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a vic, elena, daniele

e un eroe che
non sa di esserlo
sul fondo dell’abisso.
sul fondo dell’abisso.

droga.

ti chiedono perché. ti chiedono di spiegare quello che


hai dentro la testa. ma non si rendono conto che non
servirebbe a nulla spiegare, perché non potrebbero mai
capire.
perché ti droghi?
perché fumi?
perché ti distruggi la vita con le tue stesse mani?
non capiscono che arriva un momento in cui lo fai per non
morire. perché è l’unica alternativa che hai. certo sarebbe
bello riuscire a fermarsi, a dire di no, a sopravvivere senza
dipendenze, ma non è per tutti credo. la vita non è per
tutti. alcune persone non sono fatte per la vita, soffrono
soltanto vivendo, ed è ciò che le porta a preferire la morte.
c’è una citazione di quel tale, larry brown, che fa “dopo
un anno di terapia il mio psichiatra mi ha detto forse la

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sul fondo dell’abisso.

vita non è per tutti” forse questa frase è vera, per quanto
sia doloroso da ammettere...
nessun drogato immagina mai di diventarlo, nessun ragazz-
ino pensa al proprio futuro e si vede drogato, o depresso,
o suicida.
il fatto però è che quel primo passo che si fa verso una
dipendenza è quello fatale, quello distruttivo, eppure è
quello più facile, oh se non è facile. è quello che ti trascina
nel vortice, e quando ti rendi conto di dove sei arrivato
non hai più vie di scampo, non puoi più uscirne, non puoi
farcela da solo, hai bisogno di qualcuno che ti afferri per
entrambe le mani e ti tiri fuori finché sei in tempo. e se
riesci ad uscirne vivi lottando per non avere una ricaduta,
perché quando ce la fai ti rendi conto di essere migliore,
che vali di più, che la tua vita vale di più, ma non sai
mai cosa verrà, non immagini quanto sarà difficile non ri-
caderci, non ricominciare.

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sul fondo dell’abisso.

“la droga da’ la droga toglie.”


nulla di più vero, da’ felicità artificiale e fuga momentanea,
ma ti toglie la vita. e la droga è solo una delle tante dipen-
denze possibili, ci sono cose che la gente non immagina
neanche possano creare dipendenza, che restano nascoste
ma sono altrettanto distruttive.
ognuno di noi ha i suoi demoni, alcuni urlano più di altri,
e chi ha la sfortuna di avere una mente rumorosa soffoca
sotto il peso di quelle voci, e allora scappa, cerca il dolore.
è una delle più strane forme di dipendenza il dolore, pen-
sare che qualcosa di cosı̀ negativo possa dare conforto e
sollievo è sconcertante, eppure è cosı̀. perché il dolore zit-
tisce tutto il resto, zittisce i pensieri che non si vogliono
ascoltare, quelle voci che urlano. perché distrae dal resto
del mondo, perché è meglio il dolore che il suicidio, perché
è molto più facile gestire il dolore fisico che quello che si
ha dentro. per questo c’è chi prende a pugni un muro o

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sul fondo dell’abisso.

un sacco, chi si brucia, chi si taglia, sono tutti modi per


infliggersi dolore che non sembra possano diventare una
dipendenza, ma la gente non immagina quanto sia diffi-
cile resistere al bisogno di farsi male, perché è l’unica cosa
che sembra certa quando nulla ha senso, perché fa provare
qualcosa.
nessuno vorrebbe essere abbandonato, lasciato da solo a
combattere contro se stesso per la propria vita, la verità
è che tutti noi in un modo o nell’altro gridiamo per un
aiuto, forse a volte siamo troppo orgogliosi per ammet-
terlo, ma in fin dei conti abbiamo bisogno di qualcuno per
non affogare.

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sul fondo dell’abisso.

notte.

buio.
terrori, tremori, brividi.
sogni disturbati.
incubi.
notti insonni.
un’anima tormentata brama il riposo.
brama la salvezza.
la luce.

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sul fondo dell’abisso.

azure.

a volte ho la mente talmente piena di pensieri che comincio


a perderli.
mi provoca un senso di frustrazione indescrivibile perché è
come perdere parti di me stessa. parti che non torneranno
mai più, nonostante ogni mio sforzo per recuperarle.
la quantità di emozioni che provo in contemporanea di-
venta travolgente. mi sopraffà. mi fa perdere la cognizione
del reale, mi sembra di fluttuare in un limbo dove ogni cosa
è chiara, soffice, luminosa, indefinita. come uno di quei
quadri impressionisti dove le cose non hanno contorno, im-
merse in una coltre di nebbia, come il fumo.
ecco.
la mia vita somiglia ad un quadro.
a volte è come se stessi fuori dalla tela, come se la guardassi
dall’esterno.

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sul fondo dell’abisso.

perdo il controllo sulle mie azioni, mi faccio trasportare


dagli eventi, forse per paura di prendere decisioni, forse
perché è decisamente più semplice lasciarsi trasportare che
comandare la propria vita. in quei momenti la nebbia nel
quadro sembra aumentare e coprire tutto.
anche le emozioni.
ma non è come se sparissero, è diverso, è come non riuscire
più a sapere cosa sentire, non sono felice, non sono triste,
non sono arrabbiata.
nulla.
il vuoto più totale.
mi dimentico “come” si faccia a sentire, a provare qualcosa.
ed è allora che i pensieri diventano negativi, che vivere di-
venta faticoso, che alzarsi dal letto la mattina diventa una
battaglia. che non pensare ad arrendersi diventa difficile.
che il mondo diventa azzurro.
non si dovrebbe desiderare la morte.

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sul fondo dell’abisso.

mai.
ma capita.
o almeno è quello che mi dico per non pensare di aver già
perso.

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sul fondo dell’abisso.

egoista.

non chiamarmi egoista finché non saprai cosa significa es-


sere me.
finché non capirai com’è svegliarsi alle tre del mattino con
il cuore in gola e un attacco di panico, e doverlo affrontare
da solo, perché non puoi svegliare nessuno, perché non
sapresti cosa dire.
non chiamarmi egoista finché non avrai capito cosa sig-
nifica stare svegli fino alla stessa ora a piangere per non
farsi vedere da nessuno, e per non farlo davanti agli altri.
non chiamarmi egoista finché non saprai cosa significa rinchi-
udersi in bagno dopo aver pianto, ad inciderti il braccio con
una lametta perché non ce la fai, perché vuoi disperata-
mente sentire qualcosa, sentirti vivo.
non chiamarmi egoista finché non avrai capito che mi fac-
cio sanguinare le nocche per non suicidarmi, perché quel

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sul fondo dell’abisso.

dolore mi tiene con i piedi per terra e mi distrae da quei


pensieri che rischiano di sopraffarmi ad ogni secondo del
giorno e della notte.
non chiamarmi egoista finché non avrai capito veramente
cosa significa doversi concentrare per riuscire a respirare
in alcuni momenti, finché non avrai compreso la quantità
di dolore che ogni giorno sopporto per non arrendermi.
e soprattutto non chiamarmi egoista se per cercare di restare
in vita finisco per ferire i sentimenti di qualcun altro, perché
sinceramente non me ne frega un cazzo degli altri se non
riesco neanche a tenermi in piedi da sola.

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sul fondo dell’abisso.

tremito.

la mia mente vacilla.


non distinguo più il concreto dall’immaginazione.
il sogno dalla realtà.
ciò che vivo nella mia mente da quello che vivo realmente.
sembrava cosı̀ reale.
era solo il mio corpo a tremare.
il mio cuore a battere furioso.
il mondo rimaneva immobile.
statico.
impassibile.
di notte la mia mente è cosı̀ sottile
che basta pochissimo per farla crollare.

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sul fondo dell’abisso.

lacrime.

sai perché piango?


non lo faccio più perché sto male o perché è tutto troppo
per me, ma perché è successo. quando le cose sono andate
male qualcosa è cambiato, e non riesco a capire come far
tornare tutto come prima, non so cosa fare. ho perso al-
cune cose importanti e non riesco a recuperarle, non più.
sembrano essersi alzati dei muri dove prima non c’era as-
solutamente nulla, e fa male perdere tutto all’improvviso...
è tutta una fregatura perché nessuno ti insegna come af-
frontare queste cose, come andare avanti senza perdere le
persone a cui tieni, e ti senti doppiamente fregato. perso
e abbandonato.

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sul fondo dell’abisso.

inquietudine.

non credo che la gente capisca veramente cosa significa


dover lottare contro la propria mente, sentirsi abbando-
nati e soli nonostante le persone che si hanno intorno, sen-
tire di non avere nessuno a cui parlare di tutta la merda
che ti passa per la testa, perché tanto nessuno capirebbe
davvero.
però ci sono quelle persone che ci provano davvero, che ti
fanno pensare che valga la pena andare avanti anche se
fa solo male, anche se fa schifo, perché ti danno speranza
nonostante tutto.
la cosa peggiore è l’inquietudine che non se ne va,
l’irrequietezza che ti fa sentire fuori posto in ogni situ-
azione, che ti fa sentire sbagliato.
perdere la propria identità, chiedersi “cosa ci faccio qui? a
chi importerebbe se me ne andassi? se non ci fossi più. il

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sul fondo dell’abisso.

mondo continuerebbe ad andare avanti e la terra a girare,


quindi perché non farla finita?” sarebbe tutto più semplice
sicuramente.

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sul fondo dell’abisso.

dubbio.

non so se mi sto pentendo.


di aver parlato quel giorno, di essermi aperta, di aver per-
messo ad un’altra persona di conoscermi. perché ora ci sto
solo male.
ho paura.
mi sono aperta troppo, ho esposto il peggio di me, e mi
sembra che tutto cada a pezzi, che le persone a cui mi
sono aperta mi ignorino, è sicuramente una mia impres-
sione, ma c’è, e mi uccide.
per questo ho paura di parlare, di dire altro.
vorrei ma non lo faccio, per difesa credo.
spingo via gli altri per non soffrirci ancora di più dopo,
perché prima o poi resterò di nuovo sola.

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sul fondo dell’abisso.

rabbia.

non esco perché non posso uscire, sono un pericolo per me


e per gli altri, una granata che può esplodere da un mo-
mento all’altro, non riesco a controllare le mie emozioni,
sono delle cazzo di montagne russe, un attimo sono tran-
quilla e quello dopo è rabbia nera, ho paura di far male
a qualcuno, perché non mi fermerei, e ho paura per me,
perché quei pensieri non se ne vanno, e non riesco a ge-
stirli, non avrei mai il coraggio di suicidarmi, non lo farei,
ma se fossi per strada e una macchina mi venisse addosso
non sono neanche sicura che mi scanserei, o che guarderei
la strada prima di attraversare, probabilmente no..

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sul fondo dell’abisso.

determinazione.

“non ti arrendere”.
non è un incoraggiamento qualunque, è un grido di battaglia.
la frase che mi è stata detta ogni volta che ho raggiunto
il fondo, e quella per cui non ho mai mollato. finora. a
volte il peso della realtà diventa insostenibile e ci trascina
giù, e il fatto è che in discesa è cosı̀ facile lasciarsi an-
dare, è una caduta libera, arrivi sul fondo, ti fermi, ci
resti. fa schifo però. il fondo fa schifo. ad un certo punto
bisogna risalire, ma non basta volerlo, “ci vuole determi-
nazione” e non è facile trovarla quando tutto va male e
sembra non avere senso, perché ti chiedi che senso avrebbe
continuare, ti convinci che nulla cambierà mai. ma non
è cosı̀. le cose cambiano. sempre. in meglio. bisogna
solo aspettare e trovare il coraggio di affrontare la vita. di
alzarsi in piedi e dire “mi riprendo la mia cazzo di vita a

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sul fondo dell’abisso.

qualunque costo, nessuno me lo impedirà, soprattutto non


me stesso, non importa cosa dovrò sopportare”. parlare,
fidarsi, levarsi quel peso dalle spalle, credere in se stessi e
trovare ogni giorno una motivazione per andare avanti, per
alzarsi e lottare, anche se piccola, anche se a qualcuno può
sembrare insignificante, l’importante è trovarla. bisogna
volerlo, farsi coraggio, impegnarsi, fare del proprio meglio
anche quando la luce alla fine del tunnel sembra essere
svanita, soprattutto in quel momento, quello peggiore, in
cui perdi la speranza, è proprio quello il momento in cui
bisogna impegnarsi di più. bisogna combattere. se stessi,
i propri demoni, le proprie paure, qualsiasi cosa intralci il
cammino, la salita verso la “superficie”. perché se non c’è
nessuna ragione al mondo per cui valga la pena rimanere
sul fondo ce ne sono infinite per cui vale la pena risalire,
sopportare quel dolore, farsi male, quantomeno per la luce
che c’è lassù, quella che non si vedeva più da tempo.

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sul fondo dell’abisso.

dolore.

distruggere.
tutto.
di me.
tutto l’odio,
tutto il dolore,
indirizzati a me.
un bisogno,
trasformare il dolore
nella mia mente
in qualcosa di fisico.
lividi.
tagli.
sangue.
dolore.
fa male,

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sul fondo dell’abisso.

brucia,
all’inizio.
poi è pace.

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sul fondo dell’abisso.

indifferenza.

a volte ci diciamo,
per orgoglio,
che una certa cosa non ci tocca,
che non ci fa male
e non ci importa.
ma la bugia serve a poco
in realtà,
perché sotto sotto,
in fondo al nostro cuore,
sappiamo bene che non è cosı̀,
che l’indifferenza è solo una facciata,
che serve a proteggerci,
ad avvolgere quel cuore
che non sappiamo più
come difendere.

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sul fondo dell’abisso.

è solo per gli altri.


dentro di noi,
è tutto chiaro,
dolorosamente definito,
ed è inutile mentire a noi stessi,
sarebbe stupido,
sotto la superficie
la verità è inevitabile.
possiamo fregare chi vogliamo
ma non noi stessi.

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sul fondo dell’abisso.

sfiducia

a volte perdo la fiducia. o cosı̀ sembra. ma non c’è un


motivo, è da dentro, perdo la capacità di fidarmi, ma se
mi sforzo in verità ci riesco. quindi non è come perderla
veramente, mi sale la paura di parlare e sto in silenzio.
ma vorrei farlo, lo vorrei tanto, solo che il dolore diventa
fisico, paralizzante, e tutto tace. forse il fatto è che perdo
la fiducia in me stessa, nella mia capacità di fidarmi del
prossimo, mi spaventa aprirmi tanto, parlare senza filtri,
farmi conoscere, anche con le persone a cui ho permesso di
conoscermi meglio in assoluto, e non ha senso perché non
si perde la fiducia negli altri cosı̀, senza una ragione, non
se non te ne hanno dato motivo. è egoistico in un certo
senso, non fidarsi più degli altri perché è la tua mente a
dirtelo, senza darti un motivo, nel più illogico dei modi;
la sfiducia mi terrorizza, ho paura di non riuscire più a

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sul fondo dell’abisso.

tornare a parlare, di perdere qualcosa e non riuscire più a


recuperarla. ogni volta che provo a sfidare la mia paura e
dire qualcosa mi tiro indietro, ed è sempre la stessa sto-
ria, non so cosa dire. magari è stupido. magari non lo è.
potrebbe non avere senso, questo si, ma ciò non toglie che
c’è, e mi blocca. ciò che fa male in realtà è sapere la fine,
sapere come si concluderà tutto quanto, perché l’ultima
volta non è tornata, o meglio sı̀, ma dopo mesi, tanti mesi,
e nonostante tutto ha alzato un muro che non riesco ancora
ad abbattere del tutto. forse non è detto che debba an-
dare cosı̀, forse ci vuole solo “determinazione”, forse l’unico
modo di saperlo è sfidare me stessa, chissà.

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sul fondo dell’abisso.

coraggio.

troppe volte hai rinunciato, perché non ti sentivi all’altezza,


perché non ti sentivi adeguata. ti sei tirata indietro per
paura. o per codardia. hai dato ascolto alle parole delle
persone, soprattutto quelle che non contano. ti hanno but-
tato giù. no, sei stata tu a farlo, ti sei buttata giù perché
hai dato peso ad un’opinione che non era tua. non serve a
nulla scaricare la colpa sugli altri, la verità è che non hai
avuto coraggio, o non hai voluto averlo in fondo, perché
“non vale la pena rischiare”. spesso hai pensato che ciò
che è, anche se fa schifo, è meglio di ciò che non puoi
sapere. hai perso molte occasioni, senza un vero motivo,
ti sei detta “tanto non fa per me” ”non ho le palle di
farlo” quando avresti benissimo potuto. hai perso tempo?
forse. oppure hai imparato qualcosa. hai imparato a dire
“sticazzi”, ad ascoltare le persone che contano, a provarci

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sul fondo dell’abisso.

anche quando sapevi che non ce l’avresti fatta, a dirti “se


non ci provo non lo saprò mai”. hai imparato a rimetterti
in piedi ogni volta che sei caduta, a lottare per risalire dal
fondo, anche se ogni volta sei riannegata. hai imparato
a dire ciò che provi anche a rischio di essere incompresa,
ad esprimere emozioni e sentimenti, a fidarti delle persone
giuste, a non aver paura di farti conoscere e capire, ad
arrabbiarti quando necessario, a piangere quando ti senti
male, a non arrenderti con le persone a cui tieni anche
a costo di sentirti stupida, ad ascoltare, ad affezionarti, a
rispondere “non bene” alla domanda “come stai?”. hai im-
parato a sopravvivere ogni volta che ti sei sentita disposta
a rinunciare, ogni volta che hai voluto rinunciare, anche se
lo hai fatto per chi ti sta intorno e non tanto per te stessa,
ma hai imparato a farlo. ancora non hai imparato ad af-
frontare la vita però. ma non importa. perché dopotutto
si perde solo quando si smette di provare.

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sul fondo dell’abisso.

amore.

probabilmente non sono la persona giusta per parlare di


amore, forse perché a lungo ho dimenticato come fosse
amare me stessa, forse perché una persona che odia cosı̀
profondamente non dovrebbe neanche parlare di amore, o
semplicemente perché chi è disposto a rinunciare alla pro-
pria vita non è capace di amare veramente. ma per quanto
assurdo possa sembrare in verità amo anche io, forse non lo
faccio come fa la maggior parte della gente, forse lo sento
in modo diverso, forse non faccio distinzione tra l’amore
romantico e quello che provo per le persone fondamen-
tali nella mia vita, forse mi affeziono un po’ troppo; sta
di fatto che ne sono capace, e quando succede amo to-
talmente, profondamente, incondizionatamente, cosı̀ tanto
che mi annullo in questo sentimento, e non mi fa bene, lo
so, ma mi fa stare bene e questo mi basta.

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sul fondo dell’abisso.

molti confondono l’amore con la necessità di avere qual-


cuno affianco, con la paura di stare soli, quindi pensano
di amare, quando in verità amano solo l’idea di loro stessi
con qualcuno. la paura della solitudine è legittima per
carità, ma non è come amare, sono due sensazioni com-
pletamente diverse. perché non sono solo le farfalle nello
stomaco, o il desiderio, nulla è comparabile alla sensazione
di gioia totale che ti da l’amore, l’essere disposti a fare di
tutto per le persone che si amano, gioire di ogni loro con-
quista, ogni vittoria, sentirsi orgogliosi di loro e non ca-
pacitarsi di aver avuto la fortuna di incontrarli, chiedersi
come facevamo a vivere prima di conoscerli. mi capita,
alcune volte, di guardare una persona che amo intenta a
fare qualcosa di semplice, come leggere, stare al telefono,
fumare, o ascoltare la musica, e pensare “dio, quanto ti
amo, come ho fatto finora senza di te?” ed è un’emozione
che mi sopraffà, che mi riempie il cuore di gioia e lo spezza

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sul fondo dell’abisso.

allo stesso tempo... amare in fondo è condividere, gioia,


dolore, vittorie, sconfitte, momenti belli, momenti brutti,
risate, lacrime, sono due persone che diventano una sola,
che si fidano ciecamente l’una dell’altra, che si affidano
l’una all’altra, che non hanno segreti e non si vergognano
di mostrarsi per quello che sono, che non hanno paura di
mostrare il bello e il brutto della loro personalità. quando
si ama non esiste me e te, ma solo noi, non si è mai
egoisti, perché mettere se stessi al primo posto diventa
l’equivalente di mettere la persona che si ama al primo
posto. è vero anche che l’amore è un sentimento che fa
paura in un certo senso, perché affezionarsi significa dipen-
dere da qualcuno, far si che la propria felicità dipenda da
quella di qualcun altro, ed è un rischio grande, è vero,
c’è chi ha paura di farsi male e preferisce stare solo, e c’è
chi ha provato qualcosa di simile all’amore e ha sofferto
quindi si chiude in se stesso, per non soffrire di nuovo,

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sul fondo dell’abisso.

ma la verità è che quando arrivano le persone giuste nulla


conta più, nessuna paura ha senso, perché l’amore non è
una scelta.

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sul fondo dell’abisso.

umano.

l’orrore di una mente


non si può controllare.
la violenza,
il sangue,
la distruzione.
tutto il Male che sta all’interno
e non può vedere la luce,
perché “sbagliato”,
una mente che esplode,
un ruggito,
è il grido della libertà,
la ribellione,
il frutto dei confini,
delle regole
e delle convenzioni,

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sul fondo dell’abisso.

di ogni limite posto dai nostri simili


per farci sembrare più umani,
quando è parte di noi,
la ferocia,
la barbarie,
il godere della sofferenza altrui.
non ci rende più umani
la finzione,
la falsa compassione,
è più umano
un mostro
di un presunto santo.

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sul fondo dell’abisso.

invincibile.

◮ PLAY: undefeated, skillet

cercare la sfida
ogni giorno,
in ogni cosa che si fa,
giocare per il gusto di farlo,
senza pensare che potresti perdere,
è quello il momento
in cui vinci,
in cui sei invincibile
perché non hai nulla da perdere,
metti in gioco solo te stesso
perché vuoi farlo,
perché il rischio ti eccita,
ti diverte,
sei curioso di sapere

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sul fondo dell’abisso.

come finirà,
fin dove puoi spingerti,
quale sarà il tuo limite,
come un animale
inferocito
che brama la preda,
implacabile
finché non crolla
o finché non vince.

35
sul fondo dell’abisso.

tagli.

notti passate,
una lametta tra le dita,
a incidere linee,
a sfogare l’odio,
ad affondare nella carne,
il sangue
che si raccoglie in gocce,
che scorre,
che tinge il bianco,
il bruciore che distrae
dai mostri della mente,
è un grido disperato
per sentire qualcosa,
per sentirsi di nuovo vivi.

36
sul fondo dell’abisso.

non mi vergogno, non più. non mi importa cosa potrebbe


pensare qualcuno vedendo il mio braccio, è parte di me,
della mia storia, e non posso far finta che non ci sia, nascon-
derli non cambierà le cose, quindi ho deciso di mostrarmi
per quello che sono veramente. sarò anche un ammasso di
errori e di rammarichi, ma sto facendo del mio meglio per
andare avanti, per vivere con questa cosa, come dovreb-
bero fare tutti. non bisogna mai vergognarsi di se stessi,
o di qualcosa che si è fatto, è cosı̀ che funziona la vita,
e far finta che qualcosa non esista non farà in modo che
quel qualcosa sparisca veramente. quindi la cosa più sana
è accettarsi per quello che si è, anche se non siamo belli,
per quanti sbagli possiamo aver commesso.
imparate ad amarvi perché è l’unica cosa che conta vera-
mente, perché in fondo se non siamo capaci di amare noi
stessi come possiamo dire di amare gli altri?

37
sul fondo dell’abisso.

morte.

non esistono morti belle, morti felici, o morti eroiche.


non esistono morti gloriose o indolori.
la morte è dolore.
non tanto per chi la subisce quanto per chi vede sparire
per sempre i propri cari.
non esistono valori, terre o bandiere per cui valga vera-
mente la pena morire e sacrificarsi.
forse si potrebbe morire per le persone che si amano.
questo si.
forse.

38
sul fondo dell’abisso.

follia.

non so più cosa sentire.


neanche più cosa pensare.
a volte ho il terrore di morire.
altre volte spero che la morte mi colga.
poi mi chiedo cos’è l’anima?
chi sono io?
cosa sono io?
e mi perdo.
e perdo la testa a pensarci.
e ho paura di ciò che non so.
che non posso sapere.
ho paura di me e dei miei pensieri perché mi sembra di
impazzire.
ma impazzire veramente, che se non vedo un altro essere
umano subito comincio ad urlare.

39
sul fondo dell’abisso.

certe volte vorrei tanto urlare.


ma poi non ho lo spazio per farlo.
sai mi sembra di essere prigioniera.
della mia stessa mente però.
questo lo so.
e mi fa crepare di paura.
so che potrebbe abbandonarmi in qualsiasi momento.
la mia ragione intendo.
tradirmi.
poi sarebbe finita.
per sempre.
che vita sarebbe quella di un pazzo?
non vorrei saperlo.

40
sul fondo dell’abisso.

salvezza.

sto di nuovo andando a fondo, nonostante tutto. non


ho più idea di come fare a salvarmi, sembra tutto cosı̀
“troppo”, e ho paura di andare fuori di testa. mi sembra
di impazzire. la mia mente, non so come fare a control-
larla, a placarla, a imbrigliarla; è lei che mi tiene legata,
che mi guida a suo piacimento, come fossi un suo burattino.
perdere il controllo è cosı̀ allettante, perché è cosı̀ facile, è
cosı̀ fottutamente facile che quando le cose si mettono male
è meglio dare di matto che razionalizzarle e affrontarle. “e
quando non stai male?” cosı̀ mi hai detto, e mi hai fatta
pensare, a come va la mia vita, a come mi lascio sopraffare
dalle cose, non tengo ordine, non tengo nulla in verità, le
cose mi scivolano addosso e dalle mani, e sembra tutto cosı̀
irrilevante, come se non mi importasse veramente, e vor-
rei che non fosse cosı̀, ma non riesco a controllarlo. le tue

41
sul fondo dell’abisso.

parole, sono state una scarica, un colpo sulla trachea, un


calcio nello stomaco; è sempre cosı̀, parli, mi dai contro, e
trovo la forza di andare avanti, anche se mi sembrava di
averla persa, di non essere più in tempo. è questa la mia
salvezza. tu sei la mia salvezza.

42
sul fondo dell’abisso.

creazione.

creiamo la bellezza dal nulla.


dalla rovina.
dalla distruzione.
l’arte nasce dove c’è emozione.
e soprattutto dove c’è dolore.

43
sul fondo dell’abisso.

voragine.

inquietudine soffocante.
che toglie il respiro.
il sonno.
non so cosa sia.
ma è qui.
non mi lascia mai.
a volte si ammutolisce.
ma poi torna prepotente.
all’improvviso.
inaspettata.
distruttiva.
è come una voragine che si apre nel centro del mio petto.
e fa male.
opprime i sensi.
le emozioni.

44
sul fondo dell’abisso.

tutto.

45
sul fondo dell’abisso.

gabbia.

la mente confina.
il cervello è una gabbia da cui non si può scappare.
ho dentro infinite cose.
emozioni.
idee.
parole.
creazioni.
ma restano dentro.
mi fanno somigliare ad una bomba.
pronta ad esplodere al primo sprazzo di libertà.
a tirar tutto fuori.

46
sul fondo dell’abisso.

pianto.

ci sono parole.
tante.
infinite.
intrappolate.
senza via d’uscita.
le lacrime sono un piccolo spiraglio per quelle parole non
dette.
non potranno mai parlare.
è vero.
ma è meglio che tenere tutto dentro.
e allora sgorgano inaspettate.
immotivate.
è un pianto che libera.
poi sono più lucida.

47
sul fondo dell’abisso.

tempesta.

quando arriva la tempesta


non sento nulla,
solo le urla nella mia mente
demoni che sovrastano tutto il resto.
ma ricordare,
quello fa male.
ciò che è stato,
che io sono stata,
tutto quello che ho amato
e che ora mi lascia indifferente,
con una voragine nel petto;
sono soltanto un guscio vuoto,
come la morte,
ma senza morire davvero.

48
sul fondo dell’abisso.

perdita.

come si fa a non perdere le persone a cui si tiene? cioè,


capitano tante cose nella nostra vita su cui non abbiamo
potere, e che ci trascinano in determinate direzioni, a volte
lontano dalle persone che contano, e il fatto è che non
penso di poterci fare nulla, mi sento impotente e vedo
quelle persone allontanarsi. ed è doloroso non riuscire a
controllare nulla.
a volte per forza di cose ci troviamo a comportarci in un
certo modo, magari poco piacevole, ma non perché ci vada,
ma perché è l’unica via che troviamo per andare avanti, e
questo sospinge via gli altri, che ovviamente non possono
immaginare cosa stia succedendo sotto la superficie.

49
sul fondo dell’abisso.

emozioni.

non è facile, per una persona come me spiegare quello che


ha dentro, quello che prova, cercare di raccontare come si
sente, perché la maggior parte del tempo non sa neanche
lei quello che prova o pensa, e perché comunque le parole
non basterebbero, diciamo che provarci è più o meno come
cercare di descrivere un colore ad una persona cieca. fatto
interessante, non sempre c’è un motivo, a volte succede
e basta, un evento, delle parole, determinate situazioni;
ma succede anche che una persona, in una stanza piena di
gente che ride e si diverte, ad un certo punto si fermi e non
sappia più cosa provare, ed è una delle situazioni peggiori
in cui potersi trovare. non bisogna mai chiedere perché, o
cosa sia successo, non c’è sempre un perché, questa “cosa”
è come il clima, non è qualcosa che può essere controllato
o che ha sempre un motivo. altro fatto interessante, non

50
sul fondo dell’abisso.

è tristezza, non è sentirsi tristi, non è vero, o meglio, lo


è solo in parte, perché la verità è che ci sente come un
ammasso informe di emozioni negative e vuoto assoluto, e
non è facile trovare una via in quel groviglio di sensazioni, è
una cosa che confonde e spaventa allo stesso tempo. nulla
sembra definito e con un contorno preciso, le cose si accav-
allano le une alle altre.
è come avere dieci tubetti di tempere di colori diversi, spre-
mere un po’ di ciascun tubetto e mischiarli tutti insieme,
verrà fuori un unico colore, molto probabilmente scuro e
sgradevole, ma comunque uno solo, ora cercare di far luce
su quello che si prova è come cercare di capire quali colori
sono stati mischiati tra loro per avere il risultato finale,
missione impossibile logicamente. diciamo pure che solo
chi ha provato può dire di capire veramente.

51
sul fondo dell’abisso.

comprensione.

una delle cose più spaventose nella vita è prendere co-


scienza del proprio essere in confronto al resto delle cose,
non diciamo dell’universo perché è una visione che noi non
possiamo comunque avere o comprendere. è sconcertante
capire chi si è realmente, o cercare di sondare il proprio
essere per capirlo, ti fa addentrare in pensieri pericolosi,
che non portano quasi mai a nulla di buono, ma è cosı̀
facile perdersi in essi, perché la verità è che è un modo di
guardare il mondo molto affascinante, cambia la prospet-
tiva con cui lo vediamo, e fa sembrare tutto più piccolo
e insignificante, persino se stessi, ed è qui che si comin-
cia ad annegare. ho cominciato a guardare il mondo con
occhi diversi da quando per la prima volta non ho sentito
nulla, è stato orrendo, stare li a guardare il vuoto e cer-
care di capire cosa mi stesse succedendo. la vera fregatura

52
sul fondo dell’abisso.

è che non esiste un catalogo delle istruzioni per la depres-


sione, nessun volantino o “depressione per negati” a fare
da guida, a dirti come comportarti quando l’unica cosa che
senti è il vuoto che hai dentro.
non credo che la gente con una mente serena e lineare
capisca cosa significa essere in continua lotta con i propri
pensieri, cercare sempre di domarli, di arginarli per non
affogarvi dentro, non è come chiudere una porta e tenere
fuori le cose scomode, è più come cercare di domare una
tigre inferocita, pensieri negativi sempre in agguato, in at-
tesa di una qualsiasi occasione per venir fuori e radere al
suolo qualsivoglia traccia di gioia o serenità. Nulla è più
estenuate di vivere in un corpo che vuole sopravvivere ma
con un mente che cerca continuamente di morire.

53
sul fondo dell’abisso.

resurrezione.

a volte si brama la morte.


forse perché il dolore è troppo.
forse per semplicità.
forse perché il mondo stufa.
dicono che non bisogna arrendersi a pensieri cosı̀ negativi.
ma come si fa a rifuggire un dolore tale da far desiderare
la morte?
come si fa a tornare a vivere dopo essere morti dentro?

54
sul fondo dell’abisso.

meraviglia.

mi sfugge qualcosa nel modo in cui cresciamo. perdiamo


sicuramente qualcosa per strada, ma non riesco a capire
cosa sia, forse l’innocenza, la curiosità, la capacità di mer-
avigliarci, non lo so... so solo che qualcosa va male, non
siamo più capaci di guardare il mondo come i bambini. non
diventiamo più saggi, affatto, solo più arroganti, meno sin-
ceri e limpidi. è triste.
una bambina scrive “ti voglio tanto bene, anzi di più, ti
voglio bene, cioè ti voglio cosı̀ bene più delle stelline” cosa
va male in noi che ci rende incapaci di dire qualcosa come
ti voglio bene più delle stelline? perché non ci riusciamo
più? non siamo capaci di ingoiare il nostro orgoglio, di
metterlo a tacere, di controllarlo invece di farci controllare
da lui?

55
sul fondo dell’abisso.

distanza.

mi dimentico di scrivere, ogni volta che riesco a parlare


con qualcuno non scrivo più, e non so quanto sia positiva
come cosa, so solo che non voglio ripetere lo stesso errore
che ho già commesso, non posso permettermi di fidarmi, di
aprirmi, di parlare, di affezionarmi, perché come la volta
scorsa, sarò io a starci male quando le cose andranno di
nuovo male, perché succederà, è inevitabile.

56
sul fondo dell’abisso.

incapace.

capita a volte che ti abitui a parlare con qualcuno, a rac-


contare tutto, anche se credevi che non lo avresti mai fatto.
poi ad un certo punto smetti perché non riesci più a parlare
e non sai perché, e vorresti farlo ma non ci riesci e le parole
tornano a sfuggire come prima. mi lascia solo l’amaro in
bocca non riuscire più ad esprimermi come avevo imparato
a fare.

57
sul fondo dell’abisso.

vorrei.

una parola piena di speranza.


vorrei qualcuno che si preoccupi per me, che tutte le mat-
tine mi chieda come sto. forse è una speranza vana.
forse non tutti possiamo avere quella persona.
vorrei qualcuno con cui confidarmi.
qualcuno con cui non aver paura di aprirmi e farmi leg-
gere, perché è spaventoso, lasciarsi leggere, comprendere,
denudarsi davanti agli altri. forse sarò codarda io ad av-
erne paura, ma è cosı̀.
qualcuno che ci sia. non sempre. non che mi stia sempre
accanto. ma che ci sia. quando ne ho bisogno. che mi con-
forti. che plachi l’inquietudine della mia anima con poche
parole o pochi gesti.
sto soffrendo forse.
forse è la prima volta che comprendo veramente la solitu-

58
sul fondo dell’abisso.

dine, e ne ho paura.
la depressione non è solitudine. per questo forse non l’ho
mai compresa veramente. quando sei depresso non ti im-
porta nulla di te, non sai nulla di te, perché non sai chi sei.
non sai quello che provi. non hai paura di stare da solo
perché non hai coscienza della tua persona. esisti forse.
ma non sei. non vivi. è una cosa straziante da ammettere,
ma è cosı̀.
e nel momento più buio non provi solitudine. no. solo
vuoto.
quindi mi rendo conto che ho tante belle persone a circon-
darmi, persone splendide, che amo infinitamente, per cui
morirei se necessario. ma nessuna di loro è quella persona
credo.

59
sul fondo dell’abisso.

piegati.

non ho nessuno a tenermi in piedi, ogni volta che cerco di


rialzarmi qualcosa mi butta giù a calci nello stomaco e mi
tiene piantata a terra, soffocandomi. non posso fare affi-
damento su nessuno. le persone deludono. tutte quante.
nessuno escluso.

60
sul fondo dell’abisso.

muro.

faccio quello che faccio perché sono io, e penso quello che
penso e dico quello che dico perché sono io, è tutto parte
di me, non puoi dividerci. non mi taglio perché voglio
morire, ma perché mi conforta, quel dolore, quel bruciore
mi conforta quando non so più cosa sentire o provare.
non penso di suicidarmi per attirare la tua attenzione, ma
perché nel momento in cui lo faccio non so cosa fare della
mia vita, non mi sento importante per nessuno, neanche
per me stessa, e nel momento in cui mi rendo conto che
neanche per me è importante diventa facile pensare di ab-
bandonarla. e ti dico queste cose non per farti star male o
per spaventarti, ma perché ci tengo a te, perché sei l’unica
persona a cui posso dirle, perché mi fido, perché credo che
forse un giorno potrai capirmi davvero.

61
sul fondo dell’abisso.

se.

a volte mi chiedo se le cose peggioreranno di nuovo.


e se lo faranno mi chiedo se riuscirò ad uscirne ancora una
volta.

62
sul fondo dell’abisso.

ricordi.

non riesco più a leggere.


le cose che un tempo mi distraevano e mi facevano sentire
bene non mi dicono più nulla.
io non sento più nulla.
e oramai sono quasi rassegnata a questa sensazione di
vuoto che ho dentro.
non pretendo che qualcuno sbuchi fuori dal nulla a farmi
tornare come prima.
non ci spero.
ma ricordare.
quello fa male.
ricordare la gioia e il piacere che un tempo provavo e che
ora mi sono negati.
amavo leggere.
amo ancora leggere credo.

63
sul fondo dell’abisso.

ma non trovo lo spirito, la motivazione per farlo.


non ci riesco.
sono come un guscio vuoto.
privo di ogni emozione.

64
sul fondo dell’abisso.

esistere.

mi sento incapace di controllare la mia vita, i giorni mi sp-


ingono avanti come il vento spinge il fumo. ed è impotenza
quella che provo.
debolezza.
ma il fumo si adatta, non gli importa dove lo porta il vento,
ed è cosı̀ che sto diventando. nulla importa più. soprav-
vivo e accetto ciò che viene, per quanto possa fare male o
per quanto possa far schifo, è cosı̀ che stanno le cose.

65
sul fondo dell’abisso.

sfugge.

il tempo scorre. se penso al futuro in verità non vedo


nulla, è completamente ignoto. ma mi chiedo, a volte come
potrebbe essere. se crescerò e sarò in grado di tenermi
in piedi da sola. se le cose miglioreranno. se riuscirò a
guardare le cose e vedere la luce in esse e non l’oscurità.
se mai un giorno qualcuno guarderà le mie spalle e con
stupore dirà “quanto è cresciuta, e com’è diventata forte”.
il tempo fugge, mi scivola tra le dita. forse un giorno sarò
in grado di afferralo, di fermarlo e modellarlo a modo mio,
ma ancora non vedo quel giorno. dicono che bisogna darsi
tempo, per andare avanti e per stare meglio. penso che
valga la pena provarci, in fondo non ho fretta.

66
sul fondo dell’abisso.

crollo.

due volte.
il fine settimana
si avvicina,
il momento
del crollo
si avvicina.
il vuoto.

67
sul fondo dell’abisso.

piume.

lasciale morire,
tutte quelle parole
che ti fanno soffocare,
che ti tolgono il respiro.
tutte quelle parole
che dolorosamente
tieni dentro,
quelle che senti
come una stretta alla gola.
buttale fuori,
espirale come fumo,
lascia dissolvere il tuo male
come cenere al vento.
imparerai col tempo
che basta poco

68
sul fondo dell’abisso.

per trasformare i macigni che senti sul cuore


in fragili piume.

69
sul fondo dell’abisso.

elena.

tu che mi sostieni,
che mi hai fatto sopravvivere
nei momenti
in cui meno avrei voluto farlo.
tu che sei il mio punto fermo,
anche nei momenti peggiori,
che mi sproni a vivere,
che mi incoraggi
ad andare avanti.
tu che mi fai sorridere,
anche quando
non ne ho voglia,
che mi ascolti,
e ti preoccupi per me.
tu che ci sei sempre

70
sul fondo dell’abisso.

quando ne ho bisogno.
che mi fai vedere la luce
che c’è nel mondo e nelle cose.
tu che sei cosı̀ fantastica,
talmente tanto
che non penso di meritarti.

71
sul fondo dell’abisso.

violenza.

ho avuto pensieri orribili, di violenza. questa parte di me


c’è ancora, la voglia di farmi male, di vedere il sangue,
non è mai andata via. penso a me, al mio corpo devastato
dal male che posso infliggermi, e in fondo so benissimo
che in verità mi piace, il dolore mi piace. ho provato a
strangolarmi, e quella sensazione di dolore e sofferenza è
stata come liberatoria. non ho idea di come fare a control-
lare questa cosa, come fare a superarla. lo so che in me c’è
qualcosa che non va, nella mia mente, questo suo compiaci-
mento dell’autodistruzione è malato, ma non so frenarlo,
è come un’onda che si schianta contro uno scoglio, io sono
lo scoglio, la violenza, il mare. vado avanti per inerzia, per
non perdere il conto dei giorni in cui sono pulita, e per il
pensiero del male che potrei fare alle persone che amo, ma
non so amarmi, non riesco a farlo per me stessa.

72
sul fondo dell’abisso.

cielo.

il cielo è caduto schiantandosi sulla terra,


quale rara bellezza essere in cielo e in terra contemporanea-
mente,
e quale spaventosa sensazione non sapere a cosa apparte-
niamo.

73
sul fondo dell’abisso.

vic.

non ricordo il momento preciso in cui ho cominciato ad


innamorarmi di te, so solo che ad un certo punto me ne
sono resa conto e ho pensato “cazzo, non ci vuole questa”.
è successo cosı̀, all’improvviso, hai cominciato a piacermi
davvero, forse perché mi capivi, o forse perché eri la mia
prima persona, l’unica con cui mi confidavo, l’unica a cui
avessi mai permesso di avvicinarsi cosı̀ tanto a me, di
conoscermi fino a quel punto. poi con il tempo è cambiato
tutto, ho lasciato andare le cose, e sono andate male, non
parlavamo più, e quando lo facevamo era come non par-
lare, e ho di nuovo lasciato andare le cose, nella speranza
che potessero migliorare. e lo hanno fatto, ci siamo ripresi,
siamo tornati come prima, e ti amo ancora, esattamente
come prima, ti amo come si amano i fratelli, e questa sen-
sazione mi riempie il cuore quando ti guardo, quando in

74
sul fondo dell’abisso.

mezzo alle lezioni poso gli occhi su di te e penso “cazzo


quanto gli voglio bene, come farei a vivere senza di lui?”.
e ora ci sei, e non ho intenzione di lasciar andare le cose
un’altra volta, sto imparando a tenermi strette le persone
che contano davvero, a tener stretta la famiglia che mi
sono scelta, e tu ne fai parte.

75
sul fondo dell’abisso.

occhi.

“pensavo di nasconderlo bene” dicesti, ma hai due occhi.


due occhi che parlano, che raccontano cose, e ogni volta
che li guardo vedo quello che hanno da dire. sei schietto
è vero, non nascondi quasi nulla, e la tua spontaneità è il
tuo punto forte, ciò che fa avvicinare le persone a te, che le
attrae come una calamita con un chiodo. ho sempre pen-
sato che gli occhi fossero la parte più bella delle persone,
bastano quelli per capire qualcuno, due pozzi profondi, sul
fondo dei quali l’acqua nasconde infinite cose. e i tuoi sono
tra i miei preferiti.

76
sul fondo dell’abisso.

crescere.

non so se crescendo si impara veramente dai propri er-


rori, ma penso di aver capito dove ho sbagliato, ogni volta,
penso di conoscere i miei errori, tutti quanti, ne sono con-
sapevole, e mi pento di ogni volta in cui ho dato per scon-
tato qualcuno, in cui ho pensato “tanto se ne andrà” prima
che succedesse davvero, in cui ho perso la fiducia negli al-
tri perché pensavo di non meritare la loro, in cui ho spinto
qualcuno ad allontanarsi da me perché ripetevo in contin-
uazione “tanto mi abbandonerai anche tu come tutti gli
altri”. mi pento per ogni volta in cui ho anticipato i gesti
di qualcuno che amo, solo perché mi sembrava di non mer-
itare il suo amore. ricordo ogni singola parola sbagliata,
ogni virgola e ogni punto messi in una frase che voleva
essere di addio, ogni “scusa” ripetuto all’infinito in una
conversazione, ogni “ti amo” detto per paura di perdere

77
sul fondo dell’abisso.

qualcuno, e ogni segno sulla pelle, marchiato per non di-


menticare.

78
sul fondo dell’abisso.

perdono.

ho bruciato fin troppe bende, sporche di sangue ormai as-


ciutto. ho guardato la cenere portata via dal vento. mi
sono buttata tutto alle spalle, tutta quella parte di me,
che ancora non sono capace di cancellare. mi sono per-
donata, per ogni errore che ho commesso, per il male che
mi sono fatta, per ogni problema che mi sono creata senza
un valido motivo. ancora non riesco a non odiarmi, ma
sto imparando a perdonarmi. per ogni cosa orribile che ho
fatto al mio corpo. e alla mia mente.

79
sul fondo dell’abisso.

amici.

ho sempre pensato che gli amici fossero quelle persone


con cui condividere bei momenti, brutti momenti, con cui
trascorrere tanto tempo e divertirsi insieme, fare cazzate
insieme.. poi ho trovato le mie persone, quelle che ho im-
parato a conoscere come non ho mai conosciuto nessun
altro, quelle a cui ho permesso di entrare veramente nella
mia vita, nella mia mente, di conoscermi a fondo, quelle
che hanno visto il peggio di me e che mi sono state ac-
canto, che mi hanno sostenuto. non so cosa avrei fatto
senza di loro, che mi tengono con i piedi per terra, che
mi fanno ragionare anche quando non ho voglia di farlo o
quando non ne ho la forza. quindi ho capito, che gli am-
ici sono quelle persone che entrano nella nostra vita e la
rendono più luminosa, quelle persone che quando le conos-
ciamo pensiamo, “si sono folli al punto giusto, sono loro”,

80
sul fondo dell’abisso.

sono quelli che ci fanno chiedere come facevamo a vivere


prima di conoscerli, dove fossero nascosti per tutto quel
tempo. sono la famiglia che scegliamo, con cui decidiamo
di poter condividere la nostra vita.

81
sul fondo dell’abisso.

crimine.

penso di aver ucciso una persona. non ricordo quando


però, è successo tanto tempo fa, le cose sono precipitate,
e quella persona non è riuscita a salvarsi dalla mia mente,
dall’orrore. ho ucciso me stessa ormai anni fa, e non ho
idea se riuscirò mai a riportarmi in vita. ci provo, al mio
meglio, faccio il possibile per abbattere ogni pensiero ter-
ribile che si affaccia al mio cervello, ma non è facile, perché
in verità è cosı̀ allettante, lasciar andare le cose, non pen-
sare più, lasciar correre.

-fa male?
-si, sempre, in continuazione
-tanto?
-...
-com’è?

82
sul fondo dell’abisso.

-come quando uccidi qualcuno che ami

83
sul fondo dell’abisso.

autodistruzione.

il desiderio di autodistruzione
mi consuma,
cerco un modo per farmi male,
per sentire
qualcosa,
per distruggere
il mio corpo,
non mi curo più delle conseguenze di ciò che faccio,
se cado e mi faccio male non importa,
se mi rompo un osso non importa,
se mi taglio e sanguino non importa,
nulla importa,
finché procura dolore
o stordimento,
quando è troppo una forte dose di antidolorifici spegne

84
sul fondo dell’abisso.

tutto,
il mondo va a rilento allora,
ogni suono è ovattato,
ma dura poco.
poi tutto quel peso mi crolla di nuovo addosso
e annego di nuovo.

85
sul fondo dell’abisso.

blu.

la paura del blu aumenta.


non del colore stesso.
ma della luce.
l’alone che circonda certe cose.
non è proprio paura.
non so.
è un tremito.
incontrollato.
un brivido indefinito.
dell’anima.
è come se mi si svuotassero i polmoni.
come se galleggiassi.
come se soffocassi.
allora chiudo gli occhi.
guardo altrove.

86
sul fondo dell’abisso.

svuoto la mente.
e tutto è più limpido.
più caldo.

87
sul fondo dell’abisso.

confinato.

so che non posso essere confinato, lo avverto nel modo in


cui mi soffocano gli spazi chiusi, lo percepisco nel modo in
cui non sopporto di non vedere la strada da percorrere dal
sedile posteriore di un’auto, lo sento sotto la pelle quando
comincia a starmi stretto questo corpo.

88
sul fondo dell’abisso.

emozioni.

un oceano infinito di emozioni.


il cuore cerca la gioia.
la trova in attimi condivisi.
momenti di appartenenza.
persone amate.

89
sul fondo dell’abisso.

empatia.

sapere le cose.
sentirle.
è empatia?
forse con il mondo.
con l’universo.
mi stupisce sempre.
rendermi conto di aver capito una determinata cosa senza
saperne nulla.
pensare ad una cosa nel momento in cui accade.
sentirmi influenzare da un’emozione che non mi appar-
tiene.
è una sensazione che sopraffà.
che confonde.
mi chiedo sempre come sia possibile.
mi fa pensare che aprendo la nostra mente, allargando i

90
sul fondo dell’abisso.

nostri orizzonti, possiamo vedere cose nuove.


sentire cose nuove.
provare cose nuove.
essere consapevoli.
vedere con il cuore.
non con gli occhi.
il mondo è vasto.
e forse nel momento in cui decidiamo di vederlo nella sua
interità, riusciamo a sentirlo veramente.
riusciamo a sentirne le parole.
quella musica che fa da colonna sonora alle nostre vite.
perché il silenzio non esiste.
siamo noi che chiudiamo fuori il mondo.
e allora ci sembra che ci sia silenzio.
ma è solo perché abbiamo deciso di non ascoltare.
di rifugiarci nel Nostro mondo.
di non vivere appieno la vita.

91
sul fondo dell’abisso.

male.

una sigaretta tra le dita


e il respiro impregnato di fumo.
ogni boccata
è come vita
che scorre nelle vene
porta via i pensieri,
l’angoscia,
il peso che opprime il petto.
è il male
che evita altro male.

92
sul fondo dell’abisso.

pioggia.

toglie il fiato
il modo in cui la pioggia
non si preoccupa di nessuno.
non importa chi c’è sotto,
cosa sta facendo,
la pioggia non si cura degli umani.
arriva.
è uguale per tutti.
non discrimina.
lava via tutto.
e se ne va
in pace,
esattamente come è arrivata.

93
sul fondo dell’abisso.

ritmo.

heart skipped a beat.


letteralmente.
nel cuore della notte.
il sonno è fuggito.
l’inquietudine è rimasta.
il terrore di non aprire mai più gli occhi.
non si può controllare un cervello terrorizzato.

94
sul fondo dell’abisso.

scrivere.

scrivere e indispensabile.
tira fuori le cose.
libera l’anima.
la mente.
la forza delle parole è incommensurabile.
il loro potere sull’anima.
soprattutto se scritte.
restano indelebili nel tempo.

95
sul fondo dell’abisso.

controllo.

quando cerchi a lungo di mantenere il controllo sulle cose,


arrivi ad un certo punto in cui non ce la fai più. e in quel
momento ti rendi conto che in verità tu vuoi perdere il
controllo, vuoi dare di matto. magari è la strada giusta
per capire, per avere le idee chiare. per uscire da questa
situazione, da questo giro di depressione, autolesionismo
e manie suicide, forse è necessario perdere il controllo.
perderlo totalmente, lasciar venire le cose e prenderle, toc-
care veramente il fondo. e poi, risvegliarsi.

96
sul fondo dell’abisso.

impotente.

sto pensando alle cose su cui non ho potere, quelle cose


che vorresti tanto cambiare ma che non puoi, non importa
quanto tu lo voglia. le cose succedono, si fanno delle scelte,
magari poi ci si pente di averle fatte, ma non si può tornare
indietro. è come se fosse sempre “troppo tardi” per fare
qualsiasi cosa. mi dico sempre che non bisogna smettere di
sperare, che se le cose succedono c’è sempre un motivo, ma-
gari non lo capisco subito, ma con il tempo, le cose diven-
tano più chiare, anche se probabilmente non arrivo mai a
trovare una spiegazione veramente “logica”, ma più o meno
me ne faccio una ragione. sembra che crescendo diventi-
amo sempre più una di quelle persone di cui i genitori ci
avvisavano da piccoli, una di quelle persone da cui ci dice-
vano di stare alla larga perché sono una brutta influenza.
è come se non credessi più in nulla, tranne in quello che

97
sul fondo dell’abisso.

ho tra le mani, e ad essere sincera, ho davvero poco tra le


mani, è un po’ come cercare di afferrare il fumo, ci provi e
sfugge. come ogni cosa nella vita. quando succede una cosa
a te, diciamo che in un modo o in un altro riesci a fartene
una ragione prima o poi, ma quando succede a qualcuno
che ti sta vicino, non puoi fare altro che sperare, magari
provare a dargli coraggio, ed è come se fosse successo an-
che a te, e ti senti andare a fondo. in questo momento, in
questo preciso fottuto istante ho solo il vuoto, e penso di
nuovo di essere morta ad un certo punto. non riesco a sp-
iegarmi in che modo, come si può arrivare a questo punto,
ci deve per forza essere qualcos’altro, qualcosa che non
sia depressione, autolesionismo, medicine, panico, pensieri
di suicidio, e mi hai detto “nel tuo caso è diverso, tu sei
matta” e ci sono un’infinità di parole, virgole e punti che
vorrei tirare fuori, e ci provo. ma non sono negativa, devo
solo buttare giù queste cose per non andare fuori di testa.

98
sul fondo dell’abisso.

la vita è ciclica, succede qualcosa, ti distruggi, combatti, ti


rimetti in piedi, poi ricominci da capo, e ti sembra di non
avere potere, ma in verità ce l’hai, e sta nel modo in cui
affronti le cose, nel modo in cui permetti loro di toccarti,
e sai una cosa, ho imparato a lasciare tutto fuori, a non
farmi toccare, o almeno ci provo, quindi a parte scrivere,
in questo momento non ho assolutamente nulla.

99
sul fondo dell’abisso.

corpo.

questo corpo,
lo sento stretto.
mi dimeno all’interno,
ed è come se mi strappassi
in piccoli pezzi
per riuscire ad adattarmi.

100
sul fondo dell’abisso.

attesa.

mi rendo conto, a volte, di quanto poco io esista nelle


vite delle persone che mi stanno intorno, anche in quelle
dei miei “amici” e sinceramente non so che farmene di
questa sensazione, c’è e basta quindi spesso la ignoro. mi
tratto male, molto male in verità, e non riesco ad amare
me stessa, o a tenere alla mia vita, questi pensieri sono
sempre presenti, a volte di più a volte di meno, ma ci sono
sempre e non so cosa fare per mandarli via. sto male? si-
curo. ho bisogno di aiuto? sicuro anche quello, ma non ce
la faccio, non ci riesco a sedermi davanti ad una persona
che non conosco e di cui non mi fido e raccontarle i miei
problemi, ciò che penso, come vedo questo mondo e me
stessa, mi fa paura e mi disgusta. anche perché in verità
non so neanche io quello che penso o che provo, c’è tanto
vuoto, questa è l’unica cosa che so, e quando cerco un

101
sul fondo dell’abisso.

motivo per non ammazzarmi trovo solo il vuoto, ma non


riesco mai a fare neanche quello perché sono una codarda,
e finisco per odiarmi ancora di più, perché non ho neanche
quel coraggio. mi manca qualcosa, ma non so cosa, a volte
mi dico che prima o poi la troverò e che mi sentirò meglio,
ma non è ancora successo, è come se vivessi nell’attesa,
ed è ridicolo perché non so cosa dovrei aspettare. quando
non so come sto mi preoccupo per gli altri cosı̀ evito di
pensarci, quando arrivo ad odiarmi cosı̀ tanto da non rius-
cire neanche a guardarmi allo specchio cerco conforto in
qualcuno di cui mi fido, e quando vorrei morire mi sdraio
fino ad avere un attacco di panico. non so quale sia stato
il momento della mia vita in cui ho cominciato ad essere
cosı̀ disfunzionale, a tal punto da non riuscire a prendere
una decisione, anche la più stupida, da sola, ad odiare il
dover fare delle scelte. la cosa che fa più male in assoluto
però sono le persone che mi vogliono bene, il fatto che per

102
sul fondo dell’abisso.

quanto me lo dicano e me lo ripetano non riesco mai a cred-


erci veramente, perché non riesco a capire in quale modo, o
per quale ragione qualcuno dovrebbe volermi bene.

103
sul fondo dell’abisso.

sensazione.

penso che le cose stiano peggiorando di nuovo e non so cosa


fare. mi sento come in mare aperto, se arriva un’onda non
posso evitare di essere travolta, e mi soffoca non poter fare
nulla. so solo che questi pensieri stanno tornando, quelli
brutti. sento il bisogno di farmi male e penso che se avessi
davanti qualcosa di affilato non sarei capace di fermarmi.
torna anche quella cosa, quella che mi fa desiderare di
morire, di farmi fuori in qualche modo, fino ad oggi non
ho mai avuto il coraggio di fare una cosa simile, ma non so
quanto ancora durerà, perché questa cosa cresce, l’impulso
è sempre più forte e l’idea non sembra più cosı̀ assurda.
è invitante.

104
sul fondo dell’abisso.

accontentarsi.

lo so che non è detto che succederà di nuovo, ma quando


provi a fare qualcosa che per principio non avresti mai
pensato di fare e va disastrosamente, è difficile poi pen-
sare di riprovarci, e in tutto ciò sto ancora cercando di
mettere apposto le cose. sto bene in mezzo ai ragazzi, ma
è una sensazione temporanea, perché poi la notte ogni pen-
siero è un macigno, è un po’ come una batteria rovinata,
che finché è in carica bene, ma quando stacchi la spina si
scarica in pochissimo tempo, e poi pensandoci quanto può
durare cosı̀, cioè ad un certo punto uno si deve staccare,
non si può far dipendere la propria felicità dagli altri, in-
somma, aiuta è vero, ma non è una soluzione.. è un po’ il
discorso del “perché devo accontentarmi di ora” ma riferito
al sentirsi perennemente di merda, tipo “perché devo ac-
contentarmi di stare cosı̀”. penso sia solo una questione di

105
sul fondo dell’abisso.

abitudine e di forza di volontà, la fregatura però e che non


si compra al supermercato quella, quindi bisogna cercarla.
non mi ritengo una persona saggia, anzi sono l’esatto con-
trario, ma qualcosina cerco di impararla anche io da tutto
quello che capita, e sai cosa, se vuoi qualcosa fallo, lotta
per averlo e fottesega di tutto il resto, perché in fin dei
conti nulla vale se non ciò che tu vuoi veramente, e se non
ti rialzi ogni volta che qualcosa ti butta giù a calci nello
stomaco non ce la farai mai, lo so che non è facile, che fa
schifo, che è facile scoraggiarsi, che non è certo che troverai
le energie, ma vale la pena provare, quindi se pensi di voler
cambiare le cose alzati in piedi, di’ ad alta voce “fanculo a
tutti”, metti della buona musica motivazionale e datti da
fare.

106
sul fondo dell’abisso.

prevedibile.

a volte la gente ci dice che una cosa non è da noi, altre


volte lo pensiamo noi stessi, ma penso che questa cosa ci
limiti, nel senso perché qualcosa dovrebbe essere da me e
un’altra no? dovrei essere io a decidere chi essere e non
farmi limitare da ciò che me stesso o gli altri si aspettano
da me, lo so che in parte è scomodo, perché uno si abitua
ad un modo di fare che sa che gli altri accettano e cambiare
significa rischiare di non essere più accettati, e in parte fa
paura, però dove starebbe il divertimento se fossimo tutti
prevedibili e monotoni? se ci pensi è un bene credo. a volte
ci succedono delle cose che ci costringono a cambiare, ma-
gari a diventare menefreghisti, e per quanto questo possa
far male a chi ci sta intorno lo facciamo lo stesso, perché
almeno per me è l’unico modo che ho per difendermi, sem-
bra stupido detto cosı̀, ma quante volte ti dici che qualcosa

107
sul fondo dell’abisso.

non ti importa o non ti tocca e te ne convinci, poi quando


sei da solo la notte e ci pensi dentro di te sai benissimo
che non è vero, che ci stai male, è per questo che alziamo
muri penso, che ce ne sbattiamo degli altri perché è più
facile che star male per le cose. però se rende le cose più
facili per noi forse vale la pena fregarsene per un po’, per
amor proprio, forse è per questo che ci troviamo bene ad
essere chi non siamo, perché affrontiamo le cose in modo
più leggero, senza prendere a cuore tutto, almeno per me
è cosı̀, mi sento una vera stronza ma mi dico che se sto
bene cosı̀ allora chissene frega del resto.. poi non bisogna
aver paura di stare da soli perché si hanno comunque tante
persone intorno che ci vogliono bene, ma pensa sempre che
se non ti dai tempo per stare un po’ da solo poi perdi la
capacità di stare bene con te stesso, e cominci a dipendere
dalla presenza di qualcuno vicino a te, e potresti arrivare al
punto di non stare più bene. quindi fai quello che ti senti,

108
sul fondo dell’abisso.

quello che ti fa stare bene, e decidi come vuoi affrontare


questa situazione, e per qualsiasi cosa hai sempre gli amici.

trovo profondamente offensiva l’affermazione “è una cosa


da te”.
ci fa sembrare prevedibili.
noi.
le nostre azioni.
le nostre parole.
le nostre emozioni.
quando ognuno di noi è originale.
non esiste qualcosa che sia “da me”. perché io non ho
confini.
non ho limiti.
quindi nessuno può definirmi.

109
sul fondo dell’abisso.

sangue.

è una dipendenza
incidersi la carne con qualcosa di affilato
non importa cosa
è sufficiente che rompa la pelle,
che permetta al sangue di uscire.

110
sul fondo dell’abisso.

fortuna.

giusto o ingiusto che alcuni abbiano meno fortuna di altri?


il fatto che alcune persone siano meno fortunate di altre
secondo me un senso ce l’ha, probabilmente serve a ri-
cordare a chi ha tutto che non siamo perfetti, che è for-
tunato ad avere la vita che ha e di non dare tutto per
scontato, è un vantaggio da una sola parte è vero, ma è
solo la mia interpretazione, chi sono io per dire che sia
veramente cosı̀? magari non riesco a vedere tutto, perché
sicuramente noi non vediamo tutto, è qualcosa molto più
grande di noi, non credo ci sia permesso ad un certo punto
della nostra vita capire veramente, è una cosa immensa,
non possiamo prendere coscienza della realtà e del creato
che abbiamo intorno, ci limitiamo solo alle persone che ci
sono vicine.

111
sul fondo dell’abisso.

giudizio.

hai presente quando senti il bisogno di raccontare qual-


cosa ad una persona, e quando lo fai la sua reazione è nor-
male, quindi non sai che fare, perché non capisci se questa
reazione sia dovuta al fatto che accetta la cosa, o che non
gli interessa, o che prova pietà per te o perché non ti con-
sidera più un pari perché sei pieno di problemi.. è questo
ciò di cui ho paura quando parlo con una persona e che mi
porta a non dire mai quello che provo o penso.

112
sul fondo dell’abisso.

sentieri.

il fatto è che pensieri uguali in genere vengono da espe-


rienze diverse, quindi quando succede qualcosa e ci penso
è come se nessuno potesse capirla, ma lo trovi sempre uno
che esprime ciò che hai provato, anche se il suo pensiero
viene da un’altra situazione. non so, ma è come quando
racconto qualcosa a qualcuno o qualcuno mi racconta qual-
cosa, in un certo senso c’è comprensione, anche se non ab-
biamo lo stesso passato, ma cose diverse hanno portato ad
un modo di pensare simile, o non so come altro spiegarlo..
e ogni volta che me ne rendo conto vorrei sapere cosa è
successo.

113
sul fondo dell’abisso.

voce.

questo è ciò che mi tiene sana. questa voce nella mia testa.
questo continuo pensiero che non smette mai, non si ar-
resta. non ha un filo logico, salta da una cosa all’altra.

114
sul fondo dell’abisso.

sopravvivere.

sono esausta, succedono cosı̀ tante cose, e appena riesco


a stare meglio per una ne arriva un’altra che mi prende a
calci nello stomaco, è un peso che mi trascina di nuovo sul
fondo e non riesco a tagliare la corda, ma non voglio più
tonarci sul fondo. ogni volta che vado giù è cosı̀ difficile
fermarmi e ragionare per non fare cazzate, e la verità è che
non ci riesco mai per mia volontà, ma solo perché arrivo
ad un punto in cui mi odio cosı̀ tanto, che mi faccio pena e
piango fino a non avere più lacrime, solo perché sono io e
per nessun altro motivo, e fa cosı̀ schifo. non scrivo a nes-
suno perché in verità non voglio farlo, perché ho paura, e
non ce la faccio a gestire quello che provo ed è meglio stare
lontano da tutti. certi giorni vorrei non sentire nulla, ma
proprio nessuna emozione, né positiva né negativa, perché
per quelle negative ti senti di merda subito, ma per quelle

115
sul fondo dell’abisso.

positive è anche peggio, quando le cose vanno male e ti ci


senti doppiamente di merda perché in fondo speravi che
potesse andar bene, e non mi interessa se cosı̀ non “vivo”
perché almeno cosı̀ “sopravvivo” e non sto li a dirmi che
il dolore potrebbe cancellare tutto e farmi sentire meglio.
cerco di scherzarci su sul fatto che a volte vorrei uccidermi,
e ne parlo cosı̀ apertamente perché è l’unico modo che ho
di difendermi, se non lo facessi avrei ancora paura di par-
larne, ma sinceramente non mi importa più che gli altri
capiscano o meno, è tutto più facile quando faccio una
battuta e l’unica cosa che devo affrontare è il “madoo” di
qualcuno. è quella cosa dell’avere un cuore di ghiaccio,
solo che non è di ghiaccio, ma è quasi come se mi piacesse
quel dolore di “non essere capiti”.

116
sul fondo dell’abisso.

insoddisfazione.

di questa rabbia non so cosa farmene,


e non so dove mandarla
o come gestirla.
l’insoddisfazione verso tutto non sparisce,
qualunque cosa io faccia,
e in qualsiasi modo mi comporti,
non riesco a trovare pace,
o a sentirmi soddisfatta,
e sono stufa
e mi sento stanca di continuare a provarci,
ma ciò che allevia tutto questo mi fa male,
solo che non so più
se valga la pena trattenersi,
se valga la pena farsi pressione
per non fare cazzate.

117
sul fondo dell’abisso.

roza.

prendimi per mano


e tirami fuori
dall’abisso in cui sto annegando,
prendimi per mano
e fammi capire
che sei al mio fianco,
prendimi per mano
e salvami da me stessa,
perché finché saprò di averti accanto,
non mi arrenderò mai.

118
sul fondo dell’abisso.

margherite.

“questa la regalo a te” mi disse, porgendomi una margherita


appena colta dal prato della facoltà, mentre lo rimprover-
avo per averne pestate almeno dieci nell’intento. un gesto
unico. l’affetto che provo per lui è incommensurabile, e
non ho idea di come fare a dimostrarglielo. lui è una roc-
cia, un sostegno per ogni volta in cui ho rischiato di cadere
e farmi molto male. “un fiore per un fiore” mi disse, por-
gendomi una margherita il giorno successivo. parlare di
amore in questo caso è un eufemismo. la mia è adorazione
totale. per tutto ciò che lui è.

119
sul fondo dell’abisso.

mondo.

guardo il mondo e provo qualcosa.


è indefinito per.
inafferrabile.
sfuggente.
ho assoluto bisogno di capire cos’è.

120
sul fondo dell’abisso.

oppresso.

qualcosa mi opprime. non so cosa sia...


non trovo pace da nessuna parte, in nessun posto e nessuna
persona riesce a placare l’inquietudine del mio animo.
è una sensazione orrenda.
cerco di fare qualcosa che mi alleggerisca questo peso dal
petto, ma nulla mi sembra mai abbastanza. è come se mi
dimenticassi sempre qualcosa.
vorrei fare tante cose ma non trovo la forza di farle, come
se non fossi io a controllare la mia volontà, il mio animo
si abbandona al riposo, fisso la prima cosa che mi capita
sotto gli occhi e mi perdo, ed è come sognare.
il tempo scappa.
e il tempo che se ne va non torna più indietro.
se ne va per sempre.

121
sul fondo dell’abisso.

passato.

ho nostalgia. non so di cosa. forse del passato. di un pas-


sato che non ho conosciuto. vorrei poter conoscere ogni
epoca che sia mai esistita.
è in questi momenti che mi rendo conto di quanto siamo
limitati noi umani, con i nostri fragili corpi. siamo cosı̀
facili da spezzare, e lo è ancora di più spezzare il nostro
animo.
questa inquietudine no mi lascia andare, mi tiene stretta,
e sento di non avere vie d’uscita. eppure certe volte ho
come l’impressione che se ne vada, di potermene liberare.
guardo il cielo azzurro e limpido, e per un attimo mi sem-
bra di poter fare qualsiasi cosa. mi viene voglia di molare
tutto e partire, prendere il primo volo che capita e andare
via da qui.
ma da qui dove?

122
sul fondo dell’abisso.

è questo il vero problema, perché i sembra che ciò da cui


voglio scappare sia la mia stessa mente. sono talmente con-
fusa che non so più quello che voglio, non riesco a capirlo.
ho la sensazione che mi manchi qualcosa. qualcosa di fon-
damentale. capace di darmi pace e sicurezza.

123
sul fondo dell’abisso.

tempo.

nessuno lo considera.
eppure è il costo più caro che paghiamo durante la nostra
vita.
attimi perduti che non torneranno mai più.
fuggitivo è,
fluido,
scorrevole,
inafferrabile dai più.
ma chi sa vivere sa come carpirlo.
come gustarlo appieno.

124
sul fondo dell’abisso.

ferirsi.

c’è bellezza in tutto ciò che è umano,


anche nel nostro farci male a vicenda,
spesso inconsapevole.
ci inseguiamo
girando a vuoto,
mentiamo,
finiamo per ferirci;
versiamo lacrime.
ma sono queste lacrime
a farci sentire vivi.

125
sul fondo dell’abisso.

bambini.

c’è innocenza negli occhi dei bambini.


pura curiosità.
una luce che non si vede più
in quelli degli adulti.
chissà che non si debba rimanere bambini
per vedere la bellezza del mondo.

126
sul fondo dell’abisso.

tramonto.

la terrificante bellezza di un tramonto


che tinge di colore l’orizzonte.
il sole che si eclissa
in un mare azzurro profondo
dove cielo e terra si congiungono
prima del calar del buio.

127
sul fondo dell’abisso.

legge.

un figlio che conforta un genitore è una visione profonda-


mente sbagliata.
come un genitore che sopravvive ai figli.
c’è qualcosa di sbagliato in queste situazioni.
qualcosa che sconvolge l’ordine naturale delle cose.
certe cose sono.
e non ci chiediamo perché.
e non dovremmo farlo.
lacrime sono state versate in questa sera qualunque, che
verrà abbandonata tra infiniti altri ricordi indefiniti.
solo l’inchiostro a tenerne traccia.

128
sul fondo dell’abisso.

arroganza.

è terrificante non avere una personalità.


o a volte dimenticare di averla.
farsi trasportare, non sapere cosa pensare e sentire.
annullare se stessi.
il dolore di non sapere chi si è, è sconosciuto a chi non l’ha
mai provato.
a chi si arroga il diritto di giudicare pur non sapendo quale
inferno gli altri stiano attraversando.
a chi si erge al di sopra degli altri senza averne il diritto.
a chi sputa sentenze senza comprenderne il significato.

129
sul fondo dell’abisso.

write.

write down your thoughts,


pour your soul into the words,
don’t take your feelings for granted,
express yourself,
don’t be ashamed of your own mind.

130
sul fondo dell’abisso.

incubi.

questi incubi non mi danno tregua.


non riesco a dormire.
ho paura di dormire perché so che vedrei orrori.
muore sempre qualcuno, alle volte tante persone.
ma gli incubi che mi toccano di più sono quelli in cui sono
io a morire.
e sono tanti.
muoio sempre.
in infiniti modi diversi.

131
sul fondo dell’abisso.

torna.

il vuoto torna e non so cosa fare.


anche quando sto bene,
a volte torna e fa schifo non poterci fare nulla.
restare immobili e non capire più nulla,
dimenticarsi come sentire,
chiudere fuori gli altri
perché non si sa cosa dire,
come spiegare ciò che si prova.

132
sul fondo dell’abisso.

incompreso.

parlavo,
cercavo di spiegarmi,
ma nessuno ascoltava,
nessuno capiva.
ed era triste,
ed ero triste,
e mi sentivo soffocare.
mi veniva da piangere.
le persone a me più care,
neanche loro capivano,
e mi si spezzava il cuore.

133
sul fondo dell’abisso.

sordo.

non so di preciso cosa ho fatto, perché mi succede quello


che mi succede o perché reagisco cosı̀ male alle cose, e
soprattutto alle parole. a volte mi chiedo cosa ci faccio ve-
ramente qui, dovrei andarmene. potrei... e fa male sapere
di non poterlo fare, non per me stessa, ma per le persone
a cui tengo.
provo pietà per me stessa, ed è qualcosa che avevo giurato
di non fare mai più, ma non ce la faccio, guardo la mia vita
e mi sembra di soffocare, come essere in una stanza a cui
si stringono i muri. mi sembra di stare in gabbia. vorrei
fuggire, andarmene, perché non ce la faccio più, mi sento
esplodere, poi mi rendo conto di non potermene andare,
di non avere nessuno, nessun posto sicuro dove andare,
eppure potrei farlo, ma mi rendo conto che peggiorerei
soltanto le cose, che creerei altri problemi.

134
sul fondo dell’abisso.

quindi rimango dove sono, ad accumulare dolore e rabbia


fino a morire, perché lo so che morirò presto, per un mo-
tivo o per un altro; mi sale l’ansia se penso ad un futuro
non prossimo, perché non ci riesco, non lo vedo, e so che
non esiste.
non riesco a smettere di piangere, ci provo, lo giuro, ma
ogni volta finisco solo sdraiata a terra a cercare di ripren-
dere fiato dopo un attacco di panico.
mi fa male il cuore e vorrei solo farmi male per non sentire
più quel dolore, per coprirlo con un altro. vorrei solo farmi
tanto male.
mi sembra tutto inutile, provarci, metterci la buona volontà,
provare a parlare, urlare, piangere. tanto nessuno sembra
capire, nessuno sembra sentire. il mondo d’un tratto è
diventato sordo.

135
sul fondo dell’abisso.

bisogno.

scrivere.
è un bisogno,
un bisogno fisico,
il mio corpo freme
per farmi scrivere.
è l’unica cosa capace
di placarmi al momento,
la mia sanità mentale da questo ora,
è l’unica cosa
che mi tiene insieme.
sono sul punto
di andare fuori di testa.

136
sul fondo dell’abisso.

silenzio.

c’è silenzio.
da un po’ di tempo c’è silenzio.
ed è strano,
perché non c’è mai silenzio.
mai del tutto.
tutto tace.
c’è solo il vuoto.
neanche il dolore funziona più.
non mi piace,
non so come gestirlo
e mi spaventa.

137
sul fondo dell’abisso.

inconcludente.

certe volte penso:


fanculo tutti e tutto,
andrò avanti con la mia vita
anche se fa schifo,
me la trascinerò dietro se necessario,
non ho bisogno di nessuno
per tirare avanti,
ce la faccio benissimo da sola,
dimostrerò al mondo
che non sono debole come sembro.
altre volte invece:
ti prego salvami,
non ce la faccio,
o lascia che la morte mi prenda.

138
sul fondo dell’abisso.

orgoglio.

la speranza
in tutto ciò che dici,
è ciò che mi spinge ad andare avanti,
a non mollare.
“non ti arrendere”
mi hai detto,
dici che ti incoraggio
ma tu lo fai senza rendertene conto.
che cosa stupefacente
trovare una persona
a cui appoggiarsi,
in cui trovare forza,
scegliere di incoraggiarsi a vicenda,
impegnarsi a motivare qualcuno,
perché lo si vuole vedere in alto;

139
sul fondo dell’abisso.

sentirsi orgogliosi
di ogni suo miglioramento,
di ogni sua conquista.

140
sul fondo dell’abisso.

signore.

signore,
guida la mia mano
a tracciar sentieri di parole
che siano per me
verità nei momenti di dubbio,
e guida attraverso la perdizione.
signore,
segna per me il mio cammino
perché il timore
di smarrire la retta via
per me è paralizzante.
signore pietà.
dona a me pace.

141
sul fondo dell’abisso.

lettera.

caro . . . ,

ripensando a quello che mi hai detto sul fatto di parlare


con gli altri eccetera, il fatto è che non posso parlarne e
lo sai bene, perché mi fa male parlarne, perché nessuno
capisce, neanche tu ci sei riuscito bene dopotutto, e tu
mi conosci meglio di chiunque altro. è l’incomprensione
che mi fa paura, il fatto di sapere che comunque è inutile
provare a spiegarmi. ma anche perché parlare, raccontare
cosa ho non è come raccontar cosa ho fatto durante la gior-
nata, ma più come prendere parte di me stessa e affidarla
a qualcuno, e non so se posso dire di aver trovato qualcuno
a cui poter dare abbastanza fiducia; quella volta in cui ti
ho detto che ti stavo confidando me stessa lo intendevo
sul serio, non erano parole a caso, ma quello che sento ve-

142
sul fondo dell’abisso.

ramente a confidarmi con qualcuno, ed è una sensazione


terrificante fidati. per questo non posso dire a nessuno
come sto veramente. sai, ho capito cosa intendevi, non
necessariamente confidarmi, ma anche solo il fatto di far
sapere che sto bene, be’ il fatto è che quando non parlo
non sto bene, non sto per niente bene. non parlo, non
perché non mi vada ma perché non ci riesco proprio, non
trovo le parole, non so cosa provo, ho solo un grande am-
masso di pensieri che mi frullano per la testa, e non sono
affatto belli sai. è straziante arrivare il punto di sentire
la propria mente cosı̀ sottile, che basterebbe un nonnulla,
anche una sola parola, per farti mollare, e non in senso
figurato, sai bene cosa intendo, proprio farmi odiare o can-
cellare dalla tua memoria per sempre come mi hai detto.
non posso far finta che vada tutto bene . . . , non ci ri-
esco. inoltre non credo di dovere la mia stabilità mentale
a nessuno, nel senso, quando sto cosı̀ e sparisco completa-

143
sul fondo dell’abisso.

mente per un po’ è perché stare in mezzo alla gente mi fa


solo stare peggio, non posso sopportare il confronto, e non
posso neanche controllare questa cosa, non ne sono ancora
capace, sto imparando ma lentamente. lo so che sembra
strano dire che non riesco a controllare quello che penso,
ma una mente come questa, in una situazione del genere è
come un uragano, che spazza via tutto, veramente tutto, e
mi lascia senza nulla, nel vuoto più totale, non mi resta che
una voragine dentro, e non so cosa farci. per questo evito
gli altri, gli faccio muro come dici, mi difendo, per ora è
la cosa migliore che ho trovato. ho paura, non voglio che
qualcuno a cui voglio bene un giorno mi guardi e pensi due
volte prima di dire una cosa davanti a me perché potrei
scapocciare alle parole sbagliate, non voglio che gli altri
abbiano paura di parlare davanti a me perché sono strana
e basta poco per turbarmi. forse non sarò proprio sincera,
ma davvero non lo voglio. sai però, non voglio neanche

144
sul fondo dell’abisso.

qualcuno che mi salvi, o che trovi una soluzione ai miei


problemi, voglio solo che le persone a cui voglio bene mi
stiano accanto mentre cerco di salvarmi da sola, non mi
aiuta che qualcuno mi stia col fiato sul collo, voglio che mi
venga dato il mio tempo, per rimettermi, per stare meglio,
che qualcuno mi dica va bene, prenditi il tuo tempo, stai
meglio, e sappi che quando lo farai io sarò ancora qui. ma
forse chiedo troppo, lo capisco.

145
sul fondo dell’abisso.

rotto.

a volte qualcosa si incrina dentro di me.


posso essere in un momento di infinita gioia, ma poi arriva
una parola, una sola.
e quella basta a spezzare tutto.
tutto crolla, e la gioia perde ogni significato.
è di una tristezza straziante.

146
sul fondo dell’abisso.

oblio.

mi manca tutto.
in verità ho paura di provare perché forse non cambierà
nulla, ma non posso sapere neanche se cambierà ogni cosa,
e comunque sei stato tu a insegnarmi a non mollare, quindi
non lo farò.
ti devo delle scuse, questo è sicuro, per tutto quanto, i pi-
anti, gli scleri, l’egoismo, hai presente quella cosa sul fatto
che mi sfuggono le cose? era proprio questo che intendevo,
che è tutto cosı̀ fottutamente chiaro, che ho le cose davanti
ma non le vedo, ed è il torto più grande che faccio a chi mi
sta intorno, ma soprattutto nei confronti di chi mi vuole
bene.
non vedo il bene, tutto ciò che viene fatto per me, e non
so perché, finché non crolla tutto, e a quel punto è un po’
inutile.

147
sul fondo dell’abisso.

boh, le parole valgono poco lo so.

148
sul fondo dell’abisso.

colore.

in colore c’è vita.


c’è emozione.
profonda.
la paura dell’azzurro è inspiegabile. non del colore, ma
di quell’alone di luce aliena che circonda le cose in certi
momenti della giornata.
non è neanche paura vera.
non so.
provo qualcosa che non so spiegare.
indefinito.
inafferrabile.
sfuggente.
incontrollato.
un brivido.
desiderio di liberazione.

149
sul fondo dell’abisso.

si svuotano i polmoni.
galleggio.
soffoco.
annego.
nei tramonti c’è evoluzione di uno stato d’animo.
c’è crescita.
guardo un tramonto e rifletto sul senso della vita.
sullo scorrere del tempo, scandito dal percorso del sole nel
cielo.
su un’altra giornata trascorsa, segnata dal calar del sole.
dal suo eclissarsi all’orizzonte.
una luce tenue e calda ricopre il mondo.
di colore.
di rosa, di rosso, di arancione, di giallo.
smuove l’anima.
la riempe di paura.
di gioia.

150
sul fondo dell’abisso.

di tristezza.
di voglia di libertà.
di coraggio.
che esplode nel mio petto ed è impossibile da resistere.
mi piega come fossi di carta.
allora distolgo lo sguardo.
lo rivolgo a est, dove il cielo è più buio.
privo di colore.

151
sul fondo dell’abisso.

fallimento.

qualsiasi cosa
io abbia mai fatto
non è stata abbastanza.
una delusione.
un fallimento.

152
sul fondo dell’abisso.

dal cielo alla terra.

paradiso.

comincia tutto con le certezze. come quando siamo pic-


coli e crediamo a tutto ciò che ci dicono i nostri genitori.
fino ad un certo punto hai avuto le idee chiare, eri con-
vinta di determinate cose, avevi le tue idee su argomenti
importanti, sapevi per certo cosa fosse giusto e cosa fosse
sbagliato, o almeno pensavi di saperlo. dicevi che la vita
fosse bella, che il suicidio fosse una codardia, che non ci
fosse niente di coraggioso nel togliersi la vita volontari-
amente, che il vero coraggio non fosse sfuggire dal do-
lore finendolo per sempre, che non fosse nel combattere
le guerre ma nell’amare anche chi ti aveva fatto del male.
conoscevi l’amore, amavi profondamente e non eri capace
di odiare per più di qualche minuto, riuscivi a sorridere e
ridere di cuore, c’erano delle cose che ti divertivano, trovavi

153
sul fondo dell’abisso.

piacere tra le pagine di un libro, o nel carbone sulle dita e


su un foglio di carta. conoscevi l’amicizia, chiamavi amici
tutti coloro che ti circondavano, ti piaceva uscire, parlare,
condividere i tuoi pensieri e le cose che ti passavano per la
testa, straparlavi fino a non avere più fiato. urlavi come
se non ci fosse un domani.

purgatorio.

qualcosa era cambiato, il mondo in un attimo ti era sem-


brato leggermente più grigio, le cose avevano cominciato
a perdere di colore, hai amato e ti si è spezzato il cuore
quando non hai trovato la comprensione che cercavi, quando
hai trovato solo tentativi di cambiarti, di farti diventare
normale, ma dentro di te sapevi già benissimo che non eri
più normale, che qualcosa si era rotto per sempre. hai cer-
cato di capire come e quando, ma non hai trovato risposte,

154
sul fondo dell’abisso.

a lungo non le hai trovate, e hai deciso di lasciar perdere,


ogni cosa, di lasciar venire le cose, ma non immaginavi
quanto male sarebbero andate. vivevi in un limbo in cui
nulla era più chiaro, hai perso ogni certezza, ogni pensiero,
hai cominciato a scrivere ogni cosa per paura di perderti,
di non riuscire più a ricordare chi tu fossi un giorno, ti sen-
tivi vuota, svuotata di ogni emozione e sentimento, le tue
risate non erano più autentiche, il tuo sorriso lo sentivi
sempre più forzato ogni giorno che passava. illusa avevi
pensato che ci potessero essere delle certezze, che qualcosa
potesse dirsi per sempre, che certe cose non sarebbero mai
finite.

inferno.

eri sul letto. non ti alzavi più, perché non sapevi cosa fare
della tua vita. ti trovavi sul fondo dell’abisso, a guardare

155
sul fondo dell’abisso.

verso l’alto, verso la superficie, con la certezza che non


saresti mai più riuscita a raggiungerla, che non avresti mai
più rivisto il sole. quando erano ormai mesi che non sapevi
più cosa provare hai ceduto la prima volta, la volta distrut-
tiva, hai preso quella lama e ti sei incisa il braccio fino a
vedere il sangue colare, e per la prima volta dopo tanto
tempo hai provato qualcosa, non ti importava che fosse
solo dolore, ti sembrava di aver ripreso un po’ di controllo
sulla tua vita. ma non avevi idea di quanto male ti avrebbe
fatto quel passo, la vita ti ha distrutta, ti ha levato ogni
forza, ti ha piegata e non sei più riuscita a rialzarti, sei ar-
rivata al punto di non volerla più la tua vita, ci sei arrivata
cosı̀ dannatamente vicina talmente tante volte, che quando
non ti succedeva di pensare di suicidarti ti chiedevi cosa
ti fosse successo, contavi i giorni in cui stavi bene invece
di quelli in cui stavi male. non ne hai parlato con nessuno
per cosı̀ tanto tempo che ti ha consumata dentro, ti ha

156
sul fondo dell’abisso.

cambiata per sempre, ti ha divorato il cuore, e ti sei persa,


per un periodo che ti è sembrato un’eternità. la realtà e il
sogno si confondevano, uscivi da un incubo notturno per
viverne uno nella vita reale, hai perso il sonno per paura,
per il terrore di ciò che avresti visto, non sapevi più cosa
ti stesse succedendo, continuavi a farti male all’esterno
per uccidere il mostro che sentivi dentro. hai commesso
il crimine peggiore uccidendoti con le tue stesse mani, hai
imparato ad odiare con tutto il tuo cuore, e odiavi te stessa
per prima, più di chiunque altro al mondo.

157
sul fondo dell’abisso.

dalla terra al cielo.

notte.

il nero mi circondava da ogni parte, non sapevo più dove


guardare per riuscire a salvarmi, non credevo che ci sarei
mai più riuscita. non pensavo di meritarlo. gli attacchi di
panico mi toglievano il fiato.

crepuscolo.

ho conosciuto una persona, le ho parlato dei miei problemi,


ho cercato di spiegare ciò che mi passava per la mente, e
ho trovato conforto, me ne ha donato cosı̀ tanto che final-
mente dopo tanto tempo mi sentivo di nuovo viva. mi ha
insegnato tante cose, “solo un altro te può aiutare te a
combattere te, senza un altro te è tutto più difficile” mi
disse, e mi si aprı̀ un mondo. i miei “altri me” diventarono

158
sul fondo dell’abisso.

due, poi tre, poi quattro, poi combinai un casino, gettai


il mio odio addosso a loro, mi comportai in modo scor-
retto con ognuno di loro, per paura di far loro del male,
la mia malattia mi diceva di allontanarli, di allontanare
tutti, per codardia, per paura di lottare, e lo feci, li al-
lontanai, e me ne pentii, persi una persona, e la perdita
mi fece smettere, mi fece buttare le lamette, bruciare le
bende sporche di sangue. cominciai a parlare, a cercare di
capire, riebbi alti e bassi senza i quali non avrei mai avuto
il coraggio di rialzarmi in piedi, decisi che avevo bisogno
di aiuto, di aiuto vero, cominciai a parlare con la striz-
zacervelli, depressione diceva, mi assegnò una terapia di
pillole della felicità, e la seguii. il sonno tornò, riuscivo a
dormire di nuovo dopo anni, niente più incubi, mi sentivo
meglio, meno sul fondo, riuscii a rimanere pulita per per
centosessanta giorni esatti, poi cedetti di nuovo, fu allora
che cominciarono i blackout, mi spegnevo per ore, poi non

159
sul fondo dell’abisso.

ricordavo più cosa avessi fatto, e mi terrorizzava, ma sen-


tivo comunque di continuare a risalire dall’abisso.

interrotta.

per primi sono ricominciati gli incubi, orrendi, in cui ero


sempre io a morire, torturata, in genere, poi la confusione,
quella totale, non ero più capace di distinguere la realtà dal
sogno, sembrava tutto fottutamente vero, ciò che forse er-
ano sogni sembravano ricordi veri, non trovavo più un rifer-
imento, i fili si sono intrecciati, la realtà con la fantasia,
non riuscivo più a separarle, era come guardare un’unica
scena, ciclica, infinita, interminabile. poi tutte le cose che
pensavo fossero successe ma che in verità non erano mai
accadute, tutte le cose fuori dal mondo, impossibili, non
ragionevoli che ero convinta fossero successe, non potevo
più fidarmi, di nessuno, di me stessa prima di tutti, della

160
sul fondo dell’abisso.

mia mente, dei miei ricordi, di nulla.

giorno.

nonostante tutto, l’alba è sempre più vicina.

161
sul fondo dell’abisso.

abisso.

lo chiamiamo “abisso” ogni volta che ne parliamo, ed è


esattamente questo ciò che è, un fondale buio e desolato. è
dove la mente si rifugia quando le cose vanno male, lontano
dal resto del mondo, in quell’angolo solitario dove è quasi
impossibile per chiunque raggiungerci. ad essere sinceri è
quasi confortante, per quanto faccia schifo in verità, perché
nulla ti tocca sul fondo, chiudi fuori tutto, le persone, le
emozioni, siano esse positive o negative, il dolore, i pensieri
orribili che ti popolano la mente. e ti abitui a stare laggiù.
forse perché decidere di stare uno schifo in quel modo è
più facile che dover affrontare ogni giorno della propria
vita stando da schifo. ti rifugi nel vuoto. l’unica cosa che
riesci a provare, e ti senti impotente, ti senti schiacciare
da tutto ciò che hai sopra la testa e che ti separa dalla
superficie, che ti separa dalla luce. e non basta una spinta

162
sul fondo dell’abisso.

per abbandonare il fondale, in verità quella spinta è il passo


più difficile in assoluto, non è facile trovare il coraggio e la
forza per fare quel passo.

163
internato.
internato.

-sai dirmi chi sei?


= non lo ricordo più

- spiegati
= ho perso un sacco di cose nella strada fin qui, non ho
più memoria, non so chi ero e neppure chi sono io ora.
quando ti lasci sopraffare cosı̀ dalla tua mente non ti resta
molto alla fine, ti senti solo come un guscio vuoto. magari
un giorno riuscirai a ritrovare te stesso, ma ti sembra cosı̀
improbabile come cosa, perché tutti quei pezzi che ti sono
caduti sembrano irrecuperabili, come il fumo che se ne va.

- hai mai pensato che forse non c’è bisogno di ricostruire


nulla?
= in che senso?

167
internato.

- che non ti serve recuperare ciò che hai perso, che forse
dovresti pensare a costruire tutto da capo, a creare una
nuova persona dalle macerie di ciò che sei ora
= il fatto è che non ti svegli un giorno e pensi “da oggi
starò meglio, mi rifarò una nuova vita”, quando quella
cosa che hai dentro ti stringe togliendoti l’aria che respiri,
la volontà, la forza di fare qualsiasi cosa. non so se per al-
tri sembra facile, ma so bene che per me non lo è, quando
uccidi te stesso con le tue mani poi non sei in grado di
rinascere, resti sul fondo dell’abisso, a guardare la luce che
penetra dalla superficie, convincendoti che non riuscirai
mai a risalire, che non vedrai mai più il sole.

- ...
= provi pietà per me?

- no. sto solo cercando di capire. cerchiamo allora di elen-

168
internato.

care quelle cose che dici di aver perso


= ho perso i sentimenti, e con loro la voglia di vivere

- intendi che vorresti suicidarti?


= no, non credo che lo farei mai, sono una persona troppo
codarda anche per quello, non riesco a farla finita come
vorrei, so solo che in qualsiasi momento, in qualsiasi situ-
azione, se dovessi trovarmi in pericolo di vita non cercherei
di evitare la morte, se una macchina mi venisse incontro
velocemente non mi scanserei per salvarmi. è come non
avere più un motivo per vivere, ti è indifferente esserlo, non
senti nulla, non provi nulla, e allora ti chiedi che differenza
farebbe se non esistessi proprio, e la risposta è sempre “nes-
suna”. ci sono andata molto vicino però, un giorno, era
tutto cosı̀ fottutamente troppo e nulla allo stesso tempo,
e in un attimo ho pensato davvero di farlo, ho pensato di
sparire, di prendere quella lama e conficcarla nella carne

169
internato.

quanto più potevo, e tagliare lungo le vene; ho iniziato a


camminare per andare lontano da casa, la lama in tasca,
una sigaretta tra le dita, le lacrime sul volto, in mezzo a
tutta la gente, e ho deciso di fermarmi in un parco, mi sono
seduta, ho finito la sigaretta, poi ne ho accesa un’altra,
poi un’altra ancora, poi mi si è tutto schiantato addosso,
e le lacrime non smettevano di scendere. ho preso quella
lama e l’ho poggiata sulla vena, ho pensato alle persone a
cui voglio bene, al dolore che provavo, a come volevo che
finisse, e mi è sembrato tutto chiaro, l’ho sentito sotto la
pelle, che il dolore non sarebbe finito se avessi finito la mia
vita, ma sarebbe solo passato da una persona all’altra, da
me a tutti quelli a cui voglio bene, e mi sentivo egoista
come non mai. ho buttato la lama. ho chiamato il mio
medico.

- sembra quasi un lieto fine.

170
internato.

= può darsi

- che significa che hai perso i sentimenti?


= le cose che succedono, quelle che facciamo, dovrebbero
darci qualche emozione, positiva o negativa che sia, sen-
tivo solo che dentro di me non era rimasto più niente, in
certi momenti non riuscivo a provare nulla, quasi come non
sapere più cosa provare. le cose mi scivolavano addosso
come acqua, non mi toccava nulla, e detta cosı̀ sembra
quasi una cosa positiva, una strada sicura per non soffrire
per alcuna cosa, ma quando dura tanto tempo, quando
passi mesi e anni senza provare niente, senza emozioni,
cominci ad essere disperato per sentire una minima cosa,
lo vorresti con tutto te stesso, saresti pronto a qualsiasi
cosa pur di sentire, e allora sprofondi, vedi solo il nero, e il
rosso sulla pelle, e ti senti liberare, perché finalmente riesci
a provare qualcosa, non importa che sia solo dolore. ti va

171
internato.

bene anche quello. e vai in giro sperando che nessuno ti


guardi negli occhi, perché hai paura che possano vedere.
che possano scorgere il nulla che hai dentro.

- quindi per provare qualcosa ti provochi dolore?


= alle volte ci penso, al dolore, e so che un tempo lo
desideravo perché era l’unica cosa che fossi capace di provare,
e per questo me lo procuravo; ma ora, ora è diverso, ri-
esco a provare altro, ma il desiderio del dolore c’è sempre,
questa cosa si è radicata in me, e non vuole sparire. questa
mia tendenza all’autodistruzione non ha senso, so solo che
non posso fare a meno di pensarlo, di bramare una cica-
trice, un taglio, un livido. so benissimo che non è una cosa
normale, “non è una cosa condivisibile dalla maggioranza
delle persone”, che questo mio attaccamento verso il do-
lore in qualche modo è malato, ma è come se non potessi
farne a meno. lo vedo ovunque, in ogni gesto che com-

172
internato.

pio, vedo il potenziale dolore che c’è dietro, e lo vorrei,


lo vorrei con ogni fibra del mio corpo, se non fosse che a
frenarmi c’è il bene che voglio alle mie persone. nonos-
tante tutto ciò certi giorni mi capita di avere sempre lo
stesso pensiero fisso in testa, la stessa identica scena che si
ripete a non finire, la stessa voglia malata che non riesco ad
estinguere, è il bisogno di dolore, vedo quella lama che af-
fonda nel mio braccio, e penso a quanto mi sentirei meglio
dopo, ed è quasi impossibile resistere alla tentazione. non
mi chiedo neanche più perché, quando ci sono caduta la
prima volta ho iniziato questo circolo infinito, e ogni volta
che ci sono ricaduta si è alimentato. ed ora, che io lo voglia
o meno torno sempre allo stesso punto, a pensarci, perché
è la dipendenza che mi controlla, quel bisogno insano di
provare dolore, che sia perché penso di meritarlo, o perché
mi fa sentire viva, o mi fa provare qualcosa, l’unica cosa
certa è che ne ho bisogno, e non so con quale forza di

173
internato.

volontà riesco a non cedere. penso sempre ai miei amici,


al male che farei loro ricominciando, e non so se almeno
loro riescono a capire quanto debba essere disperata una
persona per contare i giorni in cui è pulita, ma mi ripeto
sempre che i successi durano finché uno non li rovina, i
fallimenti sono per sempre.

- continua
= da piccoli credevamo ai mostri nascosti sotto al letto
o nell’armadio, ma crescendo ho imparato che gli unici
mostri siamo noi, che il terrore vive nella nostra mente,
e non possiamo scappare. provi ad ucciderti all’esterno
per liberarti della cosa che hai dentro, di tutto ciò che
senti profondamente tuo, in un modo cosı̀ doloroso che ti
ingabbia, e ti sembra di non poter scappare. e diventi una
di quelle persone da cui cercavi di tenerti lontano quando
eri più piccolo, allora comprendi la precarietà del mondo,

174
internato.

della vita, capisci che è tutto cosı̀ sottile, fragile, sul punto
di sgretolarsi da un momento all’altro, di andare in fran-
tumi, e tu con esso. allora non sai più chi sei, non sopporti
più ciò che sei diventato, cominci ad evitare gli specchi,
i tuoi occhi, perché ogni dannata volta quello che ci vedi
dentro è lo stesso, non cambia mai, e sono vuoti, disperati,
persi, e ti senti perso anche tu, ti chiedi perché vivi, per
cosa vivi, e non trovi una risposta, ti trascini avanti per
inerzia, anche se fa tutto schifo, in ogni caso, neanche te
ne accorgi.

- e non hai mai trovato qualcosa che ti abbia permesso di


sentire? si fanno tante cose in una vita, si incontrano tante
persone, è mai possibile che niente e nessuno sia riuscito a
scuoterti da quel vuoto? che ti abbia fatto provare qual-
cosa?
= credo di essere sul punto di prendere fuoco. di sentire

175
internato.

ogni cosa.

- cosa te lo fa pensare?
= quando continui ad andare giù nel vuoto, arriva un mo-
mento in cui ti rendi conto di aver toccato il fondo, che
non puoi sprofondare più di cosı̀, ed è in quel momento
che realizzi di dover risalire, di doverti dare una spinta dal
basso e riaffiorare in superficie. e senti quella cosa dentro
di te, quel mostro, quella voce, che ti frena, che fa di tutto
per ostacolarti, che ripete incessantemente “io sono. tu
non esisti neanche. esisti solo nella tua mente, dove a nes-
suno è permesso di conoscerti. sei confinato, perché sono
io a prevalere. sempre. chiediti almeno ora, se sei reale o
sei solo il frutto dei miei pensieri annoiati, solo qualcosa
per tenermi compagnia, quando non so come rovinarti la
vita”. e ti abbatte, e ti distrugge. ma dentro di te sai
che devi lottare, e anche se non sei in grado di farlo per

176
internato.

te stesso, sai che vale la pena provarci per le persone che


hai accanto, che ti vogliono bene, per le persone per cui
saresti disposto a dare la vita se necessario.

- quindi qualcuno c’è. hai delle persone a cui vuoi bene e


che ti aiutano.
= si. ho la famiglia che ho scelto. ma quando sei sul fondo
hai paura di far loro del male, e preferisci allontanarle che
trascinarle in basso insieme a te, allora ti chiudi, ti rifiuti
di parlare, di dire quello che non senti, di raccontare la
merda che ti passa per la testa. ma non sai che facendo
cosı̀ non eviti loro la sofferenza, perché escludendoli li fai
stare male per te.

- hai mai pensato che parlare con loro dei tuoi problemi in-
vece sarebbe meglio, che magari loro vorrebbero ascoltarti,
anche se non possono capire tutto quello che ti succede, an-

177
internato.

che se non possono entrare nella tua testa, che se non parli
non potranno mai capirti, che potrebbero anche un minimo
aiutarti per quanto è loro possibile. sai, a volte le cose che
ci succedono, le cose che abbiamo dentro la testa pren-
dono il sopravvento, ma parlare, parlare aiuta un sacco,
dare voce a quello che hai dentro rende più semplice fare
chiarezza sulle tue emozioni, sui tuoi pensieri, razionaliz-
zare le cose. inoltre non parlando dai l’impressione di non
fidarti di loro, anche se da quello che mi dici capisco che
ti fidi ciecamente di loro, che affideresti loro la tua stessa
vita.
= lo so. lo so bene. una persona che amo profondamente
una volta mi disse “entro nell inferno di dante se serve, mi
faccio tutti e nove i gironi, tu mi devi dire solo come fare, e
io entro nella tua testa” quindi so bene che chi ci tiene ve-
ramente vorrebbe capirmi, perché come mi disse di nuovo
quella persona “solo un altro te può aiutare te a combat-

178
internato.

tere te, senza un altro te è tutto più difficile”. quella notte


mi diede delle rivelazioni, parole che rimarranno impresse
per sempre nella mia mente, e per le quali sento di dover-
gli veramente la vita, perché è solo grazie ad esse che ho
continuato ad andare avanti, è grazie al loro riecheggiare
nei miei pensieri che non ho mai mollato. mi disse “por-
tiamo Sofferenza perché alla fine vogliamo continuare a
soffrire, e soffriamo perché pensiamo che altri siano più..
più tutto di noi, questo è normale e da esseri umani, ma
tutti nella vita soffrono, chi non soffre probabilmente non
ha mai vissuto realmente. a nostro modo soffriamo tutti..
il confronto però attutisce e rende tutto più bello Amore
e Amicizia questo ci vuole nella vita, sono due parole che
fanno venire bei pensieri, ma dietro a queste due cose, ci
sta tantissima sofferenza come tantissima gioia”. mi in-
segnò anche a parlare, a raccontare quello che ho dentro
e che prima di quella notte non avevo mai confessato a

179
internato.

nessun altro. “quel vuoto lo dobbiamo riempire insieme”


mi spiegò, “tu riempi il mio, e io il tuo, e insieme a me
tante altre persone che ti vogliono bene, piangere da sola
poi non serve a nulla, chiamami, piangi sulla mia spalla,
perché se piangi su una spalla stai sicura che avrai passato
ad un livello oltre e sarai più forte. piangere davanti a una
persona a cui vuoi bene, e che magari piange insieme a
te e la cosa più liberante che ci possa essere, dovrai solo
liberare ciò che provi.
forse non cercando mai di parlarne con nessuno tu non ti
sei mai posta il perché delle cose, tu hai bisogno di queste
risposte, hai bisogno di meditare su queste, perché ne sono
la chiave, ora non sai darmi risposte ma da ora in poi mi
devi fare una promessa, ogni volta che arriva sta botta
me chiami, me scrivi, me citofoni, me mandi na mail, fai
quello che te pare basta che me lo fai sapere, che se è
nel pomeriggio io corro da te e non sto scherzando”. in

180
internato.

quel momento piansi. so bene che non parlando è come se


non mi fidassi, ma è proprio la sfiducia il cuore della mia
sofferenza, quando arriva il momento in cui ho paura di
fidarmi, forse per timore di farmi ancora più male, ma ciò
che mi ossessiona in quei momenti è la consapevolezza di
non meritare la fiducia degli altri e la paura che ne abbiano
in me, ed è paralizzante, mi porta a spingere via tutti, per
paura di far del male a qualcuno, che sia emotivamente o
fisicamente.

-pensi che potresti fare del male fisicamente a qualcuno a


cui vuoi bene?
= è il mio terrore più grande, perché non penso soltanto
di poterlo fare, sono sicura di esserne capace.

181
per te.
per te.

fuoco.

scrivo di te,
perché è l’unico modo che ho per esprimere ciò che ho
dentro,
che provo per te.
mi hai intossicata con la tua personalità,
con il tuo carattere,
con il tuo modo di fare.
e ad un certo punto mi sono resa conto di essere fottuta,
perché mi stavo innamorando di te,
lentamente,
senza rendermene conto.
e ho preso fuoco.
tu mi hai fatto prendere fuoco.

185
per te.

salvami.

tu mi salvi.
me lo dicesti una volta,
un cuore rosso accanto,
e in quel momento non potei fare a meno di innamorarmi
di te,
del modo in cui credevi che fossi io
a salvarti,
quando nella mia mente
era l’esatto contrario.
perché eri tu a salvare me
ogni giorno,
dal primo momento in cui cominciasti a parlarmi
hai fatto in modo che ti amassi
nel più sincero,
totale,

186
per te.

disinteressato dei modi,


e amando te,
in fondo al mio cuore,
poco alla volta,
ho imparato ad amare me stessa.

187
per te.

parlare.

ci sono cosı̀ tante cose che vorrei dirti,


tante parole,
ma in un certo senso non vorrei dirtele.
ormai mi conosci,
meglio di chiunque altro,
ma non bene,
non a fondo,
hai solo graffiato la superficie
di quello che sono veramente.
sento il bisogno di aprirmi,
di confidarmi e raccontarti tutto
di chi sono veramente,
ma allo stesso tempo
non voglio,
perché scapperesti

188
per te.

a gambe levate,
il più lontano possibile da me,
per come guardo questo mondo,
e come lo vedo.
avresti paura
della mia prospettiva.
piangeresti
stando nella mia mente.
e non lo voglio per te.
non lo meriti.

189
per te.

gioia.

mi fai venire voglia


di amarti,
di perdermi e innamorarmi di te,
pur sapendo
che non mi ricambi,
che non provi lo stesso per me,
per quanto possa far male,
è ciò che voglio di più.

190
per te.

musica.

sei un po’ come una di quelle canzoni,


che partono alla radio
dopo che hai parcheggiato,
e ti fanno aspettare in macchina
fino alla loro fine,
quelle a cui dedichi sempre
qualche minuto
anche se vai di fretta.

191
per te.

confessione.

il tuo nome
è fisso nella mia mente,
non hai idea
di come il mio cuore
arda di amore per te,
del fuoco
che mi si accende dentro
al solo tuo pensiero.
sei la mia dannazione.

192
per te.

braccia.

vieni qui,
vieni e abbracciami,
altro non chiedo
se non stare
tra le tue braccia.

193
per te.

avanti.

non hai più bisogno di me,


hai preso il volo.
ti porti avanti da solo.

194
per te.

ti amo.

in questi anni della mia vita


non ho mai amato me stessa,
ma amo te,
dio, se non ti amo,
talmente tanto
che a volte mi dimentico
come sia odiarmi.

195
per te.

debolezza.

in quelle conversazioni
mi sono persa,
chiacchieravamo
di qualsiasi cosa ci capitasse per la mente,
mi trattavi con affetto,
e il mio cuore
perdeva un battito
ogni volta che dicevi qualcosa di dolce.
parlavamo
che sembravamo una coppia,
e il mio errore
è stato quello di sperarci,
di credere
che forse
avresti potuto provare qualcosa

196
per te.

per me,
mi hai illusa,
mi sono illusa
ma quando ho rischiato di farmi male
mi ha sostenuta,
non mi hai lasciata cadere,
tu che sapevi di essere
il mio punto debole.

197
per te.

eroe.

vorrei essere capace


di salvarti
da qualsiasi cosa ti affligga,
da qualsiasi cosa ti preoccupi.
da te stesso.
vorrei essere il tuo eroe.

198
per te.

dissidio.

diverse volte
mi hai fatto desiderare
di sparire,
di andarmene
e non lasciare più traccia,
di farla finita,
ma quei momenti sono sempre passati,
mi davi contro,
mi facevi sentire male,
ma riuscivi sempre a farmi ragionare,
a farmi dare il giusto peso
alle cose
e alle persone
che ho intorno.
e mi dilania il cuore

199
per te.

pensare che io ti abbia dato per scontato,


che abbia dato per scontata
la tua presenza.
di aver pensato a volte
tanto non mi abbandonerà,
di essermi appoggiata
completamente e totalmente a te.
ma ricordo ogni cosa che mi hai detto,
le ricordo tutte quante,
e non hai idea
di quanto ti sia grata
per ogni singola parola.

200
per te.

mare.

tu sei un po’ come il mare. in superficie si vede qualcosa,


ma sotto non si può sapere cosa c’è, come un mistero. ma
quella superficie incomprensibile da’ la certezza che sotto
di essa sei forte, come la corrente, spingi via tutto, smuovi
le cose; e quando qualcuno si tuffa, quando ti guarda den-
tro non può evitare di essere travolto. e in questa tua
potenza sostieni, non solo il peso della tua “acqua” ma
anche ciò che si poggia sulla tua superficie.

201
per te.

scusa.

vorrei chiederti scusa,


per ogni volta in cui ti ho deluso,
per ogni volta che
ti ho buttato addosso i miei problemi,
per ogni torto che ti ho fatto.
vorrei chiederti scusa
per non essermi fidata di te,
per ogni volta in cui
ti ho fatto preoccupare
o ti ho annoiato,
per ogni sclero,
per ogni pianto,
per il mio fare irritante.
vorrei chiederti scusa
per le notti infinite,

202
per te.

per il male che ti ho fatto,


per la voglia di suicidarmi,
per le parole cattive,
per averti allontanato.
ma soprattutto
vorrei chiederti scusa
per ogni ti amo che ti ho detto,
perché è stato una menzogna,
perché non esistono parole
che possano esprimere
quanto veramente
tu sia importante per me,
e quanto in realtà
io ti adori
per tutto quello che sei.

203
per te.

spesso.

a volte ti penso.
spesso.
a volte scrivo di te
perché non posso scriverti,
perché ho paura di farlo.
a volte scrivo di te
perché mi manchi da far male.
a volte scrivo di te
perché mi si spezza il cuore
a ripensare al passato.
a volte scrivo di te
perché sento il mio cuore stringersi
al tuo pensiero.
a volte scrivo di te
perché non riesco a cancellare

204
per te.

il tuo nome dalla mia testa.


altre volte scrivo di te
perché mi dimentico
che non mi appartieni.
e spesso scrivo di te
perché ti amo
ma ho imparato a non dirtelo.

205
per te.

tu.

resti tu,
tra i miei pensieri.
ad intossicare
le mie giornate.
come una carezza
eterna.
le parole si accavallano,
incespicano
tra una boccata di fumo
e l’altra.
parole vane.
il calore nel mio petto,
è il grido
di ciò che mi è rimasto
di te,

206
per te.

di ciò che ancora provo


per te.
è una coltellata
lenta,
dolce,
inesorabile.

207
per te.

dimenticarti.

ho bisogno di dimenticarti, di andare avanti, ma per quanto


ci provi sembra tutto inutile. sei entrato nella mia vita dal
nulla, e sei diventato importante, cosı̀ dannatamente im-
portante che mi chiedevo come avrei fatto quando te ne
saresti andato. perché lo sapevo che sarebbe successo, io
sono cosı̀, rovino le cose. e non c’è giorno, ora, minuto o
secondo in cui non mi penta di tutto ciò che ho fatto, di
come ti ho allontanato. mi dispiace. per ogni cosa.

208
per te.

pensami.

mi chiedo se tu mi pensi, se a volte guardando qualcosa ti


viene da dire “mi ricorda lei”.

209
per te.

parole.

una volta dicesti che le persone pretendono di amare qual-


cun altro quando non sono capaci neanche di amare loro
stesse, e queste tue parole colpirono e affondarono. non ho
mai capito come fare a non odiarmi, ma penso di aver
capito fin troppo bene come è amarti. e mi dilania il
cuore.

210
per te.

tenerti

ci provo lo sai? giorno dopo giorno, a non odiarmi, a fare


come mi hai detto, ma ritornano sempre, quei pensieri,
quella violenza, la sfiducia.
vorrei tornare indietro e darti la fiducia che ti meriti, quella
che ti ho sempre dato anche se non sembrava, vorrei avertelo
fatto sapere. vorrei averti detto ti amo in faccia e non con
un messaggio, vorrei averlo urlato al mondo intero. ma
mi rendo conto di non saper tenere le persone. lo so e mi
dispiace.

211
per te.

cenere.

avevo un pensiero per la mente


riguardava te,
uno stralcio di conversazione appartenente al passato,
la cenere di ciò che è stato.

212
per te.

risorgi.

non mollare mai,


arriva al limite e spingiti oltre,
non farti fermare da niente e nessuno
e ricorda che ciò che pensano gli altri di te
vale meno di zero.
allenati,
raggiungi il tuo obiettivo
e dimostra a tutti
chi sei veramente.
zittiscili.

213
per te.

sorriso.

la prima volta
che posai
gli occhi su di te,
mi rapisti
con il tuo sorriso,
fin dal primo momento.
la prima volta
che mi permettesti
di posarli
sulla tua anima,
mi innamorai,
completamente.

214
per te.

nostalgia.

mi manchi
sempre
prepotentemente
anche quando siamo seduti vicini mi manchi
perché?
è normale?

215
per te.

cammini.

i nostri cammini
si sono intrecciati
mi hai regalato
emozioni mai provate
sotto la pioggia
e in mezzo alla tempesta
eravamo invincibili
finché siamo rimasti uniti,
ma il tempo
e i nostri errori
ci hanno separati,
e il rammarico
ha preso il posto
di ogni emozione bella
che provavo.

216
per te.

e mi pento,
e mi sento debole
come non mai,
da quando
non ho più te
al mio fianco.

217
per te.

battito.

penso di provare per te


qualcosa di più dell’amicizia.
non so perché
ma mandi in corto il mio cervello,
e il mio cuore,
quando ti vedo
il mondo rallenta
e ci sei solo tu,
tutto si zittisce
e sento solo te,
e il battito furioso del mio cuore.
non so più cosa provo.

218
per te.

ricordo.

ti ho amato
dal primo momento
in cui ti ho conosciuto,
avevi qualcosa di speciale,
non ci eravamo ancora mai visti,
ma sapevo
che ti saresti conquistato un posto
nel mio cuore,
un posto grande,
importante,
vitale.
ci siamo visti,
ci siamo avvicinati,
e ti ho spinto via,
per amore,

219
per te.

perché meriti di meglio,


anche se non mi avevi mai scelta
in primo luogo,
ho dovuto,
perché le persone come me
sono incapaci di donare,
donano solo sofferenza e dolore,
e non lo volevo per te.
e adesso mi resta solo
il dolce ricordo di te,
e del tempo passato insieme
anche se eravamo lontani.

220
per te.

aria.

sento il bisogno di te
come l’aria che respiro,
come il sangue
che scorre nelle mie vene.

221
per te.

diverso.

parlare con te è diverso


è diverso da qualsiasi altra cosa al mondo,
tu sei diverso
da qualsiasi altra persona.
dicono che quando una cotta
dura più di quattro mesi
allora è amore,
e la mia dura da quasi un anno,
e non penso passerà mai,
comunque vadano le cose per noi,
per quanto possano separarsi
le nostre strade,
ti porterò sempre
nel mio cuore,
quella sensazione piacevole,

222
per te.

quel calore
al tuo pensiero
resterà in eterno.
ti amerò fino alla fine
dei miei giorni.
ma non te lo dirò mai più,
lo terrò per me.

223
per te.

fiducia.

per fiducia,
ti ho concesso
la parte peggiore di me,
perché sapevo
che mi avresti trattata bene,
non ho mai
dubitato di ciò.
e alla fine di tutto
non me ne pento
affatto.

224
per te.

persone.

ci sono persone
che un solo gesto
illuminano le nostre giornate,
rendono la vita
più bella,
più vivibile.
tu rendi la mia migliore,
con delle semplici parole,
e non serve neanche
che le pronunci,
ti basta scriverle,
e ogni pensiero si annulla,
la mente diventa tranquilla,
il cuore leggero.
sei una droga.

225
per te.

still.

you spoke words,


that sank to my heart
like stones,
bruising,
and opening wounds
dripping blood.
still
i love you
after all this hurt.

226
per te.

cosa rappresenta l’Amore al giorno d’oggi?


l’Amore è un qualcosa che si sperimenta durante il corso
della vita.
i più fortunati riescono a trovare il “vero amore” subito
e a portarlo con loro fino alla fine, mentre per molti altri
l’Amore è un po’ come un temporale. un vero e proprio
diluvio, goccia dopo goccia, esperienza dopo esperienza,
gioia dopo gioia, dolore dopo dolore, e gran parte delle
persone che si trovano sotto questa “pioggia” sceglie, dopo
essersi preso grandine, neve, ghiaccio e chi più ne ha più
ne metta, di mettersi al riparo gettando la spugna e smet-
tendo di sperare.
smettendo di sperare in quell’Amore che ormai vediamo
solo nei film, in quel sentimento che quando ti prende non
capisci niente, e l’unica cosa che si riesce a fare è sorridere.
ormai sentiamo solo dire “sono in crisi con lui/ lei... tradi-
menti. . . bugie” si lasciano e si rimettono con la stessa

228
per te.

frequenza con cui noi ci cambiamo le mutande.


poi invece ci sono dei ragazzi che pur di sentire la propria
fidanzata con poco tempo a disposizione si alzano tutti
i giorni alle sei, quando magari potevano riposarsi dopo
aver lavorato fino a tardi. . . ragazzi che hanno preso un
treno e viaggiato metà italia per rivedere la ragazza per la
quale avevano perso la testa, anche solo per qualche ora.
lo stesso vale per le ragazze sia chiaro.
il fatto è che al giorno d’oggi crediamo si sia perso il valore
di quel “ti amo” che si diceva col cuore, e non solo per an-
dare al passo successivo in una relazione e “fingersi” cosi
più legati rispetto a prima.

forse proprio per questo molta gente preferisce restare al


chiuso e ripararsi da questo diluvio.
magari siamo nati nel periodo sbagliato, ma qualcuno (me
compreso o tu che stai leggendo) è ancora li sotto la piog-
gia, senza ombrello, sperando che passi qualcuno a bloc-

229
per te.

care le gocce più fastidiose, affrontando con noi questo


diluvio perché, sia chiaro, non esiste “amore” senza sacri-
ficio, ma quel sacrificio viene fatto col sorriso sulle labbra
per la persona che amiamo.

questi continui temporali vi cambieranno in meglio, vi


faranno capire che anche la stessa grandine risulta leg-
gera se al vostro fianco c’è la persona giusta; e proprio per
quella persona non dovete smettere di sperare. riempire
questa figura con qualcuno a caso non vi aiuterà, sta a voi
decidere di resistere, e continuare a sperare di incontrarla
mentre siete sotto le intemperie.
perché alla fine è questo l’Amore, una scommessa con noi
stessi, una scommessa che si vince solo senza mai arren-
dersi, aspettando quella persona che si sieda vicino a noi
mentre l’acqua e tutti gli eventi della vita continuano a
caderci addosso senza fine.

-un eroe.

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