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Saggio 1 Obblighi erga omnes e codificazione della responsabilita degli stati 1. L’adozione nel 2001 del Progetto di articoli sulla responsabilita degli stati per atti illeciti intemazionali, nella versione predisposta dal rappourter Crawford, ha sollevato valutazioni contrastanti in dottrina, soprattutto per i risultati modesti raggiunti riguardo alf'individuazione, nella vasta categoria degli illeciti statali, di fatti particolarmente gravi Genominati crimini intermazionali sottoposti ad un regime aggravato di responsabilita internazionale. Nel Progetto finale del 2001 @ scomparso il termine di crimine e con esso anche quello di obblichi erga omnes. Gli illeciti, in precedenza definiti crimini sono nel progetto 2001 ricollegati nel Capitolo I, artt40 e 41 a gravi violazioni di none intemmazionali di jus cogens. 2. La distinzione tra il termine crimine e delitto degli stati risale all’art.19 del Progetto sugli atticoli sulla responsabilita degli stati approvato nel 1976 dalla Commissione del dititto intemazionale ¢ redatto da Roberto Ago. L’art 19, definiva al par. 2 i crimini internazionali degli Stati, come atti illeciti derivanti dalla violazione, da parte di uno Stato, di un obbligo internazionale cosi essenziale per la protezione dei fondamentali interessi della comunita internazionale da esser riconosciuto come crimine dall’intera comunita internazionale, e propone al par. 3 una esemplificazione degli illeciti che costituiscono ctimini intemazionali:1) mantenimento della pace.2) salvaguardia del principio di autodeterminazione dei popoli,3) salvaguardia dell’essere umano(divieto di schiaviti, del genocidio, dell’apartheid), 4) protezione dell’ambiente. Di fonte ai crimini intemazionali trattandosi di tutelare norme intemazionali, la reazione contro I'offensore potrebbe © addirittura dovrebbe essere esperita da tutti i soggetti dell’ordinamento intemazionale e sarebbe lecito infliggere allo stato offensore sanzioni peculiari e particolarmente gravi, di carattere punitivo o afflittive. I delitti meno gravi violerebbero invece, singoli diritti o interessi giuridicamente tutelati di uno stato. In questo caso la reazione sarebbe esperita solo dal soggetto leso contro l'offensore, 1a differenza sta quindi nel tipo di reazione ¢ sanzione. La possibile reazione di tutti gli Stati contro I'autore del ceimine é diretta conseguenza del fatto che Fart 19 riconduceva j crimini a gravi violazioni i obblighi incombenti sugli Stati nei conffonti della Comuniti intemazionale cioé a obblighi erga ommes esigibili da tutti gli Stati operanti collettivamente per conto della ‘Comunita medesima secondo il noto obiter dictum espresso dalla Corte intemazionale di giustizia nel 1970 riguardo al caso Barcelona Traction concemente la distinzione wa obblighi reciproci e obblighi erga omnes La sentenza della CIG del 1970 distingue quindi tra obblighi che uno Stato assume bilateralmente nei conifonti di un altro (Vis-4-Vis) e quelli che assume nei conffonti dellintera Comunit2 Internazionale. Di fronte alla Comunita Internazionale, gli obblighi sono ERGA OMNES. Tali obblighi sono dovuti nei conffonti di tutti gli Stati, e quindl, sono esigibili da qualunque Stato nei conftonti di chi li abbia violati 3. La soppressione degli obblighi erga omnes non ha suscitato critiche particolari data la convinzione diffusa che i valori da essi tutelati avrebbero in sostanza coinciso con quelli oggetto delle norme intemazionali di jus cogens. I fondamento della teoria che riconosce la sostanziale coincidenza tra le norme di ius cogens e gli obblighi erga omnes é costituito dalla centralita attribuita al carattere inderogabile posseduto sia dalle prime, sia dalle norme che prevedono i secondi. Pur essendovi similitudini tra gli obblighi Erga Ommes ¢ le norme di Jus Cogens in quanto tutelano giuridicamente valori essenziali per la Comunita degli Stati, secondo Picone le due categorie di norme non sono da accomunare: a)In primo luogo le due categorie di norme hanno punti di riferimento normativi differenti Vart.53 della Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati per le norme di jus cogens, ¢ per gli obblighi erga omnes la decisione della Corte intemazionale di giustizia del 1970 relativa al caso Barcelona tracnion. La prima disposizione sanciva la nullita assoluta dei trattati conclusi in violazione di una norma di jus cogens, limitando ai soli stati contraenti la legittimazione ad agire per far valere la causa di invalidita medesima, mentre lobiter dictum ricostruiva gli obblighi erga omnes come obblighi incombenti sugli stati nei comfronti della comunita intemazionale unitariamente considerata e quindi esigibili dalla generalita degli stessi operanti uti universi per conto della comunita medesima. b)Le due nozioni godono di un significato autonomo, infatti, mentre possibile affermare che la maggior parte delle norme di ius cogens pongono obblighi erga omnes, non altrettanto corretta risulterebbe I’affermazione secondo cut tutti gli obblighi erga omnes derivano da norme imperative. Rileva PICONE: Le norme di jus cogens sono per loro natura inderogabili, in quanto hanno 1a funzione di porre dei limiti alla gestione da parte degli Stati di interessi “propri’. Nel caso delle norme che prevedano degli obblighi degli Stati nei confronti della Comunita intemazionale, linderogabilita é invece solo una conseguenza indiretta del fatto che i ‘singoli’ Stati si trovano in tal caso a gestire interessi non propri, ma della stessa Comunita internazionale, ¢ quindi interessi e valori gia in partenza ‘indisponibili‘(cicé interessi che soddisfano non solo il titolare ma anche interessi pubblicistici). Tali norme (quando tutelino valori ‘collettivi’, ma non ‘essenziali” della Comunita intemazionale) si configurino, almeno in casi eccezionali, come ‘derogabili’, alle condizioni evidentemente fissate dalla stessa Comunita intemazionale. ¢ quindi ancora una volta dalla generalita degli Stati operanti uti universi” Le norme di ius cogens e quelle contenenti obblighi erga ommes devono essere considerate, dunque, come costituenti due categorie giuridiche nettamente distinte. Infatti. quando una norma imperativa ¢/o inderogabile produca obblighi erga ommes. essa si comfigurara, come una autonoma norma primaria dotata delle caratteristiche indicate (1a quale prevede 1*‘esigibilita’ da parte di tutti e 1a conseguente possibile legittimazione di tutti a reagire, in caso di violazione), senza pili costituire contemporaneamente, come presuppone 1a costruzione criticata, anche una autonoma norma di jus cogens. Il carattere imperativo @ infatti in tal caso solo una caratteristica interna della norma primaria complessiva istitutiva di obblighi erga omnes (oltre che un presupposto degli effetti da essa materialmente prodotti), e non pud essere per cosi dire ‘estrapolato’ o ‘estratto’ dalla norma medesima, al fine di ammiettere l'esistenza in via isolata anche di un‘altra norma formalmente autonoma e parallela di jus cogens. La norma istitutiva di obblighi erga omnes, in quanto dotata di effetti maggiori (data l'‘esigibilita’ della medesima da parte di tutti, e il suo riferirsi come destinatario materiale alla stessa Comunita intemazionale) non pud percid non “ricomprendere’ e sostituire formalmente quella, nel caso solo apparentemente autonoma, dotata potenzialmente di effetti minori: le due categorie di norme si escludono quindi formalmente a vicenda, e non si sovrappongeno affatto, contrariamente a quanto ritiene 1a dottrina L’autonomia formale delle norme jus cogens. intese come autonome norme primarie. é quindi. ammissibile solo nei 2 casi seguenti 1) Quando esse, operando al di fuori del campo della responsabilita da illecito, si limitano a tutelare dei semplici principi di struttura delle relazioni intermazionali producende la sola invalidita e non l'lleicira dei comportamenti assunti dagli stati in loro violazione. 2 Esse pur producendo effetti nel campo della responsabilita intemazicnale, costituiscono delle norme imperative semplici a tutela di alcuni valori materialmente inderogabili, fe quali si limitano a rendere illeciti dei comportamenti statali che siano espressione solo di rapporti reciproci tra gli stati e restino al riparo da sanzioni e/o relazioni esercitabili da terzi stati Anche quando le norme di jus cogens non si traducono automaticamente in norme istitutive di obblighi erga omnes ¢ coesistono accanto alle seconde, non vi alcuna possibilita di coincidenza: dietro l'apparente unit dei valori tutelati si celano infatti fattispecie normative differenti che sono prese in considerazione da norme primarie specifiche ed autonome produttive di effetti tra loro non coincidenti. ©}PICONE sottolinea che nell’ambito stesso del Progetto finale di articoli sulla responsabilité degli Stati, la sostituzione delle norme che prevedono degli obblighi erga omnes da parte delle norme imperative 0 inderogabili non sia stata condotta in modo del tutto rigoroso. E cid da almeno due ponti di vista. Innanzitutto, nel testo del Progetto, vi é solo una parte dedicata esclusivamente alle conseguenze particolari delle gravi violazioni di obblighi derivanti da norme imperative del diritto internazionale generale, il cap. III della Parte seconda (che comprende gli articoli 40 e 41) L'art. 40 sancisce al par 1 Iapplicabilita del Capitolo I e si applica alla responsabiliti imemazionale che discende da una violazione grave da parte dello Stato di un obbligo derivante da una norma imperativa del diritto intemazionale generale. Una violazione di un obblige di tal genere @ grave se implica da parte dello Stato responsabile una violazione evidente e sistematica del dovere di adempiere [’obbligo alle violazioni indicate, mentre I’art-41 prevede che gli stati cooperano per porre fine alle violazioni gravi attraverso il ricorso a misure lecite, ma anche di fomire assistenza. La Parte terza, riguarda i principali problemi sollevati dalla legittimazione a reagire, sia al fine di determinare quale sia lo Stato leso (nell'art. 42), sia al fine di riconoscere un potere di iniziativa a Stati “diversi dallo Stato leso” (negli atticoli 48 e 54). Orbene, per precisare ultima categoria di Stati, si collega la legittimazione di tutti, nel caso dell’art. 48, par. 1. lett. b), al fatto che Pobbligo violato si ponga ‘nei confronti della Comunita intemazionale nel suo complesso’, costituendo, in pratica, un obbligo erga ommes. [...] Del resto, ed é i secondo elemento da considerare, una prospettiva metodologica analoga viene seguita dal Progetto anche quando si tratti di individuare Io Stato leso (all'art. 42), 0 i soggeti legittimati a reagire ‘diversi dallo Stato leso” (nell’art. 48, par. 1 e nell'art. 54), nell'ipotesi in cui obbligo violato sussista nei confronti di un gruppo di Stati, operante per la tutela di un interesse collettivo, ipotesi che non ha di per sé nulla a che fare con quella della violazione di una norma imperativa di diritto intemazionale generale”. Tale reintroduzione effettiva degli obblighi erga omnes nel testo del Progetto di articoli @ indice di una contraddizione non solo testuale, ma formale, poiché si configurano le nome che producono tali obblighi come norme primarie autonome, funzionali all'attuazione delle norme inderogabili, ma operanti in modo indipendente, in merito alla legittimazione a reagire degli Stati. Quindi nel testo finale del Progetto non é vero che Ie norme jus cogens sostituiscono totalmente gli obblighi erga ommes.dato che in effetti le due categorie sono fatte coesistere, e tale affermazione é confermata col parere reso il 9 luglio 2004 dalla Corte intemarionale di giustizia nel noto caso Legal Consequences of a costruction of a wall in the occupied Palestinian territory. Nel valutare gli illeciti commessi dall"Israele in seguito alla costruzione del muro, la Corte ha ritenuto che alcune nome violate ponessero obblighi erga omnes esigibili dalla generalita degli stati. Essa ha pertanto ricostruito gli cbblighi incombenti su Israele e le altre conseguenze giuridiche per gli altri stati nei termini indicati dalle disposizioni applicabili del Progetto finale di articoli sulla responsabilita degli stati Si é quindi verificata una sttuazione in cui la Corte allontanandosi dalle posizioni del CDI, ha applicato la disposizione indicata alla violazione di obblighi erga omnes senza tener conto del riferimento espresso dalla medesima disposizione all'esistenza di gravi violazioni degli obblighi previsti dalle norme perentorie di diritto intemazionale generale. d) Nel testo definitive del Progetto, i crimini intemazionali sono scomparsi ¢ l'eliminazione di tale nozione non ha solo valore termmologico, ma un forte indebolimento delle reazioni consentite ai terzi stati per reagire ad un illecito erga ommes. La disposizione che regola tale questione é contenuta nell’art. 48, par.2 che attribuisce ai terzi il potere : a) di pretendere dallo stato responsabile la cessazione dellillecito ¢ l’offerta (art.30) di assicurazioni e garanzie di non reputazione, b) attuazione dell’obbligo di riparazione. A tale disposizione, si a: Vart.54 del capitolo II della parte dedicata alla conmtromisura( il termine “contromisura” indica il comportamento in sé illecito di uno Stato, attuato in risposta ad un asserito comportamento illecito altrai. In questo senso, I'essere conseguenza di un’azione illecita altrai opera come causa di giustificazione dell ‘illiceita del comportamento dello Stato offeso), che consente ai terzi stati di adottare Jawgue misures/misure legali) contro lo stato responsabile al fine di ottenere la cessazione dell'illecito ¢ 1a riparazione nei termini gia indicati. II problema che si pone, inerente a tali disposizioni, consiste nel chiedersi se esse siano realmente in grado di regolare in modo rigido le reazioni suscettibili di essere assunte dai terzi stati, nel caso di commissione da parte di uno stato di un illecito erga omnes. A tale riguardo nel Progetto finale la disposizione prevista dall’art.41 afferma che la regolamentazione lascia impregiudicate tali ulteriori conseguenze che una violazione a cui si applica questo capitolo pud comportare nel diritto internazionale, ossia tale disposizione legittima tutte le specifiche regolamentazioni ricavabili per le varie ipotesi di un cfimine dal diritto intemazionale generale influendo sul contenuto ¢ la portata delle reazioni assumibili dai terzi stati ai sensi dell’art. 48. Inoltre essa da un pid preciso significato all’art.34 che attribuendo agli stati il potere di assumere misure legali per far cessare e ottenere la riparazione di un illecito erga omnes finisce anch’esso con il ricomprendere ¢ legittimare tra le lawful measures tutte le reazioni consentite dal diritto intemazionale. Il Progetto tace sulla possibilita che determinate reazioni di terzi stati ad un crimine possono essere gestite attraverso I’uso della forza anche in assenza di un‘autorizzazione da parte del Consiglio di sicurezza dellONU, come ad esempio riguardo alla legittimazione di un intervento umanitario. Picone ritiene che un intervento umanitario costituisce una contromisura suscettibile di essere assunta in reazione a quel grave illecito erga omnes, dato dalla mancata osservanza da parte dello stato della norma che vieta di porre in essere o tollerare delle gravi violazioni dei diritti umani. Si tratta quindi di una fattispecie che ricade nella commissione da parte di uno stato di un crimine internazionale e delle reazioni da parte degli altri stati per porre termine al medesimo. Nel testo definitive del Progetto, si é regolato il problema del rapporto tra il regime di responsabilita e il funzionamento del sistema delle Nazioni Unite. Nel testo definitivo del Progetto, il rapporto é regolato dall’art $9 che si limita ad affermare che le disposizioni del progetto non pregiudicano la Carta delle Nazioni unite,lasciando pero del tutto aperta la questione Picone sostiene che la soluzione accolta dall’art 59 puo essere colmata attraverso un attento esame della reale portata degli obblighi erga omnes. Gli obblighi erga omnes sono espressione dell’ affermarsi di un proceso di verticalizzazione normativa del potere della comunita intemazionale che si manifesta quando quest’ultima intende gestire autonomamente funzioni di produzione, accertamento e attuazione di norme intemazionali. Non avendo essa organi propri tale gestione si realizza attraverso l’attribuzione a tutti gli stati operanti uti universi per conto della comunita, del potere di esercitare le funzioni indicate. In seguite al formarsi di obblighi erga ommes l’ordinamento intemazionale si trova ad avere un canale di attuazione dei valori fondamentali della comunita internazionale che opera in modo concorrente con quello costituito dalle Nazioni Unite. Questi 2 canali non possono essere inquadrati istituzionalmente in posizioni prefissate di supremazia o subordinazione, ma sono destinati ad entrare in continue relazioni reciproche. Queste relazioni possono essere analizzate da un duplice punto di vista. Dal versante dell’ONU:Un primo esempio di queste relazioni reciproche dell"Organizzazione e degli stati operanti unilateralmente @ il crimine di ageressione regolato dall’art $1 che sancisce i diritto naturale degli stati a difendersi da un atto di aggressione sia individuale che collettiva fintantoché il consiglio di sicurezza non assume le misure necessarie. In questo caso Ia carta dell’ ONU ba previsto essa stessa la priorita della gestione del crimine intemazionale da parte di tutti gli stati, rispetto al sistema di sicurezza dell'ONU. Tale soluzione ha un valore generale se si considera che al momento dell’entrata in vigore della carta dell’ONU, quello di aggressione era Yunico crimine noto alla prassi degli stati. Pertanto é possibile ammettere che il modello disegnato dall’art.51 possa essere seguito anche in caso di crimini intemazionali affermatisi successivamente all'entrata in vigore della Carta. In questi casi gli stati possono reagire con la forza ogniqualvolta il Consiglio di sicurezza non abbia competenza per procedere o se sia impossibilitato ad operare La prassi mostra che questa linea interpretativa si ¢ gia affermata nei casi dell intervento umanitario della NATO in Kosovo e nell intervento degli USA e UK contro 1'Iraq. In conclusione si pud affermare che sul problema dei rapporti intercorrenti tra ill regime delle responsabilita, soprattutto quelle per crimini intemazionali, predisposto dalla codificazione ¢ il sistema delle Nazioni Unite la CDI ha omesso di concentrare 1a propria attenzione. e)Abbiamo visto che nel Progetto finale il termine crimine intemazionale non esiste pil) come nozione e che nel progetto finale, le reazioni consentite sono assai pid leggere, anche se la possibilith che alcuni di tali illeciti legittimano reazioni assai pi severe da parte di stati terzi, é indirettamente contemplata dalla saving clause prevista dall’art.41.In tali casi, parlare di crimini non dovrebbe scandalizzare, poiché si tratta di rimarcare I’esistenza di regimi sanzionatori piti gravi di quelli applicabili agli illeciti internazionali normali. Nel Progetto finale, inoltre dato che gli illeciti di maggior rilievo sono ricollegati a violazioni gravi di jus cogens, le specifiche reazioni richieste dai paragrafi 1 e 2 dell’art-41 risultano conseguenze dell’operativita delle norme secondarie Dato che le nomme di jus cogens producone |'effetto, quali norme primarie di rendere inderogabile dalla contraria volonta degli stati, la fattispecie imperativamente regolata ¢ illecito il comportamento degli stati, e non quello di consentire in caso di violazione una possibile reazione di tutti gli stati, quest'ultima possibilita prevista dall'art48, avrebbe dovuto configurarsi come conseguenza di norme secondarie. Tuttavia I'art 48, par 1, lett, esprime ancora attualmente una presa in considerazione degli obblighi erga omnes, quale categoria centrale di riferimento, per quegli aspetti del Progetto attinenti a possibili reazioni di stati terzi. Tale soluzione ripristina il ruolo delle norme istitutive di obblighi erga omnes almeno in relazione all’effetto idicato, effetto riconducibile quindi a norme primarie. In presenza di questa contraddizione diviene necessario ammiettere il ruolo assorbente quali norme primarie . delle norme istitutive di obblighi erga omnes a scapito delle norme jus cogens Picone ritiene che anche con riguardo alle particolari conseguenze previste dai paragrafi 1 ¢ 2 dell'art-41, malgrado il riferimento letterale alle serious braches , gravi violazioni,di una norma di jus cogens, siano in realta ancora le norme istitutive di obblighi erga omnes ad essere implicitamente il punto di riferimento. Sia l’obbligo di cooperazione (art 41) sia quello di non aiutare lo stato responsabile di un grave illecito a mantenere in vita la situazione risultante dal medesimo, si configurano come conseguenze implicite nel fatto che tali norme sono esigibili da tutti gli stati fSecondo Picone un posto a parte va riservato a violazioni di norme istitutive di obblighi erga omnes per le quali il diritto intemazionale generale prevede il possibile ricorso da parte di uno stato leso dell’uso della forza. Sono queste violazioni gravi per le quali la comunita internazionale consente il ricorso a tutti i mezzi disponibili al fine di porre fine all’illecito. Vi sono attualmente dei casi in cui il Consiglio di stcurezza consente agli stati di reagire con Ia forza ad una determinata situazione illecita, legittimando comportamenti esterni al sistema dell’ONU. Il consiglio di sicurezza, dopo !attentato alle torri gemetle ha legittimato I"intervento militare in legittima difesa degli USA contro l"Afghanistan. Tali risoluzioni hanno ampliato le reazioni legittime degli stati lesi dal terrorismo intemazionale. SaGGIO I La responsabilita degli Stati tra codificazione e sviluppo progressive della materia Alcune delle corstteristiche distintive delle nome produttrici di obblighi erge omnes sono state secondo Picone ingiustamente trascurate nel progetto finale sulla responsebilita dezli stati In primo inoze secondo Bicone non ha 2lcun senso equiparare le norm zenerali produttive di obblighi erza omnes con quelle convenzionali affermative di soli obblighi inter ommes partes {tra tutte le parti).Vi 2 una radicals differenza tra le prime, espressive di un dedoublement Fomctionnel{zli stati attraverso i peopel apparati giudizieri intern puniscono i responsebili di Crimini imemazionali. Tale aziome pero come um 2itivita esercitata per comto dellimere Communita intemazionale piutieste che come una attivita steiale in sense proprio. Si realizza cosi quel dedoublement fonctionnel secondo cai un orgino statzle agisce come arzeno ‘sofa n 1GM tsedisnsUsgrncnsn dt gna eas eel efaacema ee eat etteara norman mt pope confit dellordinamento imtemazionale) degli stati nei confronti della comunita intemazionale comsiderata nel swo insieme ¢ le seconde che non hanno alcun lezame operative 2 funzionale com quast’ultima e si limitano a regolare i repporti comtrattuali ¢ solidali relativi al solo sruppo Gi stati comtent. In secondo luogo secondo Picone diventa emoneo intemazionali generali produttive di obblizhi erg2 ommes con le norme di ji Picone sostiene Crawford sostiene una sostenzizle somizlianza tra le due norme ‘enze rendersi comto che Lz loro radicele diversita derive dalla profonda differenza dell loro natura e dazli effetti che producono. Mentre le norme produttive di obblighi ergz omna: si propengono di tutelare beni e velori della comumita intemazionale attraverso l'attivita colletiva dezli stati operant per como della comumita stessa, le morme perentorie o di jus cogens secondo quanto previsto dal’: onvenzions di Vienma, si limiteno a prevedere con B loro inderogabilita ima causa di invelidita dei comtazenri comportamenti degli stati che pud essere fone valere attaverso una legittimazione ad agire riserveia ai soli stati conteenti. Inolire Picone sostiene che anche nel Progetto finale di codificarione le norms generali produttive di obblighi erza ommes mantangono uma posizions di rilivo @ anzi di cantralita Boichat ali norm operano rispetta alla comunita considerata nel suo insieme 2 necessario, secondo picone chiadersi di che natura sano le posizioni eturidiche da attribuire agli stati al fine di gerentire [a loro attuzzione € in che misura #i distinguono dai diritti soggettivi. Per molto tempo si 2 sostemuto che il termine diritto erg2 omnes aviebbe dovuto essere riferito allo stato Particolarmente colpito da una Violazione di un obbligo erga ommesmentre eli altri soggeni avrebbero avuto solo dei diritti non erga ommes. Picone invece sostiene che i diritti ottribuiti 2 tutti £ii steti per reagire alle vinlazione di um obbligo erga omnes i confizurame come diritti collettivi evercitabili uti universi dali stati stessi per conte della comunita intemazionzle nel suo insiems . mantre i poteri doveri esercitabili da ciascumo stato per la gestione delle reazioni all‘illecito ricadamo nella sua sfera di competenza. Lindicata altemativa ta lesistenza di diritti . di regola rimuancizbili, o di poteri doveri, per Io pit vincolanti, ¢ suscettibile di produrre varie conseguenze come ad esempio la possibilita o meno che gli stati esprimono uma e:plicita rimuncia ad esercitere i propri poteri in reazione ad un illecito erga omme: per comto e nell"interesze della comunits intermazionale mel suo insieme. Secondo Picone , per dere un significato pia accettebile all'art.40 del progetto, le serious brache cui si riferisce la disposizione sarabbero costituite dalle gravi violaziomi di norme produttive di obblighi erga omnes aventi nature inderogabile Infineriguardo all'uso dalla forza Crawford he elinsinato del testo finale del progetto Je reazioni aggravate ad un crimine . La volonti di espellere I'uso della forza dal progetto finale si ritrova anche in alire disposizioni quali art41 per] (secondo cui gli steti dowebbero cooperare per porre fine all'illecito erga omnes in causz}e all'art 54? che parla di lewfel mezsures sssumibili come contromisure d2 uno stato. Secondo Dicane, il divitto intemazionale prevede come mezzo i garanzia Snale ¢ sia pure estremo, I'uso della forza, per cui il problema non ¢ quille di eliminare tout court il ricorso al medesimo ma regolzme la parteta Saggio IV Le autorizzazioni all’uso della forza tra sistema delle Nazioni Unite e diritto internazionale generale Il capitolo WII deila Carta delle Nazioni Unite del 1945- Azione rispetto alle minacce alla pace, alle violazioni della pace ed agli atti di aggressione- si fonda sul Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, al quale la Carta attribnisce la responsabilita principale del mantenimento della pace e della sicurezza intemazionali. La Carta prevede che il Consiglio, dopo aver accertato la presenza di una minaccia alla pace, di una violazione della pace, o di un atto di eressione, decida le misure da adottare per mantenere o ristabilire la pace e 1a sicurezza intemazionali (art. 39). A seconda del caso, esse consistono in misure provvisorie (art. 40) misure che non prevedono I’uso della forza (art. 41) e misure implicanti 1’uso della forza (art 42 e ss). Tali misure, la cui scelta é rimessa all’apprezzamento del Consiglio di sicurezza, sono applicabili a ogni situazione obiettivamente conforme a una o pitt di quelle indicate dall'art. 39 e anche nei confronti di Stati non membri dell‘ONU (Articolo 39-Il Consiglio di Sicurezza accerta I’esistenza di una minaccia alla pace, di una violazione della pace. o di un atto di aggressione, e fa raccomandazioni o decide quali misure debbano essere prese in conformita agli articoli 41 ¢ 42 per mantenere o ristabilire 1a pace e 1a sicurezza intemazionale. Articolo 42 Se il Consiglio di Sicurezza ritiene che le misure previste nell‘articolo 41 siano inadeguate o si siano dimostrate inadeguate, esso puo intraprendere, con forze aeree, navali o terrestri, ogni azione che sia necessaria per mantenere o ristabilire la pace e la sicurezza mternazionale. Tale azione pud comprendere dimostrazioni, blocchi ed altre operazioni mediante forze aeree, navali © terrestri di Membri delle Nazioni Unite Articolo 43. Al fine di contribuire al mantenimento della pace e della sicurezza intemazionale, tutti i Membri delle Nazioni Unite si impegnano a mettere a disposizione del Consiglio di Sicurezza, a sua richiesta ed in conformita ad un accordo © ad accordi speciali, le forze armate. l'asststenza e le facilitazioni, compreso il diritto di passaggio, necessarie per il mantenimento della pace e della sicurezza intemazionale 2 Laccordo 0 gli accordi sumdicati determineranno il numero ed i tipi di forze armate, 11 loro grado di preparazione e 1a loro dislocazione generale, e 1a natura delle facilitazioni e dellassistenza da fornirsi. 3. L'accordo o gli accordi saranno negoziati al pitt presto possibile su imiziativa del Consiglio di Stcurezza. Essi saranno conclusi tra il Consiglio di Sicurezza ed 1 singoli Membri, oppure tra il Consiglio di Sicurezza e i gruppi di Membri, e saranno soggetti a ratifica da parte degli Stati firmatari in conformita alle rispettive norme costituzionali Le autorizzazioni agli Stati di usare 1a forza sono il frutto dell’impossibilita per il Consiglio di sicurezza di porre in essere le operazioni centralizzate di polizia intemazionale previste per reagire a delle situazioni di minaccia o violazione della pace o ad un atto di aggressione dal combinato disposto degli artt. 42 e 43 della Carta e cid a causa della mancata attuazione dell‘ultima disposizione. Esse fanno capo ad una prassi articolata e complessa suddivisibile in tre periodi. Il primo periodo :nizia con la guerra del Golfo e la famosa risoluzione 678 del 29 novembre 1990 che autorizza gli Stati a reagire all’aggressione militare del Kuwait da parte dell’Iraq. Continuano fino a meta degli anni 90, con una serie di autorizzazioni all‘uso della forza tspirate a finalita specifiche e limitate come gli interventi in Somalia, Haiti, Ruanda e in alcuni contesti nella ex Iugoslavia. Queste autorizzazioni consistono im azioni coercitive classiche assunte senza il consenso dello Stato contro cui si dirigono e sono volte a reagire a gravi violazioni del diritto intemazionale da parte dei govemi o minoranza statali che possono pregiudicare la pace e la sicurezza internazionale. Si distinguono in 2 categorie a seconda che siano idonee a ricondurre i comportamenti militari autorizzati sotto il controllo del Consiglio di sicurezza 0 si limitano a legittimare comportamenti estemi al sistema ONU e condotti da Stati unilateralmente ai sensi del diritto internazionale generale. Il secondo periodo ha inizio a meta anni novanta e fa registrare autorizzazioni all‘uso della forza basate sul consenso dello Stato di destinazione ¢ idonee a realizzare non delle reazioni coercitive a comportamenti illeciti ma interventi collegati a operazioni peacekeeping ‘multifunzionali. Tali azioni possono svolgere V'intero processo di peace building’ reso necessario dalle circostanze (es. operazione Alba in Albania) o limitarsi a gestire un solo segmento del medesimo. Infine il terzo periodo comincia a fine anni novanta e fa registrare autorizzazioni chiamate ad operare nei processi globali di mation bulding gestiti dalle Nazioni Unite. LFondamento e compatibilita delle autorizzazioni col sistema delle Nazioni Unite Le autorizzazioni del 1° periodo(azioni coercitive classiche) sono divenute oggetto in dottrina per quanto riguarda la fonte da cui derivano e 1a loro conformita al sistema di sicurezza della Carta delle Nazioni Unite, di interpretazioni differenti. Alcuna parte della dottrina italiana nei primi anni di manifestazione della prassi, ha affermato in alcuni casi il contrasto delle medesime con la Carta delle Nazioni Unite. Ma la larghissima parte della dottrina sia italiana sia straniera, ha invece ammesso la legittimita delle autorizzazioni tenendo conto del fatto che solo esse avrebbero potuto consentire al Consiglio di operare. Tali convinzioni si sono fondate sull’art.42 della Carta ritenendolo una base di riferimento sicura. Le autorizzazioni sono quindi per loro natura destinate a rendere possibile lo svolgimento delle operazioni statali autorizzate sotto Vautorita dell‘ONU. Secondo Picone questa soluzione generalmente accolta dalla dottrina ha senso, cio @ ammissibile, solo con riguardo a quelle autorizzazioni che rispettano lo spirito delle disposizioni statutarie originarie che prevedono un uso accentrato del proprio potere di polizia internazionale da parte del Consiglio di sicurezza. Essa quindi vale solo con riguardo ad autorizzazioni in cui I'uso della forza consentito agli stati si accompagni almeno ad una precisa definizione degli obiettivi delle operazioni militari autorizzate e ad un effettivo controllo da parte dell’ Organizzazione. Questa situazione @ presa in considerazione da quegli autori che tengono conto della possibilita che delle autorizzazioni si configurino in determinati casi come risoluzioni ultra vires (al di 14 dei poterijdel Consiglio di sicurezza assunte dal miedesimo in modo difforme dal necessario modello normativo di riferimento. Tl primo elemento da considerare é quindi il rapporto intercorrente tra il controllo politico strategico di uma operazione per cui il Consiglio abbia autorizzato I'uso della forza da parte 4 La ep ele pce een scone als Coe reac i inl 1962 Le asi dle pk soon) pevenins del cess che aiutano le popolaziand sotioposte 2 = < (parti in loti, impersialita della Forza che nom pu degli stati e il comando militare delle forze messe in campo dai medesimi. Nella carta delle nazioni Unite e quindi nel sistema di operazioni militari direttamente intraprese dal Consiglio di sicurezza ai sensi degli artt. 42-43 della carta il problema idicato era affrontato con poche Sspesit tra cui al artt. 46-47. L’art_ 46 attribuiva al Consiplio di sicurezza il compito dk di Quest" ‘ultimo organo era previsto dal!’ art4T che ne regolava ‘a struttura attibuiva ad esso all par.3 la responsabilita della direzione strategica di tutte le forze armate messe a disposizione del Consiglio di sicurezza. Il Comitato di Stato maggiore non ha mai funzionato restando paralizzato dalla mancata attuazione dell’art43 della carta. Per quanto riguarda le forze di peace keeping cioé di forze autonome rispetto a quelle previste dall’art42 queste sono state risolte mediante un modello di intervento in cut, fermo restando il controllo politico delle forze da parte del Consiglio di sicurezza la direzione strategica delle medesime é delegata al Segretario generale che nomina per il controllo delle operazioni un proprio comandante supremo. I] modello peace keeping non é trasferibile alle operaziom condotte da singoli stati o da coalizioni ad hoc autorizzate dal Consiglio di sicurezza all’uso della forza mulitare. In tali casi gli stati intervenienti conservano il comando dei propri contigenti militari, m quanto gli stati preferiscono adottare tale soluzione anziché sottoporre i propri contingenti alla catena di comando dellONU. In questo caso }ONU non ha poteri di comando militare ma pud controllare e dirigere i comportamenti statali. Il problema centrale delle autorizzazioni é dato dalla determinazione delle condizioni sulla cui ‘base i] Consiglio di sicurezza possa esercitare su una operazione delegata il proprio controllo generale. In riferimento a cid sono tre gli elementi basilari che la dottrina prende in considerazione: a) chiarezza degli obiettivi che loperazione deve perseguire.b) supervisione continua da parte del consiglio sulle modalita con cui essa va perseguita, c) raccolta da parte del medesimo delle informazioni necessarie per verificare il modo in cui i poteri delegati agli stati risultino esercitati. Generalmente il Consiglio di sicurezza garantisce la condizione di cui al punto c) richiedendo agli stati [invio di rapporti informativi a intervalli regolari. Il limite @ che gli stati mviano tapporti che documentano attivita gia poste in essere. Relativamente al problema della chiarezza degli obiettivi che loperazione militare deve perseguire essa é di fondamentale importanza onde evitare che una autorizzazione sia una sorta di delega in bianco agli stati. Infatti tra il 1990 e 1995 sono state molteplici le autorizzazioni contenenti mandati imprecisi. La risoluzione 794 (1992) ha dato vita all" UNITAF (United Task Force, fu una missione sancita dallONU allo scopo di stabilizzare la situazione in Somalia a fronte di un crescente stato di caos e grave carestiaje all’operazione “Restore Hope” in Somalia posta sotto il controllo degli USA. Tale risoluzione si limitava a indicare in termini generici l'obiettivo di instaurare condizioni di sicurezza per le operazioni umanitarie in Somalia é sollevo gravi divergenze tra USA e Nazioni Unite quanto agli scopi ¢ durata delle operazioni_ conducendo il governo americano al ritiro delle proprie truppe. Relativamente alla supervisione da parte del Consiglio di sicurezza delle modalita con cui un operazione muilitare autorizzata ¢ condotta, va precisato che una risoluzione presenta limiti per quanto riguarda la durata delle operazioni autorizzate e non riserva al Consiglio il potere di decidere quanto le forze degli Stati interventori possono e debbono essere ritirate.. Cid sottrae al Consiglio la possibilita di controllare l'andamento di unoperazione e attribuisce agli Stati il potere di decidere unilateralmente ¢ arbitrariamente la durata delle operazioni ¢ la presenza militare sul campo. Questo é avvenuto per le autorizzazioni del periodo 1990-1995 relative all‘operazione “Restore Hope” in Somalia. Se una risoluzione del Consiglio di sicurezza che autorizzi all'uso della forza non é compatibile con le disposizioni della Carta dellONU e nello spirito dell'art-42 della Carta non aggancia a tale sistema i comportamenti degli stati, essa si configura come una risoluzione assunta dal Consiglio ultra vires (al di la dei poteri) e quindi per definizione illegittima. Gli autori pit attenti ricollegano il carattere ultra vires di una autorizzazione al fatto che il mancato rispetto di una sola delle condizioni indicate consentirebbe agli stati intervenienti di porre in essere dei comportamenti unilaterali sottratti ad ogni possibilita di controllo di sicurezza . Questa semplificazione perd non tiene conto del fatto che le risoluzioni autorizzate assunte dal Consiglio di sicurezza si propongono di realizzare delle deleghe in bianco del potere di intervento agli stati al fine di legittimare dei comportamenti statali unilaterali che restano per definizione estranei al sistema delle nazioni Unite e vanno sottoposti al regime normativo applicabile al solo diritto intemmazionale generale. Il ventaglio delle autorizzazioni all"uso della forza assumibili dal Consiglio di sicurezza si amplia notevolmente gia in partenza rispetto a quanto si ricava dalle elaborazioni della dottrina. E” infatti possibile assumere lesistenza di autorizzazioni conformi al modelo originario della Carta, per le quali ci si rifa all’art 42, assunte ultra vires rispetto al modello in question e di un modello normativo completamente differente. SAGGIOV La guerra del Kosovo e il diritto internazionale generale La NATO(North Atlantic Treaty Organization) ha condotto un‘azione bellica contro ta Repubblica Federale di Iugoslavia attraverso massicci bombardamenti aerei allo scopo di risolvere la questione del Kosovo. II Kosovo, regione popolata da una maggioranza albanese e una minoranza serba, fu costituita come regione autonoma dalla Costituzione Iugoslava del 1974. Gli albanesi cominciarono a rivendicare lo status di repubblica autonoma, con lintento di effettuare una scissione per congiungersi allo Stato albanese. Lo scontro tra le milizie di Milosevic (presidente serbo) e 'UCK, organizzazione di guerriglieri albanesi, che poi acquista la qualifica di movimento di liberazione nazionale, sfocia in una guerra civile. ‘Nel marzo 1998 1a situazione umanitaria si agerava in quanto la popolazione kosovara di etnia albanese é oggetto di dure repressioni da parte del governo iugoslavo e di violente reazioni armate da parte dei guerriglieri albanesi UCK. Questa situazione é oggetto di alcune risoluzioni del Consiglio di Sicurezza: precisamente dalle risoluzioni, n°1160 del 31 marzo 1998, 1199 del 23 settembre 1998, e 1203 del 24 ottobre del medesimo anno tutte assunte ai sensi del capitolo VII della Carta: ae cai) del 31 marzo 1998, che condanna gli atti di violenza da entrambe Je att Kaw 2 ital esigenza. ra una soluzione pariticatas sul rispetto dell’ inteorith tenitoriale della Repubblica stessa: risoluzione n°1199 del 23 settembre 1998 chez accerta cael = esistenza aa Kosovo di una precedente risoluzione: risoluzione n°1203 del 24 ottobre 1998 che insiste sulla necessita del rispetto degli obblight derivanti dalle precedenti risoluzioni al fine di sconsiurare la catastrofe umanitaria incombente e si sofferma sulla necessita che la Repubblica federale di Iugoslavia non frapponga ostacoli all’ operativita della Verification Mission dell’OCSE (istituita con accordo stipulato tra le 2 parti ill 16 ottobre 1998) e della Air Verification Mission della NATO (istituita tra Repubblica federale e la NATO il 15 ottobre 1998). L’eccidio di Racak del gennaio 1999 induce Stati Uniti, Russia, Regno Unito, Francia, Germania e Italia a predisporre pochi giorni dopo il negoziato di Rambouillet ossia una sorta di ultimatum al fine di arrivare ad una soluzione. Questo negoziato non produce effetti in quanto é firmato dai rappresentanti della comunita albanese e respinto invece da Belgrado che non accetta la libera circolazione della prevista forza militare multinazionale di attuazione. Questo negoziato infatti sarebbe stato lesivo della sovranita della Iugoslavia ¢ suscettibile di favorire il raggiungimento delf"indipendenza del Kosovo A seguito di questa situazione i Paesi NATO cominciano i bombardamenti, che si protraggono sino al mese di giugno. A seguito dell'accettazione da parte della Iugoslavia del piano di pace elaborato dai Paesi del G8 (piano sottoposto anche ad un'approvazione di massima della Cina), e dell'incorporazione di tale piano nella ris. 1244 del Consiglio di Sicurezza dell'ONU, 1 Paesi della NATO mettono ufficialmente fine ai bombardamenti, il 10 siugno 1999. Gli obtettivi dell’azione militare in Kosovo della NATO sono stati: 1)oltre all obiettivo umanitario vi era un obiettivo strategico di realizzare un ingerenza destinata a protrarsi nel tempo per mettere sotto controllo I’area nevralgica dei Balcani 2)colpire un paese strettamente legato alla Russia e governato in modo dittatoriale da Milosevic 3)salvaguardare ¢ potenziare il ruolo ¢ la credibilita della NATO. Sul piano giuridico l'obiettive umanitario nasceva dall'esigenza di evitare la continuazione di una catastrofe umanitaria Questo obiettive fu dichiarato esplicitamente dal segretario generale della NATO ed @ riconducibile alle risoluzioni emanate dal Consiglio di sicurezza dell’ONU per scongiurare la minaccia della pace e risulta assunto in proprio da tutti gli stati per giustificare Tintervento. L’intervento ha quindi assunto formalmente le caratteristiche di una misura necessaria per porre fine a gravi violazioni dei diritti dell'uomo commesse dal governo Milosevic ¢ quindi si pone come reazione ad un crimine intemazionale e quindi di illeciti internazionali (ricollezabili alla violazione grave di norme produttive di obblighi erga omnes)nei confronti della Comunita intemazionale e suscettibile di produrre 1a reazione di tutti gli stati agenti uti universi per conto della Comunita medesima. Queste considerazioni seconde Picone costituiscono il punto di partenza per ricostruire il quadro normativo di riferimento nel quale analizzare la leicita 0 meno dell"intervento NATO:Secondo picone gli autori che si sono pronunciati contro Ia possibilita di giustificare I’intervento Nato si sono rifatti a 2 argomenti: 1Yart.2, par4 della carta ONU- 2.1’assenza di un‘autorizzazione da parte del Consiglio di sicurezza. Secondo questi autori solo il Consiglio di sicurezza, a parte il caso dell'art.51 che riguarda la legittima difesa, pud abilitare gli stati ad utilizzare la forza per reagire a minacce alla pace, alla sua violazione 0 ad atti di aggressione. La prima critica a cid @ che, secondo Picone tale autori considerano I’ art 2 come una disposizione non solo espressiva del diritto intemazionale generale ma dotata di un ambito di applicazione assoluto. Tale posizione non ha perd mai trovato il consenso dell'intera dottrina. in quanto se é chiaro che 1a disposizione vieta in modo assoluto 'uso della forza da parte degli stati per realizzare obiettivi perseguibili ai sensi delle norme primarie quali ad esempio invaliditA di trattati conclusi con uso forza, 1a situazione si complica quando gli stati intendono reagire a comportamenti illeciti di altri stati, ponendo in essere contromisure consentite da norme secondarie. La Carta é quindi ben lontana dall’imporre agli stati un divieto assoluto di uso © minaccia di forza controbilanciando tale divieto con poter coercitivi concessi in astatto all organizzazione Inoltre secondo Picone i limiti di applicazione dell’art.2 hanno consistenza diversa quando gli stati sono im astratto legittimati a reagire contro uma violazione di norme produttive di obblighi erga omnes. Gli cbblighi erga ommes infatti sono previsti da norme di diritto intemazionale generale, che non sarebbero derogabili da norme convenzionali (al pari dello jus cogens), @ che attribuiscono agli stati dei poteri Indisponibili, che a loro volta non sarebbero derogabili da contrastanti disposizioni pattizie. Tenendo infine conto che all’epoca della stipulazione della CARTA ONU la categoria degli obblighi erga omnes era pressoché sconosciuta, possiamo riconoscere che in effetti l'art.2 potrebbe cosi trovare dei limiti di applicazione. L'art.51 della carta ONU non si limita a sancire un'eccezione al divieto d’uso della forza prevedendo la possibiliti di legittima difesa dello stato ageredito, ma prevede anche un possibile intervento degli stati terzi a titolo di autotutela collettiva, Per quanto riguarda poi la necessit’ dell’autorizzazione del Consiglio di sicurezza, Picone, distinguendo due tipi di autorizzazioni, risolve il problema in entrambi i casi: 1)Autorizeazioni ex art 53 che il Consiglio di sicurezza pud concedere alle Organizzazioni Regional In tal caso secondo Picone Iassenza di un‘autorizzazione non conceme automaticamente Vinvalidita di un intervento dell’or Regionale, in quanto tale assenza si ricollega all INOPERATIVITA del consiglio stesso, che si basa sulla possibiliti che J'org. Regionale in questione possa autonomamente gestire la reazione ad un illecito, permessa dal diritto intemazionale generale.2) Autorizzazione ex cap. VII che il Consiglio di sicurezza pud concedere ad uno stato o a un gruppo di stati. In tal caso un‘autorizzazione sarebbe servita solamente a dare una legittimita meramente formale a un'operazione gia lecita ai sensi del diritto intemazionale generale, e che gli stati hanno comunque gia indurre in maniera unilaterale autonoma : Dungue Fautorizzazione non é necessaria Lintervento della NATO ha avuto come detto molteplici finalita tra cui si ¢ affermata la finalita umanitaria. Questo imtervento é@ stato un intervento umanitario umilaterale ritenendo che il multilateralismo riguardi solo interventi umanitari autorizzati e a condotti direttamente dallOrganizzazione universale.In dottrina il dibattito sulla legittimita per il diritto intemazionale generale dei cosiddetti interventi umanitari unilaterali fa registrare posizioni opposte. Le risposte non sono univoche. Prima del 1945 una parte consistente della dottrina ritiene che tali interventi fossero ammessi dal diritto intemazionale generale. Dopo il 1945 la maggior parte della dottrina titiene che la situazione sarebbe cambiata con J‘istrtuzione dell’ONU dato che con l’avvento dell’art.2, par 4 della Carta sembra che gli unici interventi umanitari leciti sarebbero stati quelli autorizzati dal Consiglio di sicurezza mentre solo alcuni autori ritenevano che la norma consuetudinaria di diritto intemazionale generale che ammetterebbe la liceita di tali interventi umanitari sia sopravvissuta anche dopo I’istituzione dell’ONU. Secondo Picone il diritto intemazionale generale ammette 1a legittimita di tali interventi, ma arrivati a questo ci sarebbe un altro quesito da porsi: in merito alle modalita di svolgimento I’intervento nel Kosovo é lecito? Non @ infatti sufficiente che tale intervento corrisponda al modello normativo astratto previsto dalla norma consuetudinaria, ma @ necessario che vi sia il rispetto delle condizioni, previste sempre dal diritto internazionale generale, che ne limitano in concreto le modalita attuative. Si deve procedere ad una valutazione da effettuare caso per caso, ma sulla base di 4 principi: 1) Principio di buona fede: non rispettato. Questo principio vorrebbe che Ia finalita umanitaria fosse prevalente. mentre l'intervento della NATO ha evidenziato anche e soprattutto fini politici, come il mirare all’ area strategica dei Balcani, il voler attaccare un paese vicino alla Russia e aumentare il prestigio della NATO come alternativa all’ONU. In sostanza il fine umanitario fu utilizzato come pretesto formale 2) Assoluta necessit dell’intervento: non rispettato. Questo principio vorrebbe che debba in effetti esistere una catastrofe naturale, senza che sia possibile risolverla tramite soluzioni pacifiche. Invece gli eventi che accelerano I’intervento della NATO furono degli artefatti (Le modalita dell’eccidio di Rakat non furono mai molto chiare. e il negoziato di Ramboulliet furono palesemente un casus belli dato che le condizioni erano inaccettabili per i serbi). Principio di proporzionalita:non rispettato: Non potrebbero porsi obiettivi ulteriori oltre la cessazione delle gross violations, mentre I'intervento si trasformd in una guerra contro Milosevic. Furono inoltre colpiti dalla NATO anche civili, questo comport una violazione ius in belio. Principio dell‘effetto utile: non rispettato. Le misure d'intervento dovrebbero cessare una volta raggiunto lo scopo o qualora questo si fosse palesato impraticabile, mentre si continud a bombardare anche durante il negoziato finale. Inoltre I'intervento non dovrebbe assumere un carattere sanzionatorio cid che invece accadde. 3 £ 5) In definitiva secondo Picone l'intervento in Kosovo IN ASTRATTO fu lecito, ma IN CONCRETO non fx, dato che superd i limiti posti dal diritto intemazionale generale Ultimo punto da esaminare é il fatto che parte della dottrina titiene che tale intervento sia illecito per mancanza di autorizzazione del Consiglio di sicurezza, quindi in teoria un‘autorizzazione successiva avrebbe potuto sanare tale illeicita, addossando all"ONU i comportamenti assunti unilateralmente dagli stati Salcuni sostennero cid anche perché il Consiglio di sicurezza non accolse la proposta da parte della Russia di condannare tali comportamenti ¢ porvi fine). Picone critica questi autor, ritenendo che dato che tale intervento si basd sul diritio intemazionale generale, anche la sua liceiti dovesse vatutarsi sulla base di questo, ¢ che comungue si trattasse di un‘operazione gia conclusa, di cui l"ONU non possa assumersi responsabilita Scosa che avrebbe potuto fare se T'intervento fosse stato ancora in corso).C°é da dire che ['ONU @ intervenuto tramite la risoluzione del 1999 del Consiglio di sicurezza, acquistando un ruolo in ordine alla soluzione della questione, ma si limitd a gestire la pace, enon lo fece per legittimare retroattivamente la guerra. In conclusione possiamo affermare che tale intervento non solo pose fine alla catastrofe, ma addirittura I’ha ageravata. Ha costituito un intervento illecito, come tale sanzionabile dal diritto internazionale generale, ad esempio tramite la previsione di un obbligo di riparazione danni. L’azione bellica della Nato non matura in modo repentino, ma era gia stata minacciata nei mesi precedenti. Tuttavia art.2. par della Carta dell’ONU impone agli stati membri di astenersi nella loro relazioni internazionali non solo dall’uso della forza ma anche dalla mimaccia della forza ammata pertanto é opportuno valutare su quali basi tali minacce siano state formulate. La disponibiliti della Nato a porre in essere interventi coercitivi per la soluzione di crisi_e di confliti politico-militari verificatesi anche al di fuori dell’ambito di applicazione del Trattato istitutivo é gia prospettata nel documento contenente la nuova dottrina strategica approvata dal Consiglio atlantico nella riunione di Roma del 7 e 8 novembre 1991 ma resta limitata ad interventi svolti in esecuzione di risoluzioni del Consiglio di sicurezza. Tale disponibilita ¢ espressione del generale tentativo della Nato di acquisire progressivamente lo status di una organizzazione suscettibile di operare ai sensi dell’art.53. La conferma di cid si ha con gli interventi posti in essere dall’Organizzazione in Iugoslavia e in Bosnia in attuazione delle risoluzioni del Consiglio di sicurezza che hanno autorizzato gli stati ad adottare misure implicanti uso della forza a “titolo individuale © nel quadro di organizzazioni regionali”. Ma tali interventi non possono essere inquadrati nel modello previsto dall’art. 53 della carta dell’'ONU dato che gli unici destinatari direttr delle varie risoluzioni erano gli stai membri, mentre la NATO avrebbe operato solo come ente prescelto da alcuni di esst per coordinare la propria azione. Il Segretario generale dell’ONU aveva avvertito la NATO nel giugno 1998, della necessita di un mandato del Consiglio di sieurezza al fine di procedere ad un intervento militare nel Kosovo. Nella stessa logica si muoveva la risoluzione n°1199 del Consiglio del 23 settembre 1998 che prevedeva di“prendere in considerazione ulteriori azioni ¢ misure aggiuntive per mantenere o ripristinare la pace ¢ la stabilita nella regione”. La NATO quindi decide la possibilita di prendere una propria iniziativa, per evitare la continuazione di una catastrofe umanitaria che gia costituiva una seria minaccia alla pace e alla sicurezza intemazionale ¢ alla situazione costituita dalla paralisi del Consiglio di sicurezza. Cid dimostra come la decisione di intervenire sia stata fin dall’inizio presa dalla NATO in via avtonoma rispetto all'Organizzazione universale ¢ al fine di perseguire un obiettive di rilievo ai sensi del diritto internazionale generale. La decisione di intervento della NATO pone un ulteriore problema e cioé se la NATO abbia operato istituzionalmente in quanto organizzazione o se |'intervento sia stato posto in essere da alcuni stati membri sulla base di un accordo ad hoc autonomo da attuare mediante strutture decisionali e operative dell’ Alleanza. 1 3 modelli base potenziali di intervento dell’Organizzazione sono-a) il modello tradizionale sancito dall’art 5 dello Statuto della legittima difesa collettiva, b) modello degli interventi operativi su autorizzazione del Consiglio di sicurezza, c) modello degli interventi out of area direttamente e autonomamente gestiti dall’Organizzazione a tutela della pace e della sicurezza nell’area euro atlantica conformemente alle linee direttrici approvate nella riunione del Consiglio atlantico di Washington dell‘aprile 1999. Il primo modello non solleva problemi in quanto corrisponde a quanto previsto dall’art5 dello Statuto’. Per gli altri 2 modelli occorre considerare il valore da accordare alle singole dottrine strategiche. II rilievo normativo delle dottrine strategiche é divenuto oggetto di dibattito nella dottrina italiana Secondo Picone le decisioni del Consiglio relative alle dottrine strategiche hanno rilievo programmatico o politico da raccordare solo in seguito ai poteri normativi necessari. E’ tuttavia dubbio che le dottrine strategiche possano produrre una revisione tacita del Trattato modificando le competenze normative e materiali dell’Organizzazione. Il fatto che gli atti del Consiglio siano presi all"unanimiti non comporta che ogni revisione tacita del Trattato sia perseguibile tramite essi. Il trattato NATO non solo disciplina all art.12 1a procedura per 1a propria revisione, ma contiene disposizioni chiave all’art.7 che sono alla base del modo di essere e operare della NATO in quanto Organizzazione e non sembrano suscettibili di modifica in forma tacita. Una conferma indiretta di cid si ricava dal fatto che il seconde modello operativo dell’Organizzazione (quello degli interventi gestiti su delega o autorizzazione all’uso della forza da parte del Consiglio di sicurezza) si é realizzato attraverso delibere indirizzate non alla NATO, ma direttamente agli stati anche se legittimati ad agire nel contesto dell’ Organizzazione. Malgrado tale modello sia quello pi compatibile con una revisione tacita del Trattato, alcuni autori si esprimono contro la possibilita di ritenere che la NATO possa operare ai sensi del cap VII della Carta dell’ONU come organizzazione regionale. Riguardo al terzo modello quello out of area, gli interventi possono diffictlmente configurarsi come attivita tipiche della NATO in quanto é da escludere che I’Alleanza possa gestire, in quanto organizzazione, delle forme di attivita che si pongono in radicale contrasto con la dispostzione chiave dell’ art.7 del Trattato istitutivo.. Tali interventi possono essere gestiti dagli statim attraverso accordi autonomi non ficollegabili al quadro istituzionale dell’organizzazione L’intervento in Kosovo si configura come il prodotto di un accordo ad hoc autonome tra gli stati partecipanti. Saggio VI ‘Considerazioni sulla natura della risoluzione del Consiglio di sicurezza La risoluzione 1973 (2011) del Consiglio di sicurezza ha autorizzato gli stati membri a intervenire in Libia con I'uso della forza per proteggere i civili e le aree popolate sotto la minaccia di attacco nel Paese escludendo esplicitamente I occupazione- sotto qualsiasi forma- di ogni parte del territorio libico. La procedente risoluzione 1970 (2001) aveva iniziato a precisare il contesto normative complessivo della succesiva operazione e alcune modalita preliminari della sua attuazione. La risoluzione 1973 (2011) abrebbe posto fine alle discussioni circa la legittimita di un intervento armato per motivi umanitari senza I'autorizzazione dell‘ONU, malo si credeva senza ragione poiché nel caso in esame la Francia aveva garantito ai suci ambasciatori a parigi di essere pronta, se necessario, a effettuare bombardamenti anche da sola La ris, 1973 (2011) viene assunta dalla dottrina come delibera adottata dal Consiglio di 6 articolo § Le parti convengona che un attacco armate contro una o pit di esse in Europa o mel’ America ettentronale sari considerato come un sttacco direto comtra tutte I parti, di consezuenza convengono cke sewn tale attacco si producesse ciascuus di ese, well eserczio del dirtto di leittims difes, individuals o cllattiva,riconosciuto dal'ai. 51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assistera la parte 0 Je parti coci attaccate intrsprendendo immedistamente, individuslmente e di concerto cou le altre parti, l'azioue che giudicher’ necessaria, ivi compresa'uso della forza armata, per ristabilire mantenere I sicurezza nella regione del Atlantica settentrionale. Oui attacca armato di questo geuere e tutte le sure prese ia consezueaza di essa saraune immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di Scarezza. Queste snisure termineranno alorché il Consiglio ai Sicurerza avr press le mivure necessarie per ristabilive mautenere la pace ¢ la sicurezza international.

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