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656 Recensioni e schede bibliografiche
lavoro si chiude con due saggi che approfondiscono temi rivolti a completare la ricerca:
il primo, / ritoli, cerca di stabilire appunto se i titoli degli epigrammi siano originali o appo-
sti in un secondo momento da parte di chi ha assunto il compito di riordinare le carte di En-
nodio; la verifica é effettuata in modo puntuale sulla base di due principali indicatori, un’analisi
linguistica del titolo e la congruenza di quest’ ultimo con i testo. Efficace e condivisibile &
Vipotesi avanzata dall'A. a proposito dei titoli degli epigrammi dedicati ai vescovi: egli ritie-
ne che questi componimenti, una sorta di epitaffi-epigrafi, avessero appunto una destinazio-
ne epigrafica e fossero collocati ai piedi di una statua o sotto un dipinto; la trascrizione di
questi carmi come dono al vescovo Lorenzo avrebbe reso necessari i tituli, probabilmente ag-
giunti tut insieme. 11 saggio finale Ennodio e la tradizione dell'epigramma ripercorte la sto-
Fia del genere e della sua evoluzione a partire dall’epigramma classico di Marziale fino agli esi
diversificati di Ausonio e Claudiano, ma anche in area cristiana con Damaso, Rustico Elpidio,
Prospero d’ Aquitania, Alcimo Avito, Sidonio Apollinare. Questo excursus diacronico attra-
verso la produzione epigrammatica pagana e cristiana, in cui sono particolarmente eviden-
iati gli accenni teorici e programmatici forniti dagli autori stessi a proposito del genere let-
teratio degli epigrammi e la conseguente varietas di temi e metti che caratterizza i componi-
menti, finisce in qualche modo per riscattare, e di conseguenza recuperare, la scelta di Sir-
mond di far confluire nel secondo libro un coacervo di componimenti accomunati solo dal
tono meno alto e per i quali la definizione di epigrammata indica prevalentemente una poi
lia di temi, atteggiamenti, situazion
Concludono il volume, che si pone come imprescindibile punto di partenza per ogni ulte-
riore tentativo di approfondimento, una ampia e aggiornata Bibliografia ¢ I’Indice dei luog!
citati.
PAOLA SANTORELLI
Isidoro di Siviglia, Erimologie o Origini, a cura di ANGELO VALASTRO CANALE. (Claasici
latini), 2 voll., Torino, UTET 2004, pp. 9474890.
La benemerita Collana “Classici latini”della torinese UTET si 8 arricchita, nella sezione
“Autori della tarda antichita, del Medioevo e dell” Umanesimo” dell’edizione delle Etimologie
isidoriane, che ha il merito di recare la prima traduzione italiana completa dell’enciclopedia,
strumento importante proprio per la stia natura di compendio della sapientia precedente e do-
cumento di prima mano non soltanto per i filologi classici o per gli antichisti in genere, ma
anche per storici di altre discipline.La situazione editoriale dell’ opera maggiore di Isidoro
vive infatti una situazione di intrinseca contraddizione, che purtroppo la presente opera con-
tribuisce soltanto in parte, per i motivi che emergeranno, a sanare e che riguarda principal-
mente I'ecdotica e, di conseguenza, anche I'interpretazione e la valorizzazione critica del-
Pautore.
Leedizione oxoniense di W.M. Linpsay (1911) ha avuto il merito di rappresentare un momento di svol-
ta, intervenendo, grazie a una nuova recensione della tradizione, a correggere l"impostazione general-
‘mente normalizzante ~ ¢ quindi storicamente poco attendibile ~ dell’ edizione di F. AREVALO (1798, nella
Patrologia di Migne, vol. 82) ¢ di quella successiva di F.W. Orro (nel vol. Ill del corpus dei grammatici
di F. LINDEMANN, 1833) che il nostro Curatore non consulta. Ma gli sporadici studi successivi, col rinve-
nimento di altri testimoni significativi, hanno presto dimostrato la superabilita di tale lavoro e attualmenRecensioni e schede bibliografiche 657
te 8 un comitato internazionale, composto di studiosi di vari paesi, a occuparsi della moderna revisione
critica del testo delle Erimologie, secondo un progetto, coordinato da J. Fontaine, il fondatore della mo-
derna valorizzazione critica del vescovo di Siviglia. Tale progetto, coneretizzatosi una trentina danni fa,
ha prodotto un grande risultato nell’ avvio della collana ALMA (Auteurs Latins du Moyen Age) dell’ edi-
tore parigino Les Belles Lettres, destinata fra "altro a pubblicare in venti volumi I’edizione critica con tra
duzione e commento degli altrettanti libri dell enciclopedia, Siamo comungue ben lontani dalla realizza-
zione dell'atteso obbiettivo: dal 198 1 a oggi ~ per limitarci alle Etimologie — non sono in verita usciti che
sei volumi, se consideriamo che 'ultimo, in ordine di tempo, €il libro XIIL, per la cura dell italiano G.
Gasparorto, che risale al 2004 e segue dunque di quasi un decennio Ia pubblicazione del libro XIX cu-
rato da M. Ropriauez PaNTOIA nel 1995, a sua volta distante di ugual misura dal XIL (1986) di J. ANDRE,
il fine studioso di lessicografia che, non molto tempo prima, aveva inaugurato l’iniziativa allestendo 'e-
dizione moderna del libro XVI (1981), seguita a sua volta dal If (P. K. MARSHALL, 1983) ¢ dal IX (M.
Reyoeter, 1984), A questo bisogna aggiungere altri due titoli fuori collana una sorta di preprint, visti i
tempi di edizione, sempre con traduzione e commento: I"edizione parziale del libro XI che il sottoscritto
ha curato nel 1999 (Palermo, Palumbo) —opera che Valastro mostra di non conoscere ~e quella del libro
XV comparsa nel 2004 per la cura congiunta di J.-Y. GUILLAUMINE e P. MoNar (Presses Univ. de Franche-
Comté). Unica edizione completa dell" opera, prima della presente, con ottima e ampia introduzione di
(Oxoz Reta e traduzione spagnola a fronte dello stesso Reta ¢ di M.C. MARCOS CasQUERO, sul testo di
Lindsay, molto limitata nel commento, & comparsa a Madrid nel 1982-83 (collana BAC).
Accingendosi quindi all'impegnativo lavoro di tradurre e annotare l’enciclopedia isido-
riana, “frutto di sette Lunghi anni di entusiasmo, di stanchezza, di sorprese orribili e liete” (I
51), Valastro Canale ~ d’ora in poi, per brevita, VC - disponeva di una traduzione completa
nella sua lingua (@ professore alla Pontificia Universita Comillas di Madrid) ¢ di edizioni sin-
gole basate ~ il dato, come si comprende, non & banale ~ su una nuova recensione della tra-
dizione manoscritta ¢ sullo studio rinnovato delle fonti che illuminano casi particolari di rap-
porto fra testimoni orientando in pid casi l’editore. La scelta di basare la propria edizione, in-
vece, sull’edizione di Lindsay e di praticare al testo “qualche variante” (ibident) debitamente
segnalata nella Nota critica (1 53-60) risponde forse a un criterio di necessaria, o forse soltanto
opportuna, esigenza di uniformare in qualche modo il testo e di pubblicarne una versione al-
meno rivista sulla base del soggettivo ricorso alle annotazioni dei pochi commentatori antichi
(DE GRIAL, Madrid 1599, ¢ AREvALO, Roma 1798) e alle fonti salienti; soltanto in qualche
caso VC cita, ma non accoglie a priori, la soluzione dell'editore modern.
La fedelta all’edizione oxoniense emerge gid nel titolo dell’opera (Etymologiarum sive
Originum libri XX diventa Etimologie 0 Origini), invertendo quindi la rotta rispetto alla ten-
denza, diciamo, moderna adottata per l’edizione intemnazionale al seguito di un ripensamen-
to dello stesso Fontaine, espresso con adeguate e, a parer mio, definitive giustificazioni a fa-
vore del semplice Etymologiae “devant le témoignage unanime des manuscrits” (Isidore de Sé-
ville et la culture classique dans I’ Espagne wisigothique, Patis 19832, p. 1024: n. Lap. 11
della preced. ediz.).
L’esame della tradizione manoscritta condotto sull’apparato oxoniense, confrontato 0 in-
tegrato con gli esiti della nuova recensio, nei libri per i quali essa 8 disponibile, e sottoposto
infine al iudiciun dell’editore, configura di per sé un metodo vulgato nell’ ecdotica laddove I'e-
ditore non sia in grado di ricorrere autopticamente ai testimoni, in caso di tradizioni com-
plesse, ramificate, interpolate. Nel caso delle Etimologie, tuttavia, il comitato internazionale
che ha varato la nuova edizione ha, a suo tempo, stabilito un catalogo di codici di riferimen-
to generale, che I'editore di ogni singolo libro utilizza come base assodata di partenza (oft. p. es.658 Recensioni ¢ schede bibliografiche
il compte rendu del primo ‘Colloque isidorien’ sull’argomento, tenuto a Parigi il 23 giugno
1970, in «Rev. d’ Hist. des Textes » 2, 1972, pp. 282-287, che VC conosce e cita in bibliogra-
fia). Lesperienza di un editore isidoriano insegna che, molto pid spesso di quanto non possa
sembrare, la recensio lindsayana, meritevole da molti punti di vista, risulta invece deficitaria
nella registrazione delle varianti, a causa di una consultazione dei testimoni apparentemente
episodica o addirittura superficiale 0 perfino indiretta, ¢ lo testimoniano altrest i risultati del-
Pattuale Quellenforschung. Se dunque non & in grado di pronunciarsi sull’autorevolezza dei
manoscritt, all’editore converra dunque considerare caso per caso, senza assumere un testo
come vulgata autorevole,
Facciamo tre esempi, da luoghi diversi dell’enciclopedia, a scopo esclusivamente scolastico, consi-
deratone il valore assolutamente circoscritto.
Etym. 1,17,8: Isidoro da ctimo e relativa spiegazione del termine ‘dattlo’: a digitus dicrus, quod a
longiori modo inchoans in duos desinit breves. Sie et iste pes iuncturam unam habet longam et duas
breves. Lindsay aderisce alla tradizione e, contro gli editori precedenti, stampa modo, ma VC rial
mendamento odo di de Grial ¢ Arévalo (vd. nota critica I 53) probabilmente perché nodus (tradotto
‘articolazione’) rispecchia la metafora anatomica della “giuntura’ (iunctura). Credo tuttavia che la con-
cordanza della tradizione debba — qui come altrove — essere fatta salva, oltreché per una motivazione di
principio, perché nel dito nodus non indica il segmento della falange, triplice unita di articolazione, ma
semmai la nocea, e viene quindi meno il termine di confronto con il dattlo; modus invece designa con
‘maggiore pertinenza la ‘misura’, appunto il ‘segmento’ (la falange, distinta dai due ‘segmenti brevi’,
cio® falangina e falangetta), con un'ampiezza semantica che riguarda propriamente anche la metrica. In
assenza di fonti certe, in questo caso il testo di Lindsay quindi mi pare preferibile anche per questioni
legate alla precisazione semantica, cui Isidoro tiene in modo particolare.
Etym. 11,1,147; Isidoro parla di quello che Fontaine chiama “finalismo distintivo” delle parti del
corpo: quaedan discretionis (seil. causa facta sunt), ut in viris genitalia, barba promissa, pectus ampli,
in mulieribus leves genae et angustum pectus, ad concipiendos autem et portandos fetus renes et latera
dilatata. In tutti gli editori, e quindi anche in VC, troviamo la lezione promissa di parte della tradizio-
ne, mentre altri codici riportano il sinonimo profixa; 'autore non ha un wsus ricorrente in questo caso (in
9,2,95 & prolixa la barba dei longobardi, da fonte oscura, mentre a 12,1,20 8 promissa quella di una va~
rieta di cervi, come in Sol, 19,19), € possiamo quindi valorizzare la fonte, che qui ® Hier, foh. 26 viris
‘hirsutum supercilium, barba prolixa, mulieribus leves genae et angusta pectora, ad concipiendos autem
et pariendos fetus venter et femora dilatanda sunt. Se, cio, il luogo parallelo non richiede V’adegua-
‘mento del testo isidoriano a fronte della concordanza di tutti i testimoni, nel caso della barba mi pare in-
vvece che siail confronto con la fonte sia I’orientamento di parte della tradizione manoscritta debba giu-
stificare l"allontanamento dalla lezione preferita dagli editori.
Etym, 19,24,12: nel capitolo che trata de palleis virorum, Isidoro tratta del sostantivo sagum, un
tipo di veste militare di origine gallica, ea corredo della definizione, come di consueto, allega una
ione: de qua est vox illa senatui: “togis depositis Quirites ad saga fuerunt’. Il testo di Lindsay viene adot-
tato da Rodriguez Pantoja sulla base di una documentazione codicologica maggiore (nessuna variante nel-
{Vapparato oxoniense, mentre due figurano in quello parigino da codiei pur ispezionati dal precedente edi-
tore; VC invece giudica insoddisfacente il testo resttuito sia nel 1911 sia nel 2005 e stampa: fogis de-
positis Quirites ad saga. In veritd fuerunt 8 omesso nel codice M, ma non é la sopravvalutazione di tale
{estimone — peraltro in generale non ammissibile sulla base dello stemma—a motivare la scclta del no-
stro editore, quanto l'aderenza alla lettura di de Grial e di Arévalo togis depositis, Quirites, [ite] ad saga
(vd. nota critica 160 nota ad loc., 1598), evidentemente presupponendone I'interpretazione, Anzitut-
to rileviamo che, come & uso non solo di Isidoro ma di ogni scrittore antico, lo scrupolo della citazione
esatta non collima col nostro: spesso I'enciclopedista cita a memoria, o sulla base di versioni diverse, o
ancora trascrive summatint (numerosi e documentati gli interventi della critica in tal senso e, nello spe-Recensioni e schede bibliografiche 659
cifico, qualcuno anche a firma del sottoscritto): tanto pitt che ~ non va dimenticato —la nostra opera do-
‘veva essere sottoposta a revisione. Detto cid, 2 inopportuna un’ espunzione in presenza del testo nella quasi
totalita dei codici; in secondo luogo essa deve considerarsi motivata dalla ricorrenza dell'espressione
ad saga ire (vd. il commento di R.P. ad loc.; noto peraltro un'interessante concentrazione di tale espres-
sione in pit luoghi delle Filippiche ciceroniane) ¢ non esse; ma un’ occorrenza nella vita di M. Aurelio
nell’Historia Augusta (27,3 sagati fuerunt sub eo milites) ci fa capire che Isidoro potrebbe aver ‘conta
minato’ le due espressioni ad saga ire e sagatus esse, originando la formulazione presente.
Si intende che esistono, per l’opera in questione, problemi di trasmissione del testo di ben
maggiore momento, in particolare in ordine a trasposizioni di pagine in alcuni testimoni e alla
presenza di estratti di testo che avvalorano una versione longa accanto a una brevis, ¢ si pon-
gono altresi come necessarie la valutazione di sintetiche porzioni di testo con I’aspetto di glos-
se penetrate nel testo e quella di incoerenze sintattiche e contenutistiche dovute probabilmente
alla mancanza di revisione generale dell’ opera da parte dell’autore, oltreché alla tendenza
‘normalizzatrice’ dei copisti (¢ degli editori antichi), Tali questioni, che rappresentano un
campo di riflessione per la moderna ecdotica ~e, anche nell’ ambito dello stesso comitato in-
ternazionale, con attenzione progtessivamente pid spiccata nel corso degli anni ~e che non pos-
sono non avere rilevo in una situazione complessa come quella della tradizione isidoriana,
nell’edizione di VC non emergono se non, appunto, laddove la moderna recensio ha assoda-
to elementi ineludibili (a proposito del libro IX, per esempio, per cui si adotta conveniente-
mente la soluzione di Reydellet in merito allo sposatmento di fogli in alcuni manoscritti).
Un ulteriore problema ecdotico riguardante le Etimologie & quello ortografico, che inve-
ste in generale i testi latini d’area franco-ispanica, almeno a partire da Gregorio di Tours e
Martino di Braga, e che progressivamente si impone all’ attenzione degli editori sia per quan-
to riguarda l’aderenza alla grammatica classica sia per quanto attiene alla riproduzione della
grafia vulgata. Sul primo punto, gid Lindsay reagisce alla tendenza fortemente normalizzan-
te in senso classicistico degli editori precedenti (e, prima ancora, dei copisti pid conservato-
ri) e non si preoccupa di dover editare un testo non sempre in linea alla grammatica tradizio-
nale in termini di concordanze, di reggenze, di trasposizione da un genere all’altro: su tale
strada continuano gli editori moderni e lo stesso VC, anche se qualche caso meriterebbe a
pare mio un’ulteriore riflessione proprio in questo senso anche se la fedelta alla lezione dei co-
ici comportasse qualche contraddizione interna, circostanza che tuttavia comunque caratte~
izza la versione in nostro possesso dell’opera.
Pes, etym. 11,1,145 nasci autem patribus similes aiunt si paternum semen validius sit 8 il testo di
Lindsay, che stampa validius contro l’asintattico validior giovandosi dell’apporto di alcuni testimoni. A
una nuova ispezione autoptica della tradizione posso escludere clie la lezione sia trasmessa dai codici in-
icati nell’apparato oxoniense, ed & piuttosto presente in due codici di una branca fortemente minorita-
ria e conservatrice, Converra allora seguire Arévalo che sorprendentemente, vistone I'orientamento, ri-
porta validior, anche sulla base della circostanza che, pochi paragrafi prima, troviamo una concordan-
za di semen al maschile (di tutti i codici, anche nell'apparato di Lindsay): quia non est menstrualis san-
_guis a quo perfusus (scil. semen) inrigerur (142), dove perd Arévalo normalizza senz’altro.
Il secondo punto, e cio’ quale grafia riprodurre, ha spesso stretta attinenza con le peculia-
rit intrinseche all enciclopedia isidoriana, che interviene su questioni etimologiche cercan-
done una spiegazione, spesso fantasiosa, a partire dalla lingua. Esiste, su questo tema, almeno
un contributo importante dell’ editore del libro XIX, M. RopriGuez PaNToIA («Habis» 5, 1974,
65-91, noto a VC), assai ‘progressista’ nel senso che —a parer suo ~ la realta della lingua latina
ai tempi di Isidoro richiede al modermo studioso di allontanarsi in modo sensibile dagli stan-660 Recensioni e schede bibliografiche
dard del latino classico ¢ imperiale, soprattutto trattandosi dell’ ambito ispanico, In realta Pe-
izione del libro XIX mostra un testo in cui I’aderenza al principio generale & di molto ridotta
in ditezione del!’ uniformazione con gli altri volumi, ma cid non toglie che, rispetto al testo lind-
sayano, alcuni casi siano assolutamente condivisibili sia in linea di principio, sia dal punto di
vista ecdotico, come la grafia pallewm per pallium, tassativa nei codici ispanici e avvalorata dal-
Metimo isidoriano (etym, 19,24,1 palleun a pellibus, quia prius superindumenta pellicia vete-
res utebantur, quasi pellea). # proprio la decostruzione del termine che I’enciclopedista ottic-
ne attraverso la ‘manipolazione’ delle espressioni esplicative di esso che spesso portano in tale
direzione: ignorare un elemento linguistico nel restituire il testo di un’opera per un verso lin-
-a non significa sottrarre all’ opera stessa un elemento di color regionale ma—come si pud
immaginare — intervenire arbitrariamente alla base stessa del ragionamento dell’autore, so-
prattutto quando é la tradizione manoscritta che mostra di sostenere una grafia piuttosto che
quella vulgata e classica. Anche in questo caso quindi, le scelte di VC rappresentano un ele-
‘mento di eccessiva, pid che estrema, cautela, Al contrario, nel caso di etym. 11,1,46—purtrop-
po isolato ~ dobbiamo riconoscere a VC un atteggiamento diverso, forse per I’evidenza incon-
trovertibile della citcostanza, quando si allinea a Lindsay scrivendo che il sostantivo auris si
spiega a vocibis auriendis (da Lact. opif. 8,8) ¢ constatando cio’ che il valore non solo fone-
matico ma pure ortografico della lettera inziale & ormai affievolito completamente.
Se, allontanandoci dall’aspetto testuale ~ sul quale effettivamente si concentrano gli appunti
dal nostro punto di vista -, vogliamo dar conto di altri aspetti dell’edizione di VC, gli rico-
nosceremo anzitutto la capacita di offrire una traduzione sempre attendibile e costantemente
intesa a sciogliere i riferimenti etimologici utilizzando anche il carattere corsivo, badando alla
massima chiarezza interpretativa e scegliendo, a tal fine, un dettato ‘glossato’ ma non per que-
sto meno efficace (p. es. etym. 12,8,13 culex ab aculeo dictus, quod samguinem sugit & tradotto
“la zanzara ha preso il nome di culex dall’ aculeo con il quale succhia il sangue”), Documen-
tato l'apparato di ‘fonti e analogie’, diviso per libri, che costituisce ’Appendice in calce al
vol. II (599-771) e, quale che sia la completezza di esso, consente immediatamente una lettura
“verticale’ del testo, che le note di commento alle moderne edizioni delle Eimologie offrono
libro per libro ma che quindi pud essere valorizzata in senso critico-letterario per valutare
Vampiezza delle direzioni in cui Isidoro ha lavorato complessivamente e di quale tipologia di
fonti intermedie si ® nutrito.
Molto breve !'introduzione (I 9-23), di carattere essenzialmente introduttivo alla biografia
dell'autore e ai caratteri esterni dell’ opera, stesa in una forma piuttosto familiare e colloquia-
le che sen2’altro non si rivolge al pubblico degli specialisti. Pid ampia la Nota bibliografica
(127-51), che vuole comprendere titoli di varia natura (e che forse avrebbe potuto essere pid
essenziale), dai principali repertori bibliografici, alle edizioni e traduzioni delle Etimologie, dai
diffusi e noti data-base informatici agli studi specifici.
gui
Fanio Gasti
Nicoletta Francesca BERRINO, Mulier potens: realta femminili nel mondo antico (Studi e
Monumenti per le scienze dell’ Antichita. n 4). Lecce, Dip. Scienze dell’ antichita / Galatina
(Lecce), Congedo 2006, pp.197.
Il lavoro, nato come tesi di dottorato, consta sostanzialmente di due parti articolate in tre
capitoli. Nella prima parte, che si identifica con il primo capitolo (Status della donna roma-