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FEDERIGO TOZZI PERE Romanzi, Prose, Novelle, Saggi f cura di Marco Marchi Introduzione di Giorgio Lusi Amoldo Mondadori Baitore LA CASA VENDUTA To sapevo che quei tre venivano a trovarmi perché vendevo Ja mia cass. Ma, nonostante, fui contento di sentire, dalla mia stanza, che domandavano di me. La serva non voleva farlientrare, voleva dire che non c’ero; ma io apriila porta; e Jisalutai con un brivido, nella voce e in tutta la persone. Essi mi risposero ridendo, strizzandosi un occhio; divertendosi della mia sciocchezza. Forse, credevano che non me ne accorgessi né meno: in ogni modo, non se ne curavano. Lo capivo bene. Ma io non intendevo di cambiarmi d'animo. Dissi subito, fregandomi le mani: — Sono venuti per vedere la casa? Hanno fatto bene. Li condussi, prima, a girare l'appartamento che abitavo jo; ch’era il pit piccolo, Essi guardavano tutto; sifermavano perfino davanti a un mattone smosso, Uno, il ignor Achille, che aveva il bastone, batteva su i muti, per sentire quanto erano grossi. Prendevano in mano gli oggetti che erano sopra i miei mobili, toccavano le tende; un altro, il signor Leandro, saffaccid a una finestra per sputare. Poi andammo negli altri appartamenti; dove erano i miei pigionali, che miaccoglievano con segni di meraviglia ostile. Ma, poi, per- ¢hé io ero anche compiacente da fingere di non ascoltare, Acevano male di me con i tre compratori, si mettevano gid accordo per quando uno di loro sarebbe diventato il pa- drone. Nessuno mi tispettava; milasciavano passare dietro a tutti, stavano a parlare quanto volevano. Ed io guardavo, forse per ultima volta, le parcti della mia casa. Poi, non guardavo né meno pit: entravo ed escivo come se non Sapessi quello che facevo e perché mi trovavo h. Quando risalimmo nel mio appartamento, mi disse il erz0 che di soprannone si chiamava Piombo: 800 Nowele ~ Noi abbiamo gia perso troppo tempo. Ci dica lei quan. to vuole, signor Torquato. Tovolevo spicciarmi, non volevo né meno farmi consiglia re da qualcuno. Avrei potuto chiedere diecimila lire, ne chiesi soktanto ottomile. Ebbi paura che fosse troppo, e che sen'andrebbero senza combinare. Allora il signor Achille mj rimproverd severamente: ~ Maa chi la vuole vendere? Qui siamo in tre. To risposi = Gredevo che la volessero comprare tutti e tre insieme, Piombo rispose: = To, in vece, non gliene darei né meno tremila Ero confuso, ¢ m'arrischiai a dite: — Non basterebbero per lipotece, che é di settemila line, Neho chieste ottomila, perché almeno mille restino a me,= E, sorridendo, arrossi. ~ Edi che ne vuol fare lei di mille lire? ~ Io... non mi resta altro. Qualche mese mi basteranno, — Un mese pido uno meno che conta? — E vero = io risposi. ~ Ma tutti tre insieme non si pud contrattare ~ E quel che penso ancl ~ Allora, lei doveva star zitto. ‘Ma il signor Leandro propose: ~ Gliene dd settemila, quante ce ne vogliono per Ig teca. - Eame? = Non mi riguarda Sentii una gran simpatia verso di lui. Ma gli altri due finsero di essere scontenti: perché avevo gia capito che dl compratore era uno solo. Gli altri due dovevano sokanto fingere di comprare, offrendo meno di lui. Avevo eapito, ma ‘non me ne importava. Anzi, mi offesi che avessero ticorso4 quel mezzo come se io da me stesso non fossi stato abbastane za onesto da chiedere quel che bisognava soltanto per ipo teca. Perché io non volevo aver niente. Io volevo restate senza niente, % Giovani so Il vero compratore, il signor Leandro, era un negoziante nonso di che; forse di grano. Aveva il viso rosso ei baffi neri. I signor Achille era un biondino, e Piombo un vecchio ‘coni capelli bianchi, Mentre si discorreva cos, disi alla serve, Tecla, che facesse il caffé per loro e per me. Quelli non ci badarono né meno. E il vero compratore mi disse con impazienza: ~ Pochi discorsi: le piace © no? Il caffé lo prendiamo fuori, con i nostri denari To risposi: ~ Maho detto che lo facesse perché credevo che gradisse. ro una mia gentilezza, Ho voluto accoglierli come meglio posso. ~ Non importa, non importa! Allora, il vecchio si mise a dirmi: — Invece del caf, poteva darmiil tempo di fare loffert Ma io pitt di seimila lire non gliele davo. Ibiondino scosse la testa, quasi per compatieli ambedue che fossero cosi lesti a concedermi tutta quella somma. Pareva che io Ii avessi messi in mezzo, e mi trovavo cos) imbarazzato ¢ umiliato che avrei voluto regalare la casa; se non cifosse stata ipoteca da togliere. Mi vergognavo dell’ poteca, perché appunto non potevo essere libero a modo mio. Il signor Leandro tiprese: ~ Sesta bene come ho ormai detto, benché ne sia pid che Pentito, venga oggi dal mio notaio; dove si stendera il con tratto, Come avrei potuto rifiutare? E percid, credendo che facesse caso alla mia delicatezza, proposi: ~ Se crede, posso venire magari prima di mezzogiomno Ma egli se ne offese: = Ho da fare altre cose, molto pit serie di queste! Allora, perché non mi parlasse pitt cosi bruscamente, risposi ~ Mi scusi perché non lo sapevo. ~ Facciamo meno chiacchiere: alle due, non piti tardi, si faccia trovare dal mio notaio, an Novelle To eto vergognoso di non sapere il nome del notaio, ¢osai chiederlo @ lui. Mi disse = I notaio Bianchi... Lo sa dove sta? = Lo domanderd; per non sbagliare. Intanto Tecla aveva portato il caffe, Ma siccome non aveva nessun sapore ed era troppo bollito, io non sapevo pit, che parole inventare: avevo paura che lo trovassero cettivo, I signor Achille, il biondino, disse: = Ota che ha voluto farci prendere anche il caffe, non da la senseria a me ¢ a lui? ~ E accennd, con la punta dal bastone, Piombo. Io chiesi, come rientrando in me: ~ La senseria? — Certo! Crede che siamo venuti per fare una passeg. sicta? ~ Ma io... non ho un soldo! Non sapevo se mi avrebbero perdonato. E infatt il signor Achille ald il bastone come per darmelo su la testa = E allora chi ci pensa a noi? ~ E mi afferrd per un braccio. Io volevo dire che se la facessero dare dal come pratore, ma avevo paura che Piombo mi rispondesse troppo male. Volsi gli occhi attorno; ¢ dissi pallido di commozione: ~ Se credono, potrd regalare questa mobilia.. soltanto questa? Risposi lesto, perché fosse pitt amabile: = C8, dil, il letto. Poi le cazzeruole di rame, in cucing = Sono sempre adoprabili? = Sono sempre buone. - E chiamai la serva petché ne portasse alcune, a fargliele vedere. Piombo, il vecchio, disse = Credevo che avremmo fatto un affare meno magrol=E ‘mi dette un'occhiata di compatimento. ‘A me si sttingeva il cuore; ma che potevo dare ancora? -on gli occhi, perfino su al soffitto: non cera proptio niente Bevvero il caffé e mi finirono lo zucchero, mang pezzetti o, in vece, non avevo né meno empito la taza fat vedere che il caffé Vavevo fatto fare soltanto per loro, Giovent 803 tenevo che ne fossero certi! Ma non mi fecero né meno un complimento; ¢ Piombo chiese: — Le tazze ce le mette nella senseria, signor Torquato? Il signor Achille gli assestd un colpo sul collo: - Ea chile deve dare? Allora petché il signor Achille si rassicurasse, dis ~ To non le adoprerd pit. Tl compratore si puliva il naso con le dita, pensando gid ai suoi progetti di come poteva utilizzare la casa; e percid mi chiese: ~ Lei quando me le lascia libere queste stanze? To avevo pensato di trattenermi ancora qualche giorno; ma siccome egli me le chiedeva subito, risposi = Oggi stesso... dopo il contratto. - Va bene, va bene! — Mi dispiace di non poterglicle lasciare magari prima. = Poco male! Ma, a questo punto, cominciai a sentire come se mi fosse strappato il cuore, Se ne accorscro subito, ¢ il compratore mi hiese con una voce che minacciava: S'é pentito, forse? To feci uno sforz0 ¢ risposi - No, no! Tutt’altro! Pensavo ad un’altra cosa. ~ Non ci mancava che se ne fosse pentito! Siamo uomini, non mica ragazzi! Le sarebbe meso poco conto, perv: perché questi due, all'evenienza, potrebbero anche fare da testimoni di quel che abbiamo combinato, To dissi: = Le assicuro che... non ci pensavo né meno a questo! = Ormai, se Dio vuole, cosa fatta capo ha. — Andd a una parete e disse: = Domani stesso ci mando il muratore perché ripulisca futte le stanze ¢ rinforz gli architravi dove ce ne sara biso- sno. Lo fardsalire anche sul tetto perché il pigionale dellul- fimo piano mi ha detto che, da una fessura, quando piove gli sgocciola 'acqua sul pavimento. 04 Novelle — B vero: ’é una tegola rotta. Non I’ho fata cambiare io... perché non volevo spendere = Poi fard scialbare anche la facciata, verniciare le persia. ne. Mi ci vorta la spesa di un altro migliaio di lire. Le pare poco? To ammiravo la sua possibilita di fare tutte quelle cose e diss = Vedra che bella casa doventa! = O che credeva che la lasciassi deperize come ha fatto lei? Miparlava cos senza nessun riguardo, con un tono come se io gli avessi fatto qualche cattiva azione. Non mi lasciava zné meno pensate, quantunque cercassi tutti i modi di cavar glidibocca una parola con lo stesso sentimento che avevoio, Non so che avrei fatto perché non mi parlasse a quel modo! Ma egli se la pigliava di tutto con me, ed io n’ero moho addolorato; e non mi preoccupavo d’altzo. Allora diss: = Lascio attaccate anche le fotografie della mia famiglia, perché non so dove portarle. — Quelle le pud buttar via. — Le danno noia? = O non glielo ho detto che dovrd ripulire tutto? Allora si fece dare il bastone dal signor Achille e ne buttd git quasi una fila; quelle che erano senza cornice To avrei voluto raccattarle, ma pensai di aspettare che se ne fosseto andati, Volevo, nondimeno, far loro sapere che erano proprio quella di mia madre e della mia sorela ‘morte. Forse avrebbero capito il mio sentimento. Ma non mi arrischiavo, giacché il signor Leandro, ormai padrone, le aveva buttate git a quel modo, Non volevo fare una cosa che non ero sicuro se facesse piacere. Allora, sicoo: me eta restata, un poco pitt alto, una fotografia di mio padre, dissi: — Butti gid anche quella! Ma egli non pensava a queste sciocchezze, e alzd unt spalla, Prese in mano in vece un vecchio vaso da ior, cheié avevo sempre tenuto: era un ricordo della mia sorella. Ma Giovani a accortosi che la polvere gli aveva insudiciato le dita, disse Ho fatto male a toccarlo, Io li chiesi = Sivuole lavare? Mail signor Leandro si servi del suo fazzoletto, benché uo fazzoletto, benché gli dispiacesse di sporcatlo. Ora ero tutto impaurito che pet la sua curiosita gli potesse accadere un'altra cosa simile. E percid diss: ~ Se credono, possiamo scendere. ‘Ma gli altri due domandarono: = Ce caso che la sua serva si porti via qualche cosa? Badi che lei 2 ora responsabile di tutta questa robe, che & gia nostra To risposi mettendomi una mano sul petto: — Giuro che non manchera né meno una briccica! = Del resto, per essere pitt sicuri, ci pud dare subito le chiavi. Cost la serva si fa escire e noi chiudiamo — Giacché hanno sospetto di me, si fa come dicono. Tecla! Esciamo insieme. La serva, una vecchia vedova, disse: ~ El fagotto dei miei cenci quando me lo da il tempo di farlo? Rispose il compratore: = Torerai stasera: t’apritd io. — Ma ho da avere anche il salatio di questo mese! Tuttie tre si miseroarridere, eo mi senti cos imbarazzato che non sapevo quel che dire. = Ne parleremo fuori Disse il signor Achill: at bbecuiose che perlaservaleinon poresevendere To risposi: = Non capisce niente, e non ha nessuna educazione. Ma ssciri con me: ci penso io a farla obbedire. Poi escimmo tutti e cingue insieme. Tecla fu 'ukima, ¢ chiuse la porta Mera rimasto tanto da andare a pranzo, e alle due fui 806 Nowell puntualissimo dal notaio. Anzi artivai prima degli altri. Fir- nai il contratto scritto in carta bollata; ¢ feci la firma pid bella che potessi; benché mi tremasse la mano. Io cercavo di capire se erano contenti dime e se avessi detto qualche cosa che potesse sembrare contrario a come volevo mostrarmi, Aspettavo che mi dicessero se volevano altro da me. I notaio disse: = E fatto tutto! E mise il polverino rosso su la carta bollata, I signor Leandro mi mand® via, dicendo: — Pus andarsene, signor Torquato! To salutai sempre con rispetto, ma nessuno mi tispose. E non ero ancora giunto alla porta, che gia parlavano pet conto loro. Scesi le scale del notaio, come se mi fossi tolto un peso 'addosso, Poi non ricordo pitt quel che feci e dove passa il resto della giornata. Perla sera non avevo né da mangiare né da dormie; ¢ mi sentivo affranto, Ma facevo di tutto per resistere. Quando fu buio, comincid a piovere dirottamente,, To, allora, andai a tipararmi sotto le grondaie della mia casa venduta. Ero tanto triste; ma avrei voluto essere contento,, almeno come la matting, perché a quell'ora sapevo che imiel Pigionali cenavano, e quelli del quartiere di mezzo avevano Fabitudine di suonare il pianoforte: sempre qualche polea nuova.

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