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L’autore
Valerius Maximus. Su di lui si sa poco, tutto ciò che si sa lo si ricava dalla sua
opera. I latini comunemente avevano tre nomi (praenomen, nomen, cognomen:
tria nomina), di Valerio Massimo non si conosce il praenomen.
La sua opera è dedicata all’imperatore Tiberio (14-37 d.C.), per cui si colloca
anche la sua vita. Dice che è amico anche di Sesto Pompeo, console nel 14 d.C,
divenne proconsole in Asia e forse V.M. Lo segue, durante il viaggio visita Tebe.
Di umili origini ma ha fatto buoni studi: emerge dal suo latino elaborato.
Formazione retorica

L’opera
Factorum et dictorum memorabilium libri IX. Contengono esempi di fatti e detti
degni di essere ricordati. Ogni capitolo illustra un tema legato alla religione, al
mos Maiorum (sistema di valore tradizionali), presenta virtù e vizi attraverso
esempi storici prevalentemente romani ma anche di storia greca.

Datazione: non si sa con certezza ma ci sono indizi.


Nel secondo libro dice che partecipa ad un viaggio in Asia e racconta di un
incidente in un’isola greca che avviene intorno al 25 d.C (terminus post quem)
Nel libro sesto (terminus ante quem) nella prefazione dice che Augusta, moglie di
Augusto, è ancora viva (muore nel 29 d.C.)
Nel nono libro parla di un personaggio che attenta alla vita di Tiberio, ma lui lo
scopre e lo fa uccidere. L’unico personaggio che corrisponde alla descrizione è
Seiano che viene messo a morte nel 31 (terminus post quem): non coincide con
il dato su Augusta.
Sappiamo quindi solo che è stata scritta nella parte finale del regno di Tiberio,
intorno agli anni ‘30.

Struttura e contenuto: raccolta di esempi storici organizzati sulla base di


categorie etico morali e religiose. Emerge il ritratto di un conservatore, sta dalla
parte del senato ma al tempo stesso sostiene il potere imperiale. Guarda al
passato ma sostiene il nuovo ordine imperiale.

Stile: ha una forte impronta retorica, molto enfatico ma lineare. I modelli più vicini
sono Cicerone e Lidio.

Non ha interesse storico, non è attento alle fonti e spesso commette errori.

Il libro IV: introduce la virtù della moderazione (moderatio)

PREFAZIONE

Transgrediar ad saluberrimam partem animi, moderationem, quae


mentes nostras impotentiae <et> temeritatis incursu transversas ferri non
patitur. Quo evenit ut reprehensionis morsu sit vacua et laudis quaestu sit
opulentissima. Itaque effectus suos in claris viris recognoscat.
Passerò alla parte più salutare dell’anima, la moderazione, la quale non
permette che le nostre menti vengano trasportate fuori dalla retta via da
un impeto di smodatezza, eccesso e di temerarietà. Per questo motivo
accade che la moderatio sia Vuota(esente, priva) dal morso della critica e
che sia ricchissima per quanto riguardo il guadagno dell’elogio. E così la
moderazione riconosca i suoi effetti negli uomini famosi.

- Trasgrediar: futuro, idea di passaggio in quanto nel capitolo prima ha


parlato di altro.
- Ad+ accusativo: movimento
- Saluberrimam: superlativo particolare
- Moderatio come parte più salutare dell’anima: idea dell’anima divisa in
compartimenti ognuno con una funzione particolare. Ha la stessa radice
di modus, misura, cioè sapersi autolimitare.
- Moderationem: è apposizione di partem
- Parla dei suoi contrari: impotentia (incapacità di controllare il potere,
mancanza di autocontrollo) e temeritas (fare qualcosa di avventato).
Agire in modo impulsivo senza pensare, invece la moderatio è razionale.
- <Et>: non c’è nel manoscritto ma è stato aggiunto a posteriori.
- Ferri transversas: ferri—> infinito passivo di fero (portare), transversas—>
allontanate.
- *frase infinitiva: il soggetto va all’accusativo (mentes nostra). Le menti
subiscono l’assalto per questo è al passivo, la loro difesa sta nella
moderatio.
- Incursu: ablativo di causa efficiente
- Vacua / opulentissima: predicato nominale
- Reprehensionis/ laudis
- Recognoscat: congiuntivo indipendente (non è richiesto dalla subordinata
ma ha un proprio valore) con valore esortativo. Moderatio personificata, è
il soggetto
- Vir: i maschi valorosi

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Moderatio
Virtù che viene descritta come qualcosa che tiene a freno, opposto: impotentia.

4.1.1. Publio Valerio Publicola

Primo esempio che Valerio Massimo utilizza per descrivere la moderatio: Publio
Valerio Publicola. È strettamente collegato con le origini della repubblica. La
repubblica di Roma nasce nel (fondazione di Roma: Romolo, 753 a.C., 7 re di
roma: periodo regio, Tarquinio il superbo, ultimo re di Roma, che in seguito ad
una rivolta viene cacciato, rivolta guidata da Bruto, rivolta di carattere politico che
prende spunto da l’episodio di Lucrezia, violentata dal figlio di Tarquinio, cacciata
di Tarquinio 509 (fine periodo regio, nascita “repubblica” in cui il potere regio
viene messo nelle mani dei consoli (due) altro limite alla concentrazione del
potere: limitazione del tempo ad 1 anno, ogni anno vengono eletti i due consoli
(essi in effetti ereditano l’imperium del re). Lucrezia in seguito alla violenza si
suicida, Bruto diventa il primo console insieme ad un altro (si chiamava Tarquinio
quindi si dimette), entra quindi in gioco Publicola come secondo console. 1
secolo d. C., fine della repubblica, battaglia di Azio, e il prevalere di Augusto
(Data convenzionale, non è proprio l’inizio dell’impero, ma convenzionalmente la
fase imperiale va da 1-476 Odoacre depone l’ultimo imperatore Romolo Augusto
(3 fasi) ).
Ci soffermiamo nel passaggio tra la prima e la seconda fase e come la moderatio
centri in tutto questo.
Res publica: traduco stato, quando noi pensiamo alla repubblica è un'altra cosa.
Non sono due concetti che coincidono.

Atque ut ab incunabulis summi honoris incipiam, P Valerius, qui


populi maiestatem uenerando Publicolae nomen adsecutus est,
cum exactis regibus imperii eorum uim uniuersam omniaque
insignia sub titulo consulatus in se translata cerneret, inuidiosum
magistratus fastigium moderatione ad tolerabilem habitum deduxit
fasces securibus uacuefaciendo et in contione populo
summittendo

E per iniziare, dalla culla dall’origine della carica più alta Publio
Valerio che si guadagnò il nome di Publicola riverendo l’onore del
popolo (cum: narrativo/ cerneret) vedendo che/ dopo che i re
erano stati cacciati la forza complessiva del potere di quelli (tutto il
potere di quelli) e tutti i loro simboli( le loro insegne) erano stati
trasferiti a lui (sotto il titolo del consolato), ridusse l’altezza odiosa
di quella carica ad un livello tollerabile grazie/attraverso la
moderazione privando i fasci dalle scuri e abbassando questi ( i
fasci/ facendo abbassare) nelle assemblee davanti al popolo.

(contesto: cacciati i re e i poteri vanno ai due consoli, questo ha creato un


sentimento di astio verso i consoli, quindi vengono messe in atto delle limitazioni
ai poteri dei consoli a favore del popolo).

- Incunambolo: termine che in italiano viene usato per indicare i primissimi


libri a stampa, letteralmente questo termine concreto vuole dire culla (si
parte dall’origine di qualcosa). Dal punto di vista grammaticale: pluralia
tantum (non hanno singolare, solo plurale), spesso vengono tradotti al
singolare (sostantivi che hanno solo il plurale).

- Dall’origine di che cosa: HONORIS: in latino non indica, di norma l’onore


come qualità, ma indica una carica politica.
- Cursus Honorum: percorso delle cariche, honorum indica le cariche
politiche, i romani avevano introdotto delle regole che si dovevano
rispettare per fare questo percorso. Prima di iniziare questo percorso, 10
anni nell’esercito, più ovviamente doveva essere ricco.
- Summo honor: indica il consolato. Si inizia dalle origini del consolato,
quindi origini della repubblica
-
Bruto muore subito nel 509, quindi rimane P. Valerio, che dimostra subito
di moderare il potere che si ritrova tutto per se. Publicolae: amico del
popolo.

- Gerundio: venerando che regge il complemento oggetto maiestatem.

*Gerundio/ Gerundivo:
Gerundio: nome verbale, parte della coniugazione del verbo che però ha le
caratteristiche di un nome (nel nostro caso ablativo 2’ declinazione) essendo un
nome verbale sta da solo. Diatesi attiva.
Gerundivo: aggettivo verbale: non è da solo ma solitamente è accompagnato da
un nome. Diatesi passiva.

- Adsecutus est: verbo deponente.


- Cum narrativo (cum+congiuntivo, può avere diversi valori). Quando vide
che, quando si rese conto che, vedendo che.
- Exactis regibus, Ablativo assoluto (costrutto a parte): costrutto formato da
un nome e da un verbo (participio presente o perfetto). formato da un
sostantivo o un pronome, in funzione di soggetto, e un participio presente
o perfetto (talvolta anche futuro), che funge da predicato, concordati in
caso ablativo.
- Imperium: termine tecnico che indica il potere conseguito ad una
persona.

- Simboli del potere: toga e fasci. Fasci: un fascio di bastoni, verghe,


normalmente legati tutti insieme da una striscia di cuoio, al centro dei
quali c’era una scure. Il fascio littorio (in latino: fasces lictoriæ) era,
nell'Antica Roma, l'arma portata dai littori, che consisteva in un fascio di
bastoni di legno legati con strisce di cuoio, normalmente intorno a una
scure, a rappresentare il potere di vita e di morte sui condannati romani.
Divenne in seguito un simbolo del potere e dell'autorità maggiore,
l'imperium, e assunse la tipica forma di fascio cilindrico di verghe di
betulla bianca simboleggianti il potere di punire, legate insieme da nastri
rossi di cuoio (in latino: fasces), simboli di sovranità e unione, al quale
talvolta era infissa un'ascia di bronzo.
Questi simboli dal re erano passati alle persone dei consoli. Il console
diventa il nuovo re, anche se sono due. Rendendosi conto abbassa
(deduxit) il fastidio, invidiosum (qualcosa che suscita invidia, che è un
sentimento di odio e sospetto).

- Genitivo della 4’: magistratus, carica politica non giudice.


(ridusse l’altezza odiosa di questa magistratura verso un livello
sopportabile attraverso la moderazione).
- Coppia di gerundi (vacuefaciendo e summittendo (facendo abbassare,
questi fasci))
- Fasci non erano solo simboli, se necessario venivano anche usati.
I re nella rappresentazione del potere: aveva diritto a 12 fasci. Lui come
prima cosa: fa togliere le scuri dai fasci, interviene sulla simbologia.
- Securibus: ablativo.
- Contione: assemblea del popolo.
(simbolicamente: abbassare il re davanti al popolo).
- Il console stesso modera il suo potere con queste due azioni.
Situazione di passaggio.
- Sostanzialmente Valerio Publicolae, nella prima parte viene
rappresentato come qualcuno che subisce gli eventi, come se non fosse
lui che ricerca il potere. Nella seconda parte lui diventa attivo, lui limita il
potere ricevuto. Lui subisce questa cosa, si rende conto che non va bene
e diventa attivo.

Altre misure che introduce:

numerum quoque eorum dimidia ex parte minuit ultro Sp Lucretio


collega adsumpto, ad quem, quia maior natu erat, priorem fasces
transferri iussit legem etiam comitiis centuriatis tulit, ne quis
magistratus civem Romanum adversus provocationem verberare
aut necare vellet

diminuì anche il numero di quelli (dei fasci), della metà dopo aver
preso spontaneamente come collega Spurio Lucrezio, al quale,
dal momento che era più anziano, ordinò che fossero trasferiti per
primo i fasci. In aggiunta, portò nei comizi censurati una legge
(fece approvare una legge)…inserisce il testo della legge…: che
nessuna carica politica volesse fustigare o mettere a morte un
cittadino romano contro l’appello al popolo.

Agisce sul numero dei fasci (sarebbero 24, per due consoli). Fasci rimangono 12,
ogni mese passano da un console all’altro. Nell’ordine lui era più giovane e
quindi fa iniziare il collega. Un altro intervento sulla simbologia. Li divide a metà
nel senso che rimangono 12.
- Ablativo assoluto: ultro Sp Lucretio collega adsumpto.
- Ultro significa spontaneamente, di sua iniziativa.
- Spurio Lucretio personaggio famoso per il padre.
- collega è all’interno dell’ablativo assoluto, ha valore predicativo. Nome
che si riferisce a lucrezio, valore predicativo (non è avendo preso il
collega, lo prende come collega), non valore attributivo.

- Maior natu: più anziano.


- Priorem e maior: aggettivi di grado comparativo.
- Infine porta questa legge all’approvazione: le leggi prendevano il nome da
chi le faceva approvare. Stabiliva che se un cittadino romano veniva
condannato o messo a morte da un magistrato poteva far valere il diritto
di arrivare davanti al popolo. Provocatio: se essa aveva esito positivo, la
decisione del magistrato veniva bloccato. Bilanciamento dei poteri.
- tulit. terza persona singolare dell'indicativo perfetto attivo di ferō
- ne quis magistratus: nessuna carica politica …
- necare: uccidere
- vellet: volo, volore, verbo anomalo, cambia la vocale nella radice. (regge
due infiniti: verberare aut necare). Congiuntivo imperfetto. Nessun
magistrato voglia uccidere, che stabiliva che nessun magistrato volesse
uccidere.
- ita, quo ciuitatis condicio liberior esset, imperium suum paulatim destruxit

Quid quod aedes suas diruit, quia excelsiore loco positae instar
arcis habere videbantur? Nonne quantum domo inferior, tantum
gloria superior evasit?

Cosa dire del fatto che distrusse la propria casa, demolì la propria
casa per il fatto che essendo questa situata in un luogo alquanto
elevato sembrava avere l’aspetto di una rocca, di un castello. Non
è forse vero che egli risultò tanto superiore per gloria
(limitatamente alla gloria) quanto fu inferiore per quanto riguarda
la sua casa.

In questo modo, affinché la condizione della città fosse più libera, poco a poco
distrusse/ridusse il proprio potere. (domande retoriche)

- Ita: conclude, fine del ragionamento.


- L’obiettivo di Publicolae: dare liberà.
- Civitas: (quivitas) città come insieme di cittadini. Idea di chi abita nella
città.
- Quo: introduce una subordinata finale. Quo+ congiuntivo: solitamente si
trova un comparativo: liberior.
- Due domande retoriche che concludono il discorso: domande di cui si sa
già la risposta.
2’ domanda è introdotta dalla particella interrogativa Nonne: non è forse
vero che.
- Quid quod: che cosa dovrei dire del fatto che…

- Le due domande fanno riferimento ad un fatto che riguarda la vita privata


di Publicolae, parallela a quello che lui fa nella vita pubblica: lui aveva già
costruito la sua casa in un luogo elevato, ma questo suscitava sospetto
agli occhi dei cittadini (sempre concetto di nuovo re), quindi distrugge la
casa e la fa ricostruire in un altro posto.

21/02

4.1.2 - Marco Furio Camillo


Vive a cavallo tra il V e IV secolo a. C. Famoso comandante dell’esercito. È
censore nel 403 a.C. Per poi ricoprire la carica di tribuno militare. Vive in età
repubblicana quando Roma è ancora una realtà piccola. È definito come il
secondo fondatore i Roma grazie alle sue imprese militari. Si crea una figura
leggendaria intorno a lui, nelle fonti successive si aggiungono imprese alla sua
vita non vere forse.

Il fatto di cui parla Valerio Massimo si svolge intorno al 390 a.C. Nel 396 Camillo
fa in modo che Roma vinca la battaglia contro Deio. In un periodo successivo
viene accusato di qualcosa, non è certo su cosa. Viene condannato e deve
pagare una multa, si reca in esilio ad Ardea. Nel 390 e Roma viene attaccata dai
Galli. I romani si rifugiano nel Campidoglio ma viene comunque saccheggiata.
Camillo viene chiamato e sconfigge i Galli.

Vix iuvat abire a Publicola, sed venire ad Furium Camillum libet, cuius
tam moderatus ex magna ignominia ad summum imperium transitus fuit,
ut, cum praesidium elus cives capta urbe a Gallis Ardeae exulantis
petissent, non prius Veios ad accipiendum exercitum iret quam de
dictatura sua omnia sollemni iure acta comperisset.

A stento piace/vorrei allontanarsi da Publicola ma mi piace andare verso


Furio Camillo, del quale il passaggio dalla profonda vergogna al sommo
potere fu così moderato che quando i suoi concittadini ebbero chiesto
l’aiuto di quello che era in esilio ad Ardea essendo la città presa dai Galli,
non si recò a Veio per ricevere l’esercito prima di essersi accertato che
tutte le cose relative alla sua dittatura fossero state fatte secondo la
legge.

- Iuuat/ libet= piacere


- Uenire = andare e venire
- Cuius= pronome relativo, genitivo della declinazione pronominale.
Riprende furium camillum: rispetta genere e numero ma il caso può
cambiare.
- Moderatus / transitus = agli estremi, iperbato
- Ex + ablativo= moto da luogo
- Ad + accusativo= moto a luogo
- Ignominia: infamia, il fatto di essere accusato e condannato. Alcune fonti
dicono che ha celebrato il trionfo su un carro trainato da quattro cavalli
bianchi. Altri sostengono che ci fossero state delle irregolarità nella
spartizione del bottino.
- Imperium= potere ricevuto come carica pubblica, la massima carica
pubblica che può essere conferita nei momenti di pericolo è quella di
dittatore, che aveva tutto il potere del re, ma poteva stare in carica 6
mesi.
- Ut - iret = consecutiva, al suo interno ha il cum narrativo. È l’unica
subordinata che ha il congiuntivo ma che non segue la consecutio
temporum
- Ciues= cittadini, concittadini di Camillo, i romani
- Capta urbe= ablativo assoluto. Urbe= parte bassa della città
- Exulo= vivo in esilio, in genitivo perché concorda con eius
- Ardeae= locativo, stato in luogo
- Moderatio= vogliono farlo dittatore ma lui aspetta per essere sicuro che la
decisione sia regolare dal punto di vista legislativo. (Ut non prius…)
- Ad accipiendum= gerundivo, finale

magnificus Camilli Veientanus triumphus, egregia Gallica victoria,


sed ista cunctatio longe admirabilior: multo enim multoque se
ipsum quam hostem superare operosius est, nec adversa
praepropera festinatione fugientem nec secunda effuso gaudio
adprehendentem.

Di Camillo magnifico fu il trionfo veientano, egregia la sua vittoria


contro i Galli, ma questa esitazione fu molto più degna di
ammirazione: infatti è molto e molto più difficile sconfiggere se
stessi che sconfiggere il nemico, quando si fugge dalle avversità
con fretta precipitosa nè quando ci si aggrappa alle cose
prospere/favorevoli con una gioia eccessiva.

- mette in evidenza la sconfitta di Veio e la vittoria sui Galli ma la cosa più


ammirevole è il fatto che lui abbia aspettato
- Cunctatio= esitazione, ritardo con cui si reca a Veio, che si relaziona alla
moderatio
- Admirabilior /operosius= comparativo di maggioranza. -ior maschile e
femminile, -ius neutro.
- Operosius va con l’infinito superare (neutro). Idea di fatica nel controllare
le pulsioni
- Aduersa/ seconda= aggettivi sostantivati
24/02

4.1.3. Marcio Rutilio Censorino

Passa alla storia per aver ricoperto per due volte il ruolo di censore, non una
delle più importanti ma comunque potente. La seconda volta critica chi lo aveva
eletto, qui mostra la moderatio dissociandosi da questa concessione.

Prima console nel 310, poi IV-III secolo a.C. Diventa censore (Prima volta nel
294, la seconda 265).

Censore= carica priva di imperium, non ha il potere del console. Erano due in
carica e la loro funzione era quella di compilare le liste di censo (garantiva
l’accesso al potere), poi assumevano altre funzioni come controllare la morale
(censura). Viene istituita nel 443 per sgravare i consoli da alcune funzioni.

Par Furio moderatione Marcius Rutilus Censorinus: iterum enim


censor creatus ad contionem populum vocatum quam potuit
gravissima oratione corripuit, quod eam potestatem bis sibi
detulisset, cuius maiores, quia nimis magna videretur, tempus
coartandum iudicassent.

Pari a Furio per moderazione fu Marcio Rutilo Censorino, eletto


censore per la seconda volta infatti rimproverò il popolo convocato
in assemblea con un discorso più severo possibile, per il fatto che
aveva consegnato a lui per due volte quella carica, della quale gli
antenati avevano ritenuto che il tempo dovesse essere limitata,
poichè sembrava troppo grande.
- par= aggettivo, in posizione di rilievo
- Furio= dativo
- Moderatione= ablativo di limitazione
- Interum= due volte, avverbio
- Censur creatus= nominare qualcuno ad una carica, censore. Si
costruisce con il complemento predicativo dell’oggetto, all’attivo c’è il
complemento predicativo del soggetto.
- Grauissima= superlativo (oratione, ablativo)
- Quam potuit= rafforza il superlativo
- Corripuit = criticare - populum. Composto di rapio, ha subito apofonia
latina
- Contio= assemblea del popolo
- Potuit= possum, composto di sum nel tema del presente
- Quod= causale, con indicativo (oggettiva) o congiuntivo (soggettiva). Qui
è soggettivo, causa attraverso il punto di vista di Censorino
- Cuius= relativa (con indicativo). Qui c'è il congiuntivo perché o c’è
attrazione del Congiutivo (nella sovraordinata c’è il congiuntivo o l’infinito)
o è una relativa impropria (con significato diverso).
- Coartandum= gerundivo, è concordato con tempus (neutro della 3)
- Nimis= eccesso (inizialmente aveva una durata di 5 anni, poi viene
limitata a 18 mesi. Questo è l’unico caso in cui un uomo rimane per due
mandati)
- Uideretur =
- Iudicassent= congiuntivo piuccheperfetto, 3 pl. iudicaui = tema del
perfetto sincopato

uterque recte, et Censorinus et populus: alter enim ut moderate


honores crederent praecepit, alter se moderato credidit.

L’uno e l’altro (Censorino e il popolo) agirono correttamente: il


primo infatti ordinò che (i membri del popolo) affidassero le
cariche con moderazione, il secondo si affidò a una persona
moderata.

- contraddizione: come fa Censorino a criticare il popolo se il popolo ha


ragione? La ragione della duplice ragione sta nella moderatio (moderate -
moderato).
- Uterque: pronome indefinito, l’uno e l’altro dei due
- Ut= completiva volitiva
- Crederent - credidit = affidare

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4.1.5. Lucio Quinto Cincinnato

Lucio Quinto Cincinnato: politico e condottiero. Divenne console nel 460 e


subentra quando muore Publicola. Riveste la carica di dittatore nel 458 ma
accetta a malincuore, quando viene nominato stava coltivando la terra, era un
contadino. Trionfa sugli.. e poi torna alla campagna.

Age, L. Quintius Cincinnatus qualem consulem gessit! cum


honorem eius patres conscripti continuare vellent non solum
propter illius egregia opera, sed etiam quod populus eosdem
tribunos in proximum annum creare conabatur, quorum neutrum
lure fieri poterat, utrumque discussit senatus simul studium
inhibendo et tribunos verecundiae suae exemplum sequi cogendo
atque unus causa fuit, ut amplissimus ordo populusque tutus
esset ab iniusti facti reprehensione.

Lucio Quinto Cincinnati che console fu, volendo i senatori


prolungare la sua carica
Non solo a causa delle sue eccellenti opere ma anche perché il
popolo cercava di eleggere i medesimi tribuni per l’anno
successivo, nessuno delle quali cose era legalmente possibile,
Cincinnato impedì entrambe le cose, allo stesso tempo frenando
lo zelo volontà del senato e obbligando i tribuni a seguire
l’esempio della sua modestia e lui da solo fu la causa per cui
l’ordine più onorevole e il popolo fossero immuni dalla critica per
una fazione illegale.

- rifiuta di prolungare il suo mandato di console


- Age: interiezione che indica esclamazione, originariamente è l’imperativo
di ago. Esprime passaggio tra due esempi
- Honorem: carica politica
- Patres conscripti: senatori
- Cum narrativo
- Vogliono che rivesta la causa anche nel 459 perché aveva compiuto
imprese eccezionali e perché si voleva dare continuità alla carica di
console come quello di tribuno. C’era la tendenza a rendere duraturo un
potere che la legge aveva limitato.
- Neutrum: nessuno dei due
- Ius: diritto degli uomini
- Inibendo / cogendo: gerundi non concordati
- Senatus: genitivo
- Studium: fare qualcosa con passione
- Uerecundiae: moderatio (vergogna)
- Amplissimus ordo: senato, ordine più importante
- Iniusti facti: genitivo oggettivo. Genitivo soggettivo: rappresenta il
soggetto dell’idea (la paura del nemico)
- Cum… uellent : causale. Uellent = contemporaneità rispetto a una tempo
storico
- Quod: causale
- Quorum: relativa
- Ut: completiva
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4.1.6. Publio Cornelio Scipione Africano (maggiore)

Nasce nel 235 a.c. Famiglia nobile, ha un ruolo centrale nella 2 guerra punica.
Console nel 218. Nel 211 muore in battaglia lo zio e gli danno in mandato di
proconsole in Spagna, qui si distingue per le capacità belliche.
Nel 208 sconfigge Asdrubale, che fugge e si reca in Italia.
Nel 206 riesce a cacciare i Cartaginesi dalla Spagna, ritorna poi a Roma dove
viene eletto console nel 205. Ha l’obiettivo di riportare una vittoria totale sui
cartaginesi e per questo sa che deve andare a combattere il nemico in Africa.
Riesce a farsi assegnare il controllo della provincia della Sicilia. Si trova però con
l’ostilità del senato, in particolare di Quinto Fabio Massimo che ritiene che
vadano combattuti in Italia dove c’è Annibale, si crea quindi un dibattito interno.
Nel 204 gli viene prorogato l’incarico in Sicilia e salpa verso l’Africa. Rompe le
trattative di pace, attacca il nemico e riporta una vittoria decisiva. Al rientro riceve
il soprannome Africano. Continua la sua attività di politico, censore e poi di nuovo
console. Muore nel 183.

Valerio Massimo lo sceglie per due episodi:


1. La resistenza di Scipione di fronte all’offerta di un potere straordinario,
simile al tiranno
2. Dopo la guerra punica Annibale viene accusato dai suoi concittadini e
Scipione lo difende.

Non defuit maioribus grata mens ad praemia superiori Africano


exsolvenda, si quidem maxima eius merita paribus ornamentis
decorare conati sunt.

Ai nostri antenati non mancò una mente grata per conferire


ricompense all’Africano maggiore, dal momento che cercarono di
adornare i suoi grandissimi meriti con pari titoli onorifici.
- Scipione: ruolo passivo, antenati: ruolo attivo. Alla fine rifiuta, ruolo attivo
- Defuit: mancare + dativo
- Ad + accusativo: finale
- Exsoluenda: ricompensare fino in fondo, completezza. Gerundivo
accordato con Praemia
- Non dice la causa per cui lo vogliono ricompensare ma chiamandolo
Africano si capisce che parla della vittoria contro Cartagine
- Si quidem: constatazione, se è vero che
- Conati sunt: tentativo che non riesce. Conor
- Ornamentis: titoli onorifici

voluerunt illi statuas in comitio, in rostris, in curia, in ipsa denique


iovis optimi maximi cella ponere, voluerunt imaginem eius
triumphali ornatu indutam Capitolinis puluinaribus adplicare,
voluerunt ei continuum per omnes vitae annos consulatum
perpetuamque dictaturam tribuere:

Volevano erigergli delle statue nel luogo dell’assemblea, presso i


rostri, nella curia e perfino nel santuario stesso di Giove Ottimo
Massimo, volevano aggiungere la sua immagine vestita con
ornamenti da trionfo vicino ai divani capitolini del Campidoglio,
volevano dargli un consolato continuativo per tutti gli anni della
sua vita e una dittatura perpetua.

- anafora di voluerunt
- voluerunt= perfetto indicativo (noi traduciamo volevano e non vollero)
- nel primo dei tre elementi c’è l’elenco dei luoghi in cui vogliono porre la statua. i
primi tre sono uniti poi se ne aggiunge un quarto → climax ascendente.
Volevano porre le statue nei luoghi più importanti: comitio (luogo dell’assemblea
del popolo), rostri (tribuna dove gli oratori si recavano per parlare. il nome viene
dal fatto che la tribuna si trova nel luogo in cui vengono esibiti i rostri delle navi
dei Cartaginesi), curia (luogo di riunione del senato, inusuale mettere ritratti di
un cittadino), il quarto è distaccato, il santuario di Giove (senza precedenti e
contrario i valori della repubblica, voleva dire equiparare Scipione a una
divinità).
- Capitolinis puluinaribus: letto su cui venivano messe le immagini degli dei
(cerimonia del lectisternium)
- indutam= induo, indossare la veste (concordato con imagenem)
- la terza offerta è di carattere politico: consolato continuo e dittatura con
poteri eccezionali sull’esercito. poteri illimitati che però andavano contro
la legge e i limiti. (Giulio Cesare divenne dittatore perpetuo, accetta la
carica)
- per omnes: tempo continuato (per + accusativo)
quorum nihil sibi neque plebiscito dari neque senatus
consulto decerni patiendo paene tantum se in recusandis
honoribus gessit, quantum egerat in emerendis.

Non permettendo che alcuna di queste cose gli venisse


conferita né da una delibera della plebe, né da un decreto
del senato, Scipione si dimostrò un uomo quasi tanto
grande nel rifiutare gli onori quanto si era dimostrato nel
meritarli.

- quorum: pronome relativo genitivo neutro plurale. usato come nesso relativo →
ha due funzioni: pronome o introduce una subordinata relativa. quando è
all’inizio della frase è un nesso relativo, nella traduzione viene usato un
dimostrativo.
- plebiscito: decreto emanato dalla plebe nelle assemblee
- tantum… quantum: correlazione
- in+ ablativo del gerundivo (in recusandis)
- gessit: gero (rotacismo)
- egerat= ago (apofonia indoeuropea)
- emerendis= gerundivo, non ha un riferimento ma si sottintende honoribus

Eodem robore mentis causam Hannibalis in senatu


protexit, cum eum cives sui missis legatis tamquam
seditiones apud eos moventem accusarent.

Con la stessa forza d’animo difese la causa di Annibale nel


senato quando i concittadini di Annibale avendo inviato
degli ambasciatori lo accusarono come se fomentasse (di
fomentare) delle lotte presso di loro.

- Eodem robore mentis: mette i due esempi sullo stesso piano


- il fatto si verifica poco dopo la vittoria finale della seconda guerra punica.
A cartagine annibale cerca di riorganizzare la vita per trovare le risorse
per pagare Roma. Ma si inimica una parte dell'élite, nel 195 vengono
inviati ambasciatori a Roma che accusarono Annibale di essere in
procinto di una rivolta contro Roma. Scipione è contrario a intervenire
nella vicenda ma invia una delegazione romana a Cartagine. Annibale
temendo fossero arrivati per arrestarlo fugge.
- roboris: quercia, forza statica (vis, forza dinamica)
- protexit causam: espressione giuridica
- missis legatis: ablativo assoluto
- cum narrativo
- accusarent: congiuntivo imperfetto. rapporto di contemporaneità rispetto a
protexit
- tamquam: introduce la comparativa ipotetica (come se) ma qui ha un
valore di motivazione soggettiva (motivo dell’accusa secondo gli
accusatori).
adiecit quoque non oportere patres conscriptos se rei
publicae Karthaginiensium interponere altissimaque
moderatione alterius saluti consuluit, alterius dignitati,
victoria tenus utriusque hostem egisse contentus.

Scipione aggiunse anche che non era opportuno che i


senatori interferisce nello stato/amministrazione dei
cartaginesi e con profondissima moderazione si prese cura
della salvezza dell’uno e della dignità dell’altro
accontendandosi di aver agito come nemico di entrambi
fino alla vittoria.

- adiecit: adicio (ad +iacio) → apofonia latina


- oportere: verbo impersonale. regge una frase soggettiva (patres conscriptos se
interponere→ soggetto)
- altus= alto/profondo
- consulo= prendersi cura di qualcosa
- salus= salvezza
- utriusque: durante la guerra punica Scipione ha combattuto i cartaginesi
ma ha combattuto anche i senatori

3/3

4.1.9 Gaio Claudio Nerone

È contemporaneo a Scipione. Quando il padre e lo zio dell’Africano maggiore


vengono uccisi in Spagna viene mandato li per risollevare l’esercito romano. Nel
207 viene eletto console con Marco Livio Salinatore, i due sono nemici ma
decidono di collaborare. A sud c’è la minaccia di Annibale, a nord Asdrubale.
Livio viene mandato a Nord a contenere le truppe di Asdrubale, che voleva
ricongiungersi a Annibale. Nerone viene mandato a sud per fronteggiare
Annibale. Riesce a bloccare Annibale e intercetta dei messaggeri di Asdrubale
diretti da Annibale. Manda quindi una parte del suo esercito a nord per aiutare
Livio. Battaglia del Metauro che annienta l’esercito di Asdrubale. Al ritorno lancia
la testa di Asdrubale nell’accampamento di Annibale per fargli vedere che lo
avevano ucciso.
L’episodio si riferisce alla celebrazione del trionfo dopo la battaglia del metauro.
Eletto censore nel 304, con salinatore.
Era antenato del padre biologico di Tiberio (Tiberius Claudius Nero). Viene però
adottato da Augusto nel 4 d.C, cambia nome in Tiberius Iulius Caesar. Quando
sale incarica aggiunge il nome di Augustus.

Fonte: Livio (tutta la 2 guerra punica è dalla sua fonte)

C. quoque Claudius Nero inter cetera praecipuae moderationis


exempla numerandus est.
Anche Gaio Claudio Nerone deve essere annoverato tra i restanti
esempi di straordinaria moderazione.

- quoque: passaggio
- Gaius e non Caius nella lettura: il latino deriva dall’etrusco che non
distingueva tra gutturale sorda e sonora. Ma le sigle sono ad uno stadio
anteriore
- Numerandus est: perifrastica passiva (gerundivo + est).

Liui Salinatoris in Hasdrubale opprimendo gloriae particeps fuerat.


Tamen eum triumphantem equo sequi quam triumpho, quem
senatus ei aeque decreuerat, uti maluit, quia res in prouincia
Salinatoris gesta erat.

Era stato partecipe della gloria di Livio Salinatore nello


sconfiggere Asdrubale. Tuttavia preferì seguire a cavallo Livio S. Il
quale celebrava il suo trionfo, piuttosto che avvalersi del trionfo
che il senato aveva decretato ugualmente per lui, dal momento
che la cosa/ la battaglia si era svolta nella provincia di Salinatore.

- moderatio: modalità di celebrazione del trionfo


- In Hasdrubale opprimendo: in asdrubale che deve essere sconfitto.
- Maluit: composto di volo (nolo, non voglio / malo, preferisco). Spesso con
quam (voglio quanto più che)
- Valerio Massimo non è preciso, Livio dice che i due consoli si accordano
su come fosse meglio celebrare il trionfo, Valerio dice che è solo una
decisione di Nerone per sottolineare la sua moderatio.
- Il senato dice che l’ambito di azione di Salinatore era il nord. Il console
poteva usare il potere nella sua provincia. Arrivano al compromesso: il
trionfo avviene su un carro trainato da 4 cavalli su cui sta Livio, Nerone
celebra il trionfo in tono minore su un cavallo (ovatione).
- Sequi (sequor): infinito
- (uti) Utor: regge triumpho in ablativo
- Ei aeque: sullo stesso piano
- Quia: causale. Qui con indicativo (oggettiva, è un fatto reale)

<...> sine curru triumphauit, eo quidem clarius quod illius uictoria


tantummodo laudabatur, huius etiam moderatio.

- <…> —> integrazione, manca qualcosa (lacuna)

Fece il trionfo senza il carro, per questo certamente in maniera più


splendida perché di quello veniva lodata solo la vittoria, di questo
anche la moderazione.

- rende il suo trionfo superiore mostrando la sua moderazione.


- Eo… quod: correlazione
- Clarius: comparativo dell’ avverbio
- Illius… huius: ille-hic

4.1.10. Lucio Cornelio Scipione Emiliano Africano minore

Riceve poi il nome di Numantinus. Nel 146 sconfigge Cartagine (Africano), nel
133 vince la battaglia su Numanzia (Numantinus).
Politico e generale. Figlio di Lucio Emilio Paolo, vince la battaglia di Pidna contro
i greci.
Nipote adottivo dell’Africano maggiore.
Nel 147 viene eletto console in maniera eccezionale, non aveva i requisiti.
Nel 142 è censore (episodio di Valerio Massimo). Nel 134 viene eletto console di
nuovo per porre fine alla guerra contro Numanzia in Spagna.
Grande oratore e crea un circolo culturale con la sua famiglia (circolo degli
Scipioni) aperto agli influssi greci e diffusore della letteratura latina.

Ne Africanus quidem posterior nos de se tacere patitur. Qui


censor, cum lustrum conderet inque solitauri<l>i<um> sacrificio
scriba ex publicis tabulis sollemne ei precationis carmen praeiret,
quo di immortales ut populi Romani res meliores amplioresque
facerent rogabantur, ‘satis’ inquit ‘bonae et magnae sunt: itaque
precor ut eas perpetuo incolumes seruent’, ac protinus in publicis
tabulis ad hunc modum carmen emendari iussit.

Nemmeno l’africano minore ci permette di tacere a suo proposito.


Egli da censore, mentre stava compiendo il lustro (la cerimonia di
chiusura del censimento) e nel sacrificio dei suovetaurilia lo scriba
recitava davanti a lui dalle tavole pubbliche la formula solenne
dell’invocazione, attraverso la quale agli dei immortali veniva
chiesto di render migliori e più grandi le cose del popolo romano,
disse “ sono sufficientemente buone e grandi: e così prego che le
conservino per sempre sicure”, e subito ordinò che nelle pubbliche
la formula fosse modificata in questo modo.

- Al termine del censimento era una cerimonia solenne che conferiva un


valore sacro al censimento.
- Ne.. quidem: neppure. L’elemento negato sta in mezzo
- Nos tacere: infinitiva, nos accusativo soggetto di tacere
- Qui: nesso relativo
- Censor: valore predicativo
- Conderet: congiuntivo imperfetto, contemporaneità rispetto a inquit
- Lustrum conderet: rituale per purificare e propiziare per il futuro. Il
censore guidava una processione con animali, venivano poi sacrificati a
Marte. Si faceva ogni 5 anni (lustro in italiano). Perlustrare: muoversi
intorno. Cerimonia di origine indoeuropea
- Suovetaurilia: 3 animali che sacrificati purificavano. Maiale, pecora e toro
- Doveva anche pronunciare delle formule che venivano lette prima da uno
scriba
- Precatio: preghiera di richiesta, invocazione
- Carmen: poesia, canzone
- Rogabantur: venivano pregati. Rogo + accusativo (a qualcuno in
accusativo)
- Satis: avverbio (moderatio, accontentarsi di ciò che si ha). Chiede di
mantenere le cose così come sono, l’impero romano ha raggiunto il
culmine.
- Ad protinus: subito

*dubbi sulla veridicità del fatto: non è verosimile che lo abbia fatto da solo e
durante la cerimonia.

6/3
Lucio Cornelio Scipione Emiliano Africano Minore

Qui cenor…inquit – principale


Cum … conderet – cum narrativo
Que … scriba … carmen praeiret – coordinata
Quo di immortales … rogabantur – relativa
Ut … facerent – completiva volitiva

L’africano sta svolgendo il suo ruolo di censore, quale provvedere al censimento


ad intervalli di 5 anni (un lustro = 5 anni). La sua moderatio consiste nel fatto che
lui si rende conto che ormai l’impero Romano è cresciuto a sufficienza e decide
di cambiare la formula tradizionale quindi di non chiedere agli dei di rendere le
cose più grandi ma di lasciarle come stanno, difatti chiese anche di cambiare la
formula sulle tavole pubbliche. L’episodio non sembra credibile ma ai fini
dell’esplicazione della sua moderatio è utile.

Qua uotorum uerecundia deinceps censores in condendis lustris


usi sunt: prudenter enim sensit tunc incrementum Romano
imperio petendum fuisse cum intra septimum lapidem triumphi
quaerebantur, maiorem autem totius terrarum orbis partem
possidenti ut auidum esse quicquam ultra appetere, ita abunde
felix si nihil ex eo quod obtinebat amitteret.

Da allora i censori si servirono di questa modesta forma di


preghiera nella celebrazione del lustro (cerimonia conclusiva dei
censimenti): infatti (enim) Scipione si rese conto/comprese
saggiamente (prudenter) che l’impero Romano aveva dovuto
chiedere un ampliamento allora quando i trionfi venivano cercati
entro la settima pietra miliare (nel raggio di sette miglia da Roma),
ma per un popolo che possedeva la maggior parte di tutto il globo
terrestre da un lato (ut … ita) sarebbe stato avido chiedere
qualcosa di più, dall’altro era abbondantemente positivo se non
avesse perso nulla di ciò che già possedeva.
Scipione realizza che i tempi sono cambiati poiché l’elaborazione
della formula avvenne durante un periodo in cui Roma tentava
ancora di crescere, mentre attualmente Roma possedeva la
maggior parte del globo quindi intende rafforzare ciò che già
possiede.

- Qua …:nesso relativo, annesso a uerecundia


- Uotorum: il uoto è una sorta di promessa che gli uomini fanno agli dei,
quasi in un’ottica contrattuale alla do ut des.
- In condensis lustris: in + gerundivo in caso ablativo
- Enim: spiegazione, per quale motivo
- Prudenter: avverbio che ci suggerisce già che Scipione utilizza una certa
saggezza, accostato a sensit (interpretazione che Valerio Massimo ci dà
di Scipione)
- Sensit: trova applicazione su due livelli temporali:
- nel passato (quando Roma era una piccola città
- tunc petendum fuisse: perifrastica passiva = gerundivo + verbo essere +
complemento d’agente in caso dativo (Romano imperio = dativo d’agente
rispetto a petendum))
- Septimum lapidem: i Romani ponevano le pietre miliari lungo ogni miglio,
non va preso alla lettera e vuol dire semplicemente un confine molto
ridotto 🡪 Roma combatteva entro le sette miglia fondamentalmente
all’inizio, quando c’era Romolo

- Autem: contrapposizione
- Ut … ita: da un lato e dall’altro
- Orbis terrarum: il loro modo per definire il mondo
- Totius orbis + genitivo terrarum
- abunde felix (esse)
- (Scipio) sensit – principale 🡪 da sensit derivano tre infiniti, uno
completato da una temporale e l’ultimo completato da un periodo
ipotetico la cui protasi a sua volta contenente una relativa
- incrementum … petendum fuisse – infinitiva con perifrastica passiva
precisata da 🡪 cum … triumphi quaerebantur – temporale
- autem ut auidum esse appetere – infinitiva
- ita abunde felix (esse) – infinitiva + apodosi 🡪 si nili … amitteret –
protasi 🡪 quod optinebat – relativa

C’è un secondo episodio relativo al periodo di censore di Scipione Emiliano,


stavolta uno scontro con un altro personaggio mentre questo era una sorta di
celebrazione.

Neque alia eius in censura moderatio pro tribunali apparuit.


centurias recognoscens equitum, postquam C. Licinium
Sacerdotem citatum processisse animaduertit, dixit se scire ilium
uerbis conceptis peierasse: proinde, si quis eum accusare uellet,
usurum testimonio suo.
Né differente fu la sua moderazione durante la sua censura in
qualità di giudice (pro tribunali – espressione figurata). Passando
in rassegna le centurie dei cavalieri, dopo che si accorse che Gaio
Licinio Sacerdote chiamato per nome (citatum) si era avvicinato
(processisse) disse che sapeva che aveva giurato il
falso/spergiurato con parole ufficiali (uerbis conceptis) e disse che
pertanto (proinde) se qualcuno voleva accusarlo avrebbe potuto
servirsi della sua testimonianza.

- Equitum inspectio 🡪 compito del censore passare in rassegna i cavalieri


nel foro Romano, il censore doveva controllare la loro situazione morale,
fisica e finanziaria. I cavalieri venivano chiamati per nome, si
avvicinavano ai due censori e se non c’era nulla da ridire venivano
approvati e gli veniva dato l’ordine di andare avanti col proprio cavallo,
mentre nei casi peggiori potevano essere obbligati a vendere il loro
cavallo che voleva dire che non erano più ammessi nella classe degli
equites.

- In censura: il momento in cui Scipione sta esercitando la censura


- Pro tribunali: il sedile più alto su cui sedeva il magistrato, quale il censore
in questo caso ma l’espressione viene spesso utilizzata metaforicamente.
- La sua moderazione non è diversa rispetto a quella dimostrata
precedentemente.
- Centurias recognoscens equitum: passare in rassegna i cavalieri
- Postquam … animaduertit: introduce una temporale
- Citatum: verbo tecnico che rimanda a questo rituale, uno viene chiamato
per nome, prende il suo cavallo e si avvicina ai due censori per farsi
ispezionare
- Scipione avanza un’accusa abbastanza grave nei confronti di Gaio Licinio
Sacerdote
- conceptis: participio perfetto del verbo concipio, vuol dire pronunciare
secondo una forma
- Uerba concepta: parole di una formula ufficiale
- Concipio: composto di capio che ha subito apofonia latina, paradigma:
concipio, concipis, concepi, conceptum, concipere 🡪 al perfetto non
subisce l’apofonia perché il perfetto di capio corrisponde a cépi (apofonia
indoeuropea). Il supino captum > conceptum e non conciptum perché la a
di captum è breve ma la sillaba è chiusa quindi l’apofonia latina viene
limitata fino al grado e.
- Peiero: spergiurare

- Non sappiamo che cos’avesse fatto il Sacerdote, la fonte da cui parte


Valerio Massimo è Cicerone che parla di quest’episodio in una delle sue
orazioni più famose che è la procluentio (orazione più bella di Cicerone
secondo gli Antichi). Il modello è conservato perché Valerio Massimo in
alcune occasioni riprenderà anche le stesse parole.

Periodo ipotetico:
Si quis (pronome indefinito che si usa solo in circostanze di dubbio, soggetto di
usurum e di uellet accusare) eum uellet accusare – protasi
Usurum (esse) testimonio suo – utor regge l’ablativo quale testimonio suo –
apodosi
Il latino ha un’infinità di pronomi indefinito a causa della mancanza dell’articolo.

Se qualcuno avesse mosso un’accusa contro Gaio Licinio Sacerdote, Scipione


avrebbe testimoniato.
Lo spergiuro compiuto da Gaio Licinio non era una cosa da poco
conseguentemente il censore poteva moralmente biasimare lo spergiuro e
condannarlo: non poteva fare accusatore e giudice quindi da giudice avrebbe
sostenuto l’eventuale accusato.

In cosa consiste la moderatio?

sed nullo ad id negotium accedente 'transduc equum' inquit,


'Sacerdos, ac lucrifac censoriam notam, ne ego in tua persona et
accusatorie et testis et iudicis partes egisse uidear.'

Ma dal momento che nessuno si accostava a quella faccenda


disse “conduci oltre il tuo cavallo Sacerdote e accontentati di
essertela cavata con l’ammonizione del censore, affinché io non
sembri nella tua persona di aver assunto i ruoli sia di accusatore
sia di testimone sia di giudice.

- Nullo accedente: ablativo assoluto, nullus con valore pronominale 🡪 nullo


fa parte della coniugazione di nemo.
- Ad+cedo = andare verso qualcosa, accedente (participio presente)
- Negotium: occupazione, etimologicamente è la negazione di otium – in
questo caso dovrebbe trattarsi di un’occupazione di tipo processuale.
- Sacerdos – vocativo
- Duc : imperativo del verbo duco 🡪 transduc equum – formula tradizionale
che utilizzava il censore se la prova veniva superata, altrimenti il cavaliere
riceveva una nota censoria che veniva scritta nei registri.
- Lucrifac: “ritieniti fortunato” (ad avere la nota censoria) 🡪 non viene
processato e riceve solo la nota censoria.
- Ne ego … uidear: negativa, affinché io non sembri
- Uidear: passivo di uidear (sono visto/sembro)

La moderatio sta nel fatto che pur sapendo che questo Sacerdote aveva
compiuto un atto grave Scipione non vuole compiere tre ruoli processuali,
dunque si autolimita nell’esercizio della sua funzione.

Il secondo episodio dell’Africano minore ha come modello Cicerone. Valerio


Massimo prende in tre espressioni da Cicerone.
C’è solo la trasformazione dal discorso indiretto a diretto.

7/3

4.1.11. Quinto Scevola

Ci sono due personaggi che si chiamano allo stesso modo e che potrebbero
essere quello di cui parla l'autore.
Quinto Muzio Scevola figlio di Publio, chiamato Pontefice. Famoso giurista,
esperto e innovatore del diritto. A cavallo tra il II e I secolo a., nel 115 diventa
pontefice e poi console nel 95 a.c. Nell’89 raggiunge il punto più alto: pontefice
massimo. Ha un ruolo importante nell’educazione di diversi giovani tra cui
Cicerone. Muore nell’82 in una guerra civile (Silla e Gaio Mario).

Quinto Muzio Scevola figlio di Quinto, chiamato Augure, figura religiosa che
interpreta segni per prevedere il futuro. Nato intorno al 170 a.C., entra nel
collegio degli auguri. Raggiunge il consolato nel 117 e arriva al periodo delle
guerre civili.

Non ci sono prove per dire quale dei due è il protagonista ma forse è il primo.

Quod animi temperamentum etiam in Q. Scaeuola excellentissimo


uiro adnotatum est:
testis namque in reum productus, cum id respondisset quod
salutem periclitantis magnopere laesurum uidebatur, discedens
adiecit ita sibi credi oportere si et alii idem adseuerassent,
quoniam unius testimonio aliquem cadere pessimi esset exempli.

Questo equilibrio della mente è stato osservato anche in Quinto


Scevola, uomo eccellentissimo:
Chiamato come testimone contro un imputato, avendo risposto ciò
che sembrava avrebbe danneggiato fortemente la salvezza
dell’imputato, uscendo aggiunse che sarebbe stato opportuno
credergli solo se anche altre persone avessero fatto la medesima
affermazione, dal momento che (il fatto che) qualcuno venisse
condannato a causa della testimonianza di una sola persona era
un pessimo esempio.

- Processo, non sappiamo quale. Sembra che venga chiamato dall’accusa


contro l’imputato. Sembra un processo penale
- Quod: nesso relativo concordato con temperamentum
- Quod e etiam congiungono l’esempio al precedente
- Temperamentum: indica originariamente un miscuglio di elementi diversi,
e di acqua calda e fredda che diventa temperato, tiepido. Poi rimanda la
combinazione di due elementi estremi per ottenere qualcosa di moderato.
- Reus: imputato
- Respondisset: congiuntivo piuccheperfetto, anteriorità nel tempo storico
(adiecit)
- Periclitantis: essere in pericolo, imputato
- Ita: connesso a si et alii idem adseuerassent. Significa solo se, limita il
significato
- Et: vuol dire anche etiam, anche
- Adseuerassent: congiuntivo piuccheperfetto (perfetto con ui, forma
asincopata)
- Quoniam: causale soggettiva
- Cadere: perdere la causa
- Moderatio: basta una sola persona a condannare un imputato?

Et religioni igitur suae debitam fidem et communi utilitati salubre


consilium reddidit

Dunque da un lato ha attribuito il dovuto rispetto al suo scrupolo e


dall’altro ha offerto un consiglio salutare per il bene comune.

- igitur: introduzione alla conclusione


- Et..: piano personale
- Et: piano pubblico. Mette in discussione il processo anche nel caso in cui
a testimoniare è lui e un personaggio di alto rilievo.

10/3

4.1.13. Metello Numidico (Quinto Cecilio Metello)


Faceva parte della gens Cecilia, prende l’agnomen di Numidico dopo un
particolare trionfo.
Lo si chiama Numidico anche per evitare confusioni con un suo avo (Metello
Macedonico. È un personaggio che ha una carriera importante: pretore nel 112
a.C, dopodiché diventa console nel 109 a.C e in qualità di console la sua carriera
lo porta verso l’agnomen poiché riceve il comando della guerra contro Giugurta
(ne parla Sallustio nel Bellum Iugurthinum).
Dal 109 al 107 conduce tre campagne di guerra contro Giugurta: hanno
successo ma non decisivo.
Nel 107 viene sostituito da Gaio Mario che sarà poi protagonista delle guerre
civili contro Silla; non c’era buon sangue tra Gaio Mario e Metello 🡪 Gaio Mario
vince ma Metello riceve il trionfo poiché si riteneva che le sue campagne
avessero dato il contributo fondamentale.
Nel 106 viene celebrato il trionfo e da allora verrà chiamato Numidico.
Nel 102 diventa censore.
Nel 100 viene approvata una legge agraria volta a distribuire terreni ai veterani di
Mario 🡪 Metello è contrario a questa legge e va in esilio, dopodiché viene
richiamato dall’esilio nel 99 e rientra nel 98 (periodo in cui i populares e gli
optimates si scontrano continuamente. Viene richiamato nel momento in cui
prevalgono gli optimates). Da lì in poi si perdono tracce della sua carriera,
probabilmente muore poco dopo.
Valerio Massimo racconta il momento in cui Metello è in esilio e viene richiamato
a Roma 🡪 lui contiene la propria gioia dimostrando una forma di autocontrollo,
moderatio. Riesce a restare impassibile mentre assiste a dei giochi, in modo che
nessuno si accorga di ciò che è successo.
Numidicus autem Metellus populari factione patria pulsus in Asiam
secessit. in qua cum ei forte ludos Trallibus spectanti litterae
redditae essent, quibus scriptum erat máximo senatus et populi
consensu reditum illi in urbem datum, non e theatro prius abiit
quam spectaculum ederetur, non laetitiam suam proxime
sedentibus ulla ex parte patefecit, sed summum gaudium intra se
continuit.
Numidico cacciato dalla fazione dei populares si ritirò in Asia. Qui
essendo stata recapitata a lui che per caso/mentre assisteva a dei
giochi una lettera, lettera nella quale era stato scritto che gli era
stato concesso il ritorno a Roma con un consenso grandissimo del
Senato e del popolo non se ne andò/non si allontanò dal teatro
prima che lo spettacolo fosse completato. Non rivelò minimamente
la sua gioia a coloro che gli stavano seduti vicino ma contenne la
sua grandissima felicità.
- Autem – segna la transizione
- Numidicus – messo in posizione di assoluto rilievo, per distinguerlo da
quello personaggio e per dare importanza al personaggio stesso
- Pulsus – verbo pello
- Patria pulsus – ablativo, complemento di allontanamento
- Secessit – secedo, ne deriva “secessione” in italiano
- Sappiamo che in particolare si recò presso l’isola di Rodi in esilio, dove si
dedicò allo studio della filosofia secondo le fonti.
- L’evento si colloca nel 100 a.C, i populares in quel momento hanno un
certo predominio ed i leader di questi ultimi sono tutti contro Metello
Numidico. Lui si rifiuta di accettare la legge agraria e quindi se ne va in
esilio anche un po’ prima di essere effettivamente espulso dai populares.
L’episodio è tutto sommato un episodio minore.
- In qua – nesso relativo (nella quale)
- La consegna della lettera avviene nella città di Tralli, città della Caria
(odierna - Turchia)
- Cum litterae redditae essent – cum narrativo
- Redditae essent – congiuntivo piuccheperfetto passivo indica anteriorità
rispetto al tempo della principale (abiit)
- Litterae – prima declinazione, pluralia tantum al singolare è una lettera
dell’alfabeto, al plurale è una lettera nel senso di epistola
- Ei spectanti – a lui che stava guardando, specto verbo frequentativo
- Forte – per caso
- Ludos Trallibus – giochi a Tralli
- Litterae redditae – ripreso da un pronome relativo al plurale 🡪 quibus (il
pronome relativo riprende genere e numero ma non il caso)
- Scriptum erat – era stato scritto, indicativo piuccheperfetto passivo
- Reditum illi in urbem datum – frase infinitiva con esse sottinteso
- In urbem – complemento di moto a luogo (senza specificazione urbs è
sempre Roma)
- Qui siamo nel periodo tra il 99 ed il 98 a.C. Valerio Massimo precisa che
la decisione è presa da maximo senatus et populi consensu.
- Senatus – nome della IV, qui è un genitivo
- Senatus et populi – posizione attributiva di maximo consensu
- Maximo – superlativo di magnus
- Non abiit – abiit composto di (ab + eo) 🡪 non se ne andò, frase
principale. L’idea di abbandonare uno spettacolo non è così strana come
si può pensare, ad esempio vi è un episodio ricollegabile a Terenzio
(anteriore al nostro caso, 160/150 a.C). Terenzio è un innovatore ma il
suo teatro non ha successo immediatamente, veniva sempre preferito
Plauto 🡪 Terenzio ci dice che una sua opera La suocera ha avuto
successo solo al terzo tentativo, poiché gli spettatori si alzavano e se ne
andavano. Metello conserva il decoro 🡪 attributo importante per un
personaggio del suo rango, non abbandona lo spettacolo e addirittura
non dà alcun segno di aver ricevuto quella notizia.

- Non […] patefecit – coordinata per asindeto (senza una congiunzione)


- Sed […] continuit – coordinata (con sed, congiunzione coordinante)
- Laetitia suam – la sua gioia
- Proxime sedentibus – chi era seduto vicino a lui, proxime 🡪 avverbio
- Summum gaudium – summum superlativo di superus, gioia grandissima
- Continuit – composto di (cum + teneo 🡪 ha subito apofonia latina),
contineo, contines, etc.

eundem constat pari uoltu et exsulem fuisse et restitutum. adeo


moderationis beneficio medius semper inter secundas et aduersas
res animi firmitate uersatus est.
Risulta/è certo che (constat) egli stesso (eundem) avesse la
stessa espressione sia da esule sia da riammesso. Fino a questo
punto (adeo) grazie alla moderazione/al beneficio della
moderazione rimase sempre a metà strada (medius versatus est)
nelle prosperità e nelle avversità con fermezza d’animo.

- Constat – cosa che tutti sanno, o fa riferimento ad un’idea comune a


riguardo di Metello o ad una fonte scritta.
- Nella storia della letteratura latina abbiamo un altro esiliato celebre 🡪
Cicerone, anche lui per azione dei populares ed in particolare del suo
acerrimo nemico quale Clodio. Durante la congiura di Catilina, Cicerone
aveva messo a morte dei cittadini senza un regolare processo, dunque
Clodio fa approvare una legge qualche anno dopo contro chiunque
avesse messo a morte dei cittadini durante la congiura senza un regolare
processo.
- Cicerone vedeva in Metello Numidico una sorta di precedente rispetto alla
propria storia 🡪 la storia di Metello ha avuto fortuna grazie a Cicerone.
- Eundem pari voltu fuisse et exsulem et restitum
- Adeo – fino a tal punto, fino a questo punto
- Moderationis – la virtù di cui ci parla Valerio Massimo 🡪 idea esplicitata
attraverso l’aggettivo medius (qualcosa che sta nel mezzo, incarna
l’ideale positivo per gli antichi della mediocritas 🡪 il giusto messo, è una
virtù, lo stare lontano dagli eccessi)
- Inter secundas et adversas res
- Versatus est – verbo verso frequentativo è un verbo della I
- Animi firmitate – fermezza d’animo che supporta la moderatio
4.1.15. Marco (Calpurnio) Bibulo
Fa tutto il cursus honorum (curriculum delle cariche, teoricamente c’era una
successione di cariche, 10 anni di servizio militare etc etc fino al ruolo di console)
parallelamente a Cesare 🡪 nel 65 a.C Cesare e Bibulo ricoprono una carica
(edile curule)
Nel 62 a.C Cesare e Bibulo sono entrambi pretori ed infine nel 59 a.C Cesare e
Bibulo sono entrambi consoli, tuttavia Bibulo risulta completamente eclissato
dall’astro di Cesare. Cesare fa parte dei populares mentre Bibulo degli
optimates.
L’episodio più celebre è l’anno del consolato 🡪 i due consoli avevano gli stessi
poteri, ma ciò non succede nel 59 a.C. Immediatamente Cesare porta avanti una
legge agraria e Bibulo non è d’accordo (secondo le fonti) 🡪 Bibulo dopo lo
scontro non uscì più di casa e Cesare esercitò di fatto il potere da solo. Pretonio
ci dice che si diffuse uno scherzo: i Romani indicavano gli anni con i nomi dei
consoli, all’epoca l’anno era il consolati di “Giulio” e di “Cesare”. L’immagine di
Bibulo è quella di una nullità sostanzialmente, totalmente schiacciata dalla forza
di Giulio Cesare.
Finito il consolato prosegue una sorta di ostilità tra Cesare e Bibulo. Nel 52 (anno
critico che indica una crisi di Roma che si riverserà nella guerra civile Cesare vs
Pompeo) Bibulo sostiene Pompeo, per contrastare l’egemonia di Cesare, e
propone che quest’ultimo diventi console unico e la cosa avviene.
L’episodio raccontato da Valerio Massimo si riferisce all’anno 50 a.C cioè subito
prima dello scoppio della guerra civile: Bibulo viene inviato come pro-console in
Syria e lì governa in modo onesto, anche se non si distingue particolarmente
come valoroso condottiero (Cicerone lo prende in giro in alcune delle sue
lettere). Due dei suoi figli vengono uccisi a tradimento in Egitto 🡪 Cleopatra
cattura i colpevoli e glieli manda affinché possa vendicarsi, ma Bibulo li rimanda
indietro perché la giustizia doveva esser esercitata dal Senato e non da lui.
Ad externa iam mihi exempla transire conanti M. Bibulus uir
amplissimae dignitatis et summis honoribus functus manus inicit.
A me che tento ormai di passare agli esempi esteri Marco Bibulo
mi trattiene, un uomo di grandissimo prestigio e che ha ricoperto le
cariche più elevate.

- Introduzione abbastanza retorica, non comunissima in Valerio Massimo


- Bibulo viene presentato in una veste completamente positivo.
- L’espediente retorico con cui ci viene introdotto è quello di dirci che ormai
gli esempi romani stanno per finire, dunque lo mette quasi al culmine
degli episodi romani.
- Manus inicit – in latino c’è un’espressione (manus inicere + dativo 🡪
mettere le mani addosso a qualcuno [letteralmente]. L’uso normale
veicola delle ostilità, c’era anche un procedimento giuridico che si
chiamava manus iniectio). La cosa va intesa ironicamente
sostanzialmente, mi trattiene 🡪 quasi contro la volontà di Valerio
Massimo.
- Mihi conanti transire – io sto cercando di passare, lui è conanti 🡪 ci sta
provando ma è costretto a parlare di Marco Bibulo
- Nonostante la biografia di Marco Bibulo, Valerio Massimo ne traccia tratti
positivissimi:
- Amplissimae dignitatis
- Summis honoribus (non ci parla di come abbia gestito queste cariche, ma
solo del fatto che le abbia ricoperte)
qui cum in Syria prouincia moraretur, duos egregiae indolis filios
suos a Gabinianis militibus Aegypti occisos cognouit. quorum
interfectores ad eum uinctos regina Cleopatra misit, ut
grauissimae cladis ultionem arbitrio suo exigeret.
Costui mentre risiedeva nella provincia di Syria venne a sapere
(cognouit) che due figli suoi di indole straordinaria (egregiae
indolis) erano stati uccisi in Egitto dai soldati di Gabinio. La regina
Cleopatra gli inviò (misit ad eum) gli assassini di questi (quorum
interfectores) in catene (uinctos) affinché potesse compiere a suo
piacimento la vendetta per la gravissima uccisione.

- Qui – nesso relativo, egli


- Duos filios suos occisos (esse) – infinitiva
- Egregiae indolis – posizione attributiva tra duos e filios, genitivo di qualità
- Occisos – verbo occido, composto di caedo (subisce apofonia latina)
- A Gabinianis – complemento d’agente (a + ablativo) 🡪 Gabinio era un
tribuno della plebe che aveva avuto un ruolo in Egitto
- Quorum – nesso relativo genitivo che riprende filios suos occidos
- Cleopatra in latino si legge Cleòpatra – nesso tr muta cum liquida che
succede la a breve
- Misit – inviò
- Vinctos – verbo vincio, vincire (legare)
- Ut exigeret – subordinata finale
- Ultio exigere – realizzare la vendetta
- Ultio – vendetta, per gli Antichi la vendetta non era necessariamente
negativa. Era da condannare solo se poco motivata o causata da
irrazionalità/perdita di autocontrollo.
- Bibulo ha tutti i motivi per cercare vendetta poiché ha subito un lutto
personale gravissimo (gravissimae cladis), ma non la cerca. La vendetta
gli viene offerta ma decide di non esercitarla 🡪 Moderatio. Lui sta
esercitando una carica pubblica e la vendetta sarebbe personale.

at ille, oblato beneficio quo nullum maius lugenti tribui poterat,


dolorem moderationi cedere coegit, carnificesque sanguinis sui
intactos e uestigio ad Cleopatram reduci iussit, dicendo
potestatem huius uindictae non suam sed senatus esse debere.
Ma quello, essendogli stato offerto un favore rispetto al quale
nessun (favore) più grande avrebbe potuto essere
offerto/concesso ad una persona in lutto (lugenti) costrinse il
dolore a cedere alla moderazione e ordinò che i carnefici del suo
sangue fossero restituiti/ricondotti subito intatti/illesi a Cleopatra
dicendo che il potere di questa vendetta doveva essere del Senato
e non suo.

- Oblato beneficio – ablativo assoluto con sfumatura concessiva


(nonostante)
- Oblato – sottolinea il suo ruolo passivo, non cerca la vendetta ma
Cleopatra gliela offre. Oblato verbo composto (ob + fero). [it. Oblazione,
offerta]
- Quo – complemento di paragone, riprende beneficio ma è esterno
all’ablativo assoluto, va messo in correlazione con maius (🡪 più grande
del quale)
- Maius – comparativo
- Lugenti – lugeo verbo (essere in lutto, piangere per il lutto), stessa radice
dell’it. Lutto.
- Coegit – cogo (costringere), idea di costrizione
- Il dolore suscita la rabbia 🡪 rabbia = vendetta 🡪 moderatio contraria alla
vendetta. Bibulo fa in modo a cedere sia il dolore.
- Moderatio vs dolor 🡪 Bibulo blocca il dolor in favore della moderatio 🡪
idea di costrizione (coegit). Fa prevalere l’interesse pubblico mortificando
il proprio dolore personale.
- Iussit – verbo iubeo (dare un ordine) emerge l’aspetto pubblico di Bibulo
- E uestigio – immediatamente, senza esitare
- Carnifices sanguinis sui – espressione molto forse con uso metaforico
(sangue dei suoi figli)
- Dicendo – gerundio ablativo
- Potestatem huius uindictae – soggetto dell’infinitiva
- Senatus – genitivo IV
- Senatus esse debere – infinitiva
- Ci potrebbe essere un intento di elevare la moderatio romana a discapito
di Cleopatra (personaggio negativo per eccellenza nella letteratura latina)

4.1.ext.1 Archita di Taranto

Primo esempio di popolazione estera (Grecia). Valerio Massimo passa a parlarci


di un esempio straniero senza introduzione à la cosa non è stranissima se si
pensa all’esempio di Bibulo, poiché l’autore “stava tentando di passare ad
esempi stranieri”, dunque quella dovrebbe valere come introduzione per Archita
di Taranto.

È un personaggio che passa alla storia soprattutto in qualità di filosofo e


matematico e vive a cavallo tra il V ed il IV secolo a.C., sembra essere nato a
Taranto intorno al 430 a.C. Passa alla storia come filosofo che segue la scuola di
Pitagora ed è proprio la sua caratura filosofica che in qualche modo viene
collegata all’esempio proposto da Valerio Massimo.
Archita di Taranto si distingue anche come generale; ciò che sappiamo di lui lo
sappiamo in maniera indiretta, poiché delle sue opere non ci è giunto
praticamente nulla se non frammenti attribuitogli da altre persone.

Tarentinus Archytas, dum se Pythagorae praeceptis Metaponti


penitus immergit, magno labore longoque tempore solidum opus
doctrinae complexus, postquam in patriam reuertit ac rura sua
reuisere coepit, animaduertit neglegentia uilici corrupta et perdita,
intuensque male meritum 'sumpsissem' inquit 'a te supplicium, nisi
tibi iratus essem': maluit enim impunitum dimitiere quam propter
iram iusto grauius punire.

Archita di Taranto, mentre si immergeva profondamente nei


precetti di Pitagora a Metaponto (Metaponti), avendo abbracciato
con grande fatica e con molto tempo (longo tempore) un solido
risultato di apprendimento, dopo che (postquam) ritornò in patria e
iniziò a visitare i suoi campi (rura sua), si accorse che si erano
rovinati ed erano andati in malora/rovina (perdita) a causa della
negligenza del fattore (neglegentia uilici) e guardando colui che gli
aveva reso questo cattivo serivio (male meritum) disse: “ti avrei
castigato se non mi fossi arrabbiato con te”: infatti (enim) preferì
lasciarlo andare impunito piuttosto che punirlo in maniera più
grave del giusto a causa della sua ira (propter iram).

- Quasi sempre la provenienza di una persona veniva indicata con un


aggettivo (Tarentinus) à messo in testa per capire immediatamente che si
tratta di un esempio straniero.
- Lo schema che segue Valerio Massimo è quello di allontanarsi
gradualmente da Roma (Archita di Taranto [Grecia], Platone, etc. etc.]
- Archita si allontana dalla patria per studiare gli insegnamenti di Pitagora
(studio matto e disperatissimo). Successivamente torna a casa, va a
vedere le sue proprietà ma si rende conto che chi doveva amministrarle
non ha fatto il suo dovere ma qui si manifesta l’esempio di moderatio à di
fronte alla negligenza di uno schiavo, il padrone avrebbe avuto tutti i diritti
di punirlo, tuttavia Archita decide di lasciarlo andare impunito. Non si
lascia dominare dalle proprie emozioni à Valerio Massimo non dubita mai
del fatto che lui possa o meno punirlo, non viene messo in dubbio l’etica
dell’ipotetica punizione dello schiavo ma viene sottolineato l’autocontrollo
di Archita.
- Dum se immergit – subordinata temporale, quando dum ha questo senso
(comunemente senso puro) prende sempre l’indicativo presente
- Labor – esprime soprattutto l’idea di fatica
- Postquam in patriam revertit – subordinata temporale
- Uilicus – fattore, colui che amministra. È uno schiavo, di norma non era
un personaggio libero colui che compiva queste azioni. Il padrone poteva
disporne a proprio piacimento.
- Corrupta et perdita (rura sua)
- Male meritum – si riferisce al vilicus à meritum è un participio perfetto del
verbo mereor, molto spesso viene organizzato come un avverbio. In
questo caso riprende l’idea di neglegentia precedente.
- « Sumpsissem a te supplicium, nisi tibi iratus essem » : periodo ipotetico.
Una è la protasi l’altra è l’apodosi à protasi: nisi [it. Se non] con
congiuntivo piuccheperfetto iratus da irascor [verbo incoativo deponente,
di solito + dativo (tibi)], apodosi: sumpsissem a te supplicium cong.
piucch. Periodo ipotetico dell’irrealtà nel passato. Ti avrei punito se non
fossi stato arrabbiato con te à è un’affermazione un po’ paradossale. In
alcun momento viene messa in dubbio la superiorità del padrone sullo
schiavo, ma lui non lo punisce perché è un filosofo e vuole evitare di farsi
domani dalle proprie emozioni dunque non lo punire “proprio perché è
arrabbiato”. Il fatto che fosse un suo diritto punire o addirittura uccidere lo
schiavo evidenzia ancor di più la moderatio di Archita.
- Maluit = voluit magis quam
- Enim – spiega l’affermazione fatta in precedente, è il solito commento
finale di Valerio Massimo
- Grauius – comparativo di maggioranza dell’avverbio (in maniera più
grave)
- Iusto – ablativo semplice (secondo termine di paragone), è l’aggettivo
iustus sostantivato
- Propter iram – l’iram è ciò che i Greci chiamavano pathos “emozione
forte”, secondo le loro teorizzazioni queste emozioni forti si
impadroniscono delle persone e ne alterano la personalità, il loro ethos. È
tutto riferito ad Archita ed al fatto che lui non voglia lasciarsi prendere
dalle proprie passioni/emozioni.

4.1.ext.2. Platone

Vive ad Atene ed è praticamente contemporaneo ad Archita di Taranto (il


rapporto tra i due non è chiarissimo).

È un allievo di Socrate (fonte principale per ricostruirne la filosofia poiché Socrate


non ha scritto nulla, la scrittura è veleno).

Anche Platone aveva un suo schiavo ed a un certo punto si trova nella


condizione di doverlo punire, ma parallelamente per evitare di esercitare una
punizione eccessiva decide di lasciare che a punire lo schiavo sia un suo amico.
Non lo punisce direttamente ma affida la punizione ad un’altra persona per
evitare di essere troppo duro a causa della sua ira. Episodio simile al precedente
à grande filosofo che limita le proprie emozioni nei confronti di uno schiavo
colpevole.

Valerio Massimo apprezza di più Platone perché secondo lui Archita è stato
troppo generoso; anche a distanza di qualche secolo, ormai nel I secolo d.C,
l’idea che un padrone possa e debba punire uno schiavo negligente rimane insita
nelle tradizioni degli Antichi.

Nimis liberalis Archytae moderatio, temperatior Platonis:

La moderazione di Archita fu eccessivamente (nimis) generosa,


quella di Platone più moderata:
Il passaggio da un esempio all’altro è offerto da un giudizio di Valerio Massimo
ed un paragone tra i due personaggi.

Abbiamo l’impiego della moderatio, ma è una moderatio nimis, va verso


l’eccesso dunque in qualche modo problematica nonostante vada apprezzata à è
eccessiva rispetto a quella di Platone.

Si tratta di una frase nominale, occorre sottintendere il verbo essere.

Abbiamo una sola volta il sostantivo moderatio che però si applica ad entrambi i
casi, nimis liberalis quella di Archita e temperatior quella di Platone.

La radice di temperatior è già stata incontrata nel caso di Quinto Scevola (p. 230)
con temperamentum à campo semantico che per certi versi è affine a quello
della moderatio.

Evidentemente i due esempi sono accostati per metterli a confronto: nel caso di
Platone, Valerio Massimo non ci dice nemmeno quale fosse la colpa dello
schiavo semplicemente ci dice che Platone si arrabbia contro lo schiavo
colpevole; le motivazioni non sono rivelanti.

In latino il concetto di schiavo si esprime il più delle volte attraverso il sostantivo


servus. Il servo non è uno schiavo in italiano, mentre in latino il servus non ha né
dignità né libertà.

nam cum aduersus delictum serui uehementius exarsisset, ueritus


ne ipse uindictae modum dispicere non posset, Speusippo amico
castigationis arbitrium mandauit, deforme sibi futurum existimans
si commisisset ut parem reprehensionem culpa serui et
animaduersio Platonis mereretur.

Infatti (ci spiega perché l’esempio di Platone è preferibile)


essendosi infuriato con eccessiva veemenza/essendo andato tutte
le furie contro la cattiva condotta di uno schiavo, temendo di non
essere in grado di discernere la misura della punizione (uindictae
modum) affidò la decisione (castigationis arbitrium) del castigo
all’amico Speusippo ritenendo (existimans) che sarebbe stato per
se stesso vergognoso (deforme) se avesse permesso che la colpa
di uno schiavo e la punizione di Platone meritassero (mereretur)
una simile critica/censura.

L’episodio ci viene raccontato in maniera molto sintetica: non sappiamo niente


della mancanza commessa dallo schiavo. Platone, resosi conto dell’influsso
dell’ira, chiede all’amico – che è anche suo nipote – di provvedere alla punizione
in modo da renderla pari alla mancanza dello schiavo.
Non viene messo in discussione il fatto che lo schiavo debba essere punito
ritiene vergognoso che questa macchia venga posta sulla propria reputazione (è
una questione personale, filosofo che si interroga riguardo all’autocontrollo)

- Nam – introduce la spiegazione della temperatio di Platone


- Delictum – unica informazione che abbiamo a proposito del
comportamento dello schiavo
- Adversus – preposizione che regge l’accusativo
- Per Valerio Massimo non sono necessari dettagli: commessa una
mancanza, lo schiavo va punito.
- Exardesco – ardere a causa dell’ira, un verbo derivato incoativo
(exarsisset)
- Uehementius – comparativo assoluto dell’avverbio (uguale al neutro
dell’aggettivo nei casi retti) idea dell’eccesso
- Ueritus – participio perfetto di uereor (verbo deponente che indica un’idea
timore [verba timendi definiti nelle grammatiche, completive che hanno un
costrutto proprio di solito con una doppia negazione ueritus ne […] non
posset])
- Modum – modus indica la misura, termine che fa parte della sfera tipica
della moderatio (stessa radice)
- Platone non si sogna nemmeno di non punire lo schiavo, il suo problema
è il modus. Il punto è l’esatto limite della pena da applicare.
- Existimans deforme sibi futurum (esse) si commisisset – ritenendo che
sarebbe stato vergognoso periodo ipotetico dipendente della possibilità
(l’apodosi è retta da existimans), deforme sibi futurum (esse) [apodosi], si
commisisset [protasi].
- Se il periodo ipotetico è indipendente l’apodosi è la principale, se è
dipendente anche l’apodosi è retta da qualcosa.
- Deforme – deformis, privo di forma la forma è la bellezza, dunque
deforme è brutto (moralmente in questo caso, vergognoso, turpe)
- Da si commisisset dipende una completiva ut mereretur – i soggetti sono
due nonostante il verbo alla terza persona singolare, culpa servi e
animadversio Platonis
- Servi e Platonis sono due genitivi soggettivi
- C’è un secondo passaggio relativo a Platone, un po’ diverso che ha come
protagonisti Platone, un suo discepolo Xenocrate ed un anonimo delatore
(una specie di spia, qualcuno che riferisce delle informazioni false a
Platone contro Xenocrate). La figura del delatore è molto attuale durante
tutto il corso del I secolo d.C (periodo in cui Valerio Massimo scrive) è
una figura molto odiata da alcuni autori, in particolare da Tacito, e
rappresenta uno dei problemi della corte imperiale. Ci riporta Platone ma
sicuramente il lettore di Valerio Massimo lo avrebbe attualizzato.

quo minus miror quod in Xenocrate discípulo suo tam constanter


moderatus fuit, audierat eum de se multa impie locutum: sine ulla
cunctatione criminationem respuit. instabat certo uoltu index,
causam quaerens cur sibi fides non haberetur: adiecit non esse
credibile ut quem tantopere amaret, ab eo inuicem non diligeretur.

Per questo sono meno sorpreso del fatto che nel caso del suo
allievo Xenocrate fu moderato in maniera così
persistente/costante. Aveva sentito che quello (eum, Xenocrate)
aveva detto molte cose nei suoi riguardi (nei riguardi di Platone) in
maniera irrispettosa: (impie) senza alcuna esitazione respinse
l’accusa (respuit criminationem). Il delatore (index) incalzava
(instabat) con un’espressione sicura del volto/faccia certa/certa
convinzione chiedendo il motivo per cui non gli veniva attribuito
credito: Platone aggiunse (adiecit) che non era credibile che lui
non fosse amato vicendevolmente (inuicem) da colui che lui
amava tanto.
- Miror – idea di stupirsi che regge una completiva introdotta dal quod,
verbi che introducono un sentimento di affetto di solito reggono le
completive col quod
- Quod moderatus fuit – completiva
- Tam constanter – fa riferimento al fatto che il delatore continua ad
insistere, ma Platone continua la sua costanza fa riferimento alla
resistenza che fa Platone rispetto alle accuse mosse dal delatore
- Locutum (esse) – aveva parlato, locuor (verbo deponente)
- Impie – avverbio che deriva da impius il contrario di pius (deriva dalla
pietas indica la devozione, secondo gli Antichi si applicava in tre sfere:
quella degli Dei, verso la patria, verso i genitori. Qui non è nessuno dei
tre casi, ma il Maestro può corrispondere ad un Padre.)
- Non sappiamo che cos’avesse detto il delatore, anche perché Valerio
Massimo è l’unico a raccontarci di quest’episodio dunque non ne si ritrova
traccia in altre fonti.
- Respuit critiminationem – rifiutò l’accusa
- Respuit – verbo originariamente molto concreto, voleva dire “sputar
fuori/via”
- Criminem – è l’accusa, non il crimine
- Parallelo a ciò che ha fatto Bibulo, senza esitazione manda indietro gli
uccisori dei figli così come Platone respuit l’accusa. Bibulo lo fa per
rispetto della carica che ricopre, mentre Platone per rispetto del proprio
discepolo tuttavia, entrambi esempi di moderatio
- Index – colui che indica, colui che punta il dito, la spia
- Quaerens causam – chiedendo il motivo
- Cur haberetur – interrogativa indiretta, cur + cong. [congiuntivo imperfetto
che indica contemporaneità rispetto ad un tempo storico] (haberetur)
- Non esse credibile ut non diligeretur – ut introduce una completiva
soggettiva (soggetto di non esse credibile)
- Costrutto tipico del latino che l’italiano non ha prolessi del relativo:
l’elemento a cui il relativo si riferisce viene dopo rispetto al relativo non
esse credibile ut quem tantopere amaret, ab eo inuicem non diligeretur.
- Ab eo – a/ab + ablativo (complemento d’agente)
- Amaret – congiuntivo imperfetto ù

È una relativa al congiuntivo:


- È una relativa impropria? prenderebbe una sfumatura di significato in
particolare
- Attrazione del congiuntivo? prenderebbe il congiuntivo per una questione
stilistica (quando la sua sovraordinato è al congiuntivo o all’infinito)
In questo caso è un’attrazione (da riferirsi a non diligeretur)
Un delatore riporta delle informazioni false a proposito di Xenocrate a Platone,
ma quest’ultimo si rifiuta di crederci. La spia si dimostra confident ma Platone
oppone resistenza.
Il delatore per essere creduto ricorre al giuramento.

postremo, cum ad ius iurandum inimicitias serentis malignitas


confugisset, ne de periurio eius disputaret, adfirmauit nunquam
Xenocratem illa dicturum fuisse, nisi ea dici expedire sibi
iudicasset.

Essendo la malignità di colui che seminava inimicizie ricorsa al


giuramento, per evitare di discutere sulla sua falsa
testimonianza/sul suo spergiuro, Platone affermò che Xenocrate
non avrebbe mai detto quelle cose a meno che (nisi) non avesse
ritenuto che fosse nel suo interesse (nell’interesse di Platone) che
esse venissero dette.

Ultimo tentativo del delatore lo spergiuro. Platone evita la discussione poiché sa


perfettamente che si tratti di un giuramento falso.
- Postremo – indica la persistenza del delatore, che alla fine viene definito
nella sua negatività
- Malignitas – viene quasi personificata la malignità
- Serentis inimicitias – colui che seminava inimicizia
- Serentis – esistono due verbi sero: un sero vuol dire “intrecciare”, mentre
l’altro vuol dire “seminare” come in questo caso
- Ius iurandum – espressione che hanno i latini per indicare il giuramento,
letteralmente “il diritto che dev’essere giurato”. Era una cosa solenne che
comprendeva anche le divinità spergiuro particolarmente grave
- Platone non vuole entrare nella questione dello spergiuro ma evita la
discussione.
- Ne disputaret – subordinata finale negativa (ut/ne + congiuntivo che
segue la consecutio temporum solo parzialmente motivi logici, un fine
non può essere anteriore, dunque segue la consecutio temporum solo
per quanto riguarda la contemporaneità)
- Expedire – può essere utilizzato in maniera impersonale e vuol dire “è
utile/giova” a qualcuno sibi (caso dativo)
- Iudicasset – congiuntivo piuccheperfetto terza persona singolare, forma
sincopata iudica(vi)sset

- Periodo ipotetico dipendente dell’irrealtà:


Numquam Xenocratem illa dicturum fuisse apodosi (retta dalla principale)
Nisi ea dici expedire sibi iudicasset protasi
Adfirmauit principale

Se fosse stato un periodo ipotetico indipendente:


numquam Xenocrates illa dixisset, nisi ea dici expedire sibi iudicasset.
Periodo ipotetico indipendente
Costituito da due elementi: protasi ed apodosi. L’apodosi è quella che equivale
alla principale, mentre la protasi è quella che vale come subordinata. A seconda
di come viene costruito il periodo ipotetico comprende tre tipi:
1. Oggettività: Protasi (indicativo: tutti i tempi), Apodosi (tutti i modi delle
proposizioni principali) si hoc dicis, erras [se dici questo, sbagli]; si hox dixisti, te
paeniteat (indicativo perfetto + congiuntivo esortativo = [se hai detto questo,
pentiti])
2. Possibilità: Protasi (congiuntivo pres/perf.), Apodosi (congiuntivo
pres/perf.) si hoc dicas, erres [se tu dicessi queste cose, sbaglieresti]; si hoc
dixeris, te puniam [se tu avessi detto queste cose, ti punerei]
3. Irrealtà: Protasi (congiuntivo imperf o piuccheperf.), Apodosi (congiuntivo
imperf o piuccheperf.) si hoc diceres, errares [se dicessi questo, sbaglieresti]; si
hoc dixisses, erravisses [se tu avessi detto questo, avresti sbagliato]

Periodo ipotetico dipendente


L’apodosi è retta da qualcosa reggendo a sua volta la protasi: si può essere di
fronte ad un’apodosi all’infinito o al congiuntivo.

1. Oggettività: Protasi (congiuntivo secondo la cons. temp), Apodosi (a.


infinito secondo la cons. temp, b. congiuntivo secondo la cons. temp.) Putabam
te, si hoc diceres, errare / erraturum esse [ritenevo che se tu dicessi queste
cose, sbagliassi/avresti sbagliato]; Non dubitabam quin, si hoc diceres, errares
[non dubitavo che tu sbagliassi se dicessi queste cose]

2. Possibilità: Protasi (congiuntivo con cons. temp), Apodosi (a. -urum esse,
b. congiuntivo secondo la cons. temp) Puto te, si hoc dicas, erraturum esse;
Putabam te, si hoc diceres, erraturum esse; Non dubitabam quin, si hoc diceres,
errares.

3. Irrealtà: Protasi (congiuntivo imperf. o piuccheperf.), Apodosi (a. -urum


fuisse, b. congiuntivo imperf/piuccherf) Puto te, si hoc diceres, erraturum fuisse;
Non dubito quin, si hoc diceres, errares.

non in corpore mortali sed in arce caelesti, et quidem armatum,


animum eius uitae stationem putes peregisse, humanorum
uitiorum incursus a se inuicta pugna repellentem, cunctosque
uirtutis numéros altitudinis suae sinu clausos custodientem.

Si potrebbe pensare (putes) che la sua anima (animum eius)


abbia trascorso il turno di guardia della vita non in un corpo
mortale ma in una rocca/cittadella celeste e per giunta armata (et
quidem armatum si riferisce all’anima animum), respingendo da
sé/allontanando da sé gli assalti dei vizi umani con una lotta
indomabile e proteggendo/custodendo tutti gli schieramenti della
virtù nel seno della sua profondità.
Qui c’è una sorta di immagine per descrivere Platone tutta costruita su un
impiego del lessico bellico.
Platone viene descritto come una sorta di fortezza impenetrabile che protegge le
virtù ed al contempo respinge le incursioni dei vitia immagine tipica nella
descrizione dei filosofi.
- Putes – congiuntivo indipendente con valore potenziale “potresti ritenere”.
L’impiego della seconda persona singolare equivale al “tu generico” il
nostro “Si impersonale”, “si potrebbe ritenere”
- Animum eius – soggetto dell’infinitiva peregisse stationem vitae
- Statio – è la posizione di guardia, o anche il turno di guardia delle
sentinelle
- Stationem agere – essere di guardia
- Stationem vitae – turno di guardia della sua vita, ha trascorso la sua vita
di guardia, in difesa dai vizi
- Inuicta pugna – battaglia indomabile
- Pugna – battaglia, bellum – guerra
- Custodientem – accoglie
- Numeros cunctosque virtutis clausos altitudinis suae sinu – i numeri sono
chiusi nella profondità del suo seno (gli schieramenti della virtù) in senso
militare numeros è sempre al plurale (numeri come schieramenti della
sua anima)
- Clausos – participio perfetto di claudo
- Conclusione finale che esalta Platone come filosofo che riesce a
contenere tutti
- gli elementi di virtù possibile difendendosi dai nemici
4.1.ext.3 DIONE DI SIRACUSA
Dione di Siracusa (410-354 a.C.), di nobile famiglia, fu collaboratore di Dionisio
I e, alla morte di questi, consigliere di suo figlio Dionisio II, che cercò di
indirizzare alla filosofia platonica. Caduto però in sospetto presso Dioniso II e
accusato di tradimento, fu costretto a fuggire da Siracusa; nel 357 tornò con le
armi nella sua città e riuscì ad occuparla, ma nel 354 rimase vittima di una
congiura.
L’episodio di moderatio riferito da Valerio Massimo si inserisce nel periodo di
esilio di Dione.

Nequaquam Platoni litterarum commendatione par Syracusanus


Dio, sed quod ad praestandam moderationem adtinuit,
uehementioris experimenti. Patria pulsus a Dionysio tyranno
Megaram petierat. Ubi cum Theodorum principem eius urbis domi
conuenire uellet neque admitteretur, multum diuque ante fores
retentus comiti suo ‘patienter hoc ferendum est’ ait: ‘forsitan enim
et nos, cum in gradu dignitatis nostrae essemus, aliquid tale
fecimus’. Qua tranquillitate consilii ipse sibi condicionem exsilii
placidiorem reddidit.

Dione di Siracusa non fu per niente pari a Platone relativamente


alla qualità letteraria, ma per quanto riguardò la dimostrazione di
moderazione, diede una prova più intransigente. Essendo stato
cacciato dalla sua patria dal tiranno Dionisio, si era recato a
Megara. Lì, volendo incontrare nella sua casa Teodoro, il
cittadino più eminente di quella città, e non essendo ammesso,
trattenuto davanti alla porta molto e a lungo, disse ad un suo
compagno: “Bisogna sopportare questo con pazienza. Forse
anch’io, quando ero nell’esercizio della mia carica, ho fatto
qualcosa di simile”. Con questa tranquillità e saggezza rese più
facile per sé stesso la condizione dell’esilio.

- nequaquam ... experimenti: frase nominale. Occorre sottintendere


due volte il verbo essere: par <fuit>; uehementioris experimenti <fuit>.
- nequaquam: avverbio (= in nessun modo, niente affatto).
- nequaquam Platoni: consueta formula di passaggio. Il confronto con
Platone è almeno in parte dovuto al fatto che i due personaggi erano
amici, al punto che Dione invitò Platone a Siracusa per occuparsi
dell’educazione di Dionisio II e, in seguito all’esilio, Platone tentò
invano di favorire il rientro di Dione a Siracusa.
- litterarum commendatione: letteralmente, “relativamente all’elogio
delle lettere”. Dione non può competere con Platone in quanto a
produzione letteraria e attività filosofica. Dal punto di vista
grammaticale, ricordare che:
o il sostantivo littera modifica il proprio significato a seconda che
venga utilizzato al singolare o al plurale (→ prima declinazione);
o commendatione è ablativo di limitazione, che precisa par.

- ad praestandam moderationem: costrutto finale con gerundivo.


- adtinuit: composto di teneo (→ apofonia latina).
- uehementioris: comparativo, con riferimento implicito a Platone.
- patria: ablativo.
- a Dionysio tyranno: si tratta di Dionisio II, figlio di Dionisio I (morto nel
367/366). Sospettando che Dione, influenzato dalla filosofia platonica,
voglia rovesciare la tirannide, cerca di arrestarlo. Dione si trova così
costretto a fuggire (366 a.C.).
- ubi: avverbio relativo di luogo. Si tratta dunque di un nesso relativo (dove
= qui).
- domi: locativo
- conuenire: incontrare.
- uellet: da uolo (→ verbi anomali)
- ante fores: da fŏris, foris, comunemente utilizzato al plurale: fores, -ium =
porta.
- et nos: plurale maiestatis
- ferendum est: perifrastica passiva. Sottintendere nobis (= plurale
maiestatis).
- qua tranquillitate consilii: letteralmente “con questa tranquillità di
saggezza”.
- qua: nesso relativo
- placidiorem: complemento predicativo del complemento oggetto.

4.1.ext.4 TRASIBULO

Trasibulo fu un uomo politico e generale ateniese, che visse a cavallo tra V e IV


secolo a.C. e, durante la sua carriera militare, ebbe modo di combattere a più
riprese contro Sparta. In seguito all’instaurazione ad Atene del regime dei Trenta
Tiranni (404 a.C.), Trasibulo si recò inizialmente in esilio a Tebe, per poi rientrare
in città a capo di un gruppo di democratici (403 a.C.), rovesciare i nemici e
partecipare alla restaurazione della democrazia. Proprio a questo evento si
collega l’episodio di moderatio ricordato da Valerio Massimo.

Thrasybulus etiam hoc loci adprehendendus est, qui populum


Atheniensem triginta tyrannorum saeuitia sedes suas relinquere
coactum, dispersamque et uagam uitam miserabiliter exigentem,
animis pariter atque armis confirmatum in patriam reduxit.
Insignem deinde restitutione libertatis uictoriam clariorem
aliquanto moderationis laude fecit: plebei enim scitum interposuit,
ne qua praeteritarum rerum mentio fieret. Haec obliuio, quam
Athenienses amnestian uocant, concussum et labentem ciuitatis
statum in pristinum habitum reuocauit.

A questo punto è necessario considerare anche Trasibulo, il quale


riportò in patria, dopo averlo rafforzato nello spirito e nelle armi, il
popolo di Atene, che era stato costretto ad abbandonare le proprie
case dalla crudeltà dei trenta tiranni e conduceva miseramente
una vita dispersa ed errabonda. Quindi rese la vittoria, (già)
insigne per la restituzione della libertà, assai più brillante per
l’elogio della moderazione: fece infatti approvare un decreto del
popolo, che venisse fatta qualsiasi menzione degli eventi passati.
Questo oblio, che gli Ateniesi chiamano “amnistia”, riportò lo stato
scosso e vacillante della città alla sua vecchia condizione.

- etiam: consueta formula di passaggio da un esempio all’altro.


- hoc loci: lett. “in questo (di) luogo”. Loci è genitivo partitivo.
- adprehendendus est: perifrastica passiva (si può sottintendere il
dativo d’agente mihi). Il periodo è articolato nel modo che segue:
(principale) Thrasybulus ... adprehendendus est → (sub. relativa) qui ...
reduxit populum Atheniensem coactum

... exigentem ... confirmatum.


- triginta tyrannorum saeuitia: si tratta di un’oligarchia filo-spartana,
che venne installata ad Atene in seguito alla capitolazione della città al
termine della Guerra del Peloponneso (404 a.C.). Durante il loro
dominio, i “trenta tiranni” si distinsero per un’azione violenta contro i
democratici, che vennero in parte messi a morte ed in parte esiliati.
- saeuitia: saeuitiā. Questo termine (= ferocia) è utilizzato da Valerio
Massimo, nel libro IX, come sostanziale sinonimo del uitium della
crudelitas (di cui pone in evidenza il tratto quasi animalesco: si tratta di
una crudeltà disumana, paragonabile a quella di un animale feroce).
- coactum: da cōgo, cōgis, coegi, coactum, cōgĕre.
- deinde: per la corretta pronuncia, si veda Propedeutica al latino
universitario, p. 95 n. 4.
- clariorem: predicativo dell’oggetto, rafforzato dall’avverbio aliquanto.
- moderationis laude: la moderazione di Trasibulo si manifesta nel
momento della vittoria: invece di procedere alla vendetta nei confronti
della parte avversaria, come certamente avrebbe potuto, egli mantiene
un atteggiamento moderato e consegue che anche il popolo faccia
altrettanto.
- plebei scitum: il plebiscito (plēbiscītum) era una decisione assunta dal
popolo riunito in assemblea, su proposta dei tribuni della plebe.

o plebei: si tratta del genitivo della forma arcaica plēbes, plebĕi


(in luogo del più comune plebs, plebis).

- ne ... fieret: si tratta di una completiva epesegetica, che espone il


contenuto del plebiscito.

o Secondo la versione degli eventi seguita da Valerio Massimo,


Trasibulo fece approvare un decreto ufficiale, finalizzato a
“cancellare dalla memoria” gli eventi negativi verificatisi
durante il periodo dei Trenta Tiranni. Si tratta di un primo
passo verso la riconciliazione del corpo civico ateniese, volto
ad evitare vendette e ritorsioni. Altre fonti attribuiscono
tuttavia il merito di tale riconciliazione al re spartano
Pausania.

- qua: aggettivo indefinito della possibilità (→ pronomi indefiniti: cfr.


Propedeutica al latino universitario, pp. 205 sgg.), concordato con
mentio.
- amnestian: si tratta della trascrizione latina, attestata qui per la pria
volta, del termine greco ἀμνηστία, che corrisponde perfettamente al
latino obliuio (in senso tecnico = cancellazione dalla memoria delle
offese passate).

4.1.ext.5 STASIPPO

Stasippo (IV secolo a.C.) è un personaggio di cui conosciamo molto poco.


Intorno al 370 a.C. egli fu il capo della fazione filo-spartana di Tegea (antica e
potente città dell’Arcadia) e si oppose all’adesione, promossa dalle forze
antispartane di Tegea, a una lega pan-arcadica. Dopo un iniziale successo,
Stasippo non fece perseguire i suoi avversari; in seguito all’intervento dei
Mantinesi, lui e i suoi sostenitori furono quindi sopraffatti, catturati e giustiziati.

L’aneddoto riferito da Valerio Massimo, non attestato in altre fonti, sembra


riferirsi proprio alle lotte intestine tra filo-spartani e anti-spartani che
condurranno alla morte di Stasippo.

Non minoris admirationis illud. Stasippus Tegeates, hortantibus


amicis ut grauem in administratione rei publicae aemulum, sed
alioqui probum et ornatum uirum, qualibet ratione uel tolleret uel
summoueret, negauit se facturum ne quem in tutela patriae bonus
ciuis locum obtineret, malus et improbus occuparet, seque potius
uehementer aduersario urgueri quam patriam egregio aduocato
carere praeoptauit.

Il seguente <esempio> non è degno di minore ammirazione.


Stasippo di Tegea, esortando i suoi amici a eliminare o rimuovere
in qualsiasi modo un rivale fastidioso nell’amministrazione dello
stato, ma per il resto uomo onesto e distinto, negò che avrebbe
fatto questo, per evitare che una persona malvagia e disonesta
occupasse il posto che, nella tutela della patria, era tenuto da un
buon cittadino, e preferì che lui stesso fosse messo sotto
pressione con forza <da> un avversario piuttosto che la patria
fosse priva di un valido difensore.

- minoris admirationis: genitivo di qualità.


- illud: si riferisce all’episodio che segue.
- hortantibus amicis: ablativo assoluto, che regge la completiva volitiva ut
... uel tolleret uel submoueret.
- aemulum: “rivale”, “competitore”: ti tratta di un avversario politico di
Stasippo, forse da identificare con l’anti-spartano Callibio.

o Da notare che in administratione rei publicae si trova in


posizione attributiva, tra aggettivo e sostantivo.

- facturum: sottintendere esse e id (= togliere di mezzo l’avversario


politico).

o Proprio qui risiede la moderatio di Stasippo, che –


probabilmente in un contesto di guerra civile – si rifiuta di
mettere a morte il suo avversario, che si era
precedentemente dimostrato un buon cittadino (probum et
ornatum uirum), per soddisfare il proprio interesse personale.

- quem: prolessi del relativo. Costruire così: negauit se facturum <id


esse>, ne malus et improbus <ciuis> occuparet <eum> locum quem in
tutela patriae bonus ciuis obtineret. La relativa quem ... obtineret ha il
congiuntivo per la cosiddetta attrazione modale.
- potius: da leggere e tradurre in correlazione con quam e praeoptauit.
- <ab>: integrazione di K. Halm. La presenza di ab risulta necessaria per
esprimere il complemento d’agente.

4.1.ext.6 PITTACO DI MITILENE

Tradizionalmente annoverato tra i “sette sapienti” dell’antica Grecia, Pittaco fu un


aristocratico di Mitilene, vissuto probabilmente tra il 640 e il 570 a.C. In un primo
momento egli lottò contro i tiranni Melancro e Mirsilo, ma successivamente si
alleò con quest’ultimo, suscitando l’ira del poeta Alceo. Dopo che Alceo e i suoi
compagni vennero esiliati, in seguito ai disordini verificatisi dopo la morte di
Mirsilo, Pittaco fu nominato “esimneta” (aisymnetes), vale a dire dittatore
“costituzionale”, al fine di gestire la difficile situazione.

L’episodio raccontato da Valerio Massimo, non del tutto chiaro e privo di


attestazioni nelle fonti parallele, si riferisce al periodo in cui Pittaco riveste la
carica di esimneta (tyrannidem a ciuibus delatam adeptus): la moderazione
si manifesta proprio nei confronti di Alceo, nei confronti del quale Pittaco
decide di non mettere in pratica una facile vendetta.

Pittaci quoque moderatione pectus instructum. Qui Alcaeum


poetam et amaritudine odii et uiribus ingenii aduersus se
pertinacissime usum, tyrannidem a ciuibus delatam adeptus,
tantummodo quid in eo opprimendo posset admonuit.

Anche l’animo di Pittaco fu dotato di moderazione. Egli, dopo aver


ottenuto la carica di tiranno offertagli dai suoi concittadini, si limitò
a ricordare al poeta Alceo, che aveva esercitato contro di lui con
grandissima tenacia sia l’acredine del suo odio che le risorse del
suo genio, quale fosse il suo potere di oppressione nei confronti di
quello.

- instructum: sottintendere fuit.


- qui: nesso relativo.
- et ... et: correlazione.
- aduersus se: il pronome riflessivo si riferisce al soggetto della principale,
vale a dire Pittaco.
- usum: da utor, concordato con Alcaeum poetam. Il participio regge i due
ablativi amaritudine e uiribus (→ sintassi dei casi: ablativo). Letteralmente:
“che si era servito con grandissima tenacia contro di lui sia dell’acredine del suo
odio che delle risorse del suo genio”.
- tyrannidem: non si tratta qui della “tirannide” nel senso tradizionale (e
negativo) del termine, quanto piuttosto di una forma di potere assoluto,
affidata spontaneamente dal popolo ad un individuo (αἰσυμνήτης =
aisymnétes, secondo la terminologia di Aristotele), in momenti di
particolare agitazione politica.

o Nel nostro caso, alla morte di Mirsilo (un tiranno nel senso
tradizionale del termine), Pittaco viene scelto dall’assemblea
di Mitilene per gestire una situazione di lotte e violenze e
mantiene il potere per un periodo di dieci anni.

- a ciuibus: complemento d’agente, da interpretare in relazione con


delatam (da defero).
- adeptus: da adipiscor.
- tantummodo ... admonuit: la parte conclusiva del periodo non è del tutto
chiara e potrebbe essere affetta da qualche problema di tradizione. Il
testo stampato da Briscoe va interpretato così: qui (Pittaco) tantummodo
admonuit (ammonì, ricordò solamente = si limitò a ricordare) Alcaeum
quid posset (che cosa potesse = quale fosse il suo potere) in eo
opprimendo. In particolare: (a) admoneo regge l’accusativo della persona
(= ammonire qualcuno, ricordare a qualcuno) ed è spesso completato da
un’interrogativa indiretta; (b) quid posset è una subordinata interrogativa
indiretta; (c) in eo opprimendo è un gerundivo (da opprĭmo → apofonia
latina).

o L’episodio è presentato in maniera molto sintetica. Si può


immaginare che Alceo sia stato condotto al cospetto di
Pittaco, che si sarebbe limitato a ricordargli il proprio potere di
punizione, senza tuttavia esercitarlo. Proprio qui si evidenzia
la moderatio del personaggio, che si dimostra perfettamente
capace di controllare le proprie emozioni (autocontrollo),
rinunciando ad una facile vendetta.

4.1.ext.7 I SETTE SAPIENTI


I sette sapienti (οἱ ἑπτά σοφοί) sono un gruppo di individui, vissuti in Grecia tra
la fine del VII e l’inizio del VI secolo a.C., che vennero successivamente
considerati come modelli di saggezza pratica e ai quali venne ricondotta la
formulazione di “sentenze” e “massime” che rappresentano la base della
sensibilità culturale greca. L’elenco più antico è quello fornito da Platone
(Protagora 343 A), che annovera tra i sette sapienti Talete di Mileto, Pittaco di
Mitilene, Biante di Priene, Solone di Atene, Cleobulo di Lindo, Misone Cheneo
e Chilone di Sparta; tuttavia, le fonti successive propongono spesso elenchi
leggermente modificati.

Huius uiri mentio subicit ut de septem sapientium moderatione


referam. A piscatoribus in Milesia regione euerriculum trahentibus
quidam iactum emerat. Extracta deinde magni ponderis aurea
Delphica mensa, orta controuersia est, illis piscium se capturam
uendidisse adfirmantibus, hoc fortunam iactus emisse dicente.
Qua cognitione propter nouitatem rei et magnitudinem pecuniae
ad uniuersum ciuitatis eius populum delata placuit Apollinem
Delphicum consuli cuinam adiudicari mensa deberet. Deus
respondit illi esse dandam, qui sapientia ceteros praestaret, his
uerbis:

Τίς σοφίᾳ πρῶτος πάντων; Τουτῳ τρίποδ’ αὐδῶ.

Tum Milesii † so † Thaleti mensam dederunt. Ille cessit ea Bianti,


Bias Pittaco, is protinus alii, deincepsque per omnium septem
sapientium orbem ad ultimum ad Solonem peruenit, qui et titulum
amplissimae prudentiae et praemium ad ipsum Apollinem
transtulit

La menzione di questo uomo suggerisce che io parli della


moderazione dei sette sapienti. Un tale aveva comprato il
contenuto di una retata da dei pescatori che trascinavano la rete
(= pescavano a strascico) nella regione di Mileto. Essendo stato
estratto da lì un tripode d’oro di grande peso, ne nacque una
disputa, dal momento che quelli sostenevano di aver venduto la
quantità dei pesci catturati, mentre quello diceva di aver comprato
l’eventuale contenuto della retata. Dal momento che, a causa della
novità della questione e della somma di denaro, questa
controversia fu portata davanti a tutto il popolo di quella città, si
decise di chiedere ad Apollo di Delfi a chi dovesse essere
assegnato il tripode. Il dio rispose che doveva essere dato a colui
che superava tutti gli altri in saggezza, con le seguenti parole:

Chi è il primo di tutti in saggezza? A costui assegno il tripode.

Allora i Milesi ... diedero il tripode a Talete. Questi lo cedette a


Biante, Biante a Pittaco, Pittaco poi a un altro, e quindi
attraverso il giro di tutti i Sette Sapienti alla fine esso arrivò a
Solone, che trasferì il titolo di massima saggezza e il premio ad
Apollo stesso.

- huius viri: Pittaco, che fa parte del gruppo tradizionale dei sette
sapienti e serve dunque a Valerio Massimo come collegamento tra i
due paragrafi.
- ut ... referam: subordinata completiva.
- septem: aggettivo numerale indeclinabile.
- euerriculum: la rete da pesca. Si tratta della pesca con la sciabica,
una tecnica di pesca a strascico (per questo è utilizzato il verbo traho =
trascinare).
- iactum: da iactŭs, iactūs = retata, ciò che si può pescare con una
gettata della rete da pesca. L’anonimo compratore acquista il bottino di
pesca prima che questo sia effettivamente catturato: tra acquirente e
pescatori viene pattuito un prezzo a priori, che dunque non può tenere
conto dell’effettiva quantità del pescato.
o Il passaggio è di difficile traduzione, perché proprio
sull’ambiguità del significato di iactus (tutto ciò che è
contenuto nella rete vs. tutti i pesci contenuti nella rete) e
sugli esatti termini del “contratto” tra pescatori e acquirente si
accende la disputa.

- quidam: pronome indefinito, che individua ma non specifica (→ indefiniti: cfr.


Propedeutica al latino universitario, pp. 205-208).
- extracta ... mensa: ablativo assoluto. Il verbo extrahere riprende
trahentibus: si allude nuovamente alla pesca a strascico tramite
sciabica.
- Delphica mensa: la “mensa di Delfi” (ma è attestato anche il sostantivo
Delphica) è un tavolino a tre piedi, simile al tripode di Apollo conservato
nel tempio di Delfi.
- magni ponderis aurea: di oro massiccio.
- orta ... est: da orior.
- illis ... adfirmantibus ... hoc ... dicente: si tratta di due ablativi
assoluti. Come di consueto, ille indica l’elemento più lontano (i
pescatori), hic quello più vicino (quidam = l’anonimo compratore).
- piscium ... capturam: i pesci effettivamente catturati (lett. la cattura, il
bottino dei pesci).
- fortunam iactus: il bottino fortuito della retata, il contenuto accidentale
della retata (iactūs). L’acquirente ha pagato in anticipo, prendendo un
rischio: ora esige tutto ciò che è stato catturato dalla rete.
- emisse: sottintendere se come soggetto dell’infinitiva.
- cognitione: il termine cognitio può essere utilizzato come qui, in senso
tecnico, per indicare un’inchiesta o un processo privato. In questo caso,
secondo la versione riportata da Valerio Massimo, la questione viene
sottoposta al giudizio di tutta la popolazione di Mileto (ad uniuersum
ciuitatis eius populum delata).

o qua cognitione delata: un ablativo assoluto.

o qua: nesso relativo.

- propter nouitatem ... et magnitudinem: propter + accusativo =


complemento di causa.
- placuit: letteralmente “piacque”. Questo verbo è tuttavia utilizzato, di
norma, ad indicare una decisione o deliberazione (= si decise di).
- cuinam ... deberet: interrogativa indiretta. Cuinam è dativo di
quisnam, quidnam (= chi mai).
- esse dandam: perifrastica passiva. Illi è qui dativo di termine; occorre
sottintendere il soggetto dell’infinitiva (eam = mensam).
- sapientia: sapientiā. Si tratta di un ablativo di limitazione.
- † so †: problema testuale: non tradurre.
- ea: il verbo cedo è qui costruito con il dativo della persona (Bianti) e
l’ablativo della cosa (eā), nel senso di “rinunciare a qualcosa in favore
di qualcuno, cedere qualcosa a qualcuno).
- alii: dativo di alius (→ declinazione pronominale).
- peruenit: peruēnit (→ formazione del perfetto). Il soggetto sottinteso è
mensa.
- qui et titulum ... et praemium: correlazione.
- ad ipsum Apollinem transtulit: i sette sapienti dimostrano la loro
moderazione, rifiutando il premio e riconoscendo il primato di Apollo.

4.1.ext.8 TEOPOMPO

Teopompo, membro della casa degli Euripontidi, fu re di Sparta nella seconda


metà del secolo VIII a.C. Le poche informazioni tramandate a proposito della sua
figura sono sostanzialmente di due tipi: (a) in qualità di re, Teopompo prese parte
a numerose guerre (prima guerra messenica, guerre contro Argo per la Tireatide,
contro gli Arcadi); (b) nell’esercizio della sua carica si rese protagonista di alcune
riforme costituzionali, tra cui l’introduzione dell’eforato.

L’esempio ricordato da Valerio Massimo, che lo ricava con ogni probabilità da


Cicerone (rep. 2.58), si riferisce a questo secondo aspetto dell’attività di
Teopompo, che avrebbe limitato il potere regio (dunque, il suo potere
personale e quello dei suoi discendenti) attraverso l’istituzione della figura degli
efori. Al di là dell’effettiva veridicità storica di questa attribuzione, su cui le fonti
antiche non sono peraltro concordi (altri autori riconducono l’introduzione
dell’eforato a Licurgo), risulta evidente come questo paragrafo rappresenti, per
così dire, il contraltare “straniero” dei primi paragrafi del libro IV (si veda in
particolare il caso di Publicola), in cui parimenti viene discussa a più riprese la
problematica della suddivisione e del bilanciamento dei poteri a Roma nella
prima età repubblicana.

Atque ut Theopompo quoque Spartanorum regi moderationis


testimonium reddamus, cum primus instituisset ut ephori
Lacedaemone crearentur, ita regiae potestati oppositi
quemadmodum Romae consulari imperio tribuni plebissunt obiecti,
atque illi cum uxor dixisset id egisse illum ut filiis minorem
potestatem relinqueret, ‘relinquam’ inquit, ‘sed diuturniorem’.
Optime quidem: ea enim demum tuta est potentia quae uiribus
suis modum inponit. Igitur Theopompus regnum legitimis uinculis
constringendo, quo longius a licentia retraxit, hoc ad
beniuolentiam ciuium propius admouit.

E, per dare una testimonianza di moderazione anche a


Teopompo, re degli Spartani: avendo egli istituto per primo che
venissero creati gli efori a Lacedemone, opposti al potere regale
così come a Roma i tribuni della plebe furono contrapposti
all’autorità consolare; avendogli detto sua moglie che aveva fatto
in modo di lasciare meno potere ai figli, rispose: “è vero, lascerò
(un potere minore), ma più duraturo”. Davvero a ragione: infatti è
veramente sicuro (solo) un potere che impone limiti alle proprie
forze. Quindi Teopompo, confinando il potere regale con dei
vincoli di legge, quanto più lo allontanò dalla licenza, tanto più lo
avvicinò alla benevolenza dei cittadini.

- quoque: consueto elemento di transizione da un exemplum all’altro.


- primus: predicativo.
- ephori: nell’antica Sparta, gli efori (gr. ἔϕορος; lat. ephŏrus) erano cinque
magistrati annuali elettivi, a cui erano affidati compiti di polizia e di
vigilanza sulla vita pubblica e privata dei cittadini. Il loro potere divenne
progressivamente più forte, al punto da consentire loro di contrastare,
talora con successo, quello del re.
- Lacedaemone: Sparta.
- ita (oppositi) ... quemadmodum (obiecti): correlazione.
- consulari imperio ... tribuni plebis: Valerio Massimo istituisce qui un
esplicito parallelo tra l’ordinamento politico romano (dove il potere dei
consoli trova un limite nei tribuni della plebe) e il sistema spartano, così
come esso viene ridisegnato da Teopompo. In effetti, gli efori – così come
i tribuni della plebe – erano comunemente percepiti come dei
rappresentanti del popolo, la cui funzione principale era quella di limitare
il potere del re.
- id egisse illum: illum è soggetto di egisse, mentre id è il suo
complemento oggetto (prolettico rispetto alla completiva volitiva ut ...
relinqueret).
- relinquam: in latino, per rispondere affermativamente ad una domanda,
spesso viene ripetuto il verbo della domanda stessa. Per comprendere la
struttura, occorre esplicitare gli elementi sottintesi: relinquam
<potestatem minorem>, sed diuturniorem.
- optime quidem: Valerio Massimo esprime qui il suo giudizio di totale
approvazione. La cosa non sorprende, visto che Teopompo si è meritato
un posto in questa “galleria” di esempi proprio in virtù della sua
moderazione.
- tuta: sicura. L’aggettivo può essere inteso dal punto di vista del sovrano
(= esente da pericoli), oppure da quello dei sudditi (= affidabile, di cui ci si
può fidare). I due aspetti sono complementari: in effetti, se da un lato
Teopompo si propone di rendere la monarchia più duratura
(diuturniorem), Valerio Massimo sottolineerà come la riduzione del potere
abbia come effetto quello di accrescere la beniuolentia dei cittadini.
- modum: sostantivo incontrato più volte, che fa parte integrante del
lessico della moderatio
- igitur: introduce l’osservazione conclusiva di Teopompo.
- quo longius ... hoc propius: correlazione. Longius e proprius sono
comparativi dell’avverbio.
- retraxit ... admouit: hanno come complemento oggetto regnum
(ricavabile da quanto precede)
- admouit: admōuit (→ formazione del perfetto).
- licentia: sostantivo connotato in senso fortemente negativo, in qualche
modo contrapposto a modus: indica un eccesso di arbitrio o di libertà, che
Teopompo limita attraverso le leggi (legitimis uinculis).
- ciuium: genitivo soggettivo.

4.1.ext.9 Antioco
Il protagonista dell’ultimo esempio di moderatio è Antioco III il Grande (242-186
a.C.), che fu re di Siria a cavallo tra III e secondo II secolo a.C. Antioco salì al
trono nel 223 e, nella prima fase del suo regno, ottenne significativi successi
militari (restaurò l’integrità del regno; riprese il controllo di Battriana e Partia;
conquistò Armenia e Celesiria). Egli assurse quindi a difensore della libertà dei
Greci, ma venne infine sconfitto dai Romani e dovette accettare dure
condizioni di pace (si tratta della cosiddetta “pace di Apamea”: 188 a.C.).
L’esempio riferito da Valerio Massimo riguarda il periodo successivo alla pace
di Apamea. La fonte è Cicerone (Deiot. 36: Etenim si Antiochus, Magnus ille,
rex Asiae, cum, postea quam a L. Scipione devictus est, Tauro tenus regnare
iussus esset, omnemque hanc Asiam, quae est nunc nostra provincia,
amisisset, dicere est solitus benigne sibi a populo Romano esse factum, quod
nimis magna procuratione liberatus modicis regni terminis uteretur, potest
multo facilius se Deiotarus consolari: ille enim furoris multam sustulerat, hic
erroris). Come in altri casi, Valerio Massimo riprende quasi alla lettera il testo
della sua fonte, senza tuttavia dichiararne la provenienza.

Antiochus autem, a L. Scipione ultra Taurum montem imperii


finibus summotis, cum Asiam prouinciam uicinasque ei gentes
amisisset, gratias agere populo Romano non dissimulanter tulit,
quod nimis magna procuratione liberatus modicis regni terminis
uteretur. Et sane nihil est tam praeclarum aut tam magnificum
quod non moderatione temperari desideret.

Antioco poi, essendo stati spostati da Lucio Scipione i confini del


suo impero oltre il monte Tauro, pur avendo perso la provincia
d’Asia e le nazioni ad essa vicine, proclamò apertamente di
essere grato verso il popolo romano per il fatto che, essendo
stato liberato da una responsabilità amministrativa troppo
grande, governava un regno di dimensioni moderate. Certo, non
vi è nulla di così splendido e magnifico da non avere bisogno di
essere temperato dalla moderazione.

- autem: consueta formula di passaggio tra un esempio e il successivo.


- a L. Scipione: si tratta di Lucio Cornelio Scipione, console nel 190 a.C.,
che insieme al fratello maggiore (Scipione Africano) e con il supporto di
Eumene II, re di Pergamo, sconfisse Antioco presso Magnesia (Lidia). In
seguito al trionfo riportato grazie alla vittoria su Antioco, ricevette il
soprannome (agnomen) di Asiaticus.
- finibus summotis: ablativo assoluto
- ultra Taurum montem: catena montuosa situata nell’odierna Turchia; di
fatto, i Seleucidi perdono il controllo di tutti i loro possedimenti in Asia
minore.
o Si tratta di una delle condizioni della pace di Apamea,
unitamente al pagamento di un’indennità in denaro, alla
spedizione di venti ostaggi (tra cui

il figlio) a Roma, alla cessione della maggior parte della sua flotta e
dei suoi elefanti da guerra.

- cum ... amisisset: si può conferire valore concessivo.


- Asiam prouinciam: complemento di denominazione.
- non dissimulanter: litote: in maniera non dissimulata = apertamente.
- populo Romano: dativo, in dipendenza da gratias agere (= rendere
grazie al popolo romano).
- quod ... uteretur: causale soggettiva (con il congiuntivo). La subordinata
esprime il pensiero di Antioco.
- nimis: avverbio, che rafforza il successivo magna. Nimis veicola l’idea di
eccesso, contrario e incompatibile rispetto alla moderatio.
- procuratione: governo, amministrazione.
- modicis regni terminis: ablativo, retto da uteretur.
- et sane ... desideret: Valerio Massimo conclude il paragrafo (e il capitolo
dedicato alla moderatio) con una sententia moralizzante, che può essere
intesa sia in relazione al singolo episodio che, più in generale, alla virtù
della moderatio.
- quod ... desideret: si tratta di una relativa impropria, con valore
consecutivo (il duplice tam è elemento prolettico). Letteralmente: “così
splendido e magnifico che non abbia bisogno di...”.

Il lessico della moderatio


Moderatio / moderatus (agg) / moderate (avv) / modus (il limite, la giusta misura)
Saluberrima pars animi / saluber consilium la parte più curativa dell’anima /
decisione saluber
Uitia che si contrappongono alla moderatio:
1. Impotentia > ira / iratus (trattato nel capitolo V del libro IX) non saper
controllare il proprio potere si concretizza nella violenza. Publicola ad esempio fa
l’esatto contrario perché ha saputo usare la moderatio
2. Temeritas (mancanza di utilizzo della razionalità che porta a decisioni
avventate e quindi disastrose, trattato nel capitolo VIII del capitolo IX)
Cunctatio [esitazione, evita la temeritas] (vs. festinatio [eccesso di fretta]
praepropera) / tranquillitas presente nell’esempio di Dione di Siracusa
Se ipsum superare [superare il proprio istinto] / intra se continere [riuscere a
contenere qcs dentro di sé] moderatio come forza di autocontrolla
Uerecundia (all’origine dell’it. vergogna, ma ha in sé qualcosa di positivo perché
aiuta a contenere. La uerecundia per gli Antichi era soprattutto una virtù
femminile ma da Valerio Massimo viene associata alla moderatio)
Prudenter (avv., indica la contrapposizione rispetto alla festinate, la fretta ed alla
temeritas)
Temperamentum animi / temperatus (agg) / medius uersari punto di mezzo tra
due estremi, il tiepido. Espresso anche attraverso medius (trovare il giusto
mezzo la mediocritas di fatto per gli Antichi è un valore, corrisponde al
temperamentum)
E uestigio (Bibulo) / sine ulla cunctatione (Platone) – la moderatio viene usata
senza esitazione, è un valore che non traballa neanche di fronte a situazioni
estreme
Constanter (Platone) – valore che deve esercitarsi in maniera costante
Questi sono alcuni degli elementi che si ricollegano al valore della moderatio,
che ha una valenza pubblica e sociale ma anche privata e personale. Tutti
volevano questo valore anche sotto Tiberio, lo stesso teneva molto ad esibire la
propria moderatio ma storici successivi (cfr Tacito) ci diranno che si trattava di
una falsa moderatio.

ISTITUZIONI DI LINGUA

1. ALFABETO

•Alfabeto calcidico di Cuma, attraverso la mediazione etrusca


•21 lettere, poi divenute 23:
•Le lettere Y e Z vennero introdotte nel I secolo a.C. per riprodurre suoni greci
•V e u indicano lo stesso suono
•J e V lettere “ramiste”

•Non esiste una pronuncia del latino (25 secoli di storia!)


•Due possibilità:
1.pronuncia classica (come parlava il ceto colto della città di Roma durante il I
secolo a.C.)
2.pronuncia scolastica (tardoantica e cristiana: dal II d.C.)
LE VOCALI
•In base alla qualità del suono, distinguiamo 5 vocali (a, e, i, o, u)
•Il loro numero “raddoppia” se prendiamo in considerazione la durata (quantità)
dell’emissione di voce
•Durata (aspetto oggettivo: tutti i suoni hanno una durata), quantità (aspetto
soggettivo: percepita come distintiva).
•La quantità di una vocale può essere lunga (-) o breve (˘)
•Tutte le vocali possono essere lunghe o brevi:

•5 grafemi, 10 fonemi (= elemento fonico distintivo che produce diversità di


parola e quindi di significato)
•a differenza di quantità corrisponde differenza di significato:
•Forme omografe (uguali per grafia), non omofone (uguali per suono) e che
quindi presentano diversità di fonemi hanno diversi significati:
LA SILLABA
•è la più piccola unità linguistica dotata di autonomia
•si compone di uno o più fonemi;
–un fonema base (vocale)
–uno o più fonemi che possono aprire e/o chiudere la sillaba (consonanti)

Sillabe aperte e sillabe chiuse

•sono definite aperte le sillabe che terminano in vocale (ma-nus)


•sono definite chiuse le sillabe che terminano in consonante (vin-co, poe-na)
•le sillabe chiuse sono sempre lunghe, le sillabe aperte possono essere
lunghe o brevi, a seconda della quantità della loro vocale

DIVISIONE IN SILLABE
•2 consonanti consecutive si dividono sempre [vir-tus, sum-mus]
•anche quando ricorre la cosiddetta s ‘impura’ [ma-gis-ter]
•anche quando ricorrono sc e gn [dis-ce-re; mag-nus]
•consonanti composte [x, z]: dividerle [exitus > ec-si-tus; gaza > gad-sa];
•unica eccezione: muta cum liquida [momentanea (p,b,c,g,d,t) seguita da
liquida (l,r,)] > normalmente le due consonanti formano un unico nesso (te-ne-
brae; pa-trem) [ma non sempre!!!]
•H va sempre ignorata
•qu e NASALE+gu+VOCALE fanno sillaba con la vocale che segue [a-qua; e-
quus; an-guis] (per il resto, il gruppo gu va trattato normalmente: ar-gu-o; am-bi-
gu-i-tas; ec-si-gu-i-tas).
•i/u + vocale non fanno dittongo, ma si dividono in 2 sillabe (pa-tri-a; am-bi-gu-i-
tas).
•i/u semivocali sono da considerarsi come consonanti (ma-io-res; iu-ven-tus)
•Importanza di una corretta divisione in sillabe: per l’accentazione e per
riuscire nella lettura metrica (basata sulla quantità delle sillabe).

Le leggi dell’accento
1.L’accento non risale oltre la terzultima (legge del trisillabismo)
2.L'accento non cade sull’ultima (legge della baritonesi). L’unica eccezione è
costituita dalle cosiddette ossitonie secondarie
3.Nelle parole composte da più di 2 sillabe (legge della penultima):
•se la penultima sillaba è lunga, l'accento cade sulla penultima
•se la penultima è breve, l'accento cade sulla terzultima.

CIR – CUM – DӖ – DIT


4 – 3 – 2 – 1

•L’accento cade solo sulla penultima o terzultima


•Quindi per la legge della penultima si avrà: derí-dĕ-o; per-táe-sum; ho-nés-tus

Quantità della penultima


1.Tenere conto della distinzione tra sillabe aperte e chiuse
2.Una sillaba aperta seguita da vocale è breve (vocalis ante vocalem brevis est)
- Es. con-si-li-um, au-re-us [ma confío, illíus]
3.Nei mutamenti vocalici dovuti all'apofonia latina,
(a) la -i- è breve se subentra ad -a-, oppure ad -e- (cóncido [cadere] da
con+cado [crollare a terra])
(b) la -i- è lunga se subentra ad un dittongo - es concído [fare a pezzi] da
con+caedo [tagliare])
4.Sono brevi -e- che diviene > -ie- italiano (cf. lĕvis > lieve) e -o- che diviene > -
uo- italiano (rémovet [da re+movet], ital. rimuove)
5.In mancanza di indizi, rivolgersi al vocabolario

Casi particolari
1.ossitonie secondarie: – parole originariamente accentate sulla penultima,
divenute tronche per apocope o sincope (es. illíc <illíce; Arpinás < Arpinátis) –
calefís, calefít mantiene l’accento del semplice fis, fit perché giustapposto, non
vero composto
2.enclisi: – le enclitiche non seguono la legge della penultima, ma accentate sulla
sillaba che le precede (Es. -que, –ve, –ne, –nam, –ce, –met ...: v. ad es.
Armăque
3.epectasi: – Es. útinam, ítaque sono divenute autonome e seguono le regole
normali dell’accento.
2. APOFONIA E ALTRI FENOMENI FONETICI

È un cambiamento del timbro vocalico che può riguardare:

- la quantità delle vocali:


—> venit (breve) egli viene / venit (lunga) egli venne (indoeuropea)

- La qualità delle vocali:


—> facit (breve) egli fa / fecit (e lunga) egli fece (indoeuropea)
—> facio / perficio (latina)

Apofonia latina: mutamento vocalico che si verifica quando una sillaba iniziale o
finale di parola, con vocale breve, viene a trovarsi in sillaba interna per
declinazione o composizione.

făcio > con-fĭcio


mĕdius > di-mĭdius
equĕs > equĭtis
capŭt > capĭtis
legĕ > legĭte

Milet+is= mili+ tis

È una tendenza che incide solo sul piano fonetico e ha operato in età prelettaria,
prima del III secolo a.C.). Secondo una teoria il latino arcaico era caratterizzato
da un accento protosillabico (sempre sulla prima sillaba).

Eccezioni:

1. Termini di formazione più recente quando l’apofonia non è più attiva


2. Giustapposti e non composti (prima parte avverbiale e non preposizione):

per-ăgo
bene-facio
cale-facio

ESITI
1. Vocale breve in sillaba aperta (-a/-e > -i-, più raramente -u-). C’è
indebolimento totale
2. Vocale breve in sillaba chiusa (a/e > e. L’evoluzione in -i- è ostacolato
dalla consonante di chiusura)
*il dittongo si comporta come sillaba chiusa

Apofonia indoeuropea: incide sul piano fonetico e semantico. Variazione nella


radice che comporta una cambiamento nella funzione /(verbo/sostantivo) e di
significato (presente/perfetto). È ridotta.

Le alternanze possono essere di tipo:


- qualitativo (timbro medio e vs. Timbro forte o)
- Quantitativo (grado normale vs allungato, con una terza possibilità di
grado ridotto o zero, che indica la scomparsa della vocale)

In greco si sono conservate serie triadiche (e/o/zero) del tipo: λείπ-ω, λε-λοιπ-α,
ἔ-λιπ-ον / γεν-ος, γε-γον-α, γι-γνο-μαι

•In latino è un fenomeno residuale. Si vedano gli esempi:


1. ĕ/ŏ tĕgo copro / tŏga toga
2. ĕ-zero gĕn-ui generai / gi-gn-o genero
3. ĕ/ē vĕnio vengo / vēni venni
4. ă/ē făcio faccio / fēci feci

3. APOCOPE

È la caduta di un suono finale (per lo più breve) di parola:

dic < dicĕ = di’


fac < facĕ= fai
illic < illicĕ =lì

4. ROTACISMO

•È un mutamento consonantico, avvenuto già prima del IV sec. a. C., per il quale
la -s- intervocalica è passata ad -r-

Es. infinito dei verbi: am-ā-se > amāre; monē-se > monēre; mittĕ-se > mittĕre;
audī-se > audīre [ma es-se]

•Il rotacismo non si verifica:

1.parole di origine non indoeuropea (rosa)


2.parole mutuate da altre lingue (basium)
3.parole in cui -s- < -ss- (dopo vocale lunga o dittongo): caussa > causa;
quaesso > quaeso
4.parole in cui si ha dissimilazione: Caesar, miser
5.Grecismi (pausa < παῦσις)

5. RADICE, TEMA, DESINENZA

•radice = elemento minimo comune a una famiglia di parole, esprime il significato


fondamentale (reg-)

•desinenza = parte finale variabile di una parola (regn-o, regn-um)

1.sostantivi, aggettivi, pronomi : caso, numero, genere


2.verbi: diatesi (attiva, passiva, media), modo, tempo, persona

•suffisso = elemento intermedio tra radice e desinenza (reg-ul-a; reg-in-a)


•prefisso = elemento che precede la radice (e-rigo)
•tema = parte rimanente di una parola a finale variabile, tolta la desinenza. Può
coincidere o meno con la radice (es. regul-a, regin-a).

6. LA TERZA DECLINAZIONE

•Declinazione più complessa e più utilizzata


•Comprende:
1. sostantivi M/F/N
2. aggettivi della II classe
3. grado comparativo degli aggettivi
4. participi presenti

•Genitivo in -is
•Classificazione tradizionale: parisillabi vs. imparisillabi
•Classificazione «scientifica»: temi in –i vs. temi in consonante

Parisillabi e imparisillabi

•Distinzione antica (Prisciano)


•Temi in –i: tendenzialmente parisillabi. Ma:
Sincope di –i- nel nominativo:
- artis > ars, artis; montis > mons, montis; falcis > falx, falcis
- Aggettivi in –ās / -īs (*nostratis > nostras, nostratis)
- Monosillabi (*partis > pars, partis; dos, dotis)
Apocope di –i finale > Neutri in āli / āri (* animali > animal, animalis; calcari >
calcar, calcaris)

•Temi in consonante: tendenzialmente imparisillabi. Ma:


1.Pater, mater, frater (apofonia indoeuropea: zero vs. medio)
2.Iuvenis, senex, canis, panis, mensis (parisillabi divenuti imparisillabi)

Terza declinazione: caratteristiche

•Comprende due gruppi di nomi:

1.tema in consonante
2.tema in -ĭ

•Progressiva confusione, dovuta a:


3.evoluzioni fonetiche della lingua latina
4.meccanismi analogici

•Due nominativi:
5.nominativo sigmatico [con desinenza -s]:
nomi M/F in muta (dentale, velare, labiale)
nomi M/F in vocale;

6.nominativo asigmatico:
nomi M/F in nasale e liquida
nomi N.

Schemi

Terza declinazione: temi in consonante

•dentale: t / d + s > s, talora con apofonia e/i tra nom. s. e altri casi (miles [<milet-
s], militis; pes pedis)
•velare: c / g + s > x (rex, regis; lux, lucis)
•labiale: p / b + s > ps / bs (princeps, principis; plebs, plebis)
•sibilante: con rotacismo (talora anche nominativo rotacizzato (flos / flor, floris,
mas / mar maris)
•liquida (l/r): nom. = tema puro (sol solis, soror sororis)
•nasale: -n cade per lo più, tranne nei neutri: regio regionis, flumen fluminis

Schema

Terza declinazione: temi in i


7. IL VERBO

● Il verbo è quella parte variabile del discorso che indica un’azione, un


sentimento, uno stato, un possesso
● Si raggruppano in 4 coniugazioni, anche se è più corretto parlare di 5
temi

1. tema in a lunga
2. Tema in e lunga
3. Tema con vocale tematica e in e breve
4. Tema in i breve

● Possono essere transitivi o intransitivi

PARADIGMA

5 forme utili per coniugare il verbo.


Tutti i modi e tutti i tempi derivano da tre temi fondamentali, che costituiscono il
paradigma.

Schema

1. O,ad, are
2. Eo,es, ere
3. O,is, ere
4. Io, is, ire / io, is, ere

8. INDICATIVO PERFETTO ATTIVO

● Forma sincretica: assomma le funzioni di due forme verbali dell’


indoeuropeo: perfetto + aoristo. Il greco ha un sistema simile
all’indoeuropeo, il latino evolve e rende il sistema verbale più astratto.
● Il perfetto indica originariamente l’azione giunta a compimento, l’infectum
descrive l’azione in svolgimento. Il perfetto riflette la prima categoria
dell’aspetto verbale (che considera l’azione come momentanea vs.
Durativa, compiuta vs. Incompiuta).
● L’aoristo indica l’azione momentanea, il perfetto indica l’azione compiuta.
● Il latino introduce poi la nozione di tempo—> astratizzazione. Questa
contrapposizione perfetto/aoristo perde valore e così alcune forme
dell’aoristo vengono usate per creare il perfetto di alcuni verbi.

● L’indicativo perfetto attivo si forma con il tema del perfectum + desinenze

Schema desinenze
*3 p. Plurale—> due alternative

Il perfetto è una forma sincretica in latino.

1. Perfetto sigmatico (con suffisso -s) – forma che originariamente era


auristo in greco, auristo sigmatico
Interessa perlopiù verbi il cui tema termina in consonante:
VELARE 🡪 dico, is, ere (dixi), conspicio, is, ere (conspexi), iungo, is, ere (iunxi)
DENTALE 🡪 mitto, is, ere (misi), claudo, is, ere (clausi), sentio, is, ire (sensi)
LABIALE 🡪 scribo, is, ere (scripsi)
SIBILANTE 🡪 gero, is, ere (gessi) – gero subisce il rotacismo a differenza del
suo perfetto
NASALE 🡪 maneo, es, ere (mansi)

2. Perfetto con apofonia (indoeuropea)


- Quantitativa 🡪 vebio, is, ire (veni), fodio, is, ere (fodi), lego, is, ere (legi),
video, es, ere (vidi)
- Quantitativa e qualitativa 🡪 ago, is, ere (egi), capio, is, ere (cepi), facio,
is, ere (feci)

3. Perfetto con apofonia e assenza di infisso nasale rispetto all’infectum 🡪


- Quantitativa: linquo, is, ere > liqui; fundo, is, ere > fudi
- Quantitativa e qualitativa: frango, is, ere > fregi

4. Perfetto con raddoppiamento (perfetto indoeuropeo originariamente)


con -e- nella sillaba del raddoppiamento (+ apofonia latina nella radice) 🡪 cado,
is, ere (ce-cid-i), fallo, is, ere (fe-fell-i), pello, is, ere (pe-pu-li)
con assimilazione della vocale del raddoppiamento a quella della radice 🡪
mordeo, es, ere (mo-mordi), curro, is, ere (cu-curri), posco, is, ere (po-posci),
tondeo, es, ere (to-tondi)
verbi composti di verbi con raddoppiamento 🡪 accurro, is, ere (accurr-i), incido,
is, ere [<*in-caedo] (incidi), incido, is, ere [<*in-cado] (incidi)

5. Perfetto non caratterizzato (perfectum = infectum)


bibo, is, ere (bib-i)
minuo, is, ere (minu-i)
solvo, is, ere (solv-i)

Quante e quali sono le forme di perfetto? (domanda molto gettonata


all’esame!!!!!!!!)

9. VERBI ANOMALI

Verbi anomali

· Sum, volo, fero, eo, edo (ed i loro composti)


· Presentano forme atematiche (manca la vocale tematica)

o II e III sing. e II plur. indicativo presente e imperativo

o Infinito presente

o Imperfetto congiuntivo

· Alcuni hanno un cong. presente in -im derivato da un antico ottativo in -i

Sum

· Sum, es, fui, esse

· Desinenza I pers. sing. in -m derivante dal -mi dei verbi atematici


indoeuropei

· Presenta un’apofonia es-/s-:

o Dal grado e: es est estis esto esse ero eram (con rotacismo) etc

o Dal grado zero: le altre forme sum, sumus, sunt, etc

· Suppletivismo del perfetto (fui) derivante da radice indoeuropea che


indica il divenire

Sum ha numerosi verbi composti tra cui uno in particolare à

· Possum à composto di sum solo al presente < potesum<potis sum; il


perfetto potui deriva da un verbo di stato poteo, quindi diventa regolare senza
verbo essere. Il tema del presente invece è a tutti gli effetti un composto di
sum.

Volo, nolo, malo

· Volo, vis, volui, velle

· Alternanza vocalica vel-/vol-/vul: dipende dalla natura della l successiva:

o Palatale [dinanzi i/l] à resta vel- ((desinenza originale


dell’infinito -se che si può ritrovare ancora in esse, negli altri
c’è il rotacismo *vel-se à velle))

o Velare [dinanzi a,o,u, cons.] à vol-/vul- ((*vel-o à volo, *vel-t à


vult, *vel-omos à volumus))

· Suppletivismo nella II pers. sing. pres. ind.: vis (cf. invitus), al posto di
*vel-s > *vell

· Perfetto volui: analogico di potui


Volo ha due composti che sono:

- Nolo < ne-volo (non voglio): non vis, nolui, nolle

- Molo < magis-volo (preferisco): mavis, malui, malle

Fero

· Fero, fers, tuli, latum, ferre

· Atematismo (esteso al passivo! Ferris, fertur, ferri)

· Suppletivismo nel perfectum: da tollo prende il perf. (te)tuli; la stessa


radice ma al grado 0 si trova nel supino latum < *tlatum

Eo

· Eo, is, iui, itum, ire

· Alternanza vocalica radicale ei-/i, ma il latino ha il grado 0 solo al supino


itum ed al nom. part. pres. iens

· Alternanza e-/i- (davanti a voc./cons.) dovuta alla fonetica latina:

o ei+vocale à e-

o ei+consonante à i

§ ei-o > eo, ei-mos > imus, ei-bam > ibam

§ ei-s > is, ei-tis > itis, ei-bo > ibo

§ ei-t > it, ei-onti > eunt, ei-sem > irem

· Participio presente: iens, euntis

· Gerundio e gerundivo: eundum

· Nequeo (non posso) < neque it; su nequeo si è poi ricavato queo (falsa
etimologizzazione di nequeo, non è queo a farlo derivare quanto il contrario
stando alle ricostruzioni dei linguisti)

Edo (mangiare)

· Edo, es, edi, esum, esse

· Forme atematiche simili a quelle di sum (deriva proprio alla caduta della
dentale originaria davanti alla sibilante à es < ed-s, esse < ed-se, est < esst <
edt, essem < ed-sem, estis < ed-tis
· Si è presto normalizzato (edo, edis, edit … -ere)

· Il perfetto edi è analogico rispetto a forme alternanti emo/emi

· Nelle lingue romanze viene sostituito, ad esempio in italiano dalla forma


di latino popolare mangucare – masticare. Comer in spagnolo deriva da edo.

Verbi derivati

· Frequentativi

· Incoativi

· Desiderativi

· Causativi

1. Frequentativi

a. Sono dei verbi con tema in a lunga (tematico della I decl.) derivati
dal tema del participio perfetto o del supino: dictus > dictare;
raptus > raptare; amplexus > amplexari (in i perché è un verbo
deponente: forma passiva e significato attivo); dormitum >
dormitare; volutus > volutare

b. Da alcuni frequentativi in -ito (territus > territare), il suffisso -ito


si è esteso

i. a temi specialmente di I coniugazione:


rogito, clamito, potito, ma anche agito,
latito, fundito, quaerito

ii. per creare frequentativi di II grado: cano >


canto > cantito, iacio > iacto > iactito

c. Sono verbi imperfettivi (azione in via di svolgimento)

d. Esprimono generalmente un’azione durativa in opposizione al


verbo originario (amplector vs. amplexor) o ad un composto della
stessa radice (adspicio vs. specto)

e. La durata può avere valore:

i. Iterativo (ripetizione dell’azione): iacto,


pulso, vorso

ii. Conativo (tentativo di compiere l’azione):


capto, fugito

iii. Intensivo: prenso, presso, quasso, rapto

iv. Consuetudine: potito, lectito, scriptito


v. Attenuante: dormito, haesito, volito

Talora i verbi frequentativi assumono un significato diverso rispetto al semplice:


dico = dico / dicto = detto; traho = trascino / tracto = maneggio; salio = salto /
salto = ballo

Verbi incoativi
• Verbi in e breve derivati da un altro verbo (spesso in ē) e caratterizzati dal
suffisso -sco che è presente solo nel tema dell’infectum
• Esprimono un progressivo cambiamento di stato [dinamismo] in
opposizione al verbo da cui derivano:
o Rubeo [it. essere rosso] vs rubesco [it. diventare rosso, arrossisco]
o Floreo [essere in fiore] vs floresco [fiorire]
o Frigeo [essere freddo] vs frigesco [raffreddarsi]
• Hanno originario valore imperfettivo o durativo
• Ma se entrano in composizione con un preverbio assumono valore
ingressivo e perfettivo (esprimono il momento in cui avviene il cambiamento):
rubesco > erubesco [finisco di arrossire] > rubeo
• A volte il verbo deriva direttamente da un sostantivo (ira > irascor [verbo
deponente, it. Mi adiro]) o un aggettivo (durus > duresco, mollis > mollesco)
• A volte la caratterizzazione semantica dell’incoativo tende a perdersi:
nascor, quiesco, pascor, vescor, proficiscor

Verbi desiderativi
• Hanno due formazioni differenti:
o In –(s)sere: capesso, facesso, viso (forse congiuntivi sigmatici in -so)
o In -urire: esurio parturio (da una forma affine al suffisso del participio
futuro in -urus)
• Hanno entrambe valore volitivo o conativo, anche la differenza rispetto al
verbo originario era percepita di più nel II gruppo
• (quaeso < *quais-s-o vs. quaero < *quais-o) vuol dire “prego, per favore”,
ha perso il suo originario valore verbale

Verbi causativi o fattivi


• Non sono veri derivati
• Sono verbi in - ē - caratterizzati dal vocalismo radicale - ŏ -
• Esprimono il causare l’azione espressa dalla radice:
o Mon-e-o (cf. mens) apofonia indoeuropea
o Noc-e-o (cf. nex) [it. Nuocere, come prova della o breve > it. uo]
o Doc-e-o (cf. disco < *di-dc-sco la vocale del raddoppiamento del perfetto
è la e, ma nei pochi casi in cui c’è il raddoppiamento al presente la vocale è la i
come in questo caso)
o Torr-e-o (cf. terra)
o Torqu-e-o [it. Far girare]
o Fov-e-o (cf. favilla, it. Scaldare]
• Si tratta di una categoria poco utilizzata in latino poiché preferisce altre
modalità per rendere la stessa idea.
• Causativo in latino:
o Giustapposti di facio: calefacio, fervefacio, madefacio, stupefacio. I
giustapposti sono riconoscibili poiché non c’è apofonia.
o Verbi vari senza suffissi particolari: fugo, advoco, revoco, excito, arcesso
o Perifrasi varie:
Iubeo + inf
Facio/efficio ut + cong.
Curo + gerundivo
Facio + infinito (poetico/lingua d’uso)

Le proposizioni subordinate
Si dividono in tre categorie:
1. Completive/Sostantive
2. Relative/Aggettive
3. Avverbiali/Circostanziali
Consecutio temporum del congiuntivo
Da questo punto di vista la lingua latina può essere definita “centripeta” tutti i
verbi delle subordinate dipendono da quelli della principale.
ANTERIORITÀ CONTEMPORANEITÀ POSTERIORITÀ
PRINCIPALE perfetto presente perifrastica con sim
Quaero Quid feceris Quid facias Quid facturus sis
STORICO piuccheperfetto imperfetto Perifrastica con essem
quaerebam Quid fecisses Quid faceres Quid facturus esses

Tra i tempi storici è compreso il presente storico.

AVVERBI DI MOTO

- Ibi (stato in luogo) (li)


- Eo (moto a luogo) (li)
- Ea (moto per luogo) (per di li)
- Inde (moto da luogo) (da lì)

INTERROGATIVI

- Ubi= dove
- Quo= verso dove
- Qua= per dove
- Unde= da dove

AVVERBI DI LUOGO A PARTIRE DA HIC, HAEC, HOC

- Hic (qui)
- Hoc (qui)
- Hac (per di qua)
- Hinc (da qui)

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