Sei sulla pagina 1di 4

Nota di lettura al testo:

La conquista dell’America. Il problema dell’”altro”.


Tzvetan Todorov

In La conquista dell’America. Il problema dell’”altro”, Tzvetan Todorov tratta i comportamenti

degli europei in relazione alla scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo sul finire del

XV secolo1. Con l’intento di rendere giustizia alla morte di una donna indiana data in pasto ai cani

dopo essersi rifiutata di concedersi ai conquistadores, Todorov stimola la partecipazione del lettore

(non necessariamente studente o ricercatore) verso una trattazione antropologico-morale, grazie

anche all’utilizzo di descrizioni e considerazioni di alcuni degli attori, secondo l’autore, principali

di questa scoperta fondamentale2. Più di ogni altro evento storico, infatti, la scoperta e la conquista

dell’America ha rappresentato per la cultura globale un’apertura alla diversità e alla differenza,

mettendo in crisi i criteri fino ad allora adottati per l’interpretazione del mondo 3. Se da un lato

personaggi storici come Cristoforo Colombo approdano in America avveduti di schematismi ancora

del tutto medioevali, dall’altro la scoperta del nuovo mondo “aprirà” alla discussione su temi di

natura etico-politica che caratterizzano il tema dell’alterità.

La scoperta, la conquista ed il problema dell’altro vengono, così, meglio definiti mediante una

descrizione dettagliata del comportamento di Colombo dinanzi alle intenzioni e alle rivelazioni del

viaggio. Todorov utilizza sapientemente lettere e rapporti inviati da Colombo ai reali di Spagna al

fine di esporre l’atteggiamento del navigatore genovese di fronte a quella che in realtà, sebbene

appaia un’incognita, risulta essere predestinazione4. Colombo infatti, dopo aver convinto la corona

spagnola di investire nel suo progetto, attraversa l’Oceano Atlantico cercando una via occidentale

per le indie asiatiche. A partire da questa particolare convinzione, risulta interessante come al

1
Tzvetan Todorov: “La conquista dell’America, il problema dell’”altro.” Parte Prima – Scoprire. Giulio Einaudi
Editore, Prima Edizione “Saggi”, Torino 2014. Pp 5 – 7.

2
Ibidem P 5.
3
Ibidem Pp 5 – 41.
4
Ibidem “Colombo Ermeneuta”. Pp 16- 40.
termine del XV secolo si avesse un’idea di mondo che s’aprisse ad oriente, ma che fosse ancora del

tutto ignara dell’esistenza del continente americano. La cultura europea – in particolare la scolastica

e il pensiero aristotelico – seppur all’interno di una cornice cristiana, non ignora e anzi rivaleggia

con le civiltà orientali (cinese, indiana e islamica). Anche se visti nel corso del medioevo come

nemico, come vuole il caso delle crociate o della reconquista, l’Oriente comunica con l’Europa

cristiana. La scoperta di Colombo ha dunque un ché di straordinario: è un’apertura non solo

geografica ed economica, ma anche apertura all’alterità come confronto culturale. Si tratta di

scoprire la diversità, di definire un rapporto tra uomo e selvaggio, da cui prende le mosse anche il

famoso discorso roussoviano. La scoperta apre un confronto etico, religioso e politico tra due civiltà

così distanti tra loro tale da porre un prezioso interrogativo sul significato di eguaglianza 5.

Todorov compara pedissequamente le visioni di spagnoli e indiani con l’ausilio di un’accurata

documentazione. Sono due mondi che seppur distanti presentano sia differenze sia somiglianze.

Colombo, ad esempio, concentra la propria interpretazione sui segni e pertanto non risulta poi così

diverso dall’indiano, il quale pensa attraverso un’ermeneutica della natura. Qui sorge il dibattito su

ciò che è natura, cosa voglia dire natura e come giudicare moralmente la natura umana. Inoltre, Lo

stesso approdo nello Yucatan sembra essere il frutto di un orientamento codificato: Colombo rilegge

i segnali che avvista durante la navigazione attraverso specifiche categorie culturali che egli

impiega per interpretare gli stessi come fossero messaggi divini, cioè riflessi di una salvezza certa.

In maniera alquanto similare, anche gli indiani interpretano l’arrivo degli spagnoli come un

messaggio divino: la comparsa dei conquistadores e il loro aspetto viene rappresentato come il

ritorno delle divinità che secondo la cosmologia indiana sarebbero salpati verso Oriente in tempi

remoti. Todorov espone questa lettura etnica dei fatti mediante un contenuto dal quale emerge un

concetto di diversità che non per forza implica una gerarchia. L’analisi dei diari e delle lettere che

colombo scrive, non è volta a rappresentare colombo come un eroe, semmai cerca di comprendere

come pensa e come agisce. Dalle azioni del navigatore genovese emerge il cominciamento di una

relazione superficiale con l’alterità: il piano di lettura di Colombo, sebbene la sua mentalità possa

somigliare a quella degli indiani, ferma la scoperta dell’altro ad un piano superficiale 6. Questo non

impedisce però, secondo Todorov, che a partire dall’ottica in cui pensa Colombo possa avere inizio

5
Ibidem “Conquista. Le ragioni della vittoria”. Pp 65 – 77.
6
Ibidem “Colombo ermeneuta”. Pp 16 - 41
il genocidio compiuto dagli europei in America.

Se Colombo si limita a interpretare gli eventi su un piano generico senza curarsi di comprendere gli

indiani, Cortez invece metterà in atto una vera e propria conquista culturale, che dalle testimonianze

e dai fatti descritti da Todorov risulta essere fra le più cruente e spregiudicate. Ma anche in questo

caso, l’autore si chiede quale tipo di pregiudizio agisca in Cortez e come questo possa essere il

movente delle sue decisioni. Cortez, uomo politico, sfrutta la superiorità della sua immagine nei

confronti di Montezuma e fa leva sulla rivalità tra toltechi e le altre popolazioni rivali allo scopo di

conquistare il territorio dell’impero Azteco. Sebbene quest’ultimo si strutturi secondo degli

ordinamenti precisi, è proprio l’interpretazione dei segni, il linguaggio e la religione a mettere in

crisi la struttura della società stessa attraverso l’incontro/scontro con gli spagnoli. Cortez sfrutta

ogni situazione possibile per far apparire una superiorità non soltanto militare, ma anche culturale.

Spesso infatti le decisioni di Montezuma appaiono offuscate dalla relazione esistente tra la sua

religione e l’arrivo degli spagnoli.

È proprio la religione il perno su cui ruota l’intero discorso di Todorov. Egli infatti non può che

ricondurre alla natura morale dell’interpretazione e dell’azione tutto ciò che emerge dalle fonti da

lui bene esposte nel corso dell’argomentazione. Il confronto con la religiosità si dimostra

fondamentale sia nei casi di Colombo e Cortez, sia nel processo di Valladolid – aperto alla corte di

Carlo V in seguito alle controversie nate sulla questione indiana. L’incontro con l’alterità apre al

tema della differenza/eguaglianza, della legittimità della guerra di conquista e delle missioni

religiose spagnole, inviate con il chiaro compito di civilizzare gli indiani. Se la cultura indigena è

una cultura cruenta, fatta di sacrifici umani, scorticamenti e cannibalismo, ad essa si oppone una

cultura cristiana che si avvale della tecnica del massacro e della violenza, considerata purificatrice7.

La civilizzazione, secondi filosofi come Sepulveda, passa per la guerra, per l’imposizione, per lo

sfruttamento e la violenza. Un’eccezione è il padre domenicano Las Casas, il quale difende la

diversità degli indiani nel nome della misericordia, e la cui argomentazione cerca di confutare le

tesi sulla superiorità degli spagnoli di Sepulveda 8. La comprensione dell’altro avviene dunque

all’interno di una nuova interpretazione del messaggio cristiano, secondo la quale l’eguaglianza è

conseguenza necessaria della legge divina. Per il padre domenicano, infatti, risulta essere chiaro che
7
Ibidem “Conquista”. Pp 65 – 120.
8
Ibidem.
attraverso il battesimo diventiamo tutti figli di Dio. Sia in Sepulveda che in Las Casas è comunque

presente la necessità di una conversione da parte degli indiani, di una civilizzazione che passa

attraverso la parola di Dio e l’assunzione del messaggio di Cristo. Ma mentre il primo giustifica una

violenza legittima da parte dei conquistadores, l’altro non giustifica la violenza e anzi la condanna

apertamente9.

L’”altro” rimane incomprensibile e compreso, tutto passa attraverso un adeguatio della prassi,

un’integrazione morale attraverso la religione. L’opera finale della civilizzazione appare

chiaramente il sincretismo attraverso cui si esprimono la vita e le opere di Duran e Sahàgun.

Todorov sembra suggerire che la comprensione dell’altro si svolga solo attraverso l’interculturalità,

come nel caso di Dona Marina in quanto il suo esempio rappresenta il passaggio tra le due culture o

l’integrazione dell’una nell’altra. Todorov sostiene dalle descrizioni di personaggi come Dona

Marina, Duran e Sahàgun come il sincretismo e l’integrazione comportino la presenza di personaggi

culturalmente ambigui – ad esempio, de Vaca. Spagnoli e/o indiani che non sono né l’uno, né

l’altro, a metà tra le due culture, perciò difficilmente riconoscibili e quasi certamente considerati

diversi per entrambe10.

Todorov infine, attraverso il suo approccio storico, ci pone di fronte a delle aporie della nostra

ragione rispetto al tema fondamentale dell’alterità – mai scontato – e sebbene sia propenso ad una

condanna morale nei confronti degli spagnoli e di ciò che ha comportato in termini umani la

conquista dell’America, invita a considerare il dibattito successivo come un motivo su cui ancora

c’è molto da dire11.

9
Ibidem “Parte Terza. Amare.” Pp 155 – 204.
10
Ibidem “Parte Quarta. Conoscere”. Pp 225 – 267.
11
Ibidem “Epilogo. La profezia di Las Casas”. Pp 297 – 310.

Potrebbero piacerti anche