manu-
tenzione ordinaria e
straordinaria dellim-
pianto, aggiornando il
Medico responsabile
sullesecuzione dei
lavori, prendendo in
consegna il materiale
sostituito;
controlla tutte le linee
dei gas, il sistema antin-
cendio e la loro tenuta
alla pressione;
esegue la manutenzione
ordinaria dei sistemi
ausiliari, piccoli lavori
di manutenzione o
interventi tecnici che
possano rendersi neces-
sari;
effettua la pulizia, la
lubrificazione ed even-
tualmente la sostituzio-
ne delle guarnizioni di
tenuta delle porte delle
Camere Iperbariche;
effettua il controllo e la
piccola manutenzione
dellimpianto di illumi-
nazione, del sistema di
comunicazione audio
(interfono) e video
(sistema a circuito chiu-
so) della C.I.;
tara ed eventualmente
sostituisce gli erogatori
di ossigeno e miscele
mal funzionanti per la
respirazione dei pazien-
ti;
esegue la messa a punto
del circuito di respira-
zione dellossigeno;
controlla lefficienza
degli scarichi automati-
ci di condensa;
verifica il funzionamen-
to dei compressori ed
eventualmente effettua
la ritaratura del sistema
pressostatico automati-
co;
verifica ed eventual-
mente ripristina il livel-
lo dellolio dei com-
pressori, curando la
manutenzione dei filtri
dellolio stesso e dei fil-
tri dellaria compressa;
effettua periodicamente
le prove di compressio-
ne sino alla massima
pressione di esercizio,
collaudando la Camera
Iperbarica e le sue val-
vole di sicurezza;
regola i riduttori di pres-
sione di O2 e miscele
alla giusta pressione di
esercizio;
prepara la linea delle
miscele nelle percentua-
li richieste per lesecu-
zione delle tabelle tera-
peutiche;
predispone laspiratore
chirurgico ed i cavi di
connessione delle appa-
recchiature esterne di
monitorizzazione;
segnala tempestivamen-
te al Medico responsa-
bile gli interventi straor-
dinari ritenuti necessari
per la sicurezza dellim-
pianto.
sovrintende alla pulizia
e disinfezione della
camera iperbarica da
parte del personale
addetto.
Il Tecnico Iperbarico inol-
tre, responsabile delle
riserve dei gas medicali
(miscele, ossigeno,
TERAPIE AVANZATE
N
&A emergenza e soccorso in mare Anno 5 Vol. 13 2011 27
TERAPIE AVANZATE
elio ed aria compressa) ed
informa il Medico di even-
tuali condizioni che renda-
no parzialmente o total-
mente inattuabile un parti-
colare trattamento iperbari-
co.
Esecuzione della Esecuzione della
terapia iperbarica terapia iperbarica
Il Tecnico Iperbarico addet-
to alla manovra della came-
ra iperbarica, in base alle
tabelle prescritte dal Medi-
co responsabile, attua il
seguente protocollo:
nel corso della terapia
controlla ed applica le
norme concernenti i
rischi derivanti dalla
tossicit dellossigeno
e/o il pericolo di incen-
di.
manovra la camera di
equilibrio consentendo
lingresso e luscita del
personale medico e
paramedico impegnato
per lassistenza ai
pazienti allinterno del-
la camera iperbarica;
durante la terapia con-
trolla e modifica i para-
metri del microclima e
la % di O2 nella misce-
la laria presente in
camera iperbarica;
istruisce il paziente nel-
le manovre di compen-
sazione, sulladatta-
mento allambiente
pressurizzato e sulla
corretta ventilazione dei
gas medicali;
programma, analizza ed
attua i profili decom-
pressivi del personale di
assistenza, valuta le
ulteriori possibilit
dimpiego del predetto
personale, avuta lauto-
rizzazione dal Medico
cui compete la valuta-
zione globale del tratta-
mento;
elabora lanamnesi tec-
nica dei pazienti affetti
da malattia da decom-
pressione, evidenzian-
done gli eventuali errori
commessi e la riferisce
al Medico quale ulterio-
re elemento per la scel-
ta terapeutica;
quando necessario, ha la
facolt di intervenire in
camera iperbarica per
controllare il corretto
funzionamento di tutti i
circuiti gassosi e/o delle
apparecchiature; da
evidenziare che la pre-
senza del personale tec-
nico allinterno della
camera iperbarica
durante la seduta stret-
tamente limitata alle
situazioni di emergenza
riferite a possibili pro-
blemi di natura tecnica.
Al Tecnico iperbarico, inol-
tre, compete lesclusiva
valutazione sullintrodu-
zione e/o lingresso di
materiali ed attrezzature
allinterno della camera
iperbarica e sulla compati-
bilit allambiente pressu-
rizzato del vestiario dei
pazienti da trattare.
Come avviene Come avviene
un trattamento un trattamento
Laumento di pressione
allinterno della camera
iperbarica si ottiene immet-
tendovi aria compressa. La
fase di compressione (o di
"discesa") avviene a velo-
cit non superiore ai 3
mt/min. per permettere il
superamento delle diffe-
renze di pressione con
semplici manovre di com-
pensazione. Raggiunta la
quota prestabilita (12 o 18
mt, secondo la patologia da
trattare) i pazienti indossa-
no la mascherina oronasale
e cominciano a respirare
ossigeno puro erogato ad
una pressione corrispon-
dente a quella della came-
ra. Salvo il trattamento di
particolari patologie, i pa -
zienti respirano ossigeno
iperbarico per tre periodi di
20 o 25 minuti, intervallati
da un periodo di 3 o 5
minuti in cui respirano aria.
La fase di decompressione
(o di risalita) avviene ad
una velocit di circa 0,7 - 1
mt/min. ed i pazienti conti-
nuano a respirare ossigeno
sino alla quota di 6 mt.
Quali sono gli effetti Quali sono gli effetti
dellossigeno dellossigeno
iperbarico alle dosi iperbarico alle dosi
terapeutiche terapeutiche
Aumento della tensione
di O2 nel sangue arte-
rioso e venoso.
aumento della tensione
tissutale di O2.
riassorbimento di ede-
mi per la vasocostrizio-
ne da O2.
migliore funzione delle
cellule deputate alla
formazione di osso e
tessuto fibroso (osteoci-
ti e fibrociti), facilitata
neoformazione micro-
vascolare.
ripristino funzionale di
cellule o apparati soffe-
renti.
effetto batteriostatico
e/o battericida nei con-
fronti di microorgani-
smi anaerobi e non.
ripristino funzionale di
alcuni enzimi deputati
alla ripulitura in casi
di intossicazione da
CO, fumo, cianuri e
ritenzione respiratoria
di CO2;
innesco del monossido
di azoto che ha un ruo-
lo di inibizione della
risposta infiammatoria,
di stimolo alla prolifera-
zione di nuovi vasi san-
guigni anche attraverso
il reclutamento di cellu-
le staminali vaso geneti-
che.
Indicazioni Indicazioni
(secondo le societ scienti-
fiche del settore - SIAARTI,
SIMSI)
Indicazioni URGENTI Indicazioni URGENTI
o per le quali limpiego o per le quali limpiego
dellOTI dellOTI
determinante determinante
EMBOLIA GASSOSA ARTE-
RIOSA
traumatica
iatrogena (ovvero pro-
vocata da manovre
mediche)
MALATTIA DA DECOMPRES-
SIONE
INTOSSICAZIONI ACUTE DA:
monossido di carbonio
cianuri e sostanze
metaemoglobinizzanti
INFEZIONI ACUTE:
gangrena gassosa di ori-
gine batterica
infezioni da aerobi o da
anaerobi dei tessuti
molli (sottocute, fascia,
muscoli) ad evoluzione
necrotica
vasculiti necrotizzanti
acute
GANGRENA UMIDA ACUTA
DELLE ESTREMIT NEL DIA-
BETICO
LESIONI TRAUMATICHE:
lesioni da schiaccia-
mento
sindrome compartimen-
tale
ischemia traumatica
SORDIT IMPROVVISA
DANNI CUTANEI OD OSSEI
PROVOCATI DA RADIAZIONI
PATOLOGI E RETI NI CHE
ACUTE
N
&A emergenza e soccorso in mare Anno 5 Vol. 13 2011 28
Indicazioni NON Indicazioni NON
URGENTI per le quali URGENTI per le quali
limpiego dellOTI limpiego dellOTI
consigliato a fianco di consigliato a fianco di
altre terapie altre terapie
INFEZIONI OSTEO-ARTICO-
LARI, QUALI:
osteoartirite settica
osteomielite acuta e
cronica
infezione in sede di pro-
tesi in situ o rimossa
FERITE O PIAGHE DI DIFFI-
CILE O LENTA GUARIGIONE,
COME NEI CASI DI :
insufficienza arteriosa o
venosa
diabete
complicanze post-chi-
rurgiche settiche
ustioni termiche o elet-
triche
decubiti
PATOLOGIE OSSEE A LENTO
DECORSO,
osteoporosi post-trau-
matiche (Sudek)
ritardi di consolidamen-
to di frattura
osteonecrosi asettica
fratture a rischio
reimpianto di arti o seg-
menti
TRAPIANTI CUTANEI A RI -
SCHIO
INSUFFICIENZE ARTERIOSE
PERIFERICHE
PATOLOGIE RETINICHE CRO-
NICHE, QUALI:
retinopatia diabetica e
pigmentosa
distrofie retiniche
(maculopatie degenera-
tive)
Controindicazioni Controindicazioni
assolute assolute
otite
sinusite
ostruzione o restrizione
respiratoria
enfisema bolloso
epilessia non compen-
sata farmacologicamen-
te
Controindicazioni Controindicazioni
relative relative
glaucoma (manovre di
compensazione)
distacco della retina
(manovre di compensa-
zione)
in caso di gravidanza
da valutare il rapporto
beneficio /rischio
anamnesi di chirurgia
dellorecchio.
Limmersione Limmersione
simulata in simulata in
camera camera
iperbarica iperbarica
La camera iperbarica si
rivela di fondamentale
importanza non solo, come
visto, per il trattamento di
patologie mediche ma
anche ai fini dello studio
degli effetti della profon-
dit sul corpo umano.
E innegabile infatti luti-
lit dellimmersione simu-
lata in camera iperbarica,
nel corso della quale pos-
sibile tenere sotto controllo
tutti i parametri vitali del-
lindividuo, in condizioni
di totale controllo medico.
Limmersione simulata in
camera iperbarica consen-
te, anche a profondit non
elevate (15-18 metri) di
sperimentare direttamente
una serie di principi e leggi
fisiche e di fenomeni fisio-
logici di cui il subacqueo
sente spesso parlare ma di
cui forse non si rende ben
conto nel corso delle
immersioni in acqua.
Fenomeni caratteristici del-
limmersione in camera
iperbarica:
necessit di compensare
gi dai primi metri.
aumento della densit
dellaria allaumentare
della pressione: man
mano che aumenta la
pressione nella camera
iperbarica, si ha la sen-
sazione di una certa dif-
ficolt nella respirazio-
ne, limpressione che
laria sia pi "spessa".
E interessante osserva-
re che questa sensazio-
ne non si avverte in
immersione, grazie agli
accorgimenti adottati
dai costruttori di eroga-
tori per rendere minimo
lo sforzo inspiratorio.
legge di Charles: le
variazioni di temperatu-
ra, a volume costante,
sono direttamente pro-
porzionali alle variazio-
ni di pressione. Durante
la "discesa" in camera
iperbarica, ovvero
allaumentare della
pressione, si ha una sen-
sazione di caldo; per
contro, si avr una sen-
sazione di freddo al
diminuire della pressio-
ne ("risalita").
legge di Boyle-Mariot-
te: le variazioni di volu-
me, a temperatura
costante, sono inversa-
mente proporzionali
alle variazioni di volu-
me. La legge facil-
mente verificabile
osservando, nella came-
ra iperbarica, le varia-
zioni di volume di un
palloncino, di un pezzo
di neoprene.
voce "a paperino"
durante compressione
oltre 3 ATA o durante
respirazione di miscele
ossigeno/elio.
diminuzione dei riflessi
(narcosi da azoto): nel
caso di immersioni
simulate a profondit di
30 metri ed oltre, pos-
sibile effettuare alcuni
test (in genere proposti
dal personale della
camera iperbarica) per
verificare la diminuzio-
ne di attenzione e di
riflessi dovuta alla nar-
cosi da azoto.
Riassumendo, per sfruttare
appieno le possibilit offer-
te da unimmersione simu-
lata in camera iperbarica, si
consiglia di portare:
maglione per coprirsi in
risalita;
palloncini, viti e bulloni
per prove in profondit;
termometro (subac-
queo, deve poter resiste-
re alla pressione!)
profondimetro, orolo-
gio, computer per con-
trollare e registrare
limmersione e per veri-
ficare il corretto com-
portamento degli stru-
menti.
Da evitare assolutamente
tutto ci che pu causare
problemi in quanto non
resistente alla pressione:
penne stilografiche e a sfe-
ra, orologi non subacquei,
termometro di casa, accen-
dini, abbigliamento in lana
o sintetico, ecc.
TERAPIE AVANZATE
Consolle
Camera
Iperbarica
N
&A emergenza e soccorso in mare Anno 5 Vol. 13 2011 29
TERAPIE AVANZATE
Primo soccorso Primo soccorso
ed assistenza ed assistenza
per le per le
emergenze emergenze
subacquee. subacquee.
Il protocollo Il protocollo
DAN DAN
Gli incidenti subacquei
sono rari, assai pi di quan-
to non si creda, e quasi
sempre ascrivibili allerro-
re umano, anche se vi sono
casi apparentemente in -
spiegabili.
Quando, per, lincidente
decompressivo, nonostante
tutto, avviene, quello che
pi conta riconoscerlo
come tale ed intervenire
tempestivamente. Solo
cos, infatti, sar possibile
ottenere un recupero totale
e senza postumi.
Purtroppo, lesperienza del
DAN mostra che uno dei
problemi maggiori pro-
prio il mancato riconosci-
mento dei sintomi o dei
segni di un incidente da
decompressione, sia da par-
te delle stesse vittime che
di chi presta i soccorsi e, in
certi casi, anche da parte di
personale sanitario.
La conseguenza di questo
mancato riconoscimento
il ritardo nellallerta e nel-
lavvio di soccorsi specia-
lizzati e, spesso, linizio di
procedure di soccorso e di
terapia inadeguate, che non
hanno altro effetto che
quello di ritardare ulterior-
mente le cure necessarie.
Anche nei casi in cui lin-
cidente da decompressione
viene sospettato, raramente
la chiamata di soccorso
specializzato avviene pri-
ma di 4 ore dopo linsor-
genza dei sintomi. In oltre
il 50% dei casi, addirittura,
la chiamata si avuta dopo
oltre 12 ore [3 - 11].
Questo indica due cose:
che linformazione sulle
cause e sulle manifestazio-
ni degli incidenti
da decompressione anco-
ra insufficiente e che c
una tendenza alla rimozio-
ne ed al non riconoscimen-
to del problema (a me non
succede di certo!) da parte
dei subacquei che sono col-
piti da un incidente da
decompressione.
Questo pu essere dovuto
al fatto che, al contrario di
quanto comunemente si
crede, la stragrande mag-
gioranza degli incidenti da
immersione (pi dell85%)
si presenta con sintomi non
gravi e preoccupanti, che
possono essere malinter-
pretati, o addirittura ignora-
ti, se il sub non stato ade-
guatamente informato.
I sintomi iniziali pi comu-
ni sono senso di spossatez-
za ingiustificato, malessere
generale, pruriti e/o formi-
colii, vaghi dolori, senso di
intorpidimento o debolezza
degli arti. Gli altri segni e
sintomi, di cui pi spesso si
parla, come paralisi, dolori,
vertigini, disturbi della
vescica urinaria, perdita di
coscienza, etc. sono molto
meno frequenti, nelle fasi
iniziali, ma possono insor-
gere successivamente, spe-
cie se non stato avviato un
adeguato primo soccorso
ed un trattamento specializ-
zato.
Essi, infatti, spesso rappre-
sentano la complicazione
delle situazioni patologiche
iniziali, che si erano mani-
festate in modo pi lieve e
subdolo.
Wolkiewiez [12] ha dimo-
strato, gi nel 1978 in
Costa Azzurra, che un pro-
tocollo assistenza mediante
la respirazione di ossigeno
al 100% e la somministra-
zione di liquidi durante il
trasporto verso il centro
iperbarico era in grado di
migliorare il successo del
trattamento di incidenti da
decompressione di oltre il
70%.
Il DAN raccomanda che
tutti i subacquei siano
opportunamente informati
e che, ogni volta che il qua-
dro dei segni e dei sintomi
giustifichi il sospetto di
incidente da immersione
subacquea,
venga eseguito il primo
soccorso con ossigeno al
100%, sul luogo stesso del-
lincidente e mentre si
allertano i soccorsi sanitari
specializzati. [11- 13].
A questo scopo il DAN ha
messo a punto un program-
ma di addestramento che
stato adottato dalle princi-
pali organizzazioni subac-
quee Italiane, Europee ed
Internazionali e che inse-
gnato, in oltre 70 paesi del
mondo, da pi di 2000
istruttori qualificati dal
DAN.
Dallinizio del programma,
nel 1992, luso dellossige-
no nel primo soccorso di
incidenti da immersione
aumentato dal 18% al 37%,
con un importante riflesso
sui risultati clinici finali.
In Italia, nel periodo dal
Maggio 1993 allAprile
1994, Istruttori o Subac-
quei qualificati secondo il
programma di Primo Soc-
corso con Ossigeno negli
Incidenti da Immersione
del DAN, hanno assistito
13 casi di Patologie da
Decompressione, alcuni
dei quali con importanti
sintomi neurologici.
Tutti e 13 i casi hanno
mostrato notevoli migliora-
menti durante il trasporto al
centro iperbarico ed in 8
casi i sintomi erano presso-
ch scomparsi allarrivo in
ospedale. Il successivo trat-
tamento iperbarico ha avu-
to pieno e rapido successo
in tutti e 13 i casi. [14]
Gli operatori di emergenza
delle Centrali del DAN rac-
comandano sempre la som-
ministrazione di ossigeno
al 100% e di acqua, se la
vittima in grado di bere
da sola, tutte le volte che
viene ricevuta una chiama-
ta per un incidente da
decompressione e mentre
vengono attivati i soccorsi
specializzati ed il trasporto
verso un centro iperbarico.
Anche nei casi in cui le
Centrali DAN vengano
chiamate dal personale
sanitario dei presidi di
Pronto Soccorso, come
accade frequentemente, la
prima misura raccomanda-
ta sempre la somministra-
zione di ossigeno al 100%
e di liquidi (in questi casi
attraverso fleboclisi con
soluzioni farmacologiche
adeguate).
E di grande importanza
sottolineare che la sommi-
nistrazione di ossigeno
deve essere eseguita al
100%. Questo, infatti, con-
diziona la scelta della stru-
mentazione necessaria, che
non pu essere quella nor-
malmente utilizzata per la
ossigenoterapia domicilia-
re, ma deve essere specifi-
camente progettata per le-
rogazione di ossigeno ad
alta concentrazione. Solo
cos, infatti, si potr inter-
venire efficacemente per
minimizzare, o rimuovere,
uno dei problemi principa-
le delle patologie da
N
&A emergenza e soccorso in mare Anno 5 Vol. 13 2011 30
TERAPIE AVANZATE
decompressione, cio la
presenza di bolle gassose
nei tessuti e nel sangue.
Queste bolle sono formate
quasi esclusivamente di
azoto, mentre la respirazio-
ne di ossigeno al 100% por-
ta rapidamente ad una satu-
razione di ossigeno del san-
gue. Questa, a sua volta,
porta ad una elevata diffe-
renza di concentrazione
gassosa fra sangue (carico
di ossigeno) e tessuti cor-
porei (carichi di azoto). Il
risultato, in forza delle leg-
gi fisiche che regolano gli
scambi gassosi, la diffu-
sione di azoto verso il san-
gue e di ossigeno verso i
tessuti, con una conseguen-
te eliminazione dellazoto
tissutale, che viene portato
via dal sangue per essere
eliminato allesterno du -
rante il nuovo passaggio
del sangue stesso attraverso
i polmoni. Qui il ciclo si
ripete: il sangue riassorbe
ossigeno, respirato al
100%, e ritorna ai tessuti
del corpo. In questo modo
si ottiene quello che viene
chiamato, in gergo tecnico,
il lavaggio dellazoto dai
tessuti. Le bolle gassose,
che, a causa della non cor-
retta risalita da unimmer-
sione subacquea, si erano
formate nel sangue e nei
tessuti, sono composte
principalmente di azoto e
vengono a trovarsi, in que-
sto modo, circondate da un
ambiente saturo di ossige-
no. Il risultato finale che
le bolle cedono azoto e si
riducono di volume, fino
anche a scomparire. Poich
le bolle sono la causa prima
e scatenante delle patologie
da decompressione, com-
prensibile come un primo
soccorso che ne riduca il
volume e che le possa,
addirittura, eliminare, rive-
sta unimportanza basilare
per il risultato finale della
cura. Lossigeno ad elevata
concentrazione, inoltre,
contribuisce a correggere le
situazioni di ipossia tissuta-
le (scarso apporto di ossi-
geno ai tessuti) che accom-
pagnano la patologia da
decompressione e che sono
scatenate dalla presenza
delle bolle gassose.
Riassumendo, i punti fon-
damentali del Primo Soc-
corso in caso di sospetto di
Patologia da
Decompressione sono i
seguenti:
1. Mettere la vittima in
posizione orizzontale ed
assicurarsi dellefficien-
za delle sue funzioni
vitali (il cosiddetto
ABCDE).
2. Somministrare Ossigeno
al 100% per almeno 40-
60 minuti, meglio se
fino allarrivo ad un
presidio sanitario o ad
un Centro Iperbarico.
3. Se la vittima piena-
mente cosciente ed in
grado di bere da sola,
dare circa un litro dac-
qua da bere (non di col-
po, ma nellarco di 10-
15 minuti circa).
4. Allertare i Soccorsi Sani-
tari Territoriali o il
DAN per organizzare il
trasporto assistito verso
un centro di cura spe-
cializzato.
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N
&A emergenza e soccorso in mare Anno 5 Vol. 13 2011 31
Atti vi t Operati ve Sani tari e Speci al i di Protezi one Ci vi l e
Il 9 giugno la Regione
Puglia ha presentato l'avvio
ufficiale di un percorso spe-
rimentale, unico in ambito
nazionale, finalizzato ad
assicurare una risposta
allemergenza sanitaria
nelle acque territoriali e
sulla costa.
Il Sistema di primo Soccor-
so Sanitario in Mare si col-
loca nellambito delle Atti-
vit Operative Speciali di
Protezione Civile, per inte-
grarsi con altri sistemi di
soccorso, e affronta i neces-
sari e gravosi aspetti tattici
e logistici per intervenire
nelle emergenze in acqua.
Emersanmare nasce per
portare il primo soccorso
sanitario in un ambiente
"particolare" come il mare,
e quindi tecnicamente strut-
turato con caratteristiche
altamente specializzate. Il
fine che si propone e' quel-
lo di completare l'assistenza
territoriale, attraverso l'in-
tegrazione con tutti i Siste-
mi gi in opera (118, Capi-
taneria di Porto/Guardia
Costiera), assicurando la
tutela della vita umana.
Lobiettivo del Piano per
lEmergenza Sanitaria in
Mare proprio quello di
soddisfare la domanda di
intervento per lEmergenza
Sanitaria nelle aree territo-
riali anzidette (mare territo-
riale e territorio costiero),
mediante listallazione di
una rete di postazioni ope-
rative, definite EMERSAN-
MARE (per lemergenza ed
il Primo Soccorso Sanitario
in mare), interessate diretta-
mente dalle Centrali Opera-
tive 118.
Tali postazioni saranno
occupate da personale con
attitudini allespletamento
delle attivit operative Spe-
ciali in mare, formati dal-
lOrganismo Regionale per
la Formazione in Sanit, a
seguito di Corsi specifici
dellEmergenza Sanitaria
Marittima ai massimi livel-
li. Sono stati espletati 10
percorsi formativi, articola-
ti in formazione in aula e
addestramento pratico in
piscina e in mare, finalizza-
ti ad addestrare in partico-
lar modo due tipologie di
figure specifiche, in grado
di intervenire in situazioni
di emergenza sanitaria in
mare (ambiente ostile), con
l'utilizzo di presidi e mezzi
nautici speciali dedicati al
soccorso sanitario.
Laspetto formativo ha rap-
presentato il punto cardine
attorno al quale stato defi-
nito lintero piano operativo
del Sistema.
Il percorso sperimentale
che stato avviato non e'
sicuramente un punto d'ar-
rivo, bens l'avvio di un'e-
sperienza che necessaria-
mente dovr maturare sul
campo, con l'obiettivo di
adeguarsi gradualmente
alle differenti necessit ter-
ritoriali e integrarsi con i
massimi Sistemi.
Il 9 giugno, dopo mesi di
attivit formativa e adde-
stramento, la prima eserci-
tazione dimostrativa, con il
recupero di infortunati in
mare a seguito dellutilizzo
di idroambulanze dotate di
presidi specifici per la ria-
nimazione e idromoto da
soccorso (mezzi nautici
veloci con appendici-barel-
le galleggianti, dedicati
soprattutto agli interventi in
acque basse e condizioni
meteo-marine avverse, spe-
rimentate in California per
il soccorso ai surfisti). Alla
esercitazione svoltasi a Bari
hanno assistito il Capo del-
la Protezione Civile nazio-
nale, Franco Gabrielli, con
il Presidente Vendola e gli
Assessori Amati (Protezione
civile), Fiore (Politiche
Regionali Salute), e Felice
Ungaro (Direttore dell 'Or-
ganismo Regionale per la
Formazione in Sanit).
Alla presentazione lAsses-
sore Fiore ha riferito che
per questa bella iniziativa
abbiamo lavorato in funzio-
ne di un "sistema", per ren-
dere il sistema dellassisten-
za e soccorso sempre pi
grande. Abbiamo lavorato
in sinergia con la Capitane-
ria di Porto, Ente che inter-
viene anche a distanze pi
ampie dalla costa. Lobietti-
vo lintegrazione con i
sistemi di terra, che imple-
mentiamo costantemente.
EMERSANMARE un
Sistema complesso che
attraverser vari momenti
di riflessione e migliora-
mento. Questi mezzi si pon-
gono sempre pi in rappor-
to alla protezione civile che
sempre pi legata al siste-
ma della sanit. Il tutto
quindi deve essere sempre
pi integrato.
Lassessore Amati ha ricor-
dato come il progetto sia
nato da una felice intuizio-
ne dellassessorato alla
sanit che dopo aver acqui-
stato i mezzi, ha deciso di
chiudere il cerchio con il
sistema EMERSANMARE,
Questa tra le pi origina-
li, se non lunica, iniziativa
regionale del genere".
Il sistema di emergenza e
soccorso sanitario in mare
EMERSANMARE, svolto a
bordo di mezzi nautici spe-
ciali da Soccorso Sanitario,
operativi in ogni ambito
acquatico, costituir una
rete di Assistenza a garan-
zia della Sicurezza e dellin-
tervento sanitario qualifica-
to mirato al bisognoso. Per-
tanto necessario definire
una figura professionale da
impiegare nellambito del
"Sistema".
Solo con capacit e attitudi-
ni psico-fisiche, formazione
specifica ed equipaggia-
menti altamente performan-
ti si pu intervenire in modo
sicuro, rapido e sostanziale
in mare.
Dott. Maurizio De Luca
Intervento del Capo della Protezione Civile Nazionale Gabrielli che esprime apprezzamento per liniziativa.
Da sinistra a destra gli Assessori Regionali alla Salute
Tommaso FIORE e Fabiano AMATI alla Protezione Civile
Il dott. Felice Ungaro,
Direttore dellOrganismo
Regionale per la Formazione
in Sanit.
emersanmare puglia
emersanmare puglia