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Processi Psicologici e Costruzione Sociale Delle Conoscenze
Processi Psicologici e Costruzione Sociale Delle Conoscenze
“Anthropos physei politikon zoon“ (Aristotele, “l’uomo è per sua natura un animale politico”), poi letta come l’uomo
per sua natura è un animale sociale, ci dice che ontologicamente (ontologia studia l’essere in quanto tale) l’uomo
non esiste in quanto singolo ma come animale sociale. La psicologia sociale è la disciplina che studia le interazioni
umane (non si sta parlando di due esseri umani ma di tutte le relazioni che la soggettività ha con un oggetto) e le
relazioni interpersonali. Dualità, dialettica soggetto-oggetto fondamentale, alla base e studiata dalla psicologia
sociale. Concetto di persona: dal latino (etrusco) cioè maschera, quando interagiamo con l’esterno o con le cose.
Questa dialettica porta a sviluppi e acquisizione di conoscenze. Concetto di anima: psychè nome greco di anima,
Aristotele dice che l’anima e la vita sono la stessa cosa. Perimetrare il rapporto dialettico tra soggetto e oggetto. Il
processo di socializzazione (in sede filosofica Heidegger e sede psicologica Ludwig Binswanger) è stato
schematicamente scandito in 3 fasi:
-relazione diadica: a due, espressione della prima esperienza che il bambino fa con la figura materna che garantisce
la gratificazione di suoi bisogni fondamentali (bambino soggetto-madre oggetto) -Jung l’inconscio si esprime per
immagini; se il materno o la relazione non è corrispondente si entra nel campo possibile delle patologie o sofferenze,
c’è un frattura di mancanza di corrispondenza a livello immaginale-, alla base della sicurezza (elemento, sentimento,
stato d’animo fondamentale nello sviluppo) affettiva garantita dalla continua presenza di segnali positivi e dalla loro
riconferma dopo brevi periodi di assenza, il progressivo ripetersi di presenza-assenza-presenza della madre genera
nel bambino una fiducia nel ritorno o come la definisce Erikson una fiducia di base caratterizzata non più dalla
presenza del segnale gratificante, ma dall’accettazione della sua assenza che attenua la dipendenza, consentendo il
passaggio alla fase successiva
-relazione triadica: consente progressiva autonomizzazione consente al bambino una più ampia esperienza che
favorisce il confronto con la figura paterna, percepita come figura normativa e come oggetto di competizione, la
figura materna assume un elemento fondamentale di riferimento per la normazione (?)
-relazione di gruppo: prende avvio dalla relazione fraterna per passare a quella ludica e scolastica, caratterizzata
dalla relazione di competitività e che ha per oggetto di riferimento la norma rappresentata dalla coppia genitoriale,
dall’insegnante o dal leader di gruppo.
Per conoscere sé stessi l’elemento psicologico fondamentale risiede nell’affettività primaria, quella padre-madre-
fratelli.
-il comportamentismo ritiene che la socializzazione sia la risposta alle azioni degli altri, assunte quindi come stimolo
sociale, rispetto al quale l’individuo si comporta come davanti a uno stimolo fisico, cioè reagisce per
condizionamento e generalizza lo stimolo e rinforza le risposte
-la psicanalisi con Freud considera il mondo sociale come un polo del conflitto in relazione all’altro polo delle
esigenze pulsionali dell’individuo (tripartizione di es -pulsioni biologiche-, io -complesso di soggettività, risultante
delle altre due istanze- e super-io -parte della normazione vigente nella cultura, regole del sociale)
-la psicologia evolutiva (che trova in Erikson uno dei suoi pionieri) concepisce la socializzazione come una tappa del
processo evolutivo che l’individuo raggiunge quando realizza l’ego identity (non è il sentimento della propria identità
con la percezione dell’interumano come altro da sé, ma come dice Erikson, la condizione della persona che ha una
cosciente fiducia che le sue capacità di mantenere un’uguaglianza e una continuità interiore combacino con
l’uguaglianza e la continuità del significato che essa ha per altri; è quando si assiste a un combaciare della percezione
di uguaglianza e continuità interiore -si potrebbe dire di coerenza dello sviluppo psichico o di un discorso psichico-
rispetto a quello che hanno gli altri, combaciare tra una percezione auto propria che ciascuno ha di sé rispetto quella
che hanno gli altri di noi stessi) che ha il suo contrario nell’ego diffusion (correlato negativo, dipendenza
dall’ambiente interumano considerata come segno di regresso dell’ego).
-il funzionalismo interpreta il processo di socializzazione, sia quello corretto sia quello stereotipato, in termini di
utilità psicologica, in base alla rispondenza dei rapporti sociali e ai bisogni, alle idee e atteggiamenti di ciascun
individuo; approccio che mette in risalto la sua funzionalità; il concetto chiave è utilità psicologica [atteggiamento -
complesso valutativo di pensieri, sensazioni, emozioni, immagini, che ci porta a creare un’azione, è un processo
intrapsichico, disposizione a fare qualcosa vs comportamento -esteriorizzazione fisica, vissuto, manifesto, fisicità
esibita, il psicologico si è estrovertito, si è reso manifesto; l’atto psichico in sé è qualcosa che precede la
manifestazione dell’atto]
-il cognitivismo (in opposizione al comportamentismo che concepisce il processo di socializzazione come risposta a
uno stimolo) ritiene che la socializzazione sia promossa da un reale interesse per l’ambiente che il soggetto
percepisce in base al proprio livello cognitivo, che dipende dalle sue precedenti esperienze -elemento chiave aspetto
cognitivo; ogni soggetto non interagisce originariamente con gli altri ma con la rappresentazione che ha degli altri i
quali a loro volta hanno una rappresentazione di lui, ciò comporta l’esistenza di un campo della rappresentazione
dove sono le condizioni che influenzano l’interazione individuale o sociale la quale a sua volta riorganizza il campo di
rappresentazione riducendo le dissonanze
-la psicologia della forma in base al principio che gli elementi parziali sono determinati in larga misura dalla struttura
totale, possiamo capire che essa sottolinea la tendenza all’assimilazione e al contrasto dell’individuo nei confronti
del gruppo, la percezione dell’individuo rispetto al gruppo nonché la tendenza alla buona forma per cui nella
relazione sociale ogni cambiamento o contrasto tende ad essere assorbito in modo da ridurre il possibile effetto
destrutturante, ciò spiega perché i messaggi negativi che possono comparire in una relazione, tendono a essere
interpretati in modo da non modificare lo stato di amicizia, così come i segnali che dovrebbero mettere in crisi la
propria ideologia tendono a essere razionalizzati per evitare il crollo della struttura ideologica (stiamo parlando di
processi psicologici, che sono molti e ognuno ha delle varianti); il soggetto per non contraddire il gruppo lo subisce, o
accetta, si acquieta nella pulsione dissonante rispetto all’idea del gruppo, ma pur di stare ed essere accettato nel
gruppo, accetta l’idea della maggioranza per quieto vivere; ma come nascono le scissioni: questo approccio non va
preso alla lettera; è vero anche il contrario cioè si generano scissioni, questo dipende molto dalla forza che ha la
persona di seguire un orientamento, un’idea diversa)
-la psicologia sistemica considera la singola personalità come originariamente inserita in un sistema di
comunicazione sociale dove ogni singolo membro influenza ed è influenzato dall’attività di ogni altro membro in una
rete polinodale, dove i parametri del sistema prevalgono sulle condizioni da cui esso ha tratto origine, per cui agendo
su quei parametri piuttosto che sul passato individuale dei singoli, è possibile una modificazione delle relazioni
interindividuali che bloccano lo sviluppo delle singole personalità e la modalità del loro relazionarsi; come per la
psicologia della forma, essa dà rilevanza al sistema (rete polinodale) piuttosto che alle singole interazioni umane,
importante per capire la psicologia del lavoro
-la fenomenologia ha evidenziato nella sua analisi esistenziale il concetto di nostralità (Wirheit) dove uno si relaziona
all’altro o nella forma autentica dell’accessibilità o in quella inautentica della manipolabilità, dove il tu da persona
diventa cosa da usare per i propri scopi; in questo secondo caso il mondo delle persone che ci circondando si risolve
nel mondo delle cose di cui ci attorniamo; la relazione sociale cessa di essere tra uomini per risolversi in relazione tra
ruoli (esperienze vissute spesso negativamente soprattutto da chi le scopre).
-la coesione difensiva, caratterizzata dalla polarizzazione di tutte le energie del gruppo contro un elemento esterno
reale o fantasmizzato avvertito come minaccioso, cioè il gruppo contro il nemico o avversario che diventa minaccioso
e può disgregare il gruppo, dimensione importante per quanto riguarda la lotta intestina ai gruppi politici ma anche
nelle aziende, lo si fa in modo molto meno dichiarato nelle organizzazioni, pubbliche o private, complesse ma anche
lì si vivono queste dinamiche. In questo modo i membri ritrovano, all’interno del gruppo, la possibilità di soddisfare il
proprio bisogno di appartenenza e di affiliazione, con rimozione delle proprie tensioni interne che vengono riferite a
un oggetto esterno percepito come persecutore e minacciante. Il processo di opposizione alimenta la coesione dei
singoli all’interno del gruppo, l’eliminazione delle tensioni interne va di pari passo con la gestione del potere affidato
solitamente a una personalità carismatica che rappresenta simbolicamente l’unità del gruppo e a cui vengono
conferite dai membri del gruppo tutte quelle caratteristiche che essi desidererebbero avere o tenderebbero a
ricusare perché percepite come condannabili dal proprio contesto sociale. In un sistema sociale a coesione difensiva,
si ha una riduzione della comunicazione all’interno del gruppo a favore della convergenza dei membri su credenze,
atteggiamenti univoci come se fosse più importante essere nel gruppo che fare qualcosa nel gruppo. La tematica
affiliativa induce ad assumere atteggiamenti di seduzione nei confronti del capo in cui trapela una profonda
dipendenza, con un arresto dell’evoluzione maturativa del gruppo, bloccata in una fase in cui è ricercata soprattutto
la sicurezza ed evidenti sono le frustrazioni connesse alla partecipazione a decisioni e al rischio di scelte personali
-conflitto istituzionalizzato: in questa seconda forma di organizzazione il conflitto non è percepito come minaccioso
e perciò può essere formalizzato attraverso la radicalizzazione stereotipata delle differenze dei singoli a livello di
tensioni ideali; il rapporto è possibile attraverso l’accentuazione delle differenze individuali in cui la propria funzione
nel gruppo si definisce in contrapposizione a quella degli altri; siccome le reazioni del singoli sono facilmente
prevedibili e corrispondono al copione del gioco che tutti conoscono, tutti i componenti possono esprimere il proprio
parere purché nella struttura dell’organizzazione nulla cambi; ne consegue che nel sistema conflitto istituzionalizzato
le comunicazioni sono molto elevate ma scarsamente efficaci, perché ciò che importa è che le diverse componenti
siano costantemente coerenti col ruolo stereotipato a loro attribuito. Il potere non si basa sulle caratteristiche
personali ma sulle funzioni esercitate nell’organizzazione. Ai rapporti di dipendenza tipici del sistema a coesione
difensiva, qui la regola è la controdipendenza
-sistema di interdipendenza, caratterizzato da una necessità continua di confronto sugli obiettivi del gruppo
percepiti come comuni sui metodi da adottare; ciò limita i gradi di libertà dell’individuo e non offre quei vantaggi di
protezione invece propri del rapporto di dipendenza, perché l’esercizio del potere viene percepito come
responsabilità che il gruppo può affidare ai suoi componenti e non come mezzo di rassicurazione di fronte ai propri
vissuti di impotenza; il fine comune obbliga a una elaborazione di anticipazioni per leggere il reale e intervenire con
continui test di realtà che obbligano a modificare continuamente le anticipazioni formulate sul reale, la minaccia alla
propria coesione viene affrontata accettando e mettendo in atto processi di cambiamento, quindi nuove strategie e
nuovi significati su cui fondare la propria esperienza sociale. I conflitti non sono superati formalmente ma analizzati
nel loro porsi e generarsi, un atteggiamento, questo, promosso dal comune obiettivo per la realizzazione della quale i
singoli membri si percepiscono come funzionari.
Con sociopatia si intende o una mancanza di socializzazione quindi asocialità o la realizzazione di una relazione
sociale in contrasto o in conflitto con le norme della società vigente quindi antisocialità. Nel primo caso si parla di
sociopatia deficitaria, caratterizzata dall’incapacità di vivere una relazione sociale e l’appartenenza ad un gruppo, nel
secondo caso si parla di sociopatia abnorme, che può assumere o le forme tipiche della psicopatia o quelle della
dipendenza assoluta dell’individuo al gruppo dai tratti marcatamente antisociali o coercitivi. La risocializzazione si
propone per il secondo tipo di sociopatia (abnorme) di operare un meccanismo dove è prevista una prima fase
desocializzante seguita da una seconda risocializzante su altri tipi di valori o di forme di coesione (esempio
delinquenza). Le due fasi sono solo teoricamente disgiunte perché un gruppo di appartenenza viene a cadere come
punto di attrazione psichica solo se, se ne costituisce un altro in grado di coinvolgere l’attenzione agli interessi
ancora liberi. Nel caso in vece della sociopatia deficitaria non si può parlare di risocializzazione ma piuttosto di
interventi volti a ridurre la dissonanza cognitiva che non ha consentito il processo di socializzazione, infatti quando
c’è contraddizione tra gli strumenti cognitivi di cui si dispone e l’ambiente sociale a cui si dovrebbe prendere parte, si
riduce il conflitto e la conseguente tensione o tramite un cambiamento nel proprio assetto cognitivo o tramite
l’astensione dal prendere parte alla complessità sociale. Concetto di conoscenza: è un termine generico che
abbraccia tutti gli aspetti cognitivi (percezione, memoria, immaginazione, pensiero, critica, giudizio) distinti da quelli
cosiddetti oretici (volizione e affettività). Sia in ambito filosofico che psicologico, la conoscenza è considerata una
gerarchia cumulativa, ottenuta con l’integrazione successiva dell’esperienza, e con graduale passaggio dal più
concreto al più astratto. Sottesa è l’ipotesi teleologica (telos=il fine) che convalida (?) rispettivamente l’ordine
cronologico dell’acquisizione conoscitiva con l’ordine razionale, fino ad ipotizzare con Piaget strutture mentali che si
dischiuderebbero secondo un criterio di sempre maggiore complessità (spiega tutti i passaggi fondamentali per
l’acquisizione della conoscenza visto che è a un livello x). Oggi la scoperta di curve decrescenti e regressive di
apprendimento, la preminenza [superiorità indiscussa] di meccanismi selettivi che comportano l’inibizione di un
certo numero di possibilità, cui corrisponde il mantenimento e potenziamento di altre, ha messo in crisi la
corrispondenza tra sviluppo cronologico e sviluppo razionale della conoscenza e soprattutto l’ipotesi piagetiana di
strutture mentali preformate NO (Feldman e Tulmin: il presupposto delle strutture individuate da Piaget è che esse si
sviluppano nella mente del bambino in base alla propria ontogenesi naturale invece che o invece di essere intese
come interiorizzazioni di strutture formali esterne. Bisogna forse dedurne che la comparsa spontanea di strutture
mentali nel orso normale dello sviluppo non rappresenti il contenuto interiorizzato dell’educazione, ma costituisca
piuttosto un’espressione mentale immediata dello sviluppo delle strutture fisiche o fisiologiche corrispondenti? In tal
caso potremmo concludere che l’evoluzione ha creato un’armonia prestabilita per cui le strutture fisiologiche si
manifestano naturalmente nella sequenza più adatta all’ontogenesi delle capacità cognitive. Bisognerebbe allora
prima ancora di accettare come autentiche le strutture mentali, cercare una conferma nelle ipotesi neurofisiologiche
connesse. Nello sviluppo della conoscenza si è soliti distinguere una struttura cognitiva, che si riferisce
all’organizzazione individuale della propria passata esperienza, in un modello gerarchico in schemi concettuali
correlati con cui viene confrontata l’esperienza in corso, allo scopo di facilitare la settorializzazione delle nuove
informazioni e aumentare l’efficacia di questo processo e invece un’efficienza cognitiva proporzionata a livello di
codificazione delle informazioni, solitamente sotto forma di linguaggio e a livello di comunicazione per la
trasmissione delle informazioni e la correlazione tra conoscenza e linguaggio. (NO) ). Habermas connette (al?)la
conoscenza tre interessi umani: tecnico, pratico, emancipatorio. La conoscenza tecnica si riferisce alle relazioni delle
variabili dipendenti e indipendenti, permette di scegliere mezzi migliori per determinati fini; la conoscenza pratica si
riferisce ai significati e alle norme e aspettative comuni e permette di comunicare con gli altri e agire
cooperativamente; la conoscenza emancipatoria permette di liberarci dalle convinzioni comuni che limitano la
nostra percezione di possibili obiettivi e aspirazioni. Su questa base relativamente all’idea di Habermas e a questo
concetto strutturante e gerarchicamente organizzato di conoscenza secondo Piaget e sulla cui impostazione si può
dire che la conoscenza si sviluppa col progredire dell’esperienza personale e delle correlazioni
soggetto-oggetto/ambiente, relazioni intra e interindividuali, sua impostazione sui fattori dell’identità (concreto-
astratto-concreto). La conoscenza ha una funzione autoregolativa elle emozioni, più si conosce se stessi più l’emotivo
viene gestito meglio ed ha una funzione curativa.
Concetto di sé: grande concetto anche della psicologia analitica (o junghiana o psicanalisi ad orientamento
junghiano) anche se non è esclusivo del pensiero di Jung ma proprio e comune di molti approcci psicologici, molto
anche della psicologia sociale. Psicanalisi sé Kohut come complesso che deriva dai ricordi e dalle esperienze
precedenti e che individua un complesso centrale della personalità relativo al superamento o meno di assenze nei
rapporti affettivi iniziali (con i genitori) questo porta a uno sviluppo psichico in un senso piuttosto che in un altro e
quindi a una determinazione di una struttura complessa piuttosto che a un’altra. Il sé si può rappresentare come una
casa complessa: una stanza all’interno della casa è l’io, la parte più piccola della personalità -abbiamo molti io? Sì. In
America è stato per primo William(s?) James, filosofo e psicologo, nel 1890 considerato il padre fondatore della
psicologia americana, a individuare le caratteristiche del cosiddetto me (sé in prima persona) che poi è diventato un
oggetto fondamentale di conoscenza, tale stanza per James si articola in 3 componenti: un me o sé materiale
(include le conoscenze che un individuo possiede a proposito del proprio corpo, ad esempio, ma che si estendono
anche a domini confinanti: ne fanno parte i vestiti, casa, proprietà, famiglia), sociale (attiene alle molteplici immagini
che gli altri hanno dell’individuo e si articola in tante rappresentazioni quante sono le forme di rapporto che lo
uniscono agli altri; ad esempio un individuo che lavora in un ufficio e nel tempo libero faccia parte di un’associazione
sportiva, sarà caratterizzato perlomeno da 2 me sociali corrispondenti alle immagini che gli altri nei 2 ambienti hanno
di lui) e spirituale (che attiene alle conoscenze che un individuo possiede rispetto alle sue facoltà psicologiche, ai suoi
tratti di personalità, disposizioni, atteggiamento, motivazioni, interessi). A lungo gli psicologi si sono interessati del
problema di come il sé possa realizzarsi contemporaneamente come conoscitore -l’io- e come oggetto di
conoscenza, questa dualità tra io e sé è fondamentale in quello che Jung nel processo psicologico fondamentale
chiama processo o percorso di
Principio di alterità, vero latitante in questo momento: siamo così presi dai nostri desideri che abbiamo grosse
difficoltà, anche dalle pressioni, dalle tante cose da fare, organizzare giornate piene di impegni con mobilità non
prossime o immediate, da queste perdite di tempo, che in effetti quello che viene a mancare è una cosa importante
per il benessere e l’equilibrio psichico, il principio di alterità. Il rapporto sociale si fonda su io e l’altro: il principio di
alterità dobbiamo sempre tenerlo in considerazione per avere una conoscenza globale (o è a 360° o è
disconoscenza), la vera conoscenza, che trova il momento di pacificazione e quindi anche l’uscita dal problema, è
proprio quando si configura una piena sintonia tra l’io e l’altro. Rapporto tra io come conoscitore e sé o me oggetto
da conoscere: il me è, nella concezione soprattutto di Jung, un insieme di istanze, non solo un oggetto da conoscere
che si distingue rispetto a colui che è il conoscitore, questo rende il sé una dimensione non elementare ma
estremamente complessa. Poi si trova che è elementare o unitario alla fine del percorso di conoscenza, ma
certamente non all’inizio, dove ci appare come frammentato. Sé come un puzzle, i cui frammenti sono addirittura
dispersi, quindi bisogna spesso riconoscere i frammenti, fare un processo di ricomposizione dei frammenti, quando
iniziamo a montare il puzzle l’immagine comincia ad avere un senso, questo è il processo di conoscenza
fondamentale.
Processo di inclusività (..?), cercare di evitare di escludere a priori, che porta a una mancanza di riconoscimento che
porta a sentimenti positivi, ma porta a una negativizzazione del sentimento e dello stato d’animo e quindi ad una
conseguente attività belligerante con l’escluso, con colui che ha avuto un esito di riconoscimento negato, questo è
pericoloso perché dà origine a conflitti e contenziosi nella migliore delle ipotesi perché alle volte non ci si ferma
nemmeno lì e leggiamo sui giornali gli effetti di persone che sono state secondo loro ingiustamente escluse da
contesti, si creano situazioni disperanti e disperate; grande principio di socializzazione, fondamentale. In Italia si
accompagna con l’esterofilia, il bisogno di conoscere all’esterno, non può essere illimitato, non possiamo conoscere
bene molte o troppe cose, bisogna conoscere cose in modo molto selettivo, un po’ alla volta, ci vuole un equilibrio
tra questi attori, forze e agenti psichici dentro di noi, però includere a priori è un modo molto efficace con tutti i
segni positivi, poi l’esclusione può avvenire se la persona ha condotte negative rispetto al gruppo o rispetto all’altro
che frequenta.
sofferenze (lo si vede si a livello individuale come nei sogni, sia a livello collettivo) [il panico è archetipicamente
riferibile al mito della dea Pan, la patologia del grande vuoto]. Possibili cause di sofferenze legate ai processi di
trasformazione: situazioni di panico generale, cambiamento del luogo in cui si vive, perdita del lavoro. I processi di
trasformazione possono portare dei conflitti. [terrore è una delle figure nella mitologia che accompagna, insieme alla
paura, Marte -Ares, il dio sanguinario della guerra-, phobos è la paura che accompagna Ares, e c’è anche la divinità
del terrore; suo libro “Archetipi delle nazioni e miti per questi tempi”, due è il numero del conflitto e se non spegne,
se non si trovano vie di mediazione attraverso un terzo, si rischia la radicalizzazione, processo pericolosissimo e
doloroso, sia a livello intrapsichico, individuale, quindi un conflitto esperito dalla persona che deve andare in terapia,
altrimenti se la psiche agisce a livello collettivo -psiche collettiva per parlarne in termini junghiani- si può arrivare ala
guerra vera e propria; un colore della guerra è il viola, che si trova sula tavolozza mischiando blu e rosso che si
vedono rappresentare dappertutto il principio freddo e quello calo, quindi gli opposti che si toccano ed entrano in
contatto e danno origine al viola, il vila lo si trova nei momenti di passaggio dal buio alla luce, all’alba o è l’ultimo
colore dalla luce al tramonto prima dell’arrivo del blu della notte; la radicalizzazione dello scontro trova sempre i suoi
campioni, princìpi, che diventano poi i capi popolo, capi partito, nella dinamica del processo di radicalizzazione
diventano i leader del singolo polo, che si contrappongono all’altro]. [ipotesi del bilancio, ci si chiede se l’azione che
si sta facendo per quanto sostenuto idealmente o su basi di giustizia vale al pena di essere combattuta.
Differenziazione di piani della coscienza, legale, di merito, sostanziale, sociale, dell’opportunità, vari aspetti, varie
forze psichiche, una ti dice di farlo una di non farlo, il nostro lavoro è cercare una cesura, un terzo che rappresenti
una soluzione che ci porti fuori dal tunnel. Dal tunnel la psiche vuole uscire, perché gli è insopportabile vivere
continuamente nell’Ade, oscurità, un passaggio nell’inferno si accetta anche lungo con la speranza sempre che ci sia
un’uscita, la psiche cerca la fine del tunnel anche mossa dal principio finalistico, teleologico. La psiche cerca la via
d’uscita dal tunnel o in un senso o nell’altro: uno è uccidersi, uscire dal corpo, finire questa vita perché non è
piacevole quindi autolesionistica di autoeliminazione, per eliminare l’insopportabile sofferenza di questo conflitto se
non si trovano soluzioni o terze vie, intermedie o capaci di unire le due pulsioni in conflitto, in guerra, mentre l’altro
è luminoso, in questa vita, in questo corpo, con l’aiuto di un terapeuta o qualcuno cui riserviamo fiducia e
autorevolezza di trovare queste soluzioni dei nostri conflitti; non c’è una vita però che sia esente da problemi e da
conflitti]. Archetipo del conflitto, da dopo il due si arriva al terzo che è il numero che coniuga gli opposti in conflitto,
è il portato anche della teoria della fionda (del prof) -italiana, non tipo del David, ma quella in cui c’è un elastico su
uno strumento a biforcazione: l’elastico serve a prendere l’oggetto attraverso la tensione dell’elastico si carica
quanto più possibile e poi quanto più viene caricato in una direzione tanto più l’oggetto viene scagliato nella
direzione opposta. Teoria importante perché inevitabilmente tutto ciò che capita di positivo ha un suo retroterra o
suo precedente a volte anche successivo riscontro in negativo, non c’è modo, senza dolore, sofferenza, prostrazione,
umiliazione, di avere poi un riscontro positivo (capacità di pazienza, dal greco pathòs, sofferenza, di vivere il dolore,
sia propedeutico, preparatori a un momento positivo della vita).