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LEZIONE 1-Elementi di psicologia sociale e fasi del processo di socializzazione

“Anthropos physei politikon zoon“ (Aristotele, “l’uomo è per sua natura un animale politico”), poi letta come l’uomo
per sua natura è un animale sociale, ci dice che ontologicamente (ontologia studia l’essere in quanto tale) l’uomo
non esiste in quanto singolo ma come animale sociale. La psicologia sociale è la disciplina che studia le interazioni
umane (non si sta parlando di due esseri umani ma di tutte le relazioni che la soggettività ha con un oggetto) e le
relazioni interpersonali. Dualità, dialettica soggetto-oggetto fondamentale, alla base e studiata dalla psicologia
sociale. Concetto di persona: dal latino (etrusco) cioè maschera, quando interagiamo con l’esterno o con le cose.
Questa dialettica porta a sviluppi e acquisizione di conoscenze. Concetto di anima: psychè nome greco di anima,
Aristotele dice che l’anima e la vita sono la stessa cosa. Perimetrare il rapporto dialettico tra soggetto e oggetto. Il
processo di socializzazione (in sede filosofica Heidegger e sede psicologica Ludwig Binswanger) è stato
schematicamente scandito in 3 fasi:

-relazione diadica: a due, espressione della prima esperienza che il bambino fa con la figura materna che garantisce
la gratificazione di suoi bisogni fondamentali (bambino soggetto-madre oggetto) -Jung l’inconscio si esprime per
immagini; se il materno o la relazione non è corrispondente si entra nel campo possibile delle patologie o sofferenze,
c’è un frattura di mancanza di corrispondenza a livello immaginale-, alla base della sicurezza (elemento, sentimento,
stato d’animo fondamentale nello sviluppo) affettiva garantita dalla continua presenza di segnali positivi e dalla loro
riconferma dopo brevi periodi di assenza, il progressivo ripetersi di presenza-assenza-presenza della madre genera
nel bambino una fiducia nel ritorno o come la definisce Erikson una fiducia di base caratterizzata non più dalla
presenza del segnale gratificante, ma dall’accettazione della sua assenza che attenua la dipendenza, consentendo il
passaggio alla fase successiva

-relazione triadica: consente progressiva autonomizzazione consente al bambino una più ampia esperienza che
favorisce il confronto con la figura paterna, percepita come figura normativa e come oggetto di competizione, la
figura materna assume un elemento fondamentale di riferimento per la normazione (?)

-relazione di gruppo: prende avvio dalla relazione fraterna per passare a quella ludica e scolastica, caratterizzata
dalla relazione di competitività e che ha per oggetto di riferimento la norma rappresentata dalla coppia genitoriale,
dall’insegnante o dal leader di gruppo.

Per conoscere sé stessi l’elemento psicologico fondamentale risiede nell’affettività primaria, quella padre-madre-
fratelli.

LEZIONE 2-Psicodinamica della socializzazione secondo i diversi orientamenti-1


Psicodinamica della socializzazione: il processo di socializzazione ha come elementi della sua dinamica due
caratteristiche che Karl Jaspers definisce ontologiche, cioè che sono relative al fenomeno in sé, esso naturalmente in
sé ha quelle caratteristiche (perché tipiche della condizione umana) ovvero angoscia (suo correlato è la sicurezza) e
colpevolezza (consapevolezza???), che giocano il loro ruolo nei processi di socializzazione e appartenenza.
Trattandosi di caratteristiche ontologiche, sono ineliminabili ma fisiologicamente riducibili, infatti l’angoscia è
superabile con la progressiva sperimentazione dell’assenza che consente a poco a poco di tollerare la mancanza di
sicurezza garantita dalla presenza dell’oggetto gratificante. Quando il superamento non avviene o risulta difficoltoso,
si ricorre solitamente a sistemi artificiali di sicurezza come malattia, sintomo, fissazione nello sviluppo psichico,
assunzione compensatoria di anestetici (alcol, droga). La colpevolezza connessa al concetto di separazione dall’unità
originaria (soprattutto col padre ma non soltanto-colpa=collegato al padre col-pa, padre funzione normativa). I due
processi innescati da angoscia e colpevolezza agiscono nei passaggi dalla famiglia al gruppo ludico e da questo alla
scuola, dove il bambino sperimenta l’abbandono di una sicurezza raggiunta nel gruppo primario della famiglia per
guadagnarne un altro nel gruppo successivo, rottura di un equilibrio per arrivare a un altro equilibrio; in questo
passaggio, il bambino sperimenta diverse situazioni, prima di tutto una modificazione dei processi di identificazione
che passano e si traslitterano dai genitori agli insegnanti, poi un’evoluzione della sicurezza oggettuale rappresentata
dalla presenza fisica dell’oggetto gratificante a una sicurezza anaggettuale senza l’oggetto gratificante che non è più
la madre o il padre come fiducia in un rapporto che può esistere sociale pur in assenza temporanea dei soggetti con
cui si è stipulata (sorta di psichizzazione, passaggio dalla fisicità, dalla dipendenza da madre e padre, a una sicurezza
anaggettuale cioè non c’è bisogno di un oggetto fisico ma di una sicurezza sempre più guadagnata interiormente,
questo si ottiene col vivere, con l’esperienza), la maturazione del senso di appartenenza a unità superindividuali
come i gruppi o astratte come i valori. (Le diverse interpretazioni del) processo di socializzazione che è oggetto di
diverse interpretazioni che dipendono dagli orientamenti teorici da cui prendono le mosse le varie ipotesi, tra cui
ricordiamo:

-il comportamentismo ritiene che la socializzazione sia la risposta alle azioni degli altri, assunte quindi come stimolo
sociale, rispetto al quale l’individuo si comporta come davanti a uno stimolo fisico, cioè reagisce per
condizionamento e generalizza lo stimolo e rinforza le risposte

-la psicanalisi con Freud considera il mondo sociale come un polo del conflitto in relazione all’altro polo delle
esigenze pulsionali dell’individuo (tripartizione di es -pulsioni biologiche-, io -complesso di soggettività, risultante
delle altre due istanze- e super-io -parte della normazione vigente nella cultura, regole del sociale)

-la psicologia evolutiva (che trova in Erikson uno dei suoi pionieri) concepisce la socializzazione come una tappa del
processo evolutivo che l’individuo raggiunge quando realizza l’ego identity (non è il sentimento della propria identità
con la percezione dell’interumano come altro da sé, ma come dice Erikson, la condizione della persona che ha una
cosciente fiducia che le sue capacità di mantenere un’uguaglianza e una continuità interiore combacino con
l’uguaglianza e la continuità del significato che essa ha per altri; è quando si assiste a un combaciare della percezione
di uguaglianza e continuità interiore -si potrebbe dire di coerenza dello sviluppo psichico o di un discorso psichico-
rispetto a quello che hanno gli altri, combaciare tra una percezione auto propria che ciascuno ha di sé rispetto quella
che hanno gli altri di noi stessi) che ha il suo contrario nell’ego diffusion (correlato negativo, dipendenza
dall’ambiente interumano considerata come segno di regresso dell’ego).

LEZIONE 3 Psicodinamica della socializzazione secondo i diversi orientamenti-2


-la psicologia interpersonale espressa da Horney, Fromm o Sullivan, in cui la formazione dell’io viene emancipata dai
condizionamenti biologici a cui Freud l’aveva affidata per riferirla all’interazione umana considerata come originaria
e condizionante la stessa evoluzione biologica. Secondo Sullivan ciascun membro di un rapporto tra due persone
viene coinvolto come parte di un campo interpersonale e non come entità separata, in processi che vengono
influenzati dal campo che a loro volta lo influenzano (due soggetti in relazione sono mossi dalla relazione stessa e
non considerando la centralità della soggettività), approccio proprio della psicologia della forma (la totalità è più
della somma delle singole parti). Tra questi i più significativi sono i dinamismi, congiuntivi come il bisogno di intimità
che portano all’integrazione di una soluzione con conseguente riduzione o risoluzione della tensione, o disgiuntivi
che portano alla disintegrazione della situazione che diventa condizione necessaria per una nuova configurazione

-il funzionalismo interpreta il processo di socializzazione, sia quello corretto sia quello stereotipato, in termini di
utilità psicologica, in base alla rispondenza dei rapporti sociali e ai bisogni, alle idee e atteggiamenti di ciascun
individuo; approccio che mette in risalto la sua funzionalità; il concetto chiave è utilità psicologica [atteggiamento -
complesso valutativo di pensieri, sensazioni, emozioni, immagini, che ci porta a creare un’azione, è un processo
intrapsichico, disposizione a fare qualcosa vs comportamento -esteriorizzazione fisica, vissuto, manifesto, fisicità
esibita, il psicologico si è estrovertito, si è reso manifesto; l’atto psichico in sé è qualcosa che precede la
manifestazione dell’atto]

-il cognitivismo (in opposizione al comportamentismo che concepisce il processo di socializzazione come risposta a
uno stimolo) ritiene che la socializzazione sia promossa da un reale interesse per l’ambiente che il soggetto
percepisce in base al proprio livello cognitivo, che dipende dalle sue precedenti esperienze -elemento chiave aspetto
cognitivo; ogni soggetto non interagisce originariamente con gli altri ma con la rappresentazione che ha degli altri i
quali a loro volta hanno una rappresentazione di lui, ciò comporta l’esistenza di un campo della rappresentazione
dove sono le condizioni che influenzano l’interazione individuale o sociale la quale a sua volta riorganizza il campo di
rappresentazione riducendo le dissonanze

-la psicologia della forma in base al principio che gli elementi parziali sono determinati in larga misura dalla struttura
totale, possiamo capire che essa sottolinea la tendenza all’assimilazione e al contrasto dell’individuo nei confronti
del gruppo, la percezione dell’individuo rispetto al gruppo nonché la tendenza alla buona forma per cui nella
relazione sociale ogni cambiamento o contrasto tende ad essere assorbito in modo da ridurre il possibile effetto
destrutturante, ciò spiega perché i messaggi negativi che possono comparire in una relazione, tendono a essere
interpretati in modo da non modificare lo stato di amicizia, così come i segnali che dovrebbero mettere in crisi la
propria ideologia tendono a essere razionalizzati per evitare il crollo della struttura ideologica (stiamo parlando di
processi psicologici, che sono molti e ognuno ha delle varianti); il soggetto per non contraddire il gruppo lo subisce, o
accetta, si acquieta nella pulsione dissonante rispetto all’idea del gruppo, ma pur di stare ed essere accettato nel
gruppo, accetta l’idea della maggioranza per quieto vivere; ma come nascono le scissioni: questo approccio non va
preso alla lettera; è vero anche il contrario cioè si generano scissioni, questo dipende molto dalla forza che ha la
persona di seguire un orientamento, un’idea diversa)

-la psicologia sistemica considera la singola personalità come originariamente inserita in un sistema di
comunicazione sociale dove ogni singolo membro influenza ed è influenzato dall’attività di ogni altro membro in una
rete polinodale, dove i parametri del sistema prevalgono sulle condizioni da cui esso ha tratto origine, per cui agendo
su quei parametri piuttosto che sul passato individuale dei singoli, è possibile una modificazione delle relazioni
interindividuali che bloccano lo sviluppo delle singole personalità e la modalità del loro relazionarsi; come per la
psicologia della forma, essa dà rilevanza al sistema (rete polinodale) piuttosto che alle singole interazioni umane,
importante per capire la psicologia del lavoro

-la fenomenologia ha evidenziato nella sua analisi esistenziale il concetto di nostralità (Wirheit) dove uno si relaziona
all’altro o nella forma autentica dell’accessibilità o in quella inautentica della manipolabilità, dove il tu da persona
diventa cosa da usare per i propri scopi; in questo secondo caso il mondo delle persone che ci circondando si risolve
nel mondo delle cose di cui ci attorniamo; la relazione sociale cessa di essere tra uomini per risolversi in relazione tra
ruoli (esperienze vissute spesso negativamente soprattutto da chi le scopre).

LEZIONE 4-Cenni di organizzazione sociale, sociopatia, risocializzazione,


conoscenza
Le configurazioni sociali dal piccolo gruppo alla società nel suo complesso sono organizzate da dinamiche molto
differenti tra loro che Carli ha ricondotto a 3 figure fondamentali:

-la coesione difensiva, caratterizzata dalla polarizzazione di tutte le energie del gruppo contro un elemento esterno
reale o fantasmizzato avvertito come minaccioso, cioè il gruppo contro il nemico o avversario che diventa minaccioso
e può disgregare il gruppo, dimensione importante per quanto riguarda la lotta intestina ai gruppi politici ma anche
nelle aziende, lo si fa in modo molto meno dichiarato nelle organizzazioni, pubbliche o private, complesse ma anche
lì si vivono queste dinamiche. In questo modo i membri ritrovano, all’interno del gruppo, la possibilità di soddisfare il
proprio bisogno di appartenenza e di affiliazione, con rimozione delle proprie tensioni interne che vengono riferite a
un oggetto esterno percepito come persecutore e minacciante. Il processo di opposizione alimenta la coesione dei
singoli all’interno del gruppo, l’eliminazione delle tensioni interne va di pari passo con la gestione del potere affidato
solitamente a una personalità carismatica che rappresenta simbolicamente l’unità del gruppo e a cui vengono
conferite dai membri del gruppo tutte quelle caratteristiche che essi desidererebbero avere o tenderebbero a
ricusare perché percepite come condannabili dal proprio contesto sociale. In un sistema sociale a coesione difensiva,
si ha una riduzione della comunicazione all’interno del gruppo a favore della convergenza dei membri su credenze,
atteggiamenti univoci come se fosse più importante essere nel gruppo che fare qualcosa nel gruppo. La tematica
affiliativa induce ad assumere atteggiamenti di seduzione nei confronti del capo in cui trapela una profonda
dipendenza, con un arresto dell’evoluzione maturativa del gruppo, bloccata in una fase in cui è ricercata soprattutto
la sicurezza ed evidenti sono le frustrazioni connesse alla partecipazione a decisioni e al rischio di scelte personali

-conflitto istituzionalizzato: in questa seconda forma di organizzazione il conflitto non è percepito come minaccioso
e perciò può essere formalizzato attraverso la radicalizzazione stereotipata delle differenze dei singoli a livello di
tensioni ideali; il rapporto è possibile attraverso l’accentuazione delle differenze individuali in cui la propria funzione
nel gruppo si definisce in contrapposizione a quella degli altri; siccome le reazioni del singoli sono facilmente
prevedibili e corrispondono al copione del gioco che tutti conoscono, tutti i componenti possono esprimere il proprio
parere purché nella struttura dell’organizzazione nulla cambi; ne consegue che nel sistema conflitto istituzionalizzato
le comunicazioni sono molto elevate ma scarsamente efficaci, perché ciò che importa è che le diverse componenti
siano costantemente coerenti col ruolo stereotipato a loro attribuito. Il potere non si basa sulle caratteristiche
personali ma sulle funzioni esercitate nell’organizzazione. Ai rapporti di dipendenza tipici del sistema a coesione
difensiva, qui la regola è la controdipendenza

-sistema di interdipendenza, caratterizzato da una necessità continua di confronto sugli obiettivi del gruppo
percepiti come comuni sui metodi da adottare; ciò limita i gradi di libertà dell’individuo e non offre quei vantaggi di
protezione invece propri del rapporto di dipendenza, perché l’esercizio del potere viene percepito come
responsabilità che il gruppo può affidare ai suoi componenti e non come mezzo di rassicurazione di fronte ai propri
vissuti di impotenza; il fine comune obbliga a una elaborazione di anticipazioni per leggere il reale e intervenire con
continui test di realtà che obbligano a modificare continuamente le anticipazioni formulate sul reale, la minaccia alla
propria coesione viene affrontata accettando e mettendo in atto processi di cambiamento, quindi nuove strategie e
nuovi significati su cui fondare la propria esperienza sociale. I conflitti non sono superati formalmente ma analizzati
nel loro porsi e generarsi, un atteggiamento, questo, promosso dal comune obiettivo per la realizzazione della quale i
singoli membri si percepiscono come funzionari.

Tre forme che soggiacciono, articolano, l’organizzazione sociale.

Con sociopatia si intende o una mancanza di socializzazione quindi asocialità o la realizzazione di una relazione
sociale in contrasto o in conflitto con le norme della società vigente quindi antisocialità. Nel primo caso si parla di
sociopatia deficitaria, caratterizzata dall’incapacità di vivere una relazione sociale e l’appartenenza ad un gruppo, nel
secondo caso si parla di sociopatia abnorme, che può assumere o le forme tipiche della psicopatia o quelle della
dipendenza assoluta dell’individuo al gruppo dai tratti marcatamente antisociali o coercitivi. La risocializzazione si
propone per il secondo tipo di sociopatia (abnorme) di operare un meccanismo dove è prevista una prima fase
desocializzante seguita da una seconda risocializzante su altri tipi di valori o di forme di coesione (esempio
delinquenza). Le due fasi sono solo teoricamente disgiunte perché un gruppo di appartenenza viene a cadere come
punto di attrazione psichica solo se, se ne costituisce un altro in grado di coinvolgere l’attenzione agli interessi
ancora liberi. Nel caso in vece della sociopatia deficitaria non si può parlare di risocializzazione ma piuttosto di
interventi volti a ridurre la dissonanza cognitiva che non ha consentito il processo di socializzazione, infatti quando
c’è contraddizione tra gli strumenti cognitivi di cui si dispone e l’ambiente sociale a cui si dovrebbe prendere parte, si
riduce il conflitto e la conseguente tensione o tramite un cambiamento nel proprio assetto cognitivo o tramite
l’astensione dal prendere parte alla complessità sociale. Concetto di conoscenza: è un termine generico che
abbraccia tutti gli aspetti cognitivi (percezione, memoria, immaginazione, pensiero, critica, giudizio) distinti da quelli
cosiddetti oretici (volizione e affettività). Sia in ambito filosofico che psicologico, la conoscenza è considerata una
gerarchia cumulativa, ottenuta con l’integrazione successiva dell’esperienza, e con graduale passaggio dal più
concreto al più astratto. Sottesa è l’ipotesi teleologica (telos=il fine) che convalida (?) rispettivamente l’ordine
cronologico dell’acquisizione conoscitiva con l’ordine razionale, fino ad ipotizzare con Piaget strutture mentali che si
dischiuderebbero secondo un criterio di sempre maggiore complessità (spiega tutti i passaggi fondamentali per
l’acquisizione della conoscenza visto che è a un livello x). Oggi la scoperta di curve decrescenti e regressive di
apprendimento, la preminenza [superiorità indiscussa] di meccanismi selettivi che comportano l’inibizione di un
certo numero di possibilità, cui corrisponde il mantenimento e potenziamento di altre, ha messo in crisi la
corrispondenza tra sviluppo cronologico e sviluppo razionale della conoscenza e soprattutto l’ipotesi piagetiana di
strutture mentali preformate NO (Feldman e Tulmin: il presupposto delle strutture individuate da Piaget è che esse si
sviluppano nella mente del bambino in base alla propria ontogenesi naturale invece che o invece di essere intese
come interiorizzazioni di strutture formali esterne. Bisogna forse dedurne che la comparsa spontanea di strutture
mentali nel orso normale dello sviluppo non rappresenti il contenuto interiorizzato dell’educazione, ma costituisca
piuttosto un’espressione mentale immediata dello sviluppo delle strutture fisiche o fisiologiche corrispondenti? In tal
caso potremmo concludere che l’evoluzione ha creato un’armonia prestabilita per cui le strutture fisiologiche si
manifestano naturalmente nella sequenza più adatta all’ontogenesi delle capacità cognitive. Bisognerebbe allora
prima ancora di accettare come autentiche le strutture mentali, cercare una conferma nelle ipotesi neurofisiologiche
connesse. Nello sviluppo della conoscenza si è soliti distinguere una struttura cognitiva, che si riferisce
all’organizzazione individuale della propria passata esperienza, in un modello gerarchico in schemi concettuali
correlati con cui viene confrontata l’esperienza in corso, allo scopo di facilitare la settorializzazione delle nuove
informazioni e aumentare l’efficacia di questo processo e invece un’efficienza cognitiva proporzionata a livello di
codificazione delle informazioni, solitamente sotto forma di linguaggio e a livello di comunicazione per la
trasmissione delle informazioni e la correlazione tra conoscenza e linguaggio. (NO) ). Habermas connette (al?)la
conoscenza tre interessi umani: tecnico, pratico, emancipatorio. La conoscenza tecnica si riferisce alle relazioni delle
variabili dipendenti e indipendenti, permette di scegliere mezzi migliori per determinati fini; la conoscenza pratica si
riferisce ai significati e alle norme e aspettative comuni e permette di comunicare con gli altri e agire
cooperativamente; la conoscenza emancipatoria permette di liberarci dalle convinzioni comuni che limitano la
nostra percezione di possibili obiettivi e aspirazioni. Su questa base relativamente all’idea di Habermas e a questo
concetto strutturante e gerarchicamente organizzato di conoscenza secondo Piaget e sulla cui impostazione si può
dire che la conoscenza si sviluppa col progredire dell’esperienza personale e delle correlazioni
soggetto-oggetto/ambiente, relazioni intra e interindividuali, sua impostazione sui fattori dell’identità (concreto-
astratto-concreto). La conoscenza ha una funzione autoregolativa elle emozioni, più si conosce se stessi più l’emotivo
viene gestito meglio ed ha una funzione curativa.

LEZIONE 5-Ulteriori elementi fondamentali dei processi di socializzazione-1


Orientamento psicanalista (?)- James Hillman (?) psicanalista americano parlava della psicologia come disciplina in
trasparenza cioè se la psicologia è la cura dell’interiorità ha a che fare con tutta una fenomenologia dell’interiorità
che ci fa agire in un determinato modo- certamente la psicologia è un conoscere dentro, ciò che non è
immediatamente evidente (c’è anche una psicologia dell’evidenza ma in generale ha bisogno di andare in
profondità). Del resto James Hillman (?) parlava di disciplina in trasparenza volendo dire che tutto quello che viene
analizzato con un’ottica particolare, se cambia l’ottica cambia tutto l’oggetto della valutazione. La concezione di
disciplina in trasparenza è questa, cerchiamo di cambiare le lenti, se cambia occhi cambia il mondo, per questo la
psicologia ci rimanda come la filosofia ad un oltre, a una dimensione non immediatamente apparente, riconosceva
anche Gesù questa cosa, che parlava di “ciò che è prezioso non è immediatamente apparente”. Concezione della
fenomenologia dei processi di socializzazione guardarli attraverso gli occhi degli orientamenti psicanalitici: fenomeno
dell’attribuzione causale che è definibile come il processo che le persone mettono in atto quando devono spiegare il
proprio o l’altrui comportamento individuando le cause che stanno alla base di azioni e sentimenti, non è altro quello
che diremmo in una conversazione dove si cerca di individuare le cause che hanno fatto in modo che si agisse in un
modo piuttosto che in un altro (cooperativo o conflittuale), importante perché il compito della psicologia è quello di
decodificare, decriptare, catalogare (categorizzazione) la fenomenologia relazionale, categorizzare il fenomeno e
capire perché si è verificato, una volta capito il perché -chiave di volta fondamentale del perché, che nella nostra
visione apre ad un oltre, dire il perché di un fenomeno significa rimandarlo a un livello di maggiore profondità: si
scoprirà che c’è una fenomenologia carsica (dalla regione territoriale italiana del Carso in Friuli dove avviene un
fenomeno, quello dei fiumi che scorrono non in superficie ma nel sotterraneo) quindi vuol dire che c’è un esistente
che sfugge alla nostra apparenza, alla nostra immediata percezione ma che esiste ed è situato oltre, questo
fenomeno è importante per non fermarsi alla percezione immediata ma cercare di vedere se c’è la possibilità di
acquisire un oltre, la chiave di volta per andare oltre che è il vero motore dell’azione al quale riferiamo
quell’attribuzione causale e la chiave data dal porsi la domanda perché, perché accade questo, ed è interessante e si
può spezzare in per-ché: per preposizione che apre e sottintende la finalità non la causa, apre a quale fine succede
questo, per che cosa, al fine di cosa. Distinzione tra principio causalistico e principio finalistico strutturata e ribadita
nel testo “Trasformazioni e simboli della libido”/Libido e simboli della trasformazione??, Jung, 1912 che segna la
rottura definitiva rispetto al percorso congiunto con Freud. Il principio causalistico appartiene all’impostazione
freudiana cioè Freud aveva la tendenza nell’analizzare e interpretare i fenomeni a vedere la causa a ritroso cioè
cercare un perché che precede, mentre nell’impostazione junghiana il perché è fondamentalmente rivolto verso il
futuro (Freud analista dietro il paziente, Jung l’analista viene visto in volto, si pensa che le espressioni qualora
vengano fuori fanno parte del setting e diventa occasione di discutere di quelle- analisi come psicoterapia diversa
dall’analisi pura). L’altro fenomeno è quello di auto accrescimento che è il tentativo di ottenere delle risposte
ambientali positive riguardo a se stessi, evitare quelle negative e sperimentare quindi emozioni piacevoli per quanto
riguarda la propria condotta, di mantenere un alto livello di stima, processo che si può identificare anche come self
empowerment, vuol dire la capacità di fornire agli altri tutti i valori e i punti di riferimento della propria figura,
persona, esteriorità, atteggiamenti, positivi, facendo notare quanto si è positivi, precisi, puntuali, laboriosi,
impegnati, questo per avere un riscontro dall’altro che anche se è breve, veloce, immediato, superficiale, se è
positivo dà energia positiva, cioè psichicamente ci rafforza, ci toglie le paure, ci dà la possibilità di procedere verso
quello cui siamo chiamati sia come lavoro che come impegni, elemento importantissimo, che facciamo molte volte
nella nostra vita quotidiana senza rendercene conto; è importante sapere come farlo nella scrittura del CV, senza né
millantare né sottostimare. È un processo che vuole implementare e valorizzare il sé. Concetto psicologico e sociale
che è la persona, che non è la personalità (più complessa), il soggetto (è chi sta dietro la persona), l’individuo
(costrutto complesso ha a che fare con la personalità) che è esclusivamente l’aspetto esteriore con cui ci si affaccia
nel mondo e quindi nelle relazioni umane e interpersonali.

LEZIONE 6-Ulteriori elementi fondamentali dei processi di socializzazione-2


Aspetti nei rapporti interpersonali che determinano gli esiti, atteggiamenti. Il comportamento viene visto come
reazione allo stimolo da parte di altri, c’è il fenomeno dell’influenza sociale, cioè noi influenziamo gli altri e gli altri ci
influenzano, questo è un elemento primario nei processi di socializzazione, a volte si trova scritto che l’influenza è
un’influenza di tipo fisico (cioè c’è vicinanza fisica), alle volte questo avviene attraverso una immedesimazione,
vicinanza, prossimità immaginale, questo perché non c’è necessariamente una prossimità fisica, certamente la
vicinanza fisica è un fattore influenzante, un elemento potente di influenza degli atteggiamenti, pensieri, emozioni
(se siamo arrabbiati ma siamo accanto a una persona calma che anche con parole sa clamarci, lo stato d’animo
cambia, può cambiare provvisoriamente perché se non è risolto il motivo del dissidio o del conflitto in termini
strutturali cioè effettivi, è provvisorio- la vicinanza fisica non è quella che ci fa calmare ma è la relazione con una
psiche pacificata, potentemente, forte di argomentazioni importanti, radicata, centrata -il centro è un grande
concetto psicologico, per Jung equivalente del sé). Una grande forma di influenza è quella di prossimità anche fisica
per distinguerla da quella immaginale cioè posso entrare in relazione con chiunque immaginalmente, col pensiero,
cioè ben al di là della sola presenza fisica; ci aiutano in questo i social o sono un danno. Tutto può servire, ma tutto si
paga, agli opposti. Lavoro verso il centro della personalità. La psicologia è ciò che muove il corpo; Socrate la morte è
l’uscita dal corpo(?). persona come maschera concezione junghiana. Altro processo che avviene: meccanismo di
proiezione (ci avviciniamo alla psicanalisi) -viene usato nel cinema- proiezione perché c’è un’immagine che emerge
nella nostra interiorità (Hillman non è d’accordo a chiamarla immagine): è l’avvento, avvenimento di un’immagine
con tutti i suoi stati d’animo, pensieri, emozioni e che viene proiettata all’esterno; è vittima spesso di questo
meccanismo di proiezione il/la congiunto/a (se è brava a capire, la persona smina una situazione, se no diventa
pericoloso anche perché quella persona si mette a fare una serie di domande cui la psiche non vuole rispondere,
perché già in conflitto con un’altra situazione), questo meccanismo è importantissimo anche perché ci accade tutti i
giorni (esempio: andiamo in scooter velocemente, vediamo chi esce normalmente dal parcheggio e lo mandiamo a
quel paese, fenomeno proiettivo poiché eravamo noi in torto); fenomeno di proiezione di cosa, di qualcosa di
negativo, di oscuro, di moralmente inferiore (perché sia moralmente occorre che ci sia una norma). Un altro
fenomeno è il processo di normazione: normalmente affidato fin dall’infanzia alla figura paterna, anche in mancanza
di un padre (bisogna distinguere il genitore maschile dal padre: genitore deriva da gene(re), generare, dai geni che ci
ha dato siamo i geni dei nostri genitori combinato, un conto sono i genitori cioè coloro che generano, un conto sono
il padre e la madre che hanno funzioni psicologiche diverse, possiamo avere genitori diversi rispetto a quelli che sono
nostro padre e nostra madre), il padre dà la vita fisica e biologicamente intesa insieme alla madre, l’altra funzione
che appartiene al padre è quella di normazione, di stabilire ciò che ha valore e dare i primi insegnamenti morali; ad
un padre non si può chiedere un ulteriore approfondimento e psicologicamente specialistico di questi valori, non
possiamo proiettare a una certa età sui genitori le nostre insoddisfazioni o limiti, cercare di ritirare la proiezione, di
far in modo di non credere che la proiezione sia la verità perché non lo è, ma è un’immagine proiettata spesso con
chi non c’entra nulla con la vicenda.

LEZIONE 7-Ulteriori elementi fondamentali dei processi di socializzazione-3


Processi importanti nella socializzazione

Concetto di sé: grande concetto anche della psicologia analitica (o junghiana o psicanalisi ad orientamento
junghiano) anche se non è esclusivo del pensiero di Jung ma proprio e comune di molti approcci psicologici, molto
anche della psicologia sociale. Psicanalisi sé Kohut come complesso che deriva dai ricordi e dalle esperienze
precedenti e che individua un complesso centrale della personalità relativo al superamento o meno di assenze nei
rapporti affettivi iniziali (con i genitori) questo porta a uno sviluppo psichico in un senso piuttosto che in un altro e
quindi a una determinazione di una struttura complessa piuttosto che a un’altra. Il sé si può rappresentare come una
casa complessa: una stanza all’interno della casa è l’io, la parte più piccola della personalità -abbiamo molti io? Sì. In
America è stato per primo William(s?) James, filosofo e psicologo, nel 1890 considerato il padre fondatore della
psicologia americana, a individuare le caratteristiche del cosiddetto me (sé in prima persona) che poi è diventato un
oggetto fondamentale di conoscenza, tale stanza per James si articola in 3 componenti: un me o sé materiale
(include le conoscenze che un individuo possiede a proposito del proprio corpo, ad esempio, ma che si estendono
anche a domini confinanti: ne fanno parte i vestiti, casa, proprietà, famiglia), sociale (attiene alle molteplici immagini
che gli altri hanno dell’individuo e si articola in tante rappresentazioni quante sono le forme di rapporto che lo
uniscono agli altri; ad esempio un individuo che lavora in un ufficio e nel tempo libero faccia parte di un’associazione
sportiva, sarà caratterizzato perlomeno da 2 me sociali corrispondenti alle immagini che gli altri nei 2 ambienti hanno
di lui) e spirituale (che attiene alle conoscenze che un individuo possiede rispetto alle sue facoltà psicologiche, ai suoi
tratti di personalità, disposizioni, atteggiamento, motivazioni, interessi). A lungo gli psicologi si sono interessati del
problema di come il sé possa realizzarsi contemporaneamente come conoscitore -l’io- e come oggetto di
conoscenza, questa dualità tra io e sé è fondamentale in quello che Jung nel processo psicologico fondamentale
chiama processo o percorso di

Principio di alterità, vero latitante in questo momento: siamo così presi dai nostri desideri che abbiamo grosse
difficoltà, anche dalle pressioni, dalle tante cose da fare, organizzare giornate piene di impegni con mobilità non
prossime o immediate, da queste perdite di tempo, che in effetti quello che viene a mancare è una cosa importante
per il benessere e l’equilibrio psichico, il principio di alterità. Il rapporto sociale si fonda su io e l’altro: il principio di
alterità dobbiamo sempre tenerlo in considerazione per avere una conoscenza globale (o è a 360° o è
disconoscenza), la vera conoscenza, che trova il momento di pacificazione e quindi anche l’uscita dal problema, è
proprio quando si configura una piena sintonia tra l’io e l’altro. Rapporto tra io come conoscitore e sé o me oggetto
da conoscere: il me è, nella concezione soprattutto di Jung, un insieme di istanze, non solo un oggetto da conoscere
che si distingue rispetto a colui che è il conoscitore, questo rende il sé una dimensione non elementare ma
estremamente complessa. Poi si trova che è elementare o unitario alla fine del percorso di conoscenza, ma
certamente non all’inizio, dove ci appare come frammentato. Sé come un puzzle, i cui frammenti sono addirittura
dispersi, quindi bisogna spesso riconoscere i frammenti, fare un processo di ricomposizione dei frammenti, quando
iniziamo a montare il puzzle l’immagine comincia ad avere un senso, questo è il processo di conoscenza
fondamentale.

Processo di inclusività (..?), cercare di evitare di escludere a priori, che porta a una mancanza di riconoscimento che
porta a sentimenti positivi, ma porta a una negativizzazione del sentimento e dello stato d’animo e quindi ad una
conseguente attività belligerante con l’escluso, con colui che ha avuto un esito di riconoscimento negato, questo è
pericoloso perché dà origine a conflitti e contenziosi nella migliore delle ipotesi perché alle volte non ci si ferma
nemmeno lì e leggiamo sui giornali gli effetti di persone che sono state secondo loro ingiustamente escluse da
contesti, si creano situazioni disperanti e disperate; grande principio di socializzazione, fondamentale. In Italia si
accompagna con l’esterofilia, il bisogno di conoscere all’esterno, non può essere illimitato, non possiamo conoscere
bene molte o troppe cose, bisogna conoscere cose in modo molto selettivo, un po’ alla volta, ci vuole un equilibrio
tra questi attori, forze e agenti psichici dentro di noi, però includere a priori è un modo molto efficace con tutti i
segni positivi, poi l’esclusione può avvenire se la persona ha condotte negative rispetto al gruppo o rispetto all’altro
che frequenta.

LEZIONE 8-Fondamenti di psicoanalisi e cenni di psicologia analitica


Cenni storici della psicanalisi: nasce (con Freud) nel 1895, stesso anno in cui nasce, coi fratelli Lumière, il cinema e
sono state diverse le tesi su queste due arti dette sorelle. Sono affini perché si parlava del processo di proiezione,
meccanismo fondamentale nella psicoanalisi così come nel cinema (c’è un proiettore alle nostre spalle che proietta
dal negativo che lui contiene, su uno schermo bianco in una sala ampia, dove noi siamo dentro il suono mentre nel
guardare televisivo noi è come se dominassimo lo schermo, mentre nel cinema abbiamo la percezione di essere o
siamo dentro qualcosa); per questo è, come dicevano gli antichi greci a proposito del teatro, è intrinsecamente
terapeutico o meglio terapeutico se si assistesse assieme a qualcuno con cui si può confrontarci, ma certamente è la
ragione per cui i film ci fanno piangere o sorridere, ci fanno vivere trame che sono della nostra stessa vita, o vissute,
o possibili o che avverranno. Questo è interessante perché (è fondamentale, avviene continuamente) il processo di
conoscenza arriva con il ritiro della proiezione a seguito di alcune fasi come: l’interazione con gli altri, poi
l’elaborazione del rapporto che con gli altri dal punto di vista cognitivo e affettivo-emozionale (possiamo essere in
ottimi rapporti di simpatia con qualcuno ma avere una difformità di visione, che è estremamente meno grave di
avere una divergenza affettiva e magari avere la stessa visione accidentale delle cose). Quindi per conoscere è
fondamentale che si riconosca che la psiche funziona come un proiettore che proietta qualcosa sugli altri, a volte in
modo accurato veramente con un’attribuzione causale positiva, qualche volta in modo assolutamente fuori luogo
(attribuiamo agli altri nervosismi o tensioni che non li riguardano e di cui sono vittima). Il cinema e la psicoanalisi
nascono con una coincidenza significativa proprio su questo meccanismo della proiezione, metafora che lega queste
discipline sorelle. La proiezione afferisce a un grande mito dell’antichità, uno dei 20 miti, delle 20 rappresentazioni
mitologiche di cui Platone ci beneficia in tutta la sua opera, il mito della caverna: lui dice che in una caverna ci sono
persone legate mani e piedi incatenate alla roccia (e tutti scambiano l’ombra proiettata dalla loro figura), alle loro
spalle c’è un fuoco, la cui luce proietta la loro ombra sulla parete della roccia, parte da questo assunto per dire che
tutti scambiano -e per questo sono legati mani e piedi con le catene- l’ombra proiettata per la verità; come finisce:
uno riesce a liberarsi, compie il percorso a ritroso, esce dalla caverna con gli occhi socchiusi (abituato a stare alla luce
oscura, soffusa) e scopre il sole: quella è per Platone l’illuminazione, quell’uomo è un illuminato e cerca di rientrare,
per amor del prossimo e del simile, nella caverna -il mito finisce male e ciò la dice lunga sulla visione di Platone o di
quel momento storico della sua figura, molto deluso dalle vicende dove lui sperava di realizzare, ne La Repubblica ne
parla, uno stato retto dai filosofi e dai sapienti, in effetti non è andata così, questo non vuol dire non avere speranze
o cercare i modi perché ciò si realizzi- per avvisare gli altri che la verità sta alle spalle (scritto 2500 anni fa circa, ne La
Repubblica di Platone). È incredibile che siano le stesse idee fondamentali [della psicoanalisi], il meccanismo di
proiezione e l’idea di ombra (di qualcosa che è dentro di noi e viene proiettato e scambiato per la verità, che è invece
il ritiro della proiezione o fare un viaggio a ritroso, che fa venire in mente il ritorno alle fasi inziali della vita secondo
Freud). Il concetto base della psicanalisi è l’inconscio, trova su questa idea l’assunto fondamentale del suo esistere:
non è una parola scoperta tramite la psicanalisi ma è un ritorno di idee antiche (come per altri concetti ad esempio
quella di proiezione, di un viaggio a ritroso che fa anche Freud nel setting analitico quindi nella relazione a due
analitica nello studio dove avviene un episodio e si cerca di rintracciare col metodo causalistico la causa che poi si
scopre trova sempre un’altra causa e si cerca di fare un viaggio a ritroso). Il concetto di ombra è proprio della
psicologia di Jung più che della psicanalisi: è la parte oscura della personalità, definita da Jung come moralmente
inferiore e vale la pena lavorarci (Dante inizia la Divina Commedia non all’inizio della vita ma “nel mezzo del
cammin”, quindi non è così tardi o non si è così attardati anche se si inizia dopo i 35 anni -a quell’epoca era più o
meno quell’età ma neanche dopo-, Jung dice “conoscerai chi sei nella seconda parte della vita”; inoltre la inizia “in
una selva oscura”, allegoria dell’ombra, dove filtra poco la luce). La psicanalisi ha il merito di aver riportato nel
mondo moderna con una terminologia propria e diversa idee che però sono antichissime, che potremmo definire
Archetipi ovvero idee antiche che l’anima ha sempre bisogno di sentire al di là delle diverse culture, tempi, luoghi
(definizione Archetipo), trame storie esperienze che si ripetono; questo ci dà possibilità di parlare dell’inconscio nel
1869 un filosofo tedesco, Edward Von Hartman insieme ai contemporanei Leibniz e Schopenhauer parlava di un
concetto di inconscio, addirittura il libro del 1869 di Von Hartman è “La filosofia dell’inconscio”, quindi Freud non
scopre questo termine, anzi era quel secolo e periodo che aveva cominciato sempre più spesso con questi 3 filosofi
che sono gli antecedenti della psicanalisi filosoficamente e avevano coniato questo termine, oppure Schopenhauer
della voluntas (volontà superiore, potremmo dire il sé) e noluntas (dell’io). Inconscio vuol dire non so, quello che non
è conscio (in davanti è privativo e negativo). Grande frase di Freud: “Siamo ospiti a casa nostra”, l’io è ospite nella
sua struttura di personalità (si potrebbe chiamare il sé), in questa visione lui sostiene che la magna pars, la grande
parte, la fa l’inconscio; nella concezione freudiana si parla anche di subconscio (letteralmente: sotto il livello
cosciente, per parlare di qualcosa di imminente rispetto all’emergere, alla coscienza) e di preconscio (per tutti quei
contenuti che devono ancora arrivare, quindi un’anticipazione non di profondità ma temporale).

LEZIONE 9- Fondamenti ed elementi di psicoanalisi-1


Tematiche, nozioni e strumenti epistemologici della psicanalisi come l’ha definita Freud. Nella spontaneità ci sono
forze e pulsioni positive ma anche pericolosità (fare attenzione a questo), non va molto considerata in sé un valore,
perché è l’atto di getto non riflettuto della natura, quindi ha la pericolosità che può essere positivo ma altre nella
soggettività che la esprime ci può essere anche un sentimento deteriore e negativo nella socialità. La conoscenza si
potrebbe chiamare come il patrimonio più ampio di elementi e fattori coscienti, presenti nell’individualità. Il 1895 è
considerato l’anno di fondazione della psicoanalisi con la pubblicazione del libro di Freud “Progetto per una
psicologia”, serie di scritti precedente (dal 1892), cui fa seguire un’opera capitale della psicanalisi (già pronto nel
1899, ma che per sua volontà dà in stampa del 1900), “L’interpretazione dei sogni” (Die Traeume Deutung) -Traum è
simile all’italiano trauma -aggressione all’impostazione originale, autentica e fondamentale che ci ha offerto Freud,
che dovette affrontare in ambito scientifico in particolare in ambito medico nella quale lavorava, una serie di ritrosie
e resistenze ma che andarono oltre trasformate in aggressioni e denigrazioni soprattutto in ambito universitario. Ma
Freud aveva ragione: il grande elemento è la strutturazione nella dialettica della psiche, nella dinamica psichica che
avviene tra due elementi fondamentali, la coscienza che un corrispettivo che è l’inconscio, parola chiave per
caratterizzare la psicanalisi [Schelling filosofo tedesco-Freud veniva dalla Moravia]. Freud distingue, nella
strutturazione dell’inconscio, una parte che è il vero e proprio inconscio (inatteso, inaspettato, imprevisto), ma ci
sono delle cose che cominciano ad affiorare, dimensione chiamata subconscio (qualcosa si sa, è sotto il livello di
coscienza ma qualcosa comincia ad affiorare), poi esiste in chiave temporale un’altra articolazione dell’inconscio
meno profondo che è il preconscio (contenuti latenti che stanno arrivando alla coscienza, dimensione appena prima
di diventare coscienti). Quel soggetto-oggetto che è a fondamento della psicologia sociale, lo troviamo anche
all’interno della lettura della personalità in Freud che è una lettura diadica tra coscienza e inconscio (non più tra
bambino e madre). La coscienza -per prof è il sole rispetto ai contenuti, abbiamo un sole interiore, riusciamo a fare
luce nei contenuti- ha il compito, funzione di differenziazione, il processo della coscienza e di coscientizzazione
rispetto ai contenuti dell’inconscio sono quelli di differenziazione. Perché la coscienza differenzia: quando entriamo
in una stanza mai vista -perché altrimenti l’avremmo introiettata come ricordo, altro meccanismo o processo
psicologico, quello dell’introiezione di vedere attraverso gli occhi delle immagini del reale che noi portiamo
attraverso la retina, fotografia che portiamo e introiettiamo nel nostro bagaglio esperienziale e psichico e che poi
attraverso la memoria possono tornare a noi, sono miliardi queste immagini, tutti i giorni, resta la domanda perché
mi è rimasta impressa quell’immagine piuttosto che un’altra; se una persona vuole conoscersi parta da quello che ha
mosso la sua coscienza, ciò che l’ha colpita, dalle cose che gli interessano, non esistono cose dette dagli altri fuori
che sono interessanti, ciò che è interessante per un archeologo non lo è per un fisico, ognuno deve trovare la propria
strada, quello che è il processo di individuazione- ed è buia, sbatterà in un mobile, sentirà dei cavi ecc. se accende la
luce vede dove sono i mobili e i cavi, non sbatterà contro, la coscienza ha visto cosa e dov’è, si muove di
conseguenza e quindi ha differenziato la stanza, addirittura grazie all’accensione della luce abbiamo la possibilità di
chiamare una cosa “mobile” o “cavi”. L’evoluzione del linguaggio è legata alla psiche. La coscienza è speculare
all’inconscio (inconscio illuminato), che differenzia e articola: processo di categorizzazione tipico della coscienza,
categorizzare tipi o raggruppamenti di singole individualità raggruppate individualmente e categorizzate [fine mito di
Platone: l’illuminato o viene ucciso o denigrato].

LEZIONE 10- Fondamenti ed elementi di psicoanalisi-2


Metafora dell’iceberg di Freud: l’iceberg è tutta la personalità, la personalità totale; come nel rapporto fisico della
sua massa e volume solo 1/9 è emerso, l’inconscio è un mare magnum, illimitato, ma la coscienza, facendo un lavoro
progressivo, certamente può iniziare ad organizzare, differenziare, categorizzare e organizzare quindi una
coscientizzazione che amplia la coscienza e rende la personalità in armonia; l’armonia è un esito del rapporto tra
coscienza e inconscio, che vuole essere soddisfatto. I malesseri attraverso i sintomi arrivano alla psiche non
casualmente, le ansie non sono mai casuali anche se le cause sono difficili da rintracciare, gli psicofarmaci hanno una
funzione sintomatica, invece il sintomo è la manifestazione di un contenuto dell’inconscio che vuole arrivare alla
coscienza e lì abbiamo bisogno di lucidità, presenza della coscienza viva rispetto a questo contenuto -bisogna avere
pazienza, letteralmente la capacità di soffrire- meditazione, interpretazione dei sogni, metodo delle libere
associazioni. La strutturazione della personalità che ci offre Freud è in 3 livelli: primo livello pulsionale che lui relega
nella parte psicofisiologica, che lui chiama es, dimensione delle pulsioni naturali (desiderio di dormire, piacere,
piacere sessuale, mangiare), le funzioni della vita su basi naturali e fisiologiche di queste assume importanza
particolare nella visione di Freud la pulsione libidica, un’attivazione sessuale, fondamentale nell’articolazione delle 5
fasi dello sviluppo della personalità; livello superiore, il centro: l’io, elemento di congiunzione, mediano, e se l’es si
esprime in una direzione e invece il super-io è contrario, l’io ne soffre, perché sta in mezzo e ha il compito di mediare
costantemente cucire la scissione tra es e super-io, se cuce cura la nevrosi [Freud conia per primo questo termine: la
nevrosi è un conflitto quando l’es entra in conflitto col super-io; esempio della differenza tra la concezione
monogamica della società nel nostro ordinamento giuridico e le espressioni sessuali nei sogni o nelle sedute che
sono spesso di natura poligama, tendenze alla natura anche solo come fantasie, ma questa tendenza non è
riconosciuta anche se oggi un po’ lo è; oppure tendenze politiche; congiungere gli opposti: triangolo, l’apice riesce a
coniugare in alto gli opposti, attraverso il meccanismo dell’orogenesi; la coscienza quindi si sviluppa attraverso la
crisi, il dolore, lo scisma dell’anima, è così che si cresce e si arriva a un terzo livello tra i due che sono entrati in
conflitto. Quindi la nevrosi non è solo una maledizione, ma anche una benedizione perché è il portato che ci
consente di portare più avanti conoscenza, consapevolezza, e progredire in termini di coscienza; analista come
Virgilio, [mistogogo=maestro iniziatico] psicopompo (guida dell’anima), guida dell’anima; Lucio Apuleio -125 a.C.
Cartagine- quando scrive il V libro della metamorfosi, la favola di Eros e Psiche ci parla dell’arrivo di Psiche in cielo,
nelle nozze divine che gli dei fanno con Eros, e però le prove tremende che deve affrontare per arrivarci; tutto
questo lavoro di trasformazione parte da un dolore, dalle cose che non vanno, che non significa non combattere, ma
cercare di capire perché non vanno e non cercare solo di sfondare il muro]; sopra il super io -livello che Freud ci
indica partire con la terza fase dello sviluppo della personalità, la fase fallica dove inizia a strutturarsi una dimensione
probabilmente legata al senso di colpa nel toccarsi con l’età dai 3 ai 6 anni- dimensione sociale, culturale, repressiva
spesso, che è una costruzione delle conoscenze di un’etnia, gruppo di persone o dell’individuo stesso,
quell’inaccettabilità dove definiamo incivile chi non rispetta queste norme e definiamo chi le rispetta normali, questa
normalità e patrimonio di regole, attitudini, atteggiamenti, pensieri, sentimenti, cosiddetti normali e che
rappresentano le regole della vita sociale, che sono costruzioni sociali della conoscenza e della cultura (cultura è
l’insieme e il patrimonio di conoscenze e valori di una determinata etnia, gruppo o individuo) ed è culturale lo stesso
elemento archetipico che viene interpretato diversamente da quell’etnia, gruppo sociale o individuo (esempio nel
rapporto col padre se picchia il figlio, l’educazione spartana era necessariamente, obbligatoriamente violenta, per
formarli alla vita militare adulta; nella cultura rom lo svezzamento più avanzato del bambino è mandarlo in giro per
la strada; quindi le culture si differenziano sul medesimo archetipo che è l’archetipo padre-figlio, comune in e
permanente in tutti i tempi, luoghi e culture invariabilmente; le culture hanno il compito di differenziare
quell’archetipo nel gruppo sociale o nella vita intrapsichica intraindividuale, c’è un elemento fisso, l’arché e una
differenziazione che è data dalla cultura che interpreta e legge l’arché).

LEZIONE 11- Fondamenti ed elementi di psicoanalisi-3


Cinque fasi dello sviluppo della personalità secondo Freud: 1. Fase orale che trova l’elemento/organo fondamentale
nella bocca, nel succhiare, che trova nella nutrizione attraverso la bocca la sua centralità, quindi il bambino è
totalmente dipendente dalla madre a vari livelli fino a 5-6 anni, il padre ci dovrebbe essere però ha una valenza non
diretta [maschile è identità di attitudine psicofisiologica, l’uomo è quando questo incontra l’opposto cioè il femminile
al suo interno, il maschile evoluto cosciente; analisi vs psicologia analitica]; la nutrizione è fondamentale: se la madre
è defunta al bambino serve comunque una nutrice; dalla nascita ai 18 mesi; 2. Fase anale dai 18 ai 36 mesi (1 anno e
mezzo-3) c’è l’esplorazione di un piacere o un’attitudine che si scopre nel trattenere o espellere le feci -processi
psicologici connessi: cambia se prevale una delle due funzioni piuttosto che l’altra, quindi la personalità correlata; 3.
Fase fallica (3-6 anni) dove c’è l’attenzione, esplorazione, conoscenza, focus, di una coscienza che si sviluppa che
secondo Freud entra in rapporto col sesso del piccolo/a -pene o clitoride-, qui inizia anche a strutturarsi la
dimensione del super-io, probabilmente è anche il passaggio nella nostra cultura tra gli asili nido e la scuola materna;
4. Fase latente (6 anni-pubertà), termine che Freud usa spesso vuol dire non manifesto, che è ancora a lato, in un
processo in divenire: qui la sessualità non ha un focus concentrato, cioè l’esplorazione dell’organo sessuale in quanto
organo è stata fatta e non rappresenta l’elemento più interessante, in questo periodo di vita, la sessualità, si dà più
importanza al gioco, alla socializzazione e la sessualità qui non ha più un ruolo principale ma latente, vuol dire che è
in processo di diventare di nuovo importante e prioritario però è laterale; 5. Fase genitale (avviene nella pubertà e
accompagna la vita di tutti gli individui) la parola genitale si relaziona strettamente alla parola genitore, e quindi
generare nuove vite e lì la sessualità come pulsione diventa la protagonista della sua epistemologia e
interpretazione. Tutto il pensiero di Freud è basato su questa pulsione erotico-sessuale e sull’importanza che ha nel
sovvertire l’ordine sociale di allora che era strettamente legato a una socialità e a dei costumi dove la sessualità era
poco esprimibile e anche un po’ repressa. Il rapporto tra la pulsione sessuale es e il super-io (del contesto in cui
viveva Freud e tutti i contesti quindi questa parte regolativa, normativa e spesso censoria) assume importanza per
un’altra idea fondamentale, caposaldo, di Freud: rimozione, il compito della coscienza non è quello di rimuovere i
contenuti penosi ma di acquisirli, leggerli, affrontarli, se no ritornano in modo più forte di prima e il sintomo si
aggrava, il compito è aprirlo piano piano insieme a qualcun altro in condivisione (“mal comune mezzo gaudio”
importanza di condividere socialmente il dolore); Freud ci invita ad andare contro la spontaneità, fare qualcosa di
innaturale cioè aprire piano piano e vedere cosa ci vuol dire il sintomo e provare ad avere una elaborazione, una
rappresentazione di questo, ciò lo si può fare meglio se accompagnati, non si può fare altrimenti per affrontare
questa lettura del contenuto penoso che trova una sua modalità terapeutica anche nel processo della catarsi, col
terapeuta si può vivere una catarsi cioè un meccanismo di rivivere un trauma, di purificazione attraverso il rivivere
un trauma vissuto e prenderne coscienza, altrimenti, lasciati soli con la nostra sofferenza, l’inconscio rischia di
travolgerci e può sfociare nelle psicopatologie dette psicosi, quindi gravi dissociazioni o traumi. Un altro meccanismo
importante è quello legato a una metodologia fondamentale di accesso all’inconscio: la libera associazione,
meccanismo o esercizio che consiste in “se dico ad esempio rosa, cosa dite?”, questo senza pensarci, la prima
risposta spontanea, esercizio di spontaneità [pro e contro della spontaneità, come tutte le cose che vanno lette in
fronte e retro], suo aspetto di positività perché fa emergere dall’inconscio l’elemento naturale [se l’es è la natura, il
super-io è la cultura, quando natura e cultura si leggono, la personalità vive benessere, piacere, felicità, anche se
purtroppo questo è solo a momenti ed è compito dell’io creare un’unione tra natura e cultura]. La funzione della
libera associazione è di rispondere spontaneamente a una parola che viene detta dall’altro (gioco sociale). Questo
metodo associativo è importante perché Freud individua (anche nella collaborazione con Jung) due linguaggi psichici:
un linguaggio razionale o metanimico e un linguaggio irrazionale o metaforico.

LEZIONE 12- Fondamenti ed elementi di psicoanalisi-4


Il meccanismo di presa di coscienza che viene operato nel setting psicanalitico è un meccanismo regressivo, cioè
che porta dal trauma o dal problema che viene rappresentato nel setting (parola che significa ambiente, l’ambiente
in cui si svolge la relazione analitica cioè tra l’analista e l’analizzando -non paziente: in analisi non va solo chi vuole la
psicoterapia ma anche chi vuole conoscersi; una delle funzioni dello psicologo, particolarmente dell’analista è
proprio quella di offrire conoscenza) un elemento importante è nel proceder di questa relazione a 2 di vedere in che
direzione va rispetto al problema posto, se è un percorso regressivo che tende a tornare alle basi dei rapporti
familiari, questo percorso regressivo viene chiamato su base di principio causalistico, vuol dire che c’è un
meccanismo di lettura della fenomenologia psichica dovuto al meccanismo causa-effetto. La concezione junghiana si
differenzia in questo in toto, perché parla di principio finalistico -la causa viene prima temporalmente. Complesso di
Edipo e di Elettra: Edipo personaggio della mitologia greca che trova il suo momento chiave nella lettura freudiana
nell’uccisione del padre da parte di Edipo e nello scambiare l’amante per la madre, nell’amore per la madre, Edipo
poi vive in modo tragico; viene interpretato psicologicamente questo passaggio come sfondo ad un meccanismo
psichico che è quello dell’attrazione per la madre e quindi del desiderio di uccisine del padre. Questi due complessi
sono due nuclei della personalità (a comune tonalità affettiva), questi complessi sono un insieme di pensieri,
immagini, sentimenti, stati d’animo, percezioni accomunate da una medesima esperienza, nucleo interno, costituito
da un desiderio in questo caso di amare il materno, quindi invidia, gelosia e desiderio di possesso esclusivo che porta
all’uccisione del padre che ravvisa Freud che mette al centro della sua psicologia e in tutto lo sviluppo della
personalità. Il complesso è un insieme, groviglio, nucleo, che contiene parole, pensieri, immagini, stati d’animo,
sentimenti, sensazioni, percezioni, che si riferiscono a una stessa tematica esistenziale, o esperienza psichica, che
hanno questa esperienza psichica o tematica esistenziale come elemento comune. Queste due polarità si possono
definire archetipi delle relazioni e si trovano a tutte le età e non è patologico ma un naturale sviluppo della
personalità; è interessante stabilire cos’è patologico e cosa non lo è: ai tempi di Freud era patologica l’isteria, stiamo
attenti a chi guarda cosa, non solo all’oggetto di conoscenza -la patologia in sé non esiste, esiste chi ne fa la diagnosi
e se esiste un quadro sintomatologico che può fare una diagnosi di un certo tipo, ma poi magari differisce il modo di
affrontarla, è importantissimo stabilire e vedere come si sono formati gli occhi e lo sguardo di chi analizza un
determinato oggetto. Lapsus: insieme al testo capitale “Psicopatologia della vita quotidiana” Freud ci fa notare, è
quell’espressione involontaria che però ha un significato, perché inconsciamente stavo pensando a quello, è uno
degli strumenti, insieme all’esercizio delle libere associazioni di idee o parole involontarie, è un altro meccanismo di
accesso spontaneo all’inconscio; l’inconscio emerge rispetto a una costruzioni è inutile metterci strati di cemento, la
natura viene fuori e vorrà comunicare ed emergerà necessariamente, il compito della coscienza è prima di tutto
rispettarla, quando l’uomo è maturo e un vero conoscitore rispetta la natura, cerca di capirla, di assecondarla, non
costruisce città (architettura curativa capacità dell’architettura di essere progettata su basi psicologiche e di
restituirci cura, benessere e piacere di vivere) di cemento, alienanti, con materiali che respingono la natura, ma che
la accolgono, in una dialettica in cui l’uomo ritrova la propri animalità (parola animale-le uguale ad anima, non sono
simili sono identici, studiare la propria anima è capire la propria animalità, la propria natura profonda). Dinamica del
setting (professione analitica che lui stesso, in un saggio del 1926 intitolato “Sull’analisi laica” voleva non fosse
esclusivamente medica, la psicanalisi è qualcosa di diverso dalla professione sanitaria, dal trattamento del sintomo:
quella è la psicoterapia psicanalitica, ma un percorso di analisi di anni non è relativo a un problema singolo ma a una
conoscenza di sé -migliore metodologia del consoci te stesso. La psicanalisi in senso puro, non col paziente, ma con
l’analizzando può durare anni perché una persona per anni si cura e cura i propri sogni con un’altra persona di
fiducia a cui rivela l’inconfessabile della vita): nella concezione freudiana originale pensava di doversi sedere e far
sedere l’analista dietro rispetto a una poltrona, divano, chaise longue dove si sedeva il paziente o analizzando e lì
iniziava a raccontare il suo vissuto, i suoi sogni, dietro perché nella sua concezione le sue espressioni facciali rispetto
ai contenuti penosi o drammatici che venivano raccontati, non dovevano essere visti (importante perché è uno dei
motivi di divergenza con Jung; un altro è per Freud è centrale l’impostazione libidica attraverso cui legge come
desiderio prioritario tutta la personalità, per Jung è lo spirito, la spiritualità, il divino, il sacro -relazione col sacerdote
nel confessionale). Meccanismo di transfert: meccanismo attraverso cui il paziente trasferisce sull’analista le proprie
inconsce immagini o bisogni, un sentimento che gli trasferisce, tante volte è un padre o un maestro, grande assente
della nostra cultura, tant’è che le culture più avanzate che sono quelle tribali c’è il rito di iniziazione che avviene
attraverso il distacco dai genitori e quindi dalla parte fisiologica o morale di insegnamento del padre e della madre e
si è affidati a un maestro.

LEZIONE 13-Fondamenti di psicologia analitica-1


Carl Gustav Jung nasce a Kesville in Svizzera il 26 luglio 1875, padre della psicologia analitica (dal suo individuatore,
non fondatore -skilift). Padre prete protestante madre accudiva i figli, influenza con la vita spirituale già dall’inizio. Ha
un confronto nitido e serrato con la figura paterna e le sue idee soprattutto in fase giovanile, caratteristica
importante perché la pietra angolare della sua psicologia è la spiritualità. Aneddoto: Jung da bambino aveva
l’abitudine di fare un gioco nei momenti di solitudine (molto legato a momenti di solitudine), sedersi su una pietra e
faceva un gioco mentale: io sono colui che siede sulla pietra o io sono la pietra su cui egli siede? Cercando di vedere
la vita anche nell’interazione con gli oggetti (psicologia sociale ma non solo). Esiste un dialogo psichicamente innato
tra soggetto e oggetto (individuo, ambiente, oggetto fisico, animale) (numero=nume, spirito sacro). Jung parla di
archetipo, o realtà prima, che non ha antecedente causale di nessun tipo, in greco è l’impronta originaria, arché è il
principio primo, quindi l’irriducibile, la massima meta di conoscenza della mete rispetto all’inconscio. L’archetipo è
un mattone costitutivo dell’inconscio collettivo o psiche collettiva, ed è un’esperienza o trama psichica o contenuto
profondo della psiche che si trova presente in tutte le culture in tutti i tempi e in tutti i luoghi, come l’archetipo del
padre: non c’è una cultura umana che non conosca questa parola. Se è qualcosa che afferisce esclusivamente alla
cultura della quale si fa parte si deve parlare di prototipo o stereotipo. L’archetipo è l’esperienza psichica imperitura,
che non muore mai, idea che poi va declinata nello spirito del tempo e nella cultura. Jung parla molto dell’ archetipo
del quaternio, che ha a che fare col 4 cui attribuisce l’essenza della totalità psichica (fa molti seminari e insegnamenti
su questo), il quaternio rappresenta la totalità spaziale (punti cardinali, stagioni-?- 54), Jung sostiene che oltre al
“Padre, Figlio e Spirito Santo” si debba omaggiare l’assunzione di Maria, e ci cita un passaggio alchemico
(parallelismo tra “Psicologia e alchimia”, 1944- su cui fa grandissimi studi recuperando questa disciplina e arte
fondamentalmente segreta) di Maria prophetissa, non si sa se immaginaria o realmente esistita, che dice che il primo
è 1, unità in potenza, il secondo è 2 e avviene dallo scisma dell’unità, il 2 porta al 3 e tutto si compie attraverso il 4,
l’unità manifestata, spazialmente. Il quaterno va sempre cercato di individuare perché rappresenta come numero la
totalità psichica, il sé.

LEZIONE 14-Fondamenti di psicologia analitica-2


Alcuni strumenti che offre Jung per leggere la personalità o la psiche in senso proprio: la strutturazione dell’inconscio
che prende dal lavoro di Freud. Per Jung esistono due livelli di inconscio, personale e sovrapersonale o collettivo
(intervista 1953 BBC, quest’ultimo concetto cui era più affezionato) (individuare una patologia, c’era già prima).
Distinzione dell’inconscio in un sogno. L’inconscio personale è quella sfera della psiche più vicina alla coscienza,
l’inconscio collettivo è quella sfera della psiche più profonda e sovra-personale, animato dagli archetipi non dalle
persone, le costellazioni fondamentali dell’inconscio collettivo sono gli archetipi, mentre i complessi sono le
costellazioni fondamentali dell’inconscio individuale. La psicologia analitica è stata chiamata da Jung come secondo
nome del suo approccio, il primo nome che dette (collegata direttamente con la psicanalisi di Freud e quindi con una
psicologia che mette individuo e inconscio in riferimento direttamente all’individuo e non fa distinzione tra inconscio
personale e collettivo) fu psicologia dei complessi perché aveva notato (sotto l’influenza del rapporto con Freud,
interrotto nel 1912 con la pubblicazione di un libro fondamentale in cui Jung comincia un percorso a sé stante,
“Libido e simboli della trasformazione”, parole agli antipodi: libido parola cara all’impostazione teorica di Freud, e
simboli della trasformazione che è un’accezione fondamentale per spiegare e capire la centralità e cosa Jung mette
al centro della sua psicologia, la trasformazione -diventare ciò che si è, autorealizzazione- e l’individuazione -capire
perché si diventa ciò che si è, la realtà superficiale è fenomenologica esiste una realtà dietro la realtà, che agisce
dietro i fenomeni, occulta; psicologia del profondo, esiste un noumeno-, verso la meta; l’individuazione -individuare
il nume, lo spirito e i motivi per cui siamo diventati ciò che siamo come in un disegno che finalmente ha un senso- è
per lui il percorso che parte da una datità iniziale della soggettività quindi dell’io, piccolo scoglio, che durante la vita
incontrando l’inconscio quindi nuova lava, il piccolo scoglio si amplia e diventa un’isola) (Hillman: la psicologia o è
profonda o non è tale). Importanza delle ideologie per le persone. Agito: da cosa? Jung sospetta e dimostra, “non ho
bisogno di credere, io so”.

LEZIONE 15-Fondamenti di psicologia analitica-3


Struttura della personalità: sostiene che c’è un lato di essa che non è immediatamente visibile anzi viene tenuto
nascosto, celato volutamente, perché rappresenta “l’ombra è quella personalità celata, rimossa, per lo più inferiore
e colpevole, che con le sue estreme propaggini rimonta al regno dei nostri antenati animaleschi e così abbraccia
l’intero aspetto storico dell’inconscio. “Se finora si è pensato che l’ombra umana fosse la sorgente di ogni male,
ormai ad un’indagine più accurata si può scorgere che l’uomo inconscio cioè l’ombra non consiste solo di tendenze
moralmente riprovevoli ma mostra anche un certo numero di buone qualità cioè istinti normali, reazioni opportune,
percezioni fedeli alla realtà, impulsi creativi e così via” (“Aion”, 1951). Quindi sostiene che esiste una parte celata,
oscura, in basso, della personalità che chiama ombra, poi sostiene che l’inizio dell’analisi è fondamentalmente
mettere un occhio sull’ombra, far luce sugli aspetti inquietanti, violenti; questo viene spiegato con la presenza
dell’archetipo marziale presente in ciascuno (siccome l’inconscio collettivo è il patrimonio psichico di tutte le
esperienze che l’umanità ha acquisito e che riguardano collettivamente l’umanità) -legittima difesa. La coscienza
deve trovare una soluzione alle pulsioni violente, negative, moralmente riprovevoli dell’ombra. L’ombra afferisce alla
parte moralmente inferiore, occulta e negativa della personalità, ma può essere anche conscia quella parte.
Inconscio vuol dire che una cosa non si sa (dimenticata o rimossa o non si sa). L’ombra può quindi essere anche
cosciente; il compito di metterci la luce è per cercare di controllare queste forze che agiscono nell’ombra e possono
essere pericolose se rimosse, invece se riportate alla luce possono essere facilmente gestite; compito della coscienza
è differenziare il buio. L’ombra è anche nella Divina Commedia, riferimento della “selva oscura”+ riferimento al “mito
della caverna” di Platone. Un'altra grande idea di Jung è quella di persona (molto prima che manifestato nei corpi è
qualcosa di psicologicamente ontologico, esiste a prescindere molto prima della loro incarnazione e animazione in
un rapporto tra due umani), è l’aspetto maschera, dall’etrusco (originariamente la maschera che l’attore portava nel
teatro antico), Jung dà una definizione precisa dicendo che “la persona è il sistema di adattamento o la maniera con
cui abbiamo contatto col mondo, così quasi ogni professione ha la sua caratteristica persona, solo che il pericolo sta
nell’identificarsi con la persona, come ad esempio il professore col suo libro di testo o il tenore con la sua voce. Con
qualche esagerazione si potrebbe dire che la persona è ciò che in realtà uno non è, ma ciò che egli e gli altri credono
che egli sia”. La personalità è polimorfa, è polidimensionale, policentrica: soltanto uno di questa è la persona, la
maschera che noi indossiamo per relazionarci, che l’individuo decide di mostrare nella società. Le persone sono le
maschere dell’inconscio collettivo, potremmo dire archetipi. Jung ha riportato in auge un concetto (poi approfondito
da Hillman) di anima del mondo, concetto addirittura presocratico; ci dice: “non è la psiche in me, ma io nella
psiche” (rovesciamento totale di prospettive). Quindi se la prima psicanalisi e la psicologia in generale sono discipline
dell’interiorità, cerchiamo di vedere il negativo nella sua matrice, origine ed evitare certe proiezioni spiacevoli ad
esempio se capiamo per tempo il meccanismo certe espressioni negative evitiamo di proiettarle. Quanto è
importante agire, fare psiche, fare anima del mondo (Hillman) che vuol dire curarsi delle cose che stanno fuori
anche. Altra grande idea è quella di tipi psicologici: Jung conia i termini introverso ed estroverso per definire due
orientamenti della personalità, una che tende ad avere una coscienza verso l’interno e l’altra verso l’esterno (se non
le avesse coniate, molte persone sarebbero in difficoltà o addirittura considerate patologiche come lo erano quelle
timide, disadattate, chiuse ecc.). L’introverso abbastanza normalmente si trova molto più a suo agio quando sta con
se stesso (diffidenza e problematicità), perché il suo campo in cui si trova molto più a suo agio è la solitudine, il
rapporto con se stesso, dopo l’incontro ne cerca il senso, come sarebbe potuto andare, fa le sue considerazioni e si
sente a suo agio, nel rapporto con l’altro fisico l’introverso si trova un po’ fuori campo; esattamente l’inverso per
l’estroverso. Jung dichiara di se stesso che è un grande introverso -ha costruito Bollingen in un momento di
solitudine in 12 anni una costruzione fatta con le sue mani, 6 mesi in una cava per imparare a spaccare la pietra, si è
costruito con le proprie mani una casa sul bordo del lago alle spalle un bosco, inarrivabile e introvabile; 4 parti della
torre di Bollingen costruite in 12 anni, grande monumento all’introversione e una personalità introversa, che lui ha
sdoganato oltre che scientificamente provato esistere negli esseri umani e sdoganato come assolutamente normale
e anzi positivo.

LEZIONE 16-Fondamenti di psicologia analitica-4


Per volere di Freud, Jung divenne il primo presidente dell’Associazione internazionale di Psicoanalisi; le sue preziose
idee hanno costellato un’opera che si è snodata per 210 pubblicazioni (esposizione delle idee attraverso scrittura e
architettura-torre di Bollingen, la sua seconda abitazione, esempio di architettura curativa
www.architetturacurativa.org: è progettare un’architettura su basi psicologiche, cioè conoscere se stessi per
progettare meglio; se pensiamo a Vitruvio, grande architetto e storico dell’architettura latino, che diede le grandi
basi dell’architettura -utilitas, firmitas, venustas, cioè utilità ed efficienza, l solidità della struttura e la bellezza).
Psicologia del profondo che si contraddistingue per l’idea fondamentale che oltre alla fenomenologia empirica
anche del vissuto e delle realtà esiste una realtà dietro che determina la fenomenologia, che è il noumeno, lo spirito
sacro, che Jung rintraccia e mette al centro della propria opera ma che comunque già col termine inconscio che
Freud adottò dalla filosofia tedesca del secondo 1800 allude ad una realtà nella quale, per dirla con Freud “ si è ospiti
in casa propria” cioè l’essere umano non è protagonista con la propria volontà delle proprie vicende perché non
basta volere una cosa perché questa si realizzi, occorre anche che ci siano dei fattori o che (non?) la ostacolano o che
portano alla realizzazione, una volontà forte si afferma comunque ma non è l’unico fattore. Psicologia spirituale:
pensare all’inconscio vuol dire prendere in considerazione questo altro che determina questi fenomeni, questo
dietro, oltre, che li determina. Per Jung questo oltre -fin dalla sua tesi di laurea- si costella come un oltre spirituale,
arriva a dire inconscio ovvero il nome di Dio oppure dice nell’approccio clinico -non dimentichiamo che fu
vicedirettore dell’ospedale psichiatrico di Zurigo- che “gli dei sono diventati malattie” e che il padre era un prete
protestante esperienza del numinoso (nume spirito sacro; nume-ro: i numeri -Pitagora li aveva messi al centro della
propria opera filosofica- sono oggetti di conoscenza intrinseci). Altra idea è un processo fondamentale per Jung che è
il processo di individuazione, processo in cui la piccola coscienza inziale che nasce a sua volta molto probabilmente
dallo sfregamento o dal conflitto di due forze inconsce (sfregamento di due pietre che creano la scintilla), siamo
totalmente inconsci alla nostra venuta al mondo cionondimeno esistiamo noi non sappiamo una cosa ma non
significa che non esiste oggettualmente e oggettivamente al di là della propria coscienza. Mistero della coscienza:
com’è possibile che quell’oggetto poi sia decriptato da due soggetti in modi diversi, quindi la coscienza ha un grande
ruolo per descrivere, categorizzare, differenziare l’oggetto della conoscenza che vede, nella soggettività risiede il
mistero dell’osservante e quindi un grande inconscio. Il processo di individuazione è il passaggio dalla prima
coscienza dell’io a ciò che uno è in profondità o è archetipicamente, qual è il suo archetipo di riferimento, la
dimensione più vera e autentica della personalità, qualcuno lo traduce col “diventa ciò che sei veramente”; non
basta, occorre scoprire anche capire perché si è diventati ciò che si è. Jung a 85 anni dice “la mia vita è stata
l’autorealizzazione dell’inconscio” (assomiglia alla voluntas e noluntas schopenaueriane -voluntas è per Jung il sé
nella sua totalità). Il processo di individuazione parte dall’inconscio o da quella prima scintilla della frizione tra forze
psichiche che dà origine probabilmente alla coscienza e quindi la coscienza della soggettività, dell’io, è tutto il viaggio
fino ad arrivare alla meta che è il principio di totalità psichica ovvero il Sé. Ci sono tanti fattori ostativi e aiutativi, un
grande ruolo lo hanno i sogni, perché la psicanalisi ha il grande merito di aver riportato conoscenze antiche
(l’interpretazione dei sogni esisteva ed era svolta come funzione dai sacerdoti nel mondo greco del dio della
medicina per eccellenza Esculapio, figlio dell’altro grande dio della terapia ma più filosofica e psicologica che è
Apollo, Esculapio nei suoi templi chiamati Asclepiei da qui la parola ospedale -in nome del quale i medici giurano
ancora oggi, col giuramento di Ippocrate, medico e filosofo che disse “il medico che si fa filosofo diventa simile a un
dio” con la sua arte e comunità crea un giuramento-Esculapio nel mito era colui che risuscitava i morti e dovette
essere “ucciso” da Zeus perché Ade, fratello di Zeus, la divinità che sovrintende all’oltretomba diceva “qui non arriva
più nessuno”- quindi la resurrezione di Gesù e Lazzaro è un archetipo). Quello che ha fatto la psicanalisi è aver
riportato queste pratiche dell’interpretazione dei sogni che era al centro stesso della pratica terapeutica degli
Asclepiei (rappresentazioni teatrali considerate intrinsecamente terapeutiche da qui l’arte terapia). La terza fase
negli Asclepiei era dell’interpretazione dei sogni, dove il paziente veniva inserito a dormire in una struttura a forma
di cubo (da cui la parola incubo) proprio perché lì si aspettava che avesse un sogno che i sacerdoti intendevano
venisse mandato dal dio e lo interpretavano; questa pratica si chiama oniromanzia, ha dato origine alla parola
incubo, è stata recuperata dalla psicanalisi. Sapienza delle parole: Freud aveva detto che “la psicanalisi cura
attraverso le parole” perché le parole contengono nomi propri di divinità e di miti e quindi evocano spiritualità,
evocano cioè figure, fantasmi, forze psichiche che sono nomi di eroi e dei che sono protagonisti dei miti, le figure
delle forze spirituali cui attraverso il mito è stato dato il nome e questi nomi li ritroviamo nei sostantivi (non a caso i
tedeschi li scrivono con la maiuscola), quindi dire la parola giusta in analisi è liberatorio, libera dal sintomo, sembra
quasi che il sintomo voglia essere liberato e sciogliersi. Differenza tra psichiatria e psicanalisi: non crede molto nella
salute mentale ma in quella psichica-legge Basaglia che chiudeva i manicomi, la psichiatria cerca di eliminare il
sintomo della sofferenza, la psicanalisi cerca la causa del sintomo della sofferenza grazie al sintomo (lavoro
antipodico, opposto alla psichiatria). L’inconscio manda sintomi perché vuole essere compreso. La psicanalisi non ha
inventato nulla? No, ha inventato nel senso latino che vuol dire “riscoperto” in sé non ha inventato/scoperto nulla;
oniromanzia veniva chiamata nell’antichità, nella psicanalisi viene chiamata interpretazione dei sogni. Così
importante che Freud la fa pubblicare nel 1900, secolo della psicanalisi.

LEZIONE 17-Fondamenti di psicologia analitica-5


Due idee fondamentali di Jung che poi furono per la prima volta pare scoperte dalla moglie (Mara Oschenbach che
collaborò col marito), quelle di anima e animus. Nella concezione junghiana l’anima è il principio, la parte femminile
all’interno della personalità dell’uomo. È provato anche scientificamente dalla biologia che ogni uomo contiene
anche una parte di un corredo biologico e di presenza femminile e viceversa, anche la donna ha la sua componente
di geni maschili all’interno di una lettura biologica. E così anche nella psicologia, soprattutto di Jung, dove in effetti
c’è una parte opposta nell’uomo che è quella del principio femminile che lui chiama anima e così è viceversa per la
donna la sua parte maschile viene chiamata animus, spirito. Fa degli esempi: una commissione di tesi composta da
più soggetti secondo lui è un’esemplificazione dell’animus (stiamo parlando di questo in una immaginazione o sogno,
non nella datità reale, non principalmente). Così ci sono anche esemplificazioni dell’anima che entra nei sogni per
esempio del soggetto maschile con una serie di immagini la cui analisi è l’analisi di questa componente altra presente
nella personalità dell’uomo. Qual è il valore di anima e animus: l’accesso verso il mondo dell’inconscio profondo
spirituale, che Jung (e non solo) definisce occulto, misterico, misterioso, è la porta verso il mistero, qualcuno
potrebbe dire il mistero verso la divinità, qualcuno potrebbe rimanere laicamente verso un mistero archetipico, lo
stesso Jung in “Ricordi, sogni e riflessioni” nel retrocopertina scrive “potrei tranquillamente parlare di dei e demoni,
ma preferisco parlare di archetipi e miti”. Archetipi: esperienze, trame psichiche profonde, occulte, inconsce che è
l’oggetto stesso della nostra analisi nella psicologia del profondo e questo amplia di molto il nostro campo cosciente
rispetto ai fenomeni della vita, abbiamo molti più strumenti per leggerli, questo anche nelle organizzazioni, non
stiamo parlando di una lettura solo intraindividuale cioè di noi con noi stessi ma riguarda anche i rapporti coi
colleghi, quindi nella psicologia dell’ organizzazione riguarda i rapporti lavorativi, la psicologia del lavoro, la gestione
delle risorse umane di un’azienda, quindi ampliano di molto il campo della coscienza i sogni, che emanano quel
materiale tipico dell’espressione della psiche che sono le immagini, a tal punto che la frase più famosa di Jung è
“l’inconscio si esprime per immagini”, concetto fondamentale di immagini, immaginazione, azione delle immagini
diventa fondamentale nella psicologia del profondo e analitica e nel suo sviluppo successivo in quella psicologia
individuata da Hillman che si chiama psicologia degli archetipi/archetipale o archetipica. L’anima ha una funzione -
come l’animus- di ponte, per la donna rispetto alla spiritualità e all’individuazione spirituale, cioè al conoscere quali
sono i motivi spirituali che hanno portato a diventare o ci chiamano a diventare ciò che si è, che è il processo di
individuazione nella più alta lettura che se ne può dare -non a caso Jung lo scriveva e non solo perché svizzero
tedesco, con la maiuscola e invitava a scriverlo con la maiuscola, a sottolineare l’importanza dell’individuazione. La
parola individuo non è uguale a soggetto, contiene soggetto e oggetto, la parola vuol dire “in divi duo” cioè non
diviso/non divisibile in due, che sono i due della relazione soggetto-oggetto diadica (anche nel lavoro con se stessi:
tra coscienza e inconscio); il due è un archetipo, un’ontologia, esiste come principio di definizione della personalità
non si può prescindere dal 2, numero fondamentale di confronto e di conflitto (il prefisso con vuol dire “insieme”).
Idee di Jung: principio che prof considera terapeutico, il principio finalistico o teleogico: Jung si differenzia da Freud
[c’è bisogno di una frattura per entrare, una botola per iniziare quella annichia come dicevano i greci di discesa nel
mondo infero, nell’ Ade, nell’ombra, tutto nasce dall’oscurità, da una ferita, un trauma: mentre in un’ottica
psicanalitica il trauma è la aratura, cioè aratura di un campo come ferita della terra, non è possibile arare un campo
e non ferire con l’aratro la terra, dal punto di vista della terra ci possono essere urli e dolori, quello è arare,
nell’aratura c’è l’inizio del processo psichico che nasce sempre da una ferita, da una crisi e dà origine a una parola
chiave, fondamentale della psicologia analitica che è la trasformazione -ma quand’è che la psiche sta ferma? Psyché
è il soffio vitale ma anche la farfalla, che è raro che stia ferma, è sempre in un movimento irregolare- quando la
psiche non è in trasformazione? Però ci sono dei momenti di relativa stabilità anche nel percorso della vita; ci sono
molti momenti in cui la trasformazione è evidente, noi ne vediamo solo le manifestazioni, magari è una cosa partita
da molto prima e che i sogni già potevano anticipare, per esempio cambiare città o la fine di una relazione, questi
sono grandi cambiamenti- attraverso una ferita inizia questo processo trasformativo che è anche, se letto in analisi
quindi con la coscienza, individuativo, che mira ad arrivare al centro della personalità che Jung chiama Sé, il punto
centrale da cui si vedono i 4 punti cardinali e si può controllare, vedere, avere una visione complessiva di tutta la
personalità; prof definisce sé come puzzle perché durante il percorso appaiono frammenti dell’idea dell’archetipo
centrale che sta al centro della personalità e verso il quale siamo chiamati e siamo diretti, quello che è la meta del
processo di individuazione Jung per farlo capire porta.. ed è stupendo scoprire se siamo fortunati questi elementi del
puzzle a quel punto possiamo aver individuato qual è l’imago che ci chiamava e spiega e dà senso a un’intera
esistenza; l’informazione è solo un ingrediente della conoscenza, conoscenza -patrimonio di acquisizione cosciente
da parte della coscienza rispetto all’inconscio con i nessi tra le informazioni acquisite e comporta di un’elaborazione
di questi- è diverso da sapienza -atteggiamento e gestione della conoscenza, la gestisce psicologicamente] anche per
il fatto di rovesciare completamente il campo di osservazione, lui considera il fatto psichico come un’apertura di un
processo (non a caso quello di individuazione), non si può sempre riferire tutto, anche avanti con l’età, ad una
visione retrospettiva, regressiva fino all’infanzia dove è l’origine di tutto: nella visione di Jung è tutto il contrario, è
vero quasi più il contrario, cioè la crisi di un momento serve, come l’aratura che è l’inizio di una nuova vita, la crisi
che apre alla lettura di tutto ciò che dovremo conoscere nel nuovo ambito di vita, nella vita per questo esistono a
tutte le età le crisi e momenti di difficoltà, proprio perché si aprono varie fasi della vita (importante crisi del
passaggio dall’adolescenza all’età adulta). Per Jung quindi una cosa accade mossa da un fine che è nel futuro e che
chiama e spiega il perché della crisi e del suo dipanarsi di eventi (la lettura causalistica di Freud era opposta: una cosa
di oggi è causata dagli eventi di ieri; a seconda delle situazioni va applicata più l’una o l’altra e spesso entrambe -una
mancanza di oggi è vero che è la causa di mancanze precedenti, non solo dei genitori ma anche del contesto
dell’infanzia di origine, anche i fratelli e anche il contesto ambientale e culturale in cui eravamo inseriti, ma è anche
vero che la crisi che mette in luce è una crisi che richiede un esercizio da fare nel proseguo della vita).

Lezione 18-Fondamenti di psicologia analitica-7


Altre due idee: immaginazione attiva, metodo dell’amplificazione -tipologie dei sogni. Quello che è importante, in
un’ottica di psicologi del profondo è cercare di arrivare all’altra parte della personalità, la “numero 2” (Jung),
inconscia, segreta, occulta, misterica, che è all’origine spesso dei fatti della nostra vita (importante capirla per evitare
la nevrosi che spesso ci deriva dal fatto di non essere collegati con la natura più profonda, ancestrale, delle nostre
vite). Non c’è solo il sogno come modalità di comunicazione nell’inconscio, visto che noi siamo dentro l’anima, nella
psiche, dobbiamo parlare continuamente con lei e non certo aspettare il prodotto della notte che è il sogno. Jung ha
cercato di mettere a punto un’altra metodologia di penetrazione, lettura delle metafore, simboli, linguaggio
dell’inconscio (che si esprime nelle modalità semiotica, simbolica, allegorica, metaforica e trasversalmente
immaginale) e cercare poi di decriptarle; una modalità è di dare amplificazione alla fenomenologia psichica, quindi
richiedere un ambiente spesso solitario, di riflessione, enucleazione, del fenomeno psichico -questa è una funzione
positiva della asocialità: le condizioni isolate, che sono cercate dai mistici, dai monaci, che sono obbligati attraverso
la reclusione. Questa modalità viene chiamata metodo dell’amplificazione attraverso cui un’immagine o un fatto
psichico che arriva alla coscienza viene amplificato, vuol dire conoscerlo, sezionarlo nei minimi particolari. Tendono
invece a ridurre, ridimensionare, il fenomeno psichico le persone che hanno molti impegni, sono anche piuttosto
affannate e vivendo un vita sciale più piena hanno più campi o tavoli in cui giocano la loro vita e quindi tendono ad
amplificare con più difficoltà. Tuttavia può essere anche pericoloso, perché un’amplificazione non correttamente
letta, senza i nessi di derivazione di esso, può dare origine a paure incontrollabili o fantasie disturbanti rispetto alla
coscienza e quindi occorre che ci si rivolga a qualcuno per un aiuto e per gestirle. Un’altra modalità così importante
nella lettura di questo livello sotterraneo o celeste, comunque inconscio, è quello che Jung ha chiamato
l’immaginazione attiva, che consiste in 3 fasi (più una quarta eventuale): la prima è quella di estraniarsi e cercare di
far vuoto mentale (è una forma di meditazione vera e propria), la seconda è quella di cercare (es. 20 minuti al giorno)
di fare vuoto mentale rispetto agli accadimenti della vita quotidiana (Marie Louise von Franz, allieva di Jung, fa
notare che comunque se anche non si riuscisse a far vuoto rispetto ad accadimenti della vita, in effetti possiamo
sdraiarci sul letto o sederci in poltrona, chiudere gli occhi e far entrare le immagini, abituarci a creare un corridoio
attraverso cui possono arrivare delle immagini: se queste si riferiscono alle preoccupazioni del quotidiano che non
abbiamo saputo allontanare in una fase iniziale di vuoto mentale, non c’è da preoccuparsi, vuol dire che quelle
immagini costelleranno quell’esperienza ad occhi chiusi/socchiusi con respirazione lenta in cui cerchiamo il mondo
interiore o quell’altro mondo che si esprime con queste modalità), terza fase cerchiamo le immagini e i contenuti
della vita psichica, interiore e dobbiamo accogliere le immagini così come sono, senza alcun tipo di censura, tipica
dell’io che cerca di fare una rimozione rispetto alle idee penose, non dobbiamo assolutamente rimuoverle; se sono
penosissime, le scriviamo così come sono), la quarta fase è di raccontarle in analisi o in seduta e quindi confrontarsi
con un analista del profondo sulle immagini che sono arrivate. Spesso, all’inizio, le immagini non arrivano, poi come
se si fosse aperto un canale, cominciano ad arrivare. È grande la terapia, il benessere che si trova nell’avere senso
della nostra vita, delle cose. Oggi ci sono molte terapie filosofiche, ma anche in psicanalisi (trovare il senso della vita
e delle cose, conoscere il proprio profondo psichico, provoca benessere nell’uomo). L’analisi è filosofica
intrinsecamente, è/può essere definita una filosofia del sé, uno dei migliori modi per conoscere se stessi. Jung per
fare capire cosa intendesse con principio totale della personalità (sé), alludeva ad una figura: il mandala (parola
sanscrita che deriva da altre due parole base sanscrite, manda la, che vogliono dire “possedere l’essenza”), figura
normalmente disegnata nei monasteri tibetani, buddhisti, dai monaci o apprendisti tali, ed è un cerchio all’interno
del quale è inscritto un quadrato o viceversa, che sono i due opposti geometricamente intesi come significativi della
totalità (il filosofo Cusano parlava di Dio come un cerchio, il cui centro è ovunque e la cui circonferenza è nessun
luogo). Nel mandala ci sono una serie di figure in una spirale centripeta dal centro verso il fuori o centrifuga dal fuori
verso il centro (o il contrario?), il centro è la meta del processo di individuazione in cui c’è il Buddha, Cristo, l’Uomo
che ha raggiunto il sé, realizzato, sapiente, consapevole, quello che il buddismo chiama l’Illuminato che nel buddismo
si dice non è necessario ritorni con reincarnazione (nella teoria antichissima della metempsicosi). Vie di accesso
all’inconscio e suo linguaggio: alcune teorie psicanalitiche, tra cui quella di Jung così come quella di Hillman, dicono
che in effetti va preso così com’è, invece Freud diceva “laddove c’era l’inconscio ora c’è la coscienza” cioè lui parlava
più che altro di una sorta di traduzione che in effetti tutti dobbiamo fare; sono forse veri entrambi questi approcci,
perché un’immagine mitologica dobbiamo tradurla nel portato della vita quotidiana cosa può significare. I numeri
della totalità perfetta: insieme al metodo dell’immaginazione attiva e quello dell’amplificazione, che Jung molto ha
messo a punto forse nella sua Bollingen, una casa che ha costruito come espressione della costruzione della
conoscenza di sé (esemplificazione del sé, della costruzione plurale della personalità, costruzione basata sulla
pluralità dell’inconscio che è la matrice del costruire e del progettare, dello scoprire, della costruzione consapevole
della personalità), costituita non a caso da 4 parti, ciascuna costruita nell’arco di 3 anni, 12 anni numero della totalità
come il 7, 4+3, o 4x3=12 sono due numeri della totalità perfetta, della perfezione (in latino perficere letteralmente
vuol dire concludere, completare, quindi una cosa perfetta è una cosa semplicemente completata, letteralmente,
non c’è un aggettivo qualitativo), 4 e 3 sono due numeri della totalità, il 3 verticale, il 4 in orizzontale sommati danno
7 e 12. Un’altra via regia per avere un accesso all’inconscio è l’interpretazione del sogno, quindi il sogno: i sogni,
Freud diceva che possono spesso avvenire nell’arco delle 48 ore rispetto all’introiezione dell’oggetto, poi diceva che
il sogno può essere un’espressione anche biologica (ho mangiato pesantemente, questo nella concezione freudiana
poteva essere il sogno, il prodotto di una digestione non propriamente facile e quindi una notte difficile e anche con
sogni movimentati); questo risente del periodo positivista nel cui si faticava a considerare la psicologia come scienza
a sé se non addirittura come mera produzione organicistica e quindi in chiave esclusivamente biologica: una delle
grandi denigrazioni che venivano fatte a Freud e alla psicanalisi, era come un cercare di emendare la psicologia dalla
funzione organicistica, ad esempio della lettura delle problematiche che venivano chiamate e legate a disfunzioni del
sistema nervoso, ancora basata su un mondo organicistico che è la base del mondo medico, che è tutt’altro); anche
sostanze che producono immagini per esempio l’assunzione di stupefacenti produce effetti psicotropi (immagini o
allucinazioni), ma il sogno può essere anche il prodotto di tutt’altro. Quindi nella concezione freudiana e poi
soprattutto junghiana l’inconscio gioca un ruolo assolutamente autonomo.

Lezione 19-Fondamenti di psicologia analitica-8


Quadripartizione delle tipologie dei sogni: confermativi, compensativi, predittivi, numinosi. Per tutti i processi di
culturalizzazione, attraverso una presa di coscienza e la creazione di una cultura dipende molto da chi è l’osservatore
e distingue le tipologie dei sogni, perché ce ne possono essere moltissime. Sogno confermativo: i sogni possono
confermare quello che il paziente/analizzando dice in seduta, conferma ciò che la persona sa già, ne è già cosciente,
magari il sogno è utile perché fa fatica ad ammetterlo, l’inconscio è l’espressione vera della natura cui non si sfugge;
è l’unica tipologia in cui si potrebbe dire che il sogno è quasi inutile, cioè se la persona ne ha già preso coscienza, il
sogno non fa che confermarlo, ma non è inutile mai. Sogno compensativo: l’opposto del primo, ovvero rispetto ad
esempio a un rigetto (di un’etnia, o convinzione); l’inconscio facendo questo tende a riequilibrare la psiche, perché
c’è uno dei tanti pericoli della psiche, di cui parla Jung, che è l’unilateralismo psichico (pericoloso, ciò che nel
linguaggio comune si dice una persona che “parte per la tangente”, cioè unilateralmente va in una direzione) -uno
degli animali più eccellenti della conoscenza è non a caso il serpente, non va mai dritto ma sempre sinuosamente a
zigzag; cosa salva dalla follia, che per definizione è unilaterale, un’idea che ti ha conquistato, non sai di esserne
posseduto e parli come un suo funzionario, un po’ come nelle ideologie, che finiscono in -ismo che vuol dire
alluvione, effluvio di ciò che precede [inconscio “il grande sceneggiatore”]. Sogno predittivo: straordinari,
contengono la caratteristica preminente del sogno, la ragione per cui il sogno è importante in tutte le culture prima
che la psicanalisi lo riportasse in auge come pratica terapeutica (nella filosofia salottiera la pratica
dell’interpretazione dei sogni veniva affidata alle nonne, alle vecchie del paese); ha la caratteristica di predire gli
eventi e questo è anche inquietante (non interpretiamo il sogno di morire in negativo: spesso vuol dire sognare una
trasformazione che sta avvenendo, quindi può voler dire il contrario, una morte per una rinascita; a volte è
predittivo). Sogno numinoso: il sogno è la via regia attraverso cui il sacro e l’inconscio nelle forme del mito parla a
noi, ci parlano gli eroi, le divinità, quindi questa straordinarietà la si ritrova nel sogno, dove ci possiamo trovare la
visitazione di queste forme vive; altra grande distinzione tra Freud e Jung: Freud pensava che queste forme fossero
ormai messe in un cassetto, nell’archivio della memoria della nostra personalità, mentre Jung non era affatto
d’accordo, perché considerava queste forme numinose, queste espressioni che si ritrovano nei miti, forme vive che
parlano costantemente nella nostra vita (numinoso=sacro). Attiva una dimensione che non può essere più la
religione nella quale siamo stati avviati fin dall’infanzia, quindi inizia un secondo avvento, in tanti casi, di una
seconda apertura della dimensione religiosa: la coscienza ha bisogno di un precorso prima di arrivare a una nuova
religiosità, vera, autentica, che si paleserà nell’anima e che farà capire come dei sacramenti vissuti nell’infanzia, per
quanto importanti, possono non essere validati dal resto dell’esperienza della vita. Uno dei modi attraverso cui
questo comincia a parlare in modo curiosamente vivo, tanto da ripetersi, altra tipologia, che non è una vera e propria
tipologia ma una modalità, è il sogno che si ripete, facciamoci attenzione: la prima volta manda un sogno, se la
coscienza non ha capito, l’inconscio può rimandarlo una seconda volta (invito a riflettere su un aspetto -premio
Nobel per la letteratura Gunter Grass diceva “se un’idea mi arriva la prima volta la scaccio, se mi arriva la seconda
volta mi insospettisco, se mi arriva una terza volta le chiedo che vuoi”, è un buon modo di relazionarsi ai contenuti
dell’inconscio -l’inconscio è la modalità attraverso cui la natura profonda, nemmeno quella fisica, non gli alberi ma la
loro immagine, il loro spirito, ci dice qualcosa). Nei sogni troviamo le radici dell’eco-psicoanalisi, una disciplina che
nasce dall’ecopsicologia (?) come sua evoluzione, che ascolta e si contatta con Eco, letteralmente la ninfa che sta con
il dio greco Pan nella mitologia, che è costretta a richiamare le ultime parole che sono state pronunciate e che
diventa poi lo spirito dell’ambiente, della natura ambientale, del contesto in cui si vive. A questo proposito ecco che
nasce una psicanalisi che è collegata al contesto ambientale e che ha (?) 4 fattori costitutivi dell’identità: ereditario-
biologico (che ereditiamo nella personalità fin dalla nascita, assolutamente indipendente da noi), educativo-primario
(nostra educazione data dai genitori e dal contesto familiare in cui includiamo anche i fratelli), formazione o
educazione secondaria (6 anni-età adulta, la grande mancante- educazione scolastica, dell’ambiente sociale,
culturale) e daimon (fondamento della psicologia archetipica di Hillman, può contraddire le precedenti fasi; il
daimon di Ella Fitzgerald nel famoso libro di Hillman “Il codice dell’anima” -parla di 15 storie in cui il daimon
caratterizza la scelta di una vita piuttosto che un’altra- lei si era iscritta ad Harlem a un concorso di danza per
bambine per avviarsi a un’espressione artistica; salendo sul palco, decide di cantare), esso si manifesta all’improvviso
e può contraddire le previsioni fatte precedentemente, inspiegabile se non con la vocazione, questa grande
potenzialità che la vita inconscia ci consente che è l’azione stessa della chiamata ( voca-azione, l’azione della
chiamata, da un fattore inconscio che ci dice di essere visitato e ci chiama a sé e qui ci sta il destino di tutto il nostro
vissuto).

Lezione 20-Fondamenti di psicologia analitica e di psicologia archetipica


James Hillman e psicologia del profondo: psicanalista americano (1926-27 ottobre 2011) detestava abbastanza
questa definizione di psicologia del profondo perché per lui la psicologia o è profonda o non è. Non sappiamo sa se si
va nel profondo di un fenomeno, che si chiama noumeno, che sta dietro o oltre (o davanti o sopra o sotto),
comunque altrove rispetto alla manifestazione fenomenologica psichica, certamene un oggetto, se anche non è
profondo, lo si può vedere in profondità. Hillman, in “Re-visione della psicologia”, un testo caposaldo che ha avuto
l’obiettivo di far vedere come la psicologia dovesse essere vista con nuovi occhi, che costituisce/costruisce un
corollario, un vero e proprio viaggio che lui fa e che porta al sovvertimento di alcuni capisaldi anche
dell’impostazione del setting e quindi della relazione analitica. In questo testo c’è un’idea di Hillman che chiama
visione in trasparenza, cioè tutto ciò che viene visto, che noi chiamiamo oggetto nella realtà fondamentale (in
psicologia sociale e nell’ontologia dell’esistenza umana), è quel vedere le cose in cui dipende molto anche da chi
guarda l’oggetto e non dall’oggettività di un dato, questo cambiare è il vero grande interrogativo, sul mistero della
coscienza: c’è un detto di Goethe “l’occhio dev’essere simile al sole, altrimenti non potrebbe vederlo, capirlo”:
questo fa capire quanto sia fondamentale l’osservatore, che è la parte cosciente, soggettiva, è il soggetto rispetto
all’oggetto, è esso stesso animato -per quanto si chiami coscienza- da forze inconsce, questo è un vedere in
trasparenza, dipende molto qual è filtro che mettiamo nell’osservazione di tutti gli oggetti delle nostre investigazioni
(dinamiche politiche, aziendali, socio-economiche, finanziarie), dipende che interpretazione ne viene data e da
questo nasce non solo l’impostazione ermeneutica ed interpretativa della soggettività ma anche le culture, a
seconda di come si interpretano le stesse cose [gojé=educazione spartana]. La visione in trasparenza ci deriva dalla
constatazione che la coscienza stessa è aver messo luce sull’inconscio, probabilmente non è nient’altro che aver
illuminato l’inconscio, ma è sempre l’inconscio è il materiale della coscienza [differenziazione e poi categorizzazione].
Questo, nell’ottica di James HIllman, porta a considerare due Archetipi: quello che agisce nel profondo, alle radici
della nostra esistenza, del nostro fare e osservare, la coscienza, quindi potremmo dire nei termini della psicologia
archetipica -questo il nome che Hillman ha dato alla psicologia che ha individuato e perimetrato nel corso del suo
lavoro- arriva come evoluzione, prosieguo della psicologia analitica di Jung, che già negli anni ’30 aveva parlato di
archetipi. Hillman ci direbbe, basando una psicologia archetipica -anche detta archetipale o degli Archetipi- sul
concetto fondamentale di questa forma a priori, costitutiva dell’animo umano e che fonda la psiche collettiva di tutti
i tempi: idea di gruppo [la parola archetipo è molto simile se non identica al termine di idea di cui ci parla Platone,
che mette nell’Iperuranio quindi nell’oltre cielo -nell’inconscio si potrebbe dire-, nell’invisibile, delle forme a propri,
intangibili, immutabili, che sono le idee, e lui dice che per arrivare a coglierle l’occhio deve morire; bisogna intendersi
su cosa si intende morire, spesso si intende che la vita nell’aldilà sia un’evoluzione e perché ciò avvenga ci dovrebbe
essere una metempsicosi o in termini carnali detta reincarnazione e quindi una ridiscesa sulla Terra; mentre in
alcune religioni, come quella mitraica, non c’è bisogno di finire questa vita per accedere a un livello superiore di
consapevolezza, ma in questa vita si vivono 7 tappe come una scala -ogni tappa sovraintesa e governata da un
Archetipo o si potrebbe dire da un mito o da divinità-, ciascuna aperta d auna crisi e ciascuna che ha una sua
evoluzione e un suo senso; per cogliere le idee, quindi, in questa visione non serve morire fisicamente per ascendere
a un livello tale in cui si possono scorgere gli Archetipi, tanto che Hillman ci propone che questi Archetipi ci visitano,
che noi si voglia o no -frase di Jung “non è la psiche in me ma io nella psiche”; Hillman non si definiva il padre della
psicologia archetipica, bensì il figlio; questo essere pioniere è attribuibile anche ala psicologia di Jung che ne ha
creato i presupposti per lo sviluppo; se io sono nell’anima, allora tutte le forze che animano lo psichico e che sono
l’oggetto della psicologia di Jung e Hillman, hanno una loro dinamica, un loro modo di arrivare a noi, un modo di
arrivare a noi lo disse Jung “gli dei sono diventati malattie”]. Non c’è possibilità di sfuggire a ciò che Hillman chiama
patologizzazione, ne parla perché sostiene -come Jung- che la psiche ha una intrinseca disponibilità e vocazione ad
ammalarsi e di esprimersi attraverso il sintomo, è lei che autogenera autonomamente una patologia, una sofferenza,
e lui estremizzando il discorso analitico (e da questo punto di vista le due concezioni differiscono) arriva a dire che
nel setting analitico forse non si può parlare (anche quando è psicoterapia analitica) di vera e propria guarigione:
quello che dev’essere l’obiettivo dell’analisi non è tanto quello della guarigione (la conoscenza risiede nell’andare
oltre il buio la nebbia del fenomeno psichico iniziale e cercare di far luce sulle profondità che hanno generato quel
sintomo e quella sofferenza. Libro di Hillman “100 anni di psicoterapia e il mondo va sempre peggio”, veramente un
sovvertitore di certe modalità e investimenti fatti rispetto al procedere terapeutico e analitico, non senza torto (chi?)
e si apre con questa frase un agire e un’impostazione alla psicoterapia che sovverte il primo secolo della psicanalisi),
ma di riconoscere qual è l’Archetipo che sta agendo in me e che mi ha creato la crisi, altrimenti dalla crisi inziale,
abbiamo difficoltà a tirarcene fuori

Lezione 21-Fondamenti ed elementi di psicologia archetipica-1


La psicologia e la psicoanalisi non hanno nella a che vedere con la medicina. Non nasce per ricalcare il mondo
medico: Freud si è battuto per far assolvere in America Otto Rank laureato in filosofia dall’abuso di professione
medica e ne scrisse un libro (“Sull’analisi laica”, 1926). Hillman sostiene questo. L’idea che ci lancia è quella di anima
per dare giustizia a cos’è la psicologia, cioè lo studio o discorso sull’anima, quindi riportare l’anima al di là dei test,
dei metodi di osservazione dei fenomeni empirici e della quotidianità, ma vedere in trasparenza i fenomeni e
indagare in profondità. Questo libera l’anima dalla sua reclusione avvenuta successivamente al neoplatonismo
rinascimentale (accademia neoplatonica di Careggi, dove c’erano molti filosofi tra cui Marsiglio Ficino che era
l’animatore di questa accademia e ha riportato, è stato l’autore di questa modalità immaginale che riportava l’anima
al centro dell’investigazione filosofica di allora e che però quel periodo) che portò l’anima sotto la tutela, relegata
nello schema di una cura religiosa -tanto questa tradizione di leggere l’anima è affidata ai sacerdoti, alla chiesa
cristiana, cattolica- o alla poesia; Hillman invece dice: la psicologia è proprio la scienza dell’anima. Cos’è l’uomo
psicologico: l’uomo spirituale cerca la trascendenza (che è una delle modalità di conoscenza dello spirituale
attraverso il conoscere in profondità un fenomeno e trascenderlo, quindi è un fare paradossale, entrare per uscire);
si oppone alla trascendenza un altro processo psicologico considerato antipodico, opposto, cioè l’immanenza, ovvero
essere dentro un fenomeno psichico -prendendo coscienza dell’essere dentro la persona senza rendersene conto la
coscienza trascende quel fenomeno-, che in effetti è un po’ la distinzione tra innamoramento e amore [Alberoni,
saggio 1978 “L’innamoramento e l’amore”]. La psicanalisi si è occupata dell’interiorità, dell’individualità, tralasciando
spesso ciò che accadeva fuori: era sempre colpa del soggetto, un problema che dovevo io da paziente cambiare in
me per far funzionare meglio la mia vita, ero sempre io lo sbagliato; nella concezione hillmaniana avviene questo
sovvertimento radicale, rivoluzionario: non è vero questo, non devo sempre cambiare io, anche perché il mio io è
esattamente identico al caso di un’altra persona o è il luogo di lavoro ad esempio, a volte le cose vanno trattate
collettivamente. Qual è l’arte, la disciplina, che gli esseri umani hanno ricevuto in dote: non sono io che sogno ma i
sogni che arrivano a me, non sono io che immagino ma le immagini arrivano a me: questa è la modalità di vivere
psicologicamente, di vivere d’anima, così come ad esempio nelle cose spirituali si parla direttamente, ritualmente, in
modo ordinativo, in modo, anche nelle religioni misteriche, rivelativo, nel procedere psicologico invece Hillman dice
si parla in un modo allusivo. L’anima è mediatrice, lo spirito porta la chiarezza, l’anima sta nel mezzo tra la chiarezza
delle rivelazioni solari e l’inconscio buio e profondo dell’eremo, l’anima ha anche il compito di preservare l’umanità
che sta nel mezzo tra la materia buia e informe, indefinita e senza senso della vita e lo spirto che è pieno di senso,
chiarezze e rivelazioni ma magari trova difficile agganci col terreno. Tutto questo stare nel mezzo è il mondo
dell’anima che ha il suo linguaggio, fatto di simboli, metafore, che parla attraverso il sogno e le immagini, quindi
altra grande idea è l’immagine, che emerge già nel pensiero di Jung quando arriva a dire “l’inconscio si esprime per
immagini”: l’immagine viene messa al centro della psicologia di Hillman come capacità dell’anima di generare le
immagini, che per esempio ci creano disturbo, spavento. Hillman dice che il lavoro analitico ha come obiettivo la
presa di coscienza; prof: sostiene che il grande compito della psicanalisi non è quello di rimettere i sintomi o farli
regredire (tipici di una guarigione), si cercano rimedi e soluzioni per ristabilire un vissuto soddisfacente, compito
della psicoterapia è certamente quello della guarigione, compito della psicanalisi invece è spesso quello, quando non
è applicato gli strumenti dell’analisi alla psicoterapia (quando gli strumenti della psicanalisi si adattano alla richiesta
di una guarigione, a n intervento sanitario, si deve parlare opportunamente di psicoterapia -psic-analitica), far
conoscere in profondità le radici dell’esistenza umana; prof definisce l’analisi è il setting psicanalitico, il viaggio
insieme tra Virgilio (l’analista) e Dante (l’analizzando) il miglior modo di procedere per il “conosci te stesso” [“ ignotis
auton” dell’oracolo di Delfi] [Socrate “una vita non posta in analisi o non posta in esame, non vale la pena di essere
vissuta”]. Si può vivere arrivando a una certa età, verso la fine, chiedendosi perché e a questo si può non trovare
risposta, a cosa ci è servito tutto questo agire, tutto questo fare, velocemente, affrettandosi, un fare titanistico
presente nella nostra psicologia (questa pulsione dei titani, presenti nel mito, e, nella concezione hillmaniana, dentro
di noi, che agiscono nella nostra anima e ci fanno patologizzare, psicologicamente parlando, attraverso lo stress,
l’affanno, l’affaticarsi, tipico della nostra quotidianità -io guadagno due, voglio guadagnare 200 e poi 3 e ci
affatichiamo sempre di più-; ma i titani, nel mito, vengono sconfitti dagli dei antropomorfi, alla fine della mitologia
greca vincono gli dei che hanno le dimensioni e fattezze umane quasi che c’è un limite ontologico che non dobbiamo
superare per non ammalarci; burnout; prof più che di nevrosi preferisce parlare di conflitto, sono capito da tutti, loro
parlano con me e io parlo con loro e questo crea la cosa fondamentale, la comunicazione, l’azione dell’essere: com
conflitto, confronto, combattimento -com, con=insieme- com unio azione=azione di fare insieme una cosa sola,
parola di questo secolo). La comunicazione in analisi: al posto del solo ascolto come nell’impostazione freudiana
dove parla solo il paziente, a un’analisi dove invece c’è un interagire ma dove l’analista è sempre attenta, in analisi
non si ascolta e basta, non è una psicoterapia (dove sì si deve solo ascoltare) ma è un percorso filosofico.

Lezione 22- Fondamenti ed elementi di psicologia archetipica-2


Lettura passaggio dove si parla di “infirmitas dell’Archetipo”, ovvero la psicologia anormale degli dei, in perfetta
analogia con la patologizzazione (introdotta da Hillman nel saggio “Ananche ed Atena”), che come dimostrato non
appartiene solo agli umani, è già (guardando la mitologia greca). Da dove vengono i sogni? (nucleo del pensiero di
Jung e Hillman) Dati dalle divinità alle coscienze umane-questo mistero, nessuna scienza, anche quella neurologica
che studia gli stati del sonno, era arrivata a capire quali sono le fasi del sonno (o sogno?), la dynamis che avviene nel
sogno, da dove vengono e per cosa non è stato rilevato da nessun approccio organicistico né può esserlo [scala come
Archetipo rappresenta ascesa o discesa]. Acquisizione dei contenuti dell’inconscio: da dove arrivano? Dal grande
contenitore.. la parola inconscio è una parola generica, è un grande contenitore in cui Hillman cerca di far luce (come
sul grande contenitore che è la pazzia o l’idea di ombra, sono contenitori di oscurità; è come dire la notte, Nyx, ma
essa è gravida, nel mito, di 4 figli: Moro, che allude ai capelli scuri, Ker, Hypnos che è il sonno e Thanatos che è la
morte). [L’ascensione di una scala riguarda entrambi, nella religione mitraica è articolata come una scala in 7 livelli,
sovraintesi da una divinità, e quindi si articola con modalità, patologie, stati d’animo, occhi, trasparenze, modalità di
visione della vita completamente diverse. Il primo livello è quello del corvo e l’Archetipo di riferimento è Ermes o
Mercurio, il colore è nero, legato alla nigredo che è la prima fase dell’ opus filosoficum -opera filosofica; la seconda
fase è quella dell’albedo il cui colore è il bianco ed è la colomba, il Ninfo, l’Archetipo è Venere, avviene un vero e
proprio cambio di stato dell’essere, quello che in termini religiosi si chiama iniziazione, quello che in termini
psicologici si chiama trasformazione: quanto è doloroso il passaggio, la perdita di un abito psicologico -la parola
responsabilità contiene la parola responso e la parola abile, abile nella risposta a cosa, all’istanza, alla pulsione
psichica, quindi una persona responsabile non premette e non prepone i diritti, sempre; si può diventare adulti
consapevoli e quindi maestri, perciò vere un ruolo di grande responsabilità nei confronti degli altri e per fare questo
il processo è la presa di coscienza dei contenuti dell’inconscio, la costante dialettica tra coscienza e inconscio]. Tra le
idee di Jung c’è quella di sincronicità: Jung la definisce un evento, una coincidenza significativa, su base temporale. È
importante perché un esempio ce lo dà Jung in “Ricordi, sogni e riflessioni”: un giorno in seduta nel suo studio sentì
un ticchettio alla finestra, la paziente gli stava parlando di un grande simbolo relativo al dio del sole Ra, lo scarabeo,
che riferisce all’Archetipo del sole, Jung si alza e vede uno scarabeo alla finestra, che a Zurigo sembra e forse è, una
rarità; forse è un messaggio che si sta seguendo la strada giusta, quando la sincronicità è positiva. Come, diceva Jung
intervenendo in un epistolario con Wolfgang Paul, premio Nobel per la fisica austriaco, e Jung da psicologo voleva
interagire con l’opposto cioè appunto con lui per dare concretezza e veridicità scientifica anche dal punto di vista
fisico e non solo dell’assunzione psicologica, alle sue idee, e aveva notato che questi sono fenomeni che hanno
bisogno di un riscontro fisico [fantasie dal greco “immagini”], significa che è avvenuto l’incontro tra spirito e materia
che dà origine alla parola simballein che in greco vuol dire mettere insieme, da cui la parola simbolo, e Jung ci
insegna a vivere simbolicamente, cioè non solo sul primo canale con la personalità numero 1, ma anche sul secondo
canale, quello più profondo, popolato da miti, Archetipi e che Hillman invece rifiuta di concepire come simboli del
sacro: Hillman dice che nel mondo antico, quando si vedeva un cervo in un bosco, non si diceva che il cervo è
simbolo della dea Artemide (nel mondo latino Diana) ma ERA la dea, lui rompe anche l’ultimo diaframma dell’analisi;
nell’ottica analitica più tradizionale si dice che lo scarabeo è il simbolo del dio del sole, lui dice che la nostra realtà
psichica è una realtà dove noi siamo nell’anima ed essa ha le sue leggi, siamo noi che dobbiamo capirle, non pensare
che essa sta al di là del vetro che è un vedere simbolico, dobbiamo respirare l’aria perché quella è la realtà
dell’anima; in effetti se noi capiamo e leggiamo che il cervo è Artemide che ci cerca o che si è manifestata, noi siamo,
dice Hillman, proiettati in un mondo psichico e tutto il suo trasporto e potenzialità. Ovviamente tutto questo
presenta anche dei rischi: uno è se una persona on fortifica una coscienza e una lettura diretta con l’Archetipo, può
venirne travolto. Questo, diceva lui, era il grande compito dell’analisi quindi iniziare a conoscere se stessi su base
psichica, su queste forme Archetipe che hanno la loro logica, non la nostra o che ci viene dall’educazione, per questo
spesso non capiamo le persone, le loro logiche, le definiamo folli -prima di tutto, dice Hillman, la follia è già nel sacro
e anche il peccato originale non è un peccato degli umani, ma degli/negli originali, cioè noi siamo nell’incarnazione di
ciò che gli dei sono in un’altra dimensione, noi ne siamo l’incarnazione in terra, e noi siamo agiti da queste forze.

Lezione 23- Fondamenti ed elementi di psicologia archetipica-3


Alcune conclusioni a cui è arrivato Hillman sugli Archetipi e su quella che è l’accoglienza che si deve a queste
espressioni mitologiche che popolano i sogni e che arrivano nelle nostre fantasie, che avviluppano anche i pensieri.
Hillman arriva a delle conclusioni sul trattamento che si fa in analisi -che lui si rifiuta di chiamare trattamento perché
è legata alla medicalizzazione dell’analisi, che lui rifiuta-: lui concepisce una visione del trattare psicologicamente
queste forme profonde, spirituali, radicali della nostra esistenza che sono gli Archetipi anche fuori dal contesto
analitico; lui dice ad esempio che “l’analisi non è qualcosa che un terapeuta fa al paziente o un analista fa
all’analizzando, ma è un processo costante tra i due e che ciascuno dei due è tenuto a fare al di là della seduta stessa
e che riguarda tutto il suo vissuto”, quindi è un processo dialettico. Quello è il luogo, lui dice, della presa di coscienza
e della riflessione sullo scuotimento che esperienze così profonde e numinose arrivano a fare nella nostra vita,
attraverso accadimenti estremamente concreti. Ermes, dice Hillman, è nella nostra vita attraverso il linguaggio del
commerciante (la parole merce, mercato, commerciare, commerciante, mercoledì, sono legate al dio/nume/forza
spirituale Mercurio); siccome Mercurio (Hermes) è l’Archetipo della facondia, della capacità comunicativa, del
parlare, ma è anche legata al furto, alla furberia del furto (mito di Hermes che ruba i buoi ad Apollo e Luciano, poeta
dell’antichità, ne fa il dio del furto). Quindi questa forza spirituale entra nel nostro vissuto attraverso queste
modalità. [nella parola vendita c’è Venere, perché probabilmente per vendere bisogna anche essere persuasivi -Peito
era la dea greca della persuasione che è nel corteggio di Afrodite e quindi di Venere]. Nella concezione di Hillman gli
Archetipi sono qui e ora, nella nostra vita [Atena, atenei in omaggio suo, è la dea che nasce vergine e armata dalla
testa di Zeus -mentre Dioniso dalla coscia di Zeus, ha a che fare con i balli della taranta, è il dio che cammina, che
porta fuori città, dio dei viaggi, figura legata al movimento delle gambe, orgastico, alla danza, alle rappresentazioni
teatrali, è una figura molto spesso che sta fuori le città e offre loro il teatro-, Atena è lo studio, la divinità della guerra
ma non fisica, strategica, intelligente, fatta nei tribunali, nei processi, nelle lotte tra le aziende, è la dea della
strategia e cui si può riferire l’università stessa]. Guerra nel libro “A terriblelove for war” di Hillman, inizia con
l’espressione del generale Patton che dice, di fronte a un campo di caduti in battaglia, “dio mio quanto amo tutto
questo” e dice com’è possibile che qualcuno, dopo l’efferatezza della guerra conosciuta in migliaia di anni di storia,
continui a scegliere la vita militare o a omaggiarla con i miti dell’alzabandiera, con tutte le ritualità di quell’Archetipo
e andare in combattimento, sparare e desiderare di farlo. Hillman lo spiega con Marte che parla nella vita di quel
generale e dei militari. Noi siamo agiti da queste forze e per questo Hillman dice che il compito dell’analisi è prima di
tutto cercare di conoscere il mito che agisce in me, l’Archetipo che agisce in me attraverso i suoi miti che non altro
che i racconti, le narrazioni, le trame possibili dell’Archetipo. Fa un gran bell’esempio quando rilascia un’intervista a
Silvia Ronchei, nota giornalista italiana, nel libro “L’anima del mondo”: è un’idea fondamentale della psicologia
hillmaniana e di quella archetipica, quell’idea che aveva già esposto anche Jung e addirittura antichissima,
presocratica, qualcuno la rintraccia addirittura nell’antica India, l’idea, al di là di chi sia stata se mai vi è stata, una
primogenitura e forse per gli Archetipi non esiste, esiste solo in termini regressivi di indagine storica per sapere il
primo che ne ha parlato con questo termine, ma se quell’archetipo nasce ed esiste ancora prima della nostra venuta
al mondo, l’dea di anima del mondo e ci dice qualcosa di straordinario: sovverte l’indagine piscologica cercando di
portarla ben oltre il setting analitico e dicendo che vedere l’anima non può essere una lettura dell’interiorità ma
dev’essere anche una lettura dell’architettura, dell’economia, dei tempi della finanza, della politica. Citazione: “la
cosa più importante è che la depressione è un’affezione endemica collettiva e noi la sentiamo e pensiamo invece
come soltanto dentro il nostro cervello […]; abbiamo portato tutto questo dentro un me, invece se c’è un’anima
mundi -e noi facciamo parte dell’anima del mondo- allora ciò che accade nell’anima esterna accade anche a me […],
è il riflesso in me di una condizione di fatto, e se non mi sento depresso, di fonte a tutte queste perdite, allora sì, che
sono pazzo. Questa è la vera malattia, sarei completamente escluso dalla realtà di quello che sta succedendo nel
mondo: la distruzione ecologica”. Con questa citazione, lui ci invita a una analisi delle vicende in una prospettiva
anche eco-psicologica e ci invita a capire che la depressione è persino una risposta salutare, naturale, opportuna,
non una patologia sempre da guarire e recuperare con n tuo cambiamento, probabilmente è il mondo che va
cambiato; quindi ci approccia a un cambiamento dell’anima mundi. Seguendo questo, il prof definisce la politica la
cura e la terapia dell’anima del mondo. Questo modo di vedere la psicologia e questo sovvertimento della
psicoterapia non per far cambiare sempre l’individuo, il paziente, che è sbagliato, ma partendo dal sentire del
paziente e dell’analizzando. Quindi partire dal proprio sentire non considerarlo sempre e comunque come sbagliato
ma addirittura concepirlo come la datità di partenza (non è nemmeno quello giusto, è il primo dato su cui ragionare).
Quando succedono le cose cercare di vederle da più punti di vista e non solo in modo unilaterale dove il paziente è lo
sbagliato e il terapeuta cerca di farti qualcosa per riportarti in un ordine che esiste, magari, nella sua mente.
[Reinserire la bellezza nell’architettura perché vuol dire che Venere è ripresente nei nostri occhi, riportare la bellezza
di Apollo, altra divinità della bellezza]. Ottica di recupero che fa dare a Hillman nel suo libro “Codice dell’anima -
carattere, vocazione, destino” gli fa concepire la teoria della ghianda, dove lui dice che se si guardano bene le
attitudini di un bambino, fin da piccoli c’è attitudine da scoprire e che si rivelerà, esattamente come una ghianda
contiene un fiore che sboccerà e si rivelerà tale, sono tutti bravi a vedere quando il fiore si è manifestato, molto
meno e solo i più capaci di vederlo quando era ancora in seme o nella ghianda, ma si può con un occhio psicologico,
intravedere la vocazione, il destino di una vita psichica, per lo meno per larghi tratti, osservando già le caratteristiche
della ghianda, le attitudini del bambino.
Lezione 24-Ulteriori fondamenti di psicologia archetipica
Platone e la tripartizione dell’anima: cos’è culturale, quindi quel cangiante platonico nella tripartizione che fa,
cangiante, identico e iperuranio, Platone dice che il mondo delle idee è permanente (struttura immortale, perenne,
l’idea o l’Archetipo) ed equivalente alla concezione di Archetipo, una forma a priori presente già nella psiche prima
ancora della nostra venuta al mondo e che poi ci sarà sempre. Il cangiante è a seconda della cultura, l’identico: il
compito della psiche è passare, attraverso un percorso di consapevolezza a questo livello più alto, mediano, che
potremmo chiamare anima o parte più consapevole dell’anima che facendosi più consapevole passa a questo livello
di adesione quanto più possibile della parte permanete, strutturale, dell’Archetipo, dell’idea, lungi dall’idealismo.
Platone fu molto chiaro su come si ascende al mondo iperuranio (letteralmente, “oltre il cielo”), mondo invisibile o
inconscio del mondo delle idee che sta sopra il cielo [aria collegata a psyké che è il soffio vitale, con la sua traduzione
latina anima che deriva dal geco anymos che vuol dire vento; quindi l’aspirazione di quest’aria che ha questa
sfuggevolezza, indecifrabilità, motilità, il vento cambia repentinamente, i nostri umori anche; la nostra psiche è
sensibilissima a questo anche perché essa è un’aria spirituale che al suo intero consta anche degli altri elementi
basilari fuoco, terra, acqua, si potrebbe chiamare psicoterra ecc.]. l’idea di fondo di Hillman è che noi siamo immersi
nell’anima e non il contrario, quindi non dobbiamo sempre solo guardare dentro (orientamento introverso di Jung),
non possiamo essere indipendenti da questo. Platone disse che per arrivare all’idea si passa attraverso la morte,
quindi morire, attraverso la metempsicosi, come liberazione del pensiero -morte psicologica, non fisica [ ideòs vuol
dire forma]. Processo di trasformazione psichica di Hillman, quello che si fa nella vita è una serie di morti e rinascite.
Hillman considera l’anima, o lo psichico, come una città policentrica, come una casa a più stanze, quindi la
potenzialità di attivare più centri relazionali contemporaneamente e quindi una ricchezza psichica che è a
fondamento della nostra esperienza quotidiana. Immaginando però che l’altro, anche se vivo, non è esperienza
irrilevante (res extensa, o le cose sono morte), ma c’è una continua corrispondenza con le cose da parte della nostra
soggettività, una nostra azione porta ad una reazione (esiste sempre una corrispondenza psicologica alle nostre
azioni -riferimento alle vignette di Charlie Hebdo-analisi psicologica della politica). C’è un’interazione continua, non
siamo inerti di fronte a un muro. Come l’anima si può vedere: nel suo opposto, il corpo; quando moriamo ha sempre
le stesse sembianze di qualche minuti prima, lì si è fermata la parte organica, il legame tar anima e corpo, dove sia
l’anima questo non si sa; è certamente fermato il corpo, l’anima probabilmente sopravvive, permane ed è quello che
cechiamo di indagare in profondità.

Lezione 25-Lettura e comprensione dei fenomeni psichici, individuali, collettivi


e sociali-1
Concetto di esplorazione dell’anima che Hillman riporta al centro dell’indagine psicologica. La psicologia è piena nei
testi di citazioni della parola “agito”, di fronte a cui dobbiamo chiederci “da cosa?” e se non c’è risposta ci fermiamo.
Distinzione tra coscienza, conoscenza e consapevolezza: una coscienza ampliata fa l’uomo consapevole, qualità,
aggettivazione dell’identità e la coscienza ampliata fa l’umo conoscente, la conoscenza è una sorta di coscienza
espressa, ampliata, al suo massimo livello, è un’acquisizione di un patrimonio, non solo immediata come può essere
la presa di coscienza di un fenomeno. Hillman: “Il mondo e la nostra vita è un fare anima” (Keats poeta irlandese
“Fate vi prego che questo mondo diventi la valle del fare anima”); interessante perché si parla tante volte in alcune
tradizioni religiose di questa esperienza terrena come un a valle di dolore o di lacrime: Hillman propone di sostituire
a questo una valle del fare anima intendendo che i centri psichici.. la psiche sia agita da diverse forze psichiche e
queste siano nel mondo, quotidianamente, permanentemente, attive. Nella concezione junghiana (diversamente da
quella freudiana) queste forme e forze non sono forze o retaggi del passato ma forme vive e addirittura
determinano, agiscono (gli agiti, appunto) la nostra vita collettiva e individuale. Quindi, le forze psichiche
determinano il nostro agito (comportamenti, atteggiamenti, pensieri, sentimenti, sensazioni, stati d’animo,
intuizioni). “Gli dei non sono scomporsi”, secondo Hillman [Hermes da cui ermeneutica, che è l’arte
dell’interpretazione, perché è sacro ad Hermes non solo la facondia cioè l’arte della parola e della comunicazione,
ma anche il viaggio, gli incroci -non a caso venivano posti lungo le strade dei cippi ogni miglio ed erano punti di
riferimento per il viandante, che si chiamavano erma, pl. erme-, le strade, l’interpretazione, l’intelligenza
interpretativa, si dice sia divinità dell’interpretazione dei sogni-Hillman: intossicazione ermetica]. Non si può andare
oltre l’Archetipo, perché archè vuol dire principio primo, oltre quello c’è l’ignoto; Hillman ci offre la spiegazione del
perché succede questo: si è attivato, nella nostra personalità o anche a livello collettivo, queste forze archetipe.
[universitates in latino vuol dire comunità; Atena offrì l’ulivo, l’altro contendente Poseidone offrì, agli ateniesi era più
gradito l’ulivo e chiamarono la città in suo onore; a Marte è sacro il picchio, da qui picchiare, ma anche lo scorpione].
La conoscenza degli Archetipi ci aiuta a costruire la nostra coscienza individuale.

Lezione 26- Lettura e comprensione dei fenomeni psichici, individuali, collettivi


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Come si possono leggere gli avvenimenti della vita quotidiana attraverso le conoscenze e gli strumenti di questo
orientamento psicologico, ciò che viene incontro all’io dall’anima, dall’inconscio. Vedere fin dai primi segni di un
avvenimento quali sono e forze archetipe che si stanno manifestando; questo, nella concezione hillmaniana, si può
chiamare di vera e propria mitoterapia [Pan come Eco sono spiriti dell’ambiente; in Eros e Psiche viene a costituire
colui che salva Psiche addirittura due volte dal suicidio] [funzione trascendente che ha la coscienza: andando in
profondità in un fenomeno, automaticamente per enantiodromia -meccanismo fisico attraverso cui andando tanto
da una parte ci si trova esattamente dall’altra, quasi ad ammettere che la realtà è sferica- tanto più questo si
trascende, se ne esce fuori, lo si osserva]. I miti e i nomi delle parole verso il mito rappresentano la chiave del nostro
parlare quotidiano; le parole contengono elementi spirituali. Questo fu oggetto di un famoso caso clinico del 1907
che venne chiamato “l’uomo dei ratti” ad opera di Freud, che si trovò davanti un paziente che aveva dei problemi di
pagamento dei debiti da gioco del padre, la parola in tedesco è Spielrat (contiene Rat), l’altro problema suo era se
andare o meno in municipio al matrimonio della sorella, matrimonio in tedesco è heiraten (ancora, Rat) e il
municipio è Rathaus e Freud alla fine notò (la coscienza vede ciò che l’inconscio le offre, l’elemento cosciente è
fondamentalmente basato su un’illuminazione)??. Ognuno di noi cura prima di tutto o insieme agli altri, se stesso, la
prima persona singolare è io, del resto, come mio. La cura di se stessi è legata al processo psicologico chiamato
principium individuationis. [collegamento tra la parola pandemia e la mitologia: mito dal greco mitain, narrare, la
pandemia ha in radice la parola pan, ma nella mitologia era generata dal dio Apollo che porta le pestilenze e la cura
da esse; mitologia greca e figure di Uranio, Saturnio, Zeus; prof: complesso di Zeus]. La patologizzazione è una
caratteristica tipica della psiche umana di autoammalarsi e curarsi da sé o dà un problema attraverso il desiderio. Gli
Archetipi non li bisogna immaginare con le loro sembianze perché sono maschili E femminili, contengono in sé gli
opposti. La coscienza ha il compito di percepire le forze psichiche presenti nell’inconscio. Mitoterapia: terapia
attraverso il mito di riferimento, basata sull’interpretazione e comprensione delle immagini simboliche e degli
Archetipi presenti nei miti. Importanza della cura ambientale.

Lezione 27- Lettura e comprensione dei fenomeni psichici, individuali, collettivi


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Gli Archetipi e le idee arrivano alla nostra coscienza attraverso i miti. L’immaginazione ci permette di cogliere la
natura
più profonda della psiche. La patologizzazione evidenzia la disposizione psichica alla patologia e alla sua terapia. Prof
definisce la politica come la cura e terapia dell’anima mundi. [“Anthropos physei politikon zoon”; la politica consta
non solo dell’elemento sociale, la sociologia consta di un rapporto soggetto-oggetto quindi di un’interazione sociale,
e politica deriva il nome da polis che è la città quindi consta anche dell’elemento terra e egli elementi dei confini, del
limes]. C’è, alla base della conoscenza, quella disposizione della psiche che è quella di immaginare, qualità della
psiche, disposizione psichica che Hillman chiama dell’immaginale (in realtà mutua il termine dal pensatore, studioso
islamista Enric Orben -?) che è la disposizione della psiche ad immaginare (NON l’immaginario, he è il portato,
l’insieme di immagini accumulate nell’esperienza psichica). L’immaginale, nella concezione di Hillman, assume un
ruolo centrale anche per la nostra presa di coscienza, cioè il primo elemento con cui l’inconscio comunica alla
coscienza non è in chiave razionale ma simbolica, semiotica ecc. e l’elemento comune a queste modalità è
l’immagine. Grande compito dell’ermeneutica è interpretare le immagini, coglierne il significato (ad esempio nei
sogni, o mentre facciamo altro e abbiamo dei pensieri, magari fissi; l’immagine porta il pensiero e viceversa).
L’inconscio porta a noi i suoi messaggi attraverso l’immaginale (associazione fonologica tra mito e il tedesco Mitte,
cioè nel mezzo, il mito potrebbe essere quindi la terra di mezzo tra coscienza e inconscio; quindi l’inconscio si
manifesta a noi attraverso imiti nella forma più profonda e compito della coscienza è saperli decifrare e capirne il
senso, nella vita individuale e collettiva). Soluzione di un problema psichico attraverso il sogno. [risorse psichiche che
possiamo chiamare risorse umane]. Hillman a partire dalle sue concezioni ci offre un’idea di come affrontare
problemi politico-sociali nel libro “Politica della bellezza” di un’idea del sé come interiorizzazione della comunità,
portando il caso di un dissidente cinese (signor Liu) che ha subìto torture e cui portavano un foglio per fagli abiurare
alle sue idee e ogni volta gli arrivava l’immagine di suo padre, suo nonno, sua moglie, i suoi amici ed è riuscito a non
firmare mai in 12 anni di carcere nonostante le torture, popolo interiorizzato che non è solo la famiglia originaria
(durante la vita abbiamo due diverse famiglie: la prima è la famiglia d’origine che ci ha generato nella quale siamo
cresciuti, la seconda è quella che acquisiamo strada facendo con l’incontro con la/il partner che poi qualche volta
genererà figli e indipendentemente da questo costituisce in quanto coppia una famiglia essa stessa, questa è
l’interiorizzazione delle figure care, il microcosmo affettivo così potente, è il nostro amore che si manifesta in quei
volti e quando quei volti i dicono di fare una cosa anche se sconveniente, la facciamo) (episodio a fine del capitolo
del “Sé come interiorizzazione della propria comunità” del libro). Quante persone hanno perso la vita per le ragioni e
portare idee della propria comunità politica o religiosa, questo richiede un’attenzione e va rispettato, non possiamo
pensare di avere il diritto di dire e afre tutto ciò che vogliamo trascurando l’interlocutore, perché così verremmo
meno al concetto chiave che è alla base di tutte le relazioni sociali e dei processi di socializzazione che è l’ empatia,
cioè mettesi nell’intimità dell’altro, capire profondamente e intimamente l’altro, capire le sue esigenze e il suo punto
di vista; questo è il salto della distinzione tra uomo cosciente e uomo sapiente: il sapiente è colui che sa molte cose e
può dirne nemmeno una perché non è il momento di parlare. Un’ultima considerazione che fa Hillman è quella di
titanismo: dice che una grande affezione psichica, una grande patologia che è naturalmente diffusa
nell’impostazione di vita corrente è il burnout o stress da lavoro, la parola stress è legata al termine greco che vuol
dire affannarsi (stressarsi vuol dire allungarsi, affannarsi, affaticarsi) e questo lo fa riferire, con la lettura
mitoterapeutica, ai titani, figure che nascono insieme nella seconda generazione della teogonia di Osiodo con i
giganti e gli ecatonchiri (figure con 50 gambe e 50 braccia, gigantesche nella forma), il titanismo è una forma
disumana, sovrumana, nelle forme, nell’ampiezza e nel respiro, figure che vengono sconfitte dalla terza e più
antropomorfa figura divina, coordinate, governate dall’ordine di Zeus: la vittoria degli dei antropomorfi rispetto alle
figure titanistiche vuol dire che esiste nell’animo umano (così si legge il mito a livello psicologico) una pulsione
all’estensione esagerata che però genera stress, esiste però anche l’antidoto che è quello di battere questa pulsione
e cercare una misura che sia un limite, del riposo, del godersi la vita (non una vita per lavorare ma un lavoro per
vivere meglio). Questa pulsione è quella che sconfigge i titani, il titanico e il titanismo dentro la psiche umana e si
afferma come una visione più attenta ai bisogni umani che sono anche di serenità e di salute.

Lezione 28- Lettura e comprensione dei fenomeni psichici, individuali, collettivi


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Processo di trasformazione della personalità come membri di una realtà e aggregazione di persone quindi di una
collettività, sfera sociale. Importante perché spesso i processi di trasformazione non sono immuni da dolori o

sofferenze (lo si vede si a livello individuale come nei sogni, sia a livello collettivo) [il panico è archetipicamente
riferibile al mito della dea Pan, la patologia del grande vuoto]. Possibili cause di sofferenze legate ai processi di
trasformazione: situazioni di panico generale, cambiamento del luogo in cui si vive, perdita del lavoro. I processi di
trasformazione possono portare dei conflitti. [terrore è una delle figure nella mitologia che accompagna, insieme alla
paura, Marte -Ares, il dio sanguinario della guerra-, phobos è la paura che accompagna Ares, e c’è anche la divinità
del terrore; suo libro “Archetipi delle nazioni e miti per questi tempi”, due è il numero del conflitto e se non spegne,
se non si trovano vie di mediazione attraverso un terzo, si rischia la radicalizzazione, processo pericolosissimo e
doloroso, sia a livello intrapsichico, individuale, quindi un conflitto esperito dalla persona che deve andare in terapia,
altrimenti se la psiche agisce a livello collettivo -psiche collettiva per parlarne in termini junghiani- si può arrivare ala
guerra vera e propria; un colore della guerra è il viola, che si trova sula tavolozza mischiando blu e rosso che si
vedono rappresentare dappertutto il principio freddo e quello calo, quindi gli opposti che si toccano ed entrano in
contatto e danno origine al viola, il vila lo si trova nei momenti di passaggio dal buio alla luce, all’alba o è l’ultimo
colore dalla luce al tramonto prima dell’arrivo del blu della notte; la radicalizzazione dello scontro trova sempre i suoi
campioni, princìpi, che diventano poi i capi popolo, capi partito, nella dinamica del processo di radicalizzazione
diventano i leader del singolo polo, che si contrappongono all’altro]. [ipotesi del bilancio, ci si chiede se l’azione che
si sta facendo per quanto sostenuto idealmente o su basi di giustizia vale al pena di essere combattuta.
Differenziazione di piani della coscienza, legale, di merito, sostanziale, sociale, dell’opportunità, vari aspetti, varie
forze psichiche, una ti dice di farlo una di non farlo, il nostro lavoro è cercare una cesura, un terzo che rappresenti
una soluzione che ci porti fuori dal tunnel. Dal tunnel la psiche vuole uscire, perché gli è insopportabile vivere
continuamente nell’Ade, oscurità, un passaggio nell’inferno si accetta anche lungo con la speranza sempre che ci sia
un’uscita, la psiche cerca la fine del tunnel anche mossa dal principio finalistico, teleologico. La psiche cerca la via
d’uscita dal tunnel o in un senso o nell’altro: uno è uccidersi, uscire dal corpo, finire questa vita perché non è
piacevole quindi autolesionistica di autoeliminazione, per eliminare l’insopportabile sofferenza di questo conflitto se
non si trovano soluzioni o terze vie, intermedie o capaci di unire le due pulsioni in conflitto, in guerra, mentre l’altro
è luminoso, in questa vita, in questo corpo, con l’aiuto di un terapeuta o qualcuno cui riserviamo fiducia e
autorevolezza di trovare queste soluzioni dei nostri conflitti; non c’è una vita però che sia esente da problemi e da
conflitti]. Archetipo del conflitto, da dopo il due si arriva al terzo che è il numero che coniuga gli opposti in conflitto,
è il portato anche della teoria della fionda (del prof) -italiana, non tipo del David, ma quella in cui c’è un elastico su
uno strumento a biforcazione: l’elastico serve a prendere l’oggetto attraverso la tensione dell’elastico si carica
quanto più possibile e poi quanto più viene caricato in una direzione tanto più l’oggetto viene scagliato nella
direzione opposta. Teoria importante perché inevitabilmente tutto ciò che capita di positivo ha un suo retroterra o
suo precedente a volte anche successivo riscontro in negativo, non c’è modo, senza dolore, sofferenza, prostrazione,
umiliazione, di avere poi un riscontro positivo (capacità di pazienza, dal greco pathòs, sofferenza, di vivere il dolore,
sia propedeutico, preparatori a un momento positivo della vita).

Lezione 29- Lettura e comprensione dei fenomeni psichici, individuali, collettivi


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La socialità comprende tutte le interazioni, la comunità comprende relazioni più strette, definite, forti, con regole
più stingenti. La politica non è semplicemente un’interazione tra più soggetti, anche un territorio o dei beni sui quali
decidere e stabilire a chi appartengono e come vanno regolati. È una dimensione dell’essere, assiale, insostituibile,
fondamentale, archetipica; è una forma non solo di organizzazione della società e dei contesti; battaglie di idee, di
visione politica. La politica ha nella sua radice la parola greca polius che vuol dire pluralità, non intesa come
moltitudine (tanti soggetti dello stesso colore) ma un viola che pensa in un modo diverso da giallo, verde, arancione.
La leadership spesso si rafforza quando ci sono i conflitti perché assume la guida di una parte, quindi, alcuni
sostengono, si creano a volte dei conflitti ad arte per il mantenimento della leadership, ma certamente il leader che
guida il processo o le ragioni di una parte o le ragioni dell’idea che aggrega un numero di individui in un corpo
sociale, collettivo, certamente l’idea lo trova, davvero (Hitler era un imbianchino dell’area sud quindi austriaco).
Questo scontro è archetipico, connaturato e descritto come conflitto tra gli opposti, tra sinistra e destra, con valori
diametralmente opposti (sinistra valori di inclusività, destra valori di identità). E una visione di centro che per essere
utile e fornire una soluzione davvero importante agli opposti in conflitto dovrebbe essere un po’ più elevato, capace
di illuminare e avere la forza (come l’uno che coniuga alla punta della montagna gli opposti rappresentati alla base;
l’orogenesi è il fenomeno fisico della nascita delle montagne, lo scontro tra placche tettoniche che per tensione
fanno salire verso questo terzo punto coniuga gli opposti). La politica è la dimensione attraverso e grazie a cui
gestiamo le problematiche sociali che non sono esclusivamente individuali.

Lezione 30- Lettura e comprensione dei fenomeni psichici, individuali, collettivi


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La conoscenza è curativa e terapeutica. La politica come dimensione della terapia sociale: il lavoro, elemento sociale,
collante delle relazioni, quasi sempre una persona si rivolge a un’altra mossa da un motivo, che può essere affettivo
ma fuori da questo spesso sono motivi di interessi. Una cosa fondamentale che collega gli esseri umani. Introiezione.
Il lavoro è frutto dell’illuminazione post-dolore, cioè dolore (lavoro?) come elemento propedeutico della riuscita o
del successo di un bel momento o belle, gratificanti esperienze, prezzo inevitabile da pagare per tale riuscita. Un
esempio della teoria della fionda sta a seguito della seconda guerra mondiale le grandi forze politiche si riunirono
nell’Assemblea Costituente e seppero trovare nella carta costituzionale italiana una sintesi che molti ravvisano come
forse la più illuminata carta costituzionale esistente, e il suo primo articolo definisce l’Italia come una repubblica
democratica fondata non sull’amore, ma sul lavoro, che si può ritenere come un grande, forse il primo, diritto, però
non vissuto (abbiamo la norma attivata ma poi non abbiamo l’attuazione). Nel nostro tempo abbiamo la sfida di
rendere il lavoro come l’acqua, cioè un diritto sacrosanto, irrinunciabile, perché senza lavoro non c’è un minimo di
possibilità autonoma, la possibilità di rendere l’individuo nella sua pienezza, di sentirsi realizzato, di poter sperare
nell’autonomia; il lavoro consente l’autonomia -autonomòs, dal greco che contiene autòs, il sé, cioè amministrazione
del sé, quindi diventare, realizzare se stessi lo si ottiene attraverso un’esperienza che gratifica, anche dal punto di
vista simbolicamente si direbbe della terra, il denaro appartiene all’elemento terra in termini simbolici, quindi anche
dal punto di vista della capacità di terra su cui e grazie a cui possiamo costruire la nostra vita, terra da spendere,
denaro, terra da acquistare, denaro, possiamo costruirci una casa sulla terra, possiamo costruire la solidità della
nostra vita. È fondamentale il lavoro. Lo scambio è a fondamento di ogni relazione sociale. È un motivo
fondamentale del vivere il motivo del vivere, elemento più importante della vita è trovare un motivo per vivere.
L’elemento sociale è al centro della nostra stessa vita; servizio di individuazione professionale, perché un lavoro non
vale l’altro, e neanche il partner è sostituibile con chiunque e indifferentemente possiamo stare con chiunque.
Piccolo e bello vuol dire piccole realtà che si autogestiscono e devono farlo bene, altra soluzione terapeutica che la
politica dovrebbe attuare, ragione per cui ha teorizzato (prof) una nuova figura politica, istituzionale da adottare:
idea del sindaco di strada, ogni anno assemblea di strada, realtà piccole da amministrare con questa nuova figura.

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