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iti sul sito www.ateneonline.it/bruni.

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gneria Meccanica del Politecnico
no, dove insegnano nell’ambito
leccanica applicata.

ISBN 88-386-6083-2 ^81

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9 788838 660832
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Indice

Prefazione xi
1 Introduzione i
2 Cinematica del punto e del corpo rigido 5
2.1 Cinematica del punto nel piano 5
2.2 Cinematica del corpo rigido nel piano 13
2.2.1 Definizioni relative al movimento in un corpo 13
2.2.2 Definizione di corpo rigido ]5
2.2.3 Gradi di libertà del corpo rigido nel piano e classificazione
dei moti rigidi 16
2.2.4 Atto di moto rigido piano 19
2.2.5 Velocità e accelerazioni dei punti di un corpo rigido 19
2.2.6 Vincoli 21
2.3 Cinematica del punto: studio mediante i moti relativi 25
2.3. 1 Cinematica del punto: metodo cartesiano con moti relativi 25
2.3.2 Confronto con l’approccio con i numeri complessi 29
2.4 Esercizi 3]

3 Cinematica dei sistemi di corpi rigidi 35


3.1 Introduzione 35
3.1.1 Meccanismi e strutture 36
3.1.2 Computo dei gradi di libertà di un sistema di coipi rigidi 37
3.1.3 Catene cinematiche aperte e chiuse 37
3.2 Manipolatore piano R-R 42
3.3 Manovellismo ordinario centrato 44
3.3.1 Approssimazioni del primo e secondo ordine del molo
del piede di biella 49
3.3.2 Un esempio numerico: il motore della vettura
Alfa Romeo GTV2000 (1971) 51
3.4 Altri sistemi articolati 51
3.4.1 Quadrilatero articolato 51
3.4.2 Cinematica del glifo oscillante 54
3.5 Esercizi 61
Vili Indice Indice IX

4 Geometria delle masse 69 7 Dinamica della macchina a un grado di libertà 139


4. 1 Introduzione 69 7.1 Considerazioni generali 139
4.2 Baricentro di massa 69 7.2 II motore 140
4.2.1 II baricentro come centro delle forze peso 71 f 7.2.1 Caratteristica meccanica di un motore
4.3 Momento di inerzia di massa a combustione interna 143
72 t
4.4 Esercizi 7.2.2 Caratteristica meccanica di un motore asincrono trifase 144
76 7.2.3 Motore asincrono trifase azionato da inverter 145
5 Statica e dinamica dei sistemi di corpi rigidi 7.3 L’ utilizzatore 145
79 7.4 La trasmissione
5.1 Equazioni cardinali della statica 148
79 7.4.1 Espressione della potenza persa in condizioni
5.2 II principio dei lavori virtuali 80 di moto diretto 149
5.2.1 Applicazione: asta su guide rettilinee 81 7.4.2 Espressione della potenza persa in condizioni
5.2.2 Applicazione: statica del manovellismo 82 di moto retrogrado 150
5.3 Principio di D’Alémbert ed equazioni della dinamica 83 7.4.3 Determinazione del flusso di potenza attraverso
5.3.1 Punto materiale 83 la trasmissione 151
5.3.2 Corpo rigido 84 7.4.4 Trasmissioni in serie 153
5.3.3 Sistema composto da corpi rigidi 88 7.5 Condizioni di funzionamento della macchina 154
5.4 Equazione del bilancio delle potenze 89 7.6 Dinamica della macchina a regime e in moto vario 155
5.4.1 Eneibia cinetica di un corpo rigido 91 7.6.1 Condizioni di funzionamento in regime assoluto 156
ri 5.4.2 Teorema dell’energia cinetica 92
7.7 Moto di un impianto di sollevamento carichi 157
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5.5 Cinetostatica e dinamica dei sistemi meccanici 7.7.1 Funzionamento in salita dell’impianto 158
93 7.7.2 Funzionamento in discesa dell’impianto
5.5.1 Analisi cinetostatica di un motore a combustione interna 94 160
5.5.2 Cinetostatica del glifo oscillante 7.8 Dinamica longitudinale di un autoveicolo 161
1 98 7.8.1 Verifica dell’aderenza tra pneumatici e strada 164
5.6 Esercizi 99 7.8.2 Determinazione delle condizioni di regime 166
7.8.3 Studio numerico del transitorio di accelerazione 167
6 Azioni mutue tra elementi di macchine 107 7.9 Dinamica longitudinale di un convoglio ferroviario 171
6.1 Introduzione 107 7.10 La macchina in regime periodico 177
6.2 II contatto tra solidi 107 7.10.1 Condizioni di funzionamento in regime periodico 180
6.2.1 Attrito nei solidi a contatto 109 7.10.2 Irregolarità periodica della macchina 181
6.2.2 Attrito statico (condizione di aderenza) 109 7.10.3 Un esempio applicativo 182
6.2.3 Attrito dinamico 110 7.11 Esercizi 184
6.2.4 Contatto di rotolamento 112
6.2.5 Resistenza al rotolamento (attrito volvente) 113 8 Dinamica delia macchina alternativa 197
6.3 Critica ai modelli elementari di attrito 117
8.1 Riduzione delle inerzie della biella a un sistema
6.4 Usura nel contatto tra solidi di masse concentrate 198
118 8.2 Equazione di moto di un motore alternativo
6.4.1 Un modello elementare di usura 200
119 8.2.1 La macchina alternativa come esempio di macchina
6.5 Azioni tra solido e fluido 120 a regime periodico 203
6.5.1 Azioni fluidodinamiche in condizioni stazionarie 120 8.2.2 Un esempio applicativo: il motore Moto Guzzi Ippogrifo 204
6.5.2 Azioni fluidodinamiche in condizioni non stazionarie 125 8.3 Cenni sull’equilibramento dei motori alternativi 206
6.5.3 Distacco di vortici 126 8.3.1 Rappresentazione delle forze inerziali sul piede di biella
6.5.4 Cenni alla lubrificazione 127 mediante vettori contro-rotanti 208
6.5.5 La lubrificazione mediata idrodinamica 128 8.3.2 Equilibramento della macchina monocilindrica 209
6.6 Esercizi 131 8.3.3 Equilibramento della macchina pluricilindrica 209

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X Indice

9 Stabilità e regolazione 211 Prefazione


9.1 Stabilità del moto a un grado di libertà 214
9.1.1 Moto di un punto su una traiettoria rettilinea liscia 220
9.1.2 Moto di un punto su un profilo circolare liscio 220
9.2 Stabilità e regolazione di una macchina 222
9.2.1 Regolazione della velocità angolare di una macchina 224
9.2.2 Regolazione ad anello chiuso 232

10 Gli elementi delle macchine 237


10.1 Sistemi per la trasmissione di potenza 237 Questo libro si rivolge a chi intende avvicinarsi, a un livello non specialistico, allo
10.2 Sistemi a rapporto di trasmissione costante 239 studio della Meccanica applicata e, in particolare, agli studenti dei primi anni di
10.2.1 Ruote di frizione 239 corso delle Facoltà d’Ingegneria.
10.2.2 Ruote dentate 241 Nella prima parte del testo (Capitoli da 2 a 6) si forniscono gli elementi fon¬
10.2.3 Considerazioni sui riduttori a ingranaggi 248 damentali di cinematica e dinamica del punto, del corpo rigido e di sistemi di
10.2.4 Cinghie piane e trapezoidali 250 corpi rigidi, limitatamente al caso di moti piani, e una descrizione elementare del¬
10.2.5 Cinghie dentate 256 le forze di interazione tra solidi (attrito statico, radente, resistenze di rotolamento)
10.2.6 Catene 257 e tra solido e fluido.
10.2.7 Funi 260 Nella seconda parte, (Capitoli da 7 a 10) tali concetti di base sono utilizzati
10.2.8 Confronto tra alcuni tipi di trasmissione 261 per studiare la dinamica di una macchina, qui intesa in generale come sistema
10.3 Giunti 263 a un grado di libertà che trasforma energia di vario tipo in energia meccanica.
10.4 Sistemi d’arresto delle macchine 264 Dopo una parte introduttiva finalizzata alla scrittura dell’equazione di moto e allo
1 0.5 I cuscinetti 265 studio delle condizioni tipiche di funzionamento (regime assoluto, regime vario e,
in particolare, periodico) si illustra l’analisi della stabilità e della regolazione della
Bibliografia 269 macchina, e se ne descrivono, da un punto di vista prevalentemente morfologico
e funzionale, i principali organi di trasmissione del moto.
Indice analitico 271 Al fine di favorire una migliore comprensione, tutti gli argomenti trattati so¬
no corredati da esempi applicativi che fanno riferimento a macchine di comune
utilizzo (veicoli, macchine di sollevamento, robot ecc.). Inoltre, la maggior parte
dei capitoli è completata da una sezione di esercizi di tipo numerico compieta-
mente svolti, con lo scopo di permettere al lettore di familiarizzare con le tecniche
risolutive introdotte.
Il presente testo riassume un’esperienza pluridecennale acquisita dal gruppo
di docenti che fanno parte della Sezione di Meccanica dei Sistemi del Dipartimen¬
to di Meccanica del Politecnico di Milano e in tale ottica si vogliono ringraziare
tutti i docenti afferenti alla sezione.
Un ringraziamento particolare va al Prof. Diana, la cui impostazione didattica
ha ispirato il testo, e ai Proff. Fabio Fossati e Alberto Zasso e all’Ing. Marco
Belloli per gli amichevoli consigli e il prezioso aiuto fornitici durante la stesura.
Gli autori saranno lieti di ricevere eventuali suggerimenti e commenti sul
testo.

Gli Autori
Milano, maggio 2003
Introduzione

Oggetto della Meccanica sono le leggi che regolano il moto e l’equilibrio dei si¬
stemi costituiti da corpi materiali, denominati anche sistemi meccanici: tra questi
un posto importante è occupato dalle macchine, che costituiranno l’argomento
principale di questo testo. Con il termine macchina s’intenderà un sistema mec¬
canico atto a trasformare energie di diversa origine (chimica, idraulica, elettrica,
eolica) in energia meccanica. L’energia meccanica resa disponibile da una mac¬
china può a sua volta essere utilizzata per generare energia sotto altra forma, per
esempio elettrica (come nel caso di un motogeneratore), idraulica (pompa), aerau-
lica (ventilatori), o compiere lavoro su un gas (compressore). Ancora, l’energia
meccanica può essere utilizzata per realizzare una funzione o un movimento as¬
segnato. Nel primo caso si può parlale di macchine energetiche, nel secondo di
macchine operatrici.

La modellazione di un sistema meccanico Premessa fondamentale per effet¬


tuare lo studio di un qualunque sistema fisico è la realizzazione di una rappre¬
sentazione per poterne poi descrivere, in termini matematici, il comportamento:
tale procedimento prende il nome di modellazione. Quanto detto vale anche per i
sistemi meccanici.
Come primo passo, il sistema reale deve essere ridotto a un sistema fisico
ideale di riferimento che ne rappresenti le caratteristiche principali, in funzione
dell’analisi da compiere; successivamente, dal sistema fisico ideale si trae il mo¬
dello matematico, che consiste nell’insieme di equazioni che legano le diverse
grandezze utilizzate per descrivere il sistema. Nella procedura di modellazione,
per poter giungere alla formulazione di un modello efficace devono essere effet¬
tuate delle semplificazioni: la complessità del modello sarà pertanto adeguata al
problema che si intende studiare. Infatti, se da una parte un modello incompleto
non consente di ottenere risultati tecnicamente validi, dall’altra un modello ecces¬
sivamente complesso, oltre a essere più impegnativo dal punto di vista computa¬
zionale, risulta inutile ove non siano disponibili i valori dei parametri (o almeno
una loro stima ragionevole) da inserire nel modello stesso.
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Capitolo 1
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I I Introduzione

in cui si tratta della statica e della dinamica dei sistemi di corpi rigidi; equazio¬
3
I

Contenuto del testo Nell’ordinario iter progettuale di un sistema meccanico si ni cardinali della statica, poste a fondamento dello studio dei sistemi in quiete,
possono distinguere differenti livelli di approfondimento per quanto riguarda sia vengono estese, mediante il “principio di D’Alembert”, al caso dinamico, attra¬
la modellazione, sia il tipo di analisi. Lo studio della Meccanica, in senso classico, verso il concetto di forza di inerzia. Alternativamente alla formulazione basata
comprende tre argomenti principali: cinematica, statica e dinamica. sull’equilibrio di forze, viene sviluppata l’interpretazione dell’equilibrio statico e
dinamico dal punto di vista energetico, attraverso il “principio dei lavori virtuali”,
o La cinematica studia il movimento di un sistema meccanico in base ai vincoli e l’equazione di “bilancio delle potenze”.
(ossia alle connessioni tra gli elementi che compongono il sistema), indipen¬ Nel sesto capitolo vengono introdotti i modelli per rappresentare le azioni di
dentemente dalle azioni (forze e coppie) agenti su di esso. contatto tra corpi solidi e tra corpo e fluido, finalizzati allo studio dinamico delle
e La statica studia l’equilibrio del sistema meccanico nella condizione di quiete, macchine. Tali concetti trovano applicazione, nel settimo capitolo, nello studio
per effetto delle forze agenti. della dinamica delle macchine riconducibile allo schema di motore, trasmissio¬
o La dinamica studia il movimento del sistema meccanico in relazione alle azioni ne e utilizzatore. Con riferimento a tale schema interpretativo, viene introdotto
agenti sul sistema. il concetto di rendimento della trasmissione, e sono studiate le diverse fasi del
funzionamento della macchina: transitorio di avviamento, regime, transitorio di
A ciascuno dei tre argomenti ora citati, corrisponde un diverso livello di studio del arresto. L’ottavo capitolo tratta di alcuni ulteriori aspetti applicativi della dinami¬
sistema meccanico. 11 primo livello può riguardare la sola cinematica: rientrano ca delle macchine a un grado di libertà, quali il moto periodico e l’equilibramento
in questo ambito le analisi di mobilità legate alla funzionalità dei meccanismi, lo delle azioni di inerzia nelle macchine alternative.
studio dello spazio di lavoro di robot c manipolatori, o il funzionamento di una Nel nono capitolo si espongono i concetti introduttivi allo studio della sta¬
sospensione. Dalla sola analisi cinematica non si traggono però indicazioni per bilità e della regolazione dei sistemi meccanici, con riferimento particolare alle
il dimensionamento o la verilìca di resistenza di un sistema. A tale scopo è ne¬ macchine.
cessario effettuare analisi in cui si includano le forze agenti sul sistema. A questo Infine nell’ ultimo capitolo si descrivono alcuni aspetti morfologici e funzio¬
livello si colloca inizialmente l’analisi statica o quasi-statica, nella quale si consi¬ nali riguardanti la trasmissione del moto nelle macchine, e il funzionamento dei
dera assegnato il movimento del sistema, e si valuta l’effetto delle forze agenti, in principali organi di macchina.
diverse configurazioni del sistema, trascurando la presenza delle azioni di inerzia
derivanti dalle accelerazioni agenti sui componenti del sistema meccanico (analisi
statica): questo tipo di analisi può essere esauriente nel caso di movimenti lenti.
Successivamente è possibile includere nell’analisi precedente anche l’effetto
delle azioni di inerzia derivanti dalle accelerazioni del sistema, e in questo ca¬
so si parla di analisi cinetostatica, nella quale però si assume ancora imposto il
movimento del sistema.
Nell’analisi dinamica vera e propria sono assegnate le forze agenti sul siste¬
ma, mentre viene ricavato come risultato dell’analisi il moto del sistema. Nell’a¬
nalisi dinamica è possibile includere, se presente, anche il controllo del sistema.
In quest’ultimo caso si affiancano sottosistemi (elettrici, idraulici, pneumatici) a
loro volta descritti da opportuni modelli, ottenendo un modello complessivo in
cui, oltre a grandezze di tipo meccanico, compaiono grandezze derivanti dal tipo
di sensori e attuatoti utilizzati nel controllo.

Organizzazione del testo Gli argomenti esposti seguono le linee generali di un


insegnamento di base di Meccanica. 11 secondo capitolo è dedicato a richiami di
cinematica del punto e del corpo rigido nel piano: si introduce la notazione dei
numeri complessi come ausilio per la risoluzione dei problemi di cinematica.
Nel terzo capitolo viene trattata la cinematica dei sistemi di corpi rigidi nel
piano, ponendo l’accento sulla descrizione di tipo sintetico consentita dal metodo
dei numeri complessi. Il quarto capitolo, che tratta della geometria delle masse,
ossia lo studio della distribuzione della massa nei corpi, è propedeutico al quinto,
Cinematica del punto e del corpo rigido

La cinematica è quella palle della meccanica che studia il movimento di un punto,


di un coipo o di un insieme di corpi interconnessi tra loro (meccanismi), intenden¬
do con il termine movimento la descrizione matematica dell’evoluzione temporale
della posizione del sistema. Nel caso più generale, la cinematica si occupa di de¬
scrivere il movimento nello spazio; nel seguito lo studio sarà invece circoscritto
ai moti che avvengono nel piano. A tale scopo si introdurrà la tecnica dei numeri
complessi, il cui utilizzo risulta vantaggioso per lo studio e la descrizione sintetica
dei meccanismi piani.

2.1 Cinematica del punto nel piano


Posizione Sia dato (vedi Figura 2.1) un sistema di riferimento di assi coordinati
ortogonali (x-v): la direzione e il verso di ciascun asse è dato dai versori (vettori
di modulo unitario) i e j relativi rispettivamente agli assi x e y. Si consideri un
punto P, appartenente al piano individuato dagli assi coordinati, la cui posizione
può essere trovata mediante la coppia di coordinate (x, )’) (funzioni del tempo), o
mediante il vettore P:
P(r) = (P-O) = ix(f)+jy(0 (2.1)
espresso attraverso le componenti sui due assi coordinati, in generale costituite da
funzioni del tempo (x(r), )’(t)). Esse descrivono la successione delle posizioni
occupate dal punto nel piano in funzione del parametro tempo:

Le (2.2) esprimono in forma parametrica la traiettoria del punto, ossia la linea


descritta dal punto durante il suo moto. Eliminando il tempo t ed esprimendo una
coordinata in funzione dell’altra, si ottiene l’espressione esplicita y = /(x) della
traiettoria:
I l=gM
I y = y(s(')) = fM

li ; ; 1
t , < ; I . i , ( . i )(
6 Capitolo 2

Figura 2.2 -Significato del vettore velocità V e sua corrispondenza con il numero
Figura 2.1 —Significato del vettore posizione P e sua corrispondenza con il numero complesso V.
complesso P.

Lungo la traiettoria può essere definita l’ascissa curvilinea come spazio percorso o, in alternativa, derivando rispetto al tempo l’espressione della posizione in forma
dal punto, misurato lungo la traiettoria a partire da un’origine assegnata. polare si ricava:
Il vettore posizione P nel piano può essere posto in corrispondenza con un nu¬
mero complesso P [4] facendo corrispondere le componenti del vettore secondo V = Pew + iÒPe'" = Ve'u (2.8)
gli assi coordinati alla parte reale e alla parte immaginaria del numero complesso
P. La descrizione, in termini di numero complesso, della posizione del punto, dove a rappresenta l’anomalia e quindi l’inclinazione del vettore velocità. La
può essere fatta in forma cartesiana, attraverso le componenti lungo gli assi reale Figura 2.2 rappresenta il significato dei termini della (2.6) e della (2.8). Poiché
e immaginario: la derivata del numero complesso in forma polare segue le regole di derivazione
(2.4) del prodotto di funzioni, compare sia la derivata del modulo di P, sia la deriva¬
P = x + iy ta dell’argomento dell’esponenziale. In particolare il primo termine della (2.8)
oppure in forma polare, cioè in termini di modulo P e anomalia 0, come mostrato rappresenta un vettore di modulo P con direzione indicata dall’angolo 9, mentre
nella Figura 2.lb: il secondo termine della (2.8) rappresenta un vettore di modulo P9 e direzione
perpendicolare alla precedente. Si ha infatti:
P = Pe10 con P = -/x2 + y2 e 9

= arctan x (2.5)

In questa seconda forma il modulo rappresenta la distanza del punto dall’origine,


i9Pe'0 = e^ÒPe10 = ÒPe^0^ (2.9)

e l’anomalia l’angolo che il vettore forma con l’asse reale, che è identificato con Il modulo V e l’anomalia a della velocità si possono calcolare come:
l’asse x del sistema di riferimento scelto.

Velocità Si definisce velocità la derivata rispetto al tempo del vettore posizione


|V|=V=yViFV2=y(p)2+^^ a=arctg^=0+arctg^ (2.10)

che, considerando che i versori degli assi coordinati non si modificano nel tempo
(né in modulo, né in direzione), risulta: Risulta interessante osservare che, come mostrato nella Figura 2.2, il vettore ve¬
locità V risulta tangente alla traiettoria seguita dal punto P. Infatti si ha:
V=
—=
dP
dt
ix(t) +jy(z) (2.6)

La velocità è quindi un vettore le cui componenti cartesiane sono le derivate ri¬


tan(a)

V,. y dy
—— dt
= Xt = -x = dz dx = —
dx =
dy
f (2.11)
spetto al tempo delle componenti cartesiane del vettore posizione P. Utilizzando
il formalismo basato sui numeri complessi si ottiene: dove, in base alla (2.3), y = /(x) è la funzione che descrive la traiettoria del
(2.7) punto.
V=x + i> =
8 Capitolo 2 Cinematica del punto e del corpo rigido 9

la velocità con cui varia l’inclinazione della tangente alla traiettoria percorsa dal
punto P. Considerando l’intervallo tra l’istante di tempo t e l’istante di tempo
t + dt, il raggio del cerchio osculatore ha descritto l’angolo da = àdt e corri¬
spondentemente il punto P ha percorso sul cerchio osculatore il tratto dr = gda,
per cui il modulo della velocità risulta:

V —
di
= dt =Q—=Qa
dt
da
(2.14)

inserendo la (2.14) nella (2.13), l’espressione dell’accelerazione diviene:

Figura 2.3 Significato del vettore accelerazione


complesso a.
a e corrispondenza con il numero à=
— —
dV .
dt
e'a + i
V2
g
.
e‘a (2.15)

in cui il primo termine è denominato componente tangente alt e indica la variazio¬


ne del modulo del vettore velocità, mentre il secondo è denominato componente
Accelerazione Derivando rispetto al tempo il vettore velocità, si ottiene il normale a„, e indica la variazione di direzione del vettore velocità:
vettore accelerazione:

a = ——
dV
dt
ix(t) + j5>(r) (2.12) a, = —
dV
dt
an = —V2
q
(2.16)

Derivando invece l’espressione (2.8), si ottiene:


Relazioni tra posizione, velocità e accelerazione Indicando con s l’ascissa
a = Veia +iàVeia (2.13) curvilinea del punto P lungo la traiettoria, si possono definire le seguenti relazio¬
ni, di uso comune nello studio delle leggi di moto, tra l’andamento temporale di
che risulta composto dalla somma di due termini, di cui il primo (vedi Figura 2.3b) s(t), la velocità V (t) e la componente tangente dell’accelerazione a,(t):
è diretto secondo la tangente alla traiettoria, mentre il secondo ha una direzione
perpendicolare alla precedente, indicata come direzione normale. Il vettore ac¬ dr(r) dV(t)
V(0 = o<(0 = (2.17)
celerazione può essere espresso in una forma significativa riferendosi alla Figura dt dt
2.4. La forma della traiettoria, nell’intorno del punto P, può essere sostituita lo¬
calmente dal cerchio osculatore, costituito dalla circonferenza avente in comune e, all’inverso, avendo indicato con to l’istante iniziale di riferimento:
con la traiettoria il punto P, la derivata prima e seconda. Il cerchio osculatore,
che vaila da punto a punto della traiettoria, rappresenta il cerchio che meglio ap¬
prossima la traiettoria nell’intorno del punto considerato. Il termine à rappresenta
V(t) = Vo+ 2<0/ a,(t)dt; j(t)=^o+ /
7/0
V(f)dt (2.18)

Applicazione: moto rettilineo Si consideri un punto P che si muove con legge


x(t) lungo una traiettoria rettilinea, come mostrato nella Figura 2.5a. Essendo
la traiettoria rettilinea, e ponendo l’asse reale lungo la traiettoria stessa, risulta
y(t) = 0, per ogni istante di tempo t . Si ha quindi:

P = x(t)
V =x^ (2.19)
a =x(t)
Essendo infinito il raggio del cerchio osculatore, per la (2.15) la componente nor¬
Figura 2.4 Rappresentazione del cerchio osculatore alla traiettoria nel punto P. male dell’accelerazione risulta nulla: ciò significa che la direzione del vettore
velocità non varia nel tempo.
{((((<({ I
10 Capitolo 2 Cinematica del punto e del corpo rigido 11

Figura 2.5 Moto di un punto su traiettoria rettilinea a), moto su traiettoria circola¬
re b).

Applicazione: moto lungo una circonferenza Sia ora P, vincolato a muoversi Figura 2.6 Confronto tra leggi del moto ad accelerazione costante (linea continua)
lungo una circonferenza di raggio R e centro O. Nel caso di moto su una traietto¬ e trapezoidale (linea tratto-punto).
ria circolare, risulta semplice scrivere il vettore posizione (P-O) direttamente in
forma polare, ed eseguire le derivazioni per ottenere velocità e accelerazione, in
tale forma: la prima si hanno intervalli temporali di accelerazione costante a tratti, una fase
di accelerazione e una di decelerazione, tra le quali può esservi anche un tratto
P = R cos 0H- i R sin 0 = Re10 ad accelerazione nulla (ossia con velocità costante). L’andamento nel tempo della
V = iÒRe'° (2.20)
velocità e lo spazio percorso riflettono ovviamente i legami espressi dalle (2.17)-
a =idRe'e - R92eie (2.18). La Figura 2.6 mostra un esempio di legge del moto per accelerazione
costante a tratti (linea continua).
Nelle (2.20) si deve tenere conto, nelle derivazioni, che il raggio R è costante. L’applicazione della legge ad accelerazione costante non è adatta al caso di
Si può osservare che dalla derivazione emergono direttamente le componenti tan¬ movimenti veloci, per i quali le variazioni di accelerazione possono indurre feno¬
gente e normale dell’accelerazione: la prima è tangente alla traiettoria, mentre la meni dinamici importanti. In alternativa si può modificare l’andamento dell’ac¬
seconda è diretta radialmente, ed è rivolta verso il centro di curvatura della traiet¬ celerazione raccordando linearmente i tratti ad accelerazione costante. In tal caso
toria, che nel caso in esame coincide con il centro della circonferenza. Si osserva (vedi la linea tratto-punto di figura 2.6), l’andamento della velocità risulta del tipo
inoltre che, anche nel caso in cui il modulo della velocità non vari nel tempo, il trapezoidale raccordato, e l’accelerazione non presenta più discontinuità.
punto è comunque soggetto a un’accelerazione, in quanto la direzione del vettore
velocità cambia nel tempo: ciò è indicato dal valore non nullo della componen¬
te normale dell’ accelerazione. L’andamento temporale di 0 e delle sue derivate Applicazione: Moto di un punto lungo una traiettoria generica In questo
è ancora definito dalle (2.17) e (2.18), previa sostituzione di 5 con G, V con 0, esempio, volto allo studio del moto di un punto lungo una traiettoria generica,
a con 0. si considera un punto P che si muove lungo un’asta rettilinea OB (Figura 2.7),
Applicazione: leggi del moto Nel campo delle macchine automatiche, e della dotata a sua volta di moto rotatorio attorno al punto O. Questo schema cinema¬
movimentazione in generale, è necessario compiere dei movimenti che prevedono tico riproduce, per esempio, il moto del carrello in una gru da cantiere. Sia 0(t)
lo spostamento o la rotazione con partenza da fermo e arresto al termine del mo¬ l’angolo che l’asta AB forma con l’asse reale, e s(t) la distanza tra il punto P e
vimento stesso, oppure un moto alternato tra due posizioni estreme: in ogni caso l’estremo O dell’asta. Riprendendo la (2.4), si ha:
sono presenti delle fasi di accelerazione e di decelerazione.
Tra le leggi più semplici per effettuare questi movimenti vi sono quelle de- P= Pe'e = s(t)eie(,) (2.21)
nomninate ad accelerazione costante e ad accelerazione costante raccordata. Nel-
12 Capitolo 2 Cinematica del punto e del corpo rigido 13

Figura 2.7 Applicazione per lo studio di una traiettoria generica di un punto P che
scorre su un'asta OB rotante attorno a O.

Inserendo la dipendenza dal tempo delle due coordinate s^t) e 0(t), è possibile
tracciare la traiettoria descritta dal punto P. Considerando la derivata rispetto al
tempo della (2.21), si ottiene la velocità del punto P:

VP = seie + i0se'° (2.22)

in cui si è omessa per brevità l’indicazione esplicita della dipendenza dal tempo.
I due termini che compaiono a secondo membro della (2.22) sono mostrati nella Figura 2.9 Leggi del moto ad accelerazione costante della variabile j (linea continua)
Figura 2.8, con direzioni e versi dettati dalle loro stesse espressioni: l’anomalia e 0 (linea tratto-punto).
è l’argomento delle funzioni esponenziali, mentre il prodotto per l’unità immagi¬
naria i comporta una rotazione di rr/2 in verso antiorario, come già ricordato in
precedenza. Infine l’espressione vettoriale dell’accelerazione del punto P risulta: variabili s(t) e 0(t) (Figura 2.9). Nella Figura 2.10 si riportano, in corrispondenza
di due punti della traiettoria, i vettori velocità e accelerazione, quest’ultimo nelle
aP = se® + Ì2s0eio + Ì0seìo - ÀW' (2.23) sue componenti tangente e normale.
con componenti indicate anch’esse nella Figura 2.8.
Come si vedrà nel Paragrafo 2.3.2, alle componenti delle (2.21-2.23) si può 2.2 Cinematica del corpo rigido nel piano
dare l’interpretazione fisica in termini di moto relativo del punto rispetto all’asta
e del moto di trascinamento che l’asta, per effetto del suo moto rotatorio, imprime Nel paragrafo precedente si è studiata la cinematica di un sistema puntiforme,
al punto. Nel caso in esame, nella (2.22) se10, rappresenta la velocità con cui P ossia dotato di dimensioni trascurabili rispetto al campo di movimento. Molto
si muove lungo l’asta, mentre i0se's indica la velocità che l’asta, per effetto del spesso però nello studio della meccanica occorre considerare corpi di dimensioni
suo moto rotatorio, imprime al punto P. E possibile, tramite la (2.21) tracciare finite. In questo ambito, un modello particolarmente importante è quello del corpo
nel piano x-y la traiettoria descritta dal punto P, note le leggi del moto delle due rigido, che sarà tr attato in questo paragrafo.
In particolare, si fornirà la definizione di corpo rigido e si descriveranno i
particolari tipi di movimento che esso può compiere, evidenziando le relazioni
cinematiche fondamentali che ne governano il moto, limitandosi al moto piano.

2.2.1 Definizioni relative al movimento in un corpo


Si premettono innanzitutto alcune definizioni che si applicano in generale alla
cinematica di un corpo dotato di dimensioni finite (non necessariamente rigido).
Come posizione del corpo, intenderemo l’insieme dei vettori che definiscono la
posizione di ciascun punto componente il corpo. Diremo poi movimento del corpo
Figura 2.8 Indicazione dei termini che compongono la Velocità e l'accelerazione del la descrizione di come la posizione di questo varia nel tempo, ossia la dipendenza
punto P che scorre sull'asta.
di tutti i vettori posizione relativi ai punti del corpo in funzione del tempo. In
<(1(111
Cinematica del punto e del corpo rigido 15
14 Capitolo?

Diremo poi atto di moto l’insieme delle velocità di tutti i punti del sistema nel¬
l’istante considerato. L’atto di moto corrisponde quindi a una “fotografia” della
condizione istantanea di moto del corpo, ossia del suo campo di velocità. Le
due definizioni di posizione e movimento del corpo ricalcano da vicino le corri¬
spondenti definizioni fornite per il moto del punto; la definizione di atto di moto,
viceversa, è specifica della cinematica di corpi non puntiformi. La ragione per
cui si rende necessario introdurre la definizione di atto di moto è che, come si
vedrà nel seguito, risulta spesso particolarmente importantejjefinire la condizione
istantanea di movimento del sistema (per esempio per calcolare l’energia cine¬
tica di un corpo in movimento). Inoltre, come si mostrerà in questo capitolo,
mentre la descrizione del movimento di un corpo (anche nel caso di un corpo
rigido) risulta in genere complessa, per l’atto di moto di un corpo rigido è possi¬
bile definire alcune relazioni cinematiche che consentono di studiarlo con relativa
semplicità.
Vale la pena fin d’ora di introdurre anche la nozione di spostamento infini¬
tesimo di un corpo: si tratta di uno spostamento in cui ciascun punto del corpo
varia la propria posizione di una quantità infinitesima, pertanto, lo spostamento
infinitesimo viene valutato rispetto alla configurazione indeformata del corpo. La
necessità di introdurre un concetto così astratto nasce dal fatto che nello studio del¬
la dinamica utilizzeremo estesamente il Principio dei lavori virtuali (Capitolo 5),
che richiede per la sua applicazione di calcolare lo spostamento infinitesimo del
sistema (punto, corpo, insieme di corpi) studialo. Per il momento, ci limiteremo
a osservare che esiste un’importante analogia tra l’atto di moto e lo spostamento
infinitesimo: infatti, poiché la velocità di ciascun punto può essere definita co¬
me rapporto tra lo spostamento infinitesimo del punto e il tempo d/ in cui questo
avviene, l’atto di moto può essere inteso anche come una descrizione dello spo¬
stamento infinitesimo del corpo, rapportato al tempo infinitesimo di in cui questo
avviene. Ne consegue che le stesse regole cinematiche che definiremo per l'atto
di moto valgono anche per lo spostamento infinitesimo di un corpo rigido; que¬
sta considerazione sarà di grande importanza nel momento in cui affronteremo lo
studio della dinamica dei sistemi meccanici.

2.2.2 Definizione di corpo rigido


5 Possiamo definire rigido un corpo (insieme di punti dotato di dimensioni) che nei
suoi spostamenti, rispetta le seguenti regole (o, più precisamente, vincoli):
?
o la distanza tra qualunque coppia di punti si mantiene immutata;
• l’angolo formato da due segmenti congiungenti due coppie di punti a piacere
nel corpo si mantiene immutato.
Figura 2.10 Traiettoria del punto P con indicazione, agli istanti t = 1.5 set = 2.5s,
della velocità (in alto) e dell'accelerazione (in basso). Cercando di sintetizzare questa definizione, si può affermare che un coipo rigido
è un sistema che si posta senza cambiare la propria forma. Si osservi, a titolo di
particolare, diremo moto piano una condizione di movimento in cui le traiettorie, esempio, il rettangolo di Figura 2.11: lo spostamento rappresentato in linea con¬
le velocità e le accelerazioni di tutti i punti del sistema sono parallele a un piano tinua è rigido: la forma del corpo non è cambiata, anche se la posizione dei punti
detto piano direttore. che lo compongono è diversa, per esempio il lato AB e il lato BC per effetto dello
16 Capitolo 2 Cinematica del punto e del corpo rigido 17
i
Se però il corpo è rigido, allora sono sufficienti tre sole coordinate per definirne
la posizione: si pensi per esempio di definire la posizione di un punto qualsia¬
si del corpo (per esempio il punto A nel corpo rappresentato nella Figura 2.11),
; mediante una coppia di coordinate (x, y) riferite a un sistema di assi cartesiani
f assegnato. Potremo ora individuare la posizione di un secondo punto del corpo
con una sola coordinata: infatti, conoscendo già la distanza tra i due punti, basterà
utilizzare una coordinata angolare per descrivere l’orientamento della congiun¬
gente i due punti. Per esempio, nella Figura 2.11 in alto a destra, potremmo usare
D C l’angolo formato dal lato AB con la direzione orizzontale per individuare il pun¬
D C to B. Così facendo, la posizione di qualunque altro punto P del corpo rigido
/ /
s è univocamente definita dal fatto che la distanza AP è nota, ed è noto l’angolo
z z
4
formato dalla congiungente AP con AB. È importante sottolineare che, pro¬
K 11 A K prio per la seconda delle condizioni che definiscono il moto rigido, qualunque
Posizione iniziale Spostamento non rigido segmento appartenente al corpo ruoterà della stessa quantità. In altre parole la
rotazione è una proprietà dell’intero corpo rigido e non dei singoli punti che lo
compongono.
In conclusione, per individuare la posizione di un corpo rigido nel piano sono
necessarie e sufficienti tre coordinate: le due coordinate che individuano la posi¬
zione di un punto appartenente al corpo, e un angolo che esprime la rotazione del
coipo. Da quanto detto consegue, per lo meno intuitivamente, che un corpo rigido
Spostamento non rigido può compiere tre soli tipi di moto, di seguito elencati.
Figura 2.11 Esempi di spostamento rigido e di spostamento non rigido.
Moto traslatorio 11 corpo si sposta mantenendo costante il suo orientamento,
cambiano le coordinate x e y del punto A, ma non la rotazione fi (vedi Figu¬
spostamento hanno assunto direzioni diverse, ma mantengono la stessa lunghezza ra 2.12). Ne consegue che tutti i punti del corpo possiedono, a ogni generico
e continuano a formare un angolo retto. Al contrario, i due spostamenti rappre¬ istante, la stessa velocità e la stessa accelerazione, e che le traiettorie di tutti i
sentati in linea tratteggiata non sono rigidi. In un caso il rettangolo si deforma in punti sono parallele. Si osservi che, come mostrato nella Figura 2.12, questa
un parallelogramma: i lati mantengono ancora la stessa lunghezza, ma l’angolo traiettoria può essere una linea qualsiasi, e non necessariamente una retta: il mo¬
fra loro risulta diverso rispetto alla posizione originale. Nel secondo caso, uno dei to rettilineo costituisce solo un caso particolare del caso più generale di moto
lati risulta incurvato: se si considera un qualunque punto interno a tale lato (per traslatorio.
esempio il punto K), la sua distanza da ciascuno dei due vertici è cambiata, così
come è cambiato, per esempio, l’angolo DAK.
Come si può notare dalla figura, quando un corpo subisce uno spostamento
rigido è sempre possibile trovare una nuova posizione da cui osservare il corpo
(ossia cambiare il sistema di riferimento) nella quale vedremo il sistema in modo
identico a come ci appariva prima che avvenisse lo spostamento.

2.2.3 Gradi di libertà del corpo rigido nel piano e classificazione


dei moti rigidi
Se consideriamo un corpo dotato di dimensioni non trascurabili, e se ipotizziamo
che esso possa compiere qualunque tipo di spostamento nel piano, anche non
rigido, allora in generale dovremo attribuire al corpo oo2 gradi di libertà, ossia due
possibilità indipendenti di movimento (per esempio lungo le direzioni orizzontale Figura 2.12 Esempi di moto traslatorio nel piano a) lungo una traiettoria curvilinea,
e verticale) per ciascuno degli infiniti punti che compongono il corpo. b) lungo una traiettoria rettilinea.
( i ! I ( ( ( I ( I ( I I
18 Capitolo 2 Cinematica del punto e del corpo rigido 19

2.2.4 Atto di moto rigido piano


Se invece della condizione di movimento in grande ci limitiamo a considerare l’at¬
to di moto, ossia la “fotografia” istantanea delle velocità del corpo rigido, allora
per il corpo rigido che si muove di moto piano vale una proprietà estremamente
importante: l'atto di moto rigido piano può essere esclusivamente traslatorio o
rotatorio. Questo significa che, in qualsiasi istante del moto di un corpo rigido,
purché nel piano, dovrà valere una sola delle seguenti due condizioni:
» le velocità di tutti i punti sono uguali in modulo, direzione e verso: l’atto di
Figura 2.13 Moto rotatorio nel piano: il punto P compie un movimento lungo la moto è traslatorio;
circonferenza di raggio AB e centro A. ® esiste un punto del corpo (o collegato rigidamente a esso) che ha, nell’ istante
considerato, velocità nulla: tale punto prende il nome di centro di istantanea
rotazione (c.i.r.) del corpo, e l’atto di moto è rotatorio.
Moto rotatorio II corpo si sposta mantenendo costante la posizione di uno
dei suoi punti (che prende il nome di centro di rotazione) e cambia invece la sua Nel secondo dei due casi si osservi che il punto del corpo che diviene centro
posizione angolare. Indicando con A tale punto, le traiettorie di tutti gli altri punti di istantanea rotazione cambia da un’istante all’altro, ne consegue che il centro di
del corpo sono delle circonferenze, con centro in A e raggio pari alla distanza tra istantanea rotazione, a meno di casi particolari, ha velociti) nulla ma accelerazione
A e il punto considerato, il cui moto è descritto come moto su traiettoria circolare diversa da zero.
(Figura 2. 1 3), e può essere espresso utilizzando le (2.20).
2.2.5 Velocità e accelerazioni dei punti di un corpo rigido
Moto rototraslatorio E la condizione di moto più generale, in cui non è possi¬
bile individuare un punto che rimanga sempre fisso e, nel contempo, varia anche In questo paragrafo ricaveremo le espressioni che definiscono le velocità e le ac¬
la posizione angolare del corpo. celerazioni dei diversi punti di un corpo rigido. Per farlo, consideriamo il caso più
generale di moto rototraslatorio: i due casi particolari di moto traslatorio e rotato¬
rio potranno poi essere ottenuti annullando rispettivamente i termini di rotazione
e di traslazione.
Descriviamo il moto del corpo utilizzando due coordinate xa e yA di un suo
punto A qualsiasi e la rotazione p del corpo stesso. La posizione di un altro punto
B qualsiasi appartenente al corpo potrà essere scritta in base al formalismo dei
numeri complessi come:

B = X/) + iya = 4'4 + iyA + ABe’^ (2.24)

in cui si è utilizzata la notazione polare per il vettore che unisce A con B. Deri¬
vando la (2.24) rispetto al tempo si ha:

VB = VAv + i VAy + ipABeip = VA 4- pABe^”'2'1 = Va + Vba (2.25)

in cui si è tenuto conto che del fatto che, essendo il corpo rigido, la distanza AB
non varia nel tempo. La (2.25) consente di esprimere la velocità di un punto
qualsiasi del corpo rigido, come composizione della velocità di un punto scelto
arbitrariamente sullo stesso corpo e un termine V ba perpendicolare alla con¬
Figura 2.14 Moto rototraslatorio nel piano, interpretato come combinazione di un giungente AB, il cui modulo dipende dalla distanza AB e dalla derivata temporale
moto traslatorio e di uno rotatorio attrono ad A. dell’angolo del corpo, che nel moto piano ne rappresenta la velocità angolare. Si
ricorda come quest’ ultima grandezza sia una proprietà cinematica dell’intero cor¬
po, che non dipende in alcun modo dal punto A scelto. L’espressione (2.25),
20 Capitolo 2 Cinematica del punto e del corpo rigido 21

Figura 2.15 Descrizione del moto rototraslatorio nel piano (posizione).

scritta in termini complessi, trova corrispondenza nel teorema di Rivals per le


velocità, espresso invece in termini vettoriali:

V« = Va+«a(B-A) (2.26)
che interpreta il moto rototraslatorio di un corpo nel piano come composto dal
Figura 2.16 Descrizione del moto rototraslatorio nel piano (velocità e accelerazione).
moto del punto A, scelto ad arbitrio, e la rotazione del corpo attorno al punto A
stesso. Nella (2.26) viene introdotta la velocità angolare co che è un vettore, per i
moti piani, perpendicolare al piano stesso del moto, e di modulo pari alla derivata ovvero:
rispetto al tempo della posizione angolare, co = pie. Se, in particolare, nella
(2.26) si utilizza in luogo di un generico punto A il centro di istantanea rotazione
(in seguito abbreviato come c.i.r.) del corpo (indicato con C) si ottiene: = aa + « A (B — — co2(B —
A) A) (2.3 1)

VB = co A (B - C) (2.27) detta teorema di Rivals per le accelerazioni. Negli ultimi due termini a secondo
membro della (2.28) si riconoscono le espressioni delle componenti tangente e
essendo, per definizione, Ve = 0. Lti (2.27) indica che la velocità di ciascun normale dell’accelerazione del punto nel moto circolare, riferito al movimento
punto del corpo rigido risulta sempre perpendicolare alla congiungente il punto relativo del punto B attorno al punto A. La Figura 2.16 mostra graficamente i
con il centro di istantanea rotazione. termini di velocità e accelerazione relativi alle (2.25) e (2.28).
In base a quanto detto sopra, si ottiene un metodo grafico estremamente utile
per determinare il c.i.r. di un corpo in un dato istante: se si conosce la direzione del
vettore velocità di almeno due punti del corpo, il c.i.r. si trova all’intersezione tra 2.2.6 Vincoli
le perpendicolari alle due direzioni delle velocità portate dai due punti. Per otte¬ I vincoli sono dispositivi che limitano i gradi di libertà (GdL) del corpo rigido, col¬
nere l’espressione dell’accelerazione di un punto del corpo (in termini complessi) legandolo a un sistema di riferimento fisso (telaio) o ad altri corpi. Una possibile
si può derivare ulteriormente la (2.25), ottenendo l’espressione: classificazione dei vincoli può essere fatta in base ai GdL che essi sopprimono: a
ogni GdL soppresso corrisponde una componente di reazione vincolare, che è co¬
«« = aAx + iaAy + ifÌA Be^ - prABe^ (2.28)
stituita da una componente di forza, nel caso si sopprima un GdL di spostamento,
esprimibile anche come: i
o da una componente di coppia, nel caso venga soppresso un GdL di rotazione.
Dato che si considerano sistemi di corpi nel piano, le forze appartengono al piano
«a = aAx + iaAy + pABei(t'+nm - f^ABe^ (2.29)
i
stesso, mentre le coppie sono rappresentabili come vettori momento perpendico¬
lari al piano nel quale si svolge il moto, o come archi orientati appartenenti al
che corrisponde alla relazione vettoriale: piano. Nella Figura 2.17 sono riportati i simboli grafici dei tipi di vincolo più
aB = + co A (B — A) 4- co a (co /\ (B — A)) (2.30)
utilizzati, le reazioni vincolali e i movimenti permessi nei riguardi del riferimento
fisso:
Cinematica del punto e del corpo rigido 23
22 Capitolo 2

• Incastro. Si tratta di un vincolo triplo, in quanto sopprime tutti e tre i gradi di


Rappresentazione del vincolo Reazioni vincolari GdL permessi libertà del corpo. 11 sistema delle reazioni vincolari è costituito da un momento
(indicato con M), e una forza comunque diretta, scomponibile secondo due
Incastro

—( M
H, V, M —
componenti aventi direzione nota c valore incognito (per esempio He V).
e Cerniera. Sopprime qualsiasi spostamento del punto su cui è applicata, la rea¬
zione vincolare è perciò costituita da una forza di modulo e direzione qualsiasi,
scomponibile in due componenti di direzione nota c modulo incognito. Poi¬
V
ché il vincolo non impedisce la rotazione 0, non è presente alcun momento nel
sistema delle reazioni vincolari.
® Pattino o manicotto. Come per la cerniera, si tratta di un vincolo doppio, in

quanto sopprime due gradi di libertà. Impedisce la rotazione del corpo, e lo


Cerniera I spostamento in direzione perpendicolare al vincolo. Il sistema delle reazioni
vincolari è quindi costituito da un momento e da una forza di modulo qualsia¬
Il I si, c direzione perpendicolare alla direzione dello scorrimento s concesso dal
II. v 0
!i vincolo (Figura 2.17).
; o Carrello. Si tratta di un vincolo semplice, in quanto sopprime solo la com¬
i ponente di spostamento in direzione ortogonale al vincolo. L’unica reazione
V I vincolare sviluppata è una forza di modulo qualsiasi e direzione perpendicola¬
re a quelle dello scorrimento concesso. Può essere interpretato anche come la
disposizione in serie di una cerniera e di un pattino.

I vincoli ora esaminati, come visto, impongono direttamente una condizione su


Pallino
.V
ciascun GdL soppresso, altri tipi di vincolo invece riguardano l’accoppiamento di
" Il :
H. M s superfici.
M ' Contatto tra superfici non conformi A questo proposito si consideri dapprima
il vincolo di “contatto tra superfici non conformi”, intendendo con il termine “non
Manicotto conformi” il fatto che le due superfici presentino curvature contrapposte nel punto
di contatto. Tale tipo di contatto è rappresentato nella Figura 2.18. Il contatto av¬
V, M s viene in modo che i due corpi presentino la stessa tangente in corrispondenza del
punto di contatto P, la componente normale al contatto della velocità di ciascun
V M punto di contatto dei due corpi, è la stessa. Pertanto, la differenza delle velocità
risulta nulla in direzione normale al contatto, e in genere non nulla nella direzio-

Carrello

V s, 0

Figura 2.18 Esempio di contatto tra superfici non conformi: le componenti normali
delle velocità dei due corpi in corrispondenza del punto di contatto sono uguali.
Figura 2.17 Schema dei principali tipi di vincolo nel piano.
24 Capitolo 2
Cinematica del punto e del corpo rigido 25

ne tangente: tale componente costituisce la velocità di strisciamento relativo tra


i due corpi a contatto. Nello studio dei fenomeni legati all’attrito e all’usura, co¬
me verrà mostrato nel Capitolo 6, risulta indispensabile la conoscenza di questa
componente.

Figura 2.19 Esempio di contatto di rotolamento: disco su guida rettilinea.


Figura 2.20 Esempio di contatto di rotolamento: due dischi a contatto.

Contatto di puro rotolamento Nel caso in cui al vincolo di contatto tra super- essendo <pi e 902 le velocità angolari dei due dischi a contatto. La velocità calcolata
fici si aggiunga l’ulteriore condizione di velocità di strisciamento nulla, si ottiene pensando il punto P appartenente rispettivamente al disco 1 e al disco 2 è la
il vincolo di puro rotolamento. Si consideri come primo esempio (Figura 2.19) medesima, in quanto non vi è strisciamento nel punto di contatto.
un disco che rotola senza strisciare su una guida rettilinea fissa. Indicando con
A il punto di contatto nella posizione iniziale, con li l’estremo dell’arco sotteso
dall’angolo <p, la condizione di rotolamento senza strisciamento, al termine del 2.3 Cinematica del punto: studio mediante
quale il punto lì diviene il nuovo punto di contatto, impone che lo spostamento s i moti relativi
del centro del disco sia paia alla lunghezza dell’arco di circonferenza AB sotteso
dall’angolo <p, ossia il prodotto R<p. Derivando rispetto al tempo si ottengono le Sinora il movimento di un punto nel piano è stato analizzato uilizzando un unico
espressioni per la velocità e l’accelerazione del centro del disco: sistema di riferimento. A volte invece può rivelarsi utile considerare più sistemi
di riferimento contemporaneamente. L’idea di utilizzare diversi sistemi di rife¬
s = Ru>\
—=
ds
dr
V. = R<p\ dr —Vc = ac = Rio
Si osservi che, essendo la traiettoria del punto C una retta parallela alla guida, la
rimento prende spunto dal concetto di composizione dei moti. Se si considera,
per esempio, la Figura 2.2 1 , si può osservare che il movimento del punto P può
essere visto come sovrapposizione di più movimenti elementari: P scorre all’in¬
velocità e l’accelerazione sono parallele alla guida. Ne segue che la componenente terno della guida che a sua volta può ruotare attorno al perno Oi, che si muo¬
normale dell’accelerazione del centro del disco risulta nulla. ve solidalmente al carrello. Ciascuno di questi movimenti può essere osservato
Il vincolo di puro rotolamento può essere applicato anche a due corpi in con¬ j considerando differenti sistemi di riferimento.
tatto in movimento tra loro, come mostrato nella Figura 2.20, dove due profili Nella Figura 2.21 sono indicati, con £-17 il sistema di riferimento rotante con
circolari sono dotati di moto rotatorio con versi di rotazione opposti e vengono te¬ l’asta, che consente di analizzare il moto del punto P nella guida, con Xj-Fi la
nuti a contatto nel punto P. Si considerino due punti P' e P", aventi la medesima terna solidale con il carrello che osserva il moto di relazione dell’asta e con Xy-fo
distanza dal punto P, misurata lungo le rispettive circonferenze di appartenenza. il sistema di riferimento assoluto. Nel seguito verrà illustrato come sia possibi¬
In assenza di strisciamento, i due punti P’ e P", vengono a contatto tra loro, nel le procedere utilizzando più sistemi di riferimento nell'analisi di un movimento
punto P, dopo che i due dischi hanno compiuto una rotazione rispettivamente pa¬ complesso.
ri a <pi e <pz. Poiché, la lunghezza dell’arco sotteso dall’angolo 951 sul disco 1 è
L
uguale a quella dell’arco sotteso dall’angolo 992 sul disco 2, il legame tra i valori 2.3.1 Cinematica del punto: metodo cartesiano
assoluti delle rotazioni diviene: con moti relativi
= V2R2 r Si analizza ora il generico movimento di un punto P nel piano, considerando
Da cui, derivando l’espressione precedente, si ottiene: due diversi sistemi di riferimento (Figura 2.22). P è in moto rispetto al sistema
OiXiFi, che a sua volta si muove di moto generico rototraslatorio rispetto al
<P\ R] ~ (P2 Pi sistema di riferimento fisso OXqYq-

I ( (
I ( I 111(1
2G Capitolo 2
Cinematica del punto e del corpo rigido 27

Calcolando le derivate dei versori che compaiono nella (2.33) e ricordando che
=
il e‘e, si ha:

—= ie'°Ò - ? fi = j।li (2.34)

essendo:

j, = = (2 35)
Analogamente:

Figura 2.21 Esempio di composizione dei moti. = -e^Ò = -i^ (2.36)

essendo 0 la velocità angolare della terna 0 X| P, . Nel seguito porremo è = w. In


Il vettore P individua la posizione del punto P nel sistema di riferimento assoluto sintesi si ha:
c può essere scritto come:
dii . di|
P = (P — O) = (P — O]) + (<?i
— O) = (i|X| + jiji) + (io-to + joyo)
(2.32)
d7=J|W d7 = -""
Le (2.37) costituiscono le cosiddette formule di Poisson (per moti piani) [4J. Esse
(2’37)

Per calcolare la velocità del punto P si deriva il vettore posizione: indicano che la derivata di un versore ha una direzione perpendicolare al ver¬
sore stesso, e in modulo è pari alla velocità angolare della terna cui il versore
.... . dyi
vp
—il
= df (P — „
0) = ia.ro +jojo +
— .—
di,
ci/
-ti -I- 1|
da'!
ci/
+ —
dji
7— J'i
ci/
,
+ Ji -j—
ci/
(2.33)
appartiene.
Sostituendo la (2.37) nell’espressione della velocità di P (2.33), si ottiene:

1 primi due termini dell’equazione (2.33) rappresentano la velocità dell’origine


vp = i0À0 + jojo + i|.i| +ji.vi +a>(— ii.Yi +ji.i|) (2.38)
O della terna mobile rispetto alla terna fìssa, mentre il quarto e il sesto termine
rappresentano le componenti della velocità di P rispetto al sistema di riferimento
mobile OiX|L|.
« = kco un vettore di modulo co = Ò, diretto perpendicolare al piano: —
Si dimostra che il termine w(—i|yi +j|X|) è uguale a wa(P 0|). Infatti definito

kwA(P-0|) = kw a (i|.ri + ji.)>i) =


= wk a i| JC] 4-cuk Aj, Vi = <w(j|.Vi - i|j|)
Jl -i|
f
Dall’equazione (2.38) si vede che la velocità assoluta del punto P c data dalla
composizione dei seguenti termini:

W'o + jo)’o trascinamento dovuto al moto dell’origine 0| ;


(— iUt + ji-Vi)w trascinamento dovuto al molo rotatorio della terna mobile;
i|ii + jt?! velocità relativa del moto di P rispetto alla terna mobile.
I primi due termini rappresentano il molo di trascinamento, ossia il molo che
Figura 2.22 Composizione dei moti nel piano. viene impartito al punto P per effetto del moto della terna mobile, come se il
punto fosse rigidamente collegato a essa. In particolare il primo è dovuto alla
Cinematica del punto e del corpo rigido 29
28 Capitolo 2

ovvero:
componente traslatoria del moto della terna mobile (assimilata a un corpo rigido),
mentre il secondo è dovuto alla rotazione della tenia. aP = alr + arei + ac (2.42)
11 terzo termine descrive il moto del punto P rispetto al sistema di riferimento La (2.42) prende il nome di teorema di Coriolis. Questi teoremi e l’approccio
mobile (vedi Figura 2.22). Ponendo quindi: grafico consentono di calcolale velocità e accelerazione di un punto.
>o-Vo + jo5’0 = VO, Nel caso particolare in cui il sistema di riferimento mobile sia dotato di mo¬
to solamente traslatorio (ossia con velocità angolare sempre nulla), l’equazione
(-Ì|Y| +j|.t|)to = W A (P — Oi) (2.39) si riduce alla già presentata (2.26).
Ì1X| + jl5l = Vpo,
2.3.2 Confronto con l'approccio con i numeri complessi
Si ottiene l’espressione della velocità assoluta di P in forma vettoriale:
Benché il metodo dei numeri complessi possa essere utilizzato indipendentemente
vp = V01 + W A (P — O|) + Vpo{ = ^tr + Vrcl (2.39) dall’utilizzo di terne mobili o dal loro riconoscimento all’interno di un meccani¬
smo, si ritiene utile riproporre lo studio del punto nel piano attraverso le terne
in cui la somma dei primi due termini a secondo membro è definita velocità di tra¬ mobili, esprimendo però questa volta la posizione (e quindi la velocità e l’acce¬
scinamento, e il terzo termine è definito velocità relativa. Derivando la relazione lerazione) del punto non attraverso i vettori geometrici, ma mediante i numeri
(2.38) si ricava l’accelerazione del punto P: complessi che li rappresentano. In tal modo si potrà riconoscere nella scrittura in
termini di numeri complessi i termini di moto di trascinamento, relativo e il termi¬
tip = —— =
dv/>
dr
U-Vo + jo)’u + —
djj
dt
<UA1+ ne di Coriolis. Tale riconoscimento non è in generale necessario per la risoluzione
dei problemi, ma è finalizzato a interpretare il significato fisico dei vari termini.
Dalla Figura 2.23 si trae l’equazione che descrive la posizione del punto P
+jicù.Vi + jiwii 7- Vico - iicóyi - i|tu5i+ (2.40)
d/ '
nel piano, come somma di due numeri complessi, di cui il primo rappresenta la
di| . . .. dj| . . .. posizione dell’origine della terna, c il secondo la posizione del punto P rispetto
+— -vi + ii-vi + —>’i +ji>i alla terna mobile:
dt dt
Utilizzando le (2.34-2.37) all’interno della (2.12), si ottiene l’espressione dell’ac¬
celerazione del punto, in cui si distinguono i seguenti termini:
(P-O) = r}eiv + (2.43)
essendo 0 l’angolo che la terna mobile forma con la tema assoluta, e con a l’a¬
>0*0 + jo5’o = a0 accelerazione di trascinamento dovuta al
moto traslatorio della terna;
nomalia di P nel riferimento mobile. Derivando rispetto al tempo, si ottiene la
velocità:
w2(-iiX| -jij’i)= —ar(P - Oi) accelerazione di trascinamento normale VP = + ir^e'"’ + + ir2(à + (2.44)
dovuta al moto rotatorio della terna;
ù (Ji*i “ >D’i) = w A (P - Oi) accelerazione di trascinamento tangen¬
ziale dovuta al moto rotatorio della tema;

>t*l + j l Vi = arcl accelerazione relativa;


2jiw.i-| - 2i|W.yi = 2&> A v poi* accelerazione di Coriolis,
o complementare.
Raggruppando i termini sopra indicati in maniera analoga a quanto fatto per la
velocità si ottiene:
a P = >0*0 + joyo + d> A (P — <?i) - (^{P — 0|) + ipVi + j|Vi + 2&1 A VpQ|

Trasdiiàtiicnio alr Relativo »«.) Coriolis ue Figura 2.23 Composizione dei moti nel piano: approccio con i numeri complessi.
(2.41)
JU Capitolo 2
I ( ( ( I I ( ( (
Cinematica del punto e del corpo rigido 31

riorganizzando i termini, e confrontandoli con la (2.39) si ha:


relativo e di Coriolis (o complementare):
vP = (r, + ir^e^ +
wa(/’-6J|)
+ (r2 + ir2à)e'(0+“)
vrc|
(2.45) dp = (r, 4- 2/f| ip 4- — rl<p2)e"1’ +
voi

Dall’esame dei numeri complessi si nota infatti che essi esprimono i seguenti + -r202ei(e+a) 4- ir20ei(,Hal A(P - O,)4-
termini di velocità: -w2(P-O|) w

o trascinamento dovuto al moto traslatorio della terna, infatti il numero complesso


comprende solo i termini in ri c cp, legati al moto del solo punto O, origine della
4- (r2 4- 2ir2à 4" ir2ix
«rei
— r2òt^)e‘^^a^ 4~

terna mobile;
e trascinamento dovuto al moto rotatorio della terna, che infatti è espresso come + i20(r2 4- ir2à)e{"+a)
prodotto della posizione r2 all’interno del riferimento mobile, per la velocità
ZwAVpo,
angolare 0 della stessa tema.
o relativo del punto P rispetto al riferimento mobile, in quanto comprende, nelle Considerazioni analoghe a quelle svolte sulle velocità nel caso di terne traslante e
espressioni del modulo, solo i termini in r2 e a. corpo rigido, e di terna rotante, con traiettoria del moto relativa di forma rettilinea
o circolare, consentono di semplificare le espressioni sopra scritte, nei suddetti
Se il moto della terna di riferimento è solo traslatorio (ossia la terna non è soggetta casi particolari, peraltro di ampio utilizzo.

a rotazione, e quindi 0 0), e il vettore r2 connette due punti di un corpo rigido,
essendo r2 = 0, allora la (2.45) si semplifica nella:
2.4 Esercizi
vp = (f। + tri + ii^àe^^ (2.46) Esercizio 1: moto di un punto su traiettoria curvilinea Un vagone ferroviario
voi v^o, percorre il tracciato mostrato in figura, muovendosi con modulo della velocità co¬
stante c pari a 20 m/s. Assimilando il sistema a un punto materiale, determinare,
che esprime il teorema di RiVals, applicato al caso del corpo rigido. In questo caso nei vari tratti della traiettoria, l’accelerazione cui sono sottoposti i passeggeri.
à rappresenta la velocità angolare del corpo. Se il moto della terna è solamente
rotatorio, attorno alla sua origine Olf allora si ha:

vp = ir2àeit0+a} + (r2 + ir20)ew+a\ (2.47)


WA(P-0|) Vre|

che esprime il moto del punto come somma del moto di trascinamento di sola
rotazione, e del moto relativo rispetto a una terna rotante. Se poi la traiettoria del
moto relativo è rettilinea, allora il termine 0 è nullo, mentre se la traiettoria del
moto relativo è una circonferenza, allora è il termine à2 a essere nullo.
Infine si esamina il termine di accelerazione, ottenuto derivando rispetto al
tempo la (2.45):

a? = (fi 4- »4^ + iri^)e“p 4- i<p(r\ 4- irt<p)e"p+


+(ir2Ò + ir^ìe*0™ -(0 4- à)r20e/(<’+“)+ Esercizio 2: legge del moto 11 carico di un impianto di sollevamento deve per¬
correre 24 m in altezza, partendo da fermo e giungendo al termine della corsa con
+(f2 + ir2à + /r2a)e,("+“) 4- i(0 4- à)(r2 4- ir2à)eno+a) velocità nulla, con una legge di velocità trapezoidale. Il valore massimo della ve¬
locità di sollevamento è di 10 m/min, mentre la durata del transitorio di avviamen¬
Il confronto con la (2.41) consente di riconoscere i termini di trascinamento. to e di arresto è di 2 s. Ricavare il diagramma della velocità, dell’accelerazione, e
il tempo necessario a compiere la manovra.
32 Capitolo 2 Cinematica del punto e del corpo rigido 33

Esercizio 3: rotolamento senza strisciamento di un disco su una guida in¬ si osservi che la velocità di C è parallela alla retta che definisce la traiettoria di C
clinata Si consideri un disco di raggio R, posto su una guida inclinata rispetto stesso, ossia risulta (come necessario) tangente alla traiettoria.
all’orizzontale di un angolo a. Il disco rotola senza strisciare sulla guida. Essendo Per quanto riguarda l’accelerazione di C, ricordando quanto detto sulla ci¬
note la velocità angolare 0 e l’accelerazione angolare 0 del disco, si richiede di: nematica del punto, possiamo osservare che l’accelerazione di un punto che si
muove su una traiettoria rettilinea (ossia a curvatura nulla), avrà una sola com¬
1. determinare la traiettoria del centro C del disco; ponente di accelerazione, diretta tangente alla traiettoria (ossia ancora una volta
2. individuare il centro di istantanea rotazione del disco; parallela al piano inclinato) e pari in modulo alla derivata rispetto al tempo del
3. calcolare (in modulo, direzione e verso) la velocità e accelerazione di C; modulo della velocità:
4. calcolare l’accelerazione del punto P del disco in contatto con la guida. d |VC|
= df
= 0R

Punto 4: nota l’accelerazione di C, si può applicare il teorema di Rivals per le


accelerazioni (2.30):

aP = ac + 0 A (P - C) - 02(P - C)
La formula sopra riportata indica che l’accelerazione di P è somma vettoriale di
un termine inclinato come la guida, con verso a salire e modulo OR (l’accelerazio¬
ne di C), di un termine inclinato come la guida, con verso a scendere, e modulo
uguale al precedente (il termine dovuto al prodotto vettoriale dell’accelerazione
angolare per la distanza di P da C) e infine un termine ortogonale alla guida,
diretto da P verso C e di modulo pari al quadrato della velocità angolare per il
raggio. I primi due temini sono uguali e opposti e pertanto si elidono tra loro,
Risoluzione Punto 1: poiché disco e guida sono rigidi e non possono compe- per cui l’accelerazione di P risulta puramente ortogonale alla guida. La figura
netrarsi, qualunque posizione il disco assuma rispetto alla guida (escludendo il sottostante illustra graficamente la soluzione sopra esposta, relativamente ai vari
distacco tra i due corpi) sarà tale per cui il centro C del disco dista R dalla su¬ punti.
perficie inclinata della guida. Di conseguenza la traiettoria del centro del disco
deve necessariamente essere un segmento appartenente alla retta parallela al piano
inclinato e distante R da questa.
Punto 2: si tratta di trovare il punto del disco che ha (nella configurazione mo¬
strata) velocità nulla. Considerando che la guida è fissa, e quindi tutti i suoi punti
hanno velocità nulla, e che, per effetto del vincolo di rotolamento senza striscia¬
mento il punto P del disco ha la stessa velocità del punto della guida con cui viene
in contatto, si conclude che P ha velocità nulla ed è quindi il c.i.r. del disco.
Punto 3: la velocità del punto C si può calcolare con il teorema di Rivals, sfrut¬
tando il fatto che conosciamo la velocità di P (nulla per quanto detto al punto
precedente) e la velocità angolare del disco:

vc = 0 a (C - P) Esercizio 4: moto rototraslatorio di un corpo L’esempio qui riportato mira a


chiarire il concetto di velocità angolare, e a mostrare come sia possibile descrive¬
e risulta quindi diretta parallelamente alla guida, con verso a salire, e con modulo re il moto rototraslatorio di un corpo rigido nel piano. Si consideri un’asta rigida
pari a: vincolata a scorrere lungo una guida orizzontale (vincolo di carrello) con velocità
e accelerazione assegnate (rispettivamente Xa e i>) e inoltre dotata di velocità an¬
ve = ÒR golare e accelerazione angolare pari rispettivamente a 0 e 0, come mostrato nella
I I I ( ( I I ( I (
34 Capitolo 2

figura sottostante. Si calcolino le espressioni di posizione, velocità e accelerazione


dell’estremo B dell’asta.
3
Cinematica dei sistemi di corpi rigidi

Risoluzione Utilizzando il metodo dei numeri complessi, esprimiamo la posi¬ 3.1 Introduzione
zione del punto B come:
Nel capitolo precedente sono stati descritti i tipi di moto possibili per un singolo
(B - O) = xA + Le‘^2n+B) corpo rigido, tenendo conto di eventuali vincoli applicati al corpo. In questo capi¬
tolo lo studio della cinematica viene generalizzato al caso di un sistema composto
derivando rispetto al tempo tale espressione si ottiene: da più corpi rigidi, interconnessi da vincoli. Come per il singolo corpo rigido,
il primo problema da porsi è il numero di gradi di libertà del sistema considera¬
Vn = to: abbiamo visto che un singolo corpo rigido in moto nel piano e sul quale non
d/ = + iÒLe^'2^ agiscono vincoli possiede tre gradi di libertà, un sistema composto da n corpi nel
piano è pertanto caratterizzato, prima dell’applicazione dei vincoli, da 3n gradi
questa espressione indica che la velocità del punto P è somma di un termine di libertà. L’introduzione di vincoli tra i corpi o tra questi e un corpo fisso (det¬
orizzontale pari alla velocità del punto A, sommata vettorialmente a un termine to telaio'), riduce il numero dei gradi di libertà del sistema, che dipenderà quindi
ortogonale all’asta e pari in modulo al prodotto della velocità angolare dell’asta dal numero di corpi che compongono il sistema e dal numero e tipi di vincoli
0 moltiplicata per la lunghezza dell’asta stessa. Si interpreti questo risultato sulla applicati.
base del teorema di Rivals, rappresentato dalla (2.26). Per introdurre l’argomento ci si riferisce a un sistema composto da due aste
Derivando ulteriormente si ottiene: (Figura 3.1), cui vengono progressivamente applicati dei vincoli. A ogni situazio¬
ne di vincolo si osserverà quante coordinate è necessario indicare per definire la
aB = dt = xA + iBLe^'2^ - Ò2^'^ configurazione del sistema:

che possiamo interpretare in questo modo: l’accelerazione di B è somma di tre


o prima dell’introduzione dei vincoli, l’insieme dei due corpi è dotato di 6 = 3x 2
gradi di libertà;
termini: uno diretto orizzontalmente e pari all’accelerazione di zi, un secondo or¬ e applicando i vincoli di cerniera nei punti O e A, vengono sottratti due gradi di
togonale all’asta e pari in modulo al prodotto dell’accelerazione angolare dell’asta libertà per ciascuna cerniera applicata al sistema, che risulta quindi dotato di
9 per la lunghezza dell’asta, e infine uno diretto parallelamente all’asta, ma con due gradi di libertà: si può quindi individuare completamente la configurazione
verso diretto da B verso A, il cui modulo è pari a) prodotto della velocità angolare del sistema attraverso due soli parametri cinematici, per esempio gli angoli a e
al quadrato per la lunghezza dell’asta. fi, che costituiscono le coordinate libere del sistema;
» applicando un ulteriore vincolo di carrello nel punto B, si sottrae una ulteriore
possibilità di movimento al sistema, che risulta così dotato di un solo grado di
libertà. In questo caso, per determinare la configuazione del sistema è sufficien¬
te definire, per esempio, il valore dell’angolo a, che diviene l’unica coordinata
libera del sistema;
« nel caso in cui, infine, il vincolo posto nel punto B sia una cerniera, non sono
più possibili movimenti rigidi del sistema: infatti per effetto delle cerniere in
36 Capitolo 3 Cinematica dei sistemi di corpi rigidi 37

sociali alla deformabilità sono in generale confinati entro i limiti di deformazione


elastica del corpo e hanno tipicamente ampiezze molto piccole rispetto ai moti
rigidi. Per esempio, un’asta della lunghezza di un metro incernierata a lena a una
estremità potrebbe ruotare intorno all’estremo fisso (moto rigido) consentendo al
suo estremo libero di spostarsi di una distanza dell’ordine dei metri, mentre un
ragionevole ordine di grandezza dello spostamento prodotto dalla deformazione
elastica potrebbe essere 1/1000 della dimensione del corpo.
Per questo motivo nel seguito considereremo i meccanismi come composti da
corpi rigidi variamente interconnessi, trascurando tutti gli effetti di deformabilità
dei corpi che li compongono.

3.1.2 Computo dei gradi di libertà di un sistema di corpi rigidi


La procedura utilizzata nell’esempio per calcolare il numero dei gradi di libertà (o
gradi di mobilità) del sistema, può essere generalizzata per alcune classi di mec¬
canismi. Nel caso di meccanismi piani, con sole coppie inferiori (per esempio
cerniere, pattini e candii), in cui i collegamenti siano solo di tipo binario, ossia
ogni vincolo collega solo due clementi, si definisce la regola di Griibler, per il
calcolo del grado di mobilità del sistema. Detto f| il numero di vincoli che sop¬
primono un solo grado di libertà (vincolo tipo carrello), e C2 il numero di vincoli
che sopprimono due gradi di libertà (vincolo tipo cerniera o pattino), si ha:
Figura 3.1 Successiva applicazione di vincoli.

O e B ciascuna delle due aste potrebbe al più ruotare attorno alla sua estremità
n = 3*n — —
cj 2 * ci (3.1)

lissa, ma per effetto della cerniera in A anche queste rotazioni sono impedite, essendo n il numero di componenti del meccanismo, escluso il telaio.
perché la rotazione rigida di una delle due aste comporterebbe necessariamente
un allungamento o accorciamento dell’altra. Il fatto che il sistema non possa 3.1.3 Catene cinematiche aperte e chiuse
compiere moti rigidi trova corrispondenza nel conteggio del numero dei gradi
di vincolo agenti, che in questo caso sono sei, ossia pari al numero dei gradi di L’esempio di Figura 3.1 suggerisce un’ulteriore distinzione all’interno della cate¬
libertà che compete all’insieme dei corpi non vincolati. goria dei meccanismi, tra catene cinematiche aperte e catene cinematiche chiuse.
Diremo catena cinematica aperta un sistema composto da una serie di corpi mo¬
L’esempio sopra descritto consente di introdurre alcune definizioni particolarmen¬ bili, più un cotpo fisso (detto telaio), in cui i diversi corpi sono vincolati in suc¬
te importanti, che sono riportate nel seguito. cessione l’uno all’altro (a formare una sorta di “catena”) in modo che ogni corpo
(compreso il telaio) risulti vincolato esclusivamente a quello che lo precede e a
3.1.1 Meccanismi e strutture quello che lo segue nella catena. Nell’esempio considerato, l’introduzione delle
sole due cerniere in O e in A dà luogo a una catena cinematica aperta in cui il
L’esempio mostra che possiamo distinguere i sistemi meccanici in due categorie: telaio (corpo “0”) è vincolato solo all’asta OA (corpo “1”) e questa a sua volta è
» strutture: sistemi per i quali non sono possibili atti di moto rigido e le uni¬ vincolata solo all’asta AB (corpo “2”).
che possibilità di movimento sono legate alle deformabilità dei componenti la Si dice invece catena cinematica chiusa un sistema in cui almeno uno dei
struttura, abbandonando quindi l’ipotesi di corpi rigidi; corpi non rispetta la condizione sopra enunciata. Nell’esempio considerato, l’in¬
• meccanismi: sistemi in grado di compiere movimenti senza contravvenire alla troduzione delle cerniere in O e A e del carrello in B dà luogo a una catena chiusa,
condizione di moto rigido: è in particolare di questa categoria di sistemi che ci perché il “corpo 2” (asta AB) è collegato anche al “corpo 0” (telaio).
occuperemo in questo capitolo. La distinzione tra catene cinematiche aperte e chiuse non risiede solo nella
topologia del sistema, ma comporta un’importante differenza nella cinematica del
Si osservi che anche un meccanismo potrebbe subire dei moti non rigidi, per ef¬ sistema: per descrivere il moto di una catena cinematica aperta è sufficiente uti¬
fetto della deformabilità dei corpi che lo compongono: ciononostante, i moti as¬ lizzare un certo numero di coordinate che permettano di rappresentare il moto di

(. , ( l ( ( ( ( (
I I I ( (
38 Capitolo 3
Cinematica dei sistemi di corpi rigidi 39

un corpo rispetto a quello che lo precede nella catena. Per esempio, per la catena
cinematica aperta dell’esempio di Figura 3.1 si possono usare come coordinate
l’angolo formato dall’asta OA con l’orizzontale (rotazione assoluta del corpo 1)
c l'angolo formato dall’asta AB con l’orizzontale (rotazione assoluta del corpo
2); in alternativa, come seconda coordinata può essere scelto l’angolo formato
dall’asta AB con il prolungamento dell’asta OA (rotazione del corpo 2 relati¬
va al corpo I). Qualunque dei due set di coordinate si scelga, le due coordinale
risultano del tutto indipendenti l’una dall’altra.
Viceversa, per una catena cinematica chiusa, le diverse coordinate che espri¬
mono il moto di un membro rispetto al precedente non sono tutte libere, ma al
Figura 3.2 Esempio di catena cinematica chiusa (esalatero).
contrario devono rispettare una o più condizioni: nell’esempio di catena cinema¬
tica chiusa riportato nella Figura 3.2, per esempio il moto del sistema può ancora
essere descritto in termini di rotazioni assolute delle due aste OA e AB, ma in particolarmente notevoli di sistemi meccanici: rispettivamente un manipolatore
questo caso queste due coordinate non saranno indipendenti (ossia non potranno piano a due gradi di libertà e il manovellismo ordinario. Per la loro importan¬
variare liberamente, indipendentemente l’una dall’altra), dovranno invece variare za, la cinematica di questi due sistemi sarà studiata in dettaglio nei prossimi due
rispettando il vincolo di carrello in B, ossia facendo in modo che il punto B ap¬ paragrafi. Prima però di affrontare lo studio della cinematica di questi sistemi re¬
partenga sempre alla retta orizzontale su cui scorre il carrello. Tale vincolo viene lativamente complessi, si premette un esempio estremamente semplice di catena
tradotto dall’equazione vettoriale: cinematica chiusa.
(A - 0) + (li - A) = (B - O) Applicazione: asta rìgida vincolata con doppio appoggio Si consideri il
Come si mostrerà nel seguito, una condizione cinematica di questo tipo può es¬ sistema rappresentato nella figura sottostante, costituito da un’asta rigida le cui
sere rappresentata in termini di equazione scritta con il formalismo dei numeri estremità sono appoggiate a due guide rettilinee, disposte rispettivamente in oriz¬
complessi, che prende il nome di equazione ili chiusura in quanto può essere in¬ zontale e in verticale. Per questo sistema:
terpretata graficamente come una condizione che impone la circostanza per cui un
particolare poligono si mantiene chiuso durante il molo del sistema. Utilizzando 1. si determini il numero di gradi di libertà;
l’algebra dei numeri complessi è possibile esprimere i legami cinematici tra le di¬ 2. assegnata la velocità angolare dell’asta, si calcolino le velocità dei due estremi
verse quantità cinematiche che descrivono la posizione del sistema (nell’esempio A e B e quella del punto centrale C;
le rotazioni a c fi delle due aste), ed è quindi possibile descrivere la posizione del 3. lo spostamento infinitesimo dei punti A e B che corrisponde a una rotazione
sistema in funzione di un numero minimo di coordinate, pari al numero di gradi di infinitesima 80 dell’asta;
libertà del sistema: nell’esempio considerato, che come già detto possiede un solo 4. assegnata inoltre l’accelerazione angolare dell’asta si calcoli l’accelerazione del
grado di libertà, la posizione di qualunque punto del sistema potrà essere espressa punto centrale C.
in funzione dell’angolo a.
Occorre notare che, per catene cinematiche chiuse più complesse dell’esem¬
pio mostrato, può essere necessario introdurre più di un’equazione di chiusura per
esprimere tutti i legami cinematici che regolano il moto del sistema. Per esempio
per il sistema di Figura 3.2 (detto esalatelo) è possibile scrivere le due equazioni
di chiusura:
(A - 0,) + (B -A) = (O2 - O|) + (B - O2)
(B - O2) + (C - B) = (O3 - O2) + (C - O3)
mentre l’ulteriore equazione relativa alla chiusura del poligono OiABCO2O3
Risoluzione Punto I: se si esclude la possibilità di distacco tra le guide e le
risulta combinazione delle due equazioni già scritte, ed è perciò superflua. estremità dell’asta, i vincoli di appoggio agenti sull’asta possono a tutti gli effetti
Gli esempi di catena cinematica aperta e chiusa riportati nella Figura 3.1 non essere assimilati a carrelli: infatti ciascun appoggio vincola esclusivamente lo
sono solo utili a introdurre i concetti fin qui trattati, ma rappresentano due esempi spostamento in una sola direzione di un punto del corpo. Di conseguenza abbiamo
40 Capitolo 3 Cinematica dei sistemi di corpi rigidi 41

un sistema formato da un solo corpo (oltre al telaio fìsso) su cui agiscono due si osservi che, essendo sin 0 > 0 e cos 0 < 0, per 0 positiva (ossia velocità
vincoli che sopprimono ciascuno un grado di libertà, e il numero residuo di GdL angolare in senso antiorario) la velocità di B sarà diretta orizzontale verso destra

è pertanto /1 = 3 2 1. =
Punto 2: esistono almeno due possibilità per rispondere a questa domanda. Un
(in quanto espressa da un numero reale positivo) c la velocità di A verticale verso
il basso (in quanto espressa da un numero complesso con parte reale nulla e parte
primo approccio, relativamente lungo come sviluppo dei passaggi ma molto gene¬ immaginaria minore di zero).
rale, consiste neH’applicare il metodo dei numeri complessi. Il secondo approccio, Per quanto riguarda il punto centrale dell’asta C, si può scriverncJa posizione
più sintetico, si basa sull’individuazione del centro di istantanea rotazione (c.i.r.) come:
dell’asta.
Affrontando il problema con il metodo dei numeri complessi, osserviamo C - O = xB + L/2eie
che, qualunque sia il moto dell’asta, esso dovrà avvenire mantenendo chiuso il espressa anche nelle due componenti:
triangolo OAB. Di conseguenza, introducendo le variabili xb e per rappre¬
sentare gli spostamenti lungo le due guide rispettivamente dei punti B e A si può xc = xB + L/2 cos 0
scrivere: yc = L/2 sin#
xB + Le'6 = iyA
Derivando tale espressione si ottiene:
è questo il primo esempio di equazione di chiusura che incontriamo: dal punto
di vista topologico rappresenta la circostanza già nominata per cui un triangolo Vc = xB + i0L!2eiO
si mantiene tale durante il moto, mentre dal punto di vista algebrico rappresenta
un’equazione in campo complesso, che equivale quindi a due equazioni in campo la velocità di C può essere scomposta in una componente orizzontale e in una
reale, che legano le tre quantità cinematiche finora introdotte, ossia >4, Xb e 0. verticale, prendendo rispettivamente la parte reale e immaginaria dell’espressione
Dovendo soddisfare due condizioni (in campo reale), solo una di queste tre quan¬ complessa sopra riportata:
tità può variare liberamente (coordinata libera), mentre le altre due possono essere
esplicitate in funzione della prima. Scegliamo per esempio come coordinata libe¬ Vcx = xB-Ò sin 9 L/2 = 0 sin 9 L/2
»X?‘ Vcy = 9 COS0L/2
ra la rotazione 0: separando la parte reale da quella immaginaria neH’equazione
di chiusura e riordinando i termini si ottiene:
Come anticipato, esiste un procedimento più rapido per giungere a queste risposte:
xb = —L costi osserviamo che le traiettorie di A e B sono due segmenti di retta, rispettivamente
yA =
L sin 0 verticale e orizzontale; di conseguenza, possiamo affermare che le velocità dei
queste due espressioni consentono di calcolare le posizioni degli estremi dell’asta due punti (tangenti alle rispettive traiettorie) avranno direzione verticale la prima e
in funzione della rotazione 9. Per calcolare le velocità delle estremità si possono orizzontale la seconda. Sappiamo dall’osservazione fatta al Paragrafo 2.2.5 che il
derivare rispetto al tempo queste due relazioni, oppure si può derivare rispetto c.i.r. dell’asta giace all’intersezione delle rette spiccate da A e B ortogonalmente
al tempo l’equazione complessa di chiusura. In questo secondo caso si ottiene alle rispettive velocità: se ne conclude che il c.i.r. dell’asta è posto nel punto
(ricordando che la lunghezza L dell’asta è costante): D della figura sottostante (il fatto che tale punto non appartenga materialmente
all’asta non deve far sorgere dubbi: basta pensare D come un punto collegato
xb + i9Le'° = iyA rigidamente all’asta).
che scomposta in parte reale e immaginaria fornisce le velocità ricercate:
xb =ÒL sin#
j>x —ÒL cos 0
Note queste grandezze, è possibile definire le velocità dei punti A e B mediante il
solito formalismo dei numeri complessi:

Va dr
d
- —(.A —
d
-O) = (Da) = iyA = i0Lcos0
dr

Vb = dr
d
—(B - O) = —(xB)
dr
d
— Xb = 9Lsm0
(
Cinematica dei sistemi di corpi rigidi 43
42 Capitolo 3

Trovato il c.i.r. dell’asta, sappiamo che la velocità di qualunque punto del corpo
è ortogonale alla congiungente il punto con il c.i.r. e in modulo è pari al prodotto
della velocità angolare 0 per la distanza del punto dal c.i.r.; applicando queste
regole si ritrova il risultato già ottenuto con il metodo dei numeri complessi.

Punto 3: è stato già osservato nel Capitolo 2 che le stesse relazioni cinematiche
valide tra le velocità valgono anche tra gli spostamenti infinitesimi: di conseguen¬
za, le espressioni di V?t e Nn in funzione di 0 trovate al punto precedente, rappre¬
sentano anche il legame tra gli spostamenti infinitesimi 8y^ e 8xB degli estremi e
la rotazione infinitesima dell’asta 80:
8xB = SOL sin0
óyx = SOLcosO

questo risultato, per ora apparentemente poco significativo, assumerà grande im¬
portanza quando tratteremo la statica e la dinamica di sistemi di corpi rigidi.

Punto 4: per ottenere l’ accelerazione del punto medio C basta derivare rispetto al
Figura 3.3 Manipolatore S.C.A.R.A.: a e p rappresentano gli angoli che i bracci for¬
mano con una direzione fissa.
tempo l’espressione complessa della velocità di C:

ac = ^=XB+i0Le">
d/
_ò2Lei0 La (3.3) può essere riscritta separando la parte reale da quella immaginaria, che
danno luogo al sistema:
per ottenere le componenti orizzontale e verticale di questo vettore è sufficiente f xB = a cos a + b cos(a + fi,)
prendere la parte reale e immaginaria dell’espressione complessa sopra riportata,
oppure derivare le componenti Vcx e Ve? della velocità di C (passaggi lasciati al
[ yB = a sin a + b sin(a + pr) '
in cui assegnati i valori a e fi,, delle rotazioni ai giunti, si ricava la posizione del


lettore).
punto B. Per ottenere la velocità di B si deriva la (3.3) nella sua forma complessa:
3.2 Manipolatore piano R-R VB = iàaeia + i(à + pr)beiia+p'ì (3.5)

Si tratta di un meccanismo a catena aperta, in cui il moto è, in generale, impar¬ e si scompone tale equazione nelle componenti reale e immaginaria:
tito attraverso motori posti in corrispondenza dei giunti. Lo schema cinematico ( VBx = -àa sina - (à + pr)bsìn(a + pr)
corrisponde, per esempio, ai due bracci di un robot S.C.A.R.A., mostrato nella
Figura 3.3. Come descritto nel Paragrafo 3.1.2, il sistema è dotato di 2 GdL. Per ( VBv = àa cosa + (à + pr)b cos(a + pr)
descrivere il moto si possono, per esempio, utilizzare, le due coordinate a rota¬
zione del primo braccio e fir rotazione relativa del secondo braccio rispetto al pri¬
mo. Questa scelta evidenzia come coordinate libere le componenti di movimento
direttamente azionate dai motori che comandano il manipolatore. La relazione
vettoriale che definisce la posizione del punto B estremo del secondo braccio è la
seguente (vedi Figura 3.4):
(Z?-O) = (B-4) + (A-O) (3.2)

che in forma complessa diventa


Figura 3.4 Schema cinematico del manipolatore S.C.A.R.A.
xB+iyD=aéa + b^^+M (3.3)
44 Capitolo 3
Cinematica dei sistemi di corpi rigidi 45

si osservi che lo stesso risultato può essere ottenuto anche derivando direttamente
il sistema (3.4).
Un’ulteriore derivazione rispetto al tempo dell’equazione di chiusura porge
l’espressione dell’accelerazione del punto B:
ag = iaaeia - à2aela + i(a + - (à + p^be^^ (3.7)
che può a sua volta essere scomposta in parte reale e immaginaria a fornire le
componenti secondo gli assi coordinati dell’accelerazione di B.

3.3 Manovellismo ordinario centrato


Il manovellismo ordinario centrato è un cinematismo che viene utilizzato per tra¬
sformale il moto rotatorio di un albero nel moto traslatorio rettilineo di un corsoio Figura 3.6 Schema cinematico e rappresentazione dell'equazione di chiusura del
o viceversa. Esso trova largo impiego nelle macchine, per esempio nei moto¬ manovellismo ordinario centrato.
ri a combustione interna (Figura 3.5), nelle presse, nelle pompe e compressori
alternativi. che in forma complessa diventa:

aeia + be^ = c (3.9)


in cui sono costanti (per l’ipotesi di corpi rigidi) le lunghezze della manovella
e della biella, rispettivamente a e b, mentre variano nel tempo la posizione del
piede di biella definita dal numero reale c e le rotazioni della manovella e della
biella, definite dagli angoli a e p. Normalmente si assume nota la rotazione a
della manovella e si ricavano in funzione di questa la posizione del corsoio c e la
rotazione della biella p.
La (3.9) può essere scomposta nelle sue parti reale e immaginaria:
a cos a + b cos p ~c
(3.10)
a sin a + b sin p —0
ottenendo un sistema di equazioni nelle due incognite p e c, non lineare in p, che
compare come argomento di funzioni trigonometriche. Risolvendo rispetto alle
incognite si ottiene:
Figura 3.5 Esempio di sistema meccanico con manovellismo: motore a combustione
interna a 2 tempi. / • \ 2

— ———
/
/asina \
c = a cos a + b V/ 1
I
Lo schema cinematico, mostrato nella Figura 3.6, comprende la manovella OA,
in grado di compiere una rotazione completa intorno al centro fisso O, la biella .
\
/ asin(a)\ ^ / (3.11)

AB che compie invece un moto rototraslatorio e il corsoio, che nello schema


= arcsm \I b )
cinematico è ridotto al carrello posto in B, ma nella realtà (come mostrato nella
Figura 3.5) costituisce un corpo a se stante che scorre impegnandosi in una guida in cui si è fatto uso della relazione:
ricavata nel telaio. Le lunghezze della manovella e della biella devono rispettare
la condizione AB > OA, affinché la manovella possa effettivamente compiere un
giro completo. L’equazione di chiusura del manovellismo ordinario centrato è:
cos p = 1 — sin p2 =

(A - 0) + (B - A) = (B - O) (3.8) La (3.11) fornisce i legami cinematici che permettono di esprimere in funzione


della rotazione della manovella la posizione del corsoio e la rotazione della biella.
11(11
Cinematica dei sistemi di corpi rigidi 47
46 Capitolo 3

Si osservi che, una volta note queste quantità, è possibile ottenere la posizione di
un qualsiasi punto del manovellismo mediante una semplice somma di vettori (al
solito espressi mediante numeri complessi). Nella Figura 3.8 si riporta in alto l’an¬
damento della posizione del corsoio in funzione della rotazione della manovella:
i valori massimo e minimo si ottengono rispettivamente per a = 0 e per a n,
e corrispondono alle posizioni dette di punto morto esterno e di punto morto in¬

terno: questo nome deriva dal fatto che in tali posizioni avviene l’inversione del
moto del corsoio, e pertanto la velocità di questo risulta nulla.
Per ottenere le velocità del manovellismo è possibile ritornare all’equazione
di chiusura (3.9) e derivarla rispetto al tempo:
ìàae'a 4- ipbe,p = c (3.12)
ovvero:
àaeHa+,r/2ì + phe™*”™ = c (3.13)
Questa equazione vettoriale (o complessa) può essere interpretata sulla base del
teorema dei moti relativi, utilizzando un sistema di riferimento mobile traslante
insieme al punto A: la velocità di trascinamento del punto B è pari alla velocità
dell’origine del riferimento mobile (infatti se la terna trasla tutti i punti che si muo¬
vono con essa hanno la stessa velocità), mentre la velocità relativa sarà un vettore
ortogonale alla biella, di modulo pari al prodotto della lunghezza della biella per
la sua velocità angolare. D’altra parte, la velocità assoluta del corsoio è anche
espressa direttamente da un vettore orizzontale con modulo pari a c: ne conse¬
gue che l’equazione scritta sopra può essere anche interpretata come uguaglianza
tra la velocità del punto B espressa mediante il sistema di riferimento mobile (a Figura 3.8 Manovellismo ordinario centrato: dall'alto spostamento,


velocità e ac¬
_
primo membro) e scritta nel sistema di riferimento assoluto (secondo membro):
àac/(«+>r/2) + pbenp^r» (3 ]4)
celerazione del corsoio.

da cui, risolvendo rispetto a c e P:


vBlr=v4 v«ass

Vflrc|
c= —eia (sin a cosatane)
Scomponendo in parte reale e immaginaria la (3.12), o derivando le componenti
(3.10), si ottiene: { ó a cos a:
b cos p
(3.16)

1 —
àa sin a pb sin p = c
àa cos a 4- pb cos p = 0
La Figura 3.8 riporla al centro l’andamento della velocità del corsoio (calcolata
nell’ipotesi di à = cost) in funzione delia rotazione della manovella: come anti¬
cipato, essa si annulla in corrispondenza dei punti morti, mentre i valori
si hanno in prossimità della posizione a =
massimi
tt/2.
La successiva derivazione dell’equazione di chiusura porta a definire le acce¬
lerazioni del sistema:


iàae'a à2ae'a 4- ipbe'p
— p2be'p = c (3.17)

Figura 3.7 Interpretazione della cinematica del manovellismo sulla base del teorema
che con la solita scomposizione fornisce:

1 —àasin a
eia cos a —— —
óra cos a pb sin p
à2a sin a 4- f)b cos p —— p2b cos p = c
p2b sin p = 0
_
dei moti relativi.
48 Capitolo 3 Cinematica dei sistemi di corpi rigidi 49

da cui è possibile ricavare l’accelerazione del corsoio c e l’accelerazione angolare della (3.19) indica che l’accelerazione del corsoio dipende sia dall’accelerazione
della biella Sempre nell’ipotesi à = cast, l’andamento dell’accelerazione del angolare della manovella, sia da termini nel quadrato della velocità angolare di
piede di biella in funzione della rotazione della manovella è mostrato in basso quest’ultima:
nella Figura 3.8: il valore massimo negativo si verifica in corrispondenza del punto
0Ac a“
morto esterno.
E importante osservare che l’andamento dello spostamento, della velocità e
c = aAc(a) + —da— (3.21)

soprattutto dell’accelerazione del corsoio dipende dal rapporto X = a/b tra le


lunghezze a della manovella e b della biella, come evidenziato nella Figura 3.9. L’espressione sopra scritta evidenzia come in un meccanismo in cui i rapporti tra
le velocità sono funzione della configurazione, l’accelerazione del generico punto
è diversa da zero anche se il membro movente (in questo caso la manovella) è
animato da moto rotatorio a velocità costante.

3.3.1 Approssimazioni del primo e secondo ordine del moto


del piede di biella
Come mostrato dalla (3.20), l’espressione analitica esatta del legame cinemati¬
co tra la velocità angolare della manovella e la velocità del corsoio è alquanto
complessa. In questo paragrafo si vuole ricavare un’espressione approssimata di
questo legame cinematico che, pur introducendo un ragionevole errore (come si
vedrà, tanto minore quanto maggiore è il rapporto X tra la lunghezza della mano¬
vella a e quella della biella b), si presta a un efficace utilizzo in molte applicazioni
di rilevante importanza ingegneristica.
K '■ A questo scopo, riprendiamo la Formula (3.1 1) che lega la rotazione della
biella p alla rotazione della manovella a; da tale formula si ottiene:
. „ a •
sino =-
b
sma

da cui:
Figura 3.9 Manovellismo ordinario centrato: accelerazione del corsoio al variare del
2 . 2a
rapporto a/b manovella/biella. cos sin

Come si mostrerà nei capitoli seguenti, spesso è utile definire il legame cinematico
tra la derivata della coordinata libera à e la velocità di un punto del sistema (in Ricordando che per £ 1 vale la seguente approssimazione:
questo caso in par ticolare il corsoio) introducendo il concetto di jacobiano, ossia
mediante una relazione del tipo: e
2
c = Ac(a)à (3.19)
si ottiene:
In cui Ac viene detto jacobiano del moto del corsoio rispetto alla rotazione della £
manovella. Dal confronto con la prima delle (3.16), si ottiene l’espressione di tale
funzione:
cos /3 ~ 1 — -1 (a\2
- 2
sin a

Ac(a) = -a sin a
— /
cos a tan I
\
.
arcsin
a sin a
ò
(3.20) Inserendo questa approssimazione nell’espressione della posizione c del piede di
biella si ottiene:
dove si può osservare che lo jacobiano è funzione della coordinata libera a, ossia
dipende dalla configurazione del meccanismo. La derivata totale rispetto al tempo c = a cosa + bcos p acosa + b — la.,
-a- sin“a
50 Capitolo 3
( I I ( l I
Cinematica dei sistemi di corpi rigidi 51

Derivando rispetto al tempo tale espressione, si ottiene un’espressione approssi¬


mata per la velocità del piede di biella: 3.3.2 Un esempio numerico: il motore della vettura Alfa Romeo
GTV2000 (1971)

è = Vg ~ —a sin aà — ctX sin a cos aà = —a I sin a -1— sin 2a ) à (3.22) Si consideri a titolo di esempio numerico il cinematismo biella-manovella del
motore dell’autovettura Alla Romeo GTV2000, caratterizzato dai seguenti dati
geometrici e cinematici: raggio manovella = 44.25 mm; lunghezza biella =
in cui, come già in precedenza, si è introdotto il simbolo X per rappresentare il 157 mm; regime di rotazione di potenza massima = 5800 giri/min.
rapporto tra la lunghezza della manovella e quella della biella: Considerando per esempio che la posizione della manovella a = tr/4, dal¬
la (3.11) si ottiene p = 1.763 rad e c =
185 mm. È possibile a questo punto
(3.23) valutare dalla (3.16) la velocità angolare p della biella pari a —123.52 rad/s e
la velocità del piede di biella (c = 15.12 m/s). Infine, ipotizzando un regime
L’Equazione (3.22) viene detta approssimazione del secondo ordine del moto del costante di rotazione dell’albero motore, e quindi accelerazione angolare della
piede di biella; ovviamente, tale approssimazione risulta tanto più precisa quanto manovella pari a zero, è possibile risolvere il sistema (3.18) e calcolare l’accele¬
più risulta giustificata l’approssimazione eseguita sul valore del coseno dell’an¬
golo p, ossia, in ultima analisi, quanto più piccolo è il rapporto X definito dalla
razione angolare della biella p
(c = -24 900 m/s2).
—— 71 900 rad/s2 e l’ accelerazione del punto li

(3.23). Una rappresentazione ulteriormente approssimata del moto del piede di


biella, detta del primo ordine consiste nel trascurare, nell’espressione (3.22), il
termine contenente il rapporto X: in tal modo si approssima ad armonico il legame 3.4 Altri sistemi articolati
tra il moto del piede di biella e la rotazione della manovella:
3.4.1 Quadrilatero articolato
c = Vg
— —a sin aà (3.24) Il quadrilatero articolato è un meccanismo composto da tre corpi mobili più un
telaio fisso, come mostrato nella Figura 3.1 1. I corpi sono uniti fra loro da cer¬
si deve però tener presente che utilizzando l’approssimazione del primo ordine è niere, i due corpi incernierati da un lato al telaio fisso (ossia i lati <9, A e O2B del
possibile introdurre errori significativi nel moto del piede di biella, a meno che la quadrilatero) sono detti manovella se compiono una rivoluzione completa durante
lunghezza della biella sia effettivamente molto maggiore di quella della manovella il moto del sistema, oppure bilanciere se il loro moto è limitato a un’oscillazio¬
(valori di X < 1/10). ne angolare tra due posizioni estreme. Si potranno avere quindi quadrilateri a
La Figura 3.10 mostra per due diversi valori del rapporto X il confronto tra lo doppia manovella, a manovella-bilanciere o a doppio bilanciere. Il corpo non
jacobiano Ac ottenuto mediante l’analisi cinematica esatta eseguita con il metodo direttamente collegato al telaio (lato AB) prende invece il nome di biella.
dei numeri complessi e l’approssimazione del primo ordine.

Figura 3.11 Quadrilatero articolato.

Figura 3.10 Moto del piede di biella: confronto tra la soluzione esatta e l'ap¬ Per determinare a quale di queste tre categorie appartenga un dato quadrilatero
prossimazione del primo ordine. articolato, in funzione delle lunghezze dei suoi lati, è possibile ricorrere alla regola
di Grashof, che afferma:
Cinematica dei sistemi di corpi rigidi 53
52 Capitolo 3

Separando in tale equazione la parte reale dalla parte immaginaria si ottiene il


o se la somma del lato più corto e del lato più lungo è maggiore della somma sistema:
degli altri due lati, il quadrilatero è a doppio bilanciere;
o nel caso contrario, si hanno i seguenti sottocasi: a cos(a) + b cos(/ì) = b cos(y ) + d cos(5)
- se il lato più corto è incernierato al telaio, il quadrilatero è a manovella-
bilanciere,
a sin(a) + òsin(^) = òsin(y) +dsin(5)
(3.27)

- se il lato più corto è il telaio, il quadrilatero è a doppia manovella, Tale sistema di equazioni permette di esplicitare i valori assunti dagli angoli p e
- se il lato più corto è la biella, il quadrilatero è a doppio bilanciere. y (incognite del problema) in funzione dell’angolo a, assunto come coordinata
Il quadrilatero articolato viene utilizzato per trasformare il moto rotatorio di uno libera essendo note le lunghezze dei quattro lati del quadrilatero e il valore (co¬
dei due lati collegati al telaio nel moto rotatorio dell’altro lato collegato al telaio. stante) dell’angolo 8. Poiché il sistema di equazioni (3.27) è non lineare nelle
In altri casi, meno frequenti, viene invece utilizzato per realizzare una data traiet¬ incognite fi e y, la risoluzione non è agevole, a eccezione di posizioni notevoli
toria di un punto appartenente alla biella. Questo tipo di cinematismo trova larga del quadrilatero; per le espressioni risolutive del caso generale si rimanda a [3].
applicazione nelle macchine automatiche (per esempio neirindustria tessile) ma Una volta risolta l’Equazione (3.27) e determinata quindi la posizione di tutti i
anche nei dispositivi di sollevamento e movimentazione carichi (si veda l’esem¬ lati del quadrilatero, è possibile determinare le velocità del cinematismo derivando
pio alla fine di questo paragrafo). Inoltre lo stesso cinematismo è alla base della rispetto al tempo l’equazione di chiusura:
sospensione per veicoli stradali detta “a quadrilateri indipendenti”.
Osserviamo infine che il quadrilatero articolato (come già nel precedente pa¬ iàae'a + ipbe,p = iyce‘Y (3.28)
ragrafo il manovellismo ordinario centrato e nel seguito il glifo) costituisce un
sistema a un grado di libertà: se per esempio nel quadrilatero di Figura 3.11 si in cui i valori degli angoli a, fi, y sono noti dall’analisi di posizione, ed è quindi
congela la rotazione a del lato O|A, questo risulta completamente bloccato. In possibile ricavare le velocità angolari fi e y dei lati AB e 02B in funzione della
particolare il punto A risulta fermo e quindi l’insieme costituito dalla biella AB velocità angolare à del lato 0\A. Separando le parti reale e immaginaria, la (3.28)
e dal lato O2B forma un arco a tre cerniere, anch’esso bloccato. Ne consegue diviene:
che, una volta determinato il valore di una singola coordinata libera, per esem¬
pio l’angolo a, risultano univocamente determinate le posizioni di tutti i punti del
sistema.
—a sin aà
acosaà + bcos
— b sin PP
pp =
= — c sin y y
ccosyy
(3.29)
Per determinare le relazioni che legano le rotazioni a, e y e le loro derivate
rispetto al tempo, è possibile utilizzare il formalismo basato sui numeri comples¬ La (3.29) costituisce un sistema lineare nelle incognite p e y, essendo noti i valori
si. I quattro lati del quadrilatero articolato di Figura 3.11, costituiti dai vettori
— —— —
(/1 Od, (B A), (O2 ~ Oi) e (B O2) sono rappresentati dalle espressioni

complesse: (B A), (B Oj) espressi come:
di p e y dalla risoluzione dell’analisi in posizione rappresentata dall’Equazione
(3.27). Derivando ulteriormente l’Equazione (3.28) si ottiene l’espressione:

-
(A OO = ae'a iaaeia - à2aeia + ipbeip - p2beip = iyceÌY - y2ce‘Y (3.30)
(B A)
(B-02)
— = be*
= ce'Y ovvero, in forma scalare:
-
(02 Ot) = r/?4 — a sinaà — a cosati2 — b sin pp — bc^pp2 = —esiti yy
— ccos yy2
L’equazione di chiusura per il quadrilatero articolato esprimerà la circostanza per

cui la posizione del punto B espressa come somma dei vettori (zi Od e (B A) —
deve risultare in ogni istante uguale alla posizione di B ottenuta come somma dei
acosaa
— as'maà2 + bcospp i — bsinpp2 = ccosyy
— csinyy2
(3.31)

vettori (O2 Od e (B 02):—
(A - Od + (B — A) = (02 - Od + (B- O2)
Un esempio applicativa: braccio di sollevamento Si consideri ora il sistema
di Figura (3.12) dove il braccio 02C può, per esempio, costituire un elemento di
una macchina di sollevamento 0 di movimentazione terra: la rotazione del braccio
Utilizzando la rappresentazione complessa dei vettori, si ottiene quindi l’equazio¬
ne complessa: 02C è ottenuta attraverso un sistema articolato formato oltre che da tale brac¬
cio, dai due elementi OiA e BA e azionata, per esempio, attraverso un motore
ae,a + be'^ — ce‘Y + de'5 (3.26) posizionato in Oi che impone una rotazione a(t) al lato Oi A.
Cinematica dei sistemi Ji corpi rigidi bS

Figura 3.12 Quadrilatero articolato.

Considerando le seguenti lunghezze per i lati del quadrilatero: a = 1.27 m, b =


1.45 m, c = 1.0 m , d = 1.41 m e per il moto del lato OtA (considerato come
noto in funzione del tempo): a = 6.08 rad, à = 0.5 rad/s, a = 0 rad/s2.
La risoluzione della (3.27) fornisce come posizione dei lati AB e O2B:
Figura 3.13 Glifo oscillante.
fi = 1.03 rad, y = 0 rad. Introducendo tali valori nella (3.29) insieme al valore
noto di à si ottengono le velocità angolari dei lati AB e O2B: p = —0.1 rad/s, Si osservi che in tale equazione la distanza x tra i punti O2 e A risulta variabile
y = 0.54 rad/s; e, infine, mediante la (3.31) si ottengono le accelerazioni inco¬ nel tempo, per effetto dello scorrimento del corsoio all’interno della scanalatura
gnite: fi = -0.017 rad/s2 y = 0.037 rad/s2. del glifo. Anche in questo cinematismo si considera come coordinata libera la
rotazione a della manovella, in funzione della quale possono essere determinate
3.4.2 Cinematica del glifo oscillante la posizione x del corsoio lungo la guida e la rotazione del glifo p. Separan¬
do nell’equazione di chiusura la parte reale da quella immaginaria si ottiene il
Il glifo oscillante, rappresentato nella Figura 3.13, è un dispositivo che trasforma sistema:
il moto rotatorio della manovella O, A nel moto rotatorio alternato del glifo, ossia
del corpo rigido incernierato a terra in O2 e che porta la scanalatura nella quale si xcos/I = rcosa
(3.32)
impegna il corsoio. Questo tipo di azionamento trova applicazione nelle macchine x sin p = r sin a + d
automatiche, tipicamente al fine di realizzare un moto alternativo con tempi di
andata e ritorno di diversa durata (si veda l’esempio della slitta portautensili di Derivando l’equazione complessa di chiusura si ottiene:
Figura 3.23), nei sistemi di movimentazione e sollevamento carichi (si veda la
Figura 3.19), ma anche nelle sospensioni dei veicoli stradali, dove la sospensione
xe'^ + ipxe'P = iràe'a (3.33)
di tipo Me Pherson si basa proprio su questo tipo di cinematismo (Figura 3.14),
realizzando il gruppo glifo-corsoio mediante lo smorzatore coassiale con la molla
elicoidale, e la manovella mediante un braccio rigido incernierato da un lato alla
scocca della vettura e dall’altro al mozzo.

Utilizzando la seguente rappresentazione complessa per i vettori (ri 0|),
(ri-02)e(02- O,):

(ri-0,) = reia
(ri - 02 = xe'11
(O2
— 0,) = de'^ = id

l’equazione di chiusura relativa al glifo oscillante assume l’espressione:


Figura 3.14 Schema cinematico della sospensione Me Pherson.
xe* = id + re‘a
56 Capitolo 3
Cinematica dei sistemi di corpi rigidi 57

da cui, separando la parte reale da quella immaginaria e riordinando i termini:


nell’ utilizzare un motore che ruota a velocità angolare costante, azionando la ma¬
x cos p — xp sin p = —àr sin a
(3.34)
novella di un glifo secondo lo schema cinematico di Figura 3.13. Si otterrà in tal
modo per il glifo un moto rotatorio alternativo che, come si mostra nel seguito,
x^mP + xpcosp = àrcosa presenta tempi di andata e ritorno differenti e il cui rapporto dipende dai dati geo¬
metrici del cinematismo. Infine l’azionamento della slitta potrà essere attenuto
Si osservi che la derivata dell’equazione di chiusura (3.33) può essere interpretata mediante una biella di rimando collegata da un lato al glifo e dall’altro alla tavola
in base al teorema dei moti relativi, utilizzando un sistema di riferimento mobile porta-utensile (si veda la Figura 3.23 e il relativo esercizio). Per calcolare il rap¬
con origine in C>2 e rotante insieme al glifo. Rispetto a questo riferimento, la ve¬ porto tra i tempi di andata e di ritorno del glifo, si ipotizzi che la manovella sia
locità relativa del punto A è diretta parallelamente alla scanalatura del glifo (per posta in rotazione con velocità angolare costante: il punto A centro del corsoio
effetto del vincolo prismatico tra corsoio e glifo) e ha modulo pari a x, mentre la descriverà un moto circolare uniforme con traiettoria avente centro in Oi e raggio
velocità di trascinamento ha direzione ortogonale alla congiungente O2A e mo¬ r. Il glifo oscillerà intorno al punto O2 mantenendo il proprio asse di simmetria
dulo pari al prodotto xp. La velocità assoluta del punto A, pari alla somma di allineato con la congiungente O2A, di conseguenza le posizioni angolari in cui
questi due termini, può essere anche espressa come un vettore perpendicolare al¬ avvengono le inversioni del moto del glifo corrisponderanno alle due posizioni in
la manovella OtA e di modulo rà. Ne deriva la seguente interpretazione della cui la retta O2A è tangente alla traiettoria del punto A, come mostrato nella Fi¬
(3.33): gura 3.15. Come si osserva in figura, l’arco di circonferenza corrispondente alla
corsa di andata risulta maggiore di quello di ritorno, in misura tanto più elevata
xe^ 4- 1 pxe'P = quanto più il punto O2 si avvicina alla circonferenza traiettoria di A. Poiché il
"rei "ass
punto A si muove lungo la circonferenza con molo uniforme, a uguale arco di
vlras
cerchio spazzato da A corrispondono tempi uguali: ne segue che il rapporto tra il
Derivando ulteriormente l’equazione di chiusura si ottiene: tempo di andata e quello di ritorno sarà pari al rapporto tra le lunghezze dei due
archi di cerchio che sulla traiettoria di A rappresentano rispettivamente l’andata e
xeip + ixpcip + ixpeip + ixpeip - x^e”1 = iiirela -I- à2reia (3.35) il ritorno del glifo.
Passando ora alla applicazione numerica, si considerino i seguenti dati del
da cui, con i consueti passaggi: problema: raggio manovella 125 mm; distanza verticale tra le cerniere a terra
580 mm; regime di rotazione della manovella 60 giri/min (costante).
x cos p — 2xp sin p — xp p — xp2
sin cos p = —rii sin a — rà2 cos a Il regime di rotazione della manovella può essere convertito da giri al minuto
in radianti al secondo (unità di misura SI della velocità angolare) in base alla
x sin p + 2xp cos p +xp cos p
— xp2 sin p = rii cos a
— rà2 sin a
(3.36)

Si lascia al lettore l’interpretazione dell’Equazione (3.35) sulla base del teorema


dei moti relativi.

Azionamento della slitta di una macchina utensile 11 glifo oscillante viene


utilizzato in alcune macchine per realizzare moti alternativi con tempi di andata e
di ritorno non uguali. Si pensi al caso della slitta di una macchina per lavorazione
ad asportazione di truciolo: la slitta avrà il compito di portare il pezzo destinato
alla lavorazione facendolo avanzare lentamente durante la lavorazione stessa, e
riportandolo nella posizione di partenza (per essere sostituito da un nuovo pezzo
o per una nuova fase di lavorazione) nel più breve tempo possibile.
Si presenta quindi l’esigenza di ottenere un tempo di andata più elevato del
tempo di ritorno della slitta. A tale fine può talvolta risultare difficile, 0 dispen¬
dioso, utilizzare un motore che ruoti a velocità variabile nel tempo in accordo con
le diverse fasi della lavorazione: ciò richiederebbe infatti un sistema di control¬
lo dell’azionamento (si veda il Capitolo 9). Una soluzione alternativa consiste Figura 3.15
I I I I I ( /
58 Capitolo 3 Cinematica dei sistemi di corpi rigidi 59

formula:
ù — giri/min x 2tt/60
che fornisce in questo caso:

à = 6.28 rad/s = cost


a = 6.28 t rad
Inserendo tali dati numerici nelle formule (3.32), (3.34) e (3.36), si ottengono gli
andamenti nel tempo delle grandezze rappresentanti la posizione del glifo, p e
x, la velocità, p e x, e l’accelerazione p e x. I risultati relativi a tali grandezze
sono rappresentati in funzione della posizione angolare della manovella (e quindi,
a meno di un fattore di scala, del tempo) nelle Figure 3.16, 3.17 e 3.18. Si osserva
in particolare che i tempi di andata e di ritorno, riconoscibili come le porzioni del
grafico inferiore nella Figura 3.17 in cui la velocità angolare del glifo p assume
valori rispettivamente positivi e negativi, sono differenti.

Figura 3.17 Analisi di velocità per l'azionamento di una slitta di macchina utensile.

Figura 3.16 Analisi di posizione per l'azionamento di una slitta di macchina utensile.

Meccanismo di azionamento di un braccio meccanico Si consideri nuovamen¬


te il dispositivo di azionamento per braccio meccanico di Figura 3.12: la movi¬
mentazione del braccio O2B può essere affidata (come nell’esempio del Paragrafo Figura 3.18 Analisi di accelerazione per l'azionamento di una slitta di macchina
3.4.1) a un azionamento elettrico (motore) posto in corrispondenza della cerniera utensile.
Op Questa soluzione presenta vantaggi in termini di precisione nel posiziona¬
mento del braccio, di velocità di risposta, di facilità di installazione, ma non si
60 Capitolo 3 Cinematica dei sistemi di corpi rigidi 61

presta ad applicazioni in cui si debbano vincere forze resistenti di notevole inten¬


sità, come nel caso di bracci di grandi dimensioni e di apparecchi di sollevamento
a del braccio OtC e fi dell’attuatore O2A: a

0. rad, fi =
0.278 rad; succes¬
sivamente, inserendo questi valori nelle (3.34) e (3.36) si possono calcolare velo¬
carichi. In tali applicazioni, di norma, si fa uso di azionamenti idraulici: si veda cità e accelerazioni angolari del braccio O,Ce dell’attuatore: à
= 0.145 rad/s,
a proposito la Figura 3.19. Attraverso una portata di olio in pressione immessa 3 = 0.096 rad/s, a = 0.0252 rad/s2, = 0.0154 rad/s2.
all’ interno della camera formata dal glifo e dal corsoio, è possibile realizzare il
movimento o il sostentamento del braccio OiC. 3.5 Esercizi
Esercizio 1: manovellismo ordinario deviato II manovellismo ordinario de¬
viato mostrato nella Figura 3.20 si distingue dal manovellismo ordinario centrato
per il fatto che la retta lungo cui scorre il corsoio risulta traslata in modo tale da
non passare per il punto O, centro di rotazione della manovella. Questo tipo di ci-
nematismo viene utilizzato in luogo del manovellismo ordinario centrato nel caso
in cui si desideri ottenere un moto del corsoio in cui alla corsa di andata corri¬
sponda una rotazione della manovella superiore a ir mentre alla corsa di ritorno
corrisponda una rotazione della manovella inferiore a ir.
aì-

B Figura 3.20 Manovellismo ordinario deviato.


&
Si consideri la legge di rotazione della manovella:

1
Rispetto al caso di Figura 3.13, l’equazione di chiusura assume una forma leg¬ a = wor + 2

germente diversa, perché il telaio Oi O2 risulta inclinato di un angolo generico 5


(costante) anziché di ?r/2: con «0 e eoo costanti, si abbiano i seguenti dati: a = 0.2 [m]; b = 1.0 [m];
dei5+aeia = xeip
d = Per
0.1 [m]; a>o = 24 [rad/s]; ùq = 600 [rad/s2].
l’istante di tempo t = 0.1 s si calcoli:
che proiettata sui due assi diventa:
1. la posizione del corsoio rispetto al punto O;
2. la velocità del corsoio;
3. l’accelerazione del corsoio.
d cos 5 + a cos a = x cos fi
(3.31) Risoluzione Inserendo nell’espressione della legge di moto della manovella il va¬
d sin 8 + a sin a = x sin fi lore del tempo considerato si ottiene: a=5.4 [rad], à= 84 [rad/s], a=600 [rad^2].
L’equazione di chiusura del manovellismo ordinario deviato (Figura 3.21) assume
Una volta risolta l’analisi di posizione, le derivate dell’equazione di chiusura ri¬ la forma:
sultano invece identiche alle (3.34) e (3.36), grazie al fatto che il telaio O] O2
rimane fisso durante il moto del sistema.
Nell’applicazione considerata, in funzione della portata di fluido nell’atluato-
d (B - D) + (D - O) = (B - A) + (A - 0) (3.38)
re idraulico, sarà nota la legge di variazione nel tempo della distanza O2A = x(t). in cui il punto D rappresenta l’intersezione tra la retta traiettoria del corsoio B e
Considerando i seguenti dati del problema: a = 2.5 m, d = 1.41 m, 8 = tt/4, la verticale passante per il punto O. Il motivo per cui si preferisce esprimere la di¬
x = 3.64 m, i =0.1 m/s, è possibile innanzitutto ricavare la posizione angolare — —
stanza di B da O come somma dei vettori (B D) e (D O) anziché direttamente
Cinematica dei sistemi di corpi rigidi 63

Infine, per quanto riguarda l’accelerazione, si deriva una seconda volta l’equazio¬


ne di chiusura:
iàaeia - à2ae'a + ipbeip - p2beip
che scomposta fornisce:
— aacos aà2 — b sin PP — b cos 002 = -V
Figura 3.21 Equazione di chiusura per il manovellismo ordinario deviato.
! a sin aà
a cos aà — aà2 4- b cos 00 — b sin 002 = 0
sin
sostituendo in questa equazione i valori numerici


come un unico vettore (1) O) è che per quest’ultimo vettore risultano variabili
con la configurazione sia il modulo sia la fase, mentre scomponendo il vettore
nelle sue due componenti orizzontale e verticale si riesce a evidenziare il fatto che K.
I 0.2550 4- x = 685.4
|0.9670 = 1135.7
soltanto la componente orizzontale varia durante il movimento del sistema. Con
e risolvendo rispetto alle incognite si ottiene 0 = 1174.4 [rad/s2], x = 386.4 [m/s2]:
il formalismo complesso l’equazione di chiusura diviene:
Esercizio 2: quadrilatero articolato Per il quadrilatero mostrato nella Figu¬
aela 4- be'p = id 4- x
a (5.28 + 0.3/ + 0.05/2) rad; 5 = 0.785 rad.
=
ra 3.22 siano noti i seguenti dati: a = 1 m; b = 2.35 m; c 2 m; d = 1.41 m;
=
in cui sono variabili l’angolo fi e la distanza x, mentre è costante la distanza d.
Scomponendo l’equazione in parte reale e immaginaria si ottiene:
Determinare, al tempo t
delle aste OiA e O2B.
— 2 la velocità angolare e l’accelerazione angolare

cos 4- b cos p = x
( aasina a
sin P =
4- b d
i'-

da cui:

P = arcsm|
(d — a sina |\
\ b )
a — a cos a 4- b cos p

Inserendo i valori dei dati numerici si ottiene p = 0.257 [rad]; x = 1.094 [m].
Derivando l’equazione di chiusura si ottiene: Figura 3.22 Quadrilatero articolato.

iàae‘a + ipbe'^ = x Risoluzione Per risolvere il problema, occorre innanzitutto determinare la posi¬
zione, la velocità angolare c l’accelerazione angolare della manovella O\A nell’i¬
che scomposta in parte reale e immaginaria fornisce: stante considerato. Derivando la funzione a(/) assegnata dal problema e valutan¬
do i valori nell’istante t = 2 s si ottiene:

{ —
—asin aà b sin pp = x
a cos aà + b cos pp = 0
a = 5.28 + 0.3 x 2 + 0.05 x 22 = 6.08 rad
b = 0.3 + 2 x 0.05 x 2 =
0.5 rad/s
sostituendo i valori numerici dei parametri noti si ottiene il sistema: à = 2 x 0.05 = 0.1 rad/s2
Nota la posizione della manovella, è possibile ricavare le posizioni della biella e
I 0.2550 4-x = —12.982 dell’asta O2B (bilancere) per mezzo dell’equazione di chiusura:
[ 0.9670 = —10.663 (O2 - Di) + (B - O2) = (A - OD 4- (B - A)
che risolto fornisce 0 = —11.03 [rad/s], i = —10.18 [m/s]. de‘s 4- ce'y = aela + be’^
64 Capitolo 3
Cinematica dei sistemi di corpi rigidi 65

scomponendo tale equazione nelle parti reale e immaginaria, si ottiene:


Esercizio 3: azionamento di una slitta porta-utensile Lo schema cinematico

! dcos <5 + c cos y = a cos a 4- b cos p



d sin 8 4- c sin y asina + b sin p
separando i termini noti da quelli incogniti si ottiene:
del sistema considerato è rappresentato nella Figura 3.23. Siano noti i seguenti
=
valori numerici per il problema: a 0.2 in, b = 1 ni, c = 0.5 m, d = 0.3 in,
e = 1.2 m. Inoltre, indicata con a la rotazione della manovella O\A, sia: a(t)
=
6.28 t rad.

f ——
—bcos P 4- c cos y = a cos a d cos 8 Si chiede di calcolare nell’istante t = 0 la velocità angolare e l’accelerazione
—b sin p + c sin y = asina dsin8 angolare del glifo e la velocità e l’accelerazione della slitta.
e infine, sostituendo i valori numerici:
| —2.35 x cos p 4- 2 x cos y = 1 x cos(6.08) d x cos(0.785)
| —2.35 x sin p 4- 2 x sin y = 1 x sin(6.08) d x sin(0.785)
che risolta rispetto alle incognite fornisce y = 0 rad, p
———
0.536 rad. Derivando
poi l’equazione di
chiusura si ottiene (tenendo conto che 8 è costante):
iyce‘y = iàae'a 4- ìpbe'^
che scomposta fornisce:

— yy==acosaà
{ ccosyy
csin—a sinaà — ùsin pp
4- pp bcos
da cui, separando i temini noti da quelli incogniti:

!—
e sostituendo i valori numerici:

b sin pp csinyy = —a sinaà
bcos pp 4- ccos yy = a cosaà

1.20 x 3-0 x y =0.1


2.02 x p - 2 x y = -0.49
Figura 3.23 Glifo oscillante per l'azionamento di una slitta porta-utensile.
p
che risolta fornisce = 0.083 rad/s, y = 0.33 rad/s.
Per ricavare le accelerazioni, si deriva una seconda volta l’equazione di chiu¬ Risoluzione Per risolvere il problema è necessario scrivere due equazioni di
sura: chiusura, una relativa al glifo (chiusura del triangolo O| O2A) e una relativa al si¬
— —
iyce'y y2ce'y = iaae'a à2ae‘a 4- ipbe'e p2be‘p

da cui, scomponendo, separando le incognite dai termini noti e sostituendo i valori
numerici:
stema di movimentazione della slitta (chiusura del poligono Oi BCD). Per prima
cosa, si calcola il valore della rotazione, velocità angolare e accelerazione ango¬
lare all’istante t = 0 del movente (?2A: a = 6.28 x 0 0 rad, à = 6.28 rad/s,
à 0 rad/s2.
=
=
{— —— ——
csinyy ccosyy2 = —a sinaà acosaà2 b sin pp bcospp2
ccosyy csinyy2 = acosaà a sinaà2 4- bcos pp àsin pp2
— —— Si imposta poi la prima delle due equazioni di chiusura: indicato con P la
rotazione del glifo a partire dalla direzione orizzontale e con x la distanza Oi A si
ottiene:

Ì— —
bsinpp csinyy —a sinaà
bcospp 4- ccosyy
=
= acosaà
— acosaà2
— —
a
sinaà2— pp2 + ccosyy2
bsinpp2
bcos
csinyy2 4-
(O2 - Oi) + (A - O2) = (A - Oj)
id 4- ae'“ = xe'11
1.20 x 3-0 x y = 0.02 Scomponendo l’equazione in parte reale e immaginaria e risolvendo rispetto alle
2.02 x 3-2 x y incognite p e x si ottiene il sistema:
= -0.14
che risolta fornisce 3 — 0.017 rad/s2, y = 0.087 rad/s2. a cos a = x cos p
d 4- a sin a = x sin p
[ x cos p
I x sin p
= 0.2
= 0.3

( 1 ( ( ( » t ( ( <
Cinematica dei sistemi di corpi rigidi 67
66 Capitolo 3

che risolto fornisce: p = 0.983 rad, x che fornisce p = 7.001 rad/s2, x = —3.029 m/s2, mentre un’ulteriore deriva¬
chiusura assume la forma:
= 0.361 m. La seconda equazione di
zione della seconda equazione di chiusura fornisce invece il valore dell’accelera¬
zione della slitta e dell’accelerazione angolare della biella BC. Si lascia questo
{D - 0,) + (C - D) = (B - OD + (C - B) ultimo passaggio al lettore, riportando solo il risultato finale: y = 0.999 m/s2,
ie + y = be'p + ce'y y = —18.17 rad/s2.

in cui y indica la posizione del punto C rispetto a D (puramente orizzontale e


quindi rappresentata da un numero complesso puramente reale), mentre y indica
la rotazione della biella BC.
Utilizzando l’usuale procedura si ottiene:

( e == b sincos p++csin/
y
b
c cos y
fi

f y 0.5 cos y = 0.555
|0.5 sin y = 0.368
e quindi y = 0.187 m, y = 2.398 rad.
Per determinare la velocità angolare del glifo si deriva la prima equazione di
chiusura (ricordando che d è costante mentre x varia nel tempo):
iàaeia = xelp + ipxeip
che con i soliti passaggi fornisce:
I — a sinaà = x cosp
|acosaà = x sin /3 -f-x cospp
— x sin ^3 —
I 0.3/ì + 0.555x = 0
| 0.2/ì + O.832x = 1.256
che risolto (per esempio con il metodo di Cramer) fornisce: p
x = 1.045 m/s.
1.932 rad/s, —
Per determinare invece la velocità y della slitta si deriva la seconda equazione
di chiusura:
y = ibpe‘p + icye,y
che risolta fornisce:
( y= —
bsinpp csin yy
| 0 = bcospp + ccos yy
— ( y + 0.203/ = —1.608
[ 0.221/ = 1.072
= =
e quindi y —2.594 m/s, y 4.855 rad/s. Un’ulteriore derivazione della prima
equazione di chiusura consente di ricavare l’accelerazione angolare dell’asta:


iaaeia aà2e‘a = xe'p + 2ixpe'p + ipxe'p — xP2e'p
— —
asina# acosaà2 = xcosp 2x sin

a cosaa a sinaà2 = x sin p + 2x cos
— pp — — xcospp1
xsinpp
pp + xcospp — sinpp2
x

f -0.3P + 0.555x = -3.781


| 0.2/1 + 0.832x = -1.120
4
Geometrìa delle masse

4.1 Introduzione
Nei capitoli precedenti sono state studiate le regole cinematiche che governano
il movimento di un sistema meccanico. Nel prossimo capitolo si introdurranno
invece le leggi della dinamica, che mettono in relazione le forze agenti su un
sistema meccanico con il suo movimento. Per affrontare lo studio della dinamica
dei sistemi, è però necessario premettere alcuni concetti relativi alla distribuzione
di massa di un sistema meccanico. Infatti, già al livello elementare costituito dalla
terza legge di Newton per un punto materiale F = ma, si osserva che la relazione
tra la forza agente F e l’accelerazione del punto materiale a esiste un fattore di
proporzionalità costituito dalla massa in del punto.
Per procedere allo studio della dinamica di sistemi meccanici formati da uno
o più corpi rigidi di dimensioni non puntiformi, è necessario introdurre i concetti
di baricentro di massa e di momento di inerzia di massa. Nel prossimo capitolo si
mostrerà poi come utilizzando tali grandezze sia possibile definire il campo delle
azioni di inerzia che si esercitano sul singolo corpo rigido ed estendere, mediante
il principio di D’ Alembert, la terza legge di Newton in modo da rendere possibile
lo studio della dinamica di sistemi di corpi rigidi.

r 4.2 Baricentro di massa


Per introdurre l’argomento, si consideri un sistema formato da un insieme di N
punti materiali, rigidamente collegati tra loro, in modo da formare un corpo rigido.
Si fissi un sistema di riferimento solidale con il corpo e si indichi con mt, Xk e yk
rispettivamente la massa e le due coordinate che definiscono la posizione della
generica /c-esima massa rispetto al sistema di riferimento scelto (Figura 4.1).
Si definisce baricentro (o centro di massa) del corpo il punto le cui coordinate
sono fornite dalle espressioni:
N N
mkxk y^ (4.1)
1V1
k=l
70 Capitolo 4 Geometria delle masse 71

Figura 4.3 Individuazione della posizione del baricentro di figure geometriche che
presentano assi di simmetria.

Figura 4.1 Baricentro di un sistema di punti discreti.


ossia sono pari al rapporto tra la somma dei momenti statici nikXk, in^yt e la massa Se il corpo presenta un asse di simmetria, ossia ha una distribuzione di massa
simmetrica rispetto a un asse, il baricentro appartiene a tale asse. Se poi il corpo
totale M del corpo. La (4.1) può intepretarsi anche come la media delle coordinate
dei punti del corpo, pesata attraverso le masse dei singoli punti. presenta due assi di simmetria, il baricentro si troverà sull’intersezione dei due
Passando a considerare un corpo rigido continuo, la sommatoria (4.1) diviene assi (Figura 4.3).
Inoltre, non è sempre necessario utilizzare la definizione (4.2) o (4.3) per il
un integrale esteso al volume del corpo, mentre la massa di un elemento infinite¬
simo di volume dF è pari al prodotto pdV in cui p è la densità del materiale, in calcolo del baricentro del corpo. Se questo è scomponibile in forme geometriche
generale funzione della posizione all’interno del corpo:
semplici delle quali sia già noto il baricentro, è possibile calcolare il baricentro
dell’intero corpo in forma analoga alla (4.1), considerando la media pesata dei
=t f p(x,y,z)ydV singoli baricentri delle sottoparti nelle quali è stato suddiviso il corpo (Figura 4.3).
xg = 77 / p(x,y,z)xdV
M jv
yG
M Jv
(4.2)
N N
mkXGksH ^kXGk
Nel caso in cui si abbia un corpo omogeneo (quindi con p costante) e di spessore
costante Zi (Figura 4.2), la massa infinitesima diviene d/n =
phdA e la (4.2)
E
*=1
M ti M
(4-4)

risulta:

xg = 77 [ a4A = 7A Ja/ AdA


M Ja
yc =
M
f
Ja
ydA =1
AJ
f yd4 (4.3) 4.2.1 II baricentro come centro delle forze peso
In questa applicazione si vuole mostrare, attraverso un esempio, come il baricen¬
essendo, nell’ipotesi fatta, la massa totale phA =
M. In pratica, se il corpo è
omogeneo e a spessore costante, la posizione del centro di massa coincide con la
tro costituisca anche il centro delle forze peso di un corpo, ossia il punto al quale
è possibile ridurre il risultante delle forze peso distribuite agenti sul corpo. L’e¬
posizione del baricentro geometrico della figura che rappresenta il contorno del sempio è condotto, per semplicità, considerando un corpo composto da N punti
corpo. materiali rigidamente collegati tra loro. Il risultato ottenuto ha comunque validità
generale.
Il corpo sia composto di punti tutti appartenenti al piano individuato dagli
assi coordinati (xy), la direzione y sia la verticale, lungo cui agisce la forza peso,
esprimibile come un vettore diretto verso il basso, ossia in verso opposto alla
direzione positiva dell’asse y, il cui modulo è pari al prodotto della massa del
punto per l’accelerazione di gravità g, come mostrato nella Figura 4.4.
Si calcoli il momento di tutte le forze peso, rispetto a un polo 0' scelto ad
arbitrio sul piano. Il modulo del momento vale:

MO‘ = 52 (** “
x°')"’kg (4.5)
Figura 4.2 Ricerca del baricentro per un corpo a spessore costante.
72 Capitolo 4 Geometria delle masse 73

Figura 4.5 Calcolo del momento di inerzia di massa per una figura piana.

Figura 4.4 Significato del baricentro come centro delle forze peso.
di ogni porzione infinitesima del corpo dm pdV. Nel caso di corpo omogeneo
=
e di spessore costante h, l’espressione si semplifica nella:

Si ricerca ora quella particolare posizione del polo 0' per la quale si annulla il Jo = ph / r2dA = ph / {x1 + )>2)dri (4.9)
modulo del momento delle forze peso, ossia: Ja Ja
N N Diversamente dal baricentro, la cui posizione fisica sul corpo viene definita indi¬
pendentemente dal riferimento scelto, il valore del momento di inerzia di massa
^xkmk = Xo'^ink
t=i t=t
(4.6)
dipende dal punto (traccia dell’asse) rispetto al quale viene calcolato. Per lo stu¬
dio della dinamica del corpo, e dei sistemi di corpi è conveniente scegliere come
da cui si ottiene: punto privilegiato per il calcolo del momento di inerzia il baricentro del corpo.
Il momento di inerzia Jg diviene così una caratteristica del corpo rìgido, e il
momento di inerzia rispetto a un polo quasiasi, può essere calcolato utilizzando la
(4.7) legge del trasporto, qui di seguito definita.
Si consideri un sistema di riferimento fisso con il cotpo, la cui origine sia
Questo risultato mostra che il momento delle forze peso si annulla per tutti e soli collocata nel baricentro G. Il momento di inerzia rispetto al polo O è esprimibile
i punti che hanno la stessa ascissa del baricentro, ossia che la retta di applicazione considerando le coordinate (xq, yd del baricentro, rispetto al sistema di riferi¬
della forza peso passa per il baricentro. mento (Oxy), e le coordinate (xi, yQ dei punti del corpo rispetto al riferimento
fisso con il corpo stesso:
4.3 Momento di inerzia di massa
Come visto, il baricentro indica il punto in cui è possibile concentrare tutta la Jo = ((xG +xj)2 + (yG + yi)2)pdV (4.10)
massa di un corpo rigido, il momento di inerzia di massa invece indica come la Jv
massa è distribuita nel corpo. Nel caso di corpi in moto piano, si considererà, Sviluppando l’espressione e riorganizzando i termini, si ha:
nella maggior parte dei casi, il momento di inerzia rispetto ad assi perpendicolari
al piano direttore, la cui traccia su detto piano è un punto.
11 momento di inerzia di massa rispetto a un asse è definito come (Figura 4.5): Jo =(xg + Vg) pdV + 2xg y XipdV + (4.11)

Jo (x2 + y2)d/n (4.8) Ut +yi)2pdv


in cui l’origine del sistema di riferimento è collocata nel punto traccia dell’asse Si osserva che gli integrali del secondo e terzo termine rappresentano il momento
rispetto a cui si sta valutando il momento di inerzia. Il momento di inerzia di statico del corpo rispetto all’origine del riferimento (avO. Essendo tale grandez¬
massa è quindi la somma (o integrale) dei momenti del secondo ordine delle masse za nulla rispetto al baricentro, ed essendo il baricentro l’origine del riferimento
Geometria delle masse 75
74 Capitolo 4

fisso con il corpo, risulta che tali integrali sono nulli. L’ultimo termine rappre¬
al
senta invece il momento di inerzia calcolato rispetto a un asse (perpendicolare

piano x y), passante per il baricentro G del corpo. La (4.9) risulta pertanto:

[
Jo = (xG + yG)M + Jv (xi + y^pdV = MOG + Jg (4.12)

che esprime la legge del trasporto: il momento di inerzia rispetto a un asse diverso
dall'asse baricentrico, può esprimersi come la somma del momento di inerzia
baricentrico più il prodotto della massa del corpo per il quadrato della distanza tra
il baricentro e il punto considerato.
Anche per il calcolo del momento di inerzia baricentrico di un corpo scom¬ Figura 4.6 Calcolo del momento di inerzia di massa per un corpo a sezione di corona
circolare e spessore costante.
ponibile in forme semplici, è possibile utilizzare la legge del trasporto:
w ,
(4.13)
JG = ^(Jck + MkGGk) Esaminando i due casi estremi si ottiene, per R, = 0, R2 = R, ossia il disco
4=1 pieno:

avendo indicato con G il baricentro del corpo composto, con GGk le distanze tra R2 V2
il baricentro del corpo G e quello di ogni singolo componente Gk, e. con Mk
la jg = m— q = R—
massa di ciascuna parte componente il corpo.
È uso definire il momento di inerzia baricentrico anche mediante la nozione mentre per 7?| = R2 = R, ossia l’anello sottile:
di raggio giratorio, definito come:
Jc = Mq2 (4-14) JG = M R2 q
— R

quel valore che, moltiplicato al quadrato per la massa del corpo, fornisce il valore Ir Si osserva che nel secondo caso il raggio giratorio è pari alla dimensione dell’a¬
del momento di inerzia Jg- Esso indica, in modo qualitativo, come la massa è nello, in quanto la massa è posta alla massima distanza dal baricentro, mentre
distribuita in rapporto alla dimensione del corpo. nel primo caso, essendo uniformemente distribuita, risulta ovviamente inferiore
al raggio R.
Si può quindi affermare che, a parità di massa, se si vuole massimizzare il
Applicazione: momento di inerzia baricentrico di una corona circolare omo¬ momento di inerzia conviene utilizzare un solido simile all’anello sottile, quale
genea Data una corona circolare di spessore costante h, e raggi interno ed ester¬ per esempio una corona circolare con spessore piccolo rispetto al proprio raggio
no rispettivamente Rt e R2, collocando il riferimento nel baricentro del corpo medio.
(Figura 4.6), il momento di inerzia balicentrico è definito come:
pRi
Applicazione: momento di inerzia baricentrico di un'asta Si consideri un’a¬
JG = / / r2phrd0dr
sta omogenea di lunghezza L e massa totale M (Figura 4.7). Posto il sistema
Jo JRt
di riferimento nel centro geometrico dell’asta, che per simmetria ne costituisce
Gli estremi dei due integrali sono indipendenti tra loro, per cui è possibile riorga¬
nizzare la scrittura nei seguenti termini:
dv

Jg
f"2
= P'i J/R\
i
'• dr /
J
f2’'
0
d0 = Inhp\-- - —) O

dm = m dv
il cui risultato è:

Jg =
nh(R2 - R2) 2 2
_
~ M
(Rl + W Figura 4.7 Calcolo del momento di inerzia di massa per un’asta omogenea.
2 2
76 Capitolo 4 Geometria delle masse 77

anche il baricentro, si indichi con in —


~ la massa per unità di lunghezza del¬

l’asta. Il momento di inerzia baricentrale dell’asta sarà in questo caso definito


lo sviluppo dell’integrale porta a:

dall’integrale semplice: b L/2 L i*/2 ph L3 b3


-L/2 \-b/2 3
Jg = rL/2 x in dx
2
ossia:
J-L/2
phbL -, -, M -, -,
lo sviluppo di tale integrale porta a: JG = ^^2 + + ^2)
vi172 - mL3 - ML1 (4.15)
£
Si osservi che facendo tendere a zero l’altezza b del rettangolo si ottiene il risultato
già ricavato per l’asta omogenea.

4.4 Esercizi
Esercizio 1: momento di inerzia baricentrico di un rettangolo omogeneo In
questo caso si consideri un solido cosituito da un rettangolo di base L, altezza b
e spessore Zi in direzione perpendicolare al piano (Figura 4.8). Per simmetria il
baricentro del corpo coincide con il suo centro geometrico. Posta in tale punto
l’origine del sistema di riferimento il calcolo del momento di inerzia baricentrale
è effettuato con un integrale doppio secondo le due coordinate x e y:

rL/2 fb/2
Ja= / U2 + y^dm
J-L/2 J—b/2
Supposto il corpo omogeneo, ne consegue dm = p/idxd.y, e quindi:
(F

Figura 4.8 Calcolo del momento di inerzia di massa per un corpo a sezione ret¬
tangolare.

I
Statica e dinamica dei sistemi di corpi rigidi

5.1 Equazioni cardinali della statica


L’equilibrio di un sistema meccanico formato da corpi rigidi può essere studiato
mediante le equazioni cardinali della statica, che affermano come la condizione
necessaria e sufficiente per l’equilibrio di un corpo rigido è che si annullino il
vettore risultante di tutte le forze attive e reattive agenti e il loro momento rispetto
a un polo generico O :
R = £F = 0
(5.1)
M‘o = EMo=0
in cui R è il vettore risultante di tutte le forze esterne agenti sul sistema (azioni
attive e reazioni vincolati), e Mq è il momento complessivo delle coppie e forze
esterne al sistema, calcolato rispetto a un polo O scelto ad arbitrio. Separando
nella scrittura della (5.1) le azioni attive dalle reazioni vincolal i, si ha:
LjF;+rrRvr = 0
(5.2)
E,(Pj - O) A F; + + £r(Pr - O) A Rvr + E, cvs = o
in cui Fy e Cj sono le forze e coppie esterne al sistema, Rvr e Cvs sono le forze e le
coppie delle reazioni vincolari. Il sistema (5.1) costituisce condizione necessaria
e sufficiente all’equilibrio nel caso di un singolo corpo rigido. Per esempio, nel
caso di un corpo nel piano, dotato di tre gradi di libertà, il sistema (5. 1 ) equivale a
tre equazioni scalari (due componenti per il risultante, e una sola per l’equazione
del momento).
Nel caso di un sistema composto da più corpi tra loro interconnessi, le (5.1)
applicate all’intero sistema costituiscono condizione solo necessaria, occorre in
tal caso o separare i corpi che costituiscono il sistema e scrivere le (5.1) per ognu¬
no di essi, includendo quindi anche le reazioni vincolari scambiate tra i corpi
stessi, oppure considerare, oltre alla (5.1) applicata al sistema completo, ulteriori
equazioni di equilibrio riguardanti le mobilità relative tra i corpi che costituiscono
il sistema meccanico nel suo complesso.
80 Capitolo 5 Statica e dinamica dei sistemi di corpi rigidi 81

5.2 II principio dei lavori virtuali 5.2.1 Applicazione: asta su guide rettilinee
Si consideri per esempio l’asta rigida vincolata con doppio appoggio studiata dal
L’approccio richiamato nel paragrafo precedente, studia l’equilibrio di un sistema
meccanico basandosi sull’equilibrio di forze e momenti, secondo le (5.1). Alter¬ punto di vista cinematico nel Paragrafo 3.1.3. Supponiamo che l’asta, dotata di
nativamente esiste un approccio basato su considerazioni di tipo energetico, noto massa m, sia soggetta al proprio peso e a una forza orizzontale, applicata nel punto
come principio dei lavori virtuali (PLV), che può enunciarsi come segue: B e diretta verso sinistra (direzione negativa rispetto all’asse reale), come illustra¬
to nella Figura 5.1, si richiede di calcolare il valore della forza FB necessario per
in un sistema meccanico con vincoli fissi e in assenza di attrito, condizione ne¬ mantenere in equilibrio l’asta.
cessaria e sufficiente per l’equilibrio è che sia nullo il lavoro virtuale compiuto
dalle forze e dalle coppie attive per qualsiasi spostamento virtuale del sistema

L’espressione del lavoro virtuale per un sistema di corpi rigidi è:

= E F> x SPj + E C* x 89* (5.3)


J k
Nella (5.3) i termini <SPy e 89 k rappresentano rispettivamente gli spostamenti vir¬
tuali dei punti di applicazione delle forze F; e le rotazioni virtuali dei corpi su
cui sono applicate le coppie Cj. Gli spostamenti (e le rotazioni) virtuali devono Figura 5.1 Statica di un corpo rigido.
soddisfare le seguenti condizioni:
® essere infinitesimi, di entità arbitraria; Nel caso di utilizzo delle equazioni cardinali della statica (5.1) è necessario intro¬
o essere compatibili con i vincoli, ossia non violare le condizioni di vincolo poste durre come ulteriori incognite le reazioni vincolari esercitate dalle guide sui due
al sistema; punti A e B dell’asta, ottenendo in generale equazioni accoppiate tra loro nelle
« essere reversibili, ossia poter avvenire in entrambi i sensi; incognite. Volendo invece applicare il PLV, le uniche forze da considerare sono il
o avvenire a tempo congelato. peso dell’asta e la forza Ffl, poiché le reazioni vincolari e Vs non compiono
lavoro. Si potrà quindi scrivere:
Per la prime due condizioni ora poste, uno spostamento virtuale è diretto secondo
la tangente alla traiettoria del punto. Si osservi inoltre che se il sistema conside¬ Ffl x 8sB +mg x 5sc = 0
rato è composto da corpi rigidi, tra i diversi vincoli che devono essere rispettati
dallo spostamento virtuale del sistema si devono includere anche le relazioni ci¬ in cui 8sb e 8sc sono i vettori che rappresentano gli spostamenti virtuali dei punti
nematiche che valgono tra gli spostamenti di un corpo rigido. Di conseguenza, B e C rispettivamente. Sviluppando i prodotti scalari ed esprimendo con 8xB
lo spostamento virtuale di ciascun corpo rigido sarà rappresentato al più da tre l’entità dello spostamento virtuale del punto B (considerato positivo se diretto
parametri indipendenti (per esempio due componenti di spostamento di un punto verso destra) e con 8yc la componente verticale dello spostamento virtuale del
e una rotazione). punto B (considerata positiva se diretta verso l’alto) si ottiene:
Il PLV risulta particolarmente vantaggioso nell’applicazione allo studio del-
1 equilibrio dei meccanismi. Infatti, in conseguenza della prima condizione posta
sullo spostamento virtuale, nel caso di vincoli fissi e privi di attrito, le reazioni
— FB8xB - mgSyc = 0

vincolari non compiono lavoro. Ciò accade o perché il punto su cui sono appli¬ in cui i segni meno sono dovuti al fatto che le forze agenti sono entrambe discordi
cate le reazioni vincolari non può spostarsi (caso della cerniera o dell’incastro), o rispetto alla direzione positiva degli spostamenti dei punti di applicazione. Ri¬
perché la reazione vincolare risulta ortogonale al movimento permesso (caso del chiamando i legami cinematici tra gli spostamenti virtuali dei punti B e C e la
carrello e del pattino). L’ipotesi di ampiezza assimilabile a un infinitesimo im¬ rotazione 80 dell’asta ottenuti nel Paragrafò 3.1.3:
plica inoltre che la configurazione del sistema non si modifichi rispetto a quella
assegnata.
8xb = L sin 080
8yc = L/'lcos080
Nel caso di un sistema a un grado di libertà, una volta espressi gli sposta¬
menti virtuali in funzione della variazione virtuale di un’unica coordinata libera, e sostituendo queste relazioni nell’equazione del PLV si ottiene:
si ottiene l’equazione risolvente. Successivamente è possibile ricavare le reazioni
vincolari applicando, per esempio, le equazioni cardinali della statica. —FDLsin080 — mgL/2cos080 =0
I
82 Capitolo 5
l < I { ( <
Statica e dinamica dei sistemi di corpi rigidi 83

La relazione deve valere per ogni 89 per cui, risolvendo rispetto all’incognita Fb che la velocità del piede di biella può essere calcolata come prodotto della velo-
si ottiene: Hg; cita angolare della manovella à per lo jacobiano A del legame cinematico tra la
p
D
mg
2 tan 0
che indica il legame tra le due azioni applicate all’asta AB. Essendo in questo
g
posizione del piede di biella e la rotazione della manovella:
c —àa(sina —
= cosa tan^) = A(a)à
si può riportare tale risultato a una relazione tra gli spostamenti virtuali:
_
caso 0 appartenente al secondo quadrante, il valore di tan0 c negativo, per cui il
valore di Fu risulta positivo.
8c = —a(sina — cosa tan/J)Sa = A(a)5a
! sostituendo questo legame cinematico nell’espressione del lavoro si ottiene:
5.2.2 Applicazione: statica del manovellismo
F 8Lk = (-M,„ - Fr A(a)) 8a = 0 (5.6)
Con riferimento al manovellismo ordinario centrato di Figura 5.2, si vuole uti¬ || poiché l’espressione sopra riportata del lavoro virtuale deve annullarsi per qual¬
lizzare il principio dei lavori virtuali per determinare il valore della coppia Mm siasi entità dello spostamento virtuale, il termine 8a può essere semplificato, ot-
applicata alla manovella e necessaria a equilibrare una forza Fr sul corsoio. tenendo l’equazione finale che può essere esplicitata in funzione dell’incognita
M,n-
Mm = — F,A(a) =a(sina — cosa tan P^Fr (5.7)

iA
g 5.3 Principio di D'Alémbert ed equazioni
della dinamica
I
Figura 5.2 Schema cinematico del manovellismo ordinario centrato. In questo paragrafo ci occuperemo di definire le equazioni che regolano la dinami-
ca di un sistema meccanico, ossia (cfr. Introduzione) le relazioni che intercorrono
Nel caso in esame, detta 8a la rotazione virtuale (assunta positiva in senso anti¬ tra moto del sistema e forze agenti. Come per il caso della statica, si mostre-
orario) della manovella attorno alla cerniera in O si avrà: ranno due possibili approcci allo studio della dinamica, uno basato sulle equa-
zioni di D’Alémbert (o di “equilibrio dinamico”), che possono essere considerate
8Bk = M„, x 5a + Fr x 8sb = 0 (5.4) il corrispondente in dinamica delle equazioni cardinali della statica, il secondo
basato su un approccio energetico, che può ancora consistere nell’applicazione
Si osservi che l’entità dello spostamento virtuale del punto B è data dalla varia¬ K del PLV (includendo anche il lavoro virtuale delle cosiddette “forze d’inerzia”)
zione infinitesima 8c della distanza tra i punti O e B del manovellismo che si K oppure nell’applicazione della equazione di bilancio delle potenze.
produce per effetto della rotazione 8a della manovella. Si può quindi scrivere: Vale infine la pena osservare che nel legame tra le forze agenti su un sistema e
K L
le corrispondenti accelerazioni, gioca un ruolo fondamentale la definizione delle
Ssb = Sci SA inerzie del sistema: pertanto, nello studio della dinamica utilizzeremo tutte le
È? nozioni relative alla geometria delle masse che sono state oggetto del Capitolo 4.
in cui i è il versore che indica la direzione dell’asse x. Sviluppando i prodotti Nello studio della dinamica si riprenderanno brevemente le nozioni relati-
scalari, e osservando che, date le convenzioni assunte, Mm è opposto alla rotazione A ve alla dinamica del punto, per poi approfondire maggiormente lo studio della
virtuale 8a e Fr è opposta allo spostamento virtuale del corsoio 8sb, si ottiene dinamica del singolo cotpo rigido oppure di un sistema di corpi rigidi.
l’equazione: &
B' 5.3.1 Punto materiale
£ 8Lk = —Mm8a - Fr8c = 0 (5.5)
Nel caso di un punto materiale di massa in, la legge di Newton (terza legge della
La variazione Se della posizione del corsoio è legata alla variazione infinitesima dinamica) afferma che l’accelerazione del punto risulta legata alla risultante di
della posizione angolare della manovella 8a dallo stesso legame cinematico che K tutte le forze (attive e reattive) agenti sul corpo attraverso la relazione:
mette in relazione la velocità del corsoio con la velocità angolare della manovel¬
la. Ricordando quanto ottenuto dall’analisi cinematica del manovellismo, ovvero ^F = ma (5.8)
Statica e dinamica dei sistemi di corpi rigidi 85
84 Capitolo 5

—ni d$ a(
Definendo forza di inerzia Fjn la quantità vettoriale:
—ni d£ a( 0, è, è
Fh^-ma (5.9)

pari al prodotto della massa per l' accelerazione del punto cambiala di segno, l’e¬
quazione di moto può essere riscritta nella forma di una equazione di “equilibrio ? df
dinamico”:
Figura 5.3 Distribuzione delle accelerazioni e delle forze di inerzia su un'asta incer¬

£F + Fin = 0 (5.10) nierata.

ossia il problema dinamico può essere ricondotto a un problema statico equivalen¬


traiettorie di tutti i punti di un corpo dotato di moto rotatorio sono delle circonfe¬
te, a condizione di aggiungere alle effettive forze agenti sul sistema una forza fit¬
renze con centro nel punto fisso, queste due componenti di accelerazione valgono
tizia, detta forza di inerzia. Questa affermazione, rappresentata matematicamente
in modulo:
dalle equazioni (5.9) e (5.10), costituisce l’enunciato del principio di D’Alémbert i-
nel caso del punto materiale. L’applicazione di tale principio risulta molto più
significativa e utile dal punto di vista ingegneristico nel caso del corpo rigido, e
dei sistemi di corpi rigidi, come mostrato nei paragrafi successivi. a„(?) = ^2n
5.3.2 Corpo rigido in cui Ò e 9 sono la velocità e l’accelerazione angolare dell’asta, assunte come di
consueto positive in senso antiorario, mentre t e n sono due versori che indicano
Consideriamo ora il caso di un corpo dotato di dimensioni non trascurabili. In que¬ rispettivamente la direzione tangenziale e normale centripeta.
sto caso, il principio di D’Alémbert, rappresentato per il singolo punto materiale
dalle (5.9) e (5.10) può essere scritto per ciascun punto del corpo, che potremo In base al principio di D’Alémbert, le componenti della forza d’inerzia in¬
quindi considerare soggetto a una distribuzione continua di forze di inerzia, tali finitesime agenti su un tronchetto di lunghezza d£ dell’asta saranno dunque una
per cui la singola forza infinitesima agente su un elementino di massa infinitesima componente tangenziale dFini e una componente normale (centrifuga) dFjnn dirette
dm sia definito dalla: in verso opposto alle corrispondenti componenti di accelerazione, definite dalle:

dFin = -d/na (5.11) dFin, = -widfat($)


dF|n„ = -md|a„(f)
Una volta introdotta questa distribuzione di forze fittizie agenti sul corpo, potremo
dire, in analogia con la (5.10), che il moto del corpo dovrà soddisfare le equazioni Calcoliamo ora la forza risultante di tutte le azioni distribuite di inerzia: essa avrà
che definiscono V equilibrio dinamico del corpo sotto l’azione delle forze (attive e due componenti, una diretta ortogonalmente all’asta, pari alla somma di tutte le
reattive) agenti su di esso insieme alle forze di inerzia così introdotte. Questo ri¬ componenti tangenziali, e una diretta parallelamente all’asta, pari alla somma di
sultato assume particolare importanza per il corpo rigido, perché in questo caso è tutte le componenti centrifughe. I moduli di queste due componenti saranno:
possibile ridurre l’intero sistema di forze distribuite di inerzia a una forza risultan¬
te più una coppia di inerzia, che possono essere espresse con facilità in funzione
dell’accelerazione del baricentro e dell’accelerazione angolare del corpo.
Rin, = /F^fé) = -mOfo £d£t =
Rin„ = /Fin„($) =
-m^dt
Per ricavare tali espressioni si consideri l’esempio di un’asta dotata di mas¬ = -m^02n
sa uniformemente distribuita, posta in rotazione attorno a un suo estremo, come Per interpretare il risultato raggiunto, osserviamo che mL è la massa totale M
mostrato nella Figura 5.3. Sia ni la massa per unità di lunghezza (o massa linea¬ dell’asta, e che essendo l’asta omogenea, il suo baricentro sarà posto a una distan¬
re) dell’asta. Calcoliamo innanzitutto la distribuzione delle forze di inerzia agenti
za L/2 dall’estremo fisso, per cui le componenti di accelerazione tangenziale e
sull’asta: a questo scopo introduciamo una coordinata, £, che identifichi la po¬
normale del baricentro G saranno:
sizione della generica sezione dell’asta a partire dall’estremo fisso (Figura 5.3).
L’accelerazione del generico punto dell’asta posto a distanza £ dall’estremo fisso
sarà composta da un termine di accelerazione tangenziale, diretto ortogonalmente aG, =
all’asta e da un termine di accelerazione normale, centripeto. Ricordando che le aG„ = j02n

1 l
I 1
86 Capitolo 5 Statica e dinamica dei sistemi di corpi rigidi 87
è

Ne deriva che le due componenti della risultante di tutte le forze di inerzia possono termini aggiuntivi relativi alle forze di inerzia, ossia in termini di equazioni di

essere scritte come: equilibrio dinamico:


Pinn
Pini
— =
Af a^ R 4- Rjn
—0
(5.14)
M*o + Min + (G-O)ARin = 0
ossia, in termini di vettore risultante complessivo:
in cui, in analogia con la simbologia adottata nella (5.1), si indica con M*, il
Fin — M&G (5.12) momento complessivo delle coppie e forze agenti sul corpo, incluse le reazioni
vincolari.
Questa circostanza non risulta specifica del solo esempio considerato, ma in ge¬
nerale si può affermare che: la forza risultante di tutte le azioni di inerzia che si Applicazione: corpo rigido di piccolo spessore rotante attorno ad asse fisso
I
esercitano su un corpo rigido è pari al prodotto della massa totale del corpo per Con riferimento alla Figura 5.4, si voglia determinare l’accelerazione angolare ài
l'accelerazione del baricentro cambiata di segno. di un corpo di massa in e momento d’inerzia baricentrale Jg, soggetto al pro¬
A questa prima regola, che consente di calcolare con relativa semplicità la prio peso, a una forza F applicata nel punto P e a una coppia M , in moto piano
risultante delle forze di inerzia da inserire in una equazione di equilibrio dinamico rotatorio attorno a O.
“alla traslazione” di un corpo rigido, va aggiunta una seconda regola che ci con¬ Per utilizzare le equazioni di equilibrio dinamico (5.14), calcoliamo innanzi¬
senta invece di scrivere con semplicità il momento rispetto a un polo 0 di tutte le
fòrze di inerzia agenti sul corpo rigido. A tale fine, ritorniamo al nostro esempio,
tutto la risultante e il momento rispetto al baricentro del sistema di forze di inerzia
agente sul corpo. Introducendo una coppia di versori t e n aventi direzione rispet¬
il
e scegliamo come polo rispetto al quale calcolare il momento delle forze di inerzia tivamente perpendicolare e parallela alla congiungente OG e versi indicati nella
il baricentro G. In questo caso, il momento dovuto alle componenti normali delle Figura 5.4, e inoltre un versore k uscente dal piano della figura si ha:
forze di inerzia sarà nullo, perché tutte passano per il baricentro. Il contributo del¬
le forze tangenziali potrà essere invece calcolato tenendo conto che il braccio di
ciascuna forza infinitesima è pari alla distanza del rispettivo punto di applicazione

Fin = ma>2OGn mùOGt —
dal baricentro G: Min = — Jmk
fL .. rL ^-L/2)d^k -L3 Si scriva innanzitutto l’equilibrio dinamico dei momenti rispetto al polo fisso O:
Mnc=y Fini^-L/2)d^k=-m0 = -m0—k
in cui k è un versore perpendicolare uscente al piano in cui si muove l’asta. Ricor¬
.
Jgo) + mmOG
2
+ mgOG sin fi — —Fb M =0
dando l’espressione del momento di inerzia balicentrale Jg di un’asta omogenea, che risulta un’equazione pura di movimento, ovvero non contenente incogni¬
te di reazione vincolare. Da questa equazione è possibile ricavare direttamente
fornita dalla (4.15), si può riscrivere l’espressione del momento delle forze di
inerzia rispetto al baricentro come:

Min = -Jc0k (5.13)

Generalizzando il risultato ottenuto si può affermare che l’intero sistema di forze


di inerzia distribuite agenti su un corpo rigido potrà essere sempre ridotto a una
forza risultante, pari al prodotto della massa del corpo per il vettore accelerazione
del baricentro cambiato di segno (secondo quanto espresso dalla (5.12)) e appli¬
cata nel baricentro, e da una coppia (detta coppia di inerzia) pari al prodotto del
momento di inerzia baricentrale del corpo rigido per l’accelerazione angolare del lite
corpo cambiata di segno (secondo quanto espresso dalla (5.13)). Quanto detto,
quindi, vale anche nel caso più generale di moto rototraslatorio.
Di conseguenza, le equazioni vettoriali che descrivono il moto del corpo ri¬
gido possono essere scritte nella forma di equazioni di equilibrio includendo i Figura 5.4 Dinamica di un corpo rigido: un esempio.

‘P
88 Capitolo 5 Statica e dinamica dei sistemi di corpi rigidi 89

l’accelerazione angolare del corpo nella posizione considerata: » le forze esterne agenti su tutti i corpi facenti parte di quella porzione del sistema
per cui si scrive la condizione di equilibrio dinamico;
ò> =
M + Fb — mgOG sin p (5.15) e le reazioni vincolati corrispondenti a vincoli che collegano a terra la parte di
Jq + mOG
2
. sistema considerata;
Proiettando invece la prima delle due (5.14) secondo le direzioni dei versori t e n
• lela porzione
componenti di reazione vincolare corrispondenti ai vincoli che collegano
considerata al resto del sistema. Non compariranno però le forze
si ottiene: scambiate tra due coipi tutti e due appartenenti alla parte di sistema considera¬
F cos a — mai2 OG + mg cos fi
— ==
Rn 0 ta (forze interne): infatti in questo caso, per il principio di azione e reazione,
a ciascuna forza se ne accompagnerà una uguale e contraria, con uguale ret¬
F sina
— mà)OG
— mg sin p + Rt 0
essendo a e rispettivamente gli angoli formati tra i vettori F e zng e l’asse n.
ta di applicazione, di modo che il contributo complessivo di queste due forze
sarà complessivamente nullo, per quanto riguarda sia il vettore risultante sia il
momento rispetto al polo O considerato.
Le equazioni scritte consentono di ricavare le due componenti Rn e Rt della In ogni caso, è possibile verificare che il numero complessivo di equazioni indi¬
reazione vincolare esercitata dalla cerniera. pendenti che possono essere scritte per il sistema è sempre pari (nel caso di moto
piano) a 3n, con n pari al numero di corpi che compongono il sistema. Fermo
5.3.3 Sistema composto da corpi rigidi restando questo numero massimo di equazioni, di volta in volta potrà essere più
opportuno e semplice, per il tipo di sistema considerato, scegliere di imporre l’e¬
Per un sistema composto da n corpi rigidi si possono scrivere n sistemi di equa¬ quilibrio parziale di un solo corpo, di una parte di sistema formata da più corpi
zioni vettoriali del tipo (5.14) ossia, complessivamente, le In equazioni vettoriali: o addirittura dell’intero sistema, tenendo conto le avvertenze sopra riportate su
quali termini di forza includere nelle equazioni.
Rj+Rmj 0
(5 16)
M* • + MinJ + (G - O) A Rin,; = 0 0 = 1,2 n) 5.4 Equazione del bilancio delle potenze
che, opportunamente proiettante, danno luogo per un sistema piano a 3n equazioni Così come visto in statica con il principio dei lavori virtuali, anche nella dina¬
scalari indipendenti: di cui 2zi equazioni di equilibrio a traslazioni e n relative a mica è possibile utilizzare un approccio energetico, ossia basato sulla scrittura
equazioni di momenti. Nel sistema di equazioni (5.16) il vettore risultante delle del lavoro delle diverse forze agenti sul sistema, per scrivere una o più equazioni
forze agenti sul generico j -esimo corpo R; comprenderà: di moto del sistema. Si è visto nel paragrafo precedente che grazie al principio
o le forze esterne agenti sul solo corpo j; di D’Alémbert, è possibile riportare il problema dinamico a un problema statico
a le reazioni vincolati colrispondenti a vincoli che collegano il corpo a terra; equivalente, introducendo un opportuno sistema di forze e coppie di inerzia. È
a le componenti di reazione vincolare corrispondenti ai vincoli che collegano il perciò possibile applicare il PLV, includendo nell’espressione del lavoro virtuale i
corpo j agli altri corpi del sistema; termini relativi alle forze e coppie di inerzia.
Nel caso di vincoli fissi e lisci, questo metodo consente di ottenere tante equa¬
Queste equazioni possono consentire di ricavare 3zi incognite che saranno in parte "s zioni quanti sono i gradi di libertà escludendo “automaticamente” dalle equazioni
costituite dalle reazioni vincolati, e che inoltre comprenderanno: le reazioni vincolari incognite. In particolare, nel caso in cui il sistema sia dota¬
o un numero di parametri cinematici incogniti (componenti di accelerazione li¬ to di un solo grado di libertà, si otterrà una singola equazione che consentirà di
neare o angolare dei corpi) pari al numero di gradi di libertà del sistema, nel caso risolvere il problema dinamico.
in cui si voglia risolvere un problema di dinamica diretta (cfr. Introduzione)', Per fare un esempio di questo procedimento ci riferiamo nuovamente al caso
un numero di componenti incognite di forze o coppie attive pari al numero di del corpo rigido di piccolo spessore di Figura 5.4, già trattato nel Paragrafo 5.3.2
• gradi di libertà del sistema, nel caso in cui si voglia risolvere un problema di con il metodo degli equilibri dinamici. Nel caso in esame, data la presenza di
cinetostatica. una cerniera a terra in O, lo spostamento virtuale del corpo sarà di tipo rotatorio,
descritto dalla rotazione virtuale 80 (assunta per convenzione positiva in senso
Si osservi che una coppia di equazioni di equilibrio dinamico avente la forma anli-orario) del coipo rigido. Applicando il PLV si ottiene;
(5.16) può essere scritta anche per qualsiasi parte del sistema, formato da più
corpi uniti fra loro da vincoli oppure per l’intero sistema. In questo caso, le tre Y,SLk =M x 80 + mg x 8sG + F x 8sP+
equazioni scalari di equilibrio dinamico che si possono scrivere conterranno: —
—Jù x 80 maG x 8sG = 0 ”
Statica e dinamica dei sistemi di corpi rigidi 91
90 Capitolo 5

5.4.1 Energia cinetica di un corpo rigido


in cui è:
Mediante i concetti introdotti nel Capitolo 4 di centro di massa e momento di iner¬
<W=<5i?k <SsG = a (G - O) 8sP=8» A(P - O) zia di massa, è possibile calcolare l’energia cinetica di un corpo rigido, nelle più
generali condizioni di moto rototraslatorio. Ricordando l’espressione, in forma
con k versore perpendicolare al piano contenente il corpo. vettoriale, della velocità di un punto P di un corpo rigido in moto rototraslatorio,
Svolgendo i prodotti indicati e raccogliendo a fattoi- comune la rotazione e scegliendo come punto di riferimento il baricentro G del corpo:
virtuale Stì si ha:
Vp = VG + m a (P - G) (5.21)
(-JgÙ + M- mùOG2 - mg'OG sin fi + Fb^ =0 (5. 1 8) l’energia cinetica del corpo è definita come:

dovendo la (5. 1 8) valere per ogni 8&, si ottiene l’equazione pura: Ec =


lv V^pdV con V2 = NP x NP (5.22)

— JGco + M — mcoOG~ — mgOG sin fi + Fb = 0 (5.19) e può essere espressa come:

che risulta in questo caso coincidere con quella trovata in precedenza scrivendo
l’equilibrio dei momenti rispetto alla cerniera in O.
Ec = ^lv(yG+b>A(~P ~ x (VG + » A (P - G^pdV (5.23)
Se al posto degli spostamenti virtuali si sostituiscono, nel caso di vincoli
avendo indicato che il quadrato del modulo del vettore velocità può essere riscritto
fissi e lisci, quelli effettivi, ossia eseguiti effettivamente dal corpo in un tempo
infinitesimo dr, che risultano quindi legati alle effettive velocità dei punti del corpo
come prodotto scalare del vettore velocità per se stesso. Sviluppando la (5.23), e
riordinando i termini si ha:
c alla sua velocità angolare:

dii = wdt dsc = vGdt dsp = vPdt Ec = -VG


2
x Vc / pdV
Jv
si ottiene: (w a (P - G)pdv)
+ 2Vg x y
(-Jcà x w + M x « - maG x vc + mg x vG + F x v,>) dt = 0 + ^(«A^ (P-G)pdv) x Vc
Da questa espressione si ottiene infine, dividendo per la quantità dt:

-JGù x « + M x w - maG x vG + mg x vo + F x vP =0
+
^1 \E-GI2pdV

in cui si è tenuto conto che il vettore VG (velocità del baricentro) e la velocità


(5.24)

che esprime l’annullamento complessivo delle potenze di tutte le forze e coppie angolare w sono delle costanti rispetto all’integrale di volume esteso al corpo, e
(comprese quelle di inerzia) agenti sul sistema. 11 principio illustrato da que¬ inoltre della relazione:
sta equazione è nolo come bilancio di potenze, e può essere sintetizzato, per un
sistema meccanico qualsiasi (per esempio composto da uno o più corpi rigidi), [wa(P- G)) X (w a (P - G)} = (w|P - G|)'
dall’equazione:
Si osserva poi che il secondo e il terzo termine sono nulli, in quanto gli integrali
£ IV + £ = 0 (5.20) indicano il momento statico del corpo rispetto al baricentro c che l’integrale con¬
tenuto nell ultimo termine a destra dell’uguale è invece il momento di inerzia di
massa rispetto al baricentro, calcolato in un riferimento fisso con il corpo, avente
che esprime l’annullamento complessivo della somma algebrica delle potenze di
origine nel baricentro stesso. L’espressione finale è pertanto:
tutte le forze e coppie agenti sul sistema, incluse quelle di inerzia. Nelle ap¬
plicazioni di dinamica, l’equazione di bilancio delle potenze può risultare di più
spontaneo utilizzo rispetto a quella dei lavori virtuali vista in precedenza, poiché Ec = x Na + {-JcM xa (5.25)
più direttamente collegata al moto dei corpi rigidi componenti il sistema.
92 Capitolo 5 Statica e dinamica dei sistemi di corpi rigidi 93

in cui si distingue il contributo dovuto al moto traslatorio, corrispondente al primo e quindi:


termine, e il contributo legato al moto rotatorio attorno al baricentro, espresso dal
secondo termine. È importante sottolineare che tale risultato, in cui l’energia x . dEc
cinetica del corpo è scritta come somma di due soli termini, è valida solo se ci si <52S>
riferisce al baricentro del corpo stesso. Nel caso in cui ci si riferisca a un punto
differente, il secondo e il terzo termine della (5.24) sono differenti da zero. Si può quindi affermare che (in presenza di vincoli fissi e lisci) la somma delle po¬
La formula (5.25) è detta teorema di Kónig e consente di esprimere in maniera tenze di tutte le forze attive uguaglia la derivata dell’energia cinetica del sistema,
semplice l’energia cinetica di un corpo rigido nel caso più generale di moto roto- noto come teorema dell'energia cinetica.
traslatorio. La validità di questa equazione non è limitata a un singolo corpo rigido,
Se il moto è solo traslatorio, allora l’energia cinetica è espressa come il primo ma vale per qualunque sistema di corpi, e si presta a un’importante interpre¬
termine della (5.25), in cui a Ve si può sostituire la velocità di qualsiasi punto. tazione fisica: durante il moto del sistema, negli istanti in cui la somma del¬
Se il moto è rotatorio intorno al baricentro, l’energia cinetica è espressa dal le potenze delle forze attive risulta positiva l’energia cinetica del sistema vie¬
solo secondo termine della (5.25), mentre infine se il moto è semplicemente ro¬ ne incrementata, mentre, al contrario, quando tale somma risulta negativa il si¬
tatorio, attorno a un punto O diverso dal baricentro, con passaggi analoghi ai stema riduce la propria energia cinetica. In questi termini, le inerzie presen¬
precedenti, si ottiene: ti nel sistema (masse e momenti di inerzia) possono essere visti come “serba¬
toi di energia” che nelle fasi di accelerazione immagazzinano l’energia prodotta
E^-Jo^ (5.26) nel sistema in eccesso rispetto a quella necessaria per vincere le resistenze, men¬
tre nelle fasi di decelerazione restituiscono l’energia immagazzinata per suppli¬
avendo indicato con Jq il momento di inerzia di massa rispetto all’asse perpendi¬ re a una carenza di potenza motrice rispetto a quella necessaria per vincere le
colare al piano e passante per il polo O: resistenze.
(5.27)
5.5 Cinetostatica e dinamica dei sistemi meccanici
Alla luce dei concetti introdotti in questo capitolo, è opportuno ritornare sulla defi¬
5.4.2 Teorema dell'energia cinetica
nizione di analisi cinetostatica e dinamica fornita nell’introduzione. Si ricorda che
Ritornando all’equazione di bilancio delle potenze (5.20), osserviamo che il ter¬ per analisi cinetostatica si intende il calcolo della forza necessaria per mantenere
mine relativo alle potenze di inerzia può anche essere scritto in termini di derivata una condizione di moto assegnata, mentre l’analisi dinamica consiste nel deter¬
rispetto al tempo dell’energia cinetica del corpo. Infatti, considerando per esem¬ minare il moto del sistema, a partire da forze assegnate. Entrambe queste analisi
pio un sistema formato da un solo corpo rigido, si può scrivere l’energia cinetica 5'
devono tenere in conto il contributo delle forze e coppie di inerzia, che dipendono
del corpo rigido (utilizzando il teorema di Konig) come: dalle accelerazioni del sistema: nella cinetostatica le forze di inerzia sono note,
in quanto possono essere calcolate in funzione del moto assegnato per il sistema,
1,1,1 1
ne consegue che l’equazione risolvente della cinetostatica sarà un’equazione or¬
Ec = -Mv£ + 2JgW = ^yG *Ng + X W
dinaria (non differenziale) che consente di determinare la forza motrice incognita.
derivando tale espressione rispetto al tempo si ottiene: Nella dinamica, invece, il moto del sistema non è noto a priori, per cui le forze di
inerzia dipendono dalla coordinata scelta per rappresentare il moto del sistema e
AEC 1 1 1, . 1 ,
xw
. dalle sue derivate prima e seconda rispetto al tempo. Di conseguenza l’equazione
“dT -MaG xvc + -MvG ac +
x xw
risolutiva di un problema dinamico assume la forma di equazione differenziale del
da cui, sfruttando la proprietà commutativa del prodotto scalare: secondo ordine (o di sistema di equazioni differenziali, nel caso di sistemi a più
gradi di libertà).
— = MaG x
dt
E vG + Jg^ x w Più in dettaglio, lo schema risolutivo di un problema cinetostatico (per un
sistema a un grado di libertà) è il seguente:
confrontando l’espressione ottenuta con quella del bilancio di potenze scritto in
precedenza si ottiene:
o noto l’andamento nel tempo di una coordinata del sistema, o in alternativa il
valore istantaneo di tale coordinata e delle sue derivate prima e seconda, si
dEc calcolano tutte le quantità cinematiche che servono per definire le forze e coppie
Win "dT di inerzia e per la scrittura del bilancio di potenze;
1(1/ I S ( (
94 Capitolo 5 Statica e dinamica dei sistemi di corpi rigidi 95

o mediante il bilancio di potenze, si ricava l’azione motrice incognita (forza o


coppia);
o si calcolano eventuali reazioni vincolati o azioni interne di interesse mediante
opportune equazioni di equilibrio dinamico.
Lo schema risolutivo di un problema dinamico è invece il seguente:
» si sceglie innanzitutto una coordinata libera, in funzione della quale descrivere
il moto del sistema;
o si esprimono i legami cinematici tra la coordinata scelta e le sue derivate e le
quantità cinematiche che definiscono le forze e coppie di inerzia, nonché le
velocità dei punti di applicazione di tutte le forzanti;
Figura 5.5 Andamento della pressione nel cilindro in funzione della rotazione della
o mediante il bilancio di potenze, si ottiene l’equazione differenziale di moto che
manovella.
rappresenta la relazione tra le forze agenti e il movimento del sistema;
o l’equazione di moto può essere integrata, a partire da assegnate condizioni
iniziali, analiticamente o per via numerica, a seconda dei casi;
In questo paragrafo si supporrà poi che sull’albero motore (ossia sulla manovella)
e ottenuta la soluzione, ossia il moto del sistema, se richiesto è possibile calcolare
agisca un momento Mr di valore incognito opposto alla velocità angolare dell’al¬
il valore di reazioni vincolali o azioni interne di interesse mediante equazioni
bero. Tale momento potrebbe rappresentare reffetto di un utilizzatore che applichi
di equilibrio dinamico.
alla macchina un momento resistente non noto. Si vuole ora risolvere il proble¬
Come si può osservare, la risoluzione di un problema dinamico risulta in genere ma cinetostatico ovvero, assegnato il moto del sistema in termini di posizione
più difficoltosa rispetto a un problema di cinetostatica, soprattutto nel caso in cui angolare a e di sue derivate prima e seconda, determinare il valore del momento
i legami cinematici tra la coordinata libera e le grandezze cinematiche di interesse resistente Mr che corrisponde alle condizioni cinematiche note.
siano di tipo non lineare. In questo caso infatti l’equazione di moto assume una Per quanto riguarda le inerzie del sistema, si supporrà che sull’albero motore
forma non lineare che non consente l’integrazione analitica. Nel seguito si forni¬ sia calettato un volano con momento di inerzia Jm, e che nel corsoio sia concen¬
scono alcuni esempi di analisi cinetostatica di sistemi articolati, mentre l’analisi trata una massa mu, considerando trascurabile l’inerzia associata alla biella (si
dinamica sarà affrontata nei Capitoli 7 e 8. veda il Paragrafo 8.1 per la trattazione delle inerzie della biella).
Il sistema è quindi costituito da tre corpi rigidi ed è pertanto possibile scrivere
5.5.1 Analisi cinetostatica di un motore a combustione interna liquazioni di equilibrio per i tre corpi rigidi, che costituiscono complessivamente
nove equazioni nelle nove incognite rappresentate dal momento Mr e dalle otto
Quale primo esempio della scrittura delle equazioni dinamiche di un sistema com¬ componenti di reazione vincolare complessivamente introdotte dalle cerniere in
posto da più corpi rigidi, si consideri un motore monocilindrico a combustione O, A e B e dal pattino agente sul corsoio. Le azioni e reazioni suddette sono
interna. Un motore monocilindrico è costituito da un albero motore che porta una poste in evidenza nello schema di Figura 5.7.
manovella di lunghezza a, un corsoio, o pistone, che si impegna nel cilindro, e
una biella di lunghezza b che collega l’estremità della manovella al corsoio. Al¬
l’interno della camera di dimensioni variabili formata dal cilindro e dal pistone,
si ha un andamento variabile della pressione pg, determinato dall’alternarsi delle
fasi di funzionamento del motore, nel caso di un motore a 4 tempi: aspirazione,
compressione, combustione, espulsione dei gas esausti. Un andamento realistico
della pressione pg relativa a quella atmosferica in funzione della rotazione della
manovella a è rappresentato nella Figura 5.5. Sul pistone agisce pertanto la forza
Fg che rappresenta la risultante delle pressioni agenti sullo stantuffo:
D2
Fg(a) = ir— pg(a)
Figura 5.6 Schema cinematico del manovellismo ordinario centrato.
essendo D il diametro del pistone.
96 Capitolo 5 Statica e dinamica dei sistemi di corpi rigidi 97

Dal sistema d’equazioni si ottengono i seguenti risultati:

$Ax = $Bx — Fg mBc


= (Fg 4- mBc) tan^ (5.32)
M{
— -Jma 4- (Fg 4- mBc) a (sina 4- cosa tan </>)

Nel caso in cui fosse da calcolare la sola coppia Mr il procedimento più semplice
si basa invece sul bilancio di potenza scritto per l’intero meccanismo perché, per
l’ipotesi fatta di assenza di attrito, le reazioni vincolati esprimono potenza nulla.
Facendo riferimento alla Figura 5.6, che mostra le forze agenti sul manovellismo,
t è così possibile scrivere l’equazione di bilancio di potenze della macchina.
Figura 5.7 Schema delle forze attive e reattive agenti sui singoli corpi rigidi costi¬ La potenza delle azioni d’inerzia è data dalla somma del contributo associato
tuenti il sistema. alla massa mB e al momento d’inerzia della manovella Jm:
Er-:

La scelta di quale insieme di corpi rigidi prendere in considerazione nella scrit¬


tura delle equazioni di equilibrio dipende dalle grandezze da determinare. Se per
BSr-
VV, = —mBcc — Jmaà
esempio si dovessero calcolare tutte le reazioni vincolati indicale nella figura si La potenza dovuta alle forze attive, associate alla pressione nella camera di com¬
potranno scrivere, considerando un solo corpo alla volta, tre equazioni di equili¬ bustione e al momento resistente, è pari a:
brio dinamico rispettivamente per corsoio, biella e manovella, ottenendo il sistema l$H
di equazioni riportato di seguito. W = -F^c - Mrà
•Corsoio
E F*
E ^y
— 0
0

Fg 4- inB'c SBx
^B + $By = 0
=0
(5.29)
r

E
in cui il segno negativo è dovuto al fatto che, per ciascuno dei due termini, la
forza (o coppia) applicala al sistema è discorde, secondo le convenzioni adottate,
rispetto alla velocità del suo punto di applicazione. Il bilancio di potenza risulta
E^(*B) = 0 (mb = o g pertanto:

® Biella
Ef; = o $Bx + $Ax = 0
y

da cui:
— —
—F^c Mrà mBcc — Jmaà = 0

e^; = o $By + S^y = 0 (5.30)

o Manovella
E^’fi) = o SaxI sin <p 4- S^yl cos <p = 0

Mrà = (Fg 4- ni bc^c — Jmaà (5.33)

Ricordando quanto ottenuto dall’analisi cinematica del meccanismo (si veda il


E F*
E^ = 0
=0 Sox + $Ax 0 — Capitolo 3):

E^o
$Oy + $Ay = 0
-Mt — —
Jma oSax sin a 4- aSAy cos a = 0
(5.31) fc c = —àa (sin a — cos a tan /1) (5.34)

11 sistema costituito dalle 9 equazioni scalari (5.29), (5.30) e (5.31) si presenta sostituendo nell’equazione (5.33) e dividendo per il fattore comune à, si ottiene:
determinato nelle 9 incognite: SOx, SOy, SAx, SAy, SBx, SBy, MB, ^>B e natural¬
mente Mr.
Nella scrittura adottata l’asterisco indica che la somma è estesa a compren¬
Mr = (Fg 4- mBc)a (sin a — cos a tan fi) — Jma (5.35)

dere anche il sistema delle forze d’inerzia del corpo considerato. che risulta identica alla (5.32), osservando che tan <p = — tan p.

<:<(><,( ( ' (
98 Capitolo 5
( ( ( ( I I < (
S/ Statica e dinamica dei sistemi di corpi rigidi 99

5.5.2 Cinetostatica del glifo oscillante 5.6 Esercizi


Si consideri ora il meccanismo a glifo oscillante di Figura 5.8, utilizzato per azio¬ Gli esercizi proposti in questo capitolo affrontano complessivamente la cinetosta¬
nare una slitta portautensile. Sull’albero motore (ossia sulla manovella O\ A) agi¬ tica di sistemi articolati. Come tali, contengono sia una parte di cinematica, che
sce un momento M„, incognito equiverso alla velocità angolare dell’albero. Sul¬ si riferisce agli argomenti trattati nel Capitolo 3, sia l’impostazione del bilancio
la slitta C di massa me è applicata una forza F che rappresenta l’effetto di un di potenze e del calcolo delle reazioni vincolari, che è invece specifica di questo
utilizzatore. capitolo.
Per semplicità si considerano trascurabili tutte le inerzie del sistema, a ecce¬ ir..
zione della massa me della slitta C. La cinematica di questo sistema è già stata
risolta nell’Esercizio 3 del Capitolo 3, al quale si rimanda, e pertanto si consi¬ Esercizio 1: un sistema articolato Del sistema articolato nella Figura 5.9, po¬
dereranno nel seguito note tutte le grandezze cinematiche di interesse (velocità sse" sto in un piano orizzontale, sono note: la lunghezza dell’asta AB = 0.5 m, la
e accelerazioni). Nel caso in esame, la potenza delle forze d’inerzia è data dal
prodotto:
posizione angolare a
angolare a =

j, la velocità angolare à =
IO rad/s e l’accelerazione
100 rad/s2 della manovella, la massa del corsoio mc = 10 kg di
=
semialtezza d = 0.1 m e la forza applicata F 1000 N.
Wi = -meff (5.36) Si determinino:

1. la posizione AO nell’istante considerato del manicotto A rispetto alla cernie¬


ra O, la posizione angolare /3 dell’asta AB e c posizione del baricentro del
corsoio;
2. la velocità di sfilo del pattino AO, la velocità angolare fi dell’asta AB e c
velocità del baricentro del corsoio;
3. le accelerazioni corrispondenti;
4. la coppia motrice Mm necessaria alla realizzazione del moto;
5. le reazioni interne in A;
6. le reazioni vincolari in O.

Figura 5.8 Glifo oscillante. Figura 5.9 II sistema articolato.

II bilancio di potenza risulta pertanto il seguente:


Risoluzione Punto 1: per calcolare le quantità cinematiche richieste dalle do¬
Mmà -Ff - meff = 0 (5.37) mande 1, 2 e 3 è necessario passare attraverso l’equazione di chiusura che risulta
essere:
nell’unica incognita M,„, dove i segni, come in precedenza, sono definiti dai versi
delle forze e coppie assumendo tutte le grandezze cinematiche come positive. (B - A) + (A - O) = (B - D) + (D - O)
100 Capitolo 5 Statica e dinamica dei sistemi di corpi rigidi 101

separando la parte reale da quella immaginaria, si ottiene un sistema di due equa¬


zioni nelle due incognite à e c:

à cos a — aà sin a
3^
— bà sin T+" — c

Figura 5.10 L'equazione di chiusura del sistema articolato di Figura 5.9.


à sin a 4- aà cos a + bà cos
— +aj
3rr \
=0

da cui à = 7.3 m/s e c = 2.63 m/s.


che può essere riscritta utilizzando la tecnica dei numeri complessi: Punto 3: per il calcolo delle accelerazioni è necessario eseguire un’ulteriore de¬
rivata; tenendo conto delle relazioni imposte dai vincoli, in termini di posizione,
aeja + be^ = ce^ + de^5 velocità e accelerazione (P = a), si ottiene:

dividendo la parte reale da quella immaginaria e tenendo conto delle seguenti


equazioni dovute ai vincoli:
àeja + j2ààeJa 4- jàaeJa
— à2ae 4“ + —
jiibej^+°^ à^c^^ = c
y =0 posizione angolare costante del telaio; anche in questo caso si ha un sistema di equazioni, parte reale e immaginaria dei
numeri complessi che rappresentano i vettori, nelle due incognite a e c:
il corsoio è vincolato da un manicotto bilatero al telaio
impedendone le rotazioni; a cos a — 2àà sin a
— da sin a — à2 —
3rr
cos a ab sin
3rr
T
P= — 4- a il pattino vincola la rotazione relativa tra le aste;
_ . . .. — à2bcos T =c

si ottiene il seguente sistema di due equazioni nelle due incognite ri modulo del
a sin a 4- 2aa cos a 4- aa cos a — ., .
a~2 sin a + ab cos
/ 3rr
\ 2
\
F a ] 4-
/

vettore AO e c modulo del vettore OD: —à2b sin

a cosa +bcos (y- + a) =c da cui risulta che d = —86.25 m/s2 e c = —177.6 m/s2.
Punto 4: per calcolare la coppia motrice necessaria al moto si utilizza il bilancio
a sin a + b sin ( + a) = d di potenze, da cui risulta essere:
da cui risulta a = 0.40 m e c = 0.63 m.
Punto 2: per calcolare la velocità del corsoio e le velocità angolari delle aste è
Mm à — Fc — mc c c = 0. => Mm = 730.2 Nin
necessario derivare sia l’equazione di chiusura sia le equazioni di vincolo; queste
ultime indicano che le velocità angolari di telaio y e corsoio <5 sono nulle e che il Punto 5: per calcolare le azioni interne che si scambiano le due aste attraverso
pattino, impedendo la rotazione relativa, forza le due aste ad avere la medesima il pattino si considera il sottosistema composto da corsoio e asta AB. Nello sche¬
velocità angolare, cioè che p à. = ma di Figura 5.1 1 sono indicate le forze che agiscono sul sottosistema preso in
La derivata rispetto al tempo dell’equazione di chiusura, con le sostituzioni considerazione.
indicate, risulta essere: L’equazione di equilibrio alla rotazione sul solo corsoio, rispetto al suo bari¬
centro B, indica che:
4- jàae^a 4- jàbe2^^ = c Mb =0

i
102 Capitolo 5

Figura 5.11 Determinazioni delle azioni interne nel corsoio.

in quanto tutte le forze agenti sul corsoio (forza F, azione d’inerzia, reazione
vincolare Vb, e le azioni interne che si scambiano nella cerniera B tra corsoio e Figura 5.12 II manovellismo ordinario.
biella AB) hanno braccio nullo rispetto al polo B scelto. Considerando tutto il
sottosistema in esame, si possono scrivere gli equilibri dinamici alla traslazione la velocità del punto B (baricentro del corsoio);
3.
secondo la direzione parallela e quella perpendicolare all’asta AB e l’equilibrio
4. l’accelerazione del punto B;
alla rotazione intorno al punto B. 5. la coppia motrice Mm da applicare alla manovella per mantenere il movimento;
6. la reazione vincolare tra biella e corsoio in F;
SF, = 0 Va cos — oj + mcc + F =0 7. le componenti di reazione vincolare a terra in O.

SFy = 0 V„ - VA sin - a) = 0 essendo noti OA = 0.2 in, AC = 0.2 m, AB = 0.6 in, nic = 10 kg, F =
1000 N.
= 0 MA = 0
da cui risulta che Vb = —1447.25 N e che VA = —2894.5 N.

Risoluzione Binilo 1: il vettore (A O), manovella del sistema articolato, è
rappresentato dal numero complesso di modulo a e anomalia a:

Binilo 6: per il calcolo delle reazioni vincolati in O si considera il sottosistema (A-O)= aeju
costituito dalla sola asta OA, su di esso agiscono le reazioni vincolati in O e
l’azione VA, trasmessa dall’asta AB. Scrivendo le equazioni di equilibrio alla Derivando la precedente espressione, si ottiene la velocità:
traslazione verticale e orizzontale si ottiene:

- a) = 0 => Ho = -2506.7 N
Va = jàaeja = aàe^a+^^ = 2e-'’)r m/s
EFx=0 Ho - VA cos
Binilo 2: derivando ulteriormente si ottiene l’accelerazione del punto A e ricor¬
EF,. = 0 Vo + sin - a) = 0 => Vo = 1447.5 N dando che a = 0 si ha:

Esercizio 2: un manovellismo ordinario centrato Nei sistema articolato rap¬ aA = jiìaeJa + (ià)2aeJU = 0 + aà2^^^ = 20 e'*’" m/s2
presentato nella Figura 5.12, che si muove nel piano verticale, il solo corsoio è
dotato di massa. Considerando costante la velocità angolare à della manovella,
si vuole calcolare per la configurazione (a =
j, à =10 rad/s e a 0 rad/s12)
= Binilo 3: per calcolare la velocità del baricentro del corsoio è necessario scrivere
mostrata in figura: l’equazione di chiusura:
1. la velocità del punto A;
2. l’accelerazione del punto A;
(A - O) + (B - A) = (B - O)
104 Capitolo 5 Statica e dinamica dei sistemi di corpi rigidi 105

Riscrivendo l’equazione di chiusura in termini di numeri complessi e separando


la palle reale e la parte immaginaria si ha che:

aeja + be^ a cos a + b cos p = c


= c => asina 4- b sin /1 =0

Dalla seconda equazione del sistema si ottiene che: fi = arcsin (— 2^12) da cui
=
P 6.045 rad.
Derivando l’equazione di chiusura si ottiene la velocità del baricentro del Figura 5.13 II corsoio del manovellismo ordinario di Figura 5.12.
corsoio:

jàae2a 4- jPbe^ = c — —
aà sin a bp sin p c =
aà cos a 4- bp cos p = 0
Punto 7: per calcolare le reazioni vincolal i a terra in O risulta comodo considerare
la sola manovella, nella Figura 5.14 sono evidenziate le forze che agiscono su di
essa.
K Scrivendo l’equilibrio alla traslazione orizzontale e verticale si ottiene un
Dalla seconda equazione si ottiene il valore di p pari a —2.425 rad/s che sostituito
nella prima equazione permette di calcolare c, pari a —1.757 m/s. sistema di due equazioni nelle due incognite Ho e Vo:
Punto 4: per calcolare l’accelerazione del punto B, baricentro del corsoio, è neces¬
sario effettuare una nuova operazione di derivazione dell’equazione di chiusura:
Ho + F + Nn cos (2zr
Vq

— Nb sin (2n - P) = 0
P) =0 Ho = -1142N
Vo = 36 N
jàae2a — à2ae2“ + ifibe^ — p2bej^ = c
Da cui si ottiene, ricordando che l’accelerazione angolare della manovella è nulla:

— — —
aà2 cos a bp sin fi bp2 cos p = c

—aà2 sin a 4- b/i cos P bp sin p = 0
<-W
che permettono di determinare l’accelerazione angolare della biella p =22.82 rad/s2
=
e l’accelerazione del baricentro del corsoio c —14.34 m/s2.
Punto 5: per calcolare la coppia motrice, necessaria a questa condizione dinamica
di moto, si utilizza il bilancio di potenze, tenendo conto della forza esterna F,
della coppia motrice Mm e della forza d’inerzia che agisce sul corsoio:

• •

La coppia necessaria è quindi pari a 308 Nm


ir

Mm à 4- F OCà cos f\4 + 2/ì mecc = 0
—— Figura 5.14 la manovella del manovellismo ordinario di Figura 5.12.

Punto 6: l’asta AB è una biella scarica priva di massa e quindi trasmette forza
solo lungo il suo asse: la Figura 5.13 riporta le forze che agiscono sul corsoio.
Scrivendo l’equilibrio alla traslazione orizzontale del corsoio, si ottiene un’e¬
quazione nell’unità incognita NB:

NB cos (2tt ~P) = mc|c| =*NB = 141.5 N


Azioni mutue tra elementi di macchine

s
6.1 Introduzione I
In ogni macchina si possono individuare movimenti relativi tra gli elementi che la
compongono e tra la macchina stessa (o parti di essa) e l’ambiente circostante. Nel
comportamento dinamico delle macchine assumono quindi grande importanza:

o le azioni di contatto scambiate tra solidi e gli effetti che ne derivano, come per
esempio l’usura delle superfìci;
• le forze scambiate nell’interazione fra solidi e fluidi. i
6.2 II contatto tra solidi
I due principali fenomeni legati al contatto tra solidi sono l’attrito e l’usura, li
primo si manifesta come resistenza o impedimento al movimento relativo tra le
parti a contatto, e costituisce uno svantaggio quando causa perdita di potenza
tra i componenti che devono essere mantenuti in movimento (attrito nei suppor¬
ti, nelle tenute, nei vincoli generali), in altri casi diventa un fattore essenziale
al funzionamento delle macchine (aderenza nel caso del contatto ruota-rotaia e
pneumatico-strada, organi quali i freni e le frizioni, giunzioni forzate e bullonate).
L’usura si manifesta invece come una perdita progressiva di materia dalle
superfìci di un corpo, come risultato del moto relativo rispetto a un altro corpo.
L’usura può essere un fattore utile (per esempio nel caso di lavorazioni tecno¬
logiche di finitura) o, come accade in generale, causare un progressivo degrado
dell’accoppiamento tra le parti a contatto.
Dal punto di vista cinematico, nel contatto tra solidi possiamo distinguere
contatti di rotolamento, strisciamento e urto. Facendo riferimento all’esempio di
Figura 6.1 si osserva come nel caso di rotolamento il moto relativo tra i due corpi
nel punto di contatto è nullo, nel secondo caso (strisciamento) è invece presente
una componente di velocità relativa lungo la tangente comune al contatto ira i due
corpi, mentre nell’ultimo caso, l’urto, è presente anche una componente normale
non nulla della velocità relativa.
108 Capitolo 6 Azioni mutue tra elementi di macchine 109

6.2.1 Attrito nei solidi a contatto


Si definisce attrito la resistenza al moto che si manifesta quando un corpo striscia
su un altro. Tale azione di resistenza agisce secondo una direzione opposta a
E • quella del moto relativo, ed è indicata come forza di attrito. La forza di attrito
necessaria a iniziare un moto di strisciamento a partire da uno stato Ji quiete
p;, e detta forza di attrito statico, mentre quella necessaria a mantenere il moto di
strisciamento tra due corpi già in moto relativo è detta forza di attrito dinamico
(o radente). La forza di attrito dinamico è in generale inferiore a quella di attrito
Figura 6.1 Suddivisione dei contatti dal punto di vista cinematico: a) rotolamento, Ì' statico.
b) strisciamento, c) urto. Per giustificare la nascita delle forze di attrito statico e dinamico, è possibile
utilizzare un modello microscopico del contatto: come noto, le superfici dei cor¬
pi reali presentano, con livelli più o meno accentuati, delle rugosità superficiali,
Per quanto riguarda il contatto tra corpi, è anche possibile una classificazione dal anche se all’apparenza possono sembrare perfettamente lisce. Quando due solidi
punto di vista geometrico, distinguendo contatti puntiformi, lineari e superficiali, sono premuti uno contro l’altro (Figura 6.3), i contatti avvengono in realtà solo
a seconda che l’ente geometrico in comune tra i solidi a contatto sia, nell’ipo¬ in corrispondenza dei picclii delle superfici irregolari: in tali zone si creano delle
tesi iniziale di corpi indeformabili, un punto (per esempio una sfera a contatto fc adesioni a livello molecolare (micro-saldature).
su un piano), una linea (un cilindro a sezione circolare su un piano), o un’intera Consideriamo il semplice esempio di Figura 6.3; sia F una forza applicata
superficie (una faccia di un prisma su un piano). con modulo crescente nel tempo. Dapprima il corpo rimane in stalo di quiete,
in quanto le micro-saldature impediscono lo scorrimento. A livello macroscopi¬
Si anticipa fin da ora che la trattazione di queste situazioni, considerando an¬
co, tale effetto si manifesta come una reazione tangenziale T, parallela al piano
cora i corpi come rigidi, può essere fatta solo in modo approssimato. La validità del contatto. Finché la forza F ha modulo sufficientemente piccolo, la reazione
dei risultati ottenuti per tale via è il più delle volte sufficiente agli scopi nell’am¬
sviluppata dall’attrito equilibra la forza esterna agente, mantenendo il corpo in
bito ingegneristico, per ottenere però informazioni più dettagliate sulla zona di
equilibrio. Al crescere dell’intensità della forza F, si raggiunge una situazione in
contatto e sui fenomeni che vi avvengono, è necessario ricorrere a modelli più
cui le micro-saldature presenti tra i due corpi si rompono, e inizia lo scorrimen¬
complessi.
to relativo tra i due corpi. Il comportamento sopra descritto può essere riassunto
Nella realtà i corpi sono deformabili, e anche nei primi due casi della Fi¬ nelle leggi dette “di Coulomb” sull’attrito statico e sull’attrito dinamico.
gura 6.2 il contatto avviene secondo una superficie (impronta di contatto), la cui
forma e dimensione dipende dalla geometria delle superfici, dalle caratteristiche
elastiche dei corpi e dalle azioni applicate su di essi.

Figura 6.3 Contatto tra solidi in presenza di attrito: a) forze agenti, b) componenti
di reazione vincolare.

6.2.2 Attrito statico (condizione di aderenza)


Nella soluzioni di problemi in presenza di attrito statico, le componenti normale e
tangenziale delle reazioni vincolati, rispettivamente N e T, vengono determinate
Figura 6.2 Suddivisione dei contatti dal punto di vista geometrico: a) contatto pun¬ dalle condizioni di equilibrio e sottoposte alla verifica:
tiforme, b) contatto lineare, c) contatto superficiale. Indicazione qualitativa della
superficie di contatto se si tiene conto della deformabilità dei corpi. ITI < 7iim = /S|N| (6.1)
110 Capitolo 6 Azioni mutue tra elementi di macchine 111

Se la (6.1) è soddisfatta, allora le due superfici a contatto non strisciano tra loro. della forza F non comporta un incremento della reazione tangenziale del vincolo
L’espressione mostra inoltre che la forza di attrito non dipende dall’estensione limitata superiormente dal valore 7ìim, ma provoca il moto del sistema. In queste
delle superfici a contatto. Il coefficiente adimensionale fi viene detto coefficiente condizioni, la componente tangenziale della reazione vincolare vale in modulo:
di attrito statico, ed c indipendente dalla superficie nominale di contatto c dal
carico applicato: è solo funzione della coppia di materiali a contatto.
ITI = /d|N| (6.6)

Applicazione: aderenza su un piano inclinato Nella Figura 6.4 abbiamo un mentre la direzione della forza T è sempre orientala in modo da opporsi al moto
corpo di massa M a contatto con una guida inclinata di un angolo regolabile a. di strisciamento che l’ha generata. Come si può osservare, una variazione del
Scrivendo le equazioni di equilibrio statico, si ottiene: verso della reazione normale N non comporta una variazione di verso dell’azione
tangente di attrito T. Il parametro adimensionale fi prende il nome di coefficiente

|T
f-Mgcosa + N
— Mg sin a =
— 0
0 di attrito dinamico o radente, e dipende solo dalle caratteristiche delle superfici a
contatto. Valori indicativi dei coefficienti di attrito nel caso di una accoppiamento
tra acciaio e acciaio sono fi = 0.30 4- 0.8 e fi = 0.15 -r 0.6 che si riducono nel
da cui caso tra acciaio e teflon a fi = 0.30 4- 0.6, fi = 0. 10 4- 0.2.
(Al = Mg cosa
= Mg sina
La condizione di equilibrio statico è garantita se è verificata la seguente disegua¬
glianza:
Mg sin a < fiMg cosa (6.4)
Figura 6.5 Scorrimento in discesa su un piano inclinato.
ovvero
tan a < fi (6.5)
Applicazione: strisciamento su un piano inclinato in presenza di attrito Con
riferimento al sistema di Figura 6.4, se si ipotizza che il corpo si stia muovendo
verso il basso con velocità V c accelerazione a, le equazioni di equilibrio dinamico
risultano:

— — Ma — 0
Mg sina T

N Mg cos a =0
avendo indicato con a l’accelerazione del corpo. A tali equazioni viene messa a
sistema anche la relazione (6.6), permettendo così di ricavare il valore dell’acce¬
Figura 6.4 Aderenza su piano inclinato lerazione:
Mg sina - fiMg cosa
6.2.3 Attrito dinamico
a =— lo.a)

Se invece l’Espressione (6.1) non è più soddisfatta, ossia la reazione tangente ri¬ che risulta minore rispetto al caso in cui l’attrito è assente. Dal punto di vista
chiesta è maggiore di quella massima sviluppabile dall’attrito nel vincolo, in base energetico, l’attrito radente è quindi interpretato come una perdila di potenza.
al coefficiente di attrito fi, allora si ha l’innesco del moto relativo di strisciamento. La potenza persa a causa dell’attrito radente vale:
Si passa quindi dalla condizione di aderenza (attrito statico) a quella di striscia¬
mento (attrito dinamico). In questa condizione un ulteriore incremento di intensità lVd = T x v = -Tu = -fiNv (6.9)
1
112 Capitolo 6 Azioni mutue tra elementi di macchine 113

6.2.4 Contatto di rotolamento 6.2.5 Resistenza al rotolamento (attrito volvente)


Il più semplice modello del contatto tra una ruota e il vincolo sul quale questa Con il termine resistenza al rotolamento, o spesso con il termine improprio di
rotola fa ancora riferimento al modello coulombiano. In tale approccio la ruota attrito volvente, si definisce la resistenza incontrata da un corpo che rotola senza
e il vincolo sono modellati come rigidi, e pertanto si assume che essi vengano a strisciare macroscopicamente sulla superficie di un albo corpo. L’esperienza in¬
contatto su un segmento la cui traccia nel piano è un singolo punto. Si ipotizza dica che, per esempio, per mantenere una ruota in moto a velocità costante^anche
poi che in tale punto non avvenga strisciamento tra i due corpi se si verifica la in assenza di resistenze di altra natura, è necessario applicare delle azioni motrici,
relazione di Coulomb: realizzate tramite coppie applicate alle ruote o forze al centro ruota. In varie ap¬
plicazioni in campo ingegneristico, la potenza dissipata associata a questa forma
|T| < |N|/S (6.10) di resistenza non può essere trascurata. Si darà qui una spiegazione qualitativa del
in cui T e N sono i moduli delle componenti rispettivamente normale e tangen¬ fenomeno, che in realtà è molto complesso, indicando la procedura per includere
ziale della forza di contatto, e fs è il coefficiente di attrito statico tra i due corpi. effetti legati alla deformabilità dei corpi negli schemi di calcolo che utilizzano i
Tali componenti devono essere valutate dalle equazioni di equilibrio dinamico del corpi rigidi.
corpo. In questo caso il punto di contatto è anche centro di istantanea rotazione, Abbandonando momentaneamente l’ipotesi di corpo rigido, si consideri un
in quanto il vincolo è dotato di velocità nulla. disco premuto contro una superficie piana. Si assuma che la deformabilità del
disco sia molto maggiore di quella della superficie, che considereremo ancora
rigida. Non vi sarà più una linea di contatto, la cui traccia nel piano del moto è il
punto di contatto, ma una superficie di forma rettangolare. La distribuzione delle
pressioni nell’area di contatto risulta, in base alla teoria di Hertz [5], una parabola
con il massimo in corrispondenza della mezzeria dell’impronta (Figura 6.7).
Si consideri un punto della superficie del disco, durante il movimento della
ruota, esso occuperà le successive posizioni Pit P2, ...
, P5 di Figura 6.8a, e sarà
soggetto a deformazioni di compressioni e crescente dal bordo di attacco (P1-P3)
fino alla mezzeria dell’impronta e decrescenti con la stessa modalità dal centro al
bordo di uscita (P3-P5).
Considerando un materiale perfettamente elastico, per il quale vale la legge
di Hooke di proporzionalità tra pressione p e deformazione e, il ramo della curva

Figura 6.6 Contatto di rotolamento.

In questa ipotesi, la velocità V del centro ruota è espressa dalla relazione:

vG = w A (G - P')
che corrisponde al vincolo di puro rotolamento. Se invece la (6.10) non è ve¬
rificata, ossia l’azione tangenziale supera il limite di aderenza, il legame tra la
velocità del baricentro vG e la velocità angolare della ruota a> non vale più e nasce
una velocità di strisciamento tra i due corpi; la forza tangenziale è definita ancora
dalla:
|T| = /d|N| (6.11)
; Distribuzione delle pressioni
in cui fi è il coefficiente di attrito dinamico, o radente e il verso della com¬ p ' al contatto
ponente tangenziale della reazione vincolare è sempre opposto alla velocità di
strisciamento. Figura 6.7 Area di contatto e distribuzione delle pressioni in quiete.

i (;(.■( j ( : i ( c : c » c
Azioni mutue tra elementi di macchine 115
114 Capitolo 6

a) b) c)

Figura 6.8 Ciclo di carico con materiale elastico e isteretico: a) posizioni all'inter¬
no dell'impronta di contatto, b) materiale perfettamente elastico, c) materiale con
isteresi. Figura 6.9 Distribuzione delle pressione al contatto nel caso di materiale con ciclo di
isteresi.


p e nella fase di carico (1-3) si ricopre con quella di scarico (3-5) (Figura 6.8b).
Se si considera invece un materiale anelastico, nel quale il valore di p dipende dal
senso di percorrenza della curva p-e, si ha un materiale che presenta un ciclo di
(6.1) si può ragionare in termini di rotolamento senza strisciamento del disco sulla
guida, per cui vale la relazione cinematica v = wR. La reazione normale N
isteresi. L’area racchiusa dal ciclo rappresenta l’energia per unità di volume dissi¬ risulta avanzata della quantità u rispetto al centro del disco, e quindi può essere
pata in un ciclo di carico-scarico. Esso può essere interpretato come la differenza considerata agente sul punto P", intersezione della superficie del disco con la retta
tra l’energia per unità di volume accumulata nella fase di carico e quella restituita di azione della N. Applicando il bilancio di potenze si ottiene:
nella fase di scarico. L’energia che non viene restituita rappresenta l’energia per¬
duta che, se integrata su tutta la porzione di disco interessata dalla deformazione, C x a + F x v + Nx Vp" = ma x v + Jcw x w (6.12)
rappresenta l’energia complessivamente dissipata, che si traduce in calore.
Nasce dunque una dissipazione associata al comportamento del materiale di
cui il disco (ruota) è composto. Risulta evidente che un calcolo della potenza
dissipata che rappresenti in dettaglio il fenomeno fìsico sopra descritto sarebbe,
oltre che molto oneroso, anche impreciso per la presenza di molti parametri dif¬
ficilmente misurabili. Si ricorre allora a uno schema interpretativo semplificato
descritto di seguito. Con riferimento alla Figura 6.8c, si osserva che a parità di
deformazione, su due punti omologhi dell’impronta di contatto (per esempio P^ e
Ri) si hanno due differenti pressioni, maggiore nella porzione anteriore dell’im¬
pronta di contatto (corrispondente alla fase di carico del materiale) e minore nella
parte posteriore dell’impronta (corrispondente alla fase di scarico). Ne consegue
che il diagramma delle pressioni risulta modificato rispetto a quello di un sistema
elastico lineare e si presenta come nella Figura 6.9, non più simmetrico rispetto
alla mezzeria dell’impronta. La risultante delle pressioni non passa per il centro
del disco ma si colloca a una distanza u dal centro della ruota nel senso del moto
di avanzamento del disco (o, in modo equivalente, è rappresentato da una forza
passante per il centro del disco e una coppia di trasporto Nu).
Si consideri per esempio il sistema di Figura 6.10, nel quale si ha una ruota
che rotola senza strisciare su una superficie rettilinea. Oltre alle forze esterne P Figura 6.10 Contatto di rotolamento con presenza di attrito volvente: a) forze
e F e alla coppia C, si evidenziano le reazioni vincolari T e N. La componente agenti, b) dettaglio della zona di contatto.
T è dovuta all’attrito tra ruota e superficie e finché il suo valore non eccede la
116 Capitolo 6
Azioni mutue tra elementi di macchine 117

L’espressione della potenza IVp perduta per resistenza al rotolamento (vedi Figo- |g
ra 6.1Ob) diventa: 6.3 Critica ai modelli elementari di attrito

1VP — Nx Vp» = — NwP'P" cosa ~ — Neon (6.13) "a


Nel Paragrafo 6.2.4 è stato descritto il più semplice modello alto a descrivere le
forze di attrito agenti tra solidi in rotolamento, che viene spesso chiamato “model¬
lo coulombiano” dell’attrito. Nonostante la sua semplicità, questo modello riesce
se poi vale la condizione di rotolamento senza strisciamento si ha:
a descrivere con buona approssimazione i fenomeni che si verificano in numerose
applicazioni di interesse tecnico. Per esempio può essere utilizzato per lo studio
WP = —Nani = —NfvRa) = —Nfvv (6.14) delle condizioni di aderenza ruota-terreno o ruota-rotaia nelle diverse condizioni
Il significato di questo risultato è il seguente: a causa dell’isteresi del materiale, di marcia (partenza, arresto), almeno finché le forze di contatto longitudinali su
viene dissipata una potenza proporzionale alla velocità e al coefficiente /„, indice tutte le ruote si mantengono ben al di sotto del limite di aderenza. Esistono però
di quanto è spostata la reazione N rispetto al centro ruota. altri casi, tra cui vari aspetti della meccanica dei veicoli stradali e ferroviari, in
Al bilancio di potenze deve essere accoppiata un’equazione di equilibrio cui il modello coulombiano si rivela inadeguato: per esempio non è in grado di
a rendere conto dei fenomeni di deriva che governano il comportamento di un vei¬
dinamico per determinare N. Per esempio, l’equilibrio in direzione verticale
risulta: colo stradale in curva e ne determinano la tendenza a sovra o sotto-sterzare (cfr.
[8], [9]). Analogamente, tale modello non si presta a evidenziare i fenomeni di
—mg — P+N =0 (6.15)
instabilità di marcia che intervengono a elevata velocità nei veicoli ferroviari (cfr.
[10], [11]).
Per affrontare questi e altri problemi, si rende dunque necessaria una model¬
Sostituendo le (6.14) e (6.15) nella (6.12) e risolvendo rispetto all’accelerazione
del centro del disco si ottiene: lazione più raffinata delle azioni di contatto tra ruota e vincolo, e in particolare
occorre considerare che nella realtà i due corpi a contatto sono deformabili, con
——
F (P + mg) fv +
(6.16)
la conseguenza che l’impronta di contatto assume dimensioni finite.
È possibile dimostrare [12] che l’impronta di contatto tra due cotpi elasti¬
ci in rotolamento si divide in una zona di aderenza (dove vale la condizione di
attrito statico) e una zona in cui si manifestano slittamenti di piccola entità, asso¬
Si ribadisce che il meccanismo di dissipazione introdotto dall’attrito volvente non
ciati alla deformabilità dei corpi (micro-scorrimenti), come mostrato nella Figu¬
è dovuto a uno strisciamento nel punto di contatto, l’azione tangenziale T deve
ra 6.11. La zona di aderenza è situata dalla parte del lembo di imbocco e la zona
essere quindi calcolata con un’equazione di equilibrio dinamico:
di strisciamento nella porzione posteriore.
T — — ma F =0 (6.17)
L’espressione della potenza perduta (6.14) è in termini complessivi equivalen¬
te alla dissipazione associata al comportamento non perfettamente elastico del
materiale.
Il coefficiente fu viene determinato sperimentalmente su apposite macchi¬
ne di prova o trascinando la ruota su strada; in entrambi i casi si misura la po¬
tenza meccanica necessaria a mantenere il moto a regime che uguaglia l’energia
dissipata durante il rotolamento. Valori caratteristici del coefficiente fv sono:

/„ = j 4- 2 IO-2 (6.18)
per un contatto pneumatico-strada, e:

/„ = 14- 5 IO-3 (6.19)


per un contatto acciaio-acciaio, come nel caso di una ruota ferroviaria su rotaia. Figura 6.11 Aderenza e miscroscorrimenti in una ruota su un piano.

(<.:(( i ( ( v i ; ( i ( ! ( ) i ; ( (
"
1 ì I I ( (
118 Capitolo 6 Azioni mutue tra elementi di macchine 119

Nella porzione di arca di contatto in cui sono presenti microscorrimcnti si ha quin¬


di una dissipazione di potenza dovuta allo slittamento localizzato in presenza di
attrito radente. La presenza di scorrimenti nell’impronta di contatto fa sì che la
velocità del centro del disco si discosti da quella che si avrebbe nell’ipotesi di
rotolamento senza strisciamento del disco.

6.4 Usura nel contatto tra solidi


Richiamando le tre cause che possono portare alla messa fuori servizio di una
macchina (rottura, obsolescenza e usura), si può osservare che:

o la rottura di elementi di macchine è un evento non frequente, che può essere do¬ Figura 6.12 Schema delle relazioni tra i vari aspetti del fenomeno dell'usura nel caso
vuto a difetti del materiale, al fatto che il sistema sia assoggettato a carichi mag¬ di un meccanismo.
giori rispetto a quelli di progetto o, infine, a schematizzazioni non adeguate al
calcolo delle sollecitazioni, che hanno portato a errori in fase di progettazione;
® V obsolescenza, ossia l’ invecchiamento dovuto alla comparsa sul mercato di
6.4.1 Un modello elementare di usura
macchine in grado di effettuare la medesima funzione in modo più conveniente Per la valutazione dell’usura derivante dalla condizione di strisciamento, viene
(sia dal punto di vista della velocità di esecuzione, sia del risparmio dell’energia utilizzata la relazione, proposta da Archard, in cui si assume che il volume Vusu di
impiegata), interviene, nel campo delle macchine, dopo anni di funzionamento; materiale asportato per usura sia proporzionale al lavoro dissipato per attrito Ldiss.
o l'usura è connaturata all’esercizio stesso della macchina, provocandone un de¬
cadimento della funzionalità, e non sempre in misura proporzionale al trascorre¬
pari alla forza di attrito T
— f^N per la lunghezza del percorso di strisciamento s:
re del tempo. Di solito, infatti, i fenomeni di usura mostrano un tasso di crescita
più elevato man mano che il livello globale di usura cresce.
Vusu = k\Ts — ki faNs = k\ Ldiss (6.20)
La Figura 6.13 illustra il significato dei termini che compaiono nella (6.20), in cui
P = N, per l’equilibrio in direzione verticale. Il coefficiente di proporzionalità k\ ,
Il fenomeno dell’usura meccanica consiste in una perdita di materiale che si mani¬ espresso in m3/J, ha il significato di volume usurato per unità di lavoro dissipato.
festa nel contatto tra due solidi, soprattutto in presenza di strisciamento relativo tra La (6.20) è strettamente applicabile se l’usura di uno dei due corpi a contatto
questi. Dal punto di vista della funzionalità della macchina, l’usura si manifesta è molto maggiore dell’altro, inoltre il valore del coefficiente k\, (o del prodotto
attraverso: kifi, detto usura specifica ed espresso in ni3/J), è costante solo all’interno di
un determinato campo della reazione normale al contatto Ne della velocità di
o aumento dei giochi negli accoppiamenti, con conseguenti imprecisioni nel mo¬ strisciamento.
vimento e aumento della rumorosità; Derivando la (6.20) rispetto al tempo, si ottiene il volume usurato nell’unità
o possibile comparsa di fenomeni di urto e conseguenti vibrazioni e sovraccarichi di tempo, che risulta proporzionale alla potenza dissipata dalle forze di attrito nel
dinamici; contatto Wdiss:
o cambiamento delle proprietà meccaniche e deH’aspello delle superflui a con¬
tatto. Tali cambiamenti possono essere evidenziati durante le operazioni di
manutenzione o ispezione della macchina.
^-=klfaNVs
dr = kiWdiss (6.21)

in cui Vs rappresenta la velocità relativa di strisciamento. Data la complessità dei


Le relazioni che intercorrono tra gli aspetti sopra citati sono esemplificati nello fenomeni che presiedono lo sviluppo dell’usura, il coefficiente k\, o il prodotto
schema di Figura 6.12; a seconda del tipo di macchina, della funzione che deve ktfd, non vengono calcolati a priori, ma devono essere determinati sperimental¬
svolgere e dell’ambiente in cui si trova, assumono maggiore importanza alcuni mente mediante appposite macchine di prova.
aspetti rispetto ad altri. L’usura, infine, può essere prodotta oltre che da striscia¬ Infine si consideri il tasso di usura, che è un indice della gravità del livello di
mento tra parti della macchina anche da azioni corrosive prodotte dall’ambiente usura cui un elemento di macchina è sottoposto. E definito come:
in cui la macchina opera e da azioni di natura elettrica (limitatamente al caso in
cui gli elementi della macchina sono soggetti al passaggio di conente con elevato
voltaggio e amperaggio).
U = s A
- (6.22)
120 Capitolo 6
Azioni mutue tra elementi di macchine 121

che sono esercitate da un fluido in pressione sulle pareti di un recipiente chiuso,


oppure possono essere pressioni dinamiche cioè esercitate dal fluido in conse¬
guenza del suo moto o del moto del solido. Spesso l’azione del fluido costituisce
•una resistenza al moto di un corpo in esso totalmente o parzialmente immerso, in
tal caso essa prende il nome di resistenza del mezzo e comporta una dissipazione
di energia meccanica che, di regola, si deve cercare di ridurre il più possibile. Na¬
sce così il problema di ottimizzare la forma al fine di aumentarne la penetrazione
(carene di navi, forme di autovetture ecc.). In altri casi, invece, l’azione scambia¬
Figura 6.13 Rappresentazione schematica dell'usura. ta tra corpo e fluido ha una componente utile che si cerca di massimizzare (forza
propulsiva di un’elica, forza portante di un’ala).
Le forze esercitate da fluidi in quiete sono oggetto della fluidostatica, men¬
ottenibile dalla (6.20), avendo posto Vusu = AAh (vedi Figura 6.13). Questo tre assai più complessa è la ricerca delle azioni esercitate dai fluidi in moto, che
indice, rapporto tra spessore del materiale usurato e lunghezza del percorso di interessa più particolarmente le macchine ed è oggetto della fluidodinamica, com¬
strisciamento, consente di comparare tra loro situazioni anche geometricamente prendente come casi particolari l’idrodinamica e l’areodinamica. Supponiamo che
differenti, fornendo un’indicazione globale sulla gravità dell’usura, in una sca¬ il corpo sia fermo rispetto al fluido (Figura 6.14), in tal caso l’unica azione agente
la di dieci classi, a loro volta raggruppate in tre livelli (modesto, medio e severo). sul corpo è la spinta fluidostatica normale al corpo. Tale spinta vale:
L’utilizzo di questo indice fa riferimento a grandezze facilmente misurabili o valu¬
tabili sulla macchina reale nelle effettive condizioni di esercizio; non viene quindi
utilizzato per prevedere il livello di usura, ma per caratterizzarne la gravità nelle -pVg (6.23)
reali condizioni di esercizio. A

in cui p indica la densità del fluido e V il volume del corpo.


6.5 Azioni tra solido e fluido Se un corpo si muove con una certa velocità in un fluido oppure se un corpo
è investito da un fluido in moto con una certa velocità, nascono su ogni elemento
Allo studio del contatto tra solido e fluido sono interessate diverse discipline, in¬ infinitesimo di area della superficie del corpo stesso delle forze normali e tan¬
tese in senso classico, quali la meccanica dei fluidi, la termodinamica, l’aerodi¬ genziali. L’importanza dei contributi delle azioni tangenziali e normali sono ben
namica e altre da esse derivate. Si tratterà qui soltanto di quegli aspetti che più descritti dal numero di Reynolds:
da vicino interessano il funzionamento delle macchine, limitandosi a descrivere
le azioni applicate dal fluido sul solido, riconducibili, in generale, a una forza
di resistenza, una forza di portanza e una coppia aerodinamica. Si tratterà inol¬
tre brevemente anche il caso della lubrificazione, in cui un fluido (liquido o gas)
viene interposto tra le superfici di due solidi in moto relativo, al fine di ridurre i
Re =
— = —- =
pd pv2 pud
A
(6.24)

fenomeni di attrito e usura descritti nei paragrafi precedenti.

6.5.1 Azioni fluidodinamiche in condizioni stazionarie


Nelle macchine si devono spesso considerare azioni tra solidi e fluidi che posso¬
no essere considerati come veri e propri componenti non rigidi della macchina,
accoppiati con gli elementi solidi, con combaciamento su tutta o parte della su¬
perficie di questi. Le azioni possono avere carattere di forze interne, come per
esempio in una turbina in cui il fluido si muove entro condotte forzate che sono
parte integrante della macchina e reagisce su di essi, oppure di forze esterne, come
l’azione dell’aria su un areomobile o la resistenza offerta dal mezzo all’avanza¬
mento di una nave o di una vettura, quando tutta la massa del fluido si considera
esterna al sistema che si studia. Esse inoltre possono essere costituite da semplici
pressioni statiche, come quelle che sostengono un corpo immerso in un fluido o
Figura 6.14 Le azioni fluidostatiche su un corpo.

( t i : i : ( : t t )(
Azioni mutue tra elementi di macchine 123
122 Capitolo 6

Figura 6.15 Le linee di flusso nel caso di moto laminare.

dove pd
tare: nel
— \pv2
numero di
è la pressione dinamica ere l’azione tangenziale elemen¬
Reynolds si è omesso il fattore I /2 in quanto interessa la
Figura 6.17 Cilindro investito da vena fluida.

proporzionalità dei parametri che condizionano il fenomeno, inoltre:


La pressione p varia lungo il corpo: fissando un’ascissa curvilinea .r lungo il
dir v profilo con origine in A per definire la posizione del generico punto del contatto
(6.25)
d/; d fluido-corpo, la pressione vale:
per i corpi cilindrici di diametro d.
Numeri di Reynolds piccoli indicano allora la prevalenza degli effetti dovuti
p = pok(s) (6.27)
alle azioni tangenziali rispetto a quelli causati dalla pressione dinamica. Vice¬
versa, per numeri di Reynolds alti le pressioni dinamiche diventano importanti Per fluidi reali (viscosi), nasce, oltre all’azione normale (o pressione p), un’azione
rispetto alle azioni tangenziali. Si supponga infine che la corrente sia laminare e tangenziale agente sul corpo: sperimentalmente infatti si constata che la variazio¬
il fluido incomprimibile (numero di Mach minore di 0.8-0.9, dove con numero di ne di velocità del fluido è limitata a una zona vicino alla parete del solido investilo
Mach si indica il rapporto tra la velocità del fluido e la velocità di propagazione (strato limite); a partire dalla parete, le lamine di fluido scorrono relativamente tra
del suono nel fluido stesso). In tali condizioni sul contorno del corpo il fluido ade¬ loro con attrito viscoso (Figura 6.18). Per la legge di Petroff, l’azione tangenziale
risce (Figura 6.15) e ciò significa che la velocità del fluido a contatto con il corpo del fluido sul corpo vale:
si annulla: la velocità del fluido passa pertanto da zero al valore v allontanandosi
dalla superficie del corpo (Figura 6.16) d«
Con riferimento alla Figura 6.17, e ricordando l’equazione di Bernoulli che (6.28)
regola la costanza della somma della pressione di un fluido e della sua velocità al
r=Md?
quadrato (nel caso in cui non vi sia differenza di quota), la pressione nel punto A dove p è la viscosità (nulla per fluidi ideali) e u è la velocità locale del fluido che
dove la velocità è nulla vale: varia, all’interno dello strato limite, lungo la coordinala z. normale alla superficie
1
da zero al valore v.
2 (6.26)
Po =
essendo v la velocità del fluido indisturbato.

Figura 6.18 Le azioni di contatto nel caso di fluido reale viscoso.


Figura 6.16 Profilo di velocità al contatto.
124 Capitolo 6
Azioni mutue tra elementi di macchine 125

Figura 6.19 Le componenti di resistenza e di portanza della forza aerodinamica.


Figura 6.20 L'angolo di incidenza.
Dette forze ammettono una risultante che rappresenta l’azione globale del fluido
sul corpo:
in cui CM è un coefficiente adimensionale detto coefficiente di coppia. I
coeffi¬

^
1? = (-pn + rt)dA (6.29) cienti fluidodinamici introdotti sono, come detto, funzione della forma del
corpo
e variano con l’angolo d’incidenza, ossia l’angolo formato dalla vena
A fluida con
una direzione caratteristica del profilo (Figura 6.20).
Tale risultante viene scomposta convenzionalmente in due componenti (Figu¬ La Figura 6.21 riporta qualitativamente, a titolo di esempio, i coefficienti di resi¬
ra 6.19): una prima diretta come la direzione della vena fluida e una seconda stenza, di portanza e di coppia per un profilo alare al variare dell’angolo di
attacco.
perpendicolare alla prima, che vengono definite rispettivamente forza di resisten¬
za Fr e di portanza FP. Tali forze FP ed Fr possono essere espresse in funzione
della velocità della vena indisturbata v tramite le relazioni:

Fr = |pSv2Cr
* (6.30)
Fp = ^pSv2CP
in cui S è la sezione frontale del corpo e Cr e CP sono due coefficienti rispetti¬
vamente di resistenza e di portanza caratteristici della forma geometrica del corpo
e costanti al variare della velocità. Tali coefficienti vengono determinati attra¬
verso prove sperimentali in galleria del vento o, alternativamente, integrando le
equazioni di moto del fluido che investe il corpo (equazioni di Stokes-Navier) Figura 6.21 I coefficienti aerodinamici in funzione dell'angolo di
([18]). incidenza.
Il coefficiente di resistenza può variare da valori pari a 0.1 fino a valori di 2
a seconda se il corpo è più o meno allungato nella direzione della vena fluida: si
hanno infatti bassi coefficienti di resistenza per corpi allungati, come profili alari, 6.5.2 Azioni fluidodinamiche in condizioni non stazionarie
in cui la vena fluida non si distacca e non si ha vorticosità in scia. Il coefficiente di
portanza è nullo se il corpo investito dal fluido ammette una simmetria geometrica Le espressioni sopra riportate delle forze fluidodinamiche hanno validità in
con¬
secondo la direzione della velocità del fluido stesso, mentre è tanto più elevato dizioni di flusso stazionario, ovvero quando la velocità della vena relativa all’og¬
quanto maggiore è la tendenza dal corpo a deviare il flusso. getto forma un angolo costante con il corpo. Se per effetto del moto
dell’og¬
Spesso non è noto a priori il punto di applicazione della risultante delle forze getto o per variazioni della direzione della velocità della vena, varia la
velocità
fluidodinamiche (e quindi delle componenti di resistenza e di portanza) e quindi relativa tra vena e oggetto, le espressioni delle forze e i coefficienti possono rite¬
per rappresentare le azioni aerodinamiche sul corpo, le forze vengono applicate nersi validi solo se il moto del corpo e le variazioni di direzione e modulo
della
al baricentro aggiungendo una coppia aerodinamica, che rappresenta quindi una velocità del fluido sono lente e avvengono in condizioni quasi statiche. 11 pa¬
coppia di trasporto dell’azione di portanza al baricentro. La coppia aerodinamica rametro che governa tale condizione è detto frequenza ridotta f, ed è definito
è espressa come: come:

C = ^pSbv2Cu (6.31) A (6.32)


v/c

c c : c ! c : c c i i ( )(
( ( (
126 Capitolo 6 Azioni mutue tra elementi di macchine 127

Figura 6.22 Lo strato limite.


Figura 6.24 Distacco di vortici.
ovvero come il rapporto tra la frequenza di oscillazione del moto dell’oggetto e la
frequenza correlata al tempo necessario affinché le particelle di fluido in velocità di frequenza f che dipende dalle dimensioni del corpo d e dalla velocità della
v attraversino il corpo di estensione c. vena v:
v
6.5.3 Distacco di vortici f = Slr-d (6.33)

Fino ad ora si è analizzato il comportamento del fluido in corrispondenza del¬ attraverso un parametro adimensionale detto minierò di Stividial Slr, che dipende
la sezione “di attacco” in cui esso investe il solido; se si passa ad analizzare
dalla forma del corpo e dal numero di Reynolds. È infatti consuetudine riprodurre
il comportamento del fluido nella zona in cui questo sta abbandonando il cor¬ il distacco di vortici con forze alternate a frequenza f (Figura 6.24). Quando
po, si possono distinguere due casi. Se il profilo è di tipo alare la vena flui¬
l’oggetto è libero di vibrare, tali azioni variabili nel tempo sono in grado di fare
da si chiude e la pressione in B è nulla (Figura 6.17). Per il corpo non ala¬ vibrare il corpo immerso in un fluido. In tali condizioni il distacco di vortici,
re, si ha distacco della vena ovvero lo strato limite si separa, il forte gradien¬
che avveniva disordinatamente nelle varie sezioni, per effetto della vibrazione si
te di velocità che si ha nello strato limite si diffonde a valle con formazione di
sincronizza generando una forza non più aleatoria ma armonica.
vortice (Figura 6.24). La formazione di vortici a valle e il distacco della ve¬
na è responsabile della formazione di una depressione sulla superfìcie posterio¬
re del corpo rispetto a quella anteriore, con relativi alti valori del coefficiente di 6.5.4 Cenni alla lubrificazione
resistenza. Per lubrificazione si intende la riduzione dell’attrito tra superfici a contatto in moto
I vortici si distaccano alternativamente dal corpo e sono responsabili di forze relativo mediante l’interposizione tra esse di un appostilo mezzo, detto appunto
periodiche alternate, in direzione normale alla velocità della vena indisturbata, lubrificante. Si distinguono due tipi di lubrificazione:

• Lubrificazione limite: tra le superlìci affacciate delle epilamine di lubrificante


di spessore molecolare (qualche micron) aderiscono alle superfici stesse. L’a¬
derenza avviene o per fenomeni elettrostratici di assorbimento o per attrazione
elettrostatica di molecole elettricamente non neutre o, infine, per reazioni chi¬
miche (F epilamine reagisce con il materiale costituente le superfici a contatto
formando, nel caso in cui si usano lubrificanti a base di acidi grassi, saponi che
facilitano il moto relativo). In fase di rodaggio, per esempio, vengono usati ad¬
ditivi EP (Exteme Pressure), che, reagendo con le superfici, formano solfuri o
cloruri che vanno a usurare le superfici stesse, sopperendo così alle imperfezio¬
ni dovute ai limiti tecnici di lavorazione superficiale. La lubrificazione limite è
in genere utilizzata per basse velocità di funzionamento e permette di ottenere
coefficienti di attrito pari a 0. 1 .
e Lubrificazione mediata: tra le superfici affacciate viene interposto uno strato di
Figura 6.23 Distacco di vortici in funzione dell'angolo d'attacco. lubrificante (con spessore dell’ordine di un decimo di millimetro) che separa
128 Capitolo 6
Azioni mutue tra elementi di macchine 129

completamente le superfici formando tra esse un meato. A seconda delle moda¬


lità con cui viene formato questo meato si parla di lubrificazione idrodinamica
naturale o lubrificazione idrostatica forzata. Nel primo caso il moto relativo
tra le superfici inclinate tra loro provoca la formazione spontanea dello strato in
pressione e il lì nido viene così “invitato” a inserirsi tra le due superfici. Nel caso
di lubrificazione idrostatica forzata, il lubrificante viene introdotto in pressione
tra le superfici a contatto in moto relativo. Il coefficiente di attrito nel caso di lu¬
brificazione mediata si riduce a valori dell’ordine di 0.01. Tale parametro varia
in funzione della velocità relativa nel caso di lubrificazione naturale: è possibile Figura 6.25 II meato.
osservare come si passi da una lubrificazione limite (a velocità relativa nulla)
attraverso una condizione di lubrificazione combinata (tra lubrificazione limite l’elementino di figura:
e mediata) fino a una lubrificazione mediata, che necessita una velocità relativa
al di sopra di un valore limite per potersi stabilire. Al di sotto di tale valore di
velocità il lubrificante non riesce a formare il meato in grado di separare le due
superfici. si ottiene:
pdz — (p + dp) dz — rdx + (r + dr) dx = 0 (6.34)

Per quanto riguarda i lubrificanti, le sostanze più usate risultano essere: dp dr


(6.35)
dx dz
•o lubrificanti gassosi: utilizzati per alle velocità relative o interposti in pressione; Al fine di avere un gradiente di pressione necessario al sostentamento, nella lubri-
lubrificanti liquidi: sono i più utilizzati, tra cui gli olii vegetali (utilizzati per
l’elevata untuosità, ovvero capacità di aderire alle pareti) per la lubrificazio¬ fe ficazione idrodinamica è dunque necessario utilizzare fluidi viscosi. Ricordando
ne limite e gli olii minerali (idrocarburi liquidi a elevata viscosità, ovvero alta la *egge di Petroff (Equazione (6.28)) si può esprimere il gradiente di pressione
resistenza allo scorrimento) per quella idrodinamica naturale; K come:
e lubrificanti semisolidi: grassi che si sciolgono con il riscaldamento assicurando
. d2«
una lubrificazione limite;
o lubrificanti solidi: utilizzati per elevate temperature, tra i più usati la grafite e il
p = dx —
dp
=p—7
dz2
(6.36)
trifosforo di molibdeno. Integrando l’Equazione (6.36) due volte rispetto a z e ponendo come condizioni

6.5.5 La lubrificazione mediata idrodinamica


=
al contorno u = 0 per z 0 e u = v per z = h si ottiene:

K p' v
Si consideri ora un meato interposto tra due superfici di cui la superiore si muova - u= ^-z
2p
(z - h) + -z
h
(6.37)
con velocità v, supponiamo inoltre che il lubrificante fluido abbia velocità paralle¬ &.•
la al piano x-y e che si muova di moto laminare unidirezionale, trascurando in tal Si osserva che l’espressione della velocità u contiene un termine lineare in z do¬
modo i moti nella direzione y e quindi le fuoriuscite laterali. Si trascurino inoltre vuto all’azione di trascinamento esercitata dal componente mobile sul film di lu¬
le inerzie del fluido e il suo peso proprio. Facendo riferimento a un elementino di brificante e un termine parabolico in z proporzionale al gradiente di pressione
fluido all’interno del meato la cui parete superiore è in moto rispetto a quella infe¬ p' dovuto alla presenza di un campo di pressioni entro il meato. Scrivendo l’e¬
riore con velocità v parallela all’asse x, mettiamo in evidenza le forze elementari quazione di continuità, che impone che la portata volumetrica G sia costante, e
che agiscono su tale elementino (6.25). sostituendovi l’Equazione (6.37) si ottiene:
Sulle facce corte agiscono due sforzi p e p + dp dovuti alle pressioni, sulle pare¬
li laterali, trascurando la variazione di pressione dovuta alla variazione di quota, £ a
agiscono due sforzi r e r + dr tangenti dovuti alle differenti velocità tra le lamine
di fluido a contatto con la parete inferiore e quelle a contatto con la parete supe¬
riore (per esempio la lamina di fluido sovrastante la parete superiore ha velocità K-
G=
I = --^h3
o
udz + = cost (6.38)

maggiore della velocità che ha la parete stessa, ecco allora che sull’elementino A <. •
Anche in tale espressione si riconoscono due contributi alla portata: il primo dovu-
agisce uno sforzo tangente r + dr che tende a “tirare” l’elementino nella direzio¬ to al trascinamento e dipendente dalla velocità v della parete superiore, il secondo
f
ne di moto del fluido). Scrivendo l’equilibrio alla traslazione in direzione x per al gradiente di pressione necessario al sostentamento. Si nota che dove vi è una

( . t : ( : c : c i c ? t
130 Capitolo 6 Azioni mutue tra elementi di macchine 131

diminuzione di altezza del meato li il gradiente di pressione deve essere negati¬ Quanto sopra detto è estendibile anche ad altre situazioni, quali la lubrificazione
vo perché si mantenga costante la portata; viceversa, dove aumenta l’altezza del tra perno e cuscinetto o il fenomeno dell' acquaplaning. Per quanto riguarda il
meato il gradiente di pressione deve essere positivo. primo, il meato si forma nello spazio compreso tra la superficie esterna del perno,
Esprimendo il gradiente di pressione in funzione della portata G: e quella interna del cuscinetto (Figura 6.27). Il perno stesso si dispone in modo da
realizzare un meato con forma convergente nella prima parte, così da realizzare
p' (v/i - 2G) (6.39) l’azione di sostentamento. Dato che lo spessore del meato è sempre molto piccolo
= 77
/i’ rispetto alla dimensione del perno, si può ancora considerare valida laTrallazionc
fatta nel caso del meato piano, mentre divengono significativi i fenomeni legati
Si ricorda che si tratta di lubrificazione naturale, ovvero alimentata solo dalle alla fuoriuscita laterale del lubrificante.
velocità relative dei due elementi a contatto, e che pertanto le pressioni del fluido Nel caso del fenomeno dell’acquaplaning, che si può instaurare al contatto
in ingresso e uscita del meato sono pari a quella atmosferica. pneumatico-terreno in caso di pioggia mentre un’autovettura percorre la strada a
In base a tali considerazioni, la Figura 6.26 mostra l’andamento delle pres¬ elevata velocità, si ha la formazione di un velo d’acqua, non rotto dal battistrada
sioni in funzione delle varie sezioni del meato stesso, andamento che possiamo del pneumatico, che si interpone tra pneumatico e strada. Si realizza così un meato
ottenere integrando l’Equazione (6.39): d’acqua, che applica un’azione di sostentamento al pneumatico, facendo perdere
sia l’aderenza sia la direzionalità.
(6.40)

Tale andamento di pressioni è responsabile dell’azione IV di sostentamento che si


può ottenere come:

Figura 6.27 Meato nell'accoppiamento perno-cuscinetto (a), e nel fenomeno


dell'acquaplaning (b).

6.6 Esercizi
Esercizio 1: resistenza al rotolamento Considerando il sistema meccanico a
un grado di libertà indicato nella Figura 6.28, per cui: 6 = 7 rad; 0
0 5 rad/s2, si calcoli la coppia
= motrice Cm necessaria alla

1 rad/s;
realizzazione delle
condizioni di moto descritte, in presenza di attrito volvente, il cui coefficiente è
/v = 0.01.
Si effettui inoltre la verifica di aderenza considerando il coefficiente di attrito
statico pari a /s = 0.5.
Dati: R = 5 m raggio della guida circolare; r = 0.5 m raggio del disco;
M = 5 kg massa del disco; J = 0.625 kgm2 momento d’inerzia del disco.
Risoluzione Nella figura 6.29 è evidenziato il sistema di forze che agisce sul
disco; per calcolale la coppia motrice necessaria si scrive il bilancio di potenze,
secondo il quale:
Figura 6.26 Profilo di velocità e di pressione nel meato: Xo è la sezione in cui si annul¬
la il gradiente di pressione e di conseguenza la distribuzione di velocità risulta lineare.
— Mg sin (0) v + Cm<u — Nfvv = Jaxo + Ma^v
132 Capitolo 6 Azioni mutue tra elementi di macchine 133

M nelle sue due componenti normali e tangenti secondo le espressioni:

= cor - 0 (R - r)

aM = ^=é(R~r)
Fi
& Sostituite tali relazioni cinematiche nel bilancio di potenze si ottiene:
K- / ja(<) \
È
\

Cm = ( r 7“ + Ma{,} + Mg sin (0) + Nfv ) r
/

Figura 6.28 Si che mostra come la coppia motrice Cm risulta funzione della azione normale N.
Questa può essere calcolata ricavando l’equilibrio dinamico alla traslazione
in direzione radiale, da cui:
dove con v e sono indicate rispettivamente la velocità e l’accelerazione tan¬
genziale del centro del disco, mentre co e co sono la velocità e l’accelerazione È Ft+F?+Mgcos(O)= N^Fr+02(R - r)M+Mgcos(Q)=N=^N=5M.98 N
angolare del disco.
Esplicitando le relazioni cinematiche dovute al vincolo di rotolamento senza k L’azione normale sostituita nell’equazione del bilancio di potenze permette di
strisciamento si ha: fe calcolare la coppia motrice Cm = 99.5 Nm.

v
— cor
,
Verifica di aderenza Perché sia verificata la condizione di rotolamento senza
strisciamento deve essere verificata la relazione seguente:
la velocità del centro del disco può essere in modo analogo espressa in funzione
della velocità angolare 0 ottenendo la relazione cinematica:

v = cor = 0 (R — r) Il valore dell’azione tangenziale T si ottiene dall’equilibrio dinamico alla rotazio¬


ne rispetto al centro del disco:
Per quanto concerne l’accelerazione del centro del disco, essa si può esprimere

— Cm + J co 4- Tr + Nu = 0 => T = — r = 137 N
da cui si ricava che è verificata l’aderenza.

Esercizio 2: resistenza al rotolamento Considerando il sistema meccanico nel¬


la Figura 6.30 si calcoli, in presenza di attrito volvente tra disco e piano inclinato
con coefficiente di attrito fv = 0.02, la coppia motrice, applicata alla puleggia,
necessaria al moto a regime in salita del disco e la coppia necessaria affinché il
« disco percorra in salita il piano inclinato con un’accelerazione pari a 1 m/s2.
Si calcolino, inoltre, nelle condizioni di moto vario i tiri nei due tratti della
fune.
Dati: R = 1 m raggio del disco; M = 20 kg massa del disco; JA =

Figura 6.29

0.625 kgm2 momento d’inerzia del disco; r 0.5 m raggio della puleggia; Jp =
0.45 kgm2 momento d’inerzia della puleggia; in = 3 kg massa del contrappeso;
a = 20° angolo formato dal piano con l’orizzontale.
Azioni mutue tra elementi di macchine 135

La coppia motrice da applicare alla puleggia per ottenere una accelerazione pari a
1 m/s2 è allora:

Cm Mg (sin a + focosa)
— mg +
r*
~

R1-
+M + z/4J a
Cm = 33.4 Nm
La stessa equazione permette di calcolare la coppia necessaria al molo a regime,
in questa condizione si ha che l’accelerazione è nulla, quindi i termini inerziali a
destra dell’uguale si annullanno, cioè:
Cm = [Mg(sin a + f, cos a) — mg] r Cm = 20.7 Nm
Per il calcolo dei tiri nei due tratti di fune si considera dapprima la sola massa in
e attraverso l’equilibrio dinamico alla traslazione in direzione verticale si ha:
Figura 6,30
— —
?2 + ina mg = 0 > 7’2 = 26.4 N
Dall’equilibirio dinamico alla rotazione rispetto al centro della puleggia si ottiene:
Risoluzione La scrittura del bilancio di potenze permette di analizzare il moto
del sistema sia in moto vario, cioè nel transitorio di avvio, che, tenendo conto delle
Jptùp + 7|r Tir
da cui si calcola che il tiro T\ = 91.4 N.
— — Cm = 0

opportune semplificazioni, a regime:

Clnmp — Mg sin av + mgv


— f,\N |v = Jvà)pcùp + Jd<i>da)d + Mav + mav

dove con v e a sono indicate rispettivamente la velocità e l’accelerazione del cen¬


tro del disco, e quindi della massa in, mentre a»d e wd sono la velocità e l’ac¬
celerazione angolare del disco; a>p e wp sono le medesime quantità riferite alla
puleggia.
I legami cinematici dovuti ai vincoli di puro rotolamento della fune sulla
puleggia e del disco sul piano inclinato sono:

v = copr v = a>iR
a = d>pr a = à>d7?

Sostituncdoli nell’equazione del bilancio di potenze e semplificando la velocità si


ha che
c / j j \
—r - Mg sino? 4- mg - fy\N\ = (\r2 R2 +
M +m )a
/
Esercizio 3: attrito radente in un meccanismo a glifo oscillante Del sistema
articolato nella Figura 6.32, posto in un piano verticale, sono note: la lunghezza
della manovella AB = l m, la lunghezza OG = 1 m c la lunghezza del telaio
L’equazione presenta quindi due incognite: la coppia motrice e l’azione normale AO =0.8 m; sono inoltre note la posizione angolare a = 0, la velocità angolare
che si scambiano disco e piano inclinato; la seconda si calcola considerando il costante à = 1 rad/s.
sistema di forze cha agiscono sul solo disco e scrivendo l’equilibrio dinamico alla Sapendo che la massa del glifo è in = 0.5 kg e che il suo momento d’inerzia
traslazione in direzione ortogonale al piano inclinato: è J = 0.2 kgm2, si calcoli la coppia motrice Cm necessaria al mantenimento
delle condizioni di moto indicate considerando la presenza di attrito dinamico,
N = Mg cosa = 184.36 N con coefficiente fa = 0.3 tra il glifo e il corsoio.

i
1
136 Capitolo 6 Azioni mutue tra elementi di macchine 137

Per calcolare le velocità è necessario derivare l’equazione di chiusura rispetto al


p tempo:
iàae‘a = be'p + ipe'p
y. .
: da cui si ricava la velocità di allungamento del glifo b pari a 0.62 m/s e la velocità
« angolare del glifo fi pari a 0.6 rad/s.
L’ulteriore operazione di derivazione permette di calcolare le accelerazioni
• del sistema:

=
iaaela
— à2ae'a = be'p
da cui fi —0.102 rad/s2 e b> = —0.308 m/s2.
— p2be‘p + ipbe'1* + iipbe'1*
In questo modo sono state calcolate tutte le quantità cinematiche di interesse e si
'può scrivere il bilancio di potenze:
Figura 6.32
CMà -mgPOGcosp - fd\N\b = jpp+m'ppOG2
Risoluzione Al fine di calcolare la coppia motrice necessaria al moto del si- ' che dipende dalla forza assiale N che si trasmettono il glifo c la manovella altra-
sterna si utilizza il bilancio di potenze, questo significa che devono essere pre¬ s verso il corsoio; questa si calcola considerando il sottosistema composto dal solo
ventivamente calcolate le velocità dei punti di applicazione delle forze esterne

glifo e scrivendo un equilbrio dinamico alla rotazione rispetto al punto O:
e le accelerazioni che permettono di definire la derivata dell’energia cinetica ri¬
spetto al tempo; vanno quindi calcolate: la velocità del baricentro del glifo e li J'p +mpOG2 +ingcospOG + Nb = 0 -» N = -2.91 N
l’accelerazione dello stesso punto. L’accoppiamento prismatico tra corsoio e glifo imporrebbe tra le azioni interne
Per definire la cinematica del sistema è necessario scrivere l’equazione di « anche una coppia che risulta nulla in quanto si considera il corsoio di dimensioni
chiusura del sistema: ^trascurabili.
Una volta calcolato il valore dell’azione normale N, sostituendo nel bilancio
(A - 0) + (B - A) = (B - O) i di potenze si ottiene il valore della coppia motrice necessaria:

Sostituendo i vettori a, b e c alle aste che compongono il sistema, secondo la


Jfip + mPP0G2 + mgpOGcosp + fd\N\b
Cm = = 2.79 Nm
figura 6.33: l’equazione di chiusura riscritta in termini di numeri complessi sarà: à

ce'Y + ae,a = be'1*


da cui si ricava che le incongnite b e 0 sono rispettivamente pari a 1.29 m e
0.67 rad.

Figura 6.33 Figura 6.34


I

7
Dinamica della macchina
a un grado di libertà

7.1 Considerazioni generali


In questo capitolo si esaminerà il funzionamento di una macchina sotto l’ipotesi
di poter considerale questo sistema dotato di un solo grado di libertà. In generale,
una macchina può essere pensala come composta da un motore, una trasmissione
e un utilizzatore. Benché la suddivisione fra queste tre parti possa risultare talvolta
/ riduttiva, è possibile in linea di massima affermale che:

o il motore ha il compito di produrre potenza meccanica, utilizzando una fonte di


energia di diversa natura (chimica, elettrica, idraulica o altro);
• e l' utilizzatore impiega la potenza meccanica resa disponibile dal motore per
compiere una funzione, che può essere di natura alquanto varia, per esempio
il sollevamento o la movimentazione di un carico, una lavorazione meccanica,
la compressione di un fluido ecc.;
il compilo di trasferire la potenza dal motore aH’utilizzatore
• la trasmissionedi havista
e, dal punto della cinematica della macchina, stabilisce un rapporto
(detto rapporto di trasmissione, Paragrafo 7.4) tra la velocità del motore e quella
deH’utilizzatore.

L’ipotesi che la macchina sia un sistema dotato di un solo grado di libertà, corri¬
sponde ad affermare che la posizione di tutti i punti della macchina viene univo¬
camente determinata dal valore di una sola coordinata libera, che nel seguito saia
quasi sempre rappresentata dalla rotazione dell’albero motore. Escludendo casi
particolari in cui la macchina ha più di una possibilità di movimento rigido (per
esempio macchine contenenti rotismi epicicloidali [5]), quest’ipotesi corrisponde
a considerare trascurabili gli effetti di deformabilità degli organi (alberi, elementi
di sistemi articolati, cinghie ecc.) che compongono la macchina stessa.
Per scrivere l’equazione differenziale che governa il moto della macchina a
un grado di libertà è conveniente utilizzare l’equazione di bilancio delle potenze
(Paragrafo 5.4). Nel caso dello studio della macchina, per questa equazione può
Capitolo 7 Dinamica della macchina a un grado di libertà 141
140

» Per esempio in un motore a combustione interna pluricilindrico, si avrà una for¬


essere utilizzata la forma: za agente su ciascun pistone del motore, rappresentante la risultante delle pres¬
ir
dEc sioni del gas sul pistone, mentre nel caso del motore elettrico (per esempio in
Wln+Wr+VVp=— (7.1) 1 fS-;
corrente continua) si avrà una forza agente su ciascuna spira degli avvolgimenti
presenti sul rotore del motore. La potenza complessivamente prodotta dal motore
in cui si distingue, a primo membro: sarà quindi la somma di tutte le potenze parziali associate a ciascuna forza presa
singolarmente.
o il termine Win rappresentante la potenza dovuta a tutte le forze e i momenti che Si osservi a questo proposito, che non è detto che in ogni istante tutte le for¬
si esercitano sul lato motore, ossia su tutte le parti della macchina poste a monte ze agenti sul motore siano effettivamente tali da generare una potenza meccanica
della trasmissione; positiva, utile cioè a vincere le resistenze presenti nella macchina o a
^ncremen-
tame l’energia cinetica, in base all’Equazione (7.1). Per esempio, in un motore a
combustione interna quadricilindrico a quattro tempi, una sola delle quattro forze
• agenti sul pistone (quella relativa al cilindro in cui si svolge la fase di espansione)
lavora positivamente per lo spostamento del pistone, mentre negli altri tre cilindri
e il termine Wr che tiene conto di tutte le forze e coppie agenti sull’ utilizzatore le forze si oppongono allo spostamento dei pistoni per effetto delle resistenze e
(ossia a valle della trasmissione); perdite meccaniche associate alle fasi di aspirazione, compressione e scarico.
In molti casi, anziché rappresentare in modo dettagliato le diverse forze agenti
IVr = E J nella macchina e scrivere per ciascuna di esse il corrispondente termine di potenza
meccanica, risulta più comodo, agli effetti dello studio del funzionamento della
macchina, considerare l’azione complessiva di tutte le forze presenti nel motore
• il termine IVp che rappresenta le perdite che si verificano nella trasmissione per come equivalente a quella di una singola coppia, detta coppia motrice ridotta
degli attriti e delle resistenze interne a questo organo.
effetto agente sull’albero che stabilisce il collegamento tra il motore e la trasmissione
(albero motore'). Si definisce questo procedimento riduzione all’albero motore di
A secondo membro, l’energia cinetica della macchina può essere considerata co¬ tutte le forze agenti. Poiché lo scopo finale di questa operazione è applicare il
me somma dell’energia cinetica di tutti gli clementi dotati di massa. In genere si bilancio di potenze, questa operazione di riduzione dovrà mantenere invariata la
può considerare trascurabile il contributo all’energia cinetica dovuto alla trasmis¬ potenza motrice complessiva Wm ossia dovrà verificare la relazione:
sione, e scrivere quindi tale grandezza come somma del contributo del motore ECm
e di quello dell’utilizzatore ECr:
E 1% = Af* Wn, (7.2)
Ec = ECm + Ec,
fe in cui rappresenta la velocità angolare dell’albero motore.
Nei prossimi paragrafi verranno descritti in maggior dettaglio le forze e poten¬ Con procedimento simile, tutte le inerzie dei corpi presenti nel motore (che
ze meccaniche agenti nei tre componenti (motore, utilizzatore e trasmissione) contribuiscono a formare l’energia cinetica del motore ECm) possono essere ridotte
individuati nella macchina. 0 v a un unico volano rotante insieme all’albero motore, di momento di inerzia 7*
I
detto momento di inerzia ridotto del motore.
7.2 II motore É
.7^ (7.3)
All’interno del motore avviene la trasformazione di potenza di diversa natura in |
potenza meccanica necessaria al funzionamento della macchina. Questa trastor-
Nel Paragrafo 8.2 si descriveranno in maggior dettaglio, con riferimento a un mo¬
inazione si può ottenere in modi diversi, per esempio in un motore a combustione
tore alternativo monocilindrico, i passaggi matematici che consentono di calcola¬
interna la potenza meccanica viene prodotta a partire dall’energia liberata durante
re la coppia motrice ridotta all’albero motore in funzione delle forze fisicamente
un fenomeno di combustione, mentre nel caso di un motore elettrico viene ottenuta
agenti nel motore e il momento di inerzia ridotto a partire dalle inerzie dei corpi
attraverso conversione di potenza elettrica.
Indipendentemente dal procedimento utilizzato per produrre potenza mecca- effettivamente presenti all’interno del motore. Per ora, possiamo osservare che,
nica, essa si manifesterà in genere sotto forma di una o più forze (talvolta in nu-
una volta effettuata l’operazione di riduzione, il motore può essere ridotto al sem¬
plice schema di Figura 7.1, formato da un albero rigido su cui è calettato un volano
mero molto grande) applicate in diversi punti del motore soggetti a movimento.
I I I I I 11111(1
142 Capitolo 7 Dinamica della macchina a un grado di libertà 143

7.2.1 Caratteristica meccanica di un motore


a combustione interna
La caratteristica meccanica di un motore a combustione interna definisce la coppia
erogata dal motore in funzione del proprio regime di rotazione al variare del grado
di ammissione y, ossia di un parametro che indica in quale misura sia aperta la
Figura 7.1 Schema del motore di una macchina. valvola che regola l’afflusso della miscela di aria e combustibile all’interno dei
cilindri. Il grado di ammissione y assume valori compresi tra 0, quando la valvola
risulta completamente chiusa, e 1 per valvola completamente aperta.
di inerzia J* e su cui agisce una coppia M* . Tale schema costituisce quindi il mo¬ Di norma, la coppia motrice viene misurata al banco in condizioni di massima
dello del motore all’interno della macchina, indipendentemente dalla particolare e minima ammissione, dando luogo a due curve caratteristiche del motore, che
natura del motore utilizzato nell’applicazione considerata. sono rappresentate per punti in funzione del regime di rotazione. In Condizioni
In generale, la coppia motrice agente sull’albero motore dipenderà dalla ve¬ intermedie di ammissione, si ritiene in genere lecito ([16]) assumere che la coppia
locità angolare di rotazione dell’albero motore. Inoltre, per particolari tipologie erogata dipenda linearmente dal coefficiente di ammissione, cosicché il valore di
di motore, la coppia potrà anche variare con la posizione angolare dell’albero (in coppia erogata per un generico valore del grado di ammissione y risulta pari a:
questo caso, se l’albero ruota con velocità angolare costante, si avrà una variazio¬
ne periodica della coppia motrice, con periodo proporzionale a quello di rotazio¬ Mm = yMm„,„,(«,„) 4- (1 - y)M,„mil,(«,„) (7.4)
ne dell’albero). Analogamente, il valore del momento di inerzia ridotto 7* può
variare con l’angolo di rotazione dell’albero motore. a titolo di esempio, si mostra nella Figura 7.2 la caratteristica meccanica di un
Per il momento, ci limiteremo a considerare il caso in cui la coppia motrice e motore per vetture di medie dimensioni.
il momento di inerzia non dipendano dalla posizione angolare dell’albero motore,
ma solo dalla sua velocità angolare, mentre il caso più generale sarà trattato nel
Paragrafo 7.10. Possiamo però osservare che lo studio effettuato considerando
coppia e momento di inerzia indipendenti dalla rotazione dell’albero può spesso
costituire una valida approssimazione del caso più generale, se si utilizzano per
la coppia M’ e il momento di inerzia J* i valori medi sul periodo angolare della
macchina. Per esempio, il motore a combustione interna rappresenta un sistema
in cui coppia e momento di inerzia dipendono dalla rotazione dell’albero motore,
ma le fluttuazioni periodiche di queste quantità avvengono in tempi brevissimi:
per un motore monocilindrico quattro tempi, in un tempo pari al doppio del perio¬
do di rotazione dell’albero, che per un regime di rotazione di 5000 g/min risulta
pari a:

—— =
2-60
5000
0.024 s

Si comprende allora che, a meno di voler studiare le velocissime fluttuazioni di


velocità angolare che si possono generare nel motore1, è possibile sostituire il
valore istantaneo della coppia motrice e del momento di inerzia con i valori medi
nel periodo commettendo un errore il più delle volte non rilevante dal punto di
vista ingegneristico.

Figura 7.2 Caratteristica meccanica di un motore a combustione interna per diversi


'Tra gli effetti di queste fluttuazioni, particolarmente importanti sono le vibrazionitorsionali valori del grado di ammissione.
dell'albero motore che danno luogo al fenomeno delle cosiddette velocità critiche torsionali [6]
Dinamica della macchina a un grado di libertà 145
144 Capitolo 7 g-t
«fe:
7.2.2 Caratteristica meccanica di un motore asincrono trifase 7.2.3 Motore asincrono trifase azionato da inverter

Il motore asincrono trifase è costituito da una parte fìssa, detta statore e da una In un azionamento a inverter, il sistema trifase di correnti che alimenta lo statore
parte mobile, detta rotore, posta all’interno dello statore e dotata della possibilità Kìàf del motore asincrono trifase possiede caratteristiche regolabili di intensità e di fre-
di ruotare rispetto a un asse fìsso. Su ciascuno di questi elementi è posto un av¬
quenza [7]. Infatti, tale sistema di correnti non viene direttamente prelevato dalla
rete, ma viene generato attraverso l’intervento di opportuni dispositivi detti inver-
volgimento trifase. L’avvolgimento posto sullo statore, detto induttore, è alimen¬
fórche, attraverso la periodica apertura e chiusura di valvole comandate, riescono
tato con un sistema di tensioni trifase alternate, che genera un campo magnetico
rotante con velocità angolare ws detta velocità di sincronismo, pari a: a generare un sistema di tensioni che approssima un sistema trifase alternato.
Questo tipo di azionamento è poi interfacciato con un sistema di control-
di
Kfc! lo che consente di realizzare le condizioni di frequenza e intensità del sistema
27r/a correnti in alimentazione che consentono al motore di erogare la coppia desiderala
w, =
P (modalità di controllo in coppia) oppure la velocità angolare desiderata (modalità
te d* controllo in velocità). Per l’azionamento controllato, non è pertanto possibile
definire una singola curva di caratteristica meccanica, ma si ha invece un’intera
in cui fa è la frequenza della tensione di alimentazione e p è il numero di coppie di ,
poli dello statore. Sul rotore si genera quindi una forza elettromotrice che dipende regione del piano coppia-velocità angolare che rappresenta le condizioni ammis-
dalla velocità angolare del rotore e che si annulla quando questo ruota alla velocità sibili di funzionamento: l’azionamento può lavorare con qualsiasi combinazione
di sincronismo, ossia in maniera sincrona rispetto al campo magnetico generato a di valori di velocità angolare e di coppia, purché il punto che individua questa
dallo statore. ||| condizione nel piano Wm-Cm sia contenuto in tale regione. di
La caratteristica meccanica del motore asincrono è mostrata nella Figura 7.3. Per l’azionamento considerato, la regione delle condizioni funzionamento
Come si può osservare, tale caratteristica assume un andamento pressoché lineare w ‘ ammissibili è delimitata superiormente dalla curva di Figura 7.4, che è costituita
per velocità prossime a quella di sincronismo. Per evitare un funzionamento non da un primo tratto a coppia costante e pari al valore M,nax (limite normalmente
corretto del motore (eccessive dissipazioni di energia con conseguente surriscal¬ imposto dalla corrente circolante negli avvolgimenti), corrispondente ai valori di
damento) è necessario che il motore lavori a regime in prossimità della velocità S, velocità angolare inferiori a 5Jnl, e da un tratto in cui la coppia motrice risulta
di sincronismo, e che la sua velocità angolare non subisca eccessive oscillazioni inversamente proporzionale alla velocità angolare del motore (questa curva limita
•lì la massima potenza erogata).
attorno al valore di regime.

i
Figura 7.4 Condizioni ammissibili di funzionamento per un motore asincrono trifase
Figura 7.3 Caratteristica del motore asincrono trifase. azionato da inverter.

Si può inoltre osservare che per velocità angolari superiori alla velocità di sin¬
cronismo la coppia motrice diviene negativa, ossia risulta opposta alla velocità
angolare dell’albero motore. In queste condizioni il motore asincrono trifase si 7.3 L'utilizzatore
comporta come un organo frenante, sottraendo potenza alla macchina.
Le inerzie del motore asincrono trifase possono essere rappresentate per mez¬ In modo analogo a quanto fatto per il motore, è possibile definire una coppia
zo di un momento di inerzia costante Jm, che rappresenta il momento di inerzia resistente ridotta M* che rappresenta complessivamente l’effetto di tutte le forze e
del rotore rispetto al proprio asse di rotazione. coppie applicate sull’utilizzatore della macchina, e un momento di inerzia ridotto
I I
146 Capitolo 7

J* che rappresenta complessivamente tutte le inerzie poste sul lato utilizzatore


della macchina. Come per il lato motore della macchina, anche la riduzione delle
forze agenti sull’utilizzatore al corrispondente albero si basa su un'equivalenza
energetica, ossia deve mantenere invariata la potenza resistente complessiva Wr.
Pertanto, in analogia con la (7.2) è possibile scrivere:

22 /
(7.5)
Figura 7.5 Curve caratteristiche di diversi utilizzatori: a) coppia resistente costante,
b) coppia resistente quadratica, c) coppia resistente costante 4- quadratica.
mentre il calcolo del momento di inerzia ridotto J* dovrà mantenere invariata
l’energia cinetica dell’utilizatore: l
che corrisponde a un grafico della caratteristica di coppia dell’utilizzatore del ti¬
22/■
po rappresentato nella Figura 7.5a. Questo tipo di caratteristica corrisponde per
esempio, a un utilizzatore che solleva un carico, come vedremo nel Paragrafo 7.7.
in cui wr rappresenta la velocità angolare dell’albero motore.
Anche nel caso dell’utilizzatore, è spesso possibile definire una curva ca¬
ratteristica di coppia dipendente esclusivamente dalla velocità angolare dell’uti- Coppia resistente dipendente quadraticamente dalla velocità In questo caso
lizzatore. Nel seguito si mostrano gli andamenti di alcune curve caratteristiche la coppia resistente è ancora opposta al senso di rotazione dell’albero utilizzatore,
rappresentative di alcune tipologie di utilizzatore frequentemente presenti nelle ma risulta in valore assoluto proporzionale al quadrato della velocità angolare
macchine di impiego comune. dell’utilizzatore:
Nella maggior parte dei casi, la potenza del lato utilizzatore assume segno
negativo; questo perché l’utilizzatore richiede potenza per svolgere il compito che m; = -Awr2
gli è stato assegnato (sollevare un peso, muovere un veicolo, eseguire un lavora¬
zione meccanica ecc.). In questo caso, la coppia resistente ridotta M* assumerà con k costante. Questo tipo di caratteristica, rappresentata nella Figura 7.5b, cor¬
segno negativo, il che significa, ricordando che la potenza dell’utilizzatore Wr può risponde a un utilizzatore che deve vincere resistenze di tipo fluidodinamico che,
essere scritta come prodotto scalare tra la coppia resistente ridotta e la velocità an¬ come abbiamo visto nel Paragrafo 6.5, dipendono dal quadrato della velocità re¬
golare dell’utilizzatore, che il verso della coppia resistente è opposto a quello della lativa con cui il fluido incide sul corpo. Come esempio applicativo, si può pensare
velocità angolare del corrispondente albero. Esistono altri casi in cui invece la po¬ a una pompa di ricircolo che debba esclusivamente vincere le perdite di carico
tenza resistente lato utilizzatore è positiva, e di conseguenza la coppia resistente presenti nel circuito idraulico, senza fornire al fluido una prevalenza, oppure a un
ridotta risulta equiversa al senso di rotazione dell’albero utilizzatore, si pensi per agitatore per un reattore chimico.
esempio al caso di un autoveicolo che si muove in discesa.
Nella rappresentazione grafica della caratteristica meccanica dell’utilizzato- «
re, nel caso in cui la coppia resistente sia senza possibile ambiguità diretta in senso Coppia resistente costante + quadratica Un caso altrettanto frequente è quello
opposto a quello di rotazione dell’albero utilizzatore, si usa rappresentare il valore in cui le resistenze lato utilizzatore siano la somma di due componenti, una costan¬
assoluto della coppia resistente in funzione della velocità angolare dell’utilizzato- te con la velocità, l’altra dipendente quadraticamente dalla velocità. L’espressione
rc. Ciò consente in particolare di rappresentare con semplicità per via grafica la della coppia resistente ridotta è in questo caso:
ricerca delle condizioni di regime della macchina. Nel seguito di questo paragrafo
si utilizzerà questo tipo di convenzione. M* = -(MM + kco^
Coppia resistente costante Un primo caso che si considera è quello in cui la Il grafico corrispondente a questa caratteristica è rappresentato nella Figura 7.5c.
coppia resistente generata dall’utilizzatore sia indipendente dalla velocità angola¬ Come esempio applicativo, si può pensare a una pompa che debba fornire una
re dell’albero utilizzatore stesso. Supponendo che tale coppia sia effettivamente prevalenza (per esempio sollevare di una certa quota il fluido), oppure a un veicolo
resistente, ossia si opponga alla rotazione dell’albero utilizzatore, si avrà: che nel suo moto debba vincere sia resistenze al rotolamento dovute all’attrito
volvente (resistenza costante con la velocità) sia resistenze aerodinamiche; questo
M* = — — cost secondo sistema sarà studiato in dettaglio nel Paragrafo 7.8.
148 Capitolo 7 Dinamica della macchina a un grado di libertà 149

7.4 La trasmissione s

La trasmissione di una macchina può essere realizzala per mezzo di dispositivi


quali ingranaggi, alberi, organi flessibili (cinghie trapezoidali o dentate) catene o
altri ancora. Una sintetica rassegna delle tipologie di organi di macchine utiliz¬
zabili per la realizzazione della trasmissione del moto è fornita nel Capitolo 10, a) b)
in questa sede ci si limiterà a esaminare gli effetti della trasmissione sul funzio¬
namento della macchina, prescindendo dalla particolare tipologia di trasmissione Figura 7.6 Flussi di potenza attraverso la trasmissione nel moto diretto e retrogrado:
utilizzata. Sotto questo profilo, la trasmissione deve essere studiata in quanto a) condizione di moto diretto, b) condizione di moto retrogrado.
organo che influenza sia la cinematica sia la dinamica della macchina.
Dal punto di vista cinematico, la trasmissione stabilisce una relazione tra le 3
velocità angolari dell’albero motore e dell’albero utilizzatore. Questa relazione Con riferimento alle definizioni di moto diretto e retrogrado fornite sopra, si può
è espressa dal rapporto di trasmissione r, definito come rapporto tra la velo- osservare che, in relazione alle funzioni generalmente attribuite al motore (pro¬
cità angolare dell’utilizzatore a numeratore e la velocità angolare del motore a duzione di potenza meccanica) e all’utilizzatore (utilizzo della potenza per lo
denominatore: svolgimento di un “compito utile”), si potrebbe ritenere che la macchina debba
r= — (7.6) 3 funzionare sempre in condizioni di moto diretto. In realtà, benché la condizio¬
ne di moto diretto sia certamente la più frequente, può presentarsi anche quella
’fhj di moto retrogrado: a tal fine si osservi che non sempre la potenza
clic può essere espressa anche nelle seguenti due forme: resistente VVr
che si genera sul lato utilizzatore è negativa: per esempio nel caso di un auto¬

— r<om <L>m — wrT


(7.7)

In particolare, molti tipi di trasmissione (benché non tutte) sono caratterizzate da


.«Sa


veicolo che si muove in discesa, la potenza positiva dovuta al peso (che agisce
a valle della trasmissione, e contribuisce quindi al termine 17r) è in generale su¬
periore alle resistenze all’avanzamento generate dalle resistenze al rotolamento e
aerodinamiche.
un rapporto di trasmissione che si mantiene costante durante il funzionamento Nello stesso modo, possono esistere condizioni di funzionamento di una mac¬
della macchina; si parla in questo caso di trasmissioni omocinetiche. Nel seguito china per le quali la potenza motrice lVm è negativa: per esempio, riprendendo
di questo capitolo ci si limiterà a questo caso: di conseguenza, derivando la (7.7) l’esempio dell’autoveicolo in discesa, è ragionevole pensare che il guidatore uti¬
si ottiene: lizzi in discesa un rapporto di trasmissione (selezionato per mezzo del cambio)
còf = Tcùm — r
Per quanto riguarda invece la dinamica della macchina, nell’ipotesi di inerzie del-
'Jsb sufficientemente basso per far agire il cosiddetto “freno motore”, ossia per far
funzionare il motore in modo da assorbire potenza.
Infine, si deve osservare che, come descritto nel seguito, anche le potenze di
la trasmissione trascurabili, l’effetto della trasmissione è solo quello di introdurre
,'i® inerzia relative ai volani Jm e Ju posti sui due alberi della macchina hanno influen¬
ì® za sul verso del flusso di potenza attraverso la trasmissione, per cui è possibile che
una dissipazione di potenza, rappresentata nel bilancio di potenze (7.1) dal ter- una macchina funzioni in moto retrogrado anche quando il motore sta erogando
mine Wp. La potenza dissipata dalla trasmissione viene di norma espressa come W
una potenza positiva.
una frazione della potenza entrante nella trasmissione stessa. A questo scopo, è
necessario innanzitutto distinguere i seguenti due casi:
o la potenza fluisce nella macchina dal lato motore verso il lato utilizzatore, come 7.4.1 Espressione della potenza persa in condizioni
rappresentato nella Figura 7.6a, condizione detta di moto diretto', di moto diretto
• la potenza fluisce nella macchina dal lato utilizzatore verso il lato motore, come
rappresentato nella Figura 7.6b, condizione detta di moto retrogrado. KSe la macchina funziona in condizioni di moto diretto, come mostrato dalla Figu¬
In entrambi i casi si verifica quindi un transito di potenza nella trasmissione; un Ai® ra 7.6a, si ha un flusso di potenza IV| entrante nella trasmissione dal lato motore.
terzo caso che si può presentare nella realtà ma che non sarà considerato nel se- Di questa potenza entrante, una porzione Wp viene dissipata per effetto degli at¬
guito, è quello di una trasmissione che può ammettere che la potenza entri da am- triti presenti nella trasmissione, mentre la restante potenza
IV2 esce verso il lato
bedue i lati della macchina, per compensare le perdite che si verificano all’interno utilizzatore della macchina. Poiché si ipotizzano trascurabili le inerzie della tra¬
della trasmissione stessa (caso detto di trasmissione non reversibile). smissione (e quindi la sua energia cinetica), applicando il bilancio di potenze alla

(
I I I I I
150 Capitolo 7 Dinamica della macchina a un grado di libertà 151

sola trasmissione si ottiene la relazione: in questo caso, con considerazioni analoghe a quelle fatte per il caso del moto
diretto, l’espressione della potenza perduta nella trasmissione ÌVp diviene:
IV, + 1V2 + IVP = 0 (7.8)
VFp = -(tv, 4- W2) = -(W2 - >ìrW2) = -(1 - i;r)lF2 (7.14)
in cui si attribuisce segno positivo al termine di potenza entrante nella trasmissione oppure
Wi e segno negativo ai termini di potenza uscente ÌF2 c lFp.
Si definisce rendimento in moto diretto della trasmissione il rapporto (cam¬
biato di segno) tra la potenza uscente lato utilizzatore W2 e la potenza entrante W\
lato motore:
VFp = -f— -
V/r
H|VF||
/
(7.15)

Wi IBM 7.4.3 Determinazione del flusso di potenza


VF, = VF,
(7.9)
attraverso la trasmissione »

il rendimento così definito risulta sempre maggiore di zero (se si esclude il caso In base a quanto detto, per poter esprimere la potenza perduta nella trasmissione
di trasmissione non reversibile) e inferiore all’unità, in quanto il termine Wj deve IFp è necessario prima determinare se la macchina funziona in condizioni di moto
necessariamente assumere segno negativo, in quanto corrisponde a una dissipa¬ diretto o retrogrado. A tal fine è necessario scrivere un bilancio di potenze par¬
zione di energia che si verifica per effetto degli attriti e delle resistenze interni alla ziale del solo lato motore, che consente di determinare la potenza 1F, scambiata
trasmissione. tra il lato motore e la trasmissione e quindi, in particolare, di determinare se essa
Dalla Definizione (7.9), utilizzando l’Equazione (7.8) segue che la potenza
è diretta dal motore alla trasmissione (moto diretto) o viceversa (moto retrogra¬
do). Una volta accertata la condizione di funzionamento della macchina, si può
perduta nella trasmissione VFP può essere scritta come:
esprimere le potenza perduta 1FP usando le Equazioni (7.10) e (7.14). Alternati¬
VFp = -(IV, + W2) = -(VF, - ^VFj) = -(l - (7. IO) vamente, si può ottenere lo stesso risultato scrivendo un bilancio parziale del solo
utilizzatore.
oppure, esplicitando la potenza perduta in funzione della potenza IV2 uscente lato Per chiarire il procedimento esposto sopra, facciamo riferimento allo schema
utilizzatore: base della macchina riportato nella Figura 7.7, in cui tutte le forze agenti sul lato
motore sono state ridotte al momento M * , le forze agenti sul lato utilizzatore sono
(7. Il) rappresentate dal momento M* e le inerzie della macchina sono state ridotte ai due
momenti di inerzia 7* e J*.
Se si considera, come mostrato nella parte centrale della figura, il solo lato
motore (circondato da una “frontiera”, rappresentata dal rettangolo tratteggiato) è
7.4.2 Espressione della potenza persa in condizioni possibile evidenziare la potenza W| scambiata da questo con la trasmissione; nella
di moto retrogrado figura, tale potenza è assunta per convenzione uscente dal lato motore. Applicando
Se nell’istante considerato la macchina funziona in condizioni di moto retrogrado, l’equazione di bilancio di potenze (7.1) a questa sola parte del sistema si ottiene:
la situazione dei (lussi di potenze attraverso la trasmissione è quella riportata nella
Figura 7.6b, in cui si ha una potenza 1V2 entrante dall’utilizzatore e una potenza
W| = 7Jltcò|nmnl
VFi uscente dalla trasmissione verso il lato motore, oltre al termine IFp di potenza in cui la potenza VFj compare con segno negativo, in quanto uscente dalla frontiera
perduta. Scrivendo il bilancio delle potenze per la trasmissione, e considerando del lato motore, e quindi tale da diminuire il livello energetico del sottosistema
ancora positive le potenze entranti, si ha ancora: considerato. Esplicitando questa equazione rispetto a VF| si ottiene:
W7| + W2 + Wp = 0 (7.12) VF^^*-/^)^, (7.16)

il segno della potenza IV, così calcolata consente di distinguere il caso di moto
Definiamo in questo caso rendimento in moto retrogrado ?/r della trasmissio¬ diretto ( W| > 0) da quello di moto retrogrado ( VF| < 0).
ne il rapporto tra la potenza uscente lato motore W| e la potenza entrante lato Volendo invece determinare la condizione di moto della macchina attraver¬
utilizzatore W2:
VF, _ (7.13)
so un bilancio di potenze parziale dell’ utilizzatore, si deve fare riferimento allo
schema riportato nella parte inferiore di Figura 7.7, ottenendo l’equazione:
w2 w2 —
M*a>r W2 = J*à>ra>r
152 Capitolo 7
Dinamica della macchina a un grado di libertà 153

occorre scrivere un bilancio di potenze del tipo (7.1) per tutta la macchina, com¬
prendente quindi la potenza perduta IV,, che, a sua volta, richiede la conoscenza
della potenza entrante nella trasmissione.
Per sciogliere questa indeterminazione occorre ipotizzare un verso per il flus¬
so di potenza (moto diretto o retrogrado), calcolare in tale ipotesi la potenza per¬
duta, ricavare l’accelerazione della macchina e verificare a posteriori la validità
dell’ipotesi fatta calcolando e W2 e osservandone il segno. Ovviamente, il
valore dell’accelerazione calcolato per la macchina può essere considerato cor¬
retto solo se l’ipotesi fatta circa il flusso di potenza si rivela congruente con il
risultato ottenuto, altrimenti occorrerà ricalcolare l’accelerazione della macchina
nell’ipotesi opposta a quella assunta inizialmente. Questo tipo di procedimento
sarà chiarito negli esempi applicativi e negli esercizi.

7.4.4 Trasmissioni in serie


In alcune macchine la connessione tra il motore e la trasmissione avviene per
mezzo di due stadi successivi di trasmissione, posti uno in serie all’altro. Esempio
tipico è l’autoveicolo, nel quale di norma si ha una prima riduzione della velocità
angolare del motore che si realizza nel cambio, e un secondo stadio di riduzione
che è realizzato dalla coppia conica che collega l’albero di uscita del cambio al
differenziale. In questi casi è possibile definire per l’intera trasmissione un unico
rapporto di trasmissione complessivo e, sotto ipotesi che verranno precisate nel
Figura 7.7 Schema della macchina a un grado di libertà e bilancio di potenze parziale seguito, un rendimento complessivo.
del lato motore/utilizzatore. Per quanto riguarda il rapporto di trasmissione, siano rj e t2 i due rapporti
di trasmisssione parziali dei due stadi della trasmissione; si definiscano poi (Figu¬
ra 7.8) <w,n e a>r le velocità angolari del motore e dell’utilizzatore e <»i la velocità
da cui: angolare dell’albero intermedio che collega i due stadi di trasmissione. Per la
definizione data di rapporto di trasmissione si ha:
W2 = (M;-J*ùt)a>t (7.17)
ù)t =
in questo caso si avrà moto diretto per (W2 < 0) e moto retrogrado per (W2 > 0).
Come dimostrato dalle Equazioni (7.16) e (7.17), il segno delle potenze IV, e da cui, eliminando tra le due equazioni
W2 non dipende solo dal valore dei momenti ridotti lato motore e utilizzatore mr = rir2<wm
e M*, ma anche dall’accelerazione istantanea della macchina. Di conseguenza,
è opportuno discutere brevemente i seguenti due casi che si possono presentare che definisce come rapporto di trasmissione complessivo il prodotto dei due rap¬
nello studio della macchina: porti di trasmissione parziali dei due stadi.

1. Accelerazione nota Si osservi che, in questo caso, grazie al legame cinema¬


tico tra c stabilito dal rapporto di trasmissione (7.6), sono note le accelera¬
zioni di entrambi gli alberi della macchina. Basta quindi valutare la più comoda
tra le due Espressioni (7.16) e (7.17) per determinare la condizione di moto.

2. Accelerazione incognita In questo caso l’analisi è più complessa, perché


per valutare il segno delle Espressioni (7.16) e (7.17) occorre conoscere il valo¬
re dell accelerazione angolare dei due alberi, ma per calcolare questa incognita
I I I I I I ì
Capitolo? Dinamica della macchina a un grado di libertà 155
154

Per quanto riguarda il rendimento, con riferimento al caso di moto diretto (Figu¬ Lo studio del moto (sia in condizioni di regime, sia in transitorio) di una macchi¬
ra 7.8), si definisce VV| la potenza entrante dal motore nel primo stadio di trasmis¬ i na che realizzi queste condizioni sarà oggetto del Paragrafo 7.6, mentre nei Pa¬
sione, con Wj, la potenza uscente dal primo stadio della trasmissione, con VP,, la
potenza entrante nel secondo stadio di trasmissione e infine con W2 la potenza
B ragrafi 7.7, 7.8 e 7.9 forniremo alcuni esempi applicativi di particolare interesse
tecnico.
uscente verso l’ utilizzatore. Per definizione di rendimento si ha: Nel Paragrafo 7. IO si accennerà invece il funzionamento di una macchi¬
na per la quale le condizioni citate non si verificano. Si mostrerà che per una
^,=1;,^ w2 = i)2w„ macchina di questo tipo non è possibile il funzionamento in regime assoluto,
ma possono sussistere invece condizioni di funzionamento di regime periodico.
Nel solo caso in cui sull’albero intermedio che collega i due stadi di trasmissione Per questo motivo, una macchina di questo tipo sarà detta macchina a regime
non sia applicata alcuna forza in grado di generare o dissipare potenza, e inoltre periodico.
se il momento di inerzia dell’albero intermedio può essere ritenuto trascurabile, si
può porre:
Wh = Wl! 7.6 Dinamica della macchina a regime e in moto vario
e quindi, sostituendo opportunamente: Al fine di scrivere l’equazione di moto della macchina a un grado di libertà, si
W? = W2W1 applica l’equazione di bilancio delle potenze (7.1) utilizzando le espressioni della
potenza motrice, resistente, perduta e dell’energia cinetica ricavate in precedenza,
relazione che può essere interpretata affermando che (nelle ipotesi sopra riportate) e che vengono richiamate qui per comodità:
il rendimento di due trasmissioni in serie è dato dal prodotto dei due rendimenti
parziali. W.n = Wr = M*wr

7.5 Condizioni di funzionamento della macchina = =


2^*^
Le condizioni di funzionamento di una macchina del tipo rappresentato nella 5- in particolare, per quanto riguarda il secondo membro della (7.1), in cui com-
Figura 7.7 possono essere riassunte in tre categorie dette: pare la derivata dell’energia cinetica, essendo in questo caso per ipotesi costanti
o regime assoluto (spesso indicato semplicemente come “regime”): si tratta di H i momenti di inerzia ridotti del motore e dell’utilizzatore, le derivate dell’ener-
una condizione di funzionamento in cui l’energia cinetica della macchina si H già cinetica ripettivamente del motore e dell’utilizzatore assumono le seguenti
espressioni:
mantiene costante nel tempo;
e moto vario (spesso indicato come “transitorio”): è una condizione di moto in
cui l’energia cinetica della macchina subisce una variazione nel tempo; esempi
tipici di moto vario sono la fase di avviamento, durante la quale la macchina si
porta dalla condizione di quiete a una condizione di moto a regime, e di arresto,


dEc
drr21 =
dEc
dr = 7*ùJrÓr
Per la potenza perduta Hzp si utilizzerà infine l’Espressione (7.10) o la (7.14), a
(7.18)

durante la quale avviene la transizione opposta dal regime alla quiete;


o regime periodico: che può essere visto come una particolare condizione di moto > seconda che il moto sia diretto o retrogrado. Considerando per ora il caso di moto
diretto, l’equazione di bilancio delle potenze che si ottiene è:
vario, in cui l’energia cinetica della macchina, pur variando nel tempo, assume
un andamento periodico, ossia ritorna ad assumere lo stesso valore a intervalli
|
regolari di tempo (in genere corrispondenti a un multiplo o sottomultiplo intero
0 9d) (^ni + Jr COr(Or
del periodo di rotazione della macchina); Inserendo in tale equazione l’espressione del legame cinematico (7.6) tra la ve¬
Affinché una macchina possa funzionare in condizioni di regime assoluto è neces¬ locità angolare dell’albero motore e dell’albero dell’utilizzatore e riordinando i
sario che si verifichino le seguenti due condizioni: termini si ottiene:
o il momento motore ridotto e il momento resistente ridotto non devono dipen¬
0?dM* + rM*)ci>m = (i?dJ* 4- r2J*)ajnlwm
dere dalla posizione angolare dei relativi alberi, ma unicamente dalle velocità
angolari di questi; da cui, semplificando il Icrminc a>m ed esplicitando in funzione dell’accelerazione
e i momenti di inerzia ridotti del motore e deH’utilizzalore devono essere costanti. angolare dell’albero motore, si ottiene l’equazione di moto della macchina per
156 Capitolo 7 Dinamica della macchina a un grado di libertà 157

condizioni di moto diretto: equazioni, in particolare, si riducono rispettivamente a:

ridM^ + tMr* (7.19)


(7.21)
W2 =
che rappresenta un’equazione differenziale del primo ordine, attraverso la quale
si può determinare l’andamento nel tempo della velocità angolare <t>m dell’albero Si osservi che a regime, venendo a mancare il contributo dei termini inerziali, la
motore a partire da una data condizione iniziale, oppure, in alternativa, la coppia condizione di moto diretto o retrogrado può essere determinata a priori in base
motrice necessaria per realizzare una legge di moto desiderata. Dall’espressione al segno del momento ridotto del motore o dell’utilizzatore (che devono essere
sopra scritta si ricava l’influenza della trasmissione sulla dinamica del sistema: necessariamente di segno opposto per consentire la conservazione dall’energia
considerando il caso più frequente di r < 1 (riduttore) si osserva che dell’equa¬ cinetica).
zione di moto (7.19) il termine a numeratore corrispondente al momento resistente L’equazione che descrive il funzionamento della macchina in moto diretto a
viene ridotto dal rapporto di trasmissione: ne segue che l’uso di un riduttore con regime diviene:
rapporto di trasmissione sufficientemente inferiore all’unità consente di vincere
momenti resistenti elevati per mezzo di un motore che sviluppa un momento mo¬
tore relativamente piccolo. Per contro, la dissipazione di potenza che ha luogo + tM* = 0 (7.22)
nella trasmissione va a ridurre (attraverso il rendimento z/j inferiore all’unità) il
contributo del momento motore a numeratore: ciò corrisponde al fatto che par¬ e per il moto retrogrado si ha invece:
te della potenza prodotta dal motore non concorre a vincere le resistenze o ad
accelerare la macchina, bensì viene dissipata nella trasmissione. + )?rriWr* = 0 (7.23)
Per quanto riguarda infine il denominatore della (7.19), si osserva che il con¬
tributo associato all’inerzia dell’utilizzatore risulta ridotto in ragione del quadrato
del rapporto di trasmissione: ciò significa che, a fronte di un rapporto di tra¬ 7.7 Moto di un impianto di sollevamento carichi
smissione molto inferiore all’unità, un’inerzia relativamente piccola posta sul lato
motore della macchina può risultare più importante ai fini del calcolo dell’acce¬ In questo paragrafo e nei due successivi si studieranno alcuni esempi particolar¬
lerazione di un’inerzia molto maggiore posta a valle della trasmissione. Que¬ mente significativi relativi al funzionamento di diversi tipi di macchina, utilizzan¬
sto concetto trova applicazione in molti tipi di macchina, tra cui l’impianto di do le equazioni ricavate nei paragrafi precedenti.
sollevamento e l’autovettura che saranno trattati nei prossimi paragrafi. ÀÌ
Il primo esempio trattato è quello di un impianto di sollevamento carichi (Figu¬
Nel caso in cui invece la macchina funzioni in condizioni di moto retrogrado,
ra 7.9), azionato da un motore asincrono trifase collegato a una puleggia attraverso
mediante passaggi analoghi si ottiene l’equazione di moto della macchina nel caso
una trasmissione formata da una coppia di ingranaggi del tipo ruota elicoidale-vite
di moto retrogrado:

M* +
= TTI 777 (7.20)

7.6.1 Condizioni di funzionamento in regime assoluto


Le condizioni di funzionamento in regime assoluto della macchina si ottengono
imponendo la condizione di regime:

—=
dt
0

sia nel bilancio delle potenze, sia nelle Equazioni (7.16) e (7.17) che consentono
di determinare la condizione di moto diretto o retrogrado. Queste ultime due Figura 7.9 Impianto di sollevamento carichi.
158 Capitolo 7 Dinamica della macchina a un grado di liberta 159

senza fine 2. Sulla puleggia si avvolge una fune metallica collegata da un lato alla mentre l’energia cinetica del lato motore e del lato utilizzatore sono rappresentate
cabina che porta il carico da sollevare, e all’estremità opposta a un contrappeso. dalle espressioni:
Nel seguito si indicheranno con mc, m„ e rispettivamente la massa della cabina
a vuoto, la massa del carico utile portato dalla cabina e la massa del contrappeso.
Infine, sull’albero motore è calettato un volano J„. £cm = ~ (7in + Jv) w2,
1 , I , 1 ,
Ec, = (.me + mu) V2 + -mqVq2 + -Jpwj
7.7.1 Funzionamento in salita dell'impianto
Si considera innanzitutto la condizione di funzionamento dell’impianto in cui la avendo indicato con Jm, Jv e Jp i momenti di inerzia rispettivamente del rotore del
cabina si muove verso l’alto. In questa situazione la macchina è soggetta, sul lato motore, del volano posto sull’albero motore e della puleggia. Infine, l’espressione
motore, a una coppia motrice Mm concorde con la velocità angolare dell’albero della potenza perduta dipende dal fatto che nella situazione considerata la mac¬
motore e dipendente da questa secondo la caratteristica di Figura 7.3. china funzioni in condizioni di moto diretto o retrogrado. Ciò a sua volta dipende
Sul lato utilizzatore invece agiscono le forze peso relative alla cabina (com¬ da una serie di fattori, per esempio dal rapporto tra le masse della cabina (più
prensiva del carico trasportato) e al contrappeso. Come mostrato nella Figu¬ carico utile) e del contrappeso, oltre che dall’accelerazione istantanea della mac¬
ra 7. IO, la forza peso e la velocità sono discordi sulla cabina e concordi sul china. Come descritto nel Paragrafo 7.4, si dovrà quindi in generale ipotizzare una
contrappeso. direzione per il flusso di potenza (per esempio moto diretto), calcolare l’accelera¬
Di conseguenza, la potenza motrice c la potenza resistente assumono le espres¬ zione della macchina c infine verificare l’ipotesi fatta. Ipotizzando per esempio il
sioni: funzionamento in moto diretto, l’espressione della potenza perduta risulta:

% = -(1 - »7d)W| = -(1 - t/(1) (Mm - (Jm + Jv)wm)a),„


Wr = -(mc + I"u)g Ve + in^g Vq (7.24) Per scrivere l’equazione di moto della macchina occorre infine determinare i le¬
gami cinematici che esprimono la relazione tra la velocità di salita della cabina e
la velocità angolare del motore, e tra le corrispondenti accelerazioni. Supponendo
che non vi sia strisciamento tra fune e puleggia, le velocità 14 della cabina e Vq
del contrappeso possono entrambe essere espresse come:

ir:
14 = Rcor Vq = Ra>r
f
in cui R e a>r sono rispettivamente il raggio e la velocità angolare della puleggia.
Applicando l’equazione di bilancio delle potenze e sostituendo i legami cinematici
sopra riportati, si ottiene l’equazione di molo per la condizione di moto diretto
ipotizzata:
>

^111
À.
’ld (7,„ + + r2 (mcR2 + muR2 + mqR2 + 7p)
Figura 7.10 Condizione di funzionamento in salita e in discesa del lato utilizzatore mentre nel caso di moto retrogrado (con passaggi analoghi a quelli riportati per il
dell'impianto di sollevamento carichi. caso di moto direttto) l’equazione di moto assume la forma:

2Si tratta di un tipo di rotismo atto a trasmettere il moto tra due assi fra loro ortogonali. In genere | . Mm - ??rT (»ic + m„ - »»q) gR
W"'
questo tipo di trasmissione presenta un elevato rapporto di riduzione (ossia un valore del rapporto Jm + fi + i?rr2 (nicR2 + muR2 4- niq/?2 + Jp)
di trasmissione r molto inferiore a l) e un rendimento modesto, attorno a 0.7-r0.8.
160 Capitolo 7
Dinamica della macchina a un grado di libertà 161

Moto a regime dell'impianto in salita Se la macchina funziona a regime, la 1 Per quanto riguarda l’ utilizzatore, si invertono le direzioni delle velocità della
direzione del flusso di potenza attraverso la trasmissione può essere determinato a
priori in funzione del rapporto tra le masse appese ai due lati della fune. Nel caso cabina e del contrappeso, come mostrato nella parte di destra della Figura 7.10. Di
t, conseguenza, l’espressione della potenza motrice rimane immutata rispetto al caso
di salita a regime, il moto è diretto se il peso complessivo della cabina più carico
in salita, mentre quella della potenza resistente cambia segno. Per quanto riguarda
utile risulta superiore a quello del contrappeso: infatti in questo caso la poten¬
za Wr dell’ utilizzatore espressa dalla (7.24) risulta negativa, e quindi si richiede I’: invece l’energia cinetica l’espressione rimane uguale sia per il lato motore sia per
l’utilizzatore, perche la sua espressione non risente del segno delle velocità.
nel funzionamento della macchina un trasferimento di potenza dal motore verso
Operando gli stessi passaggi descritti per il moto in salita, per la condizione
l’ utilizzatore.
di moto diretto, si ottiene l’equazione:
Se si considera allora il caso di salita a regime a pieno carico (/«c +mu > /nq)
il moto è sicuramente diretto e l’equazione di bilancio delle potenze fornisce:
Kt . PdAfm + r (mc + mu -m^gR
riiMm - r (mc + mu - mq) gR = 0
Kfc - -—
Pd (7m + Jy) + r2 (mcR2 + muR2 + mqR2 + Jp)
— *

in cui non compaiono i termini relativi all’accelerazione della macchina, per l’i¬ e, per la condizione di moto retrogrado, l’equazione:
potesi di moto a regime. Quest’equazione può essere utilizzata per calcolare il
momento motore necessario per il funzionamento a regime dell’impianto, e quin¬ & .
W"'
_ Mm + prr (mc+mu -in^gR
di per determinare il punto della caratteristica di coppia in cui si trova a funzionare Jin + Jy + t?rr2 (meR2 + muR2 + mqR2 + Jp)
il motore. ..
Al contrario, se il peso del contrappeso supera quello della cabina più carico Si lascia al lettore la discussione dei casi di moto a regime in discesa a pieno
utile, alla salita della cabina corrisponde una potenza resistente positiva: ciò si¬ carico e a vuoto, e in particolare la giustificazione del fatto che nel moto a regime
gnifica che il lato utilizzatore della macchina sviluppa una potenza positiva che, in discesa a pieno carico la macchina funziona in moto retrogrado, mentre nella
essendo il moto a regime, non può andare a incrementare l’energia cinetica del- discesa a vuoto funziona in condizioni di moto diretto.
l’ utilizzatore, e deve quindi risalire la trasmissione. Della potenza prodotta dall’u- A conclusione del paragrafo, osserviamo che il flusso di potenza nella tra-
tilizzatore, una porzione sarà dissipata nella trasmissione mentre la parte restante smissione non ha a priori nessuna relazione con il verso di moto della macchina:
dovrà essere assorbita dal motore, che dovrà quindi, in questo caso, funzionare la macchina considerata in questo esempio può funzionare in condizioni di moto
da freno. Per esempio, se la macchina funziona in condizioni di salita a vuoto diretto o retrogrado sia quando si muove nel senso di salita della cabina, sia per
(mu = 0), si ha mc < e pertanto la macchina funziona in moto retrogra¬ cabina in discesa.
do. Ricordando che a vuoto la massa mu è nulla, l’equazione che descrive il /3
comportamento della macchina in questa condizione è:
7.8 Dinamica longitudinale di un autoveicolo
Afm + (mq - mc) gR-0 In questo paragrafo saranno ricavate le equazioni che descrivono il moto di avan¬
Esplicitando questa equazione rispetto al momento motore Mm si ottiene che esso zamento di un autoveicolo in fase di accelerazione. La condizione di moto del vei¬
deve assumere valore negativo, il che significa che, per far funzionare a regime in colo considerata è rappresentata nella Figura 7.1 1: il veicolo è posto in moto con
salita a vuoto rimpianto, il motore deve comportarsi da freno e dunque lavorare a velocità* in direzione longitudinale, mentre l’asse anteriore e quello posteriore
una velocità superiore a quella di sincronismo. del veicolo ruotano con velocità angolari rispettivamente 0A e 0P.
Le forze esterne agenti sul veicolo, riportate nella figura, sono costituite dal
peso proprio Mg, dalla resistenza aerodinamica Facr e dalle azioni di contatto sui
7.7.2 Funzionamento in discesa dell'impianto due assi del veicolo. Per quanto riguarda queste ultime, si indicano con 7a e
Si considera in questo caso che il motore ruoti in senso (ale da produrre un moto /VA rispettivamente la componente longitudinale e quella normale della forza di
verso il basso della cabina. Si osservi che nel moto in discesa dell’impianto, si in¬ contatto sulla singola ruota dell’asse anteriore, c con 7|> c NP le corrispondenti
verte anche il senso di rotazione del campo magnetico sviluppato dallo statore del
componenti di forza su una ruota dell’asse posteriore. Inoltre si assumerà che
per simmetria le forze agenti sulle due ruote dello stesso asse risultino uguali,
motore (Paragrafo 7.2.2). Di conseguenza, anche nella fase di discesa il momento
motore risulta concorde con il senso di rotazione dell’albero per velocità angolari
riducendo il caso trattato a un problema piano. Si osservi che le forze normali
inferiori a quella di sincronismo e risulta invece discorde rispetto alla rotazione al risultano avanzate rispetto al centro della corrispondente ruota per effetto dell’at¬
di sopra del sincronismo. trito volvente. Sul veicolo agisce infine la coppia motrice Mm erogata dal motore
(non rappresentata nella figura); questa costituisce una forza interna al veicolo,
162 Capitolo 7 Dinamica della macchina a un grado di libertà 163

in cui cum è la velocità angolare del motore e Mm è il momento motore, funzione


della velocità angolare del motore secondo la caratteristica meccanica mostrata
nella Figura 7.2.
II termine di potenza resistente tiene conto delle resistenze al moto prodotte
dall’attrito volvente e dalle resistenze aerodinamiche, e assume l’espressione:

Wr = Wrra + Wr,„ = -2NKfvRÒK - 2NPfvRÒP - ^pSCxx3


in cui e NP indicano l’azione normale sulla singola ruota dell’asse anteriore
o posteriore. Inserendo in questa espressione i legami cinematici tra le velocità
angolari dei due assi e la velocità di avanzamento della vettura, e osservando che,
Figura 7.11 Condizione di moto dell'autoveicolo e forze agenti su di esso. per l’equilibrio in direzione verticale del veicolo si ha:

che però può compiere lavoro (e quindi compare nel bilancio di potenze del vei¬ 2Na + 2NP = Mg
colo stesso) per effetto della rotazione relativa tra l’albero motore e la scocca del
si ottiene:
veicolo.
Per studiare il moto longitudinale deH’autoveicolo di Figura 7. 1 1 si utilizzerà
l’ipotesi di rotolamento senza strisciamento delle ruote sid terreno. Questa ipotesi W, = -Mgfvx - ^pSC^
sarà verificata una volta nota l’accelerazione del veicolo. Utilizzando l’ipotesi di
rotolamento senza strisciamento, è possibile esprimere le velocità angolari degli L’energia cinetica del lato motore della vettura può essere scritta semplicemente
assi anteriore e posteriore del veicolo in funzione della velocità di avanzamento come:
del veicolo stesso attraverso le relazioni:
1
^cm — 2

Inoltre (considerando un veicolo a trazione posteriore) la velocità angolare del in cui Jm è il momento di inerzia del motore, considerato costante. L’energia
motore è legata alla velocità angolare dell’asse posteriore dalla relazione stabilita cinetica delle inerzie poste a valle della trasmissione può invece essere scritta
dalla trasmissione: come:

w,,, = T
(7-25)

in cui r rappresenta il rapporto di trasmissione complessivo del cambio e del Per determinare l’espressione della potenza perduta IVp si osservi che durante il
ponte: transitorio di accelerazione del veicolo, la trasmissione funziona sicuramente in
condizioni di moto diretto, in quanto il motore deve fornire potenza al lato uti¬
lizzatore sia per vincere le resistenze all’avanzamento, sia per consentire l’incre¬
mento dell’energia cinetica di questo. Di conseguenza, la potenza perduta assume
Di conseguenza, il moto del veicolo è descritto da un’unica equazione di moto l’espressione:
che definisce la variazione nel tempo di una singola coordinata libera del sistema.
Come coordinata libera si può scegliere, per esempio, la posizione longitudinale Wp = (I rj^ (Mm 7mrùm) <unl
x del veicolo stesso.
L’equazione di moto del sistema può essere scritta facendo uso del bilancio Applicando l’equazione di bilancio delle potenze si ottiene:
di potenze nella forma (7.1). La potenza motrice risulta pari a:
1 ,
Win — iff JìdMmwm — Mgf^x — -pscxx = tyj7,nft>i»wn, + Mxx 4- 4Jrcurwr
164 Capitolo? Dinamica della macchina a un grado di libertà 165

e introducendo in tale equazione i legami cinematici che legano la velocità ango¬


lare delle ruote e del motore alla velocità di avanzamento del veicolo, e semplifi¬
cando opportunamente, si ottiene:

— - us/,- -_Psc.x
\,r r1 cz- *2 / + -4Jr + \ „

che costituisce l’equazione di moto del veicolo considerato come sistema a un gra¬
do di libertà, e che può essere esplicitata rispetto alla incognita x rappresentante
l’accelerazione del veicolo:

—— -
1/d^m- Mg/,
Rt
.. f - -pSCxx2
-2
2 (7.26)
HdZn 4Jr
inserendo in tali equazioni i legami cinematici di rotolamento senza strisciamento
e risolvendo rispetto ^lle incognite NA e NP si ottiene:
Tale equazione rappresenta un’equazione differenziale nell’incognita x e nelle sue
derivate, che deve essere integrata per via numerica (Paragrafo 7.8.3) a causa delle
non-linearità introdotte dalla dipendenza del momento motore Mm dalla velocità 1 , J,
Mg(a 4- h) 4- Mxh\ 4- -pSCxx2hi 4- 4—x
angolare w„, del motore (e quindi, per effetto dei legami cinematici, dalla velocità /VP = 2
del veicolo x) e del termine non lineare associato alla resistenza aerodinamica.
| N, =
7.8.1 Verifica dell'aderenza tra pneumatici e strada
Per calcolare le componenti longitudinali delle forze di contatto occorre scrivere
L’equazione di moto (7.26), ricavata nell’ipotesi di rotolamento senza strisciamen¬ due ulteriori equazioni di equilibrio dinamico; la prima è rappresentata dall’equi-
to delle ruote sulla strada, risulta valida se le componenti normali c tangenziali p- librio dinamico in direzione longitudinale dell’intero veicolo:
delle forze su entrambi gli assi del veicolo soddisfano la condizione di aderenza
rappresentata dalla (6.10).
In parallelo all’integrazione della (7.26), occorre perciò calcolare il valore
| 1
^Mx - -pSCxx22 4- 2Ta 4- 27p = 0 (7.28)
delle forze agenti al contatto tra i pneumatici e la strada e verificare la condizione
di aderenza. la seconda equazione non può riguardare l’intero veicolo, per il quale sono già
Per calcolare il valore delle componenti normali delle forze di contatto sui stale scritte tre equazioni di equilibrio; occorre quindi scrivere un’equazione
rela-
due assi, occorre scrivere due equazioni di equilibrio dinamico; per esempio (con tiva a una sola parte de) veicolo. La più semplice equazione di equilibrio dinamico
riferimento alla Figura 7. 12), è possibile scrivere un equilibrio alla rotazione del¬ p parziale riguarda l’equilibrio dinamico dell’asse anteriore alla rotazione attorno al
l’intero veicolo attorno al punto P in cui si intersecano la retta di azione delle proprio centro. Facendo riferimento alla Figura 7.13, che mostra le forze e coppie
forze /Va, Ta e Tp, e un equilibrio dell’intero veicolo alla traslazione in direzione K agenti sull’asse anteriore (in cui con HA e Va si indicano le componenti orizzon-
verticale: K tali e verticali della reazione scambiata dalla ruota con la scocca del veicolo),
tale
K equazione assume la fprma:
2Npp — Mg(a 4- u)
— —
Mxhi -pSCxx2li2
— —
2Jr0A 2Jr0p =0 K
B -2Jr0A - 27Vah - 2TaR = 0 (7.29)
Mg - 2NA - 2Np =0 Inserendo nelle (7.28) e (7.29) i legami cinematici tra l’accelerazione x del vei-
colo e l’accelerazione angolare 0A dell’asse anteriore, ed esplicitando rispetto
alle

I I I
I I I I I I I I I I I I I
166 Capitolo 7 Dinamica della macchina a un grado di libertà 167

fe II momento motore necessario per mantenere il veicolo in condizioni di regi-


•y me si ottiene invece imponendo che si annulli l’accelerazione del veicolo, ossia
gì annullando il numeratore dell’equazione di moto (7.26):

Mm = —V \(Mgfv + ^pSCxV2]
2 /
fej Infine, il grado di ammissione (Paragrafo 7.2.1) corrispondente alla condizione di
funzionamento a regime si ottiene, nota la velocità angolare di regime del motore
'L: e la coppia erogata a regime A/n), esplicitando la (7.4) rispetto al grado di
» ammissione: ,
incognite 7a e 7p si ottiene: 8 y
— ^ni ~
H„maI(®,„) - MlllniinOm)
(7 31)

u Jt S in cui e rappresentano la coppia motrice erogata dal motore in con-


T^ = -N^--—x

* . (7.30) dizioni di ammissione minima e massima.
Sé*-
7p = - ( Mx + -pSCxx2 j - 7\ '

7.8.3 Studio numerico del transitorio di accelerazione


Una volta ricavate le espressioni delle forze di contatto, le condizioni di aderenza Una volta definite le condizioni di regime dell’autoveicolo, è possibile studiare il
sui due assi assumono la forma: 86: transitorio durante il quale il veicolo accelera, portandosi in una differente condi-
È zione di regime. Lo studio della partenza da fermo richiederebbe invece rintro¬
7p ni: duzione di un modello dell’innesto a frizione, dato che il motore a combustione
interna non è in grado di funzionare a velocità nulla.
La legge di moto del veicolo durante il transitorio di accelerazione è determi¬
Ove l’aderenza non risulti soddisfatta per uno dei due assi del veicolo (questo può ni';-' nata dalle modalità con le quali il guidatore varia nel tempo il grado di ammissione
avvenire, in fase di accelerazione, per l’asse motore), occorre introdurre un secon¬ del motore, facendo variare la coppia motrice da esso erogata. Tra le varie possi¬
do grado di libertà, rappresentante la rotazione dell’asse che ha perso aderenza, ci: bilità a disposizione, si è scelto di esaminare il caso in cui il guidatore aumenti il
ed esprimere la forza longitudinale corrispondente in base alla legge dell’attrito grado di ammissione secondo la legge temporale a “rampa” mostrata nella Figu-
radente (6.6). S\ ra 7.14: si assume dunque che il grado di ammissione vari linearmente a partire
Ovviamente, se la perdita di aderenza avviene su tutti c due gli assi del vei- :g
colo (situazione che può verificarsi in fase di frenatura), occorrerà introdurre due
gradi di libertà aggiuntivi, uno per ciascun asse. »

7.8.2 Determinazione delle condizioni di regime


In questo paragrafo sono determinate le condizioni di regime dell’autoveicolo cor¬
rispondenti a un assegnato valore V della velocità di avanzamento. La velocità
angolare delle mote e dell’albero motore corrispondenti alle condizioni di regi¬
me (indicate per mezzo di un Simbolo soprasegnato) sono direttamente fornite dai
legami cinematici:

- _= Figura 7.14 Storia temporale dell'Incremento del grado di ammissione nel transitorio
0A = 0P = -
V
Wm —
V
di accelerazione.
168 Capitolo 7 Dinamica della macchina a un grado di libertà 169

Figura 7.15 La vettura Alfa Romeo GTV 2000 (1971).

dal valore y corrispondente alla condizione di regime precedentemente calcolata,


fino a raggiungere, dopo il tempo tr il valore massimo, corrispondente a premere
a fondo il pedale dell’acceleratore.
La storia temporale del moto dell’autoveicolo può essere ottenuta integrando
numericamente l’equazione differenziale di moto del Sistema (7.26).

Applicazione: la vettura Alfa Romeo GTV 2000 (1971) A conclusione dell’ar¬


gomento si riporta l’applicazione numerica di quanto sopra esposto al caso di un Figura 7.16 Accelerazione da 15 km/h, moto del veicolo.
autoveicolo Alfa Romeo mod. GTV 2000 del 1971. La Tabella 7. 1 riporta i valori
numerici dei dati utilizzati nel calcolo. Tali dati sono stati, ove possibile, reperiti
in letteratura, e in caso contrario sono stati stimati in base a dati disponibili per veicoli simili. Nelle simulazioni si è assunto un valore del coefficiente di aderenza
paii a 1.12, corrispondente a strada asciutta.
Tabella 7.1 Dati numerici relativi al veicolo Alfa Romeo GTV 2000. Si è assunta una velocità iniziale del veicolo di 15 km/h, con cambio in prima
marcia, e un andamento nel tempo del fattore di ammissione del tipo mostrato
Valore numerico nella Figura 7.14 con tempo /r pari a 2 secondi, e si è ipotizzato che il guidatore
Grandezza Unità di misura
cambi marcia quando il motore raggiunge il regime di rotazione di 6000 g/min.
Massa veicolo [kg] 1040
Per semplicità, si è ipotizzato che il cambio di marcia corrisponda a una variazione
Momento di inerzia ruote [kg • m2] 0.08 istantanea del rapporto di trasmissione, trascurando i transitori di disinnesto e
Momento di inerzia motore [kg • m2] 0.28 successivo re-innesto della frizione.
Raggio ruote [ni] 0.25 La Figura 7.16 riporta l’andamento in funzione del tempo della velocità e
Passo veicolo [m] 2.35 dell’accelerazione del veicolo: la velocità raggiunta dal veicolo dopo 6 secondi
è di circa 26 m/s, pari a circa 93 km/h. L’accelerazione massima, pari a circa
Distanza baricentro-asse anteriore Imi 1.15
6 m/s2, viene toccata dopo 2 secondi del transitorio.
Altezza del baricentro dal suolo [in] 0.55
La Figura 7.17 mostra invece la storia temporale delle forze normali e lon¬
Altezza del centro delle pressioni dal suolo [ni] 0.6 gitudinali su una ruota dell’asse motore. Si osserva in particolare che nell’istante
Sezione maestra del veicolo lm2l 1.65 corrispondente alla massima accelerazione del veicolo (2 secondi) la forza longi¬
Coefficiente di resistenza aerodinamica Cx [-] 0.38 tudinale Tp raggiunge il suo valore massimo, pari a circa 3300 [N], Nello stesso
0.013
istante, la forza normale sulla ruota è pari a circa 3200 [NJ, per cui le ruote motrici
Coefficiente di attrito volvente 1-1 si trovano in una situazione molto prossima alla perdita di aderenza.
Rapporti al cambio (5 maree) [-] 0.30 0.50 0.74 1.00 1.27
La Figura 7.18 mostra infine l’andamento nel tempo dei diversi termini che
Rendimento del cambio (5 marce) [-] 0.90 0.94 0.94 0.97 0.97 intervengono nel bilancio di potenze del veicolo durante il transitorio. Nella parte
Rapporto di trasmissione al ponte [-] 0.2193 superiore della figura, il diagramma in linea continua rappresenta l’andamento

(
I I I I I I I I
170 Capitolo 7 Dinamica della macchina a un grado di libertà 171

della potenza motrice mentre quello in linea tratteggiata rappresenta (in valore
assoluto) il complesso dei termini di potenza resitente e perduta. Si osserva che la
differenza tra i due termini è elevata, e che quindi il veicolo ha a disposizione una
grande quantità di potenza per incrementare la propria energia cinetica, ossia per
accelerare.
Nella metà inferiore della figura vengono invece riportati (in valore assoluto)
l’andamento della potenza resistente di rotolamento, della potenza delle resistenze
aerodinamiche e della potenza perduta nella trasmissione. Si osserva che nella pri¬
ma fase del transitorio del veicolo, in cui la velocità è bassa, prevale fra le tre fonti
di dissipazione quella relativa alla trasmissione. Nella parte finale della simula¬
zione invece la potenza perduta nella trasmissione decresce, perché il rendimento
IN] del cambio in seconda marcia è più elevato di quello in prima, e nel contempo la
potenza delle resistenze aerodinamiche cresce per effetto della maggior velocità
del veicolo.

7.9 Dinamica longitudinale di un convoglio ferroviario

In questo paragrafo si introduce un modello particolarmente semplice, a 1 gra¬


Figura 7.17 Accelerazione da 15 km/h, forze di contatto sulla ruota motrice. do di libertà, che può essere utilizzato per Io studio della dinamica longitudinale
di un treno. In tale modello si ipotizza che tutte le ruote del convoglio rotolino
senza strisciare sulle rotaie, e si trascurano tutti gli effetti di deformabilità asso¬
ciati, per esempio, agli organi della trasmissione, ovvero alle barre di trazione che
trasmettono la forza motrice dalla locomotiva alle carrozze rimorchiate.
Si considera poi che l’unità di trazione del veicolo sia costituita da un nu¬
mero nmoi di motori asincroni trifase azionati mediante inverter del tipo descritto
nel Paragrafo 7.2.3 , supponendo che si richieda costantemente all’azionamento
di erogare la massima coppia possibile in relazione alla velocità angolare rag¬
giunta dal motore: in questa ipotesi si ottiene nuovamente un singolo valore di
coppia associato a ciascuna velocità angolare, e la curva di Figura 7.4 può essere
interpretata come la caratteristica meccanica dell’azionamento.

Espressione della potenza motrice La potenza motrice complessiva relativa


all’intero convoglio può essere scritta ipotizzando che tutti i motori del convoglio
possiedano, in un dato istante, la stessa velocità angolare wln ed eroghino la stessa
coppia Mln, e assume l’espressione:

l'fin =

Figura 7.18 Accelerazione da 15 km/h, andamento nel tempo dei vari termini di ^Questo tipo di azionamento è quello die trova attualmente maggiore diffusione in campo fer¬
potenza. roviario, anche se non mancano esempi di applicazione di altre tipologie di azionamento elettrico e
in casi particolari si hanno convogli con trazione diesel o mista diesel-elettrica.
172 Capitolo? Dinamica della macchina a un grado di libertà 173

Espressione della potenza resistente La potenza resistente, nel caso del con¬ Espressione dell'energia cinetica del convoglio L’energia cinetica del siste¬
voglio ferroviario, risulta composta da due termini, uno dovuto alle resistenze al ma è fornita dalla somma dell’energia cinetica del motore e di quella del lato
rotolamento, l’altro alle resistenze aerodinamiche: utilizzatore:

+ IV^ = ECm + ECt


Per quanto riguarda il lato motore, si ha la somma delle energie cinetiche di tutti
Il primo termine, dovuto alla non perfetta elasticità delle ruote e delle rotaie, viene i motori del convoglio:
scritto tenendo conto del fatto che la forza normale agente al contatto tra ruota
e rotaia risulta avanzata rispetto alla verticale passante per il centro della ruota.
L’espressione di questo termine è la seguente:
assi
^cm — »mol
1 -2
2 •Anelli
Per quanto riguarda invece il lato utilizzatore, l’energia cinetica complessiva è
(

data dalla somma dei termini relativi a tutti i corpi che compongono il convoglio,
i=l ovvero, per ciascun veicolo, la cassa, due carrelli e quattro sale. La casse e i
carrelli di ciascun veicolo si muovono di moto traslatorio (essendo V la velocità
in cui nassj è il numero totale di assi che compongono il convoglio, N,- è il carico di ciascuno di questi coipi), mentre le sale si muovono di moto rototraslatorio,
normale gravante su ciascuna ruota, R, il raggio della ruota e a)ri la sua velocità essendo V la velocità del centro ruota c a>r la velocità angolare. Di conseguenza
angolare. l’espressione dell’energia cinetica complessiva dell’utilizzatore è:
Se si ipotizza il rotolamento senza strisciamento di tutte le ruote del convoglio
sulle rotaie si ha: »v |

V
Ec, = 22 2 [('"“M* + 2/llcarq) v2 + 4 (/«sala. V2 + Jr/W2)]
Wri = - (7.32)
in cui JTj è il momento di inerzia rispetto al proprio asse di simmetria polare
inoltre per l’equilibrio in direzione verticale dell’intero convoglio (supposto viag¬ della singola sala dell’i-esimo veicolo. Ricordando l’ipotesi di rotolamento senza
giante in piano), si ha: strisciamento (7.32) si ottiene:

22 Ni =
i=l
nitotg
+ 2/nCarrf + 4(nisa|a() + 4-^ V2 -m*V2
2 r

con:
in cui m10t è la massa totale del convoglio, pari alla somma delle masse di tutti i
veicoli che lo compongono. Utilizzando tali relazioni e ipotizzando un uguale va¬
lore del coefficiente di attrito volvente e del raggio per tutte le ruote del convoglio
si ottiene:
m* /llcassa; 4” 2//lcan'J. + 4(//isaiai) + 4-^j
R2 =
m{olR2 +
4nv-^ (7.33)

in cui si è ipotizzato che tutte le sale abbiano lo stesso momento di inerzia.


= -/«lotg/vV
Espressione della potenza perduta Nella fase di avviamento, il convoglio fer¬
Per quanto riguarda invece il termine dovuto alle resistenze aerodinamiche, si ha: roviario funziona in moto diretto, ossia la trasmissione di potenza attraverso la
trasmissione avviene dal motore verso l’ utilizzatore. Infatti durante questa fase
il lato utilizzatore del convoglio assorbe potenza sia per vincere le resistenze di
= ~pSCrV3 rotolamento e aerodinamiche, sia per incrementare la propria energia cinetica. Si
può quindi esprimere la potenza perduta secondo l’espressione:
dove p è la densità dell’aria (pari, mediamente, a 1.25 kg/m3), S è la superfi¬
cie frontale (o sezione maestra) del convoglio e Cr è il coefficiente di resistenza
aerodinamica del convoglio.
% = -(1 - ^d) W.n dr / — (1 Ud) Ohnoi^fin «inol 7m/à|n) <Unl

(
I
174 Capitolo 7 Dinamica della macchina a un grado di libertà 175

Equazione di moto del convoglio ferroviario in accelerazione Applicando


l’equazione del bilancio delle potenze alle espressioni dei vari termini di potenza
e di energia cinetica ricavati in precedenza si ottiene:
nwt^ni^m "b
11 5 (1 ^d)Uinot (^m 'fm^in) ^in =

— "b t«r V Cl
introducendo in tale equazione la relazione di rotolamento senza strisciamento
(7.32) e riordinando i termini si ottiene:
t/dttinot^m -
mm&f.
1 cr (^mortàl-An
a Figura 7.19 II treno ETR500.

da cui:
.Applicazione numerica a un convoglio ETR500 Nella presente applicazione si
dV farà riferimento a un convoglio ETR500 (Figura 7.19) composto da una motrice
a= —
d/
(7.34) posta in testa al convoglio, dieci carrozze rimorchiate e una seconda motrice posta
in coda. Tale composizione è quella utilizzala più spesso nell’esercizio di questo
treno, e può quindi essere presa a riferimento.
questa equazione differenziale fornisce l’andamento della velocità del convoglio Ogni motrice è equipaggiata con 4 motori in corrente continua, ciascuno con
=
V V(t) durante ravviamento. Si osservi che l’equazione di moto (7.34) con¬ potenza di 1 100 kW. I dati del convoglio rilevanti per la simulazione della dina¬
tiene termini non lineari dovuti: mica longitudinale sono riassunti nella Tabella 7.2. Sostituendo tali valori nu¬
o al legame non lineare tra il momento motore e la velocità angolare del motore
merici nelle espressioni riportate in precedenza, è possibile innanzitutto ottene¬
debilito dalla caratteristica del motore rappresentata nella Figura 7.4; re la condizione di regime, risolvendo per mezzo di opportuni metodi numerici
o alla dipendenza del momento resistente ridotto dal quadrato della velocità per
l’Equazione (7.35).
Si ottiene un valore di regime della velocità di avanzamento del convoglio
effetto delle resistenze aerodinamiche;
pari a:
di conseguenza, l’integrazione di tale equazione deve essere condotta per via
numerica, utilizzando uno dei metodi disponibili per l’integrazione numerica di wr = 209.9 rad/s
equazioni differenziali alle derivate totali (per una panoramica relativa a questi
metodi numerici si veda, per esempio, [17]). Un metodo che trova vasta applica¬
zione per la sua semplicità di utilizzo, unita alla buona precisione, è il metodo di
V = 93.4 m/s = 336.3 km/h
Runge-Kutta del quarto ordine, che è stato utilizzato nell’applicazione numerica Si osservi che la condizione di regime calcolata non tiene conto di una serie di ef¬
presentata nel seguito. fetti (qualità della captazione, problemi di stabilità, sicurezza di marcia, comfort)
L’Equazione (7.34) può essere anche utilizzata per calcolare la condizione di che possono limitare la velocità massima del veicolo a valori inferiori a quello
regime del convoglio. A tale fine si deve imporre nell’equazione che si annulli calcolato. Il risultato ottenuto è quindi da ritenersi (nei limiti dati dalle approssi¬
l’accelerazione angolare del motore, ottenendo la condizione di regime: mazioni sui valori numerici dei parametri utilizzati nel calcolo) un limite massimo
teorico di velocità del convoglio, e non necessariamente una condizione di marcia
(7.35) effettivamente raggiunta nell’esercizio.
rR La Figura 7.20 rappresenta graficamente la soluzione dell’Equazione (7.35):
dove la linea continua rappresenta il termine che indica l’azione motrice com¬
plessiva ridotta al grado di libertà di avanzamento longitudinale del veicolo, de¬
— tW|n(tum) — Afnl V
tR purata delle perdite nella trasmissione, mentre la linea tratteggiata riporta l’an¬
+ ^pSC, V2
damento in funzione della velocità angolare del termine
Poiché il momento motore Mm dipende in maniera non lineare dal valore della che rappresenta in valore assoluto l’effetto di tutte le resistenze agenti sul vei¬
velocità angolare del motore ù>m, la soluzione dell’Equazione (7.35) deve essere colo. La condizione di regime è quindi rappresentata dal punto di intersezione fra
ottenuta per via numerica. le due curve.
176 Capitolo 7 Dinamica della macchina a un grado di libertà 177

Tabella 7.2 Dati del convoglio ETR500.

Coppia massima (per motore) Cmax [N • m] 6875


Velocità angolare TU (Figura 7.4) Ct? [rad/s] 160
Massa locomotore ^loc [kgl 72000
Massa carrozza rimorchiata ^car (kg) 45400
Momento d’inerzia sala A Ikg in2] 90
Momento d'inerzia motore (per motore) [kg m2]
• 10
Raggio mote R (ni] 0.445
Coefficiente di attrito volvente fy 1-1 0.008
Sezione maestra S [m2] 7.8
Coeff. di resistenza aerodinamica Cr 1-1 1.05
Rapporto di trasmissione T 1-1 35/92
Rendimento della trasmissione 4d 1-1 0.975

Integrando numericamente l’equazione di moto (7.34), attribuendo come condi¬


zione iniziale una velocità angolare nulla all’albero motore, è invece possibile
simulare ravviamento da fermo del convoglio ferroviario. La Figura 7.21 riporta Figura 7.21 Transitorio di avviamento da fermo del convoglio ETR500 (per marcia in
piano).

la storia temporale della velocità e accelerazione del convoglio durante l’avvia¬


mento. Si osserva che la massima accelerazione si ottiene nell’istante iniziale del
moto, in cui è massima la coppia motrice e, contemporaneamente, sono minime
le resistenze poiché non si ha resistenza aerodinamica.
Il valore massimo dell’accelerazione risulta pari a circa 0.45 [m/s2]. Il convoglio
raggiunge una condizione prossima a quella di marcia a velocità massima in un
tempo di 500 secondi. La Figura 7.22 mostra l’andamento dei vari termini del
bilancio di potenze durante l’avviamento del convoglio. Il massimo della potenza
motrice è pari alla potenza totale installata sul convoglio, ossia 8 x 1100 [kWJ.
Nella fase iniziale dell’avviamento, la potenza erogata dai motori viene utilizzata
prevalentemente per incrementare l’energia cinetica del sistema, ossia per acce¬
lerare il convoglio. All’aumentare della velocità, una porzione sempre maggiore
della potenza motrice viene assorbita dalle resistenze, e in particolare da quelle di
natura aerodinamica.

7.10 La macchina in regime periodico


Si consideri ancora una volta lo schema base della macchina mostrato nella Fi¬
gura 7.7. Nei paragrafi precedenti lo studio di questo sistema è stato condotto
nell’ipotesi che il momento motore ridotto M* e il momento resistente ridotto M*
Figura 7.20 Rappresentazione grafica delle condizioni di regime del convoglio dipendano solo dalle velocità angolari dei rispettivi alberi e non dalla posizione
ETR500 (per marcia in piano). angolare di questi. Inoltre, si è supposto finora che i momenti di inerzia ridotti del
I I I I I
178 Capitolo 7 te Dinamica della macchina a un grado di libertà 179
K

k motore e l’utilizzatore della macchina siano posti sullo stesso albero, senza l’in-
Imposizione di una trasmissione. Dal punto di vista del bilancio di potenze, questo
gì significa che viene a mancare il termine relativo alla potenza perduta IVp, mentre
[È per quanto riguarda i legami cinematici, è possibile scrivere:
te </>m = </>r = 0 ti>,n = a>r = w cibili = cì>r = ci;
K Nell’applicare il bilancio di potenze, occorre osservare che, nel caso considera¬
te to, i momenti di inerzia ridotti del motore e dell’utilizzatore sono funzione della
k posizione angolare dell’albero </> la quale, a sua volta, è funzione del tempo. Con¬
te sidcrando per esempio il lato motore e applicando la regola di derivazione delle
fe funzioni composte si ottiene:

dr — dJ‘(0)d0
d</> dr — dJ*(0)
d0
e quindi:

d^ , . I dj*^) ,
U
d/ 2 d0
Figura 7.22 Bilancio delle potenze durante l'avviamento del convoglio ETR500 (per analoga espressione si ottiene per la derivata rispetto al tempo dell’energia ci¬
marcia in piano). netica dell’utilizzatore. Sostituendo queste espressioni nel bilancio di potenze e
semplificando opportunamente si ottiene:
lato motore e deH’utilizzatore 7* e J* fossero costanti. Esistono però macchine
nelle quali una o più di queste quantità dipende dalla configurazione istantanea ।d + -W))
-r
ù+ - V
/ x

della macchina, ossia dalla posizione angolare degli alberi motore e utilizzatore. MI (0, w) + Mr*(0, co) = (J‘(0) +
In generale, la dipendenza dei momenti ridotti e dei momenti di inerzia ridotti
dalla configurazione istantanea della macchina è causata dalla presenza di un le¬ ed esplicitando rispetto all’accelerazione angolare dell’albero:
game cinematico non lineare tra la posizione dell’albero motore Co utilizzatore) e
lo spostamento fisico di un punto in cui è applicata una forzante oppure è posta
una inerzia non trascurabile. Questo caso più generale di macchina sarà studiato W co) + a» - -
a livello introduttivo in questo paragrafo. (7.36)
A questo scopo si consideri l’espressione generale delle potenza motrice,
+ JW)
resistente, e dell’energia cinetica della macchina: L’equazione di moto (7.36) ha una forma del tipo:
^ni = «; + «•
- = «; +77«
VVr — M*(<f>r,a>r)a>r *
in cui M*n è il momento ridotto delle forze motrici, M* il momento ridotto delle
forze resistenti, M*^ il momento ridotto delle forze quadratiche di inerzia (il cui
significato sarà chiarito nel seguito), J* il momento d’inerzia ridotto all’albero
Ec. = motore di tutte le masse presenti nella macchina. Rispetto all’equazione di moto
(7.19), che descrive il moto di una macchina in cui nessuna delle grandezze va¬
in cui </>„, e 0r rappresentano le posizioni angolari degli alberi motore e utilizza¬ ria con la posizione angolare degli alberi, si osservano due differenze: in primo
tore della macchina. Per semplicità di trattazione, ci si limiterà al caso in cui il luogo il momento d’inerzia ridotto J* non è costante, ma dipende dalla posizione
180 Capitolo 7
Dinamica della macchina a un grado di libertà 181

angolare 0 dell’albero. Inoltre compare il nuovo termine M‘, che rappresenta un Se si integra l’Equazione (7.1) di bilancio delle potenze tra il generico tempo t e
termine inerziale che dipende dal quadrato della velocità angolare anziché dall’ac¬ il tempo t -|- T e si impone la condizione (7.37) si ottiene:
celerazione angolare. Come sarà mostrato nel prossimo capitolo con riferimento
alla macchina alternativa, questo termine corrisponde al fatto che nel tipo di mac¬ i+r ,+T
china studiato in questo paragrafo alcuni componenti dotati di massa subiscono
accelerazioni diverse da zero, anche se l’albero della macchina ruota a velocità

dEc dt
dt =0
angolare co costante. A tali forze è associato un termine di potenza di inerzia che ossia, sostituendo le espressioni della potenza motrice e resistente:
dà luogo a un termine aggiuntivo nell’equazione di moto.
È importante sottolineare che tutte e due le differenze che si riscontrano ri¬
spetto alle macchine trattate in precedenza hanno origine dalla presenza di un =0
legame cinematico non lineare tra la rotazione dell’albero e il moto delle altre
parti della macchina. e poiché:

7.10.1 Condizioni di funzionamento in regime periodico ; d0


0=¥
Per una macchina retta da una equazione di moto avente la forma (7.36) non è
possibile ottenere una condizione di funzionamento in regime assoluto. Infatti, si può eseguire un cambiamento della variabile di integrazione, ottenendo:
affinché si verifichi tale condizione di moto sarebbe necessario che in ogni istante
/’0+n
del funzionamento l’energia cinetica della macchina si mantenga costante. Se
però si impone nel bilancio di potenze la condizione:
/_ (M*(0) + Afr*(0))d0 = O (7.38)
J0


dEe
dt =0
in cui gli estremi di integrazione sono ottenuti ponendo:

0 = 0(0 n = 0(T + t)-0(r)


si ottiene l’equazione:
e in particolare l’angolo fi rappresenta il periodo angolare della macchina, de¬
à7|n (0m< tt>in) + (^ni» ^m) — 0 finito come il valore della rotazione dell’albero motore dopo il quale si ripete
periodicamente il valore di tutti i momenti ridotti all’albero stesso. L’Equazione
(7.38) indica che per ottenere una condizione di moto periodico è necessario che si
che non può essere soddisfatta identicamente per qualsiasi valore del tempo, per¬
ché i due momenti agenti sull’albero motore dipendono secondo espressioni di¬ annulli l’integrale esteso al periodo angolare fi della somma dei momenti motore
K e resistente ridotti all’albero motore.
verse dalla posizione angolare dell’albero. In altre parole, la macchina studiata in •<
questo paragrafo sarà destinata a muoversi presentando continue variazioni della
velocità angolare dell’albero. 7.10.2 Irregolarità periodica della macchina
E però possibile che l’accelerazione angolare dell’albero motore, pur non Un tipico problema tecnico che si presenta nella progettazione delle macchine che
rimanendo costantemente nulla, vari periodicamente nel tempo con periodo T, il operano in regime periodico consiste nel limitare le oscillazioni di velocità che la
che significa che nel proprio moto la macchina subirà una periodica alternanza macchina subisce nel suo funzionamento. L’entità delle oscillazioni di velocità
di fasi di accelerazione e di decelerazione, tali però da compensarsi a vicenda, in può essere quantificata per mezzo di un parametro adimensionale t, detto grado
modo che la velocità media della macchina non cambi. di irregolarità periodica definito come:
La condizione di funzionamento in regime periodico può essere ottenuta
imponendo nell’equazione di bilancio delle potenze che l’energia cinetica della . ^inax Camiti ._

macchina abbia andamento periodico nel tempo: I = tUmcd


(7.39)

"+T in cui «Umax, &>inin e w.nej rappresentano rispettivamente il valore massimo mini¬
Ec(t + T)

dEc dr
dr =0 (7.37) mo e medio della velocità angolare dell’albero motore valutati nel periodo della
macchina.

t ( (
I I ( I
Dinamica della macchina a un grado di libertà 183
182 Capitolo 7

Per calcolare il valore dell’irregolarità periodica, è possibile


Allo scopo di limitare l’ irregolarità periodica della macchina viene di norma uti¬ ripartire dall’equa¬
zione di bilancio di potenze, scritta nella forma:
lizzato un volano, il cui momento di inerzia può essere determinato per mezzo di
metodi approssimali, per i quali si rimanda a [1] e [3]. Nel caso in cui il moto
periodico sia prodotto da un utilizzatore che genera un momento resistente va¬
riabile con la posizione angolare della macchina, un secondo mezzo per limitare
l'irregolarità periodica consiste nell’adottare un motore avente una caratteristica
(Mm +

integrando nel tempo ambo i membri si ottiene:


</> =

dE..
dr
-
di coppia che nell’intorno della condizione di funzionamento presenta una forte
pendenza negativa (come avviene per esempio per il motore asincrono trifase in
prossimità della velocità di sincronismo, Figura 7.3). In questo modo la macchina
reagisce a un lieve rallentamento con un forte incremento della coppia motrice e
a un’accelerazione con un decremento della coppia, cosicché il motore contrasta
/
Jo
f'

(Mm + Mr(0))0dz
= Jo/I" dEc —
±dr = Ec(/) - Ec(0)
dt
i
l’azione irregolare dell’utilizzatore; per maggiori dettagli si rinvia a [3]. osservando infine che:

7.10.3 Un esempio applicativo


d/ —
= d</>
Sia data una macchina del tipo mostrato nella Figura 7.23, costituita da un solo È possibile sostituire la variabile di integrazione, ottenendo:
albero su cui si applica un momento motore Mm costante e un momento resistente
variabile in funzione della rotazione </> dell’albero che, come mostrato nella figura r<l>
stessa, si mantiene pari a zero per i primi tre quarti del giro dell’albero e poi si - ^e(O) = / Wn + Mr(</>)W

mantiene costante e pari a 4Mo fino alla fine del giro. J»

questa formula indica che la variazione dell’energia cinetica


della macchina tra
la posizione iniziale 0
=
0 e una posizione generica, può essere ottenuta per
integrazione rispetto all’angolo 0 della funzione costituita dalla
del momento motore c del momento resistente. Tale funzione somma algebrica
integrale può essere
ottenuta in modo molto semplice in questo esempio, perché la funzione
è costituita da una serie di segmenti paralleli all’asse delle integranda
ascisse. La Figura 7.24
mostra la funzione integranda e il risultato dell’integrazione.
Osservando questa
seconda funzione, è facile calcolare il valore della massima variazione
di energia
Figura 7.23 Esempio di macchina funzionante in regime periodico. cinetica della macchina, che nel caso considerato risulta:

Si calcoli innanzitutto il valore del momento motore costante che permette il fun¬
zionamento della macchina in regime periodico. A questo scopo è possibile uti¬
£c(0) = j/rA/y
lizzare la Formula (7.38). In questo caso il periodo fi di funzionamento della
macchina è pari a 2^, per cui si ottiene:

C~n Tt
/ (M,,, + A/r)d0 = 2?r Mm + -(-4M0) = 0
da cui:

Mm = Mn
Figura 7.24 Calcolo della massima variazione di energia cinetica della macchina di
questo risultato mostra che il momento motore costante che mantiene in regime Figura 7.23.
periodico la macchina è pari al valore medio sul giro del momento resistente.
184 Capitolo 7 Dinamica della macchina a un grado di libertà 185

Nota la massima variazione dell’energia cinetica della macchina è possibile otte¬ Considerando poi una condizione di frenatura della macchina in cui, a partire dalla
nere il valore dell’irregolarità periodica con il seguente calcolo: situazione di regime calcolata al punto 2, vengono annullati i momenti motore Mm
e resistente Mr e viene applicalo sull’albero utilizzatore un momento frenante M;,
= ^^niax — = 2^ ~ + ^min) si calcolino:
3. la decelerazione dei due alberi durante la fase di frenatura;
da cui, introducendo l’approssimazione: 4. il tempo totale di arresto.
I dati del sistema considerato sono: momento motore Mm
= 30 Nm; momento
^max 4" renila
2 — t^med —
resistente M, = 5wu Nm; momento d’inerzia lato motore Jm = 0.1 kgm2; mo¬
mento d’inerzia lato utilizzatore Ju = 10 kgm2; momento frenante Af, 50 Nm;
=
rapporto di trasmissione r = 1/10; rendimento in moto diretto dclla‘trasmissione
e ricordando la definizione dell’irregolarità periodica fornita dalla (7.39):
ria = 0.9.
= Risoluzione Per calcolare l’accelerazione angolare allo spunto si scrive il bilan¬
cio di potenze per l’intero sistema meccanico, cioè:
da cui, noto il valore medio della velocità angolare della macchina, si ottiene il
valore dell’irregolarità periodica:
IV,„ 4- VVr + IVp1 = d£c
d/ —
in cui le espressioni della potenza motrice e resistente sono rispettivamente:

come si osserva, a parità di variazione dell’energia cinetica e di velocità angolare


IV,,, = Mm(v, IVr = Mrw,
media della macchina, un valore maggiore del momento di inerzia J comporta un Per calcolare la potenza dissipata nella trasmissione IVP si osserva innanzitutto
minor valore dell’irregolarità periodica. che nella fase di avviamento la macchina funziona in condizioni di moto diretto,
infatti l’utilizzatore deve ricevere potenza dal motore sia per vincere il momento
resistente sia per incrementare la propria energia cinetica durante la fase di acce¬
7.11 Esercizi lerazione. Di conseguenza, la potenza perduta può essere espressa come frazione
della potenza We entrante nella trasmissione dal lato motore:
Esercizio 1 II sistema nella Figura 7.25 è costituito da un motore che aziona un
utilizzatore tramite una trasmissione (rendimento tj e rapporto di riduzione r). Il
motore eroga un momento motore Mm costante, l’ utilizzatore esercita una coppia % = -(1 - i/d)IVc
resistente Mr opposta al senso di rotazione del proprio albero il cui modulo cresce la potenza entrante può essere calcolata per mezzo di un bilancio parziale del solo
linearmente con la velocità angolare wu dell’albero utilizzatore. lato motore:
In queste condizioni si richiede di calcolare:
1. l’accelerazione angolare dei due alberi della macchina allo spunto;
ALn&àn JmCOmCÒjn We —0 "4 — Afma>nl Jm<u,nci),n
2. la velocità angolare di regime dei due alberi. e quindi:
IPp — (1 l/d) (A/mt^m •^01^111^,,,)
L’energia cinetica della macchina ha espressione:


— 1,2 •
2^mù,m 4“ 2^uWu
2

e la derivata rispetto al tempo diviene:

Figura 7.25 d£c


;
d/ — 7nlminóùni 4- Juù)u(Ì)u
186 Capitolo 7
I I I
pjnarnica della macchina a un grado di libertà 187

Infine, per ricavare l’equazione risolvente, occorre ricordare le espressioni che


legano le velocità e le accelerazioni angolari dei due alberi attraverso il rapporto si osservi che tale quantità risulta
sicuramente
di trasmissione: lerazione velocità e accelerazione angolare del positiva, perché nella fase di dece¬
motore hanno segni discordi.
Con passaggi analoghi a quelli svolti in precedenza
si perviene alla seguente
«u = r<wm espressione dell’equazione di moto:

Sostituendo le espressioni sopra riportate nel bilancio di potenze e semplificando


il termine a>m comune a tutti gli addendi si ottiene:
tA'ff

(4d7m 4- t~ Ju)iòm
che esplicitata rispetto all’accelerazione
4" C — 01d<An + T*Ju)«i angolare del lato motore fornisce:

questa equazione consente di rispondere alle prime due domande poste: innan¬
zitutto, l’equazione può essere esplicitata rispetto all’incognita ci>m accelerazione
«in — rMf
7 "F: TYT
Ju
angolare del motore: e, sostituendo i valori numerici:

«m — ila^m +
ila tM,
T2/|
«m = -26.3 rad/s2
La macchina subisce dunque un molo
ùa = róm = -2.63 rad/s2
sostituendo i dati numerici, e osservando che allo spunto il momento resistente è uniformemente
celerazione angolare rimane costante durante tutto il decelerato (il valore dell’ac¬
pari a zero in quanto la velocità dell’utilizzatore è nulla, si ottiene: quazione che descrive la variazione della transitorio di arresto). L’e¬
velocità, per esempio dell’albero motore,
<óin = I42. 1 rad/s2 — ró|n = 14.21 rad/s2
durante il transitorio di arresto è quindi:

La velocità di regime della macchina può essere calcolala a partire dalla stessa
equazione di moto, tenendo presente che a regime i termini di accelerazione si
«n>0) = wnl(0) + Jo/ ó,„dz = wm(0) + wmz
annullano. In tal modo l’equazione di moto si riduce a:
in cui wm(0) rappresenta la velocità angolare
di regime dell’albero motore. Im¬
i7dAfm + rMr = 0 ponendo l’annullamento della velocità e
tempo di arresto za: risolvendo rispetto al tempo si ottiene il
sostituendo i valori numerici si ottiene:
_
27 - 0.5wu =0 wu = 54 rad/s = wu/r = 540 rad/s
,*a
— «m(0)
«in
;
540
-26.3 = 20.25 s
In fase di frenatura l’espressione dei diversi termini del bilancio di potenze, a ecce¬
zione della derivata dell’energia cinetica, cambia per effetto del fatto che vengono
Esercizio 2 II sistema nella Figura 7.26 è costituito
a mancare il momento motore e quello resistente, mentre si aggiunge sull’albero a traslazione una massa per mezzo di da un motore che movimenta
utilizzatore il momento frenante Mf. una trasmissione che prevede in serie un
riduttore e un accoppiamento chiocciola-
Wr = a una forza resistente F. Si richiede di vite. La massa traslante M è sottoposta
W„> =0 : determinare:
1. la coppia motrice necessaria per far
Per quanto riguarda la potenza perduta nella trasmissione, si osserva che anche avanzare la massa a velocità costante;
nella fase di frenatura la macchina lavora in condizioni di moto diretto: infatti il
volano Jm posto sul lato motore decelera e rende disponibile una potenza di iner¬
zia positiva, che non può essere assorbita dal lato motore e quindi attraversa la
trasmissione verso l’utilizzatore. L’espressione della potenza perduta è quindi an¬
cora del tipo scritto in precedenza, essendo però in questo caso la potenza entrante
We fornita dall’espressione:
IVe — Jinmnl£Z>in Figura 7.26
Dinamica della macchina a un grado di libertà 189
188 Capitolo 7

fé Infine, per giungere all’equazione di moto della macchina, occorre determinare


2. la coppia motrice necessaria per imprimere alla massa un’accelerazione a = iS ìe il legame cinematico tra il moto rotatorio dell’albero motore e il moto traslatorio
0.5 m/s2; della massa M. A questo scopo, si osserva innanzitutto che, detto T il tempo
te
3. nella condizione di moto descritta al punto 2, l’azione assiale nella vite. E impiegalo dall’albero della vite (uscita del riduttore) per compiere un giro, e «v la
I dati del sistema sono: massa traslante A/ = IO kg, momento di inerzia lato velocità angolare dello stesso albero, vale la seguente relazione:
motore Jm = 0.05 kgm2, modulo, della forza resistente F = 1000 N, rapporto di 0 K
V=—
pWv
=
trasmissione del riduttore. t| 1/5, rendimento del riduttore p] = 0.75, passo
della vite p = 0.01 m, rendimento della coppia chiocciola-vite = 0.6. fc
T =- <wv
-► V -,
2rr
Risoluzione Per rispondere ai primi due punti dell’esercizio, occorre impostare W K/ mentre la velocità angolare della vite può essere espressa in funzione della velocità
il bilancio di potenze della macchina, per esempio nella forma: Ite angolare del motore utilizzando il rapporto di trasmissione del riddttore:

+ ivr + wp = —
dEc
dr
'11 K
ite. L “
Ti P
~Z
2n
I termini di potenza motrice e resistente assumono l’espressione: K la relazione cinematica tra le accelerazioni si ottiene derivando rispetto al tempo
»; la relazione trovata tra le velocità:
= Mma>m Wr = -FV
dove V indica il modulo della velocità della massa M e il segno negativo nel ®
termine di potenza resistente è dovuto al fatto che la forza F e la velocità della '‘n
massa sono opposte. Sostituendo nel bilancio di potenze le espressione trovale e semplificando oppor¬
Per determinare la potenza perduta nella trasmissione, occorre osservare che ,3 tunamente (si lasciano al lettore i passaggi intermedi) si ottiene l’equazione:
in tutte e due le condizioni di moto considerate (moto a velocità costante e moto '

uniformemente accelerato), la macchina funziona in condizioni di moto diretto.


Infatti l’ utilizzatore richiede potenza per vincere la forza resistente F e, nel caso
di moto accelerato, anche per incrementare la propria energia cinetica. Di con-
//
Tip
- ~F (
2n =\
l^\P\2 \ .
pt Jm + ( — ) M wm
in \j — /

seguenza, la potenza entrante nella trasmissione può essere calcolala mediante


un bilancio di potenze parziale del lato motore, indicando con VVC la potenza che
Per rispondere al punto 1 dell’esercizio, si impone in questa equazione <àm 0,
che corrisponde alla condizione di accelerazione nulla della massa, e si esplicita
=
s
viene trasferita dal motore alla trasmissione: l’equazione rispetto all’incognita Mm:

7|nCU|nci>m We — 0 > We = AfmCUln
Inoltre, si osserva che la trasmissione è realizzata da due stadi in serie, costituiti
1 Tip

Pi 2n
_ 1 0.2x0.01
0.45 2n
x 1000 = 0.707 Nm
rispettivamente dal riduttore e dalla coppia chiocciola-vite. Il rendimento totale
Per rispondere al punto 2, occorre innanzitutto calcolare l’accelerazione angolare
sarà pertanto (Paragrafo 7.4.4) il prodotto dei due rendimenti parziali:
ó>m dell’albero motore corrispondente a un’accelerazione lineare della massa di
.zi 0.5 m/s2:
’lt = 7i>?v = 0.75 x 0.6 = 0.45
. ,
La potenza perduta può quindi essere scritta come: n — riP
2?r
&»m
2n 2n
= TtP a = 0.2 x 0.01 x 0.5 = 1570.8 rad/s2

si osservi come a un valore relativamente modesto di accelerazione lineare della


L’energia cinetica della macchina è la somma di quella del volano Jm lato motore massa, corrisponda un valore molto elevato di accelerazione angolare del motore.
e di quella della massa traslante: Questa circostanza è dovuta al valore molto piccolo del “rapporto di trasmissione
generalizzato” tra la rotazione del motore e il moto della massa, ed è caratteristico
= PX + del funzionamento di molti azionamenti elettromeccanici.
190 Capitolo 7
Dinamica della macchina a un grado di libertà 191

Sostituendo il valore trovato per <àin nell’equazione di moto, e risolvendo ancora


rispetto al momento motore si ottiene:

— ——
l / Tip / /
T\P\
— \
Hn = ìjt I 2rr F + I\ PiJm + ( - )) M /I <i)n,
\ \2n
1 /0.2x0.01
—- / \
x 1000+ 0.45 x 0.05+ /0.2x0.01Yx 10 x 1570.8 '
0.45 \ 2?r \ \ in
Figura 7.29
= 79.25 Nm i

Infine, per rispondere al punto 3, si deve isolare il sottosistema costituito da vi¬ Dati: momento di inerzia del motore J,n 0.1 kgm2; rapporto di trasmissione
=
te, chiocciola e massa traslante, evidenziando l’azione assiale Nv (positiva in r = 1/5; rendimento in moto diretto p<i =
0.8; rendimento in moto retrogrado
pr = 0.6; momento di inerzia della piattaforma Jr = 1 kgm2; momento resistente
trazione) che si trasmette all’interno della vite.
sulla piattaforma Mr = 10 Nm.
Ma
HI Risoluzione Si imposta il bilancio di potenze nella forma:
N
dEc
IV,n + IVr + Wp = -77
d/
i termini di potenza motore e resistente hanno le espressioni:
Figura 7.27
lVm = Mma)m lVr = -Mtcor
Per calcolare tale forza, si scrive l’equazione di equilibrio dinamico alla traslazio¬
ne orizzontale di questo sottosistema: l’energia cinetica della macchina è data dalla formula:
-N -F -Ma=Q -» N = —F - Ma = -1000 - 10 x 0.5 = -1005 N
nel caso considerato, l’effetto della forza di inerzia sulla massa traslante risulta
Fc — 1 2^2
2^pWr
piccolo rispetto a quello della forza esterna F applicata alla massa. per quanto riguarda infine la potenza perduta, occorre discutere separatamente le
tre fasi di funzionamento della macchina, costituite dal transitorio di accelerazio¬
Esercizio 3 II sistema nella Figura 7.28 è costituito da un motore che aziona tra¬ ne (da 0 a 0.1 secondi), dal moto a regime (da 0.1 a 0.5 secondi) e dal transitorio
mite una trasmissione una piattaforma circolare cui si vuole imporre una legge di di decelerazione (da 0.5 a 0.6 secondi). Nella prima e nella seconda fase, la mac¬
moto trapezoidale come riportato nella Figura 7.29. Sulla piattaforma agisce una china funziona sicuramente in moto diretto, perché l’utilizzatore richiede potenza
coppia resistente Mr. Si determini l’andamento della coppia motrice necessaria a per vincere il momento resistente e, nel transitorio di accelerazione, anche per in¬
movimentare il sistema nelle varie fasi del movimento. crementare la propria energia cinetica. In tali fasi di funzionamento, l’espressione
della potenza perduta sarà pertanto:

Wp = — (1 — 7d)lVc — (I •An^W^m)

in cui l’espressione della potenza entrante nella trasmissione Wc è stata calcolata


mediante l’usuale bilancio parziale del solo lato motore (si vedano i precedenti
esercizi).
Nella fase di decelerazione invece non è possibile determinare a priori se la
Figura 7.28 macchina funziona in condizioni di moto diretto o retrogrado in quanto si han¬
no nell’utilizzatore due effetti contrastanti: da un lato viene richiesta potenza per
192 Capitolo? Dinamica della macchina a un grado di libertà 193

vincere il momento resistente, dall’altro la decelerazione della piattaforma rende Per poter determinare i valori numerici del momento motore, occorre calcolare
disponibile la potenza di inerzia che corrisponde alla diminuzione nel tempo del¬ nelle vaile fasi di funzionamento l’accelerazione angolare wnl dell’albero motore:
l’energia cinetica dell’utilizzatore. Per sciogliere questa incertezza, si esegue un
bilancio di potenze parziale del lato utilizzatore, considerando un termine W* di Atl>r 2 Ór
potenza entrante nella trasmissione dal lato utilizzatore.
Fase 1: <wr = Ar 0J
- 20 rad/s2 Óm = T
= 100 rad/s2
-Mta>r - - W* =0 -> W* = (—Mr — J^to, Fase 2: =
Aa>r
Al
~
0
ÓJ
~ 0 rad/s2 Óm =— = rad/s2
Ór
r
0

Nella terza fase del ciclo della macchina, l’accelerazione angolare della piattafor¬
ma wr vale: Fase 3: =
Awr
Al
~
-2
oT == —20 rad/s2 — — — rad/s'
T
100

Sostituendo questi risultati e i valori numerici dati nelle espressioni*ricavate per il


a>r = At —
—2
= 0.1 = —20 rad/s2
'
9
momento motore si ottengono i seguenti risultali numerici:

per cui, sostituendo i valori numerici noti, la potenza M?* vale: Fasel: Mln = ^(0.2
0.8
x 10 4- (0.8 x 0. 1 4- 0.04 x 1) x 100) = 17.5 Nm
= (- 10 + 1 x 20) wr = 10tor Nin/s
Il segno di questa quantità è dunque positivo e consente di affermare che nella
Fase 2: Mm = —
0.8
0.2 x 10 = 2.5 Nm
fase di decelerazione la potenza fluisce dall’ utilizzatore verso il motore, ossia che Fase 3: Mm = 0.6 x 0.2 x 10 4- (0.1 4- 0.6 x 0.04 x 1) x (-100) = -11.2Nm
il moto è retrogrado. L’espressione della potenza perduta in questa fase diviene
dunque: Esercizio 4 Un corpo di massa in è trascinato in salita lungo un piano inclinato
mediante una puleggia azionata tramite un riduttore da un motore. Si richiede di
WPt = -(1 - iìÒW* = -(1 - ilrX-Mrcor - calcolare:
Introducendo nell’ equazione di bilancio delle potenze le espressioni sopra ricava¬ 1. il valore del momento motore necessario per sollevare la massa lungo il piano
te, e utilizzando le relazioni cinematiche determinate dal rapporto di trasmissione: inclinato a velocità costante;
2. il valore del momento di inerzia Jm complessivo del lato motore necessario per
«e = t <ùr = rwm limitare l’accelerazione della massa a 2 m/s2 quando il motore esercita un
momento pari al doppio di quello a regime precedentemente calcolato.
si ottiene l’equazione di moto della macchina. In questo caso, occorre distinguere
un’equazione di moto valida per la condizione di funzionamento in moto diretto Dati: massa del corpo in = 100 kg; momento di inerzia della puleggia Jp =
(fasi uno e due) e una diversa equazione di moto valida per la condizione di moto 1 kgm2; rapporto di trasmissione del riduttore tj = |; rendimento in moto di¬
retrogrado (fase tre). Con gli usuali passaggi, in moto diretto si ha: retto della trasmissione zji = 1.0; rapporto di trasmissione della coppia ruota
elicoidale-vite senza fine =
j0; rendimento in moto diretto della coppia ruota
’lóMm - tM, = + r2 Jp)wm elicoidale-vite senza fine 772 = 0.8; raggio della puleggia R = 0.5 m; pendenza
del piano a = 30°; coefficiente di attrito radente ft = 0.5.
che esplicitata rispetto alla incognita momento motore fornisce:

1 , .
Min — ,
Mr 4- (t)j7ul -f- r ,/p)mm)
,

mentre in moto retrogrado l’equazione di moto diviene: SS


Mnl — ZJrrAfr = (dm 4- Z]rT Jp)àdm
da cui:
: -a
= 4~ (7m 4* IRT 7p)cUm Figura 7.30
I l I uiliainica
194 Capitolo 7

Per rispondere al primo quesito, si annulla neH’equazione di molo l’accelerazione


Risoluzione Si utilizza ancora una volta l’equazione di bilancio delle potenze: angolare del motore, e si risolve rispetto al momento motore:

dEc 7
Mm = -Ring(sina + /rcosa)
'7
dove la potenza motrice ha l’espressione consueta: sostituendo i valori numerici:

Wm = Afmtom Mm = ——-
0.025
x 0.5 x 100 x 9.81 x (0.5 + 0.5 x 0.866) = 14.3 Nm
mentre la potenza resistente risulta pari alla somma di due termini, uno dovuto
alla componente della forza peso diretta parallelamente al piano inclinato, l’altra Per rispondere al secondo punto, occorre invece sostituire neH’equazione di moto
dovuta all’effetto dell’attrito radente: un valore del momento motore doppio rispetto a quello di regime Mm = 28.6 Nm,
impone all’accelerazione angolare del motore <wm il valore corrispondente a una
Wr = —mg sin a V — mgfr cos a V accelerazione lineare della massa di 2 m/s2, ossia:

avendo indicato con V la velocità di salita della massa lungo il piano inclinato.
Durante il funzionamento in salita, sia a regime sia in un transitorio di acce¬
lerazione, la macchina lavora sicuramente in moto diretto, e pertanto la potenza
.
co,„ =
—=
a
Rt
2
0.5 x 0.025 = 160 rad/s
'
-,

c risolvere l’equazione rispetto all'incognita JMt


perduta assume l’espressione:
, 1 -TRing(.aina + frcosa) , \
(f/p + (fRYm) =
Wp = (1 7)1 Jm = =>1\ ro.»
:
/
in cui si è tenuto conto del fatto che nella macchina sono presenti due stadi di 1 /0.8 x 28.6 - 0.025 x 0.5 x 100 x 9.81 x (0.5 + 0.5 x 0.866) ,
trasmissione in serie (riduttore e coppia ruota elicoidale-vite). 08 \ Ì6Ò
L’energia cinetica complessiva della macchina è somma dei contributi dovuti
al volano lato motore, alla puleggia e alla massa m traslantc: -0.0252 x ( I +0.252 x 100)) =
I ,1,1, = 0.069 kgm2
Ec = ^Jm^n + + 2mV
Il valore così ottenuto rappresenta il minimo valore del momento di inerzia che
in cui n>p rappresenta la velocità angolare della puleggia. mantiene l’accelerazione sotto il limite fissato: infatti all’aumentare dell’iner¬
I legami cinematici da utilizzare per la scrittura dell’equazione di moto sono zia e a parità di momento motore applicato, l’accelerazione della macchina deve
i seguenti: diminuire, come del resto evidenziato dall’equazione di moto.

top — r|T,tom P — — RcOp T]T,/?to||j

top = r|T2tom a=V =


Sostituendo nel bilancio di potenze, semplificando opportunamente e utilizzando
la notazione:

r = ri r, = 0.025
b
= t)|t)2 = 0.8
si ottiene l’equazione di moto della macchina che risulta:

rjMm - TRmg(sin a + fr cos a) = (TjJm 4- r 2 + (7R)2in) tom


———

-
Dinamica della macchina alternativa

Con il termine macchina alternativa si indica in questo capitolo qualsiasi mac¬


china che al suo interno comprenda un cinematismo del tipo detto manovellismo
ordinario centrato. Le macchine alternative possono essere essenzialmente distin¬
8

te in due tipi: i motori alternativi e le macchine operatrici alternative. Nei motori


alternativi il manovellismo ordinario centrato viene utilizzato per ottenere la con¬
versione di una data forma di energia in energia meccanica: esempio tipico sono
i motori a combustione interna, dove l’espansione dei gas che avviene a seguito
della combustione produce lo scorrimento di un corsoio (pistone) che, attraverso
la biella, va ad azionare l’albero motore. Macchine operatrici alternative sono
invece quelle macchine in cui il manovellismo ordinario centrato viene utilizzato
per compiere uno scopo utile: un esempio è il compressore alternativo, dove un
manovellismo ordinario viene azionato da un motore (in genere elettrico) e, trami¬
te il moto alternativo del corsoio, produce il passaggio di un fluido da un condotto
a bassa pressione (condotto di aspirazione) a uno a pressione superiore (condotto
di mandata).
Le ragioni per cui in questo libro viene dedicato un intero capitolo allo studio
di questo tipo di macchina sono molteplici: da un punto di vista metodologico,
la macchina alternativa costituisce un esempio significativo e nello stesso tempo
relativamente semplice di macchina in cui si hanno legami cinematici non lineari
tra gli spostamenti delle varie parti della macchina stessa (in particolare, tra la
rotazione della manovella e il moto del pistone). La trattazione della macchina
alternativa consente quindi di mettere in luce il procedimento per la scrittura delle
equazioni di moto in presenza di legami cinematici non lineari, il che presenta dif¬
ficoltà aggiuntive rispetto ai più semplici sistemi studiati nei Paragrafi 7.7, 7.8 e
7.9. Dal punto di vista applicativo, la macchina alternativa riveste particolare im-

velocita critiche torsionaii1.

Per quest’ultimo argomento, non trattato in questa sede,


si rimanda a [6],
isu capitolo 8

Lo studio della macchina alternativa sarà qui presentato con riferimento al caso
di un motore alternativo monocilindrico. In primo luogo verrà introdotta una rap¬
presentazione semplificata delle proprietà inerziali della biella, che risulta utile
per il successivo studio della dinamica della macchina alternativa (Paragrafo 8.1).
Successivamente si ricaverà l’equazione di moto del motore monocilindrico (Pa¬
ragrafo 8.2) e si applicheranno a tale macchina le nozioni relative al moto perio¬
dico introdotte nel Paragrafo 7.10. A conclusione del capitolo, nel Paragrafo 8.3
si fornirà un cenno al problema dell’equilibramento delle forze di inerzia in una
macchina alternativa.

8.1 Riduzione delle inerzie della biella a un sistema


di masse concentrate
Nello studio della dinamica di una macchina alternativa (ossia di una macchina
in cui sia presente uno o più manovellismi ordinari) risulta particolarmente effi¬
Figura 8.1 Sistema di masse concentrate equivalenti alla inerzia della biella.
cace l’impiego di una rappresentazione semplificata delle inerzie della biella. Nel
Capitolo 5 si è visto che, ai fini del calcolo del sistema di forze di inerzia che
si genera su un corpo rigido per effetto del suo moto, sono rilevanti i seguenti E in cui e 7b indicano rispettivamente la massa e il momento di inerzia bari¬
parametri relativi alla geometria delle masse del corpo: centrale della biella, mentre £[ e £2 sono le distanze del baricentro della biella
la massa del corpo, in quanto il risultante delle forze di inerzia dipende da rispettivamente dalla testa e dai piede di biella (Figura 8.I). Risolvendo quindi il
questo parametro; sistema sopra riportato rispetto ai valori delle tre masse, è possibile determinare il
2. la posizione del baricentro, perché il risultante delle forze di inerzia dipende sistema di masse concentrate equivalente alla reale distribuzione di inerzia della
dall’accelerazione di questo punto; biella.
3. il momento di inerzia bariccntrale della distribuzione di masse della biella, per¬ In realtà, in molti casi si preferisce ridurre il sistema di inerzie della biella a
ché dal valore di questo parametro dipende la coppia di inerzia che deve essere un sistema equivalente formato da due sole masse, poste nella testa e nel piede di
applicata al corpo. biella. In questo caso non è possibile soddisfare esattamente tutte e tre le condizio¬
ni di conservazione sopra riportate, ma solo conservare la massa totale della biella
Si può quindi affermare che, per un corpo rigido, qualunque sistema di masse e la posizione del baricentro, mentre si introduce una approssimazione nel valore
che presenti gli stessi valori per i tre parametri sopra elencati darà luogo allo del momento di inerzia baricentrale. I valori delle due masse (indicate ancora con
stesso sistema di forze di inerzia se soggetto allo stesso moto. Ne consegue che mi e 012) si ottengono dalla risoluzione del sistema di due equazioni:
è possibile sostituire la vera distribuzione di massa di un corpo rigido con un
qualsiasi sistema di masse equivalenti, purché questa sostituzione conservi i tre
parametri sopra indicati. ( —«il+ + //^2^2
in 1 £[
=1112
=0
n’b

Nel caso di una biella, che può essere considerata un corpo sottile dotato di un ;•’j
asse di simmetria (Figura 8. 1 ), la reale distribuzione di masse può essere riprodot¬ Una volta ridotta l’inerzia della biella alle due masse concentrate /»1 e m2, si può
ta, senza introdurre approssimazioni, utilizzando tre masse concentrale, indicate osservare che la massa mi è posta nel punto di collegamento della biella con la
in figura con mi, 1112 e /»3. Tali masse sono considerate rigidamente collegate manovella, il che significa che può essere pensata appartenente alla manovella,
fra loro, in modo da formare un unico corpo rigido, e sono poste rispettivamen¬ anziché alla biella: di conseguenza essa va ad aumentare la massa della mano¬
te in corrispondenza della testa della biella, del piede di biella e del baricentro vella e a modificare la posizione del baricentro di questo corpo. Ai fini dell’e¬
della biella. I valori delle tre masse devono soddisfare il seguente sistema di tre quilibramento delle forze di inerzia, la condizione ottimale per quanto riguarda la
equazioni: distribuzione di massa complessiva della manovella consiste nell’avere il baricen¬
/»1 + »12 + = «b (conservazione della massa) tro posto sull’asse di rotazione dell’albero motore: in questo modo il baricentro
della manovella avrà accelerazione nulla e quindi il risultante delle forze di inerzia
— mi £। + 1112^2 — Ai
0 (posizione del baricentro) sarà nullo in ogni istante. Per realizzare questa condizione si aggiunge quindi una
massa (detta contrappeso) posizionata dalla parte opposta della massa in। rispetto
+/«2^2 = (conservazione del momento di inerzia)
al centro di rotazione della manovella, e di valore tale da far sì che il baricen-
200 Capitolo 8 Dinamica della macchina alternativa 201

tro complessivo del sistema di masse composto dalla manovella, dalla massa nq
posta nella testa della biella e dal contrappeso abbia baricentro posto sull’asse di
rotazione dell’albero motore.
Per quanto riguarda invece la massa wiz, essa si muove insieme al corsoio, e
può quindi essere sor nata alla massa del pistone: la somma di queste due masse
costituisce la cosiddetta massa equivalente traslante. Come si dimostrerà nel se¬
guito, questa massa influenza il moto della macchina (per esempio in condizioni
di regime periodico) e inoltre fa nascere forze di inerzia che sono responsabili di
vibrazioni e rumore. Nel Paragrafo 8.3 si mostrerà come queste forze possano
essere equilibrate in tutto o in parte, sfruttando le particolarità costruttive del ti¬
po di motore considerato (motore mono 0 pluri-cilindrico, possibilità di montare
vibrodine di equilibramento ecc.).
Figura 8.3 Andamento della pressione nel cilindro in funzione della rotazione della
manovella.
8.2 Equazione di moto di un motore alternativo
In questo paragrafo si considererà, per semplicità, il caso di un motore monoci¬ della pressione pg, determinato dall’alternarsi delle quattro fasi di funzionamento
lindrico a 4 tempi, rappresentato nella Figura 8.2. Sul sistema agiscono la forza del motore: aspirazione, compressione, combustione, espulsione dei gas esausti.
F„ che rappresenta la risultante delle pressioni agenti sul pistone, e il momento Un andamento realistico della pressione in funzione della posizione angolare della
resistente Mt, ipotizzato costante, che si esercita sull’albero motore. Per quanto manovella a è rappresentato nella Figura 8.3.
riguarda le forze e coppie di inerzia, una volta applicata la riduzione dell’iner¬ La forza Fg che rappresenta la risultante di tali pressioni, può quindi essere
zia della biella al sistema di due masse concentrate, come descritto nel paragrafo espressa come:
precedente, resta da considerare la forza di inerzia sulla massa equivalente tra¬
slante ms e la coppia di inerzia agente sull’albero motore, dovuta al momento d’i¬ D2
nerzia complessivo J,n di tutti gli organi rotanti collegati sull’albero: manovella, Fg(a) = rr— pg(a)
massa mi proveniente dalla riduzione della biella, contrappeso e volano calettato
in cui D è il diametro del pistone.
direttamente sull’albero motore.
L’equazione di moto della macchina può essere scritta, come sempre, utiliz¬
Si osservi che sulla massa equivalente traslante non agisce una coppia di iner¬
zando l’equazione di bilancio di potenze:
zia, perché il moto di questo corpo è traslatorio, e che sull’albero motore non agi¬
sce una forza di inerzia, perché è nulla l’accelerazione del baricentro complessivo
di questo sistema di masse.
Prima di scrivere l’equazione di moto di questa macchina, occorre descrivere
+ Wr = —
d£c
d/
in cui IVm è la potenza della forza motrice F& agente sul pistone, JVr è la potenza
brevemente in che modo la forza Fg agente sul pistone possa essere calcolata in
funzione della posizione angolare della manovella: all’interno della camera di di¬ della coppia resistente Afr, Ec è l’energia cinetica complessiva dell’albero motore
mensioni variabili formata dal cilindro e dal pistone, si ha un andamento variabile e delle masse in moto alterno, e non si ha potenza perduta !Vp perché non si
considera la presenza di una trasmissione. Le espressioni di tali termini possono
essere ricavate con semplicità:

= -F^c
Wr =
1,1.,
Ec = 2',m“ + 2”sC
come visto nello studio della cinematica dei sistemi articolati, la velocità del piede
di biella può essere espressa come prodotto della velocità angolare della manovel¬
Figura 8.2 Forze agenti sul motore alternativo monocilindrico. la à per lo jacobiano del legame cinematico tra la posizione del piede di biella e
I
Dinamica delia macchina alternativa 203
202 Capitolo 8

Volendo utilizzare una diversa espressione del legame tra la rotazione della ma¬
la rotazione della manovella Ac: novella e il moto del piede di biella, si può utilizzare la seguente forma generale
dell’equazione di moto del motore alternativo:
c = Ac(a)à
dove l’espressione analitica dello jacobiano è diversa in funzione del fatto che si
consideri il legame cinematico esatto, ricavato nel Paragrafo 3.3, oppure le espres¬ a
-F8(a)Ae(g) -Mr- m^da^à2 (8.2)
Jm + msAc(a)2
sioni di prima o seconda approssimazione per il molo del piede di biella ricavate
nel Paragrafo 3.3. 1 : L’equazione di moto (8. 1 ) o, nella sua forma più generale, la (8.2), è un’equazione
differenziale non lineare del secondo ordine nell’incognita a (Q. Questa equazione
Ac = —r sin a I approssimazione
non ammette una soluzione in forma analitica (nemmeno nel caso in cui si usi
un’espressione semplificata per il moto del piede di biella), e pertanto* può essere

Ac = r sin a
1
— -rk sin 2a li approssimazione integrata numericamente utilizzando un metodo di integrazione numerica al passo.

(+ — I
vi
Àcos a \
1
À2siira/
Espressione esatta 8.2.1 La macchina alternativa come esempio di macchina
a regime periodico
Nel seguito, per semplicità, si considererà il legame cinematico corrispondente L’equazione di molo ottenuta per la macchina alternativa e del tipo (7.36), già
alla prima approssimazione, e successivamente si fornirà anche l’equazione di esaminata nel Paragrafo 7.10. In quella sede è già stato messo in luce che tale
moto del sistema per espressione qualsiasi dello jacobiano. forma dell’equazione di moto corrisponde alla presenza di legami cinematici non
Sostituendo il legame cinematico tra velocità angolare della manovella e ve¬ lineari tra il moto delle diverse parti della macchina, in questo caso tra la rotazione
locità del piede di biella, si ottengono le seguenti espressioni delle potenze motrice della manovella e la traslazione del corsoio.
e resistente e dell’energia cinetica: L’analogia con l’Equazione (7.36) permette anche di affermare che per la
macchina alternativa non è possibile, a rigore, un funzionamento in condizioni di
Wm = Rjajr sinaà = M*(a)à moto a regime assoluto, ma eventualmente solo di regime periodico. La condi¬
Wr = —Mtà zione di regime periodico, definita nel capitolo precedente dalla formula (7.38),
diviene, nel caso del motore alternativo monocilindrico a quattro tempi:

Se = sin2 a) à2 = -J*(a)à2 4n
(-Fg(a)Acfo) - Mr) da = 0
poiché il momento di inerzia della macchina ridotto all’albero motore J^ct) di¬
pende dalla posizione angolare della manovella, la derivata dell’energia cinetica
rispetto al tempo assume la forma: in cui si è tenuto conto che il periodo angolare della macchina è pari a 4rr, che
corrisponde ai due giri dell’albero motore necessari per eseguire le quattro fasi
di aspirazione, compressione, espansione e scarico. Quest’equazione consente
= '(J -|-;n r2sin2a)àa + /»sr2sinacosaà3 di calcolare il valore del momento resistente costante che mantiene il motore in
d/ ' condizioni di regime periodico:
Applicando l’equazione di bilancio delle potenze e semplificando la velocità an¬
golare à comune a tutti i termini si ottiene l’equazione di moto: 1 C4n
(“WA^^a
Fg(a)r sin a — Mt = ( Jm + msr2 sin2 a) à + m3r2 sin a cos aà2 Mr=^J0
da cui, risolvendo rispetto all’accelerazione angolare: tale valore corrisponde anche al momento motore medio sul periodo erogato dal¬
la macchina, ed è il valore che viene rappresentato in funzione della velocità
a =—
F„(a)r sin a
— — m^r2
MT sin a cos ad2
Jm +msrisura
(8.1)
nel diagramma detto “caratteristica meccanica” del motore a combustione interna
(Paragrafo 7.2.1).
204 Capitolo 8
Dinamica della macchina alternativa 205

8.2.2 Un esempio applicativo: il motore Moto Guzzi Ippogrifo


In questo paragrafo si mostreranno alcuni risultati relativi al funzionamento di
un motore monocilindrico a quattro tempi, allo scopo di mostrare l’effetto dei
principali parametri costruttivi del motore sul valore dell’irregolarità periodica.
L’equazione di moto (8.2) è stata integrata numericamente utilizzando il metodo
di Runge-Kutta del IV ordine a passo costante [19]; ove non sia indicato diversa-
mente, è stata utilizzata l’espressione esatta dello jacobiano Ac. I dati numerici
utilizzati in tutto il paragrafo sono relativi a un singolo cilindro del motore Moto
Guzzi “Ippogrifo” (Figura 8.4) e sono riportati nella Tabella 8.1. In realtà, trat¬
tandosi di un motore bicilindrico, è stata considerata di fatto una sola metà del
motore, e pertanto i risultati che saranno mostrati non sono direttamente rappor¬
tabili al funzionamento del sistema reale. Il regime di rotazione considerato è di
2000 giri/min.

Figura 8.5 Calcolo del momento, motore ridotto per un cilindro del motore Moto
Guzzi "Ippogrifo": a) forza sul piede di biella, b) jacobiano Ac, c) Momento motore
ridotto.

esatta, in tratteggio l’approssimazione del I ordine), e infine nel terzo grafico dal¬
l’alto si riporta l’andamento del momento motore ridotto all’albero motore: come
Figura 8.4 II motore Moto Guzzi "Ippogrifo". si vede, i risultati ottenuti considerando l’espressione esatta o approssimata dello
jacobiano differiscono significativamente durante la fase di combustione.
Il valore del momento resistente Mr che consente il funzionamento in moto
Tabella 8.1 Dati del motore Moto Guzzi "Ippogrifo". periodico della macchina, fornito dalla condizione (7.38) e quindi pari (a meno
del segno) al valore medio del momento motore ridotto, risulta:
Corsa 2r [nini] 71
Mr = -28.54 [N m]
Alesaggio D [mm] 82
Lunghezza biella f
La Figura 8.6 mostra invece il risultato dell’integrazione numerica dell’equazio¬
[min] 120
ne di moto della macchina. Dall’alto verso il basso vengono mostrati: nel primo
Momento di inerzia motore Jm [kgm2] 0.25 grafico i momenti ridotti M*v M* e rispettivamente primo, secondo e terzo
Massa in moto alterno ms Ikg] 0.9 termine a numeratore delle (8.1), (8.2), nel secondo grafico l’accelerazione ango¬
lare dell’albero motore, e nel terzo grafico l’andamento nel tempo della velocità
angolare dell’albero motore. I risultati sono mostrati per un tempo di 0.12 se¬
La Figura 8.5 riporta nel primo grafico partendo dall’alto l’andamento della forza condi, corrispondente a due periodi del motore (ossia a una rotazione di quattro
Fg agente sul piede di biella, rappresentata in funzione della rotazione della mano¬ giri) al regime di rotazione di 2000 giri/min. Si osserva che nell’andamento della
vella a. Tale forza è stata calcolata sulla base dell’andamento della pressione nella velocità angolare (così come delle altre grandezze) è presente una variazione pe¬
camera di combustione (nota a priori'). Nel grafico centrale si riporta, sempre in riodica, che dà luogo a un’oscillazione tra a>min = 204 rad/s e a)max = 212 rad/s,
funzione di a, l’andamento dello jacobiano Ac (in linea continua l’espressione corrispondente quindi, in base all’Equazione (7.39), a un grado di irregolarità pari
a 0.038.
I I I Dinamica della macchina alternativa /07
206 Capitolo 8

è diretta sempre come l’asse di scorrimento del corsoio, e assume valore variabile
nel tempo in funzione dell’andamento temporale dell’accelerazione del corsoio.
L’analisi cinematica semplificata del manovellismo ordinario centrato ripor¬
tata nel Paragrafo 3.3.1 consente di esprimere l’accelerazione del piede di biella
come somma di un’accelerazione di prima approssimazione qfr) e di un termine
di seconda approssimazione Cn(t). Riprendendo l’Equazione (3.22) e ipotizzando
che la manovella ruoti con velocità angolare costante w:

à = a> a
— tot

il che è vero, come visto nei paragrafi precedenti, a meno di un effetto di irre¬
golarità periodica che di norma è contenuto entro una piccola percentuale della
velocità angolare media, si ottiene:


c = rwsin(cut)

da cui, derivando rispetto al tempo:


— ra>- sin(2a>r)

—ra>2cos(wf) — rÌM2 cos(2wt)


Figura 8.6 Risultati della simulazione numerica: a) andamento temporale dei
momenti motore, resistente e delle forze quadratiche d'inerzia, b) andamento
dell'accelerazione angolare, c) andamento della velocità angolare. e quindi si ottiene l’espressione della forza di inerzia sulla massa equivalente tra¬
slante Fm come somma di una forza del primo ordine e di una forza del se¬
condo ordine Fjnil che risultano variabili armonicamente con pulsazione rispetti¬
Si osservi infine che il valore di irregolarità periodica ottenuto risulta relativamen¬ vamente pari alla velocità angolare della manovella e al doppio di questa:
te piccolo, nonostante 1’andamento dei momenti ridotti agenti sulla macchina sia
alquanto irregolare. Questo risultato dipende dal valore del momento di inerzia Fin = m^ru)2 cos(wt) + m^rka)" cos(2co/) (8.3)
assunto nella simulazione: è possibile verificare che diminuendo il valore del Fin[ F"iii||
momento di inerzia l’ irregolarità periodica della macchina aumenta.
Si possono osservare due aspetti importanti:
8.3 Cenni sull'equilibramento dei motori alternativi la componente del secondo ordine della forza d’inerzia ha modulo inferiore alla
• componente del primo ordine, e tanto minore quanto più è piccolo il rapporto X
A conclusione del capitolo, si riportano alcuni cenni sull’equilibramento delle tra la lunghezza della manovella e quella della biella;
macchine alternative. Consideriamo un singolo manovellismo ordinario centrato, della forza di inerzia aumenta con il
che può costituire l’intero sistema da equilibrare, nel caso di una macchina mono¬ • il modulo di tutte e due le componenti
rotazione dell’albero motore.
quadralo della velocità angolare di
cilindrica, o una sola parte di esso nel caso di macchina pluricilindrica. Per sem¬
plicità, si approssima la distribuzione di massa effettiva della biella con il sistema Scopo delle tecniche di equilibramento descritte in questo paragrafo è eliminare
di due masse concentrate descritto nel Paragrafo 8.1: le forze di inerzia sulla ma¬ (se possibile) o minimizzare queste due componenti di forza, che altrimenti si
novella più quelle dovute alla quota parte mi della massa della biella concentrata scaricherebbero sui supporti dell’albero motore. Le tecniche di equilibramento
nella lesta della biella possono essere complessivamente equilibrate ponendo sulla delle macchine alternative si differenziano notevolmente tra il caso della macchina
manovella un contrappeso che porti il baricentro complessivo della manovella, del monocilindrica e quello della macchina a più cilindri, e pertanto questi due casi
contrappeso e della massa ini a giacere sull’asse di rotazione dell’albero motore. saranno trattali in due paragrafi distinti. Prima di affrontare questo argomento,
In questo modo, l’unica forza di inerzia non equilibrata è quella che si genera sul¬ è però utile introdurre una rappresentazione delle diverse componenti di forza di
la massa equivalente traslante ms, somma della massa effettiva del corsoio e della inerzia, sotto forma di coppie di vettori contro-rotanti.
quota parte «2 di massa della biella concentrata nel piede di biella: questa forza
208 Capitolo 8 Dinamica della macchina alternativa 209

Figura 8.7 Rappresentazione mediante vettori controrotanti di una forza alternativa


armonica. Figura 8.8 Rappresentazione mediante vettori controrotanti delle forza di inerzia sul
pistone. ?

8.3.1 Rappresentazione delle forze inerziali sul piede di biella


mediante vettori contro-rotanti 8.3.2 Equilibramento della macchina monocilindrica
Come descritto nel paragrafo precedente, la generica componente di forza di iner¬ Nel caso della macchina monocilindrica, una prima possibilità per equilibrare p«r-
zia sul piede di biella F è rappresentala da un vettore avente direzione costante e ziabnente la sola componente del primo ordine delle forze di inerzia consiste nel-
valore variabile armonicamente secondo l’espressione: l’aggiungere alla manovella un ulteriore contrappcso che vada a equilibrare la sola
componente di forza di inerzia costituita dal vettore rotante con velocità angolare
|F| = F0cos(Qt) w nel verso di rotazione della manovella.
Quest’operazione lascia del tutto immutata la componente di forza di inerzia
in cui Fu e Q rappresentano rispettivamente l’ampiezza e la pulsazione della for¬ del secondo ordine, mentre per quanto riguarda la componente del primo ordine,
zante, che sono ovviamente diverse per ciascuna delle due armoniche, come mo¬ rimane soltanto il termine rotante in direzione opposta rispetto alla manovella:
strato dalla Formula (8.3). Questo tipo di forzante può essere rappresentata come l’effetto che si ottiene è dunque una diminuzione della componente di forza di
somma di due vettori di modulo costante e direzione variabile, rotanti in di¬ inerzia nella direzione di scorrimento del corsoio, ma contemporaneamente la
rezioni opposte con velocità angolare Q. Come mostrato dalla Figura 8.7, per nascita di una componente di forza in direzione perpendicolare all’asse del mano¬
simmetria il risultato della somma dei due vettori avrà direzione fìssa e modulo vellismo. Per eliminare anche la componente controrotantc della forza di inerzia,
variabile armonicamente secondo l’espressione sopra riportata. è necessario utilizzare un albero ausiliario controrotante, ossia posto in rotazio¬
Pertanto, la forza di inerzia del primo ordine su un singolo corsoio potrà es¬ ne con velocità angolare uguale in modulo e opposta all’albero motore, sul quale
controrotanti con viene posta una massa eccentrica di entità tale da generare una forza uguale e
sere rappresentata come somma di due vettori di modulo
velocità angolare uguale (in modulo) a quella dell’albero motore, mentre le forze opposta alla componente controrotante della forza di inerzia. Questo tipo di solu¬
zione, però, di norma non è adottata perché comporta un sensibile incremento del
del secondo ordine saranno rappresentate da due vettori di modulo controro-
costo della macchina, oltre che del peso e dell’ingombro.
tanti con velocità angolare doppia. In base all’Equazione (8.3), le ampiezze delle
due armoniche di forza di inerzia sono:
8.3.3 Equilibramento della macchina pluricilindrica
Fq, = indico2 F01I = m^rco2 Nel caso di macchina pluricilindrica l’equilibramento viene effettuato utilizzan¬
Per quanto riguarda il punto di applicazione dei vettori forza controrotanti, si os¬ do la presenza di più forzanti inerziali (associate ai diversi corsoi), che risultano
servi che la forza complessiva di inerzia ha come retta di applicazione l’asse del sfasate tra loro di angoli multipli degli angoli relativi tra le diverse manovelle
manovellismo, e può quindi essere applicata nel centro di rotazione della mano¬ dell’albero motore.
vella. Di conseguenza, anche le varie componenti rotanti della forza di inerzia Facendo riferimento, per fissare le idee, al caso di un motore a quattro cilin¬
possono essere considerate tutte applicate in questo punto. Il procedimento di tra¬ dri in linea, gli sfasamenti, tra le componenti del primo e secondo ordine delle
sformazione della forza di inerzia complessiva nelle diverse componenti rotanti è forze d’inerzia sui quattro corsoi sono indicati dalla seguente tabella, in cui si ri¬
rappresentato graficamente nella Figura 8.8. feriscono tutte le fasi (espresse in gradi per semplicità) alla manovella più esterna:
210 Capitolo 8

Manovellismo
I
Fase manovella

Fase forze 1 ordine

Fase forze II

360°
9
2 180° 180°
3 180° 180° 360°
4 0° 0° 0° Stabilità e regolazione
Si osserva che le forze del primo ordine sul primo e quarto manovellismo sono
in fase tra loro e in controfase con quelle sul secondo e terzo manovellismo: la
somma di tutte le forze del primo ordine sarà quindi nulla. Inoltre, grazie alla
disposizione simmetrica delle quattro manovelle, risulta anche nullo il momento
delle forze di inerzia rispetto alla mezzeria dell’albero motore. Per quanto ri¬
guarda invece le forze di inerzia del secondo ordine, lo sfasamento tra le forze è
doppio dello sfasamento tra le manovelle. Di conseguenza, le forze sui quattro Si consideri un sistema a un grado di libertà soggetto a vincoli perfetti e sottopo¬
corsoi risultano in fase tra loro, e danno quindi una forza risultante non nulla. sto a sollecitazioni attive conservative. Per quanto detto quando è stato introdotto
Per simmetria, il momento delle forze del secondo ordine rispetto alla mezzeria il {trincipio dei lavori virtuali (Paragrafo 5.2), considerato uno spostamento vir¬
dell’albero motore risulta nullo. La situazione complessiva delle componenti di tuale, il corrispondente lavoro virtuale delle forze attive (esterne e interne) è il
forza d’inerzia agenti sui diversi corsoi e delle fasi relative tra queste è rappresen¬ differenziale totale di una funzione della coordinata libera del sistema, che prende
tata nella Figura 8.9. Si può quindi concludere che per il motore quattro cilindri il nome di potenziale della sollecitazione attiva. Pertanto, in base al principio dei
in linea risultano equilibrate le forze e i momenti del primo ordine e i momenti lavori virtuali, per l’equilibrio del sistema sarà necessario e sufficiente che sia:
del secondo ordine, ma non le forze del secondo ordine.
8L =

dU
d?
8q=0 (9.1)

per valori arbitrari di 8q pertanto dovrà essere:

Se è verificata la precedente equazione in una determinata posizione, si dice che


il potenziale U è stazionario, c quindi in tale posizione presenta un massimo o
un minimo. Quindi per il sistema soggetto a vincoli perfetti, su cui agisca una
sollecitazione attiva conservativa, si ha equilibrio in corrispondenza delle confi¬
gurazioni del sistema in cui il potenziale delle sollecitazioni attive è stazionario.
Figura 8.9 Equilibramento delle forze di inerzia per un motore 4 cilindri in linea.
Si pensi a un’applicazione in cui, in un piano verticale, un’asta omogenea OA,
di lunghezza / e peso p, è vincolata al suo estremo 0 a una cerniera. Un filo di
Con ragionamenti analoghi a quelli riportati sopra per il motore 4 cilindri in linea peso trascurabile, con un estremo fissalo all’estremo A dell’asta, passa per una
si può verificare che per altre tipologie di motori valgono le seguenti condizioni carrucola fissa in C, posta sulla verticale di O a distanza I e scende verticalmente
di equilibramento: reggendo un corpo B di peso q (con q < p) (Figura 9. 1 ).
Si vogliano determinare mediante il pricipio di stazionarietà del potenziale le
Tipologia di motore
4 cil. in linea
Forze del I ordine
equilibrale
Forze del II ordine
non equilibrate
configurazioni di equilibrio del sistema. Fissato un sistema di riferimento x y —
in O, la posizione del sistema, dotato di un grado di libertà, può essere espressa,
equilibrate equilibrate per esempio, dall’angolo 0 che l’asta forma con l’asse y. Posto U = 0 per 0 = 0,
4 cil. contrapposti (boxer)
l’espressione del potenziale delle forze in gioco è dato da:
6 cil. in linea (manovelle a 60°) equilibrate equilibrate
[/ = q x s, + p x s,, (9.3)
212 Capitolo 9 Stabilità e regolazione 213

Figura 9.1 Un’applicazione.


Si ha pertanto equilibrio per 0 = ir e per
i

Nella direzione delle forze peso q e p, gli spostamenti dei punti di applicazione
17

= 2 arcsin P
sono espressi dalle coordinate ym e yB, per cui si ottiene: L’esperienza mostra che le configurazioni di equilibrio di un sistema possono es¬
sere qualitativamente molto diverse. Se per esempio si considera un corpo rigido
1/ = -pym - qyti (9.4) pesante con un punto fisso O (Figura 9.2), esso è in equilibrio quando la verticale
essendo: condotta per il baricentro passa per il punto fisso. Si hanno così due posizioni di
equilibrio: l’una quando il baricentro è sulla verticale per 0 al di sopra del punto
y„, = ^(l-cos0) (9.5)
O stesso, l’altra quando il baricentro è sempre su codesta verticale, ma si trova al
di sotto del punto fisso O.
e Supponiamo che il corpo rigido sia posto in quiete nella prima posizione
di equilibrio; imprimendo un piccolo spostamento effettivo al corpo, questo si
i?
yB = 21 sin - (9.6) mette in moto allontanandosi dalla posizione di equilibrio. Se invece poniamo
il corpo rigido in quiete nella seconda posizione di equilibrio e imprimiamo un
A meno di una costante, l’espressione del potenziale diventa: piccolo spostamento, il corpo oscilla ma rimane nell’intorno della posizione di
equilibrio in cui si trovava prima dello spostamento. Nel primo caso l’equilibrio
1/ — P^ — /
(1 c°st?)
— </2/ sin
Derivando il potenziale rispetto a 0 e imponendo tale derivata nulla si ottiene

i?
(9.7)
si dice instabile, nel secondo si dice stabile. L’equilibrio di un sistema è stabile in
corrispondenza delle configurazioni in cui il potenziale della sollecitazione attiva
è massimo. Viceversa, dove il potenziale è minimo l’equilibrio è instabile. Se,
infine, il potenziale è costante (ovvero non dipende dalla posizione assunta dal
l’equazione la cui soluzione indica le posizioni di equilibrio del sistema: sistema) l’equilibrio è indifferente, in quanto tutte le posizioni sono di equilibrio.
. Nell’esempio sopra riportato questo significa che il barcentro coincide con il punto

dU l
=p-sin?-9Zcos-=0
i?
(9.8) O fisso.
Se il sistema ha un solo grado di libertà, detta <7 la variabile indipendente
ovvero descrittiva della configurazione del sistema (per cui U = U (q)\ si ha equilibrio
stabile in corrispondenza di quei valori di q per cui risulta:
, . 17
pi sin — —— cos
i7
gl cos —t7 = 0 (9.9)

da cui si ottengono le due soluzioni:


17
cos — =0
2
Molto spesso si considera la stabilità dell’equilibrio riferendosi all’energia poten¬
ziale V piuttosto che al potenziale U. Ricordando che per definizione V = —U,
e per cui dove U è massimo l’energia potenziale V è minima, si può affermare che
. l’equilibrio di un sistema è stabile in corrispondenza delle configurazioni in cui
sin — = —qp
#
2
l’energia potenziale è minima.

( ( ' I ( I < I (
I I
stabilità e regolazione 215
214 Capitolo 9

sono indicate le perturbazioni del movimento funzione del tempo. Si dice che
9.1 Stabilità del moto a un grado di libertà il moto esaminato (e, come caso particolare, la posizione di equilibrio statico) è
stabile se il valore assoluto delle perturbazioni di movimento si mantiene inferiore
Consideriamo un punto materiale P pesante, vincolato alla traiettoria riportata
nella Figura 9.3 nel piano verticale. La posizione di equilibrio statico in A è detta
a una quantità prefissata, piccola quanto si vuole, purché le perturbazioni iniziali
del movimento siano sufficientemente piccole. Ossia, si ha stabilità se, prefissata
di equilibrio stabile, poiché P, se viene allontanato da A con una perturbazione
di spostamento 8X e un impulso di velocità óF sufficientemente piccoli, oscilla
una quantità (piccola quanto si vuole) £ > 0, è possibile determinare una quantità,
attorno ad A senza allontanarsene, e con oscillazioni di ampiezza tanto più piccola
funzione di e, 8 (e) > 0 tale che:
quanto lo sono &X e <5 V. La posizione B, viceversa, è detta di equilibrio instabile, |5X| < 5, |SV| < 5 (9.14)
poiché le perturbazioni 8X e 8 V per quanto piccole allontanano P da B. Si osservi
che P può allontanarsi indefinitivamente acquistando sempre maggiore velocità allora risulta per t > 0:
oppure andare a oscillare attorno ad A.
|5x|<£, |5x| < e (9.15)

La stabilità si dice asintotica se risulta:


lim 5x
r->oo = 0, lini 8x
z->oo =0 (9.16)
Figura 9.3 Stabilità di un sistema.
La stabilità si dice invece asintotica in grande se le relazioni precedenti sono
In presenza di resistenze passive con 8X e 8V sufficientemente piccoli P tende verificate per qualunque 8X e 8V . Lo studio della stabilità può essere svolto
a ritornare e a fermarsi in A: in tal caso la posizione è detta di equilibrio asin¬ considerando perturbazioni piccole, ossia trascurando i termini di ordine superio¬
toticamente stabile. Nel caso invece in cui ciò avvenga per qualunque 8X e re al primo in 8x e 8x nello sviluppo in serie della funzione f nell’intorno del
allora la posizione A si dice di equilibrio asintoticamente stabile in grande. Tali movimento studiato.
definizioni valgono non solo per la stabilità dell’equilibrio in condizioni di quiete, Sostituendo la (9.13) nella (9.12), si ottiene l’equazione del moto perturbato:
ma anche per la stabilità di un generico movimento. Si consideri dunque il moto
con un solo grado di libertà (punto materiale lungo una traiettoria, moto rotatorio ni (x + 5x) + /(x(r) + 8x,x(f) + 8x, t) = 0 (9.17)
assiale, moto di un meccanismo ecc.) retto dairequazione di equilibrio dinamico:
Un teorema dovuto a Liapounov [20] assicura che lo studio della stabilità della
nix + f (x, x, t) = 0 (9.11) condizione di moto x(r) può essere effettuato linearizzando la (9.17), ovvero svi¬
luppandola in serie di Taylor e trascurando i termini di ordine superiore al primo
detta x la coordinata libera, in la massa ridotta alla coordinata libera e f la forza in 8x e 8x. Tenendo conto della (9.12), si ha:
in generale ridotta alla coordinata libera, funzione della stessa x e della sua de¬
rivata, nonché del tempo t. Sia x{t) una soluzione particolare rappresentante un 9/(x(r),x(r),r) . 0/(x(r),x(r),r)
movimento, comprendendo con tale soluzione sia il caso di quiete: x- -I,
m8x
Ox— 8x 4
dx
8x =0 (9. 8)

Xq = Xo = cost e ponendo:
sia un moto con velocità uniforme:
s-
x0 = Vq = cost p(0 = m
(9.19)

Si ottiene pertanto: e
mx(t) + /(x(r),x(t), r) =0 (9.12)

In un generico istante, per esempio l’origine dei tempi t =


0, venga data alla
r/(0 = m
(9.20)

soluzione una perturbazione iniziale della posizione 8X e della velocità 8V . Il


si ha:
moto perturbato, che ne risulta, viene indicato con x(r), mentre con:
8x = x(/) - x(t) 8x = x(t) — x(t) (9.13) 8x + p(t)8x + q (t)8x =0 (9.21)
,216 Capitolo 9
Stabilità e regolazione 217

L’equazione di moto precedente è un’equazione differenziale a coefficienti varia¬


bili in funzione del tempo. Se f non dipende esplicitamente dal tempo e x(t) è P2
periodica allora p(t) e q(j) sono periodici. Mentre nel caso si studi la stabilità di 4
una posizione di equilibrio x = cost, i coefficienti divengono costanti e si ottiene radici complesse coniugate con parte reale positiva, 8x oscillante con ampiez¬
un’equazione differenziale a coefficienti costanti: za crescente esponenzialmente con t (instabilità dinamica o di tipo “flutter”;

Essa ha per soluzione in generale:


8x + p8x + q8x — 0 (9.22)
Figura 9.5);

8x = Aez" + BeZ2' (9.23)


con z, > Z2, e in particolare
8x = Aez,‘ + BteZ2' (9.24)
0
con zi =sonoZi-leAradici
e B sono costanti che dipendono dalle condizioni iniziali, mentre
Zi e Z2 dell’equazione caratteristica:

Z2 + pz + q = 0 (9.25)
che valgono:
Figura 9.5 Instabilità dinamica.

(9.26)

Si distinguono i seguenti casi:

p<0 q =0 p=0
8x = A + Bt, 8x cresce linearmente nel tempo (Figura 9.6);
radici reali ambedue positive, 8x crescente esponenzialmente con t (instabilità
statica o di divergenza; Figura 9.4);

Figura 9.6 Instabilità di divergenza.


Figura 9.4 Instabilità statica.
218 Capitolo 9 Stabilità e regolazione 219

p=o

radici complesse coniugate con parte reale nulla, 8x oscillante armonicamente radici reali ambedue negative, 8x decresce esponenzialmente nel tempo, salvo
(equilibrio stabile Figura 9.7); eventualmente in un tratto iniziale (stabilità asintotica monotona; Figura 9.9);

Figura 9.7 Equilibrio stabile, la risposta è oscillante armonicamente. Figura 9.9 Stabilità asintotica monotona (le due linee rappresentano due diverse
condizioni iniziali).

radici reali di cui una positiva e la seconda negativa, 8x cresce nel tempo in radici complesse coniugate con parte reale negativa, 8x oscillante con ampiezza
modo esponenziale (instabilità statica o di divergenza; Figura 9.8); decrescente esponenzialmente nel tempo (stabilità asintotica con oscillazioni;
Figura 9.10);

ix

Figura 9.8 Instabilità statica o di divergenza.


0

VV' '

Figura 9.10 Stabilità asintotica con oscillazioni.

teorema di Liapounov non può


Concludendo si ha stabilità asintotica se p > 0, q > 0, ovvero quando le radici
'in realtà, in questa condizione di stabilità non asintotica, il della (9.25) hanno parte reale negativa. La posizione continua a essere stabile
essere applicato, per cui la stabilità del sistema completo non lineare deve essere verificata in altro
modo. anche se p = 0 e q > 0, anche se si verificano oscillazioni permanenti. Da
220 Capitolo 9 Stabilità e regolazione 221

un punto di vista tecnico la stabilità è in generale una condizione necessaria per


il buon funzionamento. La condizione può non essere sufficiente in quanto, pur
in una posizione di equilibrio stabile, le perturbazioni possono produrre elevate
oscillazioni persistenti, in caso di mancanza di smorzamento, e inaccettabili. In tal
caso bisogna verificare se con perturbazioni iniziali probabili la perturbazione che
ne nasce rimane entro limiti accettabili. Tali problemi sono importanti nella teoria
della regolazione,ove con opportuni provvedimenti si può rendere più stabile un
sistema regolato.

9.1.1 Moto di un punto su una traiettoria rettilinea liscia Figura 9.12 Moto di un punto su un profilo circolare liscio.
Si consideri un punto materiale vincolato a muoversi su una traiettoria rettilinea
liscia (Figura 9.11). da cui:

x + g sin — =0
K
(9.32)

Si ha ovviamente una posizione di equilibrio statico (con x = 0) per


. x 0
Figura 9.11 Moto di un punto su una traiettoria rettilinea liscia.
sin
R = — (9.33)

In assenza di forze attive, l’equazione di moto del punto pertanto risulta: ossia per x = 0 e per x = nR. L’equazione delle variazioni del moto risulta, per
=
la posizione x 0:
mx = 0 (9.27)
~9(gsin^)'
che ammette la soluzione: 8x +
dx J.t=0
8x =0 (9.34)

a = Vo, + Xo (9.28) ossia:

L —/C-Uo
1 5x = 0 => 5x + —R 8x = 0
Sono pertanto soluzioni possibili gli stati di quiete e i moti con velocità uniforme
=
x Vo- L’equazione delle variazioni di moto si ottiene facilmente: 8x + —R [cos (9.35)

ni (x + 5x) =0 m8x =0 (9.29) La perturbazione del moto ovvero le vibrazioni libere valgono pertanto:
per qualunque posizione di equilibrio. La perturbazione del moto vale pertanto 8x = A cos cot + B sin cot (9.36)
8x = At + B (9.30) con
e pertanto il moto libero è instabile, poiché le perturbazioni di moto crescono w = Jg/R (9.37)
indefinitivamente nel tempo.

9.1.2 Moto di un punto su un profilo circolare liscio


e pertanto la posizione x = 0 risulta stabile. Per x
a quanto detto in precedenza
— nR si ottiene analogamente

Si consideri un profilo circolare (di raggio R) liscio nel piano verticale e un punto
materiale pesante vincolato a muoversi lungo tale profilo (Figura 9.12).
8x H* —1 8x = 0 => 8x — —8x
R =0 (9.38)

Detta x l’ascissa curvilinea lungo il profilo e x/R l’angolo sotteso, l’equazione di e la perturbazione del moto vale:
equilibrio dinamico risulta:
(9.39)
—mx — mg sin — =0 (9.31)
la posizione analizzata risulta pertanto di equilibrio instabile.
222 Capitolo 9
stabilita e regolazione 223

9.2 Stabilità e regolazione di una macchina


Consideriamo un impianto costituito da una macchina motrice e da una opera¬
trice e assumiamo come organo di riferimento l’albero motore al quale si ridu¬
cano i momenti (e le forze) e i momenti d’inerzia (e le masse) dell’impianto.
Definito Mm il momento motore, Mr quello resistente e J il momento d’inerzia
complessivo ridotto all’albero motore, l’equazione di equilibrio dinamico risulta:
Mm - M, = JQ (9.40)
Figura 9.15 Condizioni di regime assoluto della macchina.
detta £2 la velocità angolare del motore. In generale, il valore del momento motore
Min e di quello resistente Mr sono funzione della velocità angolare £2. Le relazioni
tra Mm e £2, e fra M, e £2 rappresentano le “caratteristiche meccaniche” rispetti¬ L’equazione del moto perturbato intorno a tali posizioni di equilibrio è:
vamente del motore e dell’ utilizzatore. Nelle Figure 9.13 e 9.14 si riportano, in
- Lr 8Mmi
condizione di regime, gli andamenti tipici per alcune macchine motrici. rawj
Si nota come mentre il motore a combustione interna ha una caratteristica J8Q
9£2 J
5Q +
Q=W] ,ù>2
5 £2 =0 (9.42)
,(t>2
molto “piatta”, il motore asincrono e il motore in corrente continua a eccitazione
separata sono motori a velocità pressoché costante, ovvero con differenza di pochi ossia:
punti percentuali tra le condizioni di carico rispetto alla condizione a vuoto. Ciò
premesso, si possono analizzare le condizioni di regime assoluto della macchina:
Mm(£2) = Mr(£2) (9.41)
rn
oùó
—— 1 dMm
IfT
dMr' 8 ^2 — 0 (9.43)

per il quale si supponga 1’esistenza delle soluzioni coi e W2> intersezioni delle due o, ancora:
curve caratteristiche di Figura 9.15. <5£2 + p8Q ~ 0 (9.44)

con:
i dMt (9.45)
P J 0£2 d£2 _ Q=<0|.a>2
Si distinguono i seguenti casi:
o caso 1 :
Figura 9.13 Curva caratteristica di un motore a combustione interna (a) e di una
turbina a vapore (b). 0Mm 3Mr
P>o To’ < 3£2
(9.46)

la soluzione del moto perturbato ha andamento esponenziale decrescente, cor¬


rispondente a una condizione stabile;
o caso 2:
dMm (9.47)
P >0 3£2
>
M2-
Figura 9.14 Curva caratteristica di un motore asincrono trifase (a) e di uno in corrente la soluzione del moto ha andamento esponenziale crescente corrispondente a
continua a eccitazione separata (b). una condizione di equilibrio instabile.
224 Capitolo 9 Stabilità e regolazione 225

La stabilità del sistema è pertanto dettata dal segno della differenza della (9.45), equilibrio e che il motore tenda ad andare fuori giri o ad arrestarsi. Come già am¬
essendo J sempre positivo. In particolare, dall’esame delle curve caratteristiche piamente detto, la prima condizione si verifica se la caratteristica meccanica del
si può vedere che in corrispondenza della soluzione «2, essendo negativo motore taglia la caratteristica dell’utilizzatore in un punto in cui:
e positivo, il sistema è sicuramente stabile. Fisicamente ciò corrisponde al
fatto che, per esempio, una perturbazione della velocità angolare positiva porta
0M,n 9Mr (9.50)
una diminuzione della coppia motrice e un aumento di quella resistente: si ha così
la tendenza del sistema ad autoregolarsi. Viceversa, in corrispondenza della prima Nella Figura 9.16 è rappresentata, a titolo di esempio, la caratteristica meccanica
soluzione wt, i segni delle derivate sono entrambi positivi ma con maggiore di un motore generico e l’andamento di M, per due valori di Z.
di la situazione di regime risulta pertanto instabile. Infatti a un aumento
della velocità angolare corrisponde un aumento della coppia motrice e un minore
aumento di quella resistente: la velocità tende pertanto ad aumentare.

9.2.1 Regolazione della velocità angolare di una macchina


Le macchine motrici sono, in generale, provviste di dispositivi che permettono di
variare l’energia fornita nell’unità di tempo alla macchina e da questa trasformata
in energia meccanica. Per esempio, nel caso di motori idraulici, a vapore, a com¬
bustione interna, ciò viene ottenuto variando la portata del fluido operante nella
Figura 9.16 Condizioni di funzionamento a regime.
macchina motrice. Nel caso di motori elettrici si agisce invece sulla tensione di
alimentazione o altri parametri (flusso di eccitazione, frequenza ecc.) caratteristici A partire dalla condizione iniziale stabile del punto A, si ipotizza che venga rotto
del motore stesso. In generale possiamo dire che il momento motore Mm dipende, l’equilibrio a causa di una brusca variazione di Z da Zi a Zi; il momento resistente
oltre che dalla velocità angolare, dalla posizione di un dispositivo, “organo di ma¬ passa dal valore A al valore B. Per la (9.40), l’accelerazione angolare passa da un
novra” o “attuatore”, che agisce sull’alimentazione. Tale variabile sarà nel seguito valore zero a un valore positivo e la macchina tende ad accelerare. A un aumento
definita con Y:

Mm = Mm(Y, Q) (9.48)

di Q corrisponde una diminuzione della differenza Mm Mr, differenza che si
annulla nel punto D, in corrispondenza del quale rimpianto si trova di nuovo
in equilibrio a una differente velocità angolare. Può accadere che, per esigenze
dell’impianto, si richieda che alle diverse condizioni di regime corrisponda un
Analogamente, il momento resistente Mr dipende dalle condizioni dell’impian¬ valore pressoché costante della velocità angolare, ossia si richieda un apparato di
to: queste possono essere individuate, per esempio, dal valore assunto da una regolazione della velocità angolare.
variabile Z modificabile a secondo delle esigenze dell’utenza. Si può quindi Questa esigenza si presenta in molti impianti: di particolare importanza negli
scrivere: impianti che trasformano energia meccanica in energia elettrica a corrente alter¬
nata, in impianti dell’industria tessile o della carta (nei quali il nastro è condotto
Mr = Mr(Z, Q) (9.49) ad avvolgersi su rulli appartenenti a macchine diverse che debbono avere la stessa
velocità periferica) ecc.
Le relazioni precedenti sono valide a rigore in condizioni di regime, o comunque Per passare da un regime a un altro senza che la velocità angolare di regime
valgono nel passaggio da una condizione di regime a un’altra purché il passaggio subisca modifiche, si deve intervenire sulla variabile Y di controllo della macchina
avvenga gradualmente attraverso posizioni intermedie di regime. motrice.
Si è già detto come, a partire da una condizione di regime e a causa di una La Figura 9.17 mostra che, a seguito della riduzione del carico da Z\ a Zi,
perturbazione della stessa, la macchina tenda a riportarsi nelle condizioni originali è possibile passare dalla condizione A alla condizione finale B, a cui corrisponde
o meno a seconda che la posizione di regime sia stabile o instabile. Supponiamo lo stesso valore della velocità angolare Q, purché si intervenga opportunamente
ora che la condizione di regime venga perturbata o per una variazione del carico sull’alimentazione del motore.
(ossia della variabile Z) o per un’alterazione dell’alimentazione del motore (ossia La manovra sugli organi di alimentazione, ai fini della regolazione della ve¬
della variabile T). Può accadere che rimpianto, raggiunga spontaneamente una locità angolare, potrebbe essere effettuata manualmente, ma di solito è realizzata
nuova condizione di equilibrio a regime senza che a tal fine si debba apposita¬ automaticamente a mezzo di dispositivi speciali detti regolatori. Compito fonda¬
mente intervenire sul valore di Y ; come può accadere che non si raggiunga un mentale della regolazione, intesa in senso generale, è di mantenere costantemente
226 Capitolo 9 Stabilità e regolazione 227

nell’intorno della posizione fi, 7 e Z, ponendo

Mm ~ Mm (7, fi)+
m — \ dMm 8Q+
dMm
SY
37 = Afrn (7, fi) + kM8Q + kr8 7
r.n r,n
dM, „„ 3M,

z.o
Sfi + 777?
z.n
8Z = Mr (Z, fi) + kR8Q + kz8Z
(9.53)
e indicando con:
Figura 9.17 Regolazione della macchina ottenuta agendo sulla variabile di controllo
del motore 7.
Sfi = fi — fi 8Y = 7-7 8Z = Z

le perturbazioni rispetto alla condizione di regime. Sostituendo le (9.53) nell'e¬
Z (9.54)

quazione (9.51) e tenendo presente la condizione di equilibrio (9.52), ci si può


uguale al valore desiderato quello della grandezza regolata (che può essere una ridurre alla forma
velocità angolare, una coppia, una pressione, una temperatura, una portata, una J8à + (kR - kM) Sfi = kr8Y - kz8Z (9.55)
tensione ecc.).
Si consideri ora un esempio di una macchina con un regolatore di velocità in lineare a coefficienti costanti, per la quale, valendo la sovrapposizione degli effetti,
grado di modificare la grandezza regolante 7 allo scopo di mantenere costante la si possono studiare separatamente la stabilità del regime (omogenea associata), gli
velocità della macchina. effetti di una variazione della grandezza regolala 37 c di variazioni di carico SZ.
Sia J l’inerzia ridotta all’albero e Mr il momento resistente ridotto all’albero
motore, l’equazione di moto della macchina diviene: Stabilità del regime Per scostamenti di 37 e di SZ nulli, la (9.55), diviene:

Mm(7, fi) - Afr(Z, fi) = Jfi (9.51)


J8Ù + (.kR-kM) Sfi =0 (9.56)
che ammette soluzione del tipo:
La condizione di regime, come riportato nella Figura 9.18, è caratterizzata dalla 3fi = Aex' (9.57)
condizione:
con A dipendente dalle condizioni iniziali. Sostituendo la forma (9.57) nella
Mm(Y, fi) = Mr(Z, fi) (9.52) (9.56) si trova:

~
dove con fi si è indicata la velocità angolare di regime del motore, con 7 e Z X =- (9.58)
rispettivamente i valori assunti dalla variabile di controllo e dal carico in tale po¬
sizione di equilibrio. Volendo ora analizzare le perturbazioni nell’intorno di tale
posizione di equilibrio, si deve sviluppare in serie di Taylor l’Equazione (9.51)
Supponendo inoltre che la perturbazione iniziale sia Sfi fi
t = 0, la soluzione dell’equazione omogenea associata (9.56) è:
= — fi = Sfio per
Sfio.4. = Sfioe-^-^ )' = Sfi^e- 7 (9.59)
in cui

(omogenea con un tempo) è detta costante di tempo. Per 7’ > 0 (ovvero per
X < 0) la perturbazione Sfi di fi tende asintoticamente a zero; dopo un tempo
t = 3T il valore della Sfi si riduce al 5% circa di 3fi() ed è considerato nullo
(Figura 9.19).
La situazione di regime è stabile. Viceversa, se X > 0 si ricade nel caso
Figura 9.18 Condizioni di funzionamento a regime. d’instabilità di divergenza già considerata.
228 Capitolo 9 Stabilità e regolazione 229

Nel secondo caso, ovvero per studiare il comportamento del sistema soggetto a
variazioni óT(t) nel tempo della grandezza regolante, si analizza la (9.61), as¬
sumendo un andamento ar monico del termine noto. Tale termine si può inoltre
considerare come una generica armonica dello sviluppo in serie di Fourier di un
ingresso óT(t) qualsiasi (purché periodico o assunto tale). Si ponga allora, per
esempio:

J8Q + (kp - kM) 8Q = Ayejnr' (9.66)

con Ay in genere complesso. Dividendo per il coefficiente di <5 Q si ha poi, per


Figura 9.19 Andamento nel tempo di una perturbazione 3Q per un sistema stabile. quanto visto in precedenza: '
kv
Effetti di una variazione della grandezza regolante Si consideri ora l’inte¬
grale particolare dell’equazione:
J8à + (kK-kM)8Q = ky8Y (9.61)
T8Q
—-,
+ 8Q = kp ì—km-3roe;ni"

La soluzione a regime è del tipo SQ^e^' sostituendo nell’Equazione (9.67) si


(9.67)

ha:
per determinare il quale occorre conoscere 8Y in funzione del tempo. Di partico¬
lare interesse sono le forme in cui: kv
e57 è un gradino, pari a 5 Lo = cost da un determinato tempo in poi;
(jWy./ ) SlJo + ÓSZq — kp
,
- kM
oYq (9.68)
e8Y ha un andamento armonico 8Y = in cui Qy è la pulsazione che
descrive la variazione della grandezza regolata. da cui si ottiene:
Nel primo caso, l’integrale particolare, posto 8Y = 0 per t < 0 & 8Y = 8Yo per
t > 0, è: 8Q0
1 ky
= 1 + (jQyT) kp -- kM 5TU — (9.69)

8QP = —^—8Y0
— kM
kp
(9.62)
Il rapporto = y = G(jQy) definisce ]a funzione di trasferimento armonico
del sistema regolato. Nel caso in esame tale funzione di trasferimento è pertanto
L'equazione generale della (9.61) è allora: data da:
<SQ
= a + SQr = Ae~T + -kp-kM
i
—8Y0— ky
(9.63)
*
G USìy) =
l +
1
OS2yD
ky
kR-kM — (9.70)

con A costante d’integrazione dipendente dalla condizione iniziale, che, per il


Nota la funzione di trasferimento armonico, la risposta X (grandezza regolata) a
=
caso in esame, è 3Q(0) 0, imponendo la quale si ottiene:
un ingresso armonico Y (grandezza regolante) è allora data da:
A= (9.64)
X = G(jQy)Y (9.71)
che sostituita nella (9.63) fornisce l’espressione:
A partire da tale funzione, è possibile analizzare:
ÓQ
= kp —— kM
(1 - e-r)/
3Y0\ (9.65)
• la stabilità del sistema;
• l’errore a regime errore di statismo) e quello di sovraelongazione della
(detto
dell’andamento nel tempo del transitorio della perturbazione di Q provocata da risposta (pvershoot);
un “gradino” 8 Yq. Il rapporto = y tra la grandezza regolata e regolante • la prontezza ovvero la rapidità di adattamento della grandezza regolata all’an¬
costituisce la “risposta al gradino” (unitario) del sistema. damento imposto della grandezza regolante.

(. i 1 ( I 4 ( l

230 Capitolo 9 Stabilità e regolazione 231

Figura 9.21 Diagramma di Nyquist.

definisce il limite superiore della banda passante oltre il quale il guadagno opera
una sempre più marcata riduzione degli effetti della variabile regolante Y su quella
regolata. Se allora si intende imporre una variazione (di velocità angolare nel caso
in esame) con legge periodica, questa non sarà riprodotta in maniera accettabile
se il contenuto armonico eccede la banda passante. Bisognerà quindi diminuire la
Figura 9.20 Diagramma di Bode.
costante di tempo T, ovvero agire aumentando il termine kR — k^.
Effetti di una variazione della grandezza regolata Riprendendo ora in esa¬
La funzione di trasferimento armonico rappresenta la risposta in frequenza (si pen¬ me l’effetto di una variazione del carico si deve valutare l’integrale particolare
si a Qy variabile) a un ingresso Y unitario. La rappresentazione grafica di questa dell’equazione:
funzione di trasferimento convenzionalmente si realizza in forma cartesiana (dia¬
gramma di Bode) o polare (diagramma di Nyqidst). In un diagramma di Bode J8Q + (kR - kM) Sa = -kzSZ (9.74)
(Figura 9.20) si riporta la funzione di trasferimento armonico in funzione della
variabile reale Qy su un diagramma cartesiano che dà l’andamento di G(j'Qy) Consideriamo ora un’improvvisa variazione 8Zo = cost del carico. In base a
in modulo e fase, usualmente con scala logaritmica dell’asse delle frequenze. Il quanto già trovato nella (9.65), l’andamento della variazione di àfi della grandez¬
modulo |G (jaY)| si esprime in dB secondo l’espressione: za regolata è dato da:
kz
|G(jQy)|dB=201oglo|G(jQy)| (9.72) sa = -, 8Z0\( l - e-r)>
kR — k^
(9.75)
La fase è espressa in gradi. Si veda per esempio la rappresentazione della (9.70)
secondo Bode. Si noti che: —
A regime, per t > oo, si ha poi:

— —kM <5Zo
1 ky ^“Z
\G(jaY)\ = 5Q
= kR
(9.76)
x/l + ^rT)2 (9.73)
Im (G(jaY)) quindi permane uno scostamento rispetto alla velocità Q originaria, da cui si
[2ex] tan 0 = Reaì(G(jaY)) definisce un errore di statismo s dato dalla derivata cambiata di segno:
Nella rappresentazione polare, la G(jaY) c costituita dal luogo dei punti (vettore

P O nella Figura 9.21) in campo complesso, assunto il polo O come origine
degli assi reale e immaginario.
SZq kR — kM
Il valore Qy
|G(JQy)| =
=
1/V2
1/T prende il nome dì frequenza di taglio a cui corrisponde
(corrispondenti a circa —3 dB nel diagramma di Bode) che

Anche l’errore di statismo si riduce aumentando kR kM- Per riportare Q al
valore desiderato fi occorre quindi agire sulla grandezza regolante Y .
232 Capitolo 9 Stabilità e regolazione 233

9.2.2 Regolazione ad anello chiuso proporzionale all’errore tra la velocità angolare del motore e un valore desidera¬
to £2rif-
La regolazione in anello aperto, analizzata prima, ha mostrato come si possa Ricordando l’equazione della macchina:
ottenere un buon risultato in termini di stabilità e di risposta a variazioni della
grandezza regolata, tramite i parametri kR, kM, ky e kz-
Una seconda soluzione prevede, come anticipato, di intervenire in modo au¬
J5Q + (kR - kM) 8Q
= kr8Y - kz8Z (9.78)
tomatico sull’organo di comando al fine di controllare il valore effettivamente si consideri ora <SK dipendente dal segnale differenza tra la velocità desiderata
assunto dalla variabile regolata, nell’esempio la velocità angolare. Per ottenerlo Qrif e la velocità attuale della macchina retroazionata mediante il sensore QR
bisognerà disporre dapprima di adeguati strumenti di misura (nel caso visto di mediante una relazione puramente proporzionale (tale logica è detta regolazione
un misuratore di velocità angolare, quale un tachimetro) per rilevare la grandezza proporzionale):
controllata e utilizzare l’informazione contenuta nel segnale di retroazione R pro¬
dotto dalla caratteristica Gt dello strumento inserito nella linea di retroazione. Il 8Y = p(Qrì{-QR) ‘ (9.79)
segnale R, in genere proporzionale alla grandezza X regolata, viene confrontato
nel “nodo comparatore” con il segnale di riferimento W, ottenendo un segna¬ dove il segnale QR di retroazione è proporzionale alla velocità angolare della
le di errore E che determina il valore Y della variabile controllante tramite una macchina tramite una costante detta “guadagno della catena di retroazione”:
z X,
opportuna funzione stabilita dal controllore Gc.
Un sistema di regolazione deve quindi comprendere (Figura 9.22): SY = p(ntit-aQ) (9.80)

ricordando che Q = Q + <5 JT2, il segnale di comando 8Y assume la forma:


8Y = p (Qrif - a (Q + ÓQ)) = p (<5Qrif - a8Q) (9.81)
avendo mdicato con 5Qrif lo scostamento del valore di riferimento dalla velocità di
regime £2 (il valore può essere anche rappresentativo di un possibile disturbo
nella fase di generazione del segnale di riferimento).
Sostituendo nella (9.78), si ottiene:
Figura 9.22 Schema di un sistema di regolazione: Gw generatore del segnale di J8Q + (kR - kM) 8Q = krp(8Qrì( - a8Q) - kz8Z (9.82)
riferimento, Gr generatore del segnale di retroazione, Gc elementi di controllo
(manipolatori, amplificatori ecc.), Gs sistema meccanico regolato. ossia, con le semplificazioni: kw = kyp e ka = ky pa:

« un misuratore della grandezza regolata X con il relativo dispositivo (condizio¬


J8Q + (ka + kR — k^-i) 8Q = /cu, <S^2rif — kz8Z (9.83)
natore) che trasforma l’indicazione fornita dal misuratore e genera il segnale di che mostra come, a causa dell’anello di regolazione, vengono modificate le carat¬
retroazione; teristiche di stabilità e di risposta a segnali di comando e di disturbo.
e un generatore del segnale di riferimento IV, che trasforma opportunamente la Infatti, riprendendo quanto visto nel caso di regolazione ad anello aperto, la
grandezza in ingresso (comando comunicato al sistema) in un segnale omoge¬ stabilità del regime è regolata dal parametro T che ora assume la forma:
neo e confrontabile con quello di retroazione R-,
e un dispositivo che confronta il segnale di riferimento W con il segnale di re¬ „ 1 J
troazione R per generare un segnale di differenze E = W R; —
o un complesso Gc di manipolatori del segnale differenza e di amplificatori che
forniscono la potenza occorrente per agire sull’organo di regolazione, facendo
T = ~y=
a ikR
— 7
(kM — rr
ka)
che deve risultare positivo per garantire una condizione di regime stabile. Il siste¬
(9-84)

variare la grandezza regolante V; ma meccanico può essere reso stabile anche per valori di kM > kR pur di rendere
o l’organo finale di regolazione che regola la potenza fornita dal motore al sistema sufficientemente elevato il termine ka = kypa agendo sui parametri a del se¬
regolato e per conseguenza la grandezza regolata stessa X. gnale di retroazione (utilizzando un tachimetro molto sensibile) e p dell’anello
di regolazione proporzionale. La diminuzione della costante di tempo riduce di
Si ipotizzi ora di effettuare una regolazione della macchina MTU in cui il pa¬ conseguenza l’esaurirsi dei transitori, e in pratica è come se si fosse aumentata la
rametro di controllo del motore Y vari in modo automatico come una funzione pendenza (negativa) delle curve caratteristiche del motore dal valore kM (< 0) al
Pillili
Stabilità e regolazione 235
234 Capitolo 9


valore km k„ (con ka > 0). Per quanto concerne la risposta del sistema regolato
ai disturbi, analogamente a quanto fatto per il sistema ad anello aperto, si ha che:
Regolazione derivativa Nella regolazione derivativa, viceversa, il comando
8 Y viene fatto dipendere in modo proporzionale (tramite un guadagno c) dalla
derivata dell’errore e:
5Q
= -kR — (Am —
— Ka) 8Z0
(9.85)
8Y = bé = c (8nri{ - aSQ) (9.91)
ossia permane un errore di statismo:
che sostituita nell’equazione di molo porta a:

SZq kR
che risulta però più piccolo di quello ad anello aperto.
— (km
— ka)

ovvero:
J8Q + (kR - kM) 8Q = kyc (ófirif - a8à) - kz8Z (9.92)

L’Espressione (9.85) mostra uno scostamento <5 fi costante in risposta a un t


disturbo costante. L’errore di statismo è la diretta conseguenza della regolazione
proporzionale: se infatti varia il carico, si può ottenere una nuova condizione di
(J + kyca) 8Q + (kR - km) 8Q = kyc8Qrir - kz8Z (9.93)

regime alla stessa velocità solo con un diverso valore del momento motore, quindi in cui risulta come il parametro kyca sia paragonabile a un’inerzia aggiuntiva Jc
del segnale di comando e in definitiva del segnale differenze e; visto che non è e permetta in tal modo di modificare, ancora una volta, la costante di tempo del
mutato il segnale di riferimento deve permanere necessariamente uno scostamento sistema:
=
della grandezza regolata. Se k„ ky pa è molto maggiore del la differenza kR —km
Jc
= 7KR + KM
lo statismo risulta indipendente dalla pendenza delle curve caratteristiche: J

kypa
kx (9.87)
T
— (9.94)

Regolazione PID Nella regolazione industriale, in funzione dell’applicazione, si


e diminuisce al crescere dei guadagni a della linea di retroazione e p della li¬ realizza un controllore che intervenga con un comando che dipende da i tre contri¬
nea diretta. Il guadagno però non può essere aumentato a dismisura, altrimenti buti analizzati separatamente in precedenza, ovvero un contributo proporzionale
a piccole variazioni della grandezza regolata corrispondono elevati valori del co¬ all’errore, un secondo contributo proporzionale al suo integrale e infine un terzo
mando <S K che, essendo limitato, va in saturazione e trasforma la regolazione da contributo proporzionale alla derivata dell’errore stesso:
proporzionale a quella tutto o niente.

Regolazione Integrale Nella regolazione integrale il comando ó F si fa dipen¬


8Y = p (3Qrif - a8Q) +b f (SQrif - a8Q) dt + c (5Qrir - mSÒ) (9.95)

dere in modo proporzionale (tramite un guadagno b) all’integrale dell’errore e:


che sostituita nell’equazione di moto porta a:
8Y = b j edt = b j (8arì{ - a8Q) dt (9.88)
J8Ù + (kR
— km) 8Q = p (5f2rjf — +f —
a8Sì) b (óQnf aS^Ì) dt+

— a8Ù^ — kz8Z
(9.96)
L’organo di comando non interviene istantaneamente, bensì dopo un certo tem¬
+c (óÓrif
po in cui l’errore perdura; l’azione presenta così un ritardo che da un lato può
avere effetti negativi, dall’altro riesce a ridurre e annullare lo statismo. Infatti, ovvero, derivando rispetto al tempo:
l’equazione di moto diventa:

J8Q + (kR - kM) 8Q = krb j (5Qrir - a^) dr - kz8Z (9.89)


(7 -|- Jc) 8&

+ (kR km + k„) + ki,8£ì =

derivando la precedente rispetto al tempo, si ottiene: — ky (b8Q„f + + c5Qrir) — 8Z

...
J8Q (kR - kM) 8Q + kyba8Q
+ = - kz —
8Z
(9.90) avendo posto Jc = kyca, ka = ky pa ekb = kyba. Modificando quindi i parametri
del regolatore a, b e. pè possibile modificare il comportamento del sistema sia in
che mostra come la funzione di trasferimento tra 5Q e 5Qrif dipenda solo dai termini di stabilità, sia di risposta a variazioni della grandezza regolata Qrjf o dei
parametri del regolatore. disturbi Z.
Gli elementi delle macchine

Nell’ambito degli elementi delle macchine si includono quei dispositivi e mecca¬


nismi che fanno parte della macchina e che consentono di soddisfare le diverse
necessità richieste dal suo funzionamento, quali, per esempio, ravviamento, l’ar¬
resto, lo stazionamento, la trasmissione di potenza. Altri elementi delle macchine
sono invece legati alle modalità di vincolo, quali i supporti e le fondazioni. In que¬
sto capitolo ci si occuperà, prevalentemente dal punto di vista funzionale, di alcuni
di essi, e in particolare: le trasmissioni di potenza, i dispositivi per l’arresto del
moto (freni) e i supporti. Saranno sottolineati i princìpi della meccanica alla base
del loro funzionamento, rimandando, data la vastità dell’argomento, alla lettera¬
tura speciali zzata per gli approfondimenti e gli aggiornamenti costruttivi e tecno¬
logici. Si porranno invece in evidenza i campi di utilizzo dei diversi componenti,
e i relativi vantaggi e svantaggi. In generale non si può affermare che un compo¬
nente è in assoluto migliore di un altro, le condizioni operative (potenza, velocità,
temperatura, ingombro, modalità di applicazione del carico, costo, oneri manu¬
tentivi, condizioni ambientali) determinano la scelta ottimale per una condizione
data. Risulta quindi opportuno conoscere i campi di applicazione di un elemento
di macchina e i relativi vantaggi e svantaggi sotto il profilo tecnico, economico e
dell’impatto ambientale, per poterne effettuare la selezione in modo opportuno.

10.1 Sistemi per la trasmissione di potenza


Nel capitolo relativo alla dinamica della macchina è stata introdotta la trasmis¬
sione, come elemento preposto a collegare l’elemento motore con l’elemento uti¬
lizzatore; talora un sistema di trasmissione ha anche la funzione di distribuire la
potenza da un unico motore a più utilizzatori. Con il termine trasmissioni di po¬
tenza si intendono i meccanismi atti a trasmettere le variabili della potenza (cop¬
pia e velocità angolare, o forza e velocità), lasciandone inalterato il valore oppure
modificandolo. Le trasmissioni di potenza che saranno esaminate nel seguito con¬
siderano il moto rotatorio di alberi con assi tra loro paralleli: esse sono classifica-
bili in base a differenti caratteristiche. Volendo effettuare una suddivisione basata
sulla funzione principale, è possibile distinguere:
® sistemi per trasmettere potenza con rapporto di trasmissione costante, per esem¬
pio riduttori e moltiplicatori. I primi sono i più utilizzati, in quanto la velocità
I I l
238 Capitolo 10 Gli elementi delle macchine 239

Tabella 10.1 Criteri di classificazione delle trasmissioni in base alla modalità con cui
di rotazione dei motori è in genere maggiore di quella degli utilizzatori. Varian¬
viene trasmessa la potenza.
do la velocità varia di conseguenza la coppia trasmessa, come già visto questa
tras formazione avviene a spese di un rendimento inferiore all’unità, il che com¬
Tipo accoppiamento Contatto diretto Elemento flessibile
porta che una frazione della potenza in transito venga dissipata in calore e non
più recuperata. Questi meccanismi sono realizzati mediante ruote (lisce o den¬ Ruote dentate
Catene
Spinta tra superflui
tale), che possono essere direttamente accoppiate tra loro, e in tal caso si parla di Cinghie dentate
trasmissione rigida, oppure collegate mediante elementi flessibili, quali cinghie, Cinghie (piante e trapezoidali)
catene c funi. Attrito Ruote di frizione
Funi
o Sistemi per trasmettere potenza con rapporto di trasmissione variabile (cambi
e variatori di velocità). Questa funzione si rende necessaria, per esempio, per
controllare il movimento, oppure per ampliare il campo di funzionamento di
Un’altra classificazione possibile riguarda invece la modalità con la'quale la po¬
un motore. Applicazioni si trovano, in particolare, nel campo dei veicoli, delle
tenza viene trasmessa (Tabella 10.1). La trasmissione del moto può avvenire per
macchine movimento terra e delle macchine utensili.
contatto tra superfici coniugate, che si scambiano mutue spinte in direzione della
• Sistemi per collegare tra loro in modo non permanente alberi rotanti (giunti
normale al contatto, oppure per effetto di sole azioni di attrito.
e innesti). Le esigenze di trasporto, montaggio, manutenzione richiedono di
Nel primo caso la limitazione al livello di potenza che è possibile trasmettere
poter scollegare alcuni elementi del sistema motore-trasmissione-utilizzatore.
è dettata prevalentemente dalla resistenza meccanica degli elementi che compon¬
In particolare è necessario poter collegare e scollegare tra loro gli alberi rotanti.
gono la trasmissione e dal loro tasso di usura. Nel secondo caso, il valore massimo
Nel caso di collegamento permanente durante il funzionamento della macchina,
della potenza che può essere trasmessa, dipende, oltre che dalle limitazioni dovute
si parla di giunti, mentre nel caso di accoppiamento temporaneo, ossia inseribile
alla resistenza meccanica, anche dalla limitazione al valore massimo delle forze
e disinseribile senza operazioni di smontaggio, si parla di innesti.
tangenziali scambiate che si ha per effetto della saturazione delle azioni di attrito,
alle quali è affidato il compito di trasmettere la potenza.
Nella Figura 10. 1 si riporta un quadro sinottico dei principali sistemi di trasmis¬
sione, classificati secondo quanto sopra specificato.
Le trasmissioni di potenza si possono distnguere anche in funzione delle
seguenti caratteristiche:
e non esiste un telaio indipendente della trasmissione (come nel caso di trasmis¬
sioni a fune o a cinghia);
o è presente un telaio con sole funzioni di protezione, sia nei riguardi dell’ingres¬
so di elementi estranei, quali polveri o scarti di lavorazione, sia per la sicurezza
del personale (ancora torniamo al caso di cinghie o catene);
» la trasmissione ha un proprio telaio autonomo, di solito chiuso e con elevate ca¬
ratteristiche di rigidezza, con lo scopo di supportare gli alberi che compongono
la trasmissione, e di contenere il lubrificante, come per esempio nel caso dei
riduttori a ingranaggi.

10.2 Sistemi a rapporto di trasmissione costante


Tra gli elementi che rientrano in questa categoria saranno trattate brevemente le
ruote di frizione, le ruote dentate (trasmissioni rigide) e i sistemi composti da ruote
e flessibili (cinghie e catene).

10.2.1 Ruote di frizione


Figura 10.1 Classificazione dei più comuni sistemi per la trasmissione di potenza,
in base alla principale funzione da svolgere (rapporto di trasmissione costante o Il più semplice tipo di trasmissione è costituito dalle ruote di frizione, che trasmet¬
variabile). tono la potenza mediante le azioni di attrito scambiate al contatto tra le due ruote.
Gli elementi delle macchine 241
240 Capitolo 10

La trasmissione, nella sua forma più semplice, è costituita da due ruote lisce, con
assi paralleli, premute una contro l’altra (Figura 10.2). La cinematica della tra¬
smissione corrisponde al vincolo di puro rotolamento; uguagliando la velocità dei
due dischi al punto di contatto si ottiene il rapporto di trasmissione

Vp —D।
= «i 2 = <w2—2
D^ r
= —a>2 Di
D2
(10.1)

La potenza massima trasmissibile è bassa (meno di 20 kW), e non è garantita


la costanza del rapporto di trasmissione al variare del carico, per cui questo di¬
spositivo è utilizzato solo per macchine particolari, come limitatore della potenza
trasmessa o, più spesso, come parte di variatori di velocità.

Figura 10.3 Esempio di coppia di con ruote dentate cilindriche a denti diritti.

10.2.2 Ruote dentate


Le ruote dentate (Figura 10.3) trasmettono il moto attraverso il contatto e le mutue
spinte tra i profili dei denti. La forma dei profili più diffusamente utilizzata è a
evolvente di cerchio, le cui proprietà saranno descritte nel seguito (Figura 10.4). In
un primo approccio intuitivo, si può definire l’evolvente di cerchio come la curva
tracciata dall’estremo di una corda che, mantenuta tesa, si volge da una circonfe¬
renza detta circonferenza di base, come mostrato nella Figura 10.4. Conformando
i fianchi dei denti secondo tale curva, è possibile ottenere un movimento continuo,
affidato alla spinta tra i denti, nel quale il rapporto di trasmissione non si modifica
durante la rotazione.
Le caratteristiche geometriche principali dalla ruota dentata sono mostrate
nella Figura 10.5, esse sono la circonferenza primitiva, la cui lunghezza è pari al

Figura 10.2 Schema della trasmissione con ruote di frizione.

Studio della trasmissione La limitazione della potenza trasmissibile deriva dal¬


le modalità stesse di funzionamento, legate alla forza di attrito T scambiata al
contatto tra le due ruote:

Ci < Clim = Tlim^i = fs? Ri (10-2)

Le limitazioni dovute alla resistenza del materiale e ai fenomeni detti di fatica


superficiale, che causano un progressivo degrado sia alla superficie sia immedia¬
tamente al di sotto di essa, impediscono di aumentare illimitatamente la forza P\
quindi, dato il valore di fs e dovendo limitare gli ingombri (Jf e Rf), ne segue la
limitazione (10.2). Poiché nel punto di contatto, in realtà un’area di contatto, vi so¬
no microscorrimenti, ossia slittamenti locali all’interno dell’impronta di contatto Figura 1( 1 Interpretazione dell'evolvente di cerchio.
il valore del rapporto di trasmissione presenta degli scarti dell’ordine dell’1 4- 3%.
( \ ( (
242 Capitolo 10 Gli elementi delle macchine 243

Figura 10.6 Archi percorsi sulle circonferenze primitive.

avendo utilizzato la definizione di modulo m, ovviamente uguale per le due ruote,


si ottiene:
Figura 10.5 Principali dimensioni geometriche dei denti. Wl
Vi —= =
Z\
^2
r
wl
~
<«2
(10.5)


prodotto del passo per il numero di denti Z, ossia nDp pZ, rispetto alla quale
sono definite le quantità denominate addendum e dedendum, che determinano i
Per cui, se la ruota conduttrice compie un giro completo, la ruota condotta compie
una frazione di giro, di entità pari al rapporto fra il numero dei denti della ruota
conduttrice Z\ e quello della ruota condotta Zi. Lo stesso rapporto vale per le
diametri delle circonferenze di troncatura esterna e interna. velocità angolari delle due ruote, essendo il rapporto di trasmissione costante.
Nella pratica costruttiva la dimensione del dente è definita attraverso il suo
L’utilizzo dei profili a evolvente per la realizzazione delle ruote dentate soddisfa
modulo, legato al passo dalla relazione: alle seguenti condizioni:
oppure Dp = mZ (10.3)
p = mn « la velocità relativa nel punto di contatto non ha componente normale (assenza
di urto) ai profili a contatto;
ricordando la definizione sopra data del diametro primitivo Dp. 1 valori del modu¬ • per ridurre la velocità di strisciamento (proporzionale alla distanza del punto di
contatto dal centro di istantanea rotazione relativa) dei profili coniugati se ne
lo sono normalizzati (non potrebbero esserlo quelli del passo, in quanto contengo¬
no implicitamente il numero ir), e a essi ci si riferisce nella costruzione delle ruote utilizza solo una parte a cavallo della primitiva;
dentate. Nel proporzionamento modulare, l’addendum è pari al modulo, mentre il e per la continuità del moto, quando una coppia di denti non è più a contatto, deve
dedendum è pari a 1.25 ni. esserlo la coppia successiva;
La circonferenza primitiva, oltre a costituire la linea di riferimento rispetto » tra gli elementi della ruota deve esservi il posto per gli elementi dell’altra, ossia
alla quale sono definite le dimensioni e le posizioni dei denti, consente anche di devono essere presenti alternativamente dei pieni (i denti) e dei vuoti (spazi tra
descrivere la cinematica della trasmissione. La rotazione delle due ruote dentate due denti consecutivi);
o per rendere possibile l’inversione del senso di rotazione, gli elementi di una
attorno al proprio asse, unitamente al vincolo di contatto tra le superfici dei denti,
equivale, dal punto di vista cinematico, a un vincolo di puro rotolamento tra le ruota devono essere limitati da entrambe le parti da profili coniugati a quelli
circonferenze primitive (Figura 10.6). Da quanto sopra detto si può intuitivamente dell’altra ruota;
e la lunghezza del tratto pieno + vuoto (passo) deve essere un sottomultiplo intero
ricavare il rapporto di trasmissione. Uguagliando infatti la lunghezza percorsa
sulla circonferenza primitiva 1, pari a sj (D[/2)<pi, con il corrispondente tratto della circonferenza primitiva, ossia Z = nDp/ p.
=
52 percorso sulla circonferenza primitiva 2, si ha: I principali vantaggi della trasmissione a ingranaggi sono dovuti alla capacità di
trasmettere potenze anche molto elevate, con il miglior rapporto ingombro/potenza,
D\ Di Zpn Zini (10.4) con rendimenti alti, e garantendo la costanza del rapporto di trasmissione, essen¬
<Pì^ = <P2-y da cui: = do questo affidato all’accoppiamento geometrico dei denti. Inoltre i carichi sui
Gli elementi delle macchine 245
244 Capitolo 10

cuscinetti, a parità di potenza trasmessa, sono inferiori a tutti gli altri tipi di tra¬ consente di ricavare il rapporto istantaneo tra le velocità angolari dei due corpi,
smissione. Tra gli svantaggi vi sono il costo più alto, legato anche alla necessità di ossia il rapporto di trasmissione r, definto come rapporto tra la velocità angolare
un’elevata precisione e di lubrificare il contatto tra i denti. Le trasmissioni a ingra¬ del corpo cedente (2) e del movente (1):
naggi sono caratterizzate da un livello di rumore più elevato rispetto, per esempio,
a quelle a cinghia, e dall’incapacità di assorbire e smorzare urti e vibrazioni deri¬
vanti dall’esercizio. Si utilizzano principalmente quando le distanze tra gli alberi
sono piccole, ed è necessario mantenere un tappo ’n di trasmissione costante, con
r — — = ———
^2
W| O2Q2
O|2|
Fin ——— —
O\Q\
= O2Q2 = O2P0
O\PU .inQ
(10.8)

elevata coppia da trasmettere. Se gli alberi da cuiicgare tra loro sono comuque Per la similitudine dei triangoli PoOiGi e P0O2Q2, il rapporto di trasmissione
distanti, è necessario prevedere un albero di trasmissione. istantaneo può anche essere espresso come rapporto dei segmenti OiPq e 02P0,
in base alla posizione del punto Po, intersezione tra la linea delle azioni (ossia la
normale al contatto) e la congiungente i centri Oj e O2- 11 punto rappresenta
Cinematica della trasmissione Per illustrare il principio di funzionamento si
considerino dapprima due profili generici a contatto, come mostrato nella Figu¬ il centro di istantanea rotazione relativa tra i due corpi. Per mantenere il rapporto
ra 10.7, dove due corpi dotati di moto rotatorio piano sono a contatto nel punto r costante è quindi necessario che il punto Po non modifichi la sua posizione
P. Le rette n e t indicano rispettivamente le direzioni normale e tangente comuni durante il funzionamento, pur potendo variare la posizione del punto di contatto
al contatto, mentre Vi e V2 sono le velocità dei corpi in corrispondenza del punto P. Se si considera la traiettoria tracciata da Po (fisso nel piano) su ciascuno dei
di contatto P. Se il contatto avviene senza urti, le componenti della velocità in due corpi in rotazione, si ottengono delle circonferenze dette primitive del moto,
direzione normale (Fin c F2„) sono uguali, mentre la differenza tra i vettori V2 c con centro in O| e (92- Poiché la posizione di Po dipende dalla forma dei profili
V| rappresenta la velocità relativa di strisciamento tra i due corpi. 1 due profili, a contatto, adottando opportuni profili si soddisfa alla condizione richiesta sulla
che risultano pertanto avere n e t coincidenti, si dicono coniugati, e costituiscono costanza del rapporto di trasmissione. Nella pratica costruttiva si utilizzano, nella
la classe di pratico impiego nelle trasmissioni di questo tipo. L’uguaglianza delle maggior parte dei casi, profili coniugati costituiti da evolventi di cerchio. Altri
componenti normali delle velocità dei due corpi in corrispondenza del punto di tipi di profilo utilizzati per mantenere costante il rapporto di trasmissione sono il
contatto: profilo cicloidale, e quello di Novikov.
Si ricorda che l’evolvente A di una linea y è quella curva che ha i suoi centri
F|n =<z>i O| P cosai = coiOiQi (10.6) di curvatura su y. L’evolvente può essere pensata come traccia dell’estremo di
un filo che si svolge dalla circonferenza (detta di base), mantenendosi teso. Dalla
V2n =w2 O2 COS a2 = 02 (10.7) Figura 10.8 si ricavano le relazioni geometriche che intercorrono tra il raggio
vettore R = OPC, l’angolo fi e l’angolo af, che costituisce il parametro rispetto
al quale viene costruita la curva. Notando che la distanza PCTO e la lunghezza

Figura 10.7 Esempio di due profili a contatto. Figura 10.8 Costruzione geometrica dell'evolvente di cerchio.
I
246 Capitolo IO Gli elementi delle macchine 247

dell’arco QTo sono uguali, per la costruzione dell’evolvente di cerchio:

QT0 = Wb(ar + ^) (10.9)


PcTq = 7?btanaf (10.10)

si ottiene la definizione di involuta:


p- tati at — otf

Rb (10.11)
COS Off

Al variare dell’angolo af si traccia quindi il profilo dell’evolvente (Figure 10.9 e


10.10). Come ultimo aspetto si studia la velocità di strisciamento tra i fianchi dei
denti. La Figura 1 0. 1 1 mostra le componenti lungo le direzioni normale e tangente

Figura 10.11 Componente normale comune delle velocità dei due denti a contatto.

al contatto della velocità dei due denti. Considerazioni geometriche consentono


di definire le componenti tangenti Fu, Vji e normali V|„, Vjn delle velocità Vi e
V2: la cui differenza è pari alla velocità di strisciamento:
ViT=QiPa)i=(P0Qi-P0P)a)i
V2T = QlP^ = (P0Q2 + PoP)^>2
(10.12)
la cui differenza è pari alla velocità di strisciamento:
Figura 10.9 Successive posizioni del punto di contatto tra i due profili di evolvente
di cerchio.
essendo:
V2t — V|T = Vz-i.rei (10.13)

(Fo2i)a>i = Po22<w2
si ottiene:
V2t — Vit — PoP (coi + m2)
Dalla (10.14) si ricava che la velocità di strisciamento cresce al crescere del¬
(10.14)

la distanza dal centro di istantanea rotazione relativa, individuato dal punto Po,
intersezione delle primitive del moto relativo. Nel caso dell’accoppiamento di
ruote dentate a evolvente, il punto di contatto si sposta all’interno del segmento
TtTi. Da quanto detto si comprende come la presenza dell’attrito nel contatto di
strisciamento porti alla dissipazione di potenza Wj:
Wd = /dV PoP (wi + <d2)
Figura 10.10 Posizioni estreme del punto di contatto. che viene globalmente espressa dal rendimento 1/.
248 Capitolo 10
Gli elementi delle macchine 249

10.2.3 Considerazioni sui riduttori a ingranaggi


Come visto, il rapporto di riduzione in una trasmissione a ruote dentate è espresso
dal rapporto del numero dei denti delle due ruote (conduttrice e condotta). Nella
pratica costruttiva è opportuno che il rapporto di trasmissione r sia ottenuto con
numeri di denti primi tra loro. Nel caso di presenza di fattori comuni, infatti, cia¬
scun dente del pignone impegnerebbe sempre gli stessi denti della ruota, portando
a un’usura preferenziale tra le coppie che così vengono a stabilirsi. Ciò può co¬
stituire un problema, soprattutto se i valori dei carichi sono periodici durante una
rotazione completa del pignone.
Se invece non sono presenti fattori comuni, ciascun dente del pignone ingrana
con tutti i denti della ruota, determinando una distribuzione più uniforme dell’u¬
sura. Nella realizzazione di riduttori a ingranaggi si ricorre a due configurazioni,
denominate treni semplici e treni composti, di seguito illustrati.

Treni semplici Sono costituiti da una serie di ruote dentate, ognuna calettata
(ossia torsionalmente connessa) su un proprio albero, e trovano applicazione dove Figura 10.13 Applicazione del treno semplice: movimentazioni di alberi a camme in
diversi alberi devono ruotare mantenendo uno sfasamento costante (Figure 10.12 un motore motociclistico.
e 10.13). 11 rapporto di trasmissione tra la prima e l’ultima ruota del treno non
dipende dalle ruote intermedie, che pertanto prendono il nome di ruote oziose. Si
ha infatti, con riferimento alla Figura 10.12:
Treni composti Poiché esiste una limitazione al numero minimo di denti (pari a
Z| diciotto, nel caso di proporzionamento modulare senza ricorrere a lavorazioni spe¬
®2 = Z2 ciali), per avere bassi valori dire quindi necessario aumentare il numero di denti
della ruota mossa, e di conseguenza le sue dimensioni. Risulta allora opportuno
Z2
"3 =—
z3
suddividere il rapporto di trasmissione su più coppie di ruote dentate, secondo lo
schema di Figura 10.14, dove sullo stesso albero (il secondo), sono calettale una
^4
Za
= —tip
Z3
Z2 COl Z|
Z4 = Z4 Z3 Z2 = Z4 —z ruota condotta (con Z22 denti), e una conduttrice (con Z]2 denti). In tal caso il

Figura 10.12
Figura 10.14 Schema di un treno composto.
250 Capitolo 10 Gli elementi delle macchine 251

le), che si avvolge su pulegge. Per il corretto funzionamento la cinghia deve essere
messa in tensione, per esempio allontandando i centri delle pulegge, e sfruttando
l’elasticità della cinghia stessa. I materiali con cui viene realizzata la cinghia so¬
no gomma e tessili, o gomma e materiale plastico (per alta velocità), o ancora in
gomma con inserti e rivestimento di tessuto (per cinghie trapezoidali).
La trasmissione del moto avviene per mezzo delle azioni di attrito scambiate
tra la cinghia e la puleggia: la puleggia motrice (detta anche conduttrice) trasmet¬
te il movimento alla cinghia lungo l’arco d’avvolgimento «i, le azioni di attrito
distribuite lungo tale arco incrementano il tiro della cinghia, che passa dal valore
minimo T2 nel ramo condotto, al valore massimo T\, nel ramo conduttore. La
cinghia, lungo l’arco di avvolgimento «2, trasmette, sempre per Attrito, il moto
alla puleggia condotta, e il tiro nella cinghia passa dal valore massimo a quello
minimo del ramo condotto.
Figura 10.15 Riduttore ad assi paralleli. Nel normale funzionamento, quindi, la puleggia motrice trascina per attrito
la cinghia, che a sua volta trascina la puleggia condotta.
rapporto di trasmissione del riduttore composto risulta: Tra i vantaggi delle cinghie si segnala la possibilità di collegare alberi tra loro
distanti (per le cinghie piane anche lino a I5 in), silenziosità di funzionamento,
Zìi anche a elevata velocità, capacità di assorbimento di urli, e autolimitazionc della
tuo = coppia massima trasmessa. La trasmissione è nel suo complesso facile da pro¬
gettare (si progetta a catalogo), e in quanto utilizza elementi unificati, è anche
Z|2 Z|2Z|| economica. Dal lato degli svantaggi si ricorda che, poiché la potenza è trasmessa
<1)3 = ——
^23
a>2 =
^23 ^22
a>i = tjt2<z>i = ra>i per attrito, non è possibile garantire l’esattezza e la costanza del rapporto di tra¬
smissione, la necessità di pone in tensione la cinghia causa la presenza di carichi
Si ritova il risultato già visto, ossia che il rapporto di trasmissione di più trasmis¬ elevati sui supporti (in misura minore per la cinghia a sezione trapezoidale, in mi¬
sioni in serie, che nel caso esaminato sono rappresentate dai due stadi di riduzione, sura maggiore per quella piana), se paragonata con le trasmissioni a catena o a
è dato dal prodotto dei rapporti di trasmissione intermedi. ingranaggi. La vita di servizio non è illimitata (in genere da 1000 a 3000 ore di
funzionamento), dopo di che è necessario sostituirla. 11 valore di potenza trasmis¬
10.2.4 Cinghie piane e trapezoidali sibile, pur essendo nettamente inferiore a quello delle ruote dentate, è comunque
più che adeguato a moltissime applicazioni.
Le cinghie di trasmissione sono elementi flessibili utilizzati nelle trasmissioni di Sezionando idealmente i due rami della cinghia si pongono in evidenza i tiri
potenza tra due alberi, nella maggior parte dei casi ad assi paralleli. Lo schema T\ e Ti (vedi Figura 10.17), che rendono ragione della coppia alle due pulegge:
base della trasmissione consiste (Figura 10.16) in una cinghia (l’elemento flessibi-
G = (T, - r2)^ (10.15)
C2 = (T, - T2)R2 (10.16)

Le condizioni di contatto tra cinghia e puleggia sono assimilabili a microslitta¬


menti, una situazione intermedia tra quella di completa aderenza e quella di stri¬
sciamento macroscopico. Immaginando di seguire un tratto di lunghezza elemen¬
tare di cinghia, essendo questa in realtà un elemento elastico, durante l’avvolgi¬
mento sull’arco ai , a causa dell’incremento di tiro dovuto alle azioni di attrito, l’e-
lementino si allunga. Viceversa, a cavallo dell’arco a2, poiché il tiro della cinghia
diminuisce, Telementino riacquista la sua lunghezza pertinente al ramo condotto.
Non è pertanto possibile che si instauri una condizione di perfetta aderenza tra
cinghia e puleggia. D’altra parte, una condizione di strisciamento macroscopico
Figura 10.16 Trasmissione a cinghia: schema e nomenclatura. non corrisponderebbe a un corretto funzionamento della trasmissione.
Gli elementi delle macchine 253
252 Capitolo 10

Figura 10.17 Trasmissione a cinghia: sono messe in evidenza le azioni nei due rami Figura 10.18 Trasmissione a cinghia: azioni sul tratto elementare di cinghia.
della trasmissione.

tangente, si ha:
.) sm. da- = 0
Cinematica della trasmissione Da quanto sopra detto risulta chiaro che il rap¬
porto tra le velocità delle due pulegge non è esattamente costante, ma dipende
dalle coppie applicate, e quindi dalla potenza da trasmettere, essendo la trasmis¬
d(/>„
V2
+ m —d.v
«2
- 7' sin - (7 —
da ,
-|- d/
— 2 (10l9)
sione del movimento affidata all’attrito. Se si trascurano in prima approssimazio¬
ne gli scorrimenti tra cinghia e puleggia, e si considera la cinghia inestensibile, è
possibile determinare il rapporto di trasmissione t. Sotto le ipotesi latte, la velo¬
cità periferica della cinghia coincide con quella della puleggia, e la velocità della
—d<l>t - T cos

da
.Z

Dividendo tutti i termini per da (con ds


,
+ (T + dT) cos
,

= 7?da):
—=
da
Z
0

cinghia è la medesima lungo tutto il suo sviluppo:


sinda/2
d^=2rsinda/2
da da da (10.20)
= cui Ri = V)
V|

T= — =
CUI
Ri
R2
~ CO2R2 (10.17)

(10.18) —= — —
de/),
. da
dT
da
da
cos -
2
calcolando il limite per da -» 0, trascurando gli infinitesimi di ordine superiore,
e ricordando che:
11 rapporto di trasmissione viene quindi ottenuto predisponendo l’opportuno rap¬
porto tra i raggi delle pulegge. In realtà, la velocità di rotazione della puleg¬
gia condotta risulta minore di quella calcolata dalla (10.17), in ragione dell’1 4-
2%. Scostamenti maggiori sono indice di un funzionamento non corretto della
si ha:
lini
da->0
sinda/2 -1 ;
da= 2
lini cos
da-»0 —
da
2
-1

trasmissione.
^L=T-mV2
da (10.21)
Relazioni fondamentali della trasmissione a cinghia Si vuole ora ricavare la d0, dT
legge di distribuzione della tensione nella trasmissione a cinghia, che sarà utilizza¬ . da da
bile nella verifica del funzionamento. Si consideri un tratto elementare di cinghia
di lunghezza d.v = Rda, essendo R il raggio di avvolgimento della cinghia e da da cui:
l’angolo sotteso dall’arco ds (Figura 10.18).
fI d<p„ = (T - mV2)da (10.22)
k
Lungo l’arco di il tiro si incrementa con continuità dal valore generico T d^dT
al valore T + dT. Scrivendo l’equilibrio dinamico lungo le direzioni radiale e

C 1 ( ? ( ( ì ( ) ( 7 ( ì l ) ( . ( ( } ( ( : ( ) (
( l I I I I t ( I I I l. I
254 capitolo 10 Gli elementi delle macchine 255

La ( 1 0.22) indica che la reazione vincolare radiale d0n scambiata dal tratto di' di
cinghia, con il corrispondente tratto di puleggia è data dalla componente radia¬
le del tiro T e dalla forza di inerzia distribuita, mentre la variazione di tiro dT
è associala all'azione di attrito in direzione tangente d</>t. Come detto, la condi¬
zione di contatto effettiva tra cinghia e puleggia è di microslittamento, il legame
tra le azioni tangenti e quelle normali dipende quindi dallo scorrimento relativo
cinghia-puleggia. Per non sovrastimare la coppia trasmissibile, conviene porsi
nella condizione limite, utilizzando la relazione di attrito nella condizione di stri¬
sciamento macroscopico, ponendo quindi d0t = /d0„. In tal modo si giunge
all’equazione differenziale:

dT = f(T -mV2)da (10.23)


che integrata lungo il generico arco di avvvolgimento a:

rT' dT ra

porge:
I = Z "O'24’ Figura 10.19 Trasmissione a cinghia: potenza trasmissibile in funzione della velocità.

Verifica del funzionamento Per un funzionamento corretto della trasmissione


7) - in V2 la cinghia deve esser posta in opera con una certa tensione, il dispositivo che
in-

m=
T2 mV1
Utilizzando ambo i membri come argomento della funzione esponenziale, si ha:
(10.25)
provvede a ciò applica una forza So, somma delle componenti del tiro To che si
genera, nella condizione di riposo, nei due rami della trasmissione:

(10.26)
La (10.26) indica la relazione che intercorre tra i tiri nei due rami della cinghia
So = 2Tq cos
~
— (10.29)

di trasmissione, nella condizione limite di slittamento. Si osserva che il fattore La coppia C, applicata alla puleggia conduttrice risulta invece, nella generale con¬
eJa è quello determinante nello stabilire la prestazione della trasmissione. Poiché dizione di transitorio, considerando anche l’inerzia della puleggia (normalmente
l’angolo di avvolgimento minore è quello della puleggia con diametro minore, la tale termine è trascurabile):
verifica va condotta su tale elemento. Se si trascura l’effetto della velocità V, il
che è lecito, in generale, per velocità fino a 15 4- 20 m/s, la relazione di verifica Cj =7?1(T|-T2) + J|<ùl con T, + T2 = To (10.30)
diviene:
Dalla (10.30) e dalla (10.29) si ricavano i valori dei tiri nei due rami di cinghia
Zi < T2efa (10.27) della trasmissione che, sottoposti alla condizione ( 1 0.27), consentono di verificare
Considerando invece l’effetto della velocità periferica V, si ricava che essa limita il corretto funzionamento della tramissione.
di fatto la potenza trasmissibile dalla cinghia (Figura 10.19), infatti:
Trasmissione a cinghia trapezoidale Dalla (10.27) si ricava che per aumenta¬
= (T2 - TO V < ((Ti - m V2)^" + ni V2 - T,) V =
= (T, -mV2)(^“-l)V
(10.28) —
re la differenza T2 Ti è necessario o aumentare l’angolo di avvolgimento ai,
oppure incrementare il coefficiente di attrito f. Un provvedimento che porta al
medesimo effetto consiste nell’adottare una cinghia con sezione non più rettango¬
la funzione (10.28) ammette un massimo, oltre il quale la potenza trasmissibile lare, ma con forma tale da venire a contatto con la puleggia sui fianchi laterali: ciò
diminuisce in quanto, per effetto della forza di inerzia agente sulla cinghia in viene ottenuto adottando una sezione trapezoidale per la cinghia (Figura 1 0.20).
direzione radiale, diminuisce l’azione di contatto normale distribuita, scambiata Esaminando la sezione generica di cinghia, si evidenzia come il contatto avvenga
tra cinghia e puleggia, e di conseguenza la massima azione di attrito. Nel seguito sui fianchi, mentre nel caso della cinghia piana il contatto avviene sulla faccia
si considererà di essere nelle condizioni di poter trascurare tale effetto. inferiore. Le reazioni d0n e d^ corrispondono alle effettive reazioni d7?n e d R,
256 Capitolo 10
Gli elementi delle macchine 257

Figura 10.20 Trasmissione a cinghia: a sinistra sezione di una cinghia piana, a destra
sezione di una cinghia trapezoidale.

secondo le:

d</>„ = 2d/?nsin^ (10.31) Figura 10.21 Esempio di trasmissione con cinghia dentata.

= 2df?t (10.32)
Nella condizione limite si ha dJ?t = fdRn, da cui, effettuando il rapporto tra le funzionare, al limite, senza alcun precarico, anche se, nella pratica, per evitare
azioni tangenti e la componente radiale delle azioni normali: eccessive vibrazioni trasversali del ramo condotto della cinghia, un limitato pre-
tensionamento viene comunque applicato. Possono operare anche su interassi più
2d/?, f stretti rispetto a quelli delle altre cinghie, in quanto sussistono minori limitazioni
2dRa = =f sul valore minimo dell’angolo di avvolgimento, e mantengono le caratteristiche

^
ci si riporta alla medesima trattazione della cinghia piana, con la differenza che il
loro rapporto, che normalmente rappresenta direttamente il coefficiente di attrito
di silenziosità di tutte le trasmissioni a cinghia. 11 livello di potenza trasmissibi¬
le è maggiore di quello delle cinghie piane, e molto inferiore a quello alle ruote
dentate.
f, risulta maggiore, in funzione dell’angolo di semiapertura della gola della La linea primitiva è assunta all’altezza deH’inserto della cinghia, e il passo è
puleggia. La diseguaglianza di verifica (10.27) diviene pertanto: definito analogamente alle ruote dentate:
n Dv = Zp (10.35)
T, < T2e^a|^5in^ oppure Ti < T2e7a' (10.34)
anche in questo caso il rapporto di trasmissione è dato dal rapporto del numero di
L’elfetto ottenuto è di innalzare il valore del rapporto limite tra i tiri nei due rami denti delle due pulegge:
della trasmissione, e di conseguenza la coppia massima trasmissibile.
Nel caso in cui sia necessario aumentare il precarico per trasmettere la po¬
tenza richiesta, poiché vi sono dei limiti di resistenza della cinghia, è necessario,
Z| _ <d2 , (10.36)
nel caso della cinghia piana, incrementarne la larghezza, nel caso della cinghia Z2 wj

trapezoidale, aumentarne il numero. Non è però possibile aumentare a dismisura


il numero di cinghie in parallelo, in quanto ciò rende più difficoltoso garantire il
loro conetto tensionamento. Il numero massimo di cinghie disposte in parallelo è 10.2.6 Catene
di solito limitato a sei-sette. Le catene appar tengono ancora alla categoria delle trasmissioni con elementi fles¬
sibili; la catena, infatti, è composta da elementi rigidi (le maglie), tra le quali è
10.2.5 Cinghie dentate però possibile un moto relativo, nella maggior parte dei casi di tipo rotatorio (Fi¬
gura 10.22). Utilizzate sin dall’Antichità, pur se con modalità differenti, grazie
La cinghia dentata (Figura 10.21), detta anche cinghia sincrona, riassume alcuni
allo sviluppo delle forme e dei materiali, esse sono ampiamente utilizzate anche
dei vantaggi delle trasmissioni a cinghia (piana e trapezoidale) e delle trasmissioni
nelle realizzazioni moderne.
a catena. Il funzionamento non è più basato sulle forze di attrito, ma sul contatto
dei denti della cinghia, che ingranano con i denti della puleggia, si ottiene così un
Le due tipologie attualmente più diffuse sono le catente a rulli e a denti inver¬
titi (o catene silenziose). Nel primo tipo (Figura 10.23) coppie di maglie esterne,
sincronismo tra gli alberi collegati. La cinghia è dotata di un inserto atto a sop¬ unite da perni, sono articolate su coppie di maglie interne, collegate da boccole, al
portare il carico da trasmettere, che viene comunicato attraverso i denti. Possono
cui interno passa il perno della maglia esterna. Per facilitare l’accoppiamento con

( I t ( i ( ì ( ) '( ) ( (!(.!(
I I I ( ( I (□u elementi aeae macelline 2Sj
258 Capitolo 10

la ruota dentata, sulle boccole sono presenti dei rulli, liberi di ruotare. Le catene
a rulli possono essere costituite da una o più file affiancate, a seconda del livello
di potenza da trasmettere.
La catena silenziosa è invece costituita da piastre affiancate tra loro, sago¬
mate con due estremità triangolari in modo da impegnarsi nei denti della ruota, e
collegate da perni. Diversamente dal caso precedente, non sono i perni a venire a
contatto con la ruota, bensì le estremità rettangolari delle piastrine. Per entrambe
le tipologie la circonferenza primitiva è rappresentata dalla circonferenza passan¬
te per i centri dei perni, anche se in questo caso la catena si atteggia lungo un
poligono formato dalla spezzata congiungente i centri dei perni. Permettono di
trasmettere forze maggiori delle cinghie, anche a interassi inferiori, e consentono
di azionare più alberi, anche se con senso di rotazione opposto, Infine, possono
operaie in campi di temperatura in cui le cinghie non sono utilizzabili. Come
queste ultime consentono di collegare tra loro interassi elevati (fino a 8 m).
Tra gli svantaggi si segnala la variazione periodica della velocità della catena,
dovuta all’effetto poligono, come sarà mostrato in seguito: questo fenomeno di¬
viene significativo per un numero di denti basso (per esempio IO) c può portare a
irregolarità nel rapporto di trasmissione. 1 maggiori inconvenienti risiedono però
Figura 10.22 Esempio di trasmissione con catena. nel costo superiore, nel maggiore onere manutentivo e nella necessità di precisione
di montaggio, superiore al caso delle cinghie.
Inoltre la tramissione a catena è più rumorosa, rispetto a quella a cinghia; la
rumorosità aumenta con il progredire dello stato di usura, che porta a un funzio¬
namento cinematico non più corretto, oltre che all’allentamento della catena.

Cinematica della trasmissione Dalla Figura 10.24 si ricava il legame tra il pas¬
so della catena (distanza tra due perni consecutivi) e il diametro primitivo, ossia il
diametro della circonferenza passante per i centri dei perni. Il legame è:

= «psin(^) = con: ^8 =
^
11 numero dei denti è poi legato al fenomeno della fluttuazione della componente
della velocità della catena parallela alla congiungente i centri delle ruote. Con¬
frontando, per esempio nel caso di una ruota con sei denti, le due condizioni
(10.37)

Figura 10.23 Catena a rulli (in alto) e catena silenziosa (in basso).
Figura 10.24 Legame tra passo e diametro primitivo nella trasmissione a catena.
260 Capitolo 10 Gli elementi delle macchine 261

Figura 10.25 Illustrazione dell'effetto poligono nella trasmissione a catena.

mostrate nella Figura 10.25, la proiezione della velocità delle maglie secondo la
congiungente i centri delle mote varia, a causa della diversa disposizione nel tem¬
po dei perni lungo il poligono. La distanza della maglia dal centro della mota Figura 10.26 A sinistra: paranco a taglia multipla come applicazione della
varia quindi ciclicamente tra i due estremi: trasmissione a fune, a destra: schema cinematico.

Fina» = Fmin = ^pWCOS — (10.38) coppia di pulegge fissa-mobile, la velocità della fune si incrementa di un valore
pari a 2VC. La velocità di comando Vf della fune è quindi pari a:
Si può definire una variazione percentuale della componente della velocità della
Vc
maglia, come: Vf = —
2n
(10.40)

-, Fmax Fmin 71 essendo n il numero di coppie puleggia fissa-puleggia mobile. La velocità del ca¬
U% =
V.,,» = 1 — COS —
z
(10.39)
rico risulta quindi ridotta rispetto alla velocità di comando, in ragione del doppio
del numero di taglie (coppia puleggia fissa-mobile), realizzando così una macchi¬
in funzione del numero dei denti Z. L’importanza di tale variazione dipende dalle na funicolare per la riduzione della velocità. Se l’estremità lato comando della
inerzie degli elementi collegati e dal livello di velocità. fune si avvolge su un tamburo, allora si ha la trasformazione del moto rotatorio
del tamburo di sollevamento, in modo di traslazione del carico.
10.2.7 Funi
10.2.8 Confronto tra alcuni tipi di trasmissione
Principali campi di impiego delle funi sono gli argani, le gru, le funicolari, le
teleferiche e le funivie. Il materiale più utilizzato è l’acciaio a elevata resistenza. Si vuole ora porre a confronto alcuni dei tipi di trasmissione più diffusi, circo¬
La flessibilità della fune è inferiore a quella della cinghia, per cui si richiedono scrivendo l’analisi alle trasmissione tra assi paralleli. La Tabella 1 0.2 riporta un
diametri di avvolgimento maggiori. 11 miglior campo di utilizzo è per interassi confronto riguardante alcuni dei parametri più significativi, quali la potenza mas¬
elevati (in genere al di sopra di 20 m); è possibile soddisfare anche condizioni sima, la velocità periferica dell’elemento coinvolto nella trasmissione, il campo
caratterizzate da assi di rotazione delle pulegge sghembi. Il campo di velocità dei valori del rendimento. Sono anche riportate indicazioni qualitative sulla ru¬
spazia dai 6 m/min degli impianti di sollevamento, fino a 12 m/s delle più recenti morosità e sull’ingombro, elementi che acquistano sempre maggiore importanza
funivie. dal lato economico e dell’impatto ambientale.
Da) confronto emerge che per potenze elevale è necessario ricorrere alla tra¬
smissione a ruote dentate, per potenze medio-basse invece vi sono più possibi¬
Cinematica del sistema a taglia multipla Una tipica applicazione delle funi è lità. Nella scelta intervengono anche fattori quali il costo (legato principalmen¬
negli apparecchi di sollevamento, utilizzando la disposizione a taglia multipla. Si te alla precisione e alla necessità di avere un telaio autonomo), l’ingombro, la
consideri il paranco raffigurato a sinistra nella Figura 10.26, il relativo schema rumorosità.
cinematico è mostrato nella medesima figura, a destra. Detta Vc la velocità del Se il mantenimento di un rapporto di trasmissione costante, e quindi di una
carico, pari alla velocità del centro delle pulegge mobili, a ogni passaggio tra una fasatura costante tra gli alberi collegati è ininunciaible, allora alcuni tipi di tra-

e t t i ( ; ( ! ( : ( i : (
I I ( I ( (
262 Capitolo 10 Gli elementi delle macchine 263

Tabella 10.2 Confronto fra i tipi di trasmissione tra assi paralleli più diffusi. 10.3 Giunti
Grandezza Ruote Cinghia Cinghia Cinghia Catena Fune Ruote
dentate piana trap. dentata di frizione La funzione di collegare degli alberi in modo non permanente si rende necessa¬
Potenza ria per lo smontaggio di alcuni elementi del sistema meccanico, per esempio per
IO5 150(200) 350 120(400) 500 20(80) rimuovere il motore dalla trasmissione. Inoltre, neH’assolvere la funzione di col¬
[kW|
10(30)
legare tra loro due alberi rotanti, può verificarsi la situazione in cui gli assi degli
Vel. [m/s] 30 20(60) 30(40) 40 (60)
20 alberi da collegare non siano coincidenti. In tal caso non è possibile utilizza¬
periferica 20(50**) 60- 100 30-40 60 10-30 re giunti rigidi, pena l’incremento notevole delle sollecitazioni negli alberi e nei
i;% 96 4-98 94-98 91 -95 95-97 94-96 supporti; è necessario ricorrere a giunti mobili, che consentono delle deviazioni
I 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 1 (disallineamenti) dei due assi (in senso assiale, in senso radiale o in senso angola¬
T
6~ Io 6~ 8 6~ 16 6~ Ì0 6~ 16 6~ 16 6 re), come mostrato nella Figura 10.29. In altri casi si possono utilizzare giunti (del
;/% 96 4-99 94 4-98 94 4-98 95 4-98 92 4-96 85 4-95 tipo elastico) che incorporano uno o più elementi elastici che consentono piccoli
Rumorosità Media Bassa Bassa Bassa Alta Bassa Media disallineamenti, secondo tutte e tre le modalità sopra indicate. I giunti elastici,
Ing.(dm3) oltre ad assorbire i disallineamenti sopra detti, hanno talora anche la funzione di
0.2 4- 0.6 0.5 4-4 0.4 4-3 0.25 4- 2 0.5 4-2 isolare dal punto di vista vibrazionale il motore dall’utilizzatore.
Pot.(kW)

smissione (a cinghia piana, trapczia e a ruota di frizione), sono da escludersi a


priori.
Si riporta anche un confronto tra gli ingombri, in termini del rapporto tra
volume occupato e potenza: da questo punto di vista la soluzione più compatta
è costituita dalla trasmissione a ingranaggi, mentre quella più ingombrante è la
trasmissione a cinghia piana. Nella Figura 10.27 si confrontano invece i campi di
funzionamento, nel piano potenza- velocità di rotazione dell’elemento motore, per
quanto riguarda le cinghie trapezoidali, dentate e le catene. Il grafico è costruito
considerando elementi normalmente in commercio.
Figura 10.28 Classificazione dei giunti meccanici.

H—H-w
Disallineamento parallelo Giunto a libertà assiale

Disallineamento angolare Giunto a libertà angolare

Figura 10.27 Confronto tra I campi di utiizzodi tre trasmissioni in commercio (cinghia
trapezoidale, cinghia dentata e catena). Figura 10.29 Tipi di disallineamento degli alberi e libertà dei giunti.
264 Capitolo 10 Gli elementi delle macchine 265

10.4 Sistemi d'arresto delle macchine frenante Cf. Se non interviene un adegunto raffreddamento, la temperatura si por¬
ta al di fuori del campo di lavoro del materiale delle guarnizioni, provocando la
I freni sono gli organi preposti all’arresto della macchina ed eventualmente anche sostanziale inefficacia del freno.
al suo stazionamento. Esistono numerose tipologie di freni, che utilizzano fluidi,
interazioni elettromagnetiche (freni a correnti parassite) e componenti solidi (freni 10.5 I cuscinetti
meccanici). Solo questi ultimi sono in grado di soddisfare entrambe le funzioni,
quella di arresto e quella di stazionamento. Nel seguito ci si riferirà ai soli freni Scopo dei cuscinetti è di realizzare il sistema di vincolo per gli organi rotanti (assi
meccanici, che per effetto deH’attrito radente tra due componenti solidi, dissipano e alberi) in modo da garantire:
energia meccanica in calore. La condizione di attrito statico consente invece lo
stazionamento, ossia la permanenza in stato di quiete, anche in presenza di azioni • il corretto posizionamento dell’organo rotante, evitando condizioni di iperstati-
applicate alla macchina. cità e sforzi aggiuntivi dovuti a dilatazioni termiche impedite;
In base alla forma dei membri che lo compongono, il freno si può classi¬ • consentire le inflessioni cui l’albero è soggetto a fronte dei carichi applicati;
ficare come indicato nella Figura 10.30. Tra le grandezze che caratterizzano il • trasferire i carichi applicati alla struttura portante;
funzionamento del freno vi sono: • mantenere le proprie caratteristiche funzionali al variale delle condizioni di
funzionamento (velocità di rotazione, entità dei carichi applicati, temperatura).
® forza di comando (o di azionamento): è la forza da applicale al comando del
freno;
o efficacia: definita dal rapporto tra la forza d’attrito applicata e la forza di co¬
mando;
<» indice di sensibilità: inteso come rapporto tra la variazione percentuale della
coppia frenante e la variazione percentuale del coefficiente di attrito.

Fi eni a tamburo

(a staffa mobile )
(Freni adisco } [a disco mobile j
Figura 10.31 Da sinistra: esempi di cuscinetto a strisciamento (semiguscio inferiore),
a lubrificazione e a rotolamento a sfere.
Figura 10.30 Classificazione dei freni meccanici.

Un freno che ha un’elevata efficacia è in genere caratterizzato anche da un’al¬ Ci si soffermerà sulle tre tipologie più diffuse di cuscinetto: a strisciamento, a
ta sensibilità, ossia è soggetto a una variazione di comportamento più inarcata rotolamento e a lubrificazione (idrostatica e idrodinamica) (Figura I0.31). Le
a seguito di variazioni del coefficiente di attrito radente, dovuta, per esempio, a grandezze che determinano la condizione di lavoro, e quindi la scelta fra le tre ti¬
variazioni delle condizioni ambientali e della temperatura. Poiché nei freni mec¬ pologie ora menzionate, sono la pressione convenzionale, calcolata (Figura 10.32)
canici il rallentamento viene ottenuto tramite le azioni di attrito radente scambiate come rapporto tra il carico radiale e la proiezione delle superfici a contatto, e la
tra le parti fisse e quelle mobili, un aspetto molto importante è la stabilità delle velocità periferica del perno, calcolata come prodotto tra il raggio nominale del
caratteristiche del materiale di attrito, in particolare in funzione della temperatura. perno e la sua velocità di rotazione.
Schematicamente il problema può essere posto nei seguenti termini: le for¬ Un confronto può essere fatto fissando le dimensioni del cuscinetto (diametro
ze di attrito radente, che provvedono a generare la coppia frenante, producono D e larghezza B) e considerando sia il carico che il cuscinetto deve sostenere, sia
calore per effetto della dissipazione di potenza a essa associata. Questa, a sua la velocità di rotazione dell’albero.
volta, innalza la temperatura del freno, e in particolare del materiale di cui sono Le superfici effettivamente a contatto hanno estensione molto diversa fra le
costituite le guarnizioni del freno (ossia gli elementi direttamente interessati dal tre tipologie: nel caso di un cuscinetto a strisciamento si ha infatti un contatto tra
contatto strisciante). Questo innalzamento di temperatura provoca una diminuzio¬ superfici nominalmente conformi, nel caso del cuscinetto a rotolamento un contat¬
ne del coefficiente di attrito radente fa, e di conseguenza del valore della coppia to sfera-pista (o rullo pista), mentre per il terzo tipo è l’intera superficie lubrificata

( ... ( i j ( ) ( : ( ( <
( ( ( (
266 Capitolo 10 Gli elementi delle macchine 267

Figura 10.32 Dimensioni utilizzate per il calcolo della pressione convenzionale in un


accoppiamento perno-cuscinetto, diametro D e lunghezza B. Cuscinetto a rotolamento
Cuscinetto a strisciamento
Cuscinetto a lubrificazione

a essere interessata. Risulta quindi conveniente, dal punto di vista pratico, riferir¬ Figura 10.33 Campi di utilizzo dei cuscinetti a strisciamento, a rotolamento e a
si alle grandezze macroscopiche carico e velocità di rotazione, c alle dimensioni lubrificazione.
geometriche macroscopiche D e B. come mostrato nella Figura 10.32. Le tipo¬
logie esaminate mostrano tipi di limitazioni differenti riguardo queste due gran¬
dezze; il campo di utilizzo può quindi essere riportato nel piano carico-velocità di del cuscinetto. Dovendo risultare:
rotazione (Figura 10.33).
Nel caso del cuscinetto a strisciamento, si ha una prima limitazione sul carico pV
> costante
indipendente dalla velocità, dovuta alla resistenza del materiale di rivestimento, P
e una seconda limitazione che riguarda l’usura delle superfìci a contatto, che nel
con /z che rappresenta la viscosità del lubrificante, a temperatura costante si ha
caso di usura abrasiva o adesiva, è associata al prodotto P • V, essendo V la velo¬

cità periferica del perno. La curva P V costante, nel piano doppio logaritmico
P —n diviene una retta discendente con la velocità di rotazione. A ciò si aggiunge
P < V- costante, ossia il carico sopportabile cresce con la velocità. All’aumen-
tare della velocità di rotazione, però, cresce anche la potenza dissipata per effetto
della viscosità /z, si incrementa quindi la temperatura del lubrificante causando la
anche il limite termico, dovuto alla potenza dissipata, anch’essa proporzionale al
diminuzione della viscosità stessa. Pertanto, dopo aver raggiunto un massimo, la
prodotto PV.
capacità portante del cuscinetto diminuisce.
Anche per il cuscinetto a rotolamento si ha un limite dovuto alla pressione Le considerazioni qualitative sopra svolte possono essere riassunte nei grafici
locale nell’ impronta di contatto, mentre il secondo limite è dettalo dalla fatica. di selezione del tipo di cuscinetto, come quello messo a punto dall’ESDU, e mo¬
Per i cuscinetti a sfere la durata in ore, è propozionale a -p , per cui, essendo:
strato nella Figura 10.33. Per diverse dimensioni del perno, e rapporto B/D = 1,
sono indicati i campi di utilizzo dei tre tipi di cuscinetto.
L\,
— n

/1
60 — 1
li oc r
Pi

si ha che il prodotto nP3 = costante per un’assegnata durata li in ore. Tale


limitazione si traduce nel piano P-n in una retta con pendenza pari a 1/3.
I cuscinetti a lubrificazione, infine, mostrano un limite inferiore legato allo
spessore minimo del meato richiesto, dipendente dal termine che deve essere
maggiore dell’altezza limite per garantire il distacco tra le superfìci del perno e

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