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CONCETTO MAITLAND
INTRODUZIONE

Ciò che per molto tempo ha contraddistinto Maitland dagli altri autori noti in ambito di
terapia manuale è un certo grado di apertura mentale: infatti non ha mai pensato che ciò
che oggi conosciamo sia verità inconfutabile. Egli è consapevole del fatto che bisogna
andare avanti mentre le nuove conoscenze mutano, crescono, si rivedono. Per questo ha
elaborato e cambiato il suo concetto nel tempo. Basti pensare che sino a non molto tempo
fa si pensava ad un disco aneurale, mentre oggi sappiamo che è dotato di innervazione
plurisegmentaria.
Un’altra idea di Maitland è che la sua non è una tecnica, ma “ogni tecnica è il prodotto
della fantasia del fisioterapista” (1994), alla luce delle conoscenze e del ragionamento
clinico. Ciò che ha elaborato è un concetto: ad esempio, il paziente viene trattato molto
spesso nella posizione dei sintomi e nella globalità del soggetto.
Tutto questo è per Maitland il “clinical reasoning”: non tratta la diagnosi, ma tratta il
paziente, la persona.
Questo modo di pensare ha cambiato il ruolo del fisioterapista, che diviene sempre più
indipendente nella scelta del trattamento: alla luce di tutto questo, la diagnosi medica non
va isolata dal contesto clinico.
L’approccio diagnostico è importante per arrivare alla disfunzione specifica attraverso i
test, che consentiranno di elaborare il trattamento corretto.
Nel tempo Maitland ha evoluto il proprio concetto, ma alcuni elementi sono rimasti
invariati, come i primi tre passi nell’approccio al paziente:
• Esame soggettivo: (C/O, “Complain Of”, ossia “lamento del paziente”)
o Problema principale: è la prima domanda da porre al paziente, perché
diventa lo scopo del trattamento; l’obiettivo del paziente deve diventare
quello del terapista;
o Carta del corpo: si usa per fare una “geografia” del disturbo;
o Comportamento del dolore nelle 24 ore: bisogna sapere quando compare
il dolore, quanto rimane, come evolve, perché questi elementi forniscono
indicazioni utili alla scelta della tecnica;
o Storia;
o Domande speciali;
• Esame fisico: (P/E, “Physical Examination”) serve a controllare le ipotesi
formulate dopo l’esame soggettivo. Lo si fa con diversi passi:
o Stato attuale (PP, “Present Pain”)
o Ispezione
o Dimostrazione funzionale
o Movimenti attivi
o Esame neurologico
o Test neurodinamici
o Movimenti passivi
o Test speciali
• Tecniche di trattamento:
o Tecniche passive: sono integrate al trattamento globale, ma non possono
mai ricoprire un ruolo esclusivo del trattamento. Sono importanti per affinare
la manualità. Quando si utilizza una tecnica passiva, si deve avere sotto
controllo tre elementi:
ƒ P, pain, dolore;
ƒ R, resistenza;
ƒ S, spasmo come reazione al dolore locale.
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I movimenti passivi sono di tre tipi:


o Fisiologici, che hanno sempre traiettoria curva;
o PPIVM’s (“Passive Pysiological InterVertebral Moviments”),
presenti a livello della colonna vertebrale;
o Accessori, che per definizione non sono ripetibili in modo attivo,
sono fuori dal controllo del paziente ed hanno traiettoria
lineare;
o PAIVM’s (“Passive Accessory Intervertebral Moviments”), a
livello della colonna vertebrale;
Si è quindi presenti alla possibilità di combinare i movimenti fisiologici con
quelli passivi. Ancora, non è detto che non sia utile o addirittura necessario
combinare le “vecchie” tecniche con le nostre conoscenze, purchè tutto ciò
sia frutto di “clinical reasoning”, divenendo una “wise action” (azione saggia).
La qualità di un movimento fisiologico dipende al 100% del movimento
accessorio, che si valuta con P,R e S.
• Valutazione: Quando si sfrutta una tecnica è fondamentale la rivalutazione dopo
l’esecuzione della stessa. Bisogna rivalutare anche dopo avere assegnato ogni
singolo esercizio, poiché dobbiamo essere sicuri che anche l’esercizio, come la
tecnica, sia quello appropriato. La valutazione va eseguita:
o Durante la prima seduta
o Prima e dopo ogni trattamento
o Durante il trattamento
o Valutazione retrospettiva (dopo 4 sedute)
o Valutazione finale
Questo è il motivo per cui Maitland disegna il raffronto tra esame e tecniche in
questo modo:

Esame Tecniche

Anche solo con la carta del corpo si può essere in grado di avere un idea piuttosto precisa
di ciò che può essere il problema. Supponiamo un paziente che riferisce dolore in regione
cucullare; passaggio per passaggio possiamo assistere all’eliminazione di ipotesi, per
arrivare alla diagnosi finale:

ESAME SOGGETTIVO ESAME FISICO TRATTAMENTO VALUATAZIONE


Gleno-omerale Gleno-omerale Gleno-omerale Cervicale
Acromio-omerale Acromio-omerale Cervicale
Acromio-clavicolare Acromio-clavicolare Toracico
Costole
Cervicale Cervicale
Toracico Toracico
Viscerale
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Da tutti questi discorsi è nato il concetto del Brick-wall, il muro di mattoni semipermeabile.
Questo muro divide due categorie:

PARTE TEORICA PARTE CLINICA


Anatomia Localizzazione
Fisiologia Sintomi
Patologia Segni
Biomeccanica Comportamento
Psicologia Storia
Interpretazione degli esami e sulla qualità
degli apparecchi
(sapere, credere di sapere, non sapere)

Una diagnosi può presentarsi in diversi modi:

UNA DIAGNOSI DIVERSI SEGNI


DIVERSI SINTOMI
DIVERSI COMPORTAMENTI
DIVERSE STORIE
DIVERSI ESAMI FISICI

Di fronte ad una presentazione clinica, i fisioterapisti hanno il vantaggio di poterla sentire,


ascoltare, muovere, toccare. Bisogna arrivare a certezze, fatti.
La diagnosi medica non è inutile, ma fondamentale, anche per sapere se esistono e quali
siano le controindicazioni al trattamento.
Alla fine dell’esame soggettivo, il diagramma che rappresenti un paziente con dolore alla
spalla dovràessere di questo tipo:

Acromion claveare Gleno-omerale Acromion-claveare

Viscerale Spalla Coste

Neurodinamico Cx Tx

La pianificazione dell’esame fisico deve seguire queste tappe:


• Controindicazioni
• Cautele
• Gruppo clinico
• Che cosa esaminare:
o Ispezione
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o Dimostrazione funzionale
o Test attivi
o Test neurologici
o Test passivi
• Come esaminare: bisogna capire l’irritabilità e la gravità dei sintomi, per potere
adattare al paziente anche i test clinici.
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ANATOMIA FUNZIONALE

¾ C1:
ƒ Apofisi traversa: si sente appena anteriormente (circa 3 mm) all’apice del
processo mastoideo. Palaparne l’apofisi spinosa è impossibile, dal momento
che non esiste. Superiormente e lateralmente all’apofisi spinosa di C2 si
possono sentire i massicci laterali.
¾ Cx:
ƒ Apofisi spinose: bisogna ricordarsi che sono bifide e mai simmetriche. La
prima che si riesce a palpare sotto l’occipite è C2 ed il modo più semplice è
utilizzare i 2 pollici. Le spinose di C3, C4, C5 sono molto vicine e perciò
difficili da palpare. Per questo motivo può essere utile fare muovere la
colonna cervicale, chiedendo al paziente una retrazione del mento.

Palpazione C2 Palpazione C4, C5, C6

¾ C6, C7 e T1: si usano le prime tre dita


lunghe poste sulle rispettive spinose,
chiedendo al paziente un’estensione
del capo: T1 sta ferma, C7 si muove
poco, mentre C6 si sposta nettamente
in avanti. Se non si avverte tale
sensazione, non si è sulle spinose
giuste.

¾ T2: corrisponde all’apice superiore della


scapola.
¾ T7: corrisponde all’angolo inferiore della
scapola. Per essere sicuri di essere nei punti
giusti del tratto toracico è utile utilizzare le
prime tre dita lunghe per palpare gli spazi
interspinosi.
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¾ SIPS: Bisogna partire postero-inferiormente coi pollici, qualche centimetro sopra la


piega glutea, spingendo avanti i pollici, per poi salire verso l’alto; quando si sente
un “soffitto”, si è giunti sulle SIPS. Nel 99% dei casi tra le SIPS si trova la spinosa di
S2. Salendo lungo la cresta iliaca, alla fine ci si trova alle apofisi traverse di L3-L4.

Palpazione SIPS in piedi Palpazione SIPS da prono

¾ SIAS: si palpano coi pollici anteriormente

Palpazione SIAS da prono

¾ L4 ed L5: è bene ricordarsi che la spinosa di L5 è più piccola, perché può aiutare
nel reperirla.

Palpazione di L4 e L5
7

Bisogna tenere presente che le vertebre lombari sono


estremamente grosse, per cui occupano uno spazio
molto largo. Ad esempio possiamo apprezzare la
larghezza di L3:

¾ Spazio tra L5 e S1: per essere sicuri di non essere tra S1 e S2 si chiede al
paziente di compiere una retroversione: se lo spazio si apre, il livello è L5-S1.
¾ Acromion-claveare: si consideri sempre che lo spazio articolare è sagittale.

Acromion-claveare evidenziata con matita dermogrfica

¾ Prima costa: è possibile palparla in diversi modi ed in diversi punti.

ƒ Si parte appena sotto la clavicola con i pollici, e può essere seguita


lateralmente. Spostandosi ulteriormente di circa 4 cm, si palpa la seconda costa.

Palpazione anteriore della prima costa Seconda costa


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ƒ E’ possibile, inoltre, palpare la prima costa col bordo radiale della mano, sia con
paziente supino che con paziente prono: passando ai lati del collo, il primo
“ostacolo” che si incontra è la prima costa.

Palpazione della prima costa col bordo radiale della mano


ƒ Ancora, si può palparla posteriormente, appena lateralmente a C7. Per essere
sicuri di avere trovato il punto giusto, si verifica anteriormente che vi sia
spostamento della prima costa, mentre vi si imprime una spinta da posteriore ad
anteriore.

Palpazione della prima costa posteriormente e verifica anteriore


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DIAGRAMMI DEI MOVIMENTI

GRADI DI MOVIMENTI:
Non si analizza una struttura, bensì si valuta la direzione di un movimento. Consideriamo,
ad un esempio, una flessione passiva di gomito.
La partenza del movimento è definita con una lettera A, mentre B rappresenta la fine del
movimento fisiologico sano, che va confrontato sempre con il controlaterale sano e non in
senso assoluto.
| |
A R1 B

A è definito dall’esaminatore: si può valutare da 0° a 130° oppure anche solo da 90° a


130°. B viene rappresentato un po’ più largo perché l’end feel varia da soggetto a
soggetto.
R1 rappresenta il momento in cui si avverte la prima resistenza durante il movimento. Il
movimento da R1 a B avviene quindi con resistenza. Si possono avvertire le modificazioni
sentendo le differenze dello stesso movimento in supinazione ed in pronazione.
R1 compare in modo soggettivo in punti diversi da persona a persona, e questo è il primo
motivo per cui il trattamento non può essere uguale a priori tra due persone.
Dividiamo il movimento, perciò, in 2 zone: A-R1, R1-B.
Questi schemi partono dagli studi di Cyriax, che, però, manipolava, sempre. Maitland
sostiene che ciò è talvolta inutile, spesso sbagliato e raramente utile. Egli ha diviso la
mobilizzazione in 5 gradi (dove 5 è la manipolazione):
I. Movimento molto piccolo, parte da A ed avviene senza resistenza;
II. Movimento ampio, da qualche arte tra A e R1, e quindi senza resistenza;
III. Movimento ampio, con resistenza (può iniziare anche senza resistenza, che può
essere più o meno intensa);
IV. Movimento piccolo, con resistenza (può partire anche senza resistenza, che può
essere più o meno intensa);
V. Movimento piccolo, rapido, fuori dal controllo del paziente, oltre l’end feel e con
trust finale.

I
|____|
| |
A R1 B
|_______| |_______________|
II III
|____|
IV
Per percepire R1 è importantissimo compiere delle oscillazioni, perché attraverso di esse
si riesce a determinare esattamente il punto dove compare.
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ESAME SOGGETTIVO PER LA COLONNA LOMBARE

Quando giunge un paziente con “mal di schiena”, l’idea che bisogna avere in testa,
rispetto alla struttura responsabile dei sintomi, è rappresentata dal seguente diagramma:

Muscolare LX TX

Viscerale Schiena Sacroiliaca

Tumore

Neurodinamico Sinfisi Anca

Viene considerato il tratto T10-S1 perché il comportamento fisiologico delle ultime tre
vertebre toraciche è uguale a quelle lombari.
Inoltre, il ramo dorsale di T12 arriva a livello gluteo.
Ancora, i dermatomeri, i miotomi e gli sclerotomi (innervazione delle ossa) a livello dell’arto
inferiore (anca e femore) sono di pertinenza lombare, mentre i sudotomi (innervazione
simpatica del sistema neurovegetativo) partono da T10 ed arrivano a L2:
Lo scopo dell’esame soggettivo è pianificare l’esame fisico. Infatti, con l’esame soggettivo
si formulano delle ipotesi, mentre con l’esame fisico si verificano.

ESAME SOGGETTIVO (C/O, Complain Of, lamento del paziente):


1) Problema principale.
2) Carta del corpo. Le informazioni su professione ed hobby ci indirizzano sulla
caricabilità delle strutture, mentre la diagnosi ci indirizza sulle controindicazioni. Nella
carta del corpo, dopo avere compilato i sintomi, si vidima con un visto (9) di fronte alla
domanda se i sintomi si irradiano con risposta negativa. Quindi si chiede al paziente se
il dolore sia profondo o superficiale (sclerotoma piuttosto che dermatomero); costante
(infiammatorio), intermittente (meccanico) oppue costante variabile, cioè che aumenta
o diminuisce (meccanico, ma ancora infiammato). E’ bene sapere che se il dolore è
costante, con la fisioterapia è possibile ottenere poco (sono più indicati FANS, Tens,
visita medica per escludere tumori); se è intermittente o costante/variabile, sarà un
dolore perfetto per essere trattato con fisioterapia.
Nella carta del corpo il numero cerchiato corrisponde sempre al relativo dolore segnato
sulla mappa. E’ importante chiedere se esista relazione tra i diversi sintomi segnati
sulla carta.
Fondamentali sono le domande su:
- Formicolìo: si segna solo se bilaterale;
- Tossire\starnutire: può anche sottintendere a problema articolare;
- Capogiri: problema cervicale;
- Cauda equina: parestesia “a sella”, all’interno-coscia, oppure incontinenza;
- Midollo: Iperreflessia e\o ipertono.
Sono tutti questi pezzi di un puzzle che, messi insieme, costituiscono l’ipotesi per
l’esame fisico.
Un problema sarà fondamentalmente articolare quando presenta il dolore come fitta,
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localizzato in un punto, caratteristico perché l’irradiazione distale sarà minore rispetto


al prossimale. Questo per la particolarità che il ramo mediale della radice innerva il
multifido, l’articolazione, i legamenti interspinali. Questo ramo ha la caratteristica di
essere monosegmentale, ed è il motivo del dolore locale monolaterale.
Un dolore più vago e profondo, bilaterale, che irradia come descritto in precedenza,
può essere del disco. Un dolore discale può essere bilaterale con una dominanza; può
irradiale non oltre il primo terzo della coscia; non ci sono segni neurologici (sensibilità,
debolezza, riflessi); il dolore è meno localizzato, più diffuso, descritto come una fascia
profonda; questi pazienti presentano rigidità spesso mattutina. Tutto questo perché il
disco è innervato dal nervo sinu-vertebrale (nervo ricorrente), misto (motore e
vegetativo), plurisegmentale ed innerva il terzo superficiale dell’anulus (2 livelli sopra e
2 sotto, ed innerva bilateralmente), innerva il LLP e la dura madre.
Un dolore radicolare aumenta distalmente, presenta formicolio, bruciore e debolezza, è
lancinante, assomiglia ad una coltellata.
Nei primi due casi il dolore è proiettato, ossia è come un’onda che va in lontananza,
ma diminuisce man mano; nel caso invece di un dolore radicolare, esso segue e
percorre il nervo, per cui la qualità è lancinante, bruciante, che “segue un filo”, e quindi
arriva in lontananza attraverso il nervo, perciò il dolore è irradiato e non proiettato.
3) Comportamento nelle 24 ore: un problema del disco, ad esempio, può manifestarsi
con paziente seduto, oppure quando si alza, in piedi, allacciandosi le scarpe, lavarsi al
mattino, fare giardinaggio…. In generale, nel periodo della giornata è più probabile che
si manifesti al mattino (imbibizione del disco, che aumenta il proprio volume del 13-
14%), alla sera (minestra infiammatoria, che aumenta il volume discale), mentre di
giorno va piuttosto bene e durante la notte si sveglia solo 1 o 2 volte, poiché ha
bisogno di molto tempo (3 o 4 ore) prima di riempirsi d’acqua, data la scarsa
vascolarizzazione (è costituito soprattutto di collagene).
Un paziente affetto da problema discale, non potrà alzarsi velocemente, perché ciò
aumenterebbe il proprio dolore, mentre un soggetto con problema articolare, sarà
affetto da dolore che non varierà al variare della velocità del movimento. Il dolore
discale aumenta all’aumentare del tempo in cui resta in una stessa posizione.
4) Gruppi clinici:
• SIn: è un gruppo che richiede cautela sia nella valutazione che nel trattamento.
S Æ Severità: per esempio un movimento soltanto provoca un dolore violento,
immediato, che dev’essere interrotto e che scompare subito dopo. Sarà opportuno
trattare con mobilizzazioni di grado I.
I Æ Irritabilità: segue la regola delle tre L (Little stimulation, Lot pain, Long time). Se
lo stesso paziente, uscito dalla posizione, non avesse sollievo, verrebbe catalogato
come Irritabile. Sarà opportuno trattare con mobilizzazioni di grado I.
n Æ Natura del problema: ossia altre diagnosi che possono richiedere cautela
(osteoporosi, diabete, chirurgia recente…) nella valutazione del trattamento.
La esse e la i sono maiuscole in quanto relazionate al dolore, mentre la n è relativa
alle domande speciali.
• R.O.M. (Range Of Motion). Sono sintomi relativi al movimento, come l’arco
doloroso della spalla, oppure pazienti in cui lo spazio tra il primo sintomo
(resistenza o dolore) e la fine del movimento ricopra circa il 60% del movimento
totale.
Saranno pazienti trattabili con mobilizzazioni di grado II o III.
• E.O.R. (End Of Range). Rappresenta quel gruppo di persone in cui il sintomo
compare alla fine del movimento possibile. Saranno pazienti da trattare con
mobilizzazioni di grado IV.
• MomP: Momentary Pain. E’ il paziente che ha bisogno di tanto carico, di posizione e
movimenti estremi alle sue strutture per arrivare al dolore, che non sarà mai sempre
uguale, ma a volte si presenterà prima, a volte dopo, o addirittura potrà non
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presentarsi.
Possono essere trattati con mobilizzazioni di grado III o IV.
5) Domande speciali:
Assunzione di farmaci:
• Antiaggreganti: possibilità di ematomi con trattamenti intensi;
• Steroidei: non bisogna trattarli per 2 o 3 giorni perché il cortisone indebolisce la
struttura. Attenzione, perciò, agli asmatici;
Patologie associate:
• Diabete: accelera l’invecchiamento del tessuto;
• Artrite Reumatoide: raddoppia la prognosi.
Esami strumentali eseguiti;
Perdita improvvisa di peso senza motivo (neoplasie?);
Condizioni generali di salute;
Pregressi interventi Chirurgici: si pensi che ogni taglio sull’addome indebolisce i
muscoli addominali e quindi anche la schiena.
6) Storia: quando la storia è lunga diventa importante sapere com’è l’andamento dei
sintomi negli ultimi 15 giorni. Può essere utile disegnare la storia con un grafico in cui
mettere sull’ordinate l’intensità del dolore e sulle ascisse i giorni. Questo rende molto
intuitivo se ciò che si stia facendo sia utile, superfluo oppure dannoso per il paziente.

Intensità dei sintomi Grafico dell’andamento del dolore

Cronologia
| | | |
1 10 3 oggi
anno mesi mesi
fa fa fa

Dalla storia bisogna dedurre anche la stabilità dei sintomi, ossia sapere se il problema
sia sempre uguale, oppure ci siano episodi, manovre, movimenti, posizioni che
ripropongano il problema.
Se i sintomi sono instabili, anche la causa dei sintomi potrà essere instabilità. E’
importante informare il paziente che ha avuto soluzione improvvisa dei sintomi, che
essi potranno anche ricomparire improvvisamente.
Durante la storia bisogna anche venire a sapere, in caso di sintomi diversi comparsi in
tempi diversi, come si sia comportato il primo sintomo al presentarsi del secondo.
Il disco, ad esempio, ha una storia caratteristica:
− Lombalgie ricorrenti nel tempo;
− Problema il giorno dopo la sollecitazione ripetuta (esempio, giardinaggio la
domenica), il fenomeno del “The day after”.
La stenosi del canale ama la flessione, mentre odia l’estensione.
Il paziente instabile soffre il movimento lento e lo stare fermo in una posizione.
Domande importanti sono ancora se ha fatto o meno altre terapie e se la causa sia o
meno traumatica.

PIANO DEL P\E (Esame fisico):


• Decisione sulla struttura
• Che cosa esaminare:
o Movimenti attivi
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o Esame neurologico
o Movimenti passivi
• Come esaminare:
o Riproduzione o meno dei sintomi
o Fino a dove? Primo dolore o ultimo?
o Test attivi fino End Of Motion, Overprression, test particolari?
• Controindicazioni o cautela.
• Gruppo clinico
• Gli asterischi sono validi?

PIANO DOPO IL C/O:


• Controllare:
o Problema principale
o Carta del corpo
o 24 ore
o Domande speciali
o Stabilità

• Abbiamo:
o Che paziente è (S,I?)
o Ci sono controindicazioni?
o Motivazione: Severità/irritabilità _____________
o Natura:
ƒ Stadio di guarigione
ƒ Patologia
ƒ Seconda diagnosi
ƒ Stadio, stabilità
ƒ Fiducia a muoversi
• A quale gruppo clinico appartiene?
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TEST

Si prenda l’ipotesi di essere di fronte ad un paziente affetto da dolore lombare,


appartenente al gruppo EOR.

SCOPO: riprodurre i sintomi o trovare segni paragonabili. Nell’esecuzione del test, di


fronte ad un sintomo, bisogna chiedere al paziente se quello sia il “suo sintomo”.
Nel riquadro i passaggi obbligatori.

1- problema principale – PP

2 – Ispezione
Prima di tutto si osserva la posizione in piedi, osservando tutte le asimmetrie possibili, la
postura, ecc.
o Forma della muscolatura: glutei, cosce, polpacci – Quadricipiti. Osservare le atrofie è
importante per avere una prima idea della prognosi, in quanto se presenti è segno di
un problema non recente.
o Postura, posizione: se ci sono posizioni asimmetriche devo conoscere se siano
antalgiche o abitudinari. Per saperlo, è sufficiente chiedere al paziente di correggerle
ed ipercorreggerle attivamente: se è possibile, significa che non è antalgica, altrimenti
l’ipercorrezione non sarebbe possibile, oppure provocherebbe dolore.
Spesso il paziente si presenta con uno shift: in tal caso è opportuno provare a
correggerlo dalla parte craniale e da quella caudale, verificando con quale,
eventualmente, si riproducano i sintomi.

Fig. 1: Correzione
shift dalla parte
caudale (spostamento
orizzontale del
bacino)

Fig. 2: Correzione
shift dalla parte
craniale: La spinta è
obliqua dallo sterno
del fisioterapista verso
le proprie mani e non
più orizzontale. E’
possibile anche
combinare le due
tecniche.

Fig. 1 Fig. 2

3- Dimostrazione funzionale
Non è un passaggio obbligatorio, perché si fa solo se il paziente risponde
affermativamente e spontaneamente alla domanda se esista un movimento che
sistematicamente scatena il sintomo. Per fare questo test è necessaria la presenza del
sintomo. Attenzione, però, a non eseguirlo con pazienti SIn. I parametri per svolgere
questo test sono:
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o Avere il sintomo
o Avere una direzione di movimento
o Avere almeno 2 strutture che si suppongano origine del problema
o Muovere una struttura mentre l’altra rimane fissa. Se il sintomo cambia, significa
che il problema è relativo alla struttura che si è mossa.
Ad esempio, un dolore nella regione glutea in estensione, può essere relativo alla colonna
lombare o all’anca. Per differenziare, si farà estendere la colonna lombare fino al dolore,
chiedendo poi al paziente di spostare il peso da un lato, sollevando il tallone controlaterale
di 1 millimetro da terra. Se il dolore diminuisce, significa che i problema è relativo all’anca.
Un altro esempio è un dolore al gluteo destro con una rotazione omolaterale. Il
fisioterapista si posiziona come in fig. 3, chiedendo al paziente di spingere con il braccio
sul proprio deltoide: se il dolore aumenta il problema sarà lombare, viceversa, dell’anca.
Se derotando il dolore diminuisce è di pertinenza lombare (fig 4). Il fisioterapista può
imprimere rotazioni al bacino per stressare ulteriormente l’anca (fig 6) o per ridurne lo
stress (fig. 5).

Fig. 3: il paziente
spinge con la
mano sul deltoide
del fisioterapista:
se il dolore
aumenta il
problema è
lombare.

Fig. 4: il paziente
appoggia l’altra
mano e derota il
tronco: se
diminuisce il
dolore il problema
Fig. 3 Fig. 4 è lombare.

Fig. 5: il fisioterapista ruota


il bacino dal lato opposto al
dolore in modo da dare
maggiore stress alla
colonna lombare.

Fig. 6: il paziente spinge


col braccio sul deltoide ed il
fisioterapista derota ruota
tutto il sistam bacino-
colonna. Se il dolore
aumenta il problema è
dell’anca.

Fig. 5 Fig. 6
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Ancora un esempio: il paziente riferisce dolore nell’allacciarsi le scarpe da seduto, in


regione glutea destra. Bisogna differenziare tante strutture:
o Neurale: si chiede di flettere ed estendere il capo; se il dolore cambia è neurale
(fig. 7).
o Sacroiliaca: si comprime da dietro con le mani l’articolazione (fig. 8).
o Lombare: dal lato, stabilizzando con le coste e con il braccio il bacino, si fa
inclinare da un lato (fig. 9) o ruotare (fig.10) la colonna lombare.
o Anca: Col deltoide si stabilizza la coscia e con le mani si fa ruotare l’anca
esternamente (11) o internamente (12).

Fig. 8
Fig. 7

Fig. 7:
differenziazione
neurale. Il paziente
flette ed estende il
capo.

Fig.8: diff.
sacroiliaca. Il
fisioterapista
comprime da tergo
l’articolazione.

Fig. 9 Fig. 10 Fig. 9: diff. lombare


con inclinazione
laterale.
Fig. 11 Fig. 12
Fig. 10: diff. lombare
con rotazione

Fig. 11 – 12: diff.


dell’anca con
rotazione interna
(11) ed esterna (12)

Questi movimenti sono di grado estremamente limitato, poiché non sono test meccanici.
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A questo punto bisogna chiedersi: è necessario cambiare il piano di trattamento?

4- Movimenti attivi
Lo scopo è sempre quello di cercare il sintomo.
Per i test attivi si osservano sempre:
o Qualità del movimento
o Quantità del movimento
o Comportamento dei sintomi
Nella colonna lombare i movimenti oggetto della valutazione sono: flessione, estensione,
rotazione e flessione laterale.
I test devono essere standard, in modo da rivalutare il soggetto ogni volta nelle medesime
condizioni.
In partenza, il fisioterapista posiziona il proprio piede tra quelli Fig. 13
del paziente (fig. 13).
FLESSIONE: si osserva come il soggetto fletta (fluidità del
movimento, se compare shift, in quale arco di movimento…),
seguendo con le proprie dita quelle del paziente lungo la sua
gamba (fig. 14). Si fa tornare il paziente in posizione (così esce
dal dolore), mentre tengo il dito in quel punto, in modo da potere
segnare dopo la distanza dal suolo (fig. 15), magari con una
penna dermografica. Nel caso compaia shift in flessione, lo si
corregge (fig. 16) ed ipercorregge (fig. 17), per verificare se
sorgano i sintomi. Bisogna osservare e segnare se la colonna
fletta solo in un punto o da un punto in poi (ad esempio, una
colonna che fletta solo da L4 in su).

Fig. 14 Fig. 15

Fig. 16 Fig. 17

Fig. 13: posizione di partenza per la valutazione dei movimenti attivi. Il piede del terapista fa
da riferimento per la distanza tra i piedi del paziente.

Fig. 14: movimento di flessione atttiva.

Fig. 15: riferimento con le dita sulla gamba del paziente.

Fig. 16: correzione dello shift in flessione.

Fig. 17: ipercorrezione dello shift in flessione.


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Nel caso il movimento di flessione non abbia evocato i sintomi, bisogna passare ad
aggiungere sovrapressione (OP, overpression, fig. 18).

Fig. 18: OP flessione lombare.


Le due mani imprimono l’OP
una verso l’altra. Le due mani
si avvicinano tra loro, onde
evitare di compiere una
flessione delle anche, che
comporterebbe stretching degli
hamstrings, anziché una
flessione pura ed isolata della
colonna lombare.

Fig. 18

Riprendendo il grafico del movimento, si consideri la fine del movimento attivo (EOR
Attivo): sarà naturale che la prima resistenza compaia prima dell’EOR Attivo:
| | |
A R1 EOR Attivo B

Le OP sono quattro piccoli movimenti di grado IV di intensità diversa, che chiameremo IV-
, IV, IV+ , IV++, a partire dall’EOR, arrivando fino a B:
| | |
A R1 EOR Attivo B
|___||___||___||___|
IV- IV IV+ IV++

Un’articolazione sana deve potere avere tale decorso, e potere sopportare anche un’OP
con movimento tipo III++. Se nel soggetto in esame, quindi, non si siano evocati sintomi
con OP di tipo IV, per essere sicuri che la flessione lombare non sia responsabile del
problema, è necessario aggiungere OP con un movimento di grado III++.

| | |
A R1 EOR Attivo B
|___||___||___||___|
IV- IV IV+ IV++
|________|
III++

Fig. 19: nel caso il paziente sia molto


alto rispetto al fisioterapista, quest’ultimo
può fare appoggiare col bacino al muro il
soggetto, per poi imprimere l’OP con una
spinta dalle spalle verso il bacino. Fig. 19
19

ESTENSIONE: come per la flessione, si osserva il movimento attivo, segnando la distanza


dito-suolo (fig. 20). Se non si rilevino sintomi, si deve procedere con le OP (fig. 21), che si
fermeranno ad un grado IV, IV+ al massimo in casi rari, poiché nell’estensione non si
imprime mai un’OP di grado III++.

Fig. 20: estensione Fig. 20 Fig. 21


attiva con segno
sulla coscia nel
punto dove arriva
l’indice del
paziente, per poi
misurarne la
distanza dal suolo.

Fig. 21: OP in
Fig. 22
estensione. In
questo caso arriva
al massimo ad un
grado IV+.

Fig. 22: posizione


della mano
caudale per l’OP in
estensione.

Per le OP in estensione, il fisioterapista è in piedi di lato al paziente, con il braccio craniale


a livello della decima vertebra dorsale e la mano caudale che fissa il sacro sotto la prima
sacrale (fig. 22). La testa del paziente è appoggiata a quella del terapista. Nel caso il
fisioterapista sia piccolo rispetto al paziente, si sfrutta il lettino a cui il quest’ultimo
appoggerà le cosce, mentre la pressione partirà dalle proprie clavicole (fig. 23).
Rispetto alla flessione, nell’estensione, oltre ad un’OP generale, è possibile imprimere
un’OP locale, per cercare con maggiore precisione l’origine del sintomo. In pratica, trovato
il dolore (per esempio con OP di grado IV+), si va con una presa “pinza-naso” sulle apofisi
spinose a compiere, nel dolore, una spinta pura PA per trovare il punto preciso del dolore
(figg. 24 e 25). Nel caso non si trovasse così il punto preciso, la stessa OP può anche
avvenire a punto fisso invertito, ossia, tenendo ferma la spinosa e compiendo
un’estensione della colonna. Ancora, può essere combinata (AP con estensione).

Fig. 23: OP in estensione


con fisioterapista piccolo
rispetto al paziente. Fig. 23
20

Fig. 24: manovra


OP localizzata in
estensione con
presa del tipo
“pinza-naso”.

Fig. 25: la stessa


manovra OP
localizzata in
estensione vista
Fig. 24 Fig. 25 sullo scheletro.

L’annotazione da porre in cartella è questa:


*-- L4 20 cm, IV loc.L3 2 +

La “traduzione” è: sintomo (*) in estensione, che avviene soprattutto in un punto, a livello


di L4( _ L4), quando il dito indice è a 20 cm dal suolo (20 cm); il sintomo è locale a livello
di L3 (loc. L3) ed è il dolore segnato come 2 nella carta del corpo, di intensità
notevole (+).

FLESSIONE LATERALE: più che in altri movimenti attivi, è opportuno osservare la qualità
della flessione laterale (fig. 26), che può variare da un lato all’altro, anche a parità di
quantità.
L’OP (fig. 27) arriva sino ad un grado III++ come in flessione: il fisioterapista è di lato ed
accompagna il movimento col corpo, fissando con una mano un’ala iliaca e con l’altro
braccio il tronco a livello di D10.
Anche in inclinazione laterale è possibile eseguire un’OP localizzata. La presa è con mano
a paletta e pollice completamente addotto che spinge la spinosa lateralmente (figg. 29 e
30). Il terapista è nella stessa posizione dell’OP generale (fig. 28). Si effettua con spinta
della mano, con inclinazione del tronco a mano fissa, o ancora, combinata.
Fig. 26:
flessione
laterale

Fig. 27:
OP in
flessione
laterale

Fig. 28:
OP
localizzata
in
flessione
laterale
Fig. 26 Fig. 27 Fig. 28
21

Fig. 29:
posizione
della mano
del terapista
per compiere
un’OP
localizzata in
flessione
laterale.

Fig. 30:
stessa
manovra,vista
sullo
Fig. 29 Fig. 30 scheletro.

ROTAZIONE: nella rotazione, dopo il movimento attivo, si valuta la “riserva passiva”,


fissando col piede quello del soggetto omolaterale alla rotazione, ma non si compie una
vera e propria OP (fig. 31). Il riferimento per la rotazione è l’angolo formato dalla
congiungente i talloni con la congiungente le ali iliache (fig. 32).

Fig. 31: valutazione della


“riserva passiva” nella
rotazione attiva del
paziente.

Fig. 32: misurazione della


rotazione, con riferimento
dell’angolo formato tra la
congiungente i talloni e la
congiungente le ali
Fig. 31 Fig. 32
iliache.

TEST SE NECESSARI: nel caso, dopo avere compiuto l’esame dei movimenti attivi, con
relative OP, non siano emersi i sintomi, si può:
o Compiere movimenti combinati, come, ad esempio, flessione e rotazione (fig. 33).
E’ fondamentale ricordarsi sempre la combinazione dei movimenti, in modo da
poterli segnare con l’asterisco e ricordarseli per la rivalutazione.
o Compiere movimenti ripetuti (magari con un peso).
o Compiere movimenti mantenuti.
o Quadrante: è una combinazione predefinita ed è l’ultimo dei test. E’ anche uno dei
TEST D’ESCLUSIONE
22

TEST D’ESCLUSIONE: In generale sono costituiti da:


o 2 test attivi che siano opposti tra loro e non simili
(es. estensione e flessione e non rotazione destra e
flessione laterale destra).
o 2 test passivi (esempio: quadrante e PA)
o RIVALUTAZIONE, che si rappresenta con questo
simbolo: // Infatti, se compiute tutte le procedure
precedenti è cambiato qualcosa, non posso
escludere la colonna lombare dai problemi.
QUADRANTE: è un movimento combinato di estensione.
flessione laterale e rotazione omolaterale all’inclinazione.
Nella colonna lombare, si entra nel quadrante con questa
sequenza (fig. 35):
- Estensione (IV-, IV)
- Inclinazione laterale (IV-, IV, IV+, IV++)
- Rotazione (IV-, IV, IV+, IV++) Fig. 33
La mano che fissa il bacino in questo caso utilizza anche il
pollice, per bloccare meglio in tutte le posizioni (fig. 34)

Fig. 34

Fig. 33: movimenti combinati.


Figg. 34 – 35: quadrante. Posizione del
paziente e fissazione della mano sul
bacino. Fig. 35

5 – Esame Neurologico
Lo scopo è di esaminare le condizioni dei nervi:
- La sensibilità
- I riflessi
- La forza
E’ un esame non obbligatorio, indicato quando, nella compilazione della carta del corpo:
o Si siano osservate marcate ipotrofie;
o Il paziente riferisca deficit di sensibilità;
o Il paziente riferisca deficit di forza;
o Il paziente riferisca dolore lineare;
o Il paziente riferisca bruciore;
o Il paziente riferisca dolore lancinante;
o Il paziente riferisca dolore distale maggiore di quello prossimale;
o Il paziente riferisca gonfiore;
Ancora, va condotto in casi di storia che evidenzi:
23

o Peggioramento rapido;
o Traumi recenti;
o Storia discale (“The day after”);
Oppure in casi in cui i sintomi si presentino:
o con fenomeno di latenza (paziente che si flette e presenta dolore lungo la gamba
non appena torna dalla flessione);
o irradiati e non proiettati (il dolore “proiettato” non supera mai la natica, se ciò
avvenisse, il dolore sarebbe “irradiato”).

RIFLESSI: si parte sempre con l’esaminare il lato sano. Il martelletto va


tenuto tra pollice ed indice (fig. 36), tra i quali oscillerà per stimolare il
riflesso nel modo corretto:
¾ Rotuleo (L3, L4): va compiuto minimo 6-10 volte,
perché si dice che con piccole lesioni il riflesso “si
stanca” e perché così si sarebbe sicuri di trovarlo
(fig. 37).
¾ Achilleo (S1, S2): caviglia in leggera dorsiflessione, il
Fig. 36 martelletto arriva di lato (fig. 38).
Se non si evocano si devono cambiare le posizioni (figg. 39, 40).

Fig. 37: riflesso rotuleo (L3,


L4). Il paziente è sdraiato
supino, con ginocchio
semiflesso.

Fig. 38: riflesso achlleo


(S1, S2). Il paziente è
Fig. 37 Fig. 38 sdraiato, mentre
l’esaminatore mantiene la
caviglia in dorsiflessione
IV-.

Fig.39: riflesso achilleo, in


ginocchio sul lettino coi
piedi fuori dal bordo

Fig. 39 Fig. 40 Fig.40: riflesso rotuleo, con


paziente seduto sul bordo

FORZA: nei test di forza è importante fare mantenere qualche secondo la contrazione per
poi imprimere tre impulsi finali: in piccole lesioni si possono ritrovare risposte molto più
lente.
¾ Psoas: il paziente sostiene autonomamente la gamba (fig. 41)
¾ Quadricipite (fig. 49)
Questi primi due test sono irrilevanti in pazienti lombalgici SIn, perché muoverebbero la
colonna
¾ Tibiale anteriore: poiché inverte, si compie a braccia incrociate, osservando anche la
tensione del tendine (fig. 42).
¾ Peronei: ci si mette sopra per invertire (fig. 43).
¾ Estensore proprio dell’alluce (fig. 44).
¾ Estensore comune delle dita (fig. 45).
¾ Flessore comune delle dita (fig. 46).
¾ Glutei: si valuta la consistenza in contrazione (fig. 47).
24

¾ Tricipiti: il paziente si appoggia con gli indici a quelli dell’esaminatore, che così può
osservare meglio eventuali oscillazioni di carico dovute a debolezza (fig. 48).

Fig. 41 Fig. 42 Fig. 43

Fig. 44 Fig. 45 Fig. 46

Fig. 47
Fig. 49

Fig. 48

SENSIBILITA’:
¾ L2: a livello dell’inguine (fig. 50)
¾ L3: interno coscia (fig. 51)
¾ L4: Bordo interno piede (fig. 56)
¾ L5: sopra l’alluce (fig. 52)
¾ S1: bordo laterale piede (fig. 53)
¾ S2: talloni (fig. 54)
Sulla cute del paziente si segna con matita dermografica l’area di alterata sensibilità (fig.
55).
25

Fig. 50 Fig. 51 Fig. 52

Fig. 53

Fig. 54 Fig. 55

Fig. 56

6 - Esame Neurodinamico

Consideriamo, in questo capitolo, il Sistema Nervoso come organo soggetto a movimento.


Il SN è un’unità funzionale unica, che ha un continuum in ogni parte del corpo.
E’ un’unità funzionale anche a livello elettrico, poiché troviamo lo stesso impulso sia a
livello Centrale che Periferico. Parimenti è un’unità funzionale a livello chimico.
Questo significa che il SN si muove esattamente come i muscoli, i legamenti e come essi
può limitare la mobilità articolare. Bisogna immaginarlo come una ragnatela, che deve
essere in grado di sopportare stress in compressione, allungamento, variazioni del
sistema vascolare, ecc.
La proprietà neurodinamica del SN è la sua capacità di potersi adattare in qualsiasi
posizione senza danneggiare l’impulso nervoso.
Durante la flessione del tronco il SN aumenta la sua lunghezza di 9 cm; il nervo mediano
aumenta la sua lunghezza di circa il 20% durante l’estensione del gomito. Questo deve
avvenire senza che venga alterata la sua conduzione.
Il SN è innervato dai nerva nervorum, e ciò spiega come un nervo può essere causa di
sintomi. Si pensi, ad esempio, a come il nervo di Luska innervi la dura madre.
26

Se i fascicoli del nervo fossero longitudinali e paralleli, il nervo potrebbe allungarsi solo del
2%. Invece i fascicoli sono disposti in modo plessiforme, come una rete da giardino, e
questo consente alla struttura di allungarsi.
I nervi sono costituiti da diversi fascicoli: il numero di fascicoli aumenta laddove le
probabilità di compressioni aumentano, dando così possibilità ai nervi di essere protetti,
poiché possono fuggire dalla pressione. A livello delle zone di pressione aumenta anche la
quantità di connettivo rispetto all’assone, limitando le probabilità di compressione di
quest’ultimo.
Il 20% del totale d’ossigeno immagazzinato da tutto il corpo è destinato al SN. I vasa
nervorum hanno la forma di una coda di maiale, perché in questo consentono al nervo di
allungarsi, senza che il diametro del vaso venga alterato, evitando ischemia del nervo. Per
questo è opportuno differenziare dolore neurale da quello muscolare (si pensi agli
hamstrings).
A livello del SN esiste il problema del “double crash”: si pensi al nervo mediano, che,
arrivato all’8% dell’allungamento va in ischemia; questo 8% può, però, essere distribuito a
livello Cervicale, del supinatore e del tunnel carpale. Questo spiega come una sindrome
del tunnel carpale possa guarire con trattamento cervicale.
Tutte le strutture che hanno rapporti con il nervo vengono chiamate “interfacce
meccaniche”, che sono fisiologiche:
o Forami
o Muscoli (scaleni, pronatore, supinatore, piriforme…)
o Aponeurosi
o Legamenti
o Ossa
o Fascia
Esistono anche “interfacce meccaniche” patologiche:
o Osteofiti
o Cisti
o Neoplasie
o Ernie
o Contratture muscolari
o Edemi
o Instabilità
o Fratture
Con i test neurodinamici si cerca il motivo per cui il nervo non si muova correttamente.
I sintomi che possono far pensare ad un problema neurodinamico durante la
compilazione della carta del corpo, sono:
o marcate ipotrofie
o deficit di sensibilità
o deficit di forza
o dolore lineare
o bruciore
o dolore distale maggiore di quello prossimale
o Il paziente avverte “gonfiore” non apprezzabile clinicamente
o Dolore migrante
o Pesantezza alle gambe
o Dolore strano quasi indefinibile
Ciò che della storia del paziente deve far pensare ad un problema neurale, sono:
o Dolore locale mesi prima, come una distorsione tibiotarsica, che poi esita in
lombalgia per distrazione dello sciatico

TEST NEURODINAMICI
Sono test di allungamento e di scorrimento, non di conduzione. Nel dettaglio, sono:
27

- Straight leg raise (SLR): testa il nervo sciatico


- Prone knee bend (PKB): testa il nervo femorale
- Slump: sistema nervoso in generale.
SLR: il paziente è supino, viene flessa la coscia a ginocchio esteso, previa valutazione
della flessione dell’anca, utilizzando un centimetro (figg. 58-59) per misurare la distanza
lettino-tallone in cui compaiano i sintomi. La differenziazione strutturale dal capo avviene
passivamente con assistente oppure alzando la testata del lettino (fig. 60). Altra
differenziazione strutturale può essere la dorsiflessione del piede (fig. 61), oppure
adduzione dell’anca.
E’ importante, dopo gli 80°, non tanto l’ampiezza, quanto la simmetria. Normalmente, una
sensazione di fascia dietro al ginocchio (non un “filo”) è normale. Se con la
differenziazione strutturale il dolore cambia, nello SLR, è un problema neurodinamico: se
aumenta è intraneurale (il dolore deriva direttamente dalla tensione del nervo), se
diminuisce è extraneurale (il nervo viene liberato dall’interfaccia responsabile del dolore).

Fig. 58: SLR.


Posizione di partenza
con mano del
terapista sotto il
tallone e presa del
centimetro. L’arto
inferiore del paziente
viene portato in
flessione verso l’arto a
ginocchio esteso.

Fig. 59: SLR. Arrivo


alla posizione del
sintomo con
Fig. 58 Fig. 59
misurazione in
centimetri della
distanza lettino-tallone

Fig. 60: SLR.


differenziazione
strutturale con
flessione passiva del
capo, mantenuta dalla
spalliera del lettino.

Fig. 61: SLR.


Differenziazione
strutturale con
flessione dorsale del
piede, mantenuta dal
Fig. 60 Fig. 61 terapista.

SLUMP: Si posiziona il paziente seduto, spingendo le gambe (per avere una posizione
standard) contro il bordo del lettino e con le mani dietro la schiena appoggiate sul lettino
(fig. 62). Con una mano piatta si verticalizza il sacro (fig.63). Sfruttando un braccio ed il
torace si imprimono sovrapressioni in direzione dell’inguine del paziente fino ad un grado
IV++ (fig. 64). Si Chiede al paziente di raddrizzare una gamba (fig. 65), per poi fare
28

differenziazione strutturale con flessione del capo (fig. 66), ripetendo il test dal lato
controlaterale (fig. 67).

Fig. 62: SLUMP TEST.


Posizionamento del
paziente. Viene fatto
sedere bene indeietro sul
lettino, per poi flettere
successivamente le
ginocchia, in modo dia
essere sicuri che a
ginocchia flesse a 90° si
trovi più indietro
possibile, posizione in cui
si effettueranno le
rivalutazioni.
Fig. 62 Fig. 63
Fig. 63: SLUMP TEST.
verticalizzazione del
sacro. Il terapista, con
una mano piatta
posiziona il sacro in
modo che si trovi in
posizione perfettamente
verticale.

Fig. 64: SLUMP TEST. Il


terapista imprime
un’overpression di grado
IV++ in direzione
dell’inguine del paziente,
a partire dal capo,
Fig. 64 Fig. 65
sfruttando il proprio
corpo.

Fig. 65: SLUMP TEST. Il


terpista chiede al
paziente un’estensione di
ginocchio

Fig. 66: SLUMP TEST. Il


terapista compie una
differenziazione
strutturale mediante una
flessione del capo.

Fig. 67: SLUMP TEST.


Fig. 66 Fig. 67 Estensione del ginocchio
controlaterale
29

La scelta tra questi due test neurodinamici viene effettuata in base alla posizione in cui il
paziente avverte il sintomo. Ad esempio: il soggetto avverte dolore seduto in macchina, in
ufficio, o in altra posizione seduta… Æ verosimilmente risulterà maggiormente indicativo lo
SLUMP TEST.
Viceversa, dianzi ad una persona che riferisce dolore calciando, correndo, od in altra
posizione simile (gamba estesa)… Æ sarà più indicato lo SLR TEST.
Ancora, lo SLR è spesso utilizzato in pazienti SIn che presentano mal di testa cervicale, i
quali, sicuramente, mal sopporteranno una flessione del capo.
Lo SLUMP è normale nelle seguenti condizioni:
1. Posizionamento in “insaccata” (SLUMP) = nessun sintomo
2. Flessione collo = tensione a livello di T8/T9 (avvertito dal 50% della popolazione
sana)
3. Estensione del ginocchio = tensione posteriore a livello del cavo popliteo ed a
carico degli hamstrings, con un certo grado di limitazione dell’estensione di
ginocchio (condizione normale, purchè si presenti simmetrica)
4. Dorsiflessione della caviglia = limitazione alla dorsiflessione caviglia
5. Diminuzione della flessione del collo = diminuzione dei sintomi ed aumento della
mobilità di ginocchio e caviglia.
E’ importante sottolineare e ricordare che qualsiasi sintomo è NORMALE SE VIENE
RISPETTATA SIMMETRIA.
Lo SLUMP TEST non è più normale se si riproducano i sintomi del paziente o se esista
asimmetria nelle risposte.

7- PALPAZIONE

Deve essere lo strumento per la conferma delle ipotesi formulate durante il C/O ed il P/E.
E’ questo il primo momento in cui si entra in contatto fisico col paziente. Diversi studi
dimostrano che il risultato del trattamento dipende al 50% dal fatto che il paziente abbia o
meno la sensazione che il fisioterapista abbia capito il suo problema.
1. Temperatura: si sente col dorso della stessa mano la
temperatura dei due lati, nel tratto compreso tra T10 a
S1 (fig. 68),in modo da avvertire e segnare eventuali
differenze.
2. “skin-drag”: è una
manovra attraverso la
quale si verifica Fig. 68
quanto scivolino le
due mani sulla cute
del paziente (fig. 69). Si sfruttano,
Fig. 69 simmetricamente, i dorsi delle due mani ai lati
della colonna vertebrale del paziente. In presenza
di sudorazione eccessiva, ovviamente, lo scivolamento risulterà ridotto.
3. Mobilità della pelle: rotolamento e sollevamento
(fig. 70). In situazioni di normalità si riesce a
prendere la stessa quantità di pelle da un lato e
dall’altro, mediante un pinza tra pollice ed indice.
4. Scivolamento del sottocute (fig. 71): nel soggetto
sano il piano sottocutaneo scivola in modo
Fig. 70
uguale dai due lati, rispetto agli strati superiori,
quando viene spinto dai polpastrelli delle dita del
terapista.
30

Fig. 71 5. Tono muscolare del multifido (fig. 72): è una


“corda” muscolare paravertebrale
monosegmentaria, per cui se si indurimenti
locali è verosimile che sottintendano a
problemi articolari locali (fig. 73). Per palpare
correttamente è necessario passarvi sopra
con i pollici delle due mani
contemporaneamente e trasversalmente alla
direzione delle fibre muscolari.

Fig. 72 Fig. 73

6. Allineamento delle ossa: si verifica l’eventuale presenza di spinose prominenti (fig.


74), oppure ruotate, mettendo due dita lunghe ai lati delle spinose ed effettuando
una leggera sovrapressione con l’altra mano (fig. 75), verificando anche le lamine
per evidenziare se siano reali rotazioni delle vertebre piuttosto che anomalie della
simmetria vertebrale (fig. 76).

Fig. 74 Fig. 75 Fig. 76

7. Legamenti interspinali: si posiziona il dito indice sulla spinosa, mentre il medio


spinge prima da un lato (fig. 77), dopodiché il terapista supina il polso e spinge
dall’altro lato (fig. 78). Con tale manovra è possibile verificare eventuali indurimenti,
segni di problema non recente con una certa storia dietro (ovviamente questo
cambia la prognosi, prolungandola).
8. Legamenti interlaminari (fig. 79): si entra tra le lamine si palpa cranialmente e
caudalmente in direzione longitudinale coi due pollici appaiati.
31

Fig. 77 Fig. 78

Fig. 79
32

PAIVM’s (Passive Accessory Intervertebral moviments)

Quelle che si descriveranno in questa parte della palpazione sono delle tecniche passive
utili sia alla valutazione che al trattamento del paziente. Si compiono delle spinte
perpendicolari sulle spinose ad ogni livello due o tre volte, prima in modo generale sui tratti
toracico, lombare alto e lombare basso con una mano piatta (fig. 80) e poi su ogni spinosa
(figg. 81, 82 e 83). Il movimento da A a B viene diviso in tre livelli:

T10 T11 T12 L1 L2 L3 L4 L5 S1

Quando si incontra il dolore bisogna essere certi se sia quello noto per il paziente, oppure
se sia un dolore nuovo, profondo, superficiale… Il dolore si segna con una P rossa al
livello in cui si incontra.

Fig. 80 Fig. 81 Fig. 80: “Flat Hand


Springing test”, test
sui tre livelli - toracico,
lombare alto e
lombare basso.

Fig. 81: per un


PAIVM’s specifico la
mano che sta sotto è
inclinata di 45° con
l’osso pisiforme sulla
spinosa della vertebra
Fig. 82 Fig. 83 da trattare.

Fig. 82: la mano che


sta sopra va a
rinforzare per potere
imprimere la forza.

Fig. 83: si imprimono


2 o 3 spinte per ogni
livello da T10 a S1.
33

DIAGRAMMA DI MOVIMENTO:
E’ una rappresentazione bidimensionale del comportamento dei sintomi (P,R ed S). E’
molto importante per sensibilizzare la proprie dita. E’ anche un ottimo metodo per
comunicare tra fisioterapisti.
E’ questo l’elemento che ci permettere di scegliere e decidere il grado di mobilizzazione.
Serve a decidere senza intuizione empirica, ma per ragionamento.

C R2 D
IV++

IV+

P’ IV

IV-

IV--

A R1 P1 L B

Sull’asse delle ordinate viene rappresentata l’intensità dei sintomi (P,R ed S) e della
mobilizzazione che andremo a compiere. Tale intensità viene sempre suddivisa in 5 livelli:
--, -, 0, +, ++.
Un movimento PA centrale si rappresenta così:

Per cui, un simbolo come , rappresenta sul diagramma un PA centrale su L4.

Sul grafico R1 è la prima resistenza, P1 è il primo dolore che si incontra, mentre la L


rappresenta il limite di movimento. Bisogna sapere perché L compaia (dolore, limitazione
articolare…), soprattutto quando non è il limite normale ed arriva prima di B. Nel caso il
limite sia una resistenza viene segnata con la sigla R2, poiché il numero 2
contraddistingue il limite del movimento. Se fosse stato dolore sarebbe stato segnato con
P2. La cifra 2 è sempre relativa alla causa del limite del movimento.
La lettera P’ indica l’intensità di dolore incontrato al limite: bisogna perciò sempre chiedere
al paziente quanto dolore provi al limite del movimento. Quindi, se L fosse dato da dolore
(P2), sulla verticale di L si sarebbe segnato una R’, misurandone l’intensità.

Si ricordi sempre che il dolore viene riferito dal paziente, mentre la resistenza è
misurata dal terapista.

Una linea curva ellittica indica che con il progredire del movimento i sintomi aumentano.
Un altro esempio:
34

C P2 D
IV++

IV+

R’ IV

IV-

IV--

A P1 R1 L B

Il limite del movimento è il dolore, che incrementa durante il movimento, così come la
resistenza, che al limite (dato dal dolore), è di un’intensità media.

IMPORTANTE: IL PRIMO GIORNO SI LAVORA SEMPRE FUORI DAL DOLORE,


PRIMA DELA LINEA ROSSA:

C R2 D
IV++

IV+

P’ IV

IV-
Grado del trattamento
IV--

A R1 P1 L B

Il grado di trattamento che si adotterà viene determinato dal dolore, per cui in questo caso
si userà un grado tra IV-- e IV-.
Il grado IV -- corrisponde sempre alla prima resistenza incontrata nel movimento passivo.
35

Un PAIVM PA unilaterale a destra su L4 si indica così mentre a


sinistra, con

Seppure si utilizzano i pollici anziché le


mani, anche in questo caso, è opportuno Fig. 84
spingere nei tre terzi. Solo dopo avere
testato i tre terzi sarà possibile sapere
quale sia la zona più dolente (fig. 84).
Nel caso non si evochino sintomi, è molto
importante raffrontare le resistenze ai
diversi livelli, poiché potrebbero essere
segni paragonabili.
Se non si sia trovato alcun segno
paragonabile dopo tutte le spinte PA
descritte, diventa fondamentale la
rivalutazione, poiché si potrebbe avere già
trattato in tal modo il paziente.

Tutte le tecniche di valutazione sono tecniche di trattamento.

Può risultare utile pure compiere delle spinte longitudinali a destra o sinistra (figg. 85,86 e
87), che si segnano in cartella con i seguenti simboli:

Fig. 85 Fig. 86

Fig. 86 Fig. 85: spinta longitudinale con due


pollici sulla apofisi spinosa a destra
vista sullo scheletro.

Fig. 86: spinta longitudinale sulla


spinosa a destra vista effettuare sul
paziente.

Fig. 87: il pollice viene posizionato


sulla spinosa mentre il gomito della
mano caudale rimane un po’ alzato,
in modo che, spingendo leggermente
verso il pavimento, la spinosa venga
ancorata.
36

Fig. 88: l’altra mano accompagna


orizzontalmente il pollice, per poi
spingere con corpo in tale direzione.

Fig. 88

Se, dopo avere rivalutato il paziente, non si sia ancora rilevato nulla di significativo, si può:
• Angolare, cioè compiere le valutazioni
dei movimenti accessori non più come
puri, ma angolati verso altre direzioni
(figg. 89 e 90). Nel segnarlo in cartella
bisogna segnalarlo:

cran

Fig. 89

Fig. 89: PAIVM PA cranializzato. Si


osservi la direzione che assume il
corpo del terapista.

Fig. 90: PAIVM longitudinale a destra


angolato cranialmente. Anche in
questo caso l’angolazione è dettata
Fig. 90 dalla posizione del corpo del terapista.

• Ancora, rivalutare il paziente cambiando la sua posizione,


avvicinandola maggiormente a quella in cui
funzionalmente compaiano i sintomi. Ad esempio, nel
caso in cui il soggetto riferisca dolore nel prendere libri su
uno scaffale, è possibile metterlo prono con colonna
iperestesia ed un braccio abdotto extaruotato (fig. 91).
Se, giunti a questo punto, ancora non si siano riscontrati sintomi
rilevanti, si possono combinare entrambe le soluzioni
(angolazione più posizione funzionale). Fig. 91
37

8 - PPIVM’s (passive physiological intervertebral moviments)

Sono test che valutano i movimenti fisiologici intersegmentari. Servono per valutare i
movimenti tra due vertebre e non di tutta la colonna. Sono i movimenti che servono per
manipolare e rivalutare il paziente. Sono movimenti di Flessione, Estensione, Rotazione e
Flessione laterale.
A differenza dei movimenti accessori, hanno direzione curva e non lineare.
Consideriamo sempre il tratto T10-S1:
• Flessione: il paziente giace sul lato con la colonna lombare perfettamente allineata.
Il fisioterapista, col corpo, determina la flessione e la sente col dito medio della
mano craniale tra le due spinose della vertebra da valutare (figg. 92, 93, 94 e 95).
La massima quantità di flessione (8°) è a livello di L4 – L5. Una cosa importante è
non variare l’angolo della flessione dell’anca. L’unica cosa che varia è il raggio di
movimento determinato dalla rotazione del fondoschiena del fisioterapista (piccolo
per tratto lombare basso, grande per l’alto). Ogni volta che si è testato un livello,
bisogna riposizionare il paziente nella posizione di partenza.

Fig. 92 Fig. 92: le rotule del


paziente guardano
avanti, appoggiate al
corpo del fisioterapista,
che determinerà il
movimento.

Fig.93: la mano caudale


Fig. 93 afferra il cavo popliteo
per creare un corpo fisso.

Fig.94: la mano craniale


Fig. 95
pone il dito medio tra le
due spinose, sentendo se
si avvicinino o
allontanino.

Fig. 95: posizionamento


del dito medio, visto sullo
Fig. 94 scheletro.

• Estensione: è lo stesso movimento, in


direzione opposta. Fisiologicamente il
range è minore in estensione rispetto alla
flessione. Si osservi con attenzione come
l’angolo di flessione dell’anca rimanga
invariato durante tutto il movimento sia in
flessione che in estensione (fig. 96).

Fig. 96
38

• Rotazione: trovata la zona neutrale (la via di mezzo tra la massima estensione e la
massima flessione), si stabilizza il paziente (fig. 97), sdraiandovisi sopra (fig. 98),
col dito medio che fissi la spinosa superiore, sentendo col polpastrello il movimento
di quella inferiore (fig. 99). La mano craniale, spingendo in avanti la cresta iliaca,
imprime la rotazione. E’ molto difficile valutare la rotazione dalla parte opposta
tirando la cresta iliaca, per cui è più utile girare il paziente dalla parte opposta.
• Flessione laterale: fissato il paziente in posizione neutra, la mano caudale va sotto
il trocantere controlaterale e, ruotando col tronco verso la testa, il fisioterapista
imprime una flessione laterale (fig. 100), prestando attenzione a non compiere il
movimento col braccio.
Fig. 97: fissazione del
paziente nella zona
neutra tra flessione ed
estensione, con dito
medio che valuta la
rotazione.

Fig. 97 Fig. 98 Fig. 98: spinta della


cresta iliaca per
imprimere rotazione.

Fig. 99: valutazione


della rotazione vista
sullo scheletro.

Fig.100: Valutazione
Fig. 99 Fig. 100 della flessione laterale.

TECNICHE DI TRATTAMENTO IN ROTAZIONE

Supponiamo un problema discale: sappiamo che il disco è costituito da 12-15 anelli


concentrici con lamelle in direzioni oblique alternativamente opposte. Dalla teoria
sappiamo che mobilizzare in rotazione può essere molto utile per variare la pressione
intradiscale, soprattutto per quei pazienti in cui il problema (Pain o Resistance) si manifesti
in rotazione.
Maitland ha elaborato delle tecniche in rotazione che vengono utilizzati solo per il
trattamento e non per la valutazione, che si indicano così:

REGOLA: Nella colonna vertebrale per il paziente SIn si utilizzano solo movimenti
accessori o movimenti di rotazione di grado I o II.

Il brick wall sarà questo:


TEORIA: | CLINICA:
Il disco per come è fatto | Il paziente ha il sintomo
può avere giovamento | in rotazione
dalla rotazione |
|
La rotazione dà giovamento | Paziente SIn, movimento di rotazione I e II
a pazienti con sintomi in | hanno lo stesso effetto dei movimenti
flessione laterale | accessori
omolaterale |
39

REGOLA: il paziente SIn viene trattato sempre in posizione antalgica.

GRADO 1: posizionato il soggetto in posizione antalgica, si compiono con due mani delle
piccole rotazioni scegliendo la direzione che non evochi sintomi (fig. 101). Dopo avere
provato tutte le diagonali che si riescano ad immaginare, si sceglie quella che nel
diagramma presenti la distanza A-P1 maggiormente ampia. La progressione sarà di
arrivare in posizione neutra (fig. 102) e lì trattare il paziente (fig. 103).

Fig. 101 Fig. 101: tecnica di trattamento in rotazione di GRADO I.


Scelta della diagonale meno sintomatica, con paziente in
posizione antalgica.

Fig. 102: progressione con arrivo del paziente in


posizione neutra (magari anche dopo una settimana di
trattamento).

Fig. 103: GRADO I con paziente in posizione neutra.

Fig. 104: posizione neutra per GRADO II.

Fig. 105: trattamento di GRADO II.

Fig. 102 Fig. 103

GRADO 2: la posizione neutra sarà con mano del paziente sulle proprie coste ed il condilo
femorale che si trova sopra più avanti dell’altro (26), per consentire la rotazione, che sarà
corretta solo se il bacino andrà avanti quando la spalla andrà in dietro (27).
Fig. 104 Fig. 105
40

I gradi 3 e 4 si svolgono a livello segmentario e non generale. Per eseguirli correttamente


bisogna prima posizionare in posizione neutrale l’articolazione da mobilizzare.

GRADO 3: trovata la posizione neutrale (flesso-estensione) del segmento da mobilizzare,


si raddrizza la gamba del paziente che si trova sotto (fig. 106) in modo che il piede esca
dal lettino onde evitare rotazioni indesiderate, per poi ricontrollare la posizione neutrale,
verificando di non esserne “usciti” (fig. 107). Controllando sempre il segmento, il terapista
si fa abbracciare dal paziente, tenendolo al collo; il fisioterapista, compiendo col corpo una
rotazione in modo da portare lo sterno del paziente verso il soffitto, verifica che la
rotazione avvenga sempre al livello desiderato (figg. 108 e 109). A questo punto si mette
dietro al paziente: la mano caudale sta sul bacino ed imprime la rotazione, mentre l’altra
sta sulla spalla, che viene fissata e non si muove (fig. 110).

Fig. 106 Fig. 107

Fig. 109

Fig. 108

Fig. 110 Fig. 106: posizione del paziente nella zona


neutrale con una gamba dritta.

Fig. 107: controllo per il mantenimento della


zona neutrale.

Fig. 108: posizione di partenza per la verifica


della rotazione al segmento desiderato.

Fig.109: posizione di arrivo per la verifica


della rotazione al segmento desiderato.

Fig. 110: Manovra per una corretta


mobilizzazione di grado III.
41

GRADO 4: dapprima si posiziona il paziente come nella mobilizzazione di grado tre, fino a
portarlo in rotazione. La fissazione alla spalla avviene non più solamente con la mano, ma
con tutto il corpo (figg. 111 e 112). Con la mano sul bacino si imprime un movimento di
grado 4 (--, -, 0, + e ++).

Fig.111:
posizione di
partenza per
una
mobilizzazione
di gradi IV.

Fig.112:
posizione di
arrivo per una
mobilizzazione
di gradi IV.

Fig. 111 Fig. 112


42

COLONNA CERVICALE

C/O (Esame soggettivo):


Per colonna cervicale, funzionalmente, viene considerato il tratto compreso tra occipite e
T4, ma possono essere considerati di pertinenza cervicale anche problemi che arrivino
fino a T8.
Funzionalmente si divide in:
• Alta: C0-C3 Æ principale reazione sintomatologica il mal di testa – movimento di
testa su collo.
• Media: C3-C5 Æ principale reazione sintomatologia collo, torace braccia –
movimento di collo su collo.
• Bassa: C5-T4 (…T8) Æ principale reazione sintomatologia collo, torace braccia –
movimento di collo su tronco.
Il tratto cervicale ha la particolarità di ospitare l’arteria vertebrale.

Tratto cervicale alto


I sintomi principali sono rappresentati dal mal di testa. Per comprendere tale fenomeno si
pensi al nervo trigemino: esso ha tre nuclei (tra cui il caudale, che è meccanicamente in
contatto con le corna posteriori di C1,C2 e C3). Sia le corna posteriori di C1, C2 e C3, sia
le radici del nervo trigemino convergono al nucleo caudale, che è deputato a portare
informazioni al cervello. Di fronte ad alterazioni di queste strutture, proprio per il fenomeno
della convergenza, si può arrivare a blocchi articolari.

cervello

nucleo caudale

trigemino C1, C2, C3

Spesso avviene che una lesione cervicale porti informazioni al cervello, il quale dà una
risposta che, per errore di interpretazione a livello del nucleo caudale, può tornare alle
strutture del nervo trigemino. Ciò significa che tutto ciò che è innervato a livello di C1, C2 e
C3 può portare a mal di testa: articolazioni, legamenti, mandibola, prima costa, muscolo
trapezio, SN neurovegetativo, nervo ipoglosso (C1, ne sono caratteristiche le sensazioni
di lingua pesante).
L’articolazione C2-C3 sembra essere l’articolazione più spesso coinvolta nei mal di testa
(60% dei casi).
I dischi ricevono fibre dal nervo sinu-vertebrale, misto in quanto sia motore che
neurovegetativo, plurisegmentale, per cui discopatie ad un livello compreso tra C1 e C3,
possono portare a mal di testa.
Si arriva a considerare cervicale il tratto del rachide che arriva fino a T8, perché
l’innervazione vegetativa del collo arriva fino a tale segmento.
In una carta del corpo con mal di testa la localizzazione del dolore non dà nessuna
informazione sulla struttura del dolore. Dobbiamo sempre pensare a C1,C2, C3. Se il mal
di testa è unilaterale è molto probabile che la struttura responsabile sia unilaterale sempre
dallo stesso lato. Più il paziente è preciso nella localizzazione più l’origine cervicale è alta,
mentre più vago, più è bassa (si pensi ai sudatomi). Nel 95% dei casi il paziente con
cefalea nella propria storia problemi cervicali.
43

La qualità dei sintomi è definita come mal di testa pulsante, pesante, a “fascia”, fotofobia,
vertigini.
La storia ci racconta più spesso a dolore causato da posizione piuttosto che da movimenti
(computer, parrucchieri ...). Quando il paziente riferisce dolore mangiando, ci fa pensare
alla mandibola.
EMICRANIA: sono problemi vascolari. Sono pazienti che raccontano di avere giovamento
dal medicamento, e che, in assenza di tale assunzione, presentano un dolore fortissimo
(prima fase di vasocostrizione), dolore che poi porta a vomito (seconda fase, di
vasodilatazione), e che dopo ancora si sentono stanchissimi. La zona di localizzazione
può variare e non è patognomonica. Spesso presentano dei trigger (cioccolato, caffè, latte,
limone, cervicale…).
A livello di trattamento, come fisioterapisti, siamo un po’ limitati, ma possiamo valutare la
cervicale dalla A alla Z, trattando tutto ciò che troviamo. Può succedere che l’emicrania si
presenti in modo meno frequente o meno intenso. Una cosa importante è informare il
paziente che non guarirà mai.

PRESE PER LA COLONNA CERVICALE:


PA su spinosa di Cx: fronte del paziente appoggiata sulle proprie mani (con
asciugamano interposto) (fig. 113). Il fisioterapista appoggia le cosce al letto, con lo sterno
perpendicolare alla vertebra da mobilizzare (fig. 114). Le mani “sposano” il collo del
paziente, coi pollici tra loro a 90° (fig. 115), e si muove col corpo (la morsa non deve mai
mollare). Mobilizzando la Cx alta mignolo e anulare del fisioterapista si vanno a trovare
sulla mandibola (fig. 116), nella Cx media solo il mignolo e nella Cx bassa sono sul collo.

Fig. 113: PA su
Cx. Il paziente
giace prono con
la fronte
appoggiata alle
sue stesse mani.

Fig. 114: PA su
Cx. Il terapista è
Fig. 113 Fig. 114 in piedi dalla
parte craniale.

Fig. 115: PA su
Cx. I pollici sono
tra loro
perpendicolari.

Fig. 116: PA su
Cx alta. Anulare
e medio si
trovano sulla
Fig. 115 Fig. 116 mandibola.
44

Tratto cervicale basso:


Il tratto compreso tra C3 e C7 ha le funzioni di muovere, di stabilizzare e di portare il peso
della testa (mediamente, 5 kg) grazie anche alle articolazioni unco-vertebrali. Queste
ultime, dette anche articolazioni di Luska, presenti solo nel tratto cercale, servono a dare
maggiore stabilità e protezione ai dischi ed a difendere la parte laterale del canale
vertebrale e dell’arteria vertebro-basilare. Tale particolarità si rende necessaria poiché a
questo livello ritroviamo un disco più vulnerabile, data la marcata mobilità della colonna
cervicale. Per tutti questi motivi si riscontrano più frequentemente osteofiti a livello
cervicale piuttosto che negli altri tratti del rachide.
I dischi della colonna cervicale, dall’età di 9 anni si cominciano a fissurare. Questo fatto
spiega come a livello cervicale non esistano ernie con materiale nucleare, che dall’età di
15 anni non esiste più, completamente degenerato.
Nel tratto cervicale il nucleo rappresenta solo il 25% del disco, mentre a livello lombare ne
costituisce il 50%.
I sintomi causati da disturbi del tratto cervicale basso possono essere:
• Dolore
• Limitazione del movimento
• Mal di testa (Sistema Nervoso vegetativo)
• Formicolìo
• Debolezza
• Pesantezza
Sulla carta del corpo il sintomo non è strettamente correlato alla struttura, per cui non
bisogna partire sicuri dalla localizzazione dei sintomi. Ad esempio, il dolore posteriore,
localizzato e fisso a forma di moneta tra le scapole o spostato al bordo della scapola,
rappresenta il “dolore di Cloward”, che spesso è dolore del disco a livello cervicale. Si
consideri, poi, come il dolore viscerale possa indurre a commettere errori diagnostici.
Il comportamento del dolore di questi pazienti, che hanno problemi soprattutto di postura,
può essere legato anche ai movimenti. Non bisogna sottovalutare questi aspetti, perché a
volte il paziente non riferisce spontaneamente i sintomi e deve essere capace il
fisioterapista di porre le domande corrette. Le attività che abitualmente risultano
negativamente influenzate da disturbi a questo livello sono:
• Retromarcia
• Prendere oggetti in alto
• Alzare un peso
• Guardare in alto
• Lavarsi i capelli dal parrucchiere
• Dolore notturno
Si presti attenzione a questo grafico,

C R2
IV+

P’

--
A R1 P1 B

E’ un paziente osteoporotico, poiché il fisioterapista si è fermato con una mobilizzazione di


grado IV+ e non IV++.
45

Pazienti con instabilità cervicale, spesso presentano apprensione durante l’estensione,


oltre che a crepitazione.
L’arteria vertebrale può essere stressata in rotazione a livello C1-C2. Quando si pensa ad
un’insufficienza, bisogna pensare alle 5 D di Codman:
• Dizzness (vertigine)
• Diplopia (vedere doppio)
• Drop attacks (perdita improvvisa di tono muscolare senza perdita di conoscenza)
• Dysarthria (difficoltà a parlare)
• Dysphagia (difficoltà a deglutire)
A livello articolare abbiamo tantissimi meccanorecettori, così come a livello muscolare.
La vertigine può comparire per diverse cause, e la sua caratterizzazione può essere utile
ad individuarne causa e struttre responsabili:
• Se è d’origine vestibolare, si presenta come molto forte e può durare da pochi
minuti, fino ad un’ora, senza possibilità di influenzarla;
• Se è d’origine cervicale, dura pochi secondi;
• Se d’origine propriocettiva, risulterà legata al movimento veloce;
• Se vascolare, comparirà sempre in posizioni fisse.
Una diagnosi differenziale si può compiere chiedendo al paziente di ruotare velocemente
la testa a occhi aperti, e poi di ruotare il tronco a occhi chiusi, tenendogli ferma la testa: se
la vertigine compare nel primo caso, sarà d’origine vestibolare; viceversa, sarà cervicale.

P/E (Physical examination, esame fisico):


1. Present Pain, dolore principale attuale.
2. Ispezione:
• Altezza delle spalle: per definire se una spalla sia più bassa, è opportuno
valutare se la clavicola è tendente all’orizzontale. Infatti un’inclinazione di
circa 30° rispetto allo sterno è normale, mentre se l’angolo aumenta,
significa che la spalla è più alta.
• Dorso piatto o dorso curvo: si noti bene che è preferibile il secondo caso,
perché sottintende ad un’ammortizzazione funzionante.
• Tricipite, bicipite: chiedere sempre al paziente il lato dominante.
• Inclinazione della testa: nel caso sia inclinata, chiedere correzione,
ipercorrezione e registrare la risposta.
• Rotazione della testa: nel caso sia inclinata, chiedere correzione,
ipercorrezione e registrare la risposta.
• Trofismo dei cucullari, se fosse presente un’asimmetria, potrebbe deporre
per una prognosi più lunga, poiché significherebbe postura alterata o deficit
neurologico presente da lungo tempo.
3. Movimenti attivi: si valutano in posizione seduta, in modo da averla sempre uguale.
• Flessione: osservare la distanza mento-sterno (a bocca chiusa), e osservare
la quantità di movimento ai diversi livelli; osservare se il naso si sposti in
modo lineare o meno. Se necessario (assenza di sintomi), compiere delle
OP, stando attenti che il gomito della mano craniale sia una continuazione
del collo (fig. 117), in modo che l’OP sia perfettamente allineata alla
direzione del movimento. Se compare dolore in flessione, è necessario
differenziare i livelli:
I. Tratto Cervicale Alto (TCA): presa su mento e occipite, movimento
circolare con ampio raggio.
II. Tratto Cervicale Medio (TCM): stessa presa su mento e occipite, con
movimento circolare a raggio meno ampio (fig. 118).
46

III. Tratto Cervicale Basso: il gomito craniale è sempre allineato al naso


del paziente, per compiere un movimento circolare verso l’ombelico
del paziente (fig. 119).

Fig. 117 Fig. 118 Fig. 119

Fig. 117: OP generale in flessione del tratto cervicale.

Fig. 118: Differenziazione dell’OP per il tratto cervicale alto o medio. Nel primo caso il
movimento avviene con raggio più ampio.

Fig. 119: Differenziazione dell’OP per il tratto cervicale basso. Il movimento avviene
portando il naso del paziente verso il proprio ombelico.

• Estensione: si osserva frontalmente se il movimento avvenga allineato o


meno, usando come riferimento il naso e le sue eventuali deviazioni laterali
durante il movimento. Si analizza inoltre, sul piano sagittale, se il mento
disegni una curva lineare o meno, dove avvenga principalmente il
movimento (piega della cute) e l’angolo che forma la testa. Nel caso non si
trovino i sintomi, si utilizzano delle OP, dapprima generalizzata (fig. 120).
Come nel tratto lombare, l’OP è al max IV+. Anche in questo caso bisogna
compiere OP localizzate per determinare il tratto coinvolto:
I. TCA: movimento di estensione con raggio ampio.
II. TCM: movimento di estensione con raggio più piccolo (fig. 121).
III. TCB: si noti bene come in questo caso non si cambino i rapporti tra
testa e collo, per cui il movimento avviene ad arco verso l’alto, come
per spostare C6 su C7 (fig. 122).

Il tutto va sempre annotato in cartella (fig. 123). La “traduzione” delle annotazioni in figura
è la seguente:
La flessione attiva termina con una distanza Fig. 123
mento-sterno di due dita, ove compare il
sintomo 1 della carta del corpo.
Con aggiunta di OP di grado IV- compare il
sintomo 2 a livello cervicale medio.
In estensione, che avviene a livello di C5, con
ROM di 50°, con OP di grado IV- compare il
sintomo 1 a livello cervicale alto.
47

Fig. 120 Fig. 121 Fig. 122

Fig. 120: OP generalizzata in estensione.

Fig. 121: Differenziazione tra OP per il TCA (raggio più ampio) ed il TCM (raggio
meno ampio).

Fig.122: OP per il TCA, con movimento a forma di arco verso l’alto, come per
“spostare” C6 da C7.

• Flessione laterale: si osservano i gradi dell’ampiezza di movimento,


utilizzando come riferimento il naso. L’OP è semplice: una mano fissa la
spalla e l’altra compie il movimento (fig. 124). Nell’OP localizzata, la mano è
messa di taglio a 45° (fig. 125). Nell’OP per il tratto alto la mano che fissa è a
livello di C2-C3 (fig. 126), nel basso a C5 (fig.127), mentre nell’alto la mano
viene girata (fig. 128) a livello del trapezio.

Fig. 126

Fig. 125

Fig. 127 Fig. 128

Fig. 124
48

Fig. 124: OP generalizzata in flessione laterale. Una mano fissa la spalla controlaterale al
movimento e l’altracompie il movimento dalla testa.

Fig.125: Visione sullo scheletro di come, per un OP localizzata, la mano che stabilizza
venga messa di taglio con inclinazione di 45°.

Fig. 126: OP per il tratto cervicale alto. La mano di taglio è posta a livello di C2, C3.

Fig. 127: OP per il tratto cervicale medio. La mano di taglio è posta a livello di C5.

Fig. 128: OP per il tratto cervicale basso. La mano viene girata a livello del trapezio.

• Rotazione: il fisioterapista è posto lateralmente e in diagonale rispetto al


paziente (fig. 129) ed osserva se il movimento avvenga puro o meno. L’OP
avviene con le mani che effettuano il movimento ed i gomiti che fissano le
spalle (fig. 130).

Fig. 129 Fig. 130

Fig. 129: posizione del fisioterapista per analizzare la rotazione cervicale.

Fig. 130: OP per la rotazione. Le mani guidano la testa mentre i gomiti fissano le spalle.

4. Dimostrazione Funzionale: Fig. 131:


Fig. 131
immaginiamo, per esempio, un
Dimostrazione
tennista che ha dolore nella regione
funzionale nel
del collo mentre effettua il caso diservizio
paziente
guardando la pallina: dalla posizione
tennista con
funzionale si va a mobilizzare dolorelenel
strutture per trovare il guardare la
movimento della struttura pallina durante il
probabilmente responsabile (fig.Il 131).
servizio.
terapista
mobilizza le
strutture nella
posizione
dolente.
49

Se non emerge nulla, è possibile passare al Quadrante. A livello cervicale dividiamo


un Quadrante superiore ed un Quadrante inferiore.
Quadrante superiore (estensione, rotazione e flessione omolaterale): essendo
un test d’accumulo, si andranno a compiere una flessione laterale solo dopo
un’estensione di grado IV++; una rotazione solo dopo avere tenuto estensione IV
++ con flessione laterale IV++.
Il primo passo è attivo, per un’estensione Cervicale alta massima (fig. 132); giunti
ad un grado IV++ si può aggiungere rotazione e, giunti al grado IV++, flessione
laterale. Le componenti laterali saranno di ampiezza minima (fig. 133).

Fig. 132: Quadrante Fig. 132 Fig. 133


superiore. Estensione
cervicale alta
massima fino al grado
IV++.

Fig. 133: Quadrante


superiore. Dopo
l’estensione cervicale
alta si passa alle
componenti laterali,
che saranno di
ampiezza comunque
minima.

Quadrante inferiore (estensione, flessione e rotazione omolaterale): non è un


test accumulativo. Si posiziona la mano del lato delle componenti laterali sulla spina
della scapola del paziente, chiedendogli di portare l’orecchio verso di essa (fig.
134), per cui il paziente si trova già in flessione laterale e rotazione omolaterale.
L’altra mano va sull’osso zigomatico, portando la testa del paziente fuori
dall’estensione cervicale alta (fig. 135). Dopodiché è possibile spingere con la
stessa mano per portare in estensione la colonna cervicale bassa, avvicinando le
due mani (fig. 136). A questo punto si può valutare la componente più indicativa
(rotazione o flessione laterale).

Fig. 134 Fig. 136

Fig. 135

Fig. 134: Quadrante Inferiore. Il paziente porta l’orecchio verso la mano del
terapista, che sta sulla spina della scapola.

Fig. 135: Quadrante Inferiore. Il terapista porta la testa “fuori” dall’estensione


cervicale alta.

Fig. 136: Quadrante Inferiore. Estensione della colonna cervicale bassa.


50

5. Esame Nerologico: lo si compie solo nel caso in cui il paziente riferisca:


• Atrofia
• Problemi di sensibilità
• Dolore lineare
• Dolore distale più intenso che prossimale
• Irradiazione del dolore distale al deltoide
• Trauma recente
• Disco
• ….

6. Palpazione:
• Temperatura con dorso della mano (fig. 137)
• Skin drag (fig. 138)
• Mobilità cute (fig. 139)
• legamenti interspinali (fig. 140)
• legamenti interlaminari (fig. 141)
• legamenti interlaminari solo con dito medio (fig. 142)
• allineamento spinose (fig. 143)
• allineamento spinose per rotazione (fig. 144)
• allineamento lamine in rotazione (fig. 145)
• articolazioni: un pollice sposta il muscolo (fig. 146) e l’altro si muove su e giù
(fig. 147)
• tono muscolare multifido (fig. 148)

Fig. 137 Fig. 138 Fig. 139

Fig. 141

Fig. 140 Fig. 142

Fig. 143 Fig. 145

Fig. 144
51

Fig. 147

Fig. 146 Fig. 148

7. PAIVM’s:
• PA centrale su C2: si compie in direzione dell’angolo delle labbra (fig. 149)
con i pollici sulla spinosa.
• PA centrale su Cx: si compie con spinta verso il pavimento.
• PA unilaterale (fig. 150): si sposta la muscolatura per imprimere la spinta con
i pollici.

Fig. 149 Fig. 150

Fig. 149: PA centrale su C2, con spinta dei pollici in direzione dell’angolo delle labbra.

Fig. 150: PA unilaterale su Cx, con spinta dopo avere spostato la muscolatura.

• AP unilaterale, si segna così:

è un’ottima tecnica da utilizzare quando:


ƒ ci si trovi di fronte a dolore unilaterale
ƒ ci si trovi di fronte a segni neurologici
ƒ ci si trovi di fronte a sintomi anteriori
Bisogna spesso mettere un piccolo cuscino sotto la testa per evitare che
l’iperestensione metta in eccessiva tensione i tessuti molli. Le dita vengono
messe davanti ai processi traversi e bisogna stare attenti al muscolo
sternocleidomastoideo, che è obliquo, per cui, per il tratto cervicale alto,
bisognerà passarvi davanti, per il tratto cervicale basso dietro. A volte può
fare meno male usare il muscolo stesso come cuscino.
La prima tecnica che analizziamo è con pollice su pollice: dito sui processi
traversi, l’altra mano sul mento per stabilizzare la testa (figg. 151 e 152) con
il relativo pollice sovrapposto al controlaterale. E’ importante sentire il livello
con l’indice posteriormente. Il movimento avviene con lo sterno sopra il livello
da trattare (fig. 153). Per il tratto cervicale basso la mano non sarà più sul
52

mento (figg. 154 e 155). La manovra non risulta dolente sui soggetti sani solo
se la presa non cambia intensità durante il movimento, che avviene sempre
col corpo.

Fig. 151 Fig. 152

Fig. 153 Fig. 154 Fig. 155

Fig. 151: AP unilaterale, posizione delle dita sullo scheletro.

Fig. 152: AP unilaterale, posizione delle mani sul paziente.

Fig. 153: AP unilaterale sul tratto cervicale alto. Si isservi come lo sterno del
terapista cada sull’articolazione da trattare.

Fig.154: AP unilaterale sul tratto cervicale basso.

Fig. 155: AP unilaterale, posizione delle dita sullo scheletro, per il TCB.

7) PPIVM’s: Si effettuano per valutare qualità e ampiezza del movimento, per la posizione
premanipolativa, per valutare il trattamento…
a. Flessione-stensione: Il dito indice è posto posteriormente (fig. 156) a livello
delle articolazioni ed i pollice anteriormente per prendere la vertebra (fig.
157). Il movimento non avviene coi polsi, ma con il corpo, tenendo la testa
appoggiata sulla propria pancia senza compressione, per compiere flessione
(fig. 158) ed estensione(fig. 159) a livello segmentarlo e non globale. Le
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mani tengono insieme tutto il tratto superiore all’articolazione che si muove.


Per il TCA il raggio è piccolo, mentre per il TCB è grande.

Fig. 156 Fig. 157

Fig. 158 Fig. 159

Fig. 156: PPIVM’s in flesso-estensione. Posizione dell’indice posteriormente visto su


scheletro.

Fig. 157: PPIVM’s in flesso-estensione. Posizione del pollice anteriormente visto su


scheletro.

Fig.158: PPIVM’s in flessione.

Fig.159: PPIVM’s in estensione. La testa del paziente è appoggiata sulla pancia del
terapista, che con le mani fissa tutto il tratto superiore a quello da valutare, mentre
effettua il movimento con il corpo.

b. Flessione
laterale: come
nel tratto
lombare è
necessario
prima
posizionare in Fig. 160 Fig. 161
posizione
neutra la
flesso-estensione per potere sentire l’apertura o la chiusura tra due vertebre
(fig. 160). L’apertura si avverte con l’indice posteriormente (fig. 161).
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c. Rotazione: la palpazione avviene più lateralmente, con la fine del


polpastrello, per avere una leva più vantaggiosa per la rotazione. La mano
che effettua il movimento viene messa sulla fronte dal lato della rotazione
(fig. 162). La spinta avviene con la mano e non con il corpo (fig. 163) ed
avviene con una sola mano per evitare di girare tutto il tratto (fig. 164).

Fig. 162 Fig. 163

Fig. 162: PPIVM’s in rotazione, posizione


di partenza con una mano sulla fronte
che fissa la testa dal lato della rotazione,
mentre l’altra palpa posteriormente
l’articolazione che si muove.

Fig. 163: PPIVM’s in rotazione, posizione


di arrivo.

Fig. 164: posizione sullo scheletro per


fissare tutto il tratto superiore al
Fig. 164 movimento.

8) Esame Neurodinamico: test non obbligatorio, da fare nei casi già descritti come nella
colonna lombare, ma anche per quei soggetti che sono “terapia-resistenti”. Spesso,
quando il paziente non migliora oltre un certo grado, è utile trattarlo in posizione
funzionale con stress neurodinamico, poco prima del sintomo.
A livello dell’arto superiore si usa per tutti i problemi di collo con coinvolgimento
dell’arto superiore:
• ULNTT 1 (Upper Limb Neural Tensioner Test 1): per questo test sono
necessari 90°di abduzione, 90° di rotazione esterna della spalla, estensione
completa del gomito, supinazione dell’avambraccio, estensione del polso.
Questo significa che bisogna prima sempre verificare la mobilità delle singole
articolazioni. Si effettua sempre bilateralmente, partendo dal lato sano. La
posizione è standard e richiede l’assoluta assenza di cuscini, per non viziare
la tensione neurale globale.
La presa della mano è come nella vecchia tecnica di Bobath (fig. 165);
l’abduzione avviene con la coscia del fisioterapista che spinge il gomito (fig.
166). La sequenza dei movimenti è:
1) Abduzione di spalla;
2) Extrarotazione di spalla;
3) Estensione di polso;
4) Supinazione di avambraccio (fig. 167);
5) Estensione gomito (fig. 168).
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La differenziazione strutturale può essere la flessione laterale del collo (fig.


168), ma anche l’estensione del braccio conrolaterale, o, ancora, lo SLR. E’
importante differenziare lontano dall’interfaccia dove è presente il sintomo,
che può essere dolore, tensione, ma anche la resistenza che si avverte al
test. Un test è normale, se i sintomi sono simmetrici: in un paziente con
sintomi bilaterali, essi possono essere simmetrici, ma è importante sapere se
quelli evocati siano i sintomi noti del paziente.

Fig. 165 Fig. 166 Fig. 167

Fig. 168 Fig. 169

Fig. 165: ULNTT 1. Presa della mano del paziente alla “Bobath”.

Fig. 166: ULNTT 1. Abduzione della spalla con spinta della coscia del fisioterapista sul
gomito del paziente.

Fig. 167: ULNTT 1. Abduzione ed extrarotazione della spalla; estensione di gomito;


supinazione dell’avambrccio.

Fig. 168: ULNTT 1. Estensione del gomito.

Fig. 169: ULNTT 1. Differenziazione strutturale con inclinazione laterale del capo.

Fig. 170
Anche il test
neurodinamico va segnato
in cartella con segni
convenzionali (fig. 170).
La “traduzione” è: comparsa del sintomo 1 a 30° dall’estensione completa di gomito,
che diminuisce con la flessione laterale destra del collo. L’ordine dei movimenti non è
contemplato in quanto standard.
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9) PAIVM’s 1° costa:

caudale

I simboli rappresentano, nell’ordine, un PAIVM PA, un PAIVM AP ed un PAIVM


longitudinale caudale, che, se nel simbolo non viene rappresentato con la parola
“caudale”, si intende laterale, impossibile nel caso della prima costa. Vediamoli nel
dettaglio:
a. PAIVM AP: le mani del terapista sono perpendicolari tra loro attorno ai seni, in
modo da poterlo eseguire anche alle donne (fig. 171).
b. PAIVM longitudinale caudale: il fisioterapista è posto in posizione a “cavalier
servente” (fig. 172) con i due pollici che spingono in direzione caudale (fig. 173).
Può essere eseguito anche con paziente prono (fig. 174).
c. PAIVM PA: si esegue coi pollici con paziente prono (fig. 175).

Fig. 171 Fig. 172

Fig. 174 Fig. 173

Fig.171: PAIVM AP.

Fig.172: PAIVM longitudinale caudale.

Fig.173: PAIVM longitudinale caudale,


posizione dei pollici.

Fig. 174: PAIVM longitudinale caudale


con paziente prono.
Fig. 175
Fig. 175: PAIVM PA.

10) Movimenti accessori per C1: la direzione del movimento PA centrale è verso gli occhi.
Le dita lunghe prendono le mandibole. E’ impossibile palpare C1, per cui si mobilizza la
base dell’occipite rispetto a C1 (fig. 176). Il movimento avviene per flesso-estensione
del corpo del fisioterapista. Un PA unilaterale (fig. 177) può avvenire prima, sopra o
dopo l’articolazione. Si segna con tre frecce, indicando quella relativa al punto preciso
del sintomo:

in questo caso sarà prima


dell’articolazione.
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E’ possibile compiere una differenziazione tra C1-C2 e C2-C3: si esegue un PA


unilaterale, ad esempio, a sinistra su C2 per poi chiedere una rotazione a sinistra: se il
dolore aumenta il problema è relativo a C1-C2, se diminuisce o è uguale, è di C2-C3,
poiché con la rotazione a sinistra viene aumentato lo stress articolare di C1-C2.

Fig. 176 Fig. 177 Fig. 176:


PA centrale
di C1, si
mobilizza
l’occipite su
C1.

Fig. 177:
PA
unilaterale
di C1. Può
avvenire
prima,
sopra o
dopo
l’articolazio
ne.

TECNICHE DI TRATTAMENTO IN ROTAZIONE

Come nel caso della colonna lombare, sono movimenti in rotazione, di diversi gradi:

GRADO I (fig. 178): tipica utilità nel paziente SIn molto irritabile. Si fa giacere il soggetto in
posizione antalgica o, in progressione, neutra: si sfrutta un cuscino morbido per compiere
delle piccole rotazioni tra A e P1.

Fig. 178

GRADO II: sono rotazioni di ampiezza maggiore (la distanza tra A e P1 è aumentata).

GRADO III e IV: è necessario mettere il paziente in posizione neutra per il segmento da
trattare, per poi posizionare la mano a “L” sotto l’occipite del paziente fino alla Cx da
trattare (fig. 179). La testa del paziente è appoggiata sul bicipite del terapista perché
quello sarà il centro di rotazione (fig. 180), che avverrà solo con le scapole del
fisioterapista con movimenti craniali alternati.
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Fig. 179

Fig. 179: tecnica di trattamento di grado


III e IV. La mano è posta a “L” fino alla
vertebra da mobilizzare.

Fig. 180: tecnica di trattamento di grado


III e IV. La testa del paziente è
appoggiata al bicipite del terapista, che
imprime il movimento attraverso
l’elevazione alternata delle scapole. Fig. 180

TECNICHE DI TRATTAMENTO IN FLESSIONE LATERALE

Sono altre due tecniche di trattamento che si segnano in cartella con i seguenti sintomi:
e che stanno ad indicare, rispettivamente, la flessione laterale sinistra e
destra. Tali tecniche non si usano per pazienti SIn.

I criteri di scelta per usare un trattamento di questo tipo, sono:


• Sintomi del paziente in queste posizioni;
• Fallimento del trattamento in rotazione, possibile poiché da C2-C3 la rotazione
e la flessione laterale sono movimenti combinati;
• Sintomi o segni unilaterali.
Il fisioterapista dapprima trova la zona neutrale della flesso - estensione (fig. 181 e 182).
Un buon esercizio per imparare a trovare la zona neutrale del tratto cervicale alto, è
quello di cercarla senza muovere una moneta precedentemente posizionata appena sopra
lo sterno (fig. 183). E’ bene ricordare, come repere, che lo sternocleidomastoideo fino a
C4 è laterale alle vertebre e ai livelli sottostanti è mediale.
La mobilizzazione, che può essere compiuta con tutti e quattro i gradi di movimento,
avviene attraverso lo spostamento del peso del corpo del fisioterapista da un piede
all’altro, mentre tiene fermo il corpo (figg. 184 e 185). Il fisioterapista, posto dal lato della
mobilizzazione, fa in modo che il centro della testa del paziente si trovi in corrispondenza
del proprio bicipite del lato opposto a quello da mobilizzare, mentre, con il gomito sempre
appoggiato al corpo, pone la mano a prendere il mento del paziente (fig. 186).
La mano dal lato da mobilizzare fissa il livello da trattare, essendo posta di taglio a 45° su
tale tratto cervicale (figg. 187 e 188).
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Fig. 181 Fig. 182 Fig. 183

Fig. 184 Fig. 181: estensione C3-


C4 per la ricerca della
zona neutrale

Fig. 182: flessione C3-


C4.

Fig. 183: esercizio per la


flesso-estensione del
TCA le rughe sotto il
mento si muovono e la
moneta sta ferma; per il
TCB viceversa.

Fig. 184: Mobilizzazione


in flessione laterale.

Fig. 185

Fig. 186

Fig. 185: posizione del fisioterapista, che è


posto dal lato della flessione.

Fig. 186: esempio di flessione laterale C3-


C4. Il fisioterapista pone la mano a taglio di
45° sul livello da trattare, tenendo il proprio
gomito appoggiato al corpo.
60

Fig. 187 Fig. 188

Fig. 187: la mano dal lato del trattamento è posta a taglio di 45° sul livello da
mobilizzare.

Fig. 188: posizione della mano vista sullo scheletro

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