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Giapponismo – dal francese “Japonisme” è l’influenza nata, nel XIX secolo, dalle esposizioni
universali e da alcuni viaggi compiuti dagli artisti in Oriente, che ha contagiato lo stile e le
scelte iconografiche di molti dei più grandi artisti occidentali.
La mostra a palazzo roverella (Rovigo) è dedicata all’influenza che l’arte giapponese ha
avuto sulla cultura figurativa europea tra Otto e Novecento
I primi “Venti d’Oriente” giungono in Europa nei primi anni Sessanta dell’Ottocento, dopo che
il trattato firmato tra USA e Giappone ha visto il paese del Sol Levante uscire dall’isolamento
in cui si era chiuso per secoli. Da questo momento iniziano i contatti commerciali e anche
culturali tra il Giappone e l’Occidente. Si diffondono, così, le prime xilografie, utilizzate per
avvolgere i vasi e le ceramiche per proteggerli durante il trasporto. Queste xilografie spesso
erano manga di Hokusai o stampe di Utamaro e Hiroshige, tutti autori che hanno influenzato
gli Impressionisti, i Nabis e gli artisti delle Secessioni di Vienna e Monaco.
La moda giapponista coinvolge, inizialmente, la ricca borghesia internazionale, ma
soprattutto due intere generazioni di artisti, letterati, musicisti e architetti, trovando via via
sempre più forza con l’innesto della nascente cultura Liberty e modernista sempre più
attenta ai valori decorativi dell’arte giapponese.
Questo stile pittorico, nonostante sia fortemente influenzato dalla tradizione pittorica cinese
della dinastia Tang, è considerato lo stile classico giapponese. Il termine, letteralmente
“pittura giapponese”, veniva inizialmente utilizzato per distinguere le produzioni artistiche
giapponesi da quelle cinesi coeve.
Lo stile yamato-e si emancipò gradualmente dall’influenza artistica della Cina sostituendo i
tipici paesaggi cinesi con rappresentazioni di flora e fauna locali, raggiungendo il suo
massimo sviluppo nel tardo periodo Heian (che va dal 794 al 1185).
I soggetti privilegiati dei dipinti yamato-e sono la bellezza della natura, rappresentata nelle
quattro stagioni o tramite il ritratto di luoghi famosi, oppure degli episodi narrativi, con o
senza didascalia. Spesso in questi dipinti troviamo una grande cura per i dettagli di alcuni
soggetti e ambienti, mentre il resto è offuscato da delle nuvole.
Questa corrente pittorica raggiunse il suo massimo splendore tra il 1338 e il 1573, nell’era
Muromachi. Per realizzare questo tipo di dipinti era necessario servirsi di pennelli realizzati
con i peli di diversi animali (pecore, lupi, cavalli, bue, coniglio…), ciascuno dei quali
permetteva la realizzazione di un particolare tipo di linee o effetti cromatici.
I temi privilegiati in questa particolare forma d’arte giapponese sono ancora una volta le
stagioni, rappresentate tramite piante diverse: orchidee per la primavera, ume per l’estate,
crisantemi per l’autunno e bambù per l’inverno.
Le xilografie sono i prodotti più tipici di questo stile, ma non mancano anche esempi di dipinti
realizzati seguendo le principali caratteristiche dell’ukiyo-e. Il nome significa “mondo
fluttuante” e fa riferimento allo stile di vita edonistico dei nuovi centri urbani arricchitisi
durante il 17° secolo.
I soggetti privilegiati dall’ukiyo-e sono bellissime cortigiane, attori di teatro, lottatori di sumo e
scene cittadine. A questi si aggiungono, successivamente, rappresentazioni naturali, come
nelle famose opere di Hokusai (ad esempio nelle Trentasei vedute del Monte Fuji) e di
Hiroshige (in foto).
LO STILE
Van Gogh ha utilizzato brevi pennellate modellanti di colore materico. La
direzione dei segni colorati segue, infatti, la forma delle figure. Nei tetti le
linee sono oblique, i cespugli e gli alberi lontani sono rappresentati con
pennellate curve. Le montagne, invece, sono modellate con linee
ondulate. Il grande cipresso, invece, sembra una grande fiammata scura. Il
cielo, infine, è animato da vortici di nubi e vento che creano aloni luminosi
intorno alle luci delle stelle e della luna.
COLORE E LA LUCE
Una vasta gamma di blu e azzurri riempie tutta la superficie dipinta. La
luce notturna è rappresentata dal blu oltremare, mentre la vegetazione
diventa quasi nera. Le luci artificiali brillano gialle dalle finestre delle
case. Nel cielo la luna e le stelle spiccano grazie al contrasto di
complementari, infatti, il giallo-arancio è complementare al blu. Tutta la
superficie del dipinto è invasa dalla materia pittorica blu che crea
un’atmosfera in bilico tra sogno e solitaria freddezza. Dalle finestre
filtrano deboli luci gialle mentre la luna trasmette la sua luce alle
pennellate azzurre che la circondano. La luce atmosferica non è
coerentemente prodotta da quella della luna. L’illuminazione del dipinto è
prodotta dalle gradazioni di blu, amalgamato col bianco-giallo che creano
un gioco di luci.
Composizione e inquadratura
L’orizzonte è molto basso e la maggior parte della composizione è
occupata dal cielo che rappresenta lo schermo emotivo e
drammatico degli ultimi giorni di vita di van Gogh.
PAUL GAUGUIN (slide numero 17)
importante fonte culturale delle opere di Gauguin è la pittura giapponese (tanto che
egli stesso divenne un collezionista delle famose stampe giapponesi).
La cosa che più lo attira delle stampe giapponesi è lʼimpaginazione
anticonvenzionale, della trasposizione delle forme naturali e sullʼaccentuazione dei
contorni. Anche per Gauguin gli inizi furono impressionisti, ma già dal 1888 il suo
modo di dipingere cambiò radicalmente. I colori erano dati per campiture piatte e, più
che dei colori complementari, Gauguin faceva uso di quelli primari: rosso, giallo, blu.
Uno degli esempi più noti che testimoniano il legame tra la pittura di Gauguin e lʼarte
giapponese è LʼOnda, un dipinto che risente delle stampe del grande Utagawa
Hiroshige. Come nella stampa giapponese, lʼincresparsi delle onde e i piccoli gorghi sono
trattati al pari di giochi lineari.