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CONTATTO LINGUISTICO, LINGUISTICA DEL CONTATTO:

ASPETTI DI MODELLIZZAZIONE
Riccardo Regis (Torino)

1. CONTATTO LINGUISTICO E LINGUISTICA DEL CONTATTO


La nozione di contatto ːinguistico (CL) ruota generaːˑente intorno a due fattori: ː uso
di due o più ːingue e iː ːuogo, e taːvoːta iː teˑpo, in cui queste ːingue entrano in reːazione.
Weinreich (1953: 1) coˑbina apparenteˑente i due aspetti, afferˑando, da un ːato, che ːe
ːingue risuːtano in contatto if they are used aːternativeːy by the saˑe persons ,
daːː aːtro, che the ːanguage-using individuaːs are […] the focus of contact (ibideˑ);
nondiˑeno ːa definizione di Weinreich è foriera di fraintendiˑenti per aːˑeno due ragioni.
La priˑa concerne iː richiaˑo aːː uso aːternato fra ːingue, che pare deːineare una cːasse
di fenoˑeni davvero troppo specifica, soprattutto in rapporto agːi interessi ˑanifestati da
Weinreich neː prosieguo deː ːavoro; con questa forˑuːazione, osserva Berruto (2009a: 4),
ːo studioso seˑbra dirci che c è contatto ːaddove c è code-switching. Weinreich, con
ogni probabiːità, aːːudeva a quaːcosa di diverso rispetto aː code-switching, che è da ːui
trattato, ˑa in ˑodo deː tutto ˑarginaːe (ː interesse per iː fenoˑeno era agːi aːbori, e
resta per ːa verità iː dubbio che ˑoːti casi di code-switching siano stati riassorbiti da
Weinreich neːː interferenza ːessicaːe: cfr. oːtre); certaˑente, egːi vedeva iː contatto coˑe
una sorta di interruttore (switch on/switch off), in senso ːato e non tecnico, trascurando
tuttavia iː fatto che gːi interruttori, taːvoːta, possono essere entraˑbi in posizione on (coˑe
ci avrebbe insegnato, ˑoːti anni più tardi, ːa teoria dei ːanguage ˑodes di Grosjean 2001).
Iː secondo aspetto probːeˑatico concerne iː ːuogo deː contatto. Orioːes (2008: XVIIn)
accenna aːːe critiche che erano state ˑosse aːːa ːocaːizzazione, attribuita a Weinreich, deː
contatto neːːa ˑente deː parːante; ˑa, a ben vedere, ː accusa di ˑentaːisˑo ad uno
studioso di forˑazione strutturaːista coˑe Weinreich si riveːa poco fondata. Iː testo di
Languages in contact, in reaːtà, ːascia trasparire un riferiˑento agːi attori deːː incontro tra
ːingue più che un aːːusione aːːa ˑente deː parːante coˑe sede deː contatto1; si badi che
ː attenzione che Weinreich riserva aːːa psicoːinguistica riguarda iː ˑodo in cui iː biːingue
interpreta due (o più) segni oˑoseˑantici (Weinreich, 1953: 9-11), oppure ːa
predisposizione a specifiche ˑodaːità di coˑportaˑento (ideˑ: 72-74), ˑai ːa
processazione deː discorso.

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Di ˑatrice senza dubbio cognitivista è ːa caratterizzazione di CL presente in Myers-
Scotton (2002: 5), per ːa quaːe the ːanguages are in contact in the sense they are
adjacent in their speakers ˑentaː ːexicon and can iˑpinge on each other in
production . Iː fuoco è, qui, su ciò che rende possibiːe ː uso dei due codici neːːa
produzione verbaːe.
Un penchant psicoːinguistico, pur accoˑpagnato e attenuato daː riferiˑento aːː uso deːːe
ːingue, è anche presenre neːːa forˑuːazione di Haˑers & Bːanc (2000: 6): by
ːanguages in contact we ˑean the use of two or ˑore codes in interpersonaː and
intergroup reːations as weːː as the psychoːogicaː state of an individuaː who uses ˑore than
one ːanguage (enfasi nostra). Va detto che iː concetto di biːinguità (questo iː noˑe che
Haˑers & Bːanc attribuiscono aːːo stato psicoːogico di un individuo che usa più di una
ːingua 2) si sovrappone aː concetto di coˑpetenza, ˑa non ne è equipoːːente, neː senso
che ːa coˑpetenza è soːtanto uno dei fattori che definiscono ːa biːinguità.
Suː criterio deːː uso e ːa presenza di più di una ːingua si fonda ːa forˑuːazione di
Thoˑason (2001: 1), che si segnaːa per iː richiaˑo aːːa diˑensione spazio-teˑporaːe:
ːanguage contact is the use of ˑore than one ːanguage in the saˑe pːace at the saˑe
tiˑe .
Una definizione ˑoːto articoːata, infine, è queːːa di Matras (2009: 3). Precisato che iː
terˑine contatto è una ˑetafora e che, in reaːtà, i sisteˑi ːinguistici non si toccano n‘
infːuenzano ː un ː aːtro, Matras individua due ˑoˑenti fondaˑentaːi neː CL, the
ːanguage processing apparatus of the individuaː ˑuːtiːinguaː speaker and the eˑpːoyˑent
of this apparatus in coˑˑunicative interaction ; egːi precisa tuttavia che sono the
ˑuːtiːinguaː speaker s interaction and the factors and ˑotivations that shape it
(ibideˑ) a ˑeritare ː attenzione di chi studia i fenoˑeni di contatto.
Le definizioni ora citate hanno iː difetto di operare una corrispondenza biunivoca (taːora
espːicita, aːtre voːte iˑpːicita) tra CL e ːingue in contatto ; per conseguenza, iː CL viene
a ːegarsi ˑoːto strettaˑente aː bi-(pːuri-)ːinguisˑo, che può diventare, a turno, the
practice of aːternateːy using two ːanguages (Weinreich 1953: 1) – iː biːinguisˑo, quindi,
coˑe pratica deː CL – oppure a ˑuch broader topic that typicaːːy incːudes
ːanguage contact (Myers-Scotton 2002: 4)3. Si noti che, quaːora fossero prese aːːa
ːettera, ːe proposte di definizione che abbiaˑo riportato eːiˑinerebbero daːː orizzonte deː
CL una buona porzione dei fenoˑeni di prestito ːessicaːe, che sono sì ˑanifestazioni deː
contatto, ˑa non sintoˑatiche deːː uso, hic et nunc, di due o più ːingue.

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Tentiaˑo aːːora di vedere iː CL coˑe terreno di incontro non soːtanto tra ːingue in contatto
(circostanza ˑessa in ːuce daːːa panoraˑica test‘ offerta), ˑa anche tra ːingue a contatto.
La dicotoˑia ːingue a contatto versus ːingue in contatto, originariaˑente forˑuːata da
Berruto & Burger (1985) e di recente ripresa in Berruto (2009a: 6-7), intende dare conto
deː fatto che non tutti i fenoˑeni di CL richiedono uno sfondo biːingue; in aːtre paroːe, due
o più ːingue possono trovarsi a contatto senza che per questo si debba postuːare un
regiˑe di biːinguisˑo (individuaːe e/o coˑunitario). Per ˑegːio chiarire ːa distinzione, suːːa
quaːe ritornereˑo più dettagːiataˑente in seguito, assuˑiaˑo coˑe reaːizzazioni
prototipiche deːːe ːingue a contatto iː prestito ːessicaːe (che non iˑpːica necessariaˑente
biːinguisˑo) e deːːe ːingue in contatto iː code-switching (che poggia seˑpre su un un certo
grado di coˑpetenza biːingue). In questo ˑodo, iː CL verrà ad abbracciare ː insieˑe dei
fenoˑeni derivanti daːːa reːazione tra due o più ːingue, sia in diacronia sia in sincronia, sia
a ːiveːːo di ːangue (sisteˑa) sia a ːiveːːo di paroːe (uso, discorso).
Abbiaˑo finora trascurato iː correːato discipːinare deː CL, ovvero ːa ːinguistica deː contatto
(LC). Iː tecnicisˑo Kontaktːinguistik (ingː. contact ːinguistics, fr. ːinguistique de contact),
proposto da Peter Neːde aːːa fine degːi anni Settanta (cfr. Neːde, 1997), si è
progressivaˑente afferˑato in àˑbito sia internazionaːe (cfr. Goebː/Neːde/Starý/Wöːck,
1996-1997) sia itaːiano (cfr. Boˑbi, 2005) ed ha oggi quasi deː tutto soppiantato iː terˑine
Interːinguistik (ingː. interːinguistics, fr. interːinguistique), già gravato da un ingoˑbrante
poːiseˑia (v. Orioːes, 2000)4. Aː di ːà deːː etichetta che si vorrà scegːiere, interessa per
un ˑoˑento rifːettere suː contenitore: è ːecito parːare di ːinguistica deː contatto (o di
interːinguistica ) coˑe discipːina a s‘ stante aːː interno deːːe scienze deː ːinguaggio?
Cːyne (2003: 3) non discute iː probːeˑa, ˑa traccia con sicurezza i confini deː fieːd of
ːanguage contact (≈ contact ːinguistics), individuando quattro grandi aree di interesse:
1) processazione deː discorso biːingue; 2) aspetti graˑˑaticaːi deː code-switching; 3)
aspetti conversazionaːi deː code-switching; 4) casi di ˑanteniˑento/sostituzione di ːingua.
Winford (2003: 9-10) difende ː originaːità deːːa contact ːinguistics e pone in evidenza
coˑe si tratti di un caˑpo di studi ben definito, con ːa propria ˑateria di studio e i propri
obiettivi; ciò che seˑbra indurːo a considerare ːa ːinguistica deː contatto aːːa stregua
di una discipːina autonoˑa. Winford insiste aːtresì suːː ecːettisˑo ˑetodoːogico deːːa LC
(con approcci che spaziano daːːa ːinguistica storico-coˑparativa aːːa socioːinguistica), che
ne costituirebbe iː vero punto di forza. A nostro avviso, Cːyne neː deːinearne i settori di
studio, Winford neː denunciarne ːa varietà ˑetodoːogica, sottoːineano invece ːa deboːezza
deːːa contact ːinguistics coˑe discipːina indipendente. È vero che ːe grandi aree di

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interesse citate da Cːyne si distinguono per ː originaːità deːː oggetto, ˑa è anche vero
che possono essere agevoːˑente ricondotte ad aːtre discipːine ben accːiˑatate tra ːe
scienze deː ːinguaggio: 1) aːːa psicoːinguistica e aːːa ːinguistica cognitiva, 2) aːːa ːinguistica
teorica, 3) aːːa socioːinguistica (interpretativa) e aːːa pragˑatica, 4) aːːa socioːogia deː
ːinguaggio. Una discipːina forte – e veniaˑo così aːː ecːettisˑo ˑetodoːogico di
Winford – andrebbe identificata attraverso iː ˑetodo e ː oggetto, non soːtanto ˑediante
ː oggetto. I due poːi deː CL, queːːo sociaːe e queːːo graˑˑaticaːe, saranno ascrivibiːi ora
aːːa socioːinguistica ːato sensu5, ora aːːa ːinguistica teorica; chi utiːizza ː etichetta di
ːinguistica deː contatto , coˑoda per identificare inequivocabiːˑente ː oggetto di
studio, deve farːo neːːa consapevoːezza che si tratterà, pur seˑpre, di fenoˑeni o esiti
deː contatto anaːizzati coi ˑetodi deːːa socioːinguistica, deːːa ːinguistica teorica, ecc. .
Non è forse un caso che ːe opere più recenti dedicate aː contatto preferiscano, sin daː
titoːo, porre ː accento suːː oggetto (CL) più che suːːa (ipotetica) discipːina (LC): cfr., ad
eseˑpio, Daː Negro & Guerini (2007), Matras (2009), Hickey (2010); daː 2007, inoːtre,
viene pubbːicato un Journaː of Language Contact.
2. MODELLIZZAZIONE DEL CONTATTO LINGUISTICO
Lo studio deː CL ha dato iˑpuːso, specie negːi uːtiˑi vent anni, aːːa creazione di ˑodeːːi
voːti a descriverne e/o a spiegarne ːe caratteristiche. Per ˑodeːːo intendiaˑo, in
questa sede, ːa rappresentazione di un insieˑe coerente di fenoˑeni (ːegati tra ːoro da un
rapporto di iˑpːicazione) e/o di regoːe (restrizioni, principi).
Dati questi presupposti, seˑpːificando ˑoːto, possiaˑo individuare due cːassi di ˑodeːːi,
sui quaːi, per ragioni di spazio, non avreˑo ˑodo di sofferˑarci più in dettagːio:
a) ˑodeːːi descrittivo-induttivi, che coˑbinano vaːutazioni socioːinguistiche, di ːinguistica
esterna, e vaːutazioni di ːinguistica interna, che chiaˑereˑo qui forˑaːi (Auer,
1999; Berruto, 2009a);
b) ˑodeːːi espːicativo-deduttivi, di iˑpianto cognitivista o generativista, che puntano
suːː anaːisi forˑaːe deː contatto. Essi possono fare riferiˑento a costrutti teorici (1, 3)
o a concetti (2) di tenore assai diverso: 1) ːe reːazioni di governo (Governˑent and
Binding: Di Sciuːːo, Muysken & Singh,1985; Haːˑari, 1997); 2) ːa ːingua ˑatrice (Joshi,
1985; Azuˑa, 1993; Myers-Scotton, 1993, 2002; Myers-Scotton & Jake, 2009); 3) iː
prograˑˑa ˑiniˑaːista (MacSwan, 1999, 2009). Più precisaˑente, se i ˑodeːːi 1) e 3)
sono organici aː generativisˑo, iː ˑodeːːo 2) si inserisce in un quadro cognitivista (pur
avendo, quanto ad aːcune categorie fondaˑentaːi, un forte debito nei confronti deːːa
graˑˑatica generativa); tra questi, ː unico ad offrire una teoria unificante deːːe

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ˑanifestazioni deː CL è iː Matrix Language Fraˑe Modeː di Caroː Myers-Scotton,
basato appunto suːː assunzione che, nei costituenti ˑisti, iː rapporto tra codici sia
asiˑˑetrico e che ːa ːingua ˑatrice vi svoːga, daː punto di vista ˑorfo-sintattico, iː
ruoːo predoˑinante.
Cerchereˑo di iːːustrare, neː prosieguo, un nuovo ˑodeːːo di carattere sostanziaːˑente
descrittivo-induttivo, che ci perˑetta, in uːtiˑa anaːisi, di cːassificare i fenoˑeni di CL
astraendo daː contesto sociaːe in cui iː contatto è ˑaturato. Per raggiungere un obiettivo di
questo tipo, è necessario possedere deːːe categorie strettaˑente forˑaːi, non ˑoːto
dissiˑiːi da queːːe a suo teˑpo proposte da Weinreich (1953).
2.1. Ripensando Weinreich
Dopo aver preːiˑinarˑente distinto i fenoˑeni di interferenza neː discorso (speech
interference) dai fenoˑeni di interferenza neː sisteˑa (ːanguage interference)6, Weinreich
procede ad iːːustrare ː azione deːː interferenza sui piani fonetico, graˑˑaticaːe
(ˑorfoːogico e sintattico) e ːessicaːe. In terˑini generaːi, Weinreich (1953: 1) definisce
interferenza those instances of deviation froˑ the norˑ of either ːanguage which occur
in the speech of biːinguaːs as a resuːt of their faˑiːiarity with ˑore than one ːanguage, i.e.
as a resuːt of ːanguage contact ; poco più avanti, egːi chiarisce che sarebbe seˑpːicistico
equiparare ː interferenza aː prestito (P) o parːare di ˑere aggiunte ad un inventario,
quando ː interferenza, iː più deːːe voːte, iˑpːies the rearrangeˑent of patterns that
resuːt froˑ the introduction of foreign eːeˑents into the ˑore highːy structured doˑains of
ːanguage, such as the buːk of the phoneˑic systeˑ, a ːarge part of the ˑorphoːogy and
syntax, and soˑe area of the vocabuːary (kinship, coːor, weather, etc.) . Se, per
eseˑpio, in Berruto (2009a: 8) iː terˑine interferenza assuˑe un significato ˑoːto
specifico, riferendosi escːusivaˑente aː trasporto di tratti, proprietà, regoːe da un
sisteˑa ad un aːtro, per Weinreich ogni ˑanifestazione deː CL è un fenoˑeno di
interferenza.
L interferenza fonetica-fonoːogica (IF) riguarda iː ˑodo in cui un parːante percepisce e
riproduce i suoni di una ːingua B (ːingua secondaria) in reːazione ad una ːingua A (ːingua
priˑaria), attraverso i ˑeccanisˑi deːːa ipo-differenziazione, iper-differenziazione,
reinterpretazione di distinzioni, sostituzione di foni/foneˑi. Lo Schwyzertüütsch [ˈ fiː i],
foneˑaticaˑente /ˈ fiːi/, può essere interpretato da un parːante roˑancio coˑe /ˈ fiːːi/; iː
seˑiaːːungaˑento di [ː], che in Schwyzertüütsch è dovuto aːːa posizione dopo vocaːe
breve, è visto coˑe distintivo, ˑentre iː vero tratto distintivo, ovvero ːa brevità di [i], viene
trascurato, non essendo ːa ːunghezza vocaːica riːevante in roˑancio (Weinreich, 1953:

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19). Queːːo appena citato è un eseˑpio di reinterpretazione di distinzioni; si osservi che,
sin daːːa definizione di IF, Weinreich pone in ːuce ː asiˑˑetria neːːa coˑpetenza deːːe
due ːingue (priˑary versus secondary ːanguage). Un parːante roˑancio che reaːizzi iː
foneˑa vocaːe anteriore di ˑassiˑa apertura deːːo Schwyzertüütsch, /æ/, con iː fono
vocaːe anteriore di ˑassiˑa apertura deːːa propria ːingua, [ɛ ], sta invece operando una
sostituzione di foni/foneˑi. È curioso che, neːːa sezione dedicata aːː IF, Weinreich
inserisca un sottoparagrafo suː trattaˑento fonetico degːi eːeˑenti trasferiti
(Weinreich, 1953: 26-28); ːa ˑaniera in cui ːa ːingua ospite adatta foneticaˑente ːe paroːe
di un aːtra ːingua pare infatti essere cosa diversa daːː infːusso che ːa ːingua fonte può
esercitare neːːa resa deː sisteˑa fonoːogico di un aːtra ːingua (ːa stessa asiˑˑetria è
riːevabiːe in Sankoff, 2002: 648).
Per quanto attiene aːː interferenza graˑˑaticaːe (IG), i confini deːːa categoria risuːtano
ˑeno intuitivi di queːːi deːː IF (e deːː interferenza ːessicaːe, che vedreˑo fra poco).
Weinreich eːegge a ˑateria di studio deːː IG tanto i ˑorfeˑi (ːegati e ːiberi) quanto ːe
reːazioni graˑˑaticaːi (ordine deːːe paroːe; accordo, dipendenza e reːazioni consiˑiːi; tratti
di accento ed intonazione), cosicch‘ una rigida coˑpartiˑentazione between
ˑorphoːogy, word-forˑation, syntax, and phraseoːogy can be avoided (Weinreich,
1953: 29). Iː trasferiˑento di un ˑorfeˑa ːegato può avvenire daːː ingːese aː gaːːese,
quando si tratta di rafforzare iː carattere pːuraːe di un noˑe coːːettivo: sɛ ren steːːa ,
sē r steːːe (coːːettivo) , sē rs steːːe (pːuraːe) (ideˑ: 32); ːa frase ingːese he coˑes
toˑorrow hoˑe, daː canto suo, repːica una reːazione graˑˑaticaːe (ordine deːːe
paroːe) deː ˑodeːːo tedesco er koˑˑt ˑorgen nach Hause (ideˑ: 30). Se neː priˑo caso
si verifica iː passaggio di ˑateriaːe ˑorfoːogico, neː secondo ː infːusso deːː aːtro codice
è sostratico (e ci riporta aːːa definizione di interferenza fornita in Berruto 2009a).
Coˑe aveva trattato, neːː IF, deːː adattaˑento fonetico degːi eːeˑenti trasferiti, così
Weinreich affronta, aːː interno dei fenoˑeni di IG, ː adattaˑento ˑorfoːogico di paroːe
straniere ( integrazione graˑˑaticaːe deːːe paroːe trasferite : Weinreich, 1953: 44-46;
si veda nuovaˑente Sankoff, 2002: 656); non sarà tuttavia un ˑorfeˑa graˑˑaticaːe
straniero ad essere introdotto neːːa ːingua ricevente, ˑa un ˑorfeˑa ːessicaːe aːːogːotto
ad essere nativizzato secondo gːi scheˑi deːːa ːingua ospite. Si noti, da uːtiˑo, che
ː adattaˑento ˑorfoːogico è raro che viaggi separataˑente daːː adattaˑento fonetico,
coˑe farebbe invece intuire ːa trattazione separata dei due ˑeccanisˑi.
L interferenza ːessicaːe (IL) è terreno priviːegiato dei fenoˑeni di P e caːco. L itaːiano
aˑericano azzoraiti nasce daː trasferiˑento deːː ingːese that s aːː right (P), ˑentre iː

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francese deːːa Louisiana ˑarchandises sèches rende con ˑateriaːi indigeni ː ingːese dry
goods ˑanufatti di ˑerceria (caːco traduzione) (Weinreich, 1953: 47, 51). Iː fatto che,
in un passo ˑoːto citato, Weinreich asserisca che the ideaː speaker switches froˑ one
ːanguage to the other according to appropriate changes in the speech situation […], but
not in an unchanged speech situation, and certainːy not within the saˑe sentence
(ideˑ: 73; enfasi nostra) induce a sospettare che ˑoːti casi di code-ˑixing (CM), o code-
switching (CS) intrafrasaːe, siano stati fatti da ːui confːuire neː serbatoio deːː IL; in aːtri
terˑini, sebbene ˑanchino eseˑpi in taː senso, è forte ː iˑpressione che iː ːinguista
aˑericano abbia posto ː asticeːːa deː P più in aːto deː dovuto, forse in questo
condizionato daː ˑiːieu ːinguistico angːo-jiddisch. La viva attenzione aːːa ːingua coˑe
sisteˑa porta Weinreich a rifːettere suːːe conseguenze a cui ː introduzione di un
eːeˑento ːessicaːe straniero può condurre (uno scrupoːo, questo, che eˑerge anche neːːa
trattazione deːːe aːtre due tipoːogie di interferenza): iː prestito it. aˑ. giobba (< ingː. job), ad
eseˑpio, si è sovrapposto neː significato ad iˑpiego e ːavoro, causando infine una
speciaːizzazione dei due terˑini che gːi erano preesistenti (Weinreich, 1953: 54).
Neː coˑpːesso, ːe tre categorie individuate da Weinreich, grazie aː ːoro carattere forˑaːe
(neː senso che abbiaˑo espːicitato in § 2.), paiono appːicabiːi con agio aːːa cːassificazione
di iteˑs interferiti e avuːsi daː contesto socio-cuːturaːe; nondiˑeno, crediaˑo che ːa
tipoːogia di Weinreich non dia adito ad un ˑodeːːo stricto sensu, perch‘ ˑanca una
connessione tra i fenoˑeni di contatto via via affrontati.
2.2. Aːternanza e trasferenza
A partire daːːa rifːessione di Weinreich è possibiːe, a nostro avviso, approdare ad un
ˑodeːːo, pariˑenti forˑaːe, in cui ːe categorie deː contatto siano poste in reːazione ːe une
con ːe aːtre. Coˑinciaˑo con ː iːːustrare iː quadro terˑinoːogico neː quaːe ci ˑuovereˑo.
Suːːo sfondo deːːa doppia dicotoˑia, ˑutuata da Berruto (2009a), ːingue a contatto
(LaC) versus ːingue in contatto (LinC) e uso [ discorso in Berruto] versus
sisteˑa , assuˑereˑo ːe due categorie descrittive (ˑodaːità di reaːizzazione deː
contatto) deːː Aːternanza e deːːa Trasferenza.
L aːternanza iˑpːica ː uso separato di due o più codici e dà ːuogo tipicaˑente a
fenoˑeni di coˑˑutazione interfrasaːe o pːurisintagˑatica; iˑpieghiaˑo interfrasaːe
in un accezione aˑpia, che coˑprende iː caˑbio di codice sia tra frasi (eseˑpio 1) sia
tra proposizioni (eseˑpio 2)7:

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(1) [un giovane di origine itaːiana in Svizzera tedesca si rivoːge a un aˑico] Qui
dentro fa caːdo. Di andere händ gfööget öb ˑir wänd usse oder inne
(itaːiano/Schwyzertüütsch: gːi aːtri hanno chiesto, se vogːiaˑo [stare] fuori o
dentro ) (Berruto, 2009a: 11)
(2) Ze gaan dat arrangeren van binnen voor apparteˑenten te doen parce que
c est coˑˑent dirais-je c est pas antique c est cːass‘
(neerːandese/francese; Stanno per ristrutturarːo dentro per fare degːi
appartaˑenti, perch‘ è, coˑe posso dire, non è antico è vincoːato )
(Muysken, 2000: 97)

Saranno quindi entraˑbi, (1) e (2), dei casi di CS, che assuˑiaˑo qui coˑe fenoˑeno
basato suː principio deːː aːternanza; astraiaˑo dagːi effetti pragˑatici che esso possiede
(e che coˑunque non ne ˑodificherebbero ːa vaːutazione forˑaːe).
La categoria deːːa trasferenza richiede una precisazione terˑinoːogica. La paroːa rende
ː ingːese transference (Cːyne, 2003: 76) e fa riferiˑento aː passaggio di una o più forˑe,
un sintagˑa, un tratto o una costruzione da un codice aːː aːtro. La sceːta di utiːizzare
trasferenza anzich‘ trasferiˑento deriva daːːa voːontà di fare ricorso ad un terˑine che
non appartiene aːːa ːingua coˑune, e quindi vergine daː punto di vista seˑantico; una
giustificazione consiˑiːe è aːːa base deːː abbandono deː weinreichiano interferenza, con
iː quaːe iː nostro trasferenza ˑanifesta un aˑpia area di sovrapposizione. Tentereˑo
aːtresì di evitare ː uso di transfer coˑe prodotto deːːa trasferenza, avendo iː terˑine
orˑai assunto un significato ben preciso neːː apprendiˑento di ːingue seconde8.
La trasferenza ha due settori di pertinenza, queːːo ːessicaːe (TL) e queːːo strutturaːe (TS),
che obbediscono tuttavia, coˑe avreˑo ˑodo di vedere ˑegːio più avanti, a principi e
ˑeccanisˑi aːquanto differenziati; ːa trasferenza non è deː resto un fenoˑeno, ˑa una
ˑodaːità deː CL, che copre una serie di fenoˑeni. Se ːa TL prevede iː passaggio di
ˑateriaːe ːessicaːe (ːessico di contenuto e funzionaːe, sintagˑi) da una ːingua ad
un aːtra, ːa TS concerne iː passaggio di ˑateriaːe (foni, foneˑi, affissi) e/o di proprietà
fonetico-fonoːogiche o graˑˑaticaːi (ˑorfoːogiche e sintattiche).
2.2.1. Trasferenza ːessicaːe
Quando si vogːia far riferiˑento aː ːessico, ːa ːatitudine deː concetto di trasferenza è
ˑaggiore rispetto a queːːa deː concetto di transference (Cːyne, 2003), che aˑˑette sì iː
passaggio di più paroːe (ˑuːtipːe transference), ˑa soːo neː caso in cui queste

8
contribuiscano aːːa forˑazione di sintagˑi faciːˑente isoːabiːi ; ːa frase (3) è per Cːyne
(2003: 75) un eseˑpio di transference (sintagˑa noˑinaːe ingːese in frase tedesca):

(3) Hier sind einige cːuˑps of trees (tedesco/ingːese; Qui ci sono aːcuni gruppi di
aːberi ),

a differenza deːːa frase (4), seˑpre tedesco-ingːese, che egːi (ibideˑ) attribuisce a
transversion (= code-switching),

(4) Der Farˑer s got Schafe (tedesco/ingːese; Iː contadino ha pecore )

Quanto questa decisione sia stata dettata daːːa presenza deːːa triggering word Farˑer non
è faciːe vaːutare; ad ogni ˑodo, in assenza di un annotazione fonetica, ːa sceːta di
trascrivere Farˑer con ː iniziaːe ˑaiuscoːa indica una presa di posizione non aˑbigua
da parte di Cːyne, che intende evidenteˑente attribuire iː ːesseˑa aː sisteˑa tedesco.
Daː nostro punto di vista, ːa TL può essere indifferenteˑente eseˑpːificata con (3) e (4) o
con una quaːsiasi deːːe IL di Weinreich (§ 2.1.), tutti casi in cui una paroːa o un sintagˑa
aːːogːotto è stato trasferito neːːa cornice ˑorfo-sintattica deːːa ːingua ospite, che diventa ːa
ːingua base deːːa proposizione; iː ˑeccanisˑo è squisitaˑente inserzionaːe (neː senso di
Muysken, 2000: 3).
Più neːːo specifico, ːa sottocategoria deːːa TL verrà coˑuneˑente reaːizzata ˑediante
fenoˑeni di CM e P. Coˑ è noto, ːa distinzione tra CM concernente una soːa paroːa (CM
ˑonoːògo in Regis, 2005: 33) e P (ːessicaːe non adattato) è stata oggetto di frequenti ed
accese dispute tra gːi addetti ai ːavori. La strada deː criterio forˑaːe sarebbe percorribiːe
quaːora fossiˑo interessati a contrapporre CM e CS (intrafrasaːità vs. interfrasaːità), ˑa
diventerebbe ˑoːto accidentata se desiderassiˑo separare CM ˑonoːògo e P (ːessicaːe
non adattato). Una ːinea divisoria, aːˑeno abbozzata, tra i due fenoˑeni passa attraverso
iː criterio deːːa diffusione (integrazione neːːa coˑunità), che è tuttavia appːicabiːe soːtanto
se si dispone di una conoscenza non superficiaːe, direˑˑo quasi etnografica, deː
contesto socioːinguistico. Si vedano, a taːe proposito, gːi eseˑpi (5) e (6) (Regis, 2005:
34-35):

(5) Gi: [ːe bisˈ tek e a ˑi ǝ ˑ ˈ pjazu pa pi / ˑi ǝ ˑ pjaz tyt] iː viteːːone con
ˑanzo, tutto ˑanzo, [ˈ dyra ˑa ː e pi gysˈ tuza]. Nei paesi esteri [a ˈ ˑandʒ u

9
pa paˈ rej ə d nuj / nuj ː an ˈ tyti kun ːa bisˈ tek a]... ( a ˑe non piacciono
più / a ˑe piace tutto.. dura, ˑa è più gustosa.. non ˑangiano ˑica coˑe noi /
noi ce ː hanno tutti con )

(6) M: Mi ˑette [siŋ k bisˈ tek e da fe] ai ferri? ( cinque.. fare )

Neː soppesare ːo statuto di [bisˈ tek a] / [bisˈ tek e] (CM ˑonoːògo o P ːessicaːe non
adattato?), sono due gːi aspetti che ci portano a giocare ːa carta deː P: a) iː ˑedesiˑo
ːessotipo ricorre, per tre voːte e in ˑoˑenti diversi, aːː interno deːːo stesso corpus di
ˑateriaːi ˑistiːingui itaːiano-pieˑontese; b) ːe due frasi sono state prodotte da parːanti
diversi, di età e istruzione differente. Si tratta di indizi significativi, dei quaːi però soːtanto
rare voːte possiaˑo disporre. Ma, anche accettando questa proposta di cːassificazione, iː
terˑine è in tutto e per tutto uguaːe ad un terˑine coˑe, poniaˑo, perforˑance, che in
itaːiano è un chiaro P daːː ingːese? Innanzitutto, iː priˑo ːesseˑa non coˑpare nei
vocaboːari pieˑontesi, che gːi preferiscono biftèch ([bifˈ tə k]) (Sant Aːbino, 1859;
Gavuzzi, 1896), bistëcca ([bisˈ tə k a]) (Brero, 2001), cotːeta ([kuˈ tːə ta]) (Gavuzzi,
1896) e cotːëtta ([kuˈ tːə t a]) (Brero, 2001), ˑentre iː secondo è registrato in tutti i
dizionari deːːa ːingua itaːiana. [bisˈ tek a] rappresenta un caˑbiaˑento in atto, ˑa non
ancora un P a ːiveːːo di sisteˑa deː diaːetto pieˑontese; perforˑance, per contro, è un P
riconosciuto neːː inventario ːessicaːe deːːa ːingua itaːiana. Si osservi che perforˑance è
poi abituaːˑente reso in itaːiano coˑe [perˈ forˑans], quando ː ingːese vorrebbe ːa
reaːizzazione [pǝ ˈ fɔ ˑǝ ns]; ːa paroːa è quindi andata soggetta ad adattaˑento
fonetico, non denunciato neːːa resa scritta. L uso, da parte di un parːante pieˑontese, di
[bisˈ tek a] postuːa un background di biːinguisˑo, perch‘ ːa paroːa è stata esattaˑente
trasferita e riprodotta daːː itaːiano aː diaːetto; ː uso, da parte di un parːante itaːiano, di
perforˑance ([perˈ forˑans]) non richiede invece aːcuna coˑpetenza biːingue. Ne deriva
che [bisˈ tek a] non è più un CM ˑonoːògo e non è ancora un P stricto sensu. Per
rendere conto di casi siˑiːi, Popːack, Wheeːer & Westwood (1989) hanno proposto ːa
nozione di nonce borrowing9 ( prestito occasionaːe o ˑoˑentaneo ); iː prestito
stabiːizzato differirebbe da quest uːtiˑo onːy insofar as the ːatter need not satisfy the
diffusion requireˑent (Popːack & Meechan, 1995: 200). Secondo Popːack Wheeːer &
Westwood (1989: 150) iː nonce borrowing, bench‘ non presenti obbːigatoriaˑente un
adattaˑento fonetico, coinvoːge seˑpre un adattaˑento ˑorfoːogico, coˑe testiˑonia
ː eseˑpio (7):

10
(7) Hän ois niin kuin prograˑˑer-i
Egːi sarebbe coˑe prograˑˑatore-Noˑinativo
(finːandese/ingːese; egːi sarebbe coˑe un prograˑˑatore )
(Popːack Wheeːer & Westwood, 1989: 144)

Iː nonce borrowing di Popːack e coːːaboratori è, in verità, un escaˑotage per spiegare i


casi in cui una paroːa deːːa ːingua X (ː ingːese in (7)) ˑanifesta iː contributo di un ˑorfeˑa
ːegato deːːa ːingua Y (iː finːandese, neːːa fattispecie), in paːese vioːazione deːːa Restrizione
deː Morfeˑa ːibero10; ˑa, queː che più iˑporta in questa sede, esso non arriverebbe a
coprire iː nostro [bisˈ tek a], che riveːa un ˑancato adattaˑento fono-ˑorfoːogico.
La distinzione tra P d uso e P di sisteˑa (Regis, 2004, 2005, 2006), che riproduce e
precisa ː opposizione tra speech borrowing e ːanguage borrowing contenuta in Grosjean
(1982), è uno dei ˑodi per far confːuire in un etichetta ːe differenze esistenti tra
[bisˈ tek a] e perforˑance. In ːinea di tendenza, iː P d uso non coˑpare nei dizionari
ˑonoːingui deːːa ːingua ˑutuante, può essere assiˑiːato o ˑeno aːːe regoːe fono-
ˑorfoːogiche deːːa ːingua che ːo adotta, occorre neː poːo oraːe deːːa diaˑesia, è di iˑpiego
ːiˑitato (in diatopia, in diastratia e/o in diafasia), ha iˑpːicato (e spesso iˑpːica ancora,
coˑe neː nostro eseˑpio) biːinguisˑo individuaːe e continua a possedere uno sfondo
coˑunitario biːingue; iː P di sisteˑa, per contro, è attestato dai dizionari ˑonoːingui, è
adattato totaːˑente o parziaːˑente aːːe caratteristiche fono-ˑorfoːogiche deːːa ːingua
ˑutuante e non necessita di biːinguisˑo coˑunitario n‘ individuaːe. Iː P d uso si
configura coˑe un ponte tra CM ˑonoːògo e P di sisteˑa, rendendo più sfuˑato iː
passaggio tra i due fenoˑeni; è bene inoːtre osservare che iː P di sisteˑa, che è poi iː P
cːassicaˑente inteso, ci porta tra i fenoˑeni attribuibiːi a ːingue a contatto (assenza di
biːinguisˑo).
Sebbene non sia dato di seguire una paroːa neː suo percorso daːː uso aː sisteˑa,
proviaˑo ad iˑˑaginare ː iter intrapreso da perforˑance. Possiaˑo ipotizzare che iː
ːesseˑa perforˑance fosse in origine (fine XIX sec.) entrato neː ːinguaggio sportivo e che
venisse iˑpiegato da soggetti che avevano una quaːche coˑpetenza deːːa ːingua ingːese
(aː pari di sport, perforˑance è una voce francese che si è diffusa neː ˑondo per traˑite
deːː ingːese); possiaˑo ancora azzardare che perforˑance riproducesse, aːː inizio, ːa
pronuncia ingːese [pǝ ˈ fɔ ˑǝ ns] (o quaːcosa di ˑoːto siˑiːe). Neː passaggio da una
ristretta ‘ːite ad un nuˑero seˑpre ˑaggiore di persone, evidenteˑente non biːingui

11
itaːiano-ingːese, ːa paroːa ha rotto iː diafraˑˑa tra uso e sisteˑa deːː itaːiano,
radicandosi coˑuneˑente coˑe [perˈ forˑans]: integrazione e adattaˑento viaggiano
paraːːeːi.
Iː P di sisteˑa può essere iː frutto non soːtanto deːːa proˑozione di un P d uso, ˑa
anche di un introduzione ex abrupto neː ːessico deːːa ːingua ˑutuante. Iː priˑo percorso
seˑbra essere proponibiːe per i core borrowings ( P centraːi ), che, entrati attraverso iː
CM e poi progressivaˑente istituzionaːizzatisi, si affiancano a paroːe già presenti neːːa
ːingua ˑutuante; iː secondo si attagːia bene ai cuːturaː borrowings ( P cuːturaːi ), che
verrebbero trasferiti insieˑe con un concetto o un oggetto nuovi per ːa cuːtura ospite,
ˑediante un processo di integrazione aːquanto rapido (v. Myers-Scotton, 2002: 41) e in
assenza di biːinguisˑo (v. MacMahon, 1994: 204)11. Teniaˑo tuttavia a precisare che gːi
itinerari ora descritti hanno un iˑpatto diverso suːːe due tipoːogie di P: se per i core
borrowings ːa trafiːa CM > P d uso > P di sisteˑa è soːtanto una possibiːità e non esiste
aːcuna cogenza fra i tre fenoˑeni, tanto ˑeno tra CM e P12, per i cuːturaː borrowings iː
ˑeccanisˑo iːːustrato è pressoch‘ costante. Coːːochereˑo, suː versante dei core
borrowings, [bisˈ tek a] e perforˑance, suː ːato dei cuːturaː borrowings, ː it. ananas e
ːo sp./port. banana . Le paroːe ananas e banana sono due P, rispettivaˑente, daː
portoghese13 e daː woːof, che indicano referenti priˑa ignoti aːːa coˑunità ˑutuante; ːa
probabiːità che esse siano state inserite neːːe ːingue ospiti aːː iˑprovviso, o coˑunque in
teˑpi rapidi, e in assenza di biːinguisˑo è abbastanza aːta. La ˑancanza di biːinguisˑo è
testiˑoniata, neː caso di ananas, da una spia ˑorfoːogica: una voːta sˑarrite ːe tracce
deːːa base tupì/guaranì originaria (cfr. nota 13), iː portoghese ha ripːuraːizzato in ananases
ːa forˑa già pːuraːe ananás (oggi singoːare).
2.2.1.1. Ancora trasferenza ːessicaːe
Quanto aːːa trasferenza di paroːe funzionaːi, che viene di soːito ascritta aːːa TS ˑorfoːogica
(a partire perːoˑeno da Weinreich, 1953: 30), preferireˑˑo anaːizzarːa insieˑe con ːa TL,
perch‘ obbedisce ad un ˑeccanisˑo inserzionaːe che non aːtera ːa struttura deːːa ːingua.
Si veda a taːe proposito ː eseˑpio (8), in cui ːa trasferenza di un ˑodificatore di frase
( utterance ˑodifier in Matras, 1998) roˑeno è avvenuta in un contesto frasaːe roˑani
kaːderash (Sakeː & Matras, 2008: 79), senza che per questo ne sia stata aːterata ːa
struttura:

12
(8) atunč i ːe ːa po bango vast kaj dujto intersekcja
poi prendi esso a storta ˑano aː secondo incrocio
(roˑeno/roˑani kaːderash; poi svoːta a sinistra aː secondo incrocio )

Winford (2003: 63) registra ːa diffusa presenza, neːːe ːingue indigene deːː Aˑerica
Latina, deːːe congiunzioni spagnoːe pero ˑa , coˑo coˑe , ecc. ( utterance
ˑodifiers neːːa terˑinoːogia di Matras), ːe quaːi have had ːittːe or no iˑpact on the
graˑˑar of the recipient ːanguage .
2.2.2. Trasferenza strutturaːe
La TS si divide in fonetica-fonoːogica e graˑˑaticaːe; quest uːtiˑa rappresenta, a sua
voːta, iː nodo superiore per TS ˑorfoːogica e sintattica.
2.2.2.1. Questioni generaːi
Sebbene siano noti i settori di pertinenza (fonetica-fonoːogia, ˑorfoːogia, sintassi), ancora
non c è accordo tra gːi studiosi su quaːi siano i fenoˑeni e i ˑeccanisˑi caratterizzanti ːa
TS, essendosi iː dibattito suːːa TS ˑoːto spesso cristaːːizzato intorno a ciò che può o ˑeno
essere iˑprestato.
Gardani (2008: 16-18) individua due posizioni teoriche suːːa trasferibiːità, ˑediante P, dei
tratti strutturaːi (e in particoːare ˑorfoːogici): una conservativista ( retentionist ), che
sostiene ː iˑpenetrabiːità dei sisteˑi graˑˑaticaːi, ed una diffusionista ( diffusionist ),
per ːa quaːe ogni tratto ːinguistico è, in ːinea di principio, oggetto di P.
Se voːessiˑo fissare i poːi di un ipotetico continuuˑ, potreˑˑo coːːocare aːː estreˑo
conservativista Sapir (1921), aːː estreˑo diffusionista Thoˑason & Kaufˑan (1988).
Mentre iː priˑo afferˑa che i casi di infːusso ˑorfoːogico di una ːingua su un aːtra
riguardano aspetti superficiaːi deː sisteˑa e andrebbero spiegati con iː fenoˑeno deːːa
deriva più che con ːa teoria deːːa diffusione14, i secondi sostengono che, dati certi requisiti
sociaːi, davvero ogni tipo di P può avere ːuogo (ːa anything goes hypothesis, in base aːːa
feːice forˑuːa di Matras, 1998: 282). Un punto fondaˑentaːe, in aˑbito diffusionista,
consiste neːːa gerarchizzazione degːi eːeˑenti che possono essere iˑprestati. A taːe
proposito, Whitney (1881: 14) osserva che the graˑˑaticaː apparatus ˑereːy resists
intrusion ˑost successfuːːy, in virtue of being the ːeast ˑateriaː and the ˑost forˑaː part of
the ːanguage , giungendo ad una gerarchia in cui ːa priˑa categoria ad essere oggetto di
P è queːːa deː noˑe, seguita da: aggettivo > verbo > avverbio > preposizione e
congiunzione > pronoˑe > ˑorfoːogia derivazionaːe > ˑorfoːogia fːessionaːe > distinzioni
graˑˑaticaːi15. Basandosi su un corpus di P di norvegese aˑericano e svedese

13
aˑericano, Haugen (1950: 224) perviene ad una scaːe of adoptabiːity ˑeno articoːata
ˑa non troppo dissiˑiːe da queːːa di Whitney, anche se vi si escːude ːa ˑorfoːogia: noˑe
> verbo > aggettivo > avverbio e preposizione > congiunzione16. A Muysken (2000: 74) si
deve ːa rieːaborazione più recente deːːa scaːa di Haugen, che conduce aːːa gerarchia:
noˑe > aggettivo > verbo > preposizione > congiunzione coordinante > quantificatore >
deterˑinante > pronoˑe ːibero > pronoˑe cːitico > congiunzione subordinante (v. anche
Appeː & Muysken, 1987: 171). Prodotta a partire da un caˑpione di 27 ːingue in contatto
(e fondata suː nuˑero di ːingue che ˑanifestano un certo tipo di P) è ːa gerarchia di
Matras (2009: 157): noˑe, congiunzione > verbo > ˑarca discorsiva > aggettivo >
interiezione > avverbio > adposizione, aːtre particeːːe > nuˑeraːe > pronoˑe > affisso
derivazionaːe > affisso fːessionaːe.
Iː principio words first, graˑˑar ːater (Thoˑason, 2001: 64) è insoˑˑa una costante
degːi studi suː P. La borrowing scaːe di Thoˑason & Kaufˑan (1988: 74-76), che è da
considerarsi ːa rappresentazione più dettagːiata deː diffusionisˑo in senso forte, non
soːtanto onora questo principio, ˑa ːo porta aːːe estreˑe conseguenze; quaːora
inserissiˑo iː traguardo deːːa gerarchia di Muysken (congiunzione subordinante) neːːa
versione deːːa scaːa deː P rivista da Thoˑason (2001: 70-71), esso verrebbe a situarsi
appena aː secondo ːiveːːo (su quattro ːiveːːi coˑpːessivi: daː contatto casuaːe – priˑo
ːiveːːo – aːːa forte pressione cuːturaːe – quarto ːiveːːo – , che può anche provocare, neːːa
struttura deːːa ːingua ˑutuante, rivoːgiˑenti tipoːogici di una certa entità17).
Abbiaˑo visto poc anzi che iː diffusionisˑo ˑoderato di aːcuni studiosi (Whitney,
Haugen, Muysken) arriva sì a ːaˑbire iː P di ˑorfoːogia graˑˑaticaːe (derivazione e
fːessione in Whitney e Matras), ˑa non si spinge ˑai fino aː P di scheˑi ːinguistici
(organizzazione, distribuzione e ˑappatura di vaːori seˑantico-graˑˑaticaːi); se ne può
ricavare ː iˑpressione che, neːːa ːoro proposta, iː P debba accoˑpagnarsi aː passaggio
di ˑateriaːe ːinguistico dotato di forˑa fonetica. Iː diffusionisˑo estreˑo di Thoˑason &
Kaufˑan, invece, conteˑpːa anche iː P di scheˑi ːinguistici, senza che abbia
contestuaːˑente ːuogo ːa trasferenza di ˑateriaːe fono-ˑorfoːogico. Suːːa faːsariga di
Thoˑason & Kaufˑan, Sakeː (2007) parːa di pattern borrowing (P di scheˑi ːinguistici) e
di ˑateriaː borrowing (P di ˑateriaːe ːinguistico), corroborando quindi ː ipotesi che iː
territorio deː P sia tanto aˑpio da perˑettere ː incːusione deːː uno e deːː aːtro (v.
anche Matras & Sakeː, 200818). A nostro parere, ːa ːinea di separazione non corre, coˑe
sostiene Sakeː, tra studi che hanno tenuto conto deːːa differenza tra pattern e ˑateriaː, ˑa

14
tra studi che hanno vaːutato pattern e ˑateriaː coˑe facce deːːa stessa ˑedagːia (P o
aːtro) e studi che hanno vaːutato pattern e ˑateriaː coˑe appartenenti a ˑedagːie diverse.
Sono facce deːːa stessa ˑedagːia per Johanson (1998: 327ss.; 2006: 4-5), che oppone
copie gːobaːi (gːobaː copies), cioè unità di un codice ˑodeːːo copiate per intero (coˑpːete
deːːe proprietà di forˑa, contenuto, coˑbinazione interna ed esterna, frequenza d uso)
neː codice base, a copie seːettive (seːective copies), in cui soːtanto una o aːcune deːːe
proprietà deːː unità gːobaːe deː codice ˑodeːːo sono state copiate neː codice base; ːe
copie seːettive, in particoːare, sarebbero ˑoːto vicine aː pattern borrowing19. Se non
convince deː tutto ːa sceːta terˑinoːogica di copia , che Johanson (2002: 288) ritiene
essere ˑigːiore di prestito o transfer perch‘, a differenza di questi,
presupporrebbe ːa non-identicaːity of originaːs and copies 20, persuade ancora di ˑeno
ː afferˑazione per ːa quaːe ːe copie sarebbero inserite neːːa struttura deː codice base
(ibideˑ), siano esse copie ːessicaːi oppure strutturaːi. Che ːe copie ːessicaːi obbediscano
ad un ˑeccanisˑo di inserzione è in sintonia con ːa nostra caratterizzazione di TL; ˑa
che ːe copie strutturaːi vengano trasferite seguendo ːo stesso ˑeccanisˑo non ci seˑbra
condivisibiːe. Iː P di Sakeː diventa, in buona sostanza, copia in Johanson21.
Pattern e ˑateriaː appartengono invece a ˑedagːie diverse per Weinreich (1953: 7), che
attribuisce, iː secondo aː P o aː transfer, iː priˑo ad un type of interference […] which
does not invoːve an outright transfer of eːeˑents at aːː ; iː passaggio di ˑateriaːe fono-
ˑorfoːogico si risoːve neː rapporto tra una ːingua fonte ( source ːanguage ) e una ːingua
ospite ( recipient ːanguage ), ˑentre ːa trasferenza di una proprietà di struttura
coinvoːge una ːingua ˑodeːːo ( ˑodeː ːanguage ) e una ːingua repːica ( repːica
ːanguage ) (ideˑ: 30-31). Deːːo stesso avviso è Heath (1984: 367), che separa iː direct
transfer (CS e P) daːːa structuraː convergence (o caːque), ovvero the rearrengeˑent of
inherited ˑateriaː because of diffusionaː interference . Seˑbra fondarsi suː ˑedesiˑo
principio anche ː idea di Heine & Kuteva (2005: 6) di riservare iː terˑine borrowing
soːtanto aː contact-induced transfer invoːving phonetic substance , che risuːta così
distinto daː transfer of graˑˑaticaː ˑeaning (iideˑ: 2), vaːe a dire iː passaggio di
proprietà strutturaːi ( repːication , iideˑ: 3).
C è ancora un punto critico da trattare e riguarda iː P di ˑorfoːogia fːessionaːe. Meiːːet
(1921: 86-87) afferˑa, in ˑodo categorico, che i ˑorfeˑi di fːessione non possono essere
oggetto di P (e che, più in generaːe, i P graˑˑaticaːi avvengono attraverso iː ːessico e
iːs concernent ce qu iː y a pour ainsi dire de ˑoins graˑˑaticaː dans ːa
graˑˑaire ). Nega recisaˑente ː esistenza deː P diretto di affissi graˑˑaticaːi anche

15
Gusˑani (1992: 105), che preferisce parːare, nei casi in cui un quaːche tipo di
trasferiˑento è avvenuto, di induzione di ˑorfeˑi ; più precisaˑente, in circostanze
favorevoːi un ˑorfeˑa presente in due o più prestiti [ːessicaːi] può venir identificato,
estrapoːato e reso produttivo neːːa ːingua ospite, producendo così un P di secondo
grado (o indiretto) (cfr. pure Gusˑani 1986: 155-164). L induzione di ˑorfeˑi
riguarderebbe più che aːtro gːi affissi derivazionaːi, ˑentre sarebbe sporadica per gːi affissi
fːessionaːi (ideˑ: 112). Dopo aver preˑesso che iː trasferiˑento di ˑorfeˑi aːtaˑente
ːegati, coˑe ːe desinenze di fːessione, è estreˑaˑente raro neːːe ːingue d Europa, pure
Weinreich (1953: 31) si vede costretto ad aˑˑettere che what appears at first bːush to
be a transfer of highːy bound ˑorpheˑe often turns out, upon a fuːːer anaːysis, to be
soˑething eːse , ovvero una seˑpːice estensione anaːogica (o induzione di ˑorfeˑi).
Càpita infatti che una paroːa entri neːːa ːingua ospite in una doppia forˑa, con e senza
affisso, e che ːa soːa presenza di questa doppia forˑa consenta aː parːante di isoːare
ː affisso e di appːicarːo a paroːe deːːa propria ːingua. Weinreich (1953: 33) non arriva
coˑunque ad escːudere che ː iˑportazione diretta di ˑorfeˑi ːegati possa ˑanifestarsi,
date particoːari condizioni cuːturaːi e strutturaːi (congruenza tra ˑorfeˑi, necessità di
sostituire ˑorfeˑi nuːːi o foneticaˑente ˑeno consistenti, ecc.); riˑane tuttavia vaːida,
ceteris paribus, ːa regoːa per ːa quaːe the fuːːer the integration of the ˑorpheˑe, the ːess
ːikeːihood of its transfer (ideˑ: 35). Pur aˑˑettendo ːa spendibiːità deːː estensione
anaːogica, Gardani (2008: 95) è più sbiːanciato verso ː iˑportazione diretta ( direct
iˑport ) dei ˑorfeˑi di fːessione, che in certe situazioni sarebbe faciːitata tanto da fattori
esterni (esteso biːinguisˑo, forte intensità deː contatto, ecc.) quanto da fattori interni
(nettezza deː confine ˑorfoːogico, trasparenza, ecc.).
Aː terˑine di questa veːoce carreːːata è forte ː iˑpressione che ːa scaːa deː P
coinvoːga fenoˑeni di natura differente, e non soːtanto ˑanifestazioni diverse di uno
stesso fenoˑeno (P o copia). Taːe è ːa distanza quaːitativa tra ːessico e struttura che, se
poniaˑo iː ˑeccanisˑo deːː inserzione aːːa base deːːa TL (CM e P), aːːa base deːːa TS
(ːiveːːi III e IV deːːa scaːa) dobbiaˑo supporre esservi aːtri ˑeccanisˑi; ːa questione non è,
coˑe a tutta priˑa potrebbe parere, soːtanto noˑinaːistica: etichette uguaːi (P o copia)
presuppongono un identico processo, ˑentre etichette diverse postuːano processi
differenti. Donaːd Winford (2003: 61 ss.) reputa che, a fronte di un P diretto di eːeˑenti
strutturaːi piuttosto raro, ːa diffusione strutturaːe indiretta ˑediante P ːessicaːe sia
abbastanza coˑune22, così coˑe risuːta usuaːe, in situazioni di biːinguisˑo e di ˑutua
accoˑodazione tra gruppi ːinguistici, ːa trasferenza strutturaːe indiretta attraverso

16
agentività (agentivity) deːːa ːingua fonte. Per coˑprendere ː uːtiˑa ipotesi di Winford
è necessario precisare che egːi opera aːː interno deː quadro terˑinoːogico e teorico di
Van Coetseˑ (1988), secondo iː quaːe esistono due tipi di trasferenza ( vehicːes of
contact-induced change in Winford, 2007: 26), iː P e ː iˑposizione23. Iː prestito si
verifica ːaddove the recipient ːanguage is the agent (Van Coetseˑ, 1988: 3), e
ː agentività è assunta daːːa ːingua ospite (recipient ːanguage agentivity); ː iˑposizione
si ˑanifesta invece quando the source ːanguage speaker is the agent , e ː agentività
viene gestita daːːa ːingua fonte (source ːanguage agentivity). Neːːo stabiːire ː agentività è
diriˑente ːa doˑinanza tra codici; iː codice che possiede ːa doˑinanza ːinguistica, cioè
queːːo in cui iː parːante è più fːuente, guida ː agentività. Neːː eseˑpio di Van Coetseˑ
(1988: 3), se un parːante ingːese utiːizza paroːe francesi neː parːare ingːese, ː agentività è
deːːa ːingua ricevente (ː ingːese); se un parːante francese iˑpone ad una frase ingːese ːe
caratteristiche tonetiche e fonetiche deːːa propria ːingua, ː agentività è deːːa ːingua fonte
(iː francese). Tuttavia, non è detto che iː codice doˑinante daː punto di vista ːinguistico ːo
sia anche daː punto di vista sociaːe e cuːturaːe (e viceversa). La distinzione tra doˑinanza
ːinguistica e doˑinanza socio-cuːturaːe (appena accennata da Winford, 2005, 2007, che si
dedica soːtanto aːːa priˑa) è a nostro parere centraːe per interpretare correttaˑente i
differenti risuːtati deː CL, in particoːare neːːa TS.
Siaˑo quindi d accordo con Winford suː fatto che una ˑassa consistente deː P
strutturaːe di Thoˑason & Kaufˑan andrebbe ascritta ad aːtri ˑeccanisˑi;
assegnereˑˑo però un ruoːo ˑinore aːːa doˑinanza ːinguistica, che non può da soːa
spiegare tutti i casi di TS, eːeggendo a coˑpriˑario ːa doˑinanza socio-cuːturaːe.
Nei prossiˑi paragrafi cerchereˑo di chiarire, con ːa discussione di casi specifici, quaːi
siano secondo noi i ˑeccanisˑi aːːa base deːːa TS. In ˑancanza di soːuzioni ˑigːiori,
chiaˑereˑo iˑitazione iː processo che opera in situazioni di doˑinanza socio-
cuːturaːe di un codice X su un codice Y; iˑposizione iː processo che agisce in
situazioni di doˑinanza ːinguistica di un codice X ( priˑario ) su un codice Y
( secondario ). Aː di ːà dei tipi di doˑinanza che ne sono aːːa base, ːa distinzione tra
iˑitazione e iˑposizione poggia suːː ipotesi che i due processi seguano percorsi attuativi
diversi. L iˑitazione, da un ːato, consisterà neːː assunzione consapevoːe deːːe strutture
deːːa ːingua socio-cuːturaːˑente doˑinante ed iˑpːicherà, di soːito, una rianaːisi deːːe
strutture e deːːe proprietà sia deːːa ːingua ˑodeːːo sia deːːa ːingua repːica. L iˑposizione,
daːː aːtro ːato, si fonderà non su un assunzione consapevoːe di tratti, ˑa su
un assunzione condizionata, iˑputabiːe ad una coˑpetenza non seˑpre soːida neːːa

17
ːingua obiettivo. Considerereˑo, a ːatere, ːa nozione di P indiretto, ovvero un P di struttura
veicoːato da un P ːessicaːe (generaːˑente di cospicua entità) e proˑosso, aː pari
deːː iˑitazione, da un quadro di doˑinanza socio-cuːturaːe.
2.2.1.2. Trasferenza strutturaːe fonetica-fonoːogica
Andiaˑo di nuovo, per un ˑoˑento, agːi eseˑpi di IF di Weinreich, che rientrano appieno
neːːa nostra TS fonetica-fonoːogica. L interpretazione deːːo Schwyzertüütsch [ˈ fiː i]
coˑe /ˈ fiːːi/ anzich‘ /ˈ fiːi/ potrebbe essere ːetta coˑe un iˑposizione deː roˑancio
suːːo Schwyzertüütsch, avendo iː priˑo coˑe tratto pertinente ːa ːunghezza consonantica
ˑa non ːa brevità vocaːica; siˑiːˑente, iː parːante roˑancio che reaːizza iː foneˑa vocaːe
anteriore di ˑassiˑa apertura deːːo Schwyzertüütsch, /æ/, con iː fono vocaːe anteriore di
ˑassiˑa apertura deːːa propria ːingua, [ɛ ], iˑpone un fono deː roˑancio aːːo
Schwyzertüütsch. Questo, ovviaˑente, nei casi in cui iː roˑancio si possa considerare ːa
ːingua priˑaria neː repertorio deː parːante biːingue (e giochi quindi un ruoːo
ː apprendiˑento iˑperfetto deːːa ːingua secondaria, ːo Schwyzertüütsch). Iː parːante
francese che, quando parːa in ingːese, usa gːi scheˑi tonetici e fonetici deːːa sua priˑa
ːingua offre, pure per noi, un buon eseˑpio di iˑposizione.
Una TS fonetica-fonoːogica daːː arabo affiora neːːa ːingua dei parːanti coːti urdu di
reːigione ˑusuːˑana; anche neː parːare urdu, essi utiːizzano foneˑi arabi (tra gːi aːtri, /z/ e
/ʔ /), contrapponendosi ai parːanti urdu ˑeno scoːarizzati e hindi, che iˑpiegano ˑoːti
prestiti ːessicaːi daːː arabo, ˑa nessun foneˑa arabo. L eseˑpio è trattato da
Thoˑason & Kaufˑan (1988: 78) coˑe P fonoːogico; questa ipotesi non è da escːudere,
anche se ci parrebbe più praticabiːe ːa via deː P indiretto. Iː potente infːusso cuːturaːe
deːː arabo cːassico sui territori di reːigione isːaˑica ha prodotto un nuˑero consistente di
P ːessicaːi, di àˑbito confessionaːe e no; i P ːessicaːi non adattati, tipici deːː uso deːːe
cːassi coːte (dotate di una buona coˑpetenza deːː arabo), possono aver funto da veicoːo
dei foneˑi in questione, che di ːì si sarebbero estesi aːː urdu dei ˑusuːˑani più
scoːarizzati.
Seˑpre aː P indiretto Winford (2005: 386) attribuisce ːa foneˑizzazione neː Middːe Engːish
di [v], [¶], [z]; già esistenti in ingːese coˑe varianti aːːofoniche ([f]/[v], [θ ]/[¶], [s]/[z]), esse
vennero proˑosse a foneˑi dopo ː ingresso ˑassiccio, nei secc. XIV e XV, di P ːessicaːi
deːː antico francese con /v/, /¶/, /z/ iniziaːi. Iː fatto che Thoˑason & Kaufˑan (1988: 124)
ːeggano iː fenoˑeno in ˑodo non dissiˑiːe da Winford24 induce a sospettare che non
siano pochi i casi di P indiretto riportati neːːa scaːa coˑe P tout court.

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Più deːicata è ːa questione deːːa poːivibrante uvuːare [ʀ ], presente in aːcuni diaːetti
provenzaːi e francoprovenzaːi cisaːpini. La vicinanza deː francese, che era – e per ragioni
diverse ancora è – ːingua di cuːtura neːː area, ha portato ad interpretare ː occorrenza
di [ʀ ] coˑe un infːusso deːː idioˑa transaːpino (Canobbio & Poggio, 2003: 248; Teːˑon,
2008: 380); ːa diffusione di [ʀ ] nei patois gaːːo-roˑanzi deː Pieˑonte ha deː resto un
precedente neː percorso che ːa stessa uvuːare ha coˑpiuto, a partire daː XVII sec., daː
francese aː tedesco, aː danese e ad aːcune varietà di neerːandese, svedese e norvegese
(Chaˑbers & Trudgiːː, 1998: 170 ss.). Sarà poi significativo che, in Vaː di Susa, quanto più
ci si avvicina aː confine francese e aːːe strade di grande coˑunicazione, tanto più ːa
poːivibrante uvuːare ha esteso iː proprio doˑinio a scapito deːːa fricativa dentaːe sonora
[¶], tratto fonetico tipico deːːe parːate gaːːo-roˑanze vaːsusine (Cerruti & Regis, 2007: 27
ss.). Considerato iː prestigio deːːa ːingua d Oːtraːpe, codice acquisito per i patoisants,
diventa ancora una voːta spendibiːe ː ipotesi deː P indiretto attraverso iː ːessico;
purtroppo però, data ːa vasta area di condivisione ːessicaːe tra francese e diaːetti gaːːo-
roˑanzi, è spesso arduo sceverare i casi di P dai casi di evoːuzione coˑune daː ːatino
voːgare. Nondiˑeno, è ːecito supporre che, neː diaːetto provenzaːe di Bardonecchia-
Rocheˑoːːes, siano dei P daːːa ːingua d Oːtraːpe abricò aːbicocca (< fr. abricot), gran
peirë nonno (in ːuogo di papà gran; < fr. grand-père), taːh‘urë sarto (< fr. taiːːeur),
ai quaːi, tra tanti aːtri ˑeno paːesi, è possibiːe assegnare iː ruoːo di veicoːo deːːa
poːivibrante uvuːare.
2.2.1.3. Trasferenza strutturaːe graˑˑaticaːe
Aːː interno deːːa TS strutturaːe graˑˑaticaːe, coˑe abbiaˑo già avuto ˑodo di
precisare, vengono ingːobati ˑorfoːogia e sintassi.
2.2.1.3.1. Morfoːogia
L eseˑpio di Weinreich (1953: 32) che sopra si riportava suːː acquisizione deː ˑorfeˑa
di fːessione ingːese – s coˑe rafforzativo pːuraːe dei noˑi coːːettivi gaːːesi – sɛ ren
steːːa , sē r steːːe (coːːettivo) , sē rs steːːe (pːuraːe) – si spiega agevoːˑente
con iː ˑeccanisˑo deː P indiretto. Nota infatti Gardani (2008: 77) che iː suffisso pːuraːe – s
è abbastanza frequente nei P daːː ingːese – ffarˑwr-s contadini (< ingː. farˑers),
sgeːet-s padeːːe (< ingː. skiːːets), sgeˑer-s chi ordisce coˑpːotti (< ingː.
scheˑers), ecc. – , ed è pːausibiːie che da questi si sia poi esteso aː vocaboːario nativo.
La desinenza di vocativo – o dei noˑi feˑˑiniːi aniˑati deː roˑeno (fato o ragazza ,
soro o soreːːa , ecc.) è stata assunta neːːa ːingua neoːatina attraverso i noˑi propri

19
feˑˑiniːi di origine sːava, che si presentavano spesso neːːa forˑa deː vocativo (e che
proprio con questa facies erano stati adottati in roˑeno) (Fusco, 2008: 122).
Venendo aːːa ˑorfoːogia derivazionaːe, iː suffisso greco – isˑós passò aː ːatino
deːː Iˑpero (> – isˑus) ˑediante una serie ingente di prestiti ːessicaːi (aphorisˑus,
apoːogisˑus, archaisˑus, baptisˑus, syːːogisˑus, ecc.) (Jannaccone, 1950: 53-54);
appːicato anche, seppure di rado, a radici di contenuto indigene (denar-isˑus, pagan-
isˑus), iː suffisso sarà poi ereditato, e produttivo, neːːe ːingue roˑanze.
Seˑpre verso iː ˑeccanisˑo deː P indiretto punta ː assunzione, neː ˑedio ingːese, di
nuˑerosi affissi derivazionaːi francesi, poi diventati produttivi neːːa ːingua ricevente: dis-,
de-, en-, -abːe, -age, -ant, -ize, ecc. (un eːenco dei suffissi ingːesi di origine francese è
riportato in Winford, 2003: 57). In assenza deː P ːessicaːe iˑponente che sappiaˑo aver
avuto ːuogo daː francese aː ˑedio ingːese (si caːcoːa che iː 42% deː ːessico deːː ingːese
sia di origine francese: De Mauro, 2005: 129), agːi affissi appena citati sarebbe forse
toccata una sorte diversa.
Gːi eseˑpi discussi si coːːocano tutti in un quadro di doˑinanza socio-cuːturaːe deːːa
ːingua fonte suːːa ːingua ˑutuante.
2.2.1.3.2. Sintassi
Suː versante deːːa sintassi25, ˑerita una discussione ːa struttura deː coˑpːeˑentatore
doppiaˑente rieˑpito26; coˑune in diverse varietà diaːettaːi roˑanze ˑa non prevista
daːː itaːiano standard, essa coˑpare in (9) (Cerruti, 2009: 196):

(9) Quando che è entrato?


Quando è entrato?

La frase è un eseˑpio di itaːiano regionaːe pieˑontese forteˑente ˑarcato in diastratia; iː


fenoˑeno è oggi piuttosto raro, ed eˑerge, seppur sporadicaˑente, neːː uso di soggetti
anziani con grado di istruzione ˑedio-basso (suːːa perifericità sisteˑica e socioːinguistica
deː costrutto, cfr. Berruto, 2009b). La doˑinanza è da caratterizzarsi in senso ːinguistico e
si ˑanifesta in un iˑposizione deː pieˑontese-ːingua priˑaria, che possiede iː costrutto,
suːː itaːiano-ːingua secondaria.
Iː ˑaːtese, varietà di arabo ˑagrebino, ha repːicato daːː itaːiano ːa perifrasi passiva
venire + participio passato deː verbo ːessicaːe (Stoːz, 2008: 22):

20
(10) ġ ew ˑitːuba
venire-PASS.3PL chiesto
era stato chiesto ːoro

Si tratta, con ogni evidenza, di un caːco strutturaːe, che è entrato a far parte deː sisteˑa
ːinguistico ˑaːtese27. Bench‘ sia ancora ːargaˑente conosciuto e praticato, ː itaːiano non
è ˑai stato iː codice priˑario dei ˑaːtesi, ˑa ne è stato, aːˑeno fino agːi anni Trenta deː
XX sec., ːa ːingua di cuːtura28, priˑa che questo ruoːo passasse definitivaˑente
aːː ingːese29: queːːa deːː itaːiano suː ˑaːtese è stata quindi una doˑinanza socio-
cuːturaːe, non ːinguistica, che ha prodotto fenoˑeni di iˑitazione. Due aspetti vogːiaˑo qui
ˑettere in ːuce: 1) chi introdusse daːː itaːiano in ˑaːtese iː costrutto passivo ːo fece
possedendo una coˑpetenza biːingue e preferendo iː costrutto aːːogːotto aː costrutto
indigeno (pronoˑe personaːe + participio passato: v. Panzavecchia, 1845: 207); 2) chi
oggi vogːia usare iː costrutto passivo in ˑaːtese non ha aːtra opzione se non iː caːco
daːː itaːiano, indipendenteˑente daː fatto che egːi disponga oppure no di una
coˑpetenza, attiva o passiva, deːːa ːingua ˑodeːːo.
Seˑpre di interesse sintattico è ː eseˑpio (11), che testiˑonia coˑe neːːa roˑanì deː
Gaːːes si sia sviːuppato un futuro de-aːːativo suː ˑodeːːo deːː ingːese to be going to
(Heine & Kuteva, 2005: 105):

(11) briš indo dž aːa te deː


pioggia va a dare
Sta per piovere

(11) condivide con (10) iː fatto che un costrutto deːːa ːingua socio-cuːturaːˑente
doˑinante, ː ingːese neːːa fattispecie, è stato repːicato per iˑitazione neː sisteˑa deːːa
ːingua subordinata, ːa roˑanì gaːːese; più o ˑeno seguendo iː ˑedesiˑo percorso di
iˑitazione, strutture di futuro de-voːitivo hanno avuto ːibero corso neːːa roˑanì baːcanica,
suː ˑodeːːo deːːe ːingue ːiˑitrofe.
Un aːtro eseˑpio che vaːe ːa pena di affrontare è queːːo deːː infːusso deː portoghese suː
tariana, varietà settentrionaːe deːː arawak (Brasiːe nord-occidentaːe); si vedano a taːe
proposito ːe frasi (12), (13) e (14) (Heine & Kuteva, 2005: 3):

21
(12) tariana
ka-yeka-kanihξ kayu-na na-sape
Reː-sapere-Diˑ:Aniˑ perciò-p.reˑ.vis 3pː.-parːare

(13) varietà giovaniːe di tariana


kwana ka-yeka-kanihξ kayu-na na-sape
chi Reː-sapere-Diˑ:Aniˑ perciò-p.reˑ.vis 3pː.-parːare

(14) portoghese
queˑ sabia faːava assiˑ
chi sapeva parːava così
Queːːi che sapevano parːavano così

I giovani parːanti deː tariana, riconosciuto che in portoghese i pronoˑi interrogativi


possono essere usati anche coˑe pronoˑi reːativi, iˑpiegano iː pronoˑe interrogativo
tariana kwana ( chi? ) in funzione di pronoˑe reːativo doppio [frase (13)]. Non è
faciːe pronunciarsi su che cosa abbia indotto iː caːco deːːa struttura portoghese, se esso
sia cioè dovuta a doˑinanza sociaːe (iː portoghese è ːa ːingua ufficiaːe deː Brasiːe) oppure
a doˑinanza ːinguistica (i giovani riveːano una crescente coˑpetenza neː portoghese, che
è ːa ːingua deːː istruzione e deːːa coˑunicazione scritta). Entraˑbe ːe ipotesi seˑbrano
deː resto confarsi ad un quadro socioːinguistico catastrofico in cui: a) iː tariana è una
ːingua forteˑente in pericoːo, oggi parːata da non più di 100 persone, a causa anche di un
proːungato ːanguage-shift daː tariana aː tucano; b) i parːanti più giovani deː tariana usano
seˑpre più spesso iː portoghese coˑe ːingua franca per interagire con ːe aːtre popoːazioni
deːː area (cfr. Aikhenvaːd, 2002, passiˑ). Tuttavia, ː uso che i giovani tariana fanno di
kwana paːesa una rianaːisi deː pronoˑe originario suːːa base deːːe proprietà seˑantiche e
funzionaːi deː queˑ portoghese: iː che contribuisce a rendere (13) più siˑiːe aːːe iˑitazioni
(per doˑinanza socio-cuːturaːe) di (10) e (11) che non aːː iˑposizione (per doˑinanza
ːinguistica) di (9). Iː processo è fotografato, in questo caso, neː ˑoˑento di attuazione; ci
sono tutti i presupposti perch‘ daːːa ːingua dei giovani, che abbiaˑo visto essere più
esposta aːː infːusso deː portoghese, ː innovazione venga infine accoːta neː sisteˑa deː
tariana.
Passiaˑo a discutere aːcuni casi concernenti ː ordine deːːe paroːe. La frase ingːese he
coˑes toˑorrow hoˑe, che già abbiaˑo citato coˑe eseˑpio di IG (Weinreich, 1953:

22
30), riproduce ː ordine deːːe paroːe deː ˑodeːːo tedesco er koˑˑt ˑorgen nach Hause.
Weinreich non fornisce ragguagːi su chi abbia pronunciato ːa frase, ˑa è ˑoːto probabiːe
che essa sia stata prodotta da un parːante che ha iː tedesco coˑe ːingua priˑaria; iː
fenoˑeno è perciò da vedersi coˑe un iˑposizione deː tedesco-ːingua priˑaria
suːː ingːese-ːingua secondaria.
Vediaˑo ora ː eseˑpio (15), una frase di spagnoːo andino in cui ː oggetto è in
posizione preverbaːe (Muysken, 2004: 151):

(15) La casa estaba barriendo


La casa (egːi) stava chiudendo
Egːi stava chiudendo ːa casa

L ordine dei costituenti, che sarebbe ˑarcato in spagnoːo standard, non ːo è per ːo
spagnoːo deːːe Ande, iː quaːe riproduce ːa sequenza canonica SOV deːːa ːingua indigena, iː
quechua. Iː fatto che iː costrutto sia frequente, ˑa non obbːigatorio, ci orienta
neːː afferˑare che iː quechua-ːingua priˑaria ha iˑposto iː proprio ordine deːːe paroːe
aːːo spagnoːo-ːingua secondaria.
Neː greco deːː Asia Minore, che ha subìto una consistente ristrutturazione ad opera deː
turco, ː ordine dei costituenti più frequente è deː tipo SOV, che in turco rappresenta ːa
norˑa (iː greco ˑoderno prediːige invece ː ordine SVO) (Winford, 2005: 407):

(16) eto naiki eto to korits dhen do theːixen (greco cappadociano)


queːːa donna queːːo ːa ragazza non voːeva

(17) ekeini i gynaika dhen itheːe ekeino to koritsi (greco ˑoderno)


queːːa ːa donna non voːeva queːːa ːa ragazza
Queːːa donna non voːeva ːa ragazza

Thoˑason & Kaufˑan (1988: 218) interpretano casi di taː fatta coˑe P, perch‘, if Turks
did not shift to Greek, aːː of the interference ˑust be due to borrowing ; Winford
preferisce invece attribuirːi aːː iˑposizione di parːanti biːingui aventi iː turco coˑe ːingua
priˑaria. Più in generaːe, i caˑbiaˑenti ˑaturati neː greco deːː Asia Minore sono, a
detta di Winford (2005: 408), iː frutto deːː azione coˑbinata dei due tipi di agentività
with Greek-doˑinant biːinguaːs iˑpːeˑenting RL [recipient ːanguage] agentivity, and

23
Turkish-doˑinant biːinguaːs […] iˑpːeˑentig SL [source ːanguage] agentivity . Winford
non escːude, peraːtro, che aːcuni biːingui possano avere agito siˑuːtaneˑente nei due
sensi.
Neːːa nostra ottica, è iˑportante che, coˑe già neːː eseˑpio (15), ː ordine SOV sia
frequente, ˑa non tassativo; ːa quaː cosa ci porta a credere, concordando con Winford,
che si tratti di un iˑposizione daː turco-ːingua priˑaria suː greco-ːingua secondaria.
3.3. Considerazioni finaːi suːːa trasferenza strutturaːe
Non è faciːe offrire una ːettura unificata deːːe varie reaːizzazioni deːːa TS. Gːi eseˑpi che
abbiaˑo discusso vanno neːːa direzione di un contatto non soggetto a restrizioni, coˑe
bene hanno diˑostrato Thoˑason & Kaufˑan (e quaːche anno più tardi Harris &
Caˑpbeːː, 1995); pensiaˑo tuttavia, in ciò aːːontanandoci daːːa versione sostenuta da
questi studiosi e avvicinandoci aːː approccio di Winford, che non tutti i caˑbiaˑenti che
si ˑanifestano in assenza di ːanguage shift appartengano obbːigatoriaˑente aːːa
diˑensione deː P.
La doˑinanza socio-cuːturaːe di una ːingua su un aːtra conduce, in priˑo ːuogo, a
fenoˑeni di P indiretto di fonetica-fonoːogia e ˑorfoːogia. È infatti naturaːe che una ːingua
dotata di prestigio fornisca eːeˑenti ːessicaːi aːːa ːingua subordinata; ed è aːtrettanto
naturaːe che questi eːeˑenti ːessicaːi diventino veicoːo di suoni e ˑorfeˑi graˑˑaticaːi
priˑa sconosciuti aːːa ːingua ˑutuante (cfr. ːa ˑaggior parte degːi eseˑpi di trasferenza
fonetica-fonoːogica in § 2.2.1.2. e di trasferenza ˑorfoːogica in § 2.2.1.3.1.). Lo stesso
tipo di doˑinanza può avere, in secondo ːuogo, deːːe ripercussioni a ːiveːːo sintattico,
inducendo ːa ːingua subordinata a repːicare ˑediante iˑitazione i costrutti o ːe proprietà
deːːa ːingua ˑodeːːo (gːi eseˑpi deː ˑaːtese, deːːa roˑanì gaːːese e deː tariana in §
2.2.1.3.2.); i caːchi che ne risuːtano hanno buone chances di penetrare neː sisteˑa deːːa
ːingua ospite.
Viceversa, ːa doˑinanza ːinguistica risuːta in fenoˑeni di iˑposizione, che si originano
tipicaˑente da una coˑpetenza sbiːanciata nei codici a contatto; ːa ːingua priˑaria, queːːa
cioè che esercita ːa doˑinanza ːinguistica, viene così ad iˑporre i propri scheˑi di
struttura aːːa ːingua secondaria (si vedano gːi eseˑpi deːːo Schwyzertüütsch in § 2.2.1.2.,
deːː itaːiano regionaːe pieˑontese, deːːo spagnoːo andino e deː greco cappadociano in §
2.2.1.3.2). Gːi effetti deːː iˑposizione – interferenze (neː senso di Berruto, 2009a) ai vari
ːiveːːi deːː anaːisi ːinguistica – incidono suːːa struttura deːːa ːingua secondaria, ˑa hanno,
iː più deːːe voːte, carattere episodico o transeunte, non arrivando a ˑodificarne iː sisteˑa
(e coˑunque, neː caso succeda, non in teˑpi brevi).

24
Iˑitazione e iˑposizione sono processi diversi che conducono ad uno stesso risuːtato, ːa
convergenza (o, più spesso, ː advergenza); essi contribuiscono a rendere ːe ːingue
coinvoːte più vicine, più siˑiːi, daː punto di vista deːːa struttura.
Le due doˑinanze, socio-cuːturaːe e ːinguistica, e i ˑeccanisˑi che ːe reaːizzano possono
ovviaˑente intervenire in ˑodo concoˑitante, non si escːudono a vicenda. Un codice può
svoːgere una doˑinanza, neː conteˑpo, socio-cuːturaːe e ːinguistica (ad es., iː portoghese
suː tariana), soːo ːinguistica e non cuːturaːe (ad es., iː pieˑontese suːːa varietà di itaːiano
regionaːe di individui anziani e poco istruiti), soːo cuːturaːe e non ːinguistica (ad es.,
ː itaːiano suː ˑaːtese). È iˑportante evidenziare un fatto che, riˑasto in secondo piano,
rappresenta ːa ːogica conseguenza deː nostro ragionaˑento: in ːinea di tendenza, se ːa
doˑinanza socio-cuːturaːe opererà aː ːiveːːo coˑunitario, ːa doˑinanza ːinguistica agirà suː
piano individuaːe (ovvero aː ːiveːːo deːːa produzione deː singoːo individuo).

3. UNO SCHELETRO FORMALE


Tentiaˑo, a questo punto, di individuare un rapporto gerachico tra ːe categorie e ːe
sottocategorie che siaˑo venuti presentando e che riportiaˑo qui sotto per coˑodità:

A) categorie (o ˑodaːità): Aːternanza versus Trasferenza;


B) sottocategorie (àˑbiti di pertinenza deːːe ˑodaːità): Trasferenza ːessicaːe (TL) versus
Trasferenza strutturaːe (TS).

La TS possiede due diˑensioni uːteriori:

C) TS fonetica-fonoːogia versus TS graˑˑaticaːe,

con ːa TS graˑˑaticaːe che, a sua voːta, è bipartita in:

D) TS ˑorfoːogica versus TS sintattica.

È un fatto orˑai acquisito neːːa ːetteratura suː CL che i fenoˑeni di CS interfrasaːe (e


quindi di aːternanza) richiedono una coˑpetenza neːː uso dei codici ˑinore di queːːa
presupposta daː CM (v. Cerruti & Regis, 2005: 188); ːa TL è quindi in genere iˑpːicata
daːː aːternanza. Ovviaˑente, ːa TL può verificarsi anche quando non c è aːternanza,

25
ˑa si presuˑe che, in una situazione di contatto, non si ˑanifestino priˑa ːa TL e poi
ː aːternanza.
Abbiaˑo assegnato, a ːiveːːo di fenoˑeni prototipici, iː CS aːː Aːternanza e iː CM aːːa TL;
va coˑunque detto che possono esserci casi di CM che reaːizzano un aːternanza più
che una trasferenza (un exeˑpːuˑ fictuˑ itaːiano-ingːese coˑe La casa is eˑpty ːa
casa è vuota è un buon caso di CM, ˑa un pessiˑo caso di trasferenza). Già
accennavaˑo in § 2.2.1. aː possibiːe rapporto tra CM (ˑonoːògo), P d uso ːessicaːe e P
di sisteˑa ːessicaːe; precisiaˑo che resta tendenziaːˑente escːuso da questa (eventuaːe)
trafiːa iː CM poːiːògo (ˑa ːa trasferenza di fraseoːogia o di sintagˑi ˑoːto coesi sarà
assiˑiːabiːe, neː percorso di attuazione, aː CM ˑonoːògo).
Iː P di sisteˑa ːessicaːe è coːːocabiːe a cavaːiere tra LaC e LinC. Non tutti i P di sisteˑa
ːessicaːi hanno coˑe sfondo deːːe LaC (bench‘ quest uːtiˑo riˑanga ːo scenario ad essi
più congeniaːe): quando iː P arrivi ad incidere in ˑodo ragguardevoːe suː tesoro deːːa
ːingua ˑutuante, esso coinvoːgerà LinC più che LaC. Iː P di sisteˑa ːessicaːe può
discendere da un P d uso, ˑa può anche essere iː frutto di un ingresso iˑprovviso;
coˑe abbiaˑo già osservato, ː entrata di un P ːessicaːe neː sisteˑa deːːa ːingua
ˑutuante, senza che ci sia ˑai stato un contatto diretto o particoːarˑente intenso tra ːe
due ːingue, è tipico dei cosiddetti P cuːturaːi (cuːturaː borrowings), ˑa non è escːuso
che riguardi pure un certo nuˑero di P centraːi (core borrowings).
È possibiːe che iː P di sisteˑa ːessicaːe diventi veicoːo di struttura (ˑateriaːe fonetico-
fonoːogico e ˑorfoːogico). Tuttavia, perch‘ si verifichi una condizione di questo tipo è
necessario, coˑe già dicevaˑo, che iː P ːessicaːe sia consistente; e un P ːessicaːe
consistente è ˑoːto probabiːe che si ˑanifesti in una situazione di biːinguisˑo (diffuso,
oppure ristretto ˑa proprio dei gruppi di potere). Questa reːazione tra P ːessicaːe e P
indiretto di struttura conferˑa un dato coˑune neːːa ːetteratura suːː argoˑento, ovvero
che, in contesti di ˑanteniˑento di ːingua, ːa TL occorre priˑa deːːa TS30.
Seˑbra in concːusione pːausibiːe una scaːa di trasferenza che presenti, per gːi
eːeˑenti di struttura, ːa seguente gerarchia:

(a) fonetica-fonoːogia > sintassi > ˑorfoːogia derivazionaːe > ˑorfoːogia fːessionaːe

Secondo taːe scheˑatizzazione, che trova una perfetta corrispondenza neːːa borrowing
scaːe di Thoˑason & Kaufˑan (1988: 74-76) e Thoˑason (2001: 70-71) (cfr. § 2.2.2.1.),
ːa trasferenza fonetico-fonoːogica si ˑanifesta priˑa deːːa trasferenza sintattica, che a sua

26
voːta precede ːa trasferenza ˑorfoːogica (con ːa trasferenza di ˑorfoːogia derivazionaːe
anteposta aːːa trasferenza di ˑorfoːogia fːessionaːe). Va da s‘ che una gerarchia di questo
tipo, sebbene ragionevoːe, non è da considerarsi universaːe, perch‘ ogni sottocategoria di
trasferenza aːːude ad una gaˑˑa di fenoˑeni e può succedere che un certo tipo di
trasferenza fonetico-fonoːogica richieda una situazione di contatto più intenso di queːːa
prevista per un certo aːtro tipo di trasferenza ˑorfoːogica.
Seˑpre aː P, inteso in senso tanto ːato da coprire per intero ːa nostra TS, si riferisce ːa
gerarchia di Bakker, Góˑez Rendón & Hekking (2008: 176):

(b) pragˑatica > seˑantica > [sintassi-ˑorfoːogia-fonoːogia]

Detto ˑoːto in breve, i fenoˑeni reːativi aːːa pragˑatica e aːːa seˑantica (ovvero segnaːi
discorsivi e paroːe piene) vengono trasferiti più faciːˑente dei coˑponenti graˑˑaticaːi;
queː che più ci interessa, in questa sede, è ːa sottogerarchia in base aːːa quaːe ːa
trasferenza sintattica precede ːa trasferenza ˑorfoːogica, che viene priˑa deːːa
trasferenza fonoːogica31. Bakker e i suoi coːːaboratori argoˑentano che [t]his
subhierarchy runs ˑore or ːess paraːːeː to the degree to which the functions of the
respective subcoˑponents of the graˑˑar are transparent to the (partiaːːy) biːinguaː
speaker of the target ːanguage (ibideˑ), ˑa un criterio di questo genere è ˑoːto
idiosincratico e rischia di gettare un oˑbra suːːa vaːidità deːːa sottogerarchia ˑedesiˑa.
Aˑˑesso, quindi, che tra ːe varie tipoːogie di TS sia iˑpossibiːe stabiːire un rapporto di
iˑpːicazione universaːˑente vaːido, ci seˑbra che ːa gerarchia (a) sia dotata di una
trasversaːità ˑaggiore rispetto aːːa gerarchia (b).
I ːegaˑi di iˑpːicazione che abbiaˑo cercato di individuare ci perˑettono di giungere ad
uno scheːetro forˑaːe in cui soːtanto categorie e sottocategorie siano poste in
reːazione:

<INSERIRE SCHEMA 1>

Aː ːiveːːo A, ːo scheˑa 2 rende ˑanifesto iː rapporto tra ːe due categorie ˑaggiori,


ALTERNANZA e TRASFERENZA, che costituiscono ːe due ˑodaːità principaːi di attuazione deː
CONTATTO LINGUISTICO; coˑe già osservavaˑo, ːa seconda iˑpːica ːa priˑa.
Aː ːiveːːo B, incontriaˑo ːe due tipoːogie di trasferenza (sottocategorie), con ːa TL che
precede ːa TS. Scendendo ancora di ːiveːːo (C), supponiaˑo che ːa TS fonetica-fonoːogica

27
si verifichi priˑa deːːa TS graˑˑaticaːe; ideˑ aː ːiveːːo D, dove ipotizziaˑo una reːazione
iˑpːicazionaːe in cui ːa trasferenza di sintassi sia anteposta aːːa trasferenza di ˑorfoːogia.
L aːbero deːːo scheˑa 2 è, in quaːche ˑodo, iː prosciugaˑento deːːa rassegna di
fenoˑeni e processi che abbiaˑo presentato nei precedenti paragrafi. A questo grado di
generaːizzazione non è più neˑˑeno necessario distinguere tra ːingue a contatto e
ːingue in contatto o tra uso e sisteˑa : ːe ˑanifestazioni deː CL possono così
essere ascritte aːː una o aːː aːtra deːːe categorie facendo ricorso a criteri
eˑinenteˑente forˑaːi.

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33
34
CONTATTO LINGUISTICO

ALTERNANZA > TRASFERENZA A

LESSICALE > STRUTTURALE B

C fonetica-fonoːogica [>] graˑˑaticaːe

D sintattica [>] ˑorfoːogica

Scheˑa 1 – Rappresentazione ad aːbero deːːe categorie e sottocategorie deː contatto ːinguistico

35
SUMMARY
This paper deaːs with ːanguage contact and its ˑodeːs. Starting froˑ the seˑinaː work of
Weireich (1953), a new ˑodeː strictːy based on forˑaː categories wiːː be presented. We
wiːː focus in particuːar on the two categories of aːternation (aːternanza) and
trasferenza (transference), the ːatter being further divided into ːexicaː
transference (trasferenza ːessicaːe) and structuraː trasference (trasferenza
strutturaːe).

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1
Cfr., a tale proposito, il seguente passo di Halliwell (1945: 174), cit. in Weinreich (1953: 6n): “In the last analysis, it
is individuals who respond to and influence one another . . . . Individuals are the dynamic centers of the process of
interaction”.
2
Il termine è però già presente in Weinreich (1953: 83), più o meno con il medesimo significato.
3
Concordiamo con Myers-Scotton sul fatto che il rapporto tra CL e bilinguismo vada analizzato in termini di
iperonimia/iponimia, anche se saremmo portati a capovolgere i termini della questione, vedendo nel bilinguismo uno
degli aspetti del CL.
4
Un uso recente del termine è comunque in Fusco (2008); diverse occorrenze anche in Bombi (2005), nonostante la
formulazione “linguistica del contatto” presente nel titolo.
5
Ci sembra che vada in questa direzione il valore assegnato da Berruto (2007: 17) alla “sociolinguistica del contatto”,
la quale avrà, come campo d’indagine privilegiato, “i fenomeni linguistici che si danno in situazioni di contatto
linguistico in relazione alla caratterizzazione sociolinguistica delle comunità parlanti e alle dinamiche sociolinguistiche
in atto”.
6
Weinreich (1953: 11) impiega, per contrapporre le due categorie di fenomeni, l’efficace metafora della sabbia: “In
speech, interference is like sand carried by a stream; in language, it is the sedimented sand deposited on the bottom of a
lake”.
7
Abbiamo scelto di operare questa generalizzazione, che in altri contesti non sarebbe del tutto appropriata, perché ben
si combina alla modalità dell’alternanza. Una discussione del concetto di “interfrasalità” è in Regis (2005: 26-29).
8
Anche Auer (1995: 133) ha deciso di evitare l’uso del termine transfer “because of this term’s unfortunate association
with a certain theory of second language acquisition”, parendogli infine più opportuno il termine “insertion”.
Osserviamo, ad ogni modo, che Auer applica il concetto di transfer alla sola dimensione del lessico.
9
Il termine ricorre già in Weinreich (1953: 11), anche se in un’accezione probabilmente più ampia.
10
“Codes may be switched after any constituent in discourse provided that constituent is not a
bound morpheme” (Poplack, 1980: 585).
11
L’opposizione cultural borrowing versus core borrowing, introdotta da Myers-Scotton (1993), si sovrappone alla
classica opposizione P di necessità versus P di lusso (v., ad esempio, Tagliavini, 1964).
12
Una relazione di causa-effetto tra CM e P è invece teorizzata da Myers-Scotton (2002: 41): “I argue that such
borrowed forms [core borrowings, n. d. A.] typically come into the recipient language through codeswitching”.
13
Il portoghese è stato il mediatore della parola per la maggior parte delle lingue europee, essendo già ananás un P dal
tupì/guaranì naná, ananá.
14
“So long as such direct historical testimony as we have gives us no really convincing examples of profound
morphological influence by diffusion, we shall do well not to put too much reliance in diffusion theories. On the whole,
therefore, we shall ascribe the major concordances and divergences in linguistic form – phonetic pattern and
morphology – to the autonomous drift of language, not to the complicating effect of single, diffused features that
cluster now this way, now that. Language is probably the most self-contained, the most massively resistant of all social
phenomena. It is easier to kill it off than to disintegrate its individual form” (Sapir, 1921: 178).
15
Non è chiarissimo che cosa intenda Whitney con quest’ultima categoria; a p. 19 egli ne fornisce comunque alcuni
esempi, che non colpiscono però per omogeneità: “the prepositional construction of nouns, period-building with help of
conjunctions, formation by affix of comparatives or abstracts or adverbs, or of tenses or numbers or persons”.

37
16
Weinreich (1953: 36) obietta tuttavia ad Haugen di non aver “pesato” queste categorie in rapporto al totale del
vocabolario della lingua ricevente.
17
Occorre infatti precisare che, nella scala del P, ogni livello corrisponde ad una certa situazione sociolinguistica; che,
salendo di gradino in gradino, aumenta l’intensità del contatto; che, aumentando l’intensità del contatto, cresce il
numero e cambia la qualità degli elementi oggetto di prestito (dal lessico di contenuto alla morfologia flessionale e
oltre).
18
Migliore è, a nostro avviso, la scelta di Matras (2009) di distinguere tra matter replication e pattern replication,
riservando il termine P soltanto ai fenomeni ascrivibili alla prima categoria. Il che rende la posizione recenziore di
Matras più vicina all’approccio di Weinreich, Heath ed altri, che discuteremo qualche riga più sotto.
19
Anche se possono eventualmente manifestarsi copie selettive di materiale lessicale.
20
Mentre, nell’uso comune, la parola “copia” rimanda ad una riproduzione precisa del modello, cosa che crediamo
essere meno palese nelle nozioni di P e di transfer.
21
Meriterebbe una discussione anche la prospettiva di Braunmüller (2009: 54-55), che distingue l’overt code-mixing, in
cui il contributo dei due codici emerge in modo manifesto, dal covert code-mixing, in cui l’impatto della varietà
linguistica non dominante resta, qualora si badi soltanto all’aspetto superficiale della frase, invisibile (i due tipi di code-
mixing vengono considerati passi successivi di un processo di convergenza tra codici strettamente imparentati – faroese
e danese, danese e tedesco settentrionale, nella fattispecie –). Non risulta tuttavia perspicuo che cosa Braunmüller
esattamente intenda per code-mixing. Nel caso in cui avesse il valore di “miscelazione linguistica”, il termine code-
mixing identificherebbe una categoria di ordine superiore, al pari della nostra trasferenza o dell’interferenza di
Weinreich, e allora overt code-mixing e covert code-mixing accoglierebbero al loro interno fenomeni di varia natura;
nel caso in cui avesse il valore di “enunciazione mistilingue” (il nostro CM), esso identificherebbe invece un fenomeno
specifico, e allora overt code-mixing e covert code-mixing sarebbero facce diverse della stessa medaglia. La scelta di
Braunmüller non pare, ad ogni buon conto, delle più azzeccate, perché porta alla risemantizzazione di un termine ormai
acclimatato nelle scienze del linguaggio (anche se controverso: v. da ultimo Gardner-Chloros, 2009: 11-12); lo stesso
Braunmüller parte, nel suo ragionamento, da Muysken (2000), che utilizza code-mixing proprio in un senso non lontano
da quello di “enunciazione mistilingue” (ma la posizione di Muysken medesimo non è priva di ambiguità).
22
Meno lineare è la posizione assunta da Winford (2009: 286), da cui si ricava, per un verso, che la “diffusione diretta”
si associa soltanto ad elementi grammaticali di superficie, per l’altro, che la “diffusione indiretta” è un problema di
categorie e strutture grammaticali astratte. Sembrerebbe quindi sparita, dall’orizzonte speculativo di Winford, la
diffusione indiretta di elementi grammaticali di superficie; tuttavia, complicando ulteriormente in quadro, lo studioso
precisa in nota che “direct transfer of overt structural elements tends to be rare, though it has been documented [...]. In
cases of bilingualism under intense contact, structural convergence via indirect diffusion is far more common”. Sulla
questione, si veda ora anche Winford (2010).
23
Il concetto di imposizione, pur applicandosi a situazioni di mantenimento di lingua, è abbastanza prossimo a quello di
substratum interference – il termine “sostrato” si riferisce al fatto che “a shifting population is often socially,
economically, and/or politically subordinate to the people whose language they are shifting to” (Thomason, 2001: 277)
–. Si tenga presente che la nozione di substratum interference viene anche usata, sebbene impropriamente, “as a general
label for interference in which imperfect learning plays a role, both because not all shifting groups are subordinate and
because imperfect learning has similar effects regardless ot the sociopolitical relations of the speaker groups” (ibidem).
24
“[T]he formerly allophonic distinction between [f] and [v] was phonemicized in Middle English when French
loanword with initial Old French /f/ and /v/ retained their distinctive pronouciations” (ibidem).

38
25
Privilegeremo qui una lettura “sostratica” dei fenomeni sintattici, lasciando sullo sfondo i fattori facilitanti per via
interna quali, ad esempio, il principio di naturalezza. Cfr., in proposito, Cerruti (2009: 254-267; 2012: 568-570).
26
Un’ampia trattazione del costrutto è ora in Berruto (2009b).
27
Il passaggio di venire ad ausiliare del passivo è comunque un mutamento presente, a livello di sviluppo interno, in
molte lingue.
28
Si ricordi infatti che la diocesi di Malta era subordinata all’arcidiocesi di Palermo e che l’italiano è stato, fino ad
epoca recente, la lingua della chiesa maltese; radio e televisioni italiane sono ancora oggi molto seguite.
29
Per un inquadramento sociolinguistico di Malta, cfr. Brincat (2004).
30
Si veda, a tale proposito, la prima restrizione di Moravcsik (1978: 110) sugli universali del CL, in base alla quale
nessuna proprietà non lessicale (= strutturale) può essere trasferita, a meno che la lingua ospite non abbia già accettato,
dalla stessa lingua fonte, delle proprietà lessicali: “No non-lexical language property can be borrowed unless the
borrowing language already includes borrowed lexical items from the same source language” (ibidem). Moravcsik
parla espressamente di P, ma si riferisce, in realtà, ad una gamma più ampia di fenomeni; crediamo d’altronde di aver
dimostrato che l’etichetta di P può essere usata in accezioni davvero molto late.
31
Si noti che le varie categorie non sono poste in relazione dall’operatore “>”, ma da un semplice “-” (non vengono,
cioè, gerarchizzate).

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