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Era una notte buia e tempestosa quando un uomo si aggirava per le strade deserte di

una città in rovina. Con passo svelto e occhi inquietanti, si muoveva tra
l'oscurità come un fantasma senza volto.

La città viveva nella paura, un assassino spietato aveva iniziato a terrorizzarla.


Nella penombra, uccideva senza pietà e senza lasciare traccia, e la sua firma
caratteristica era l'assenza di volto nelle vittime.

La detective Jane Lawson era stata incaricata di risolvere questi brutali omicidi.
Con il suo acume per l'investigazione e un arsenale di intuizioni, si era
guadagnata una reputazione di risolutrice di casi irrisolvibili.

Jane, con la sua giacca di pelle nera e l'aria determinata, iniziò a scavare nella
vita delle vittime, cercando qualsiasi collegamento che potesse condurla
all'assassino. Ma ogni pista sembrava sfuggirle di mano.

Mentre la città si trovava nel panico, l'assassino senza volto colpì di nuovo.
Questa volta, Jane decise che era arrivato il momento di agire in modo diverso.
Iniziò a pedinare le strade in cui erano stati commessi i delitti, osservando ogni
angolo, ogni movimento sospetto.

Una notte, mentre si nascondeva tra l'ombra di un vicolo, vide un'ombra che si
aggirava silenziosamente. Senza esitazione, Jane si avvicinò di soppiatto,
spingendo l'assassino senza volto contro il muro. Ma quando i loro occhi si
incontrarono, la detective si rese conto che non era l'assassino.

Quell'uomo, con uno sguardo di terrore e un volto pallido, aveva assistito agli
omicidi senza poter fare nulla. Raccontò a Jane che l'assassino senza volto era
giusto dietro l'angolo, sempre un passo avanti a tutti.

La detective, tormentata dalla sfida di catturare l'assassino, decise di fare un


passo indietro e osservare da lontano la scena del crimine più recente. Era un
vicolo buio, pieno di tracce di sangue e paura. Fu allora che notò qualcosa di
interessante: una macchia sulla parete che sembrava una firma.

Con pazienza e determinazione, Jane analizzò quella macchia e scoprì che era una
sostanza chimica rara. Andò al laboratorio e chiese al suo fidato assistente di
analizzarla. Quando i risultati furono consegnati, fu chiaro che solo una persona
nel mondo utilizzava quella specifica sostanza chimica nei loro omicidi: un famoso
chimico di nome Peter Stevens.

Jane, pronta a catturare l'assassino senza volto, si diresse al laboratorio di


Stevens. Ma quello che trovò fu solo la sua morte. L'assassino senza volto era lì,
di fronte a lei, pronto a sparare. Ma Jane, con tutta la sua sicurezza, gli urlò:
"Dammi un motivo per non spararti io stessa!"

L'assassino si fermò, incerto. Lui non voleva morire, voleva solo vendetta.
Raccontò a Jane che sua moglie era stata una delle prime vittime dell'assassino
senza volto e che lui era disposto a tutto pur di cercare giustizia. Jane capì
finalmente che l'assassino senza volto era solo una vittima della violenza della
città.

Alla fine, Jane Lawson fece la scelta più difficile. Decise di far giustizia per le
vittime innocenti uccidendo l'assassino senza volto. Ma prima di premere il
grilletto, disse all'assassino: "La violenza genera solo più violenza. La vera
vittoria sarà fermare questo ciclo infernale".

E così, l'assassino senza volto cadde senza volto sulla strada e Jane, con un senso
di tristezza e sollievo, tornò alla sua vita di detective, sperando che un giorno
la città potesse trovare la pace.

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